DE.IT.PRESS

    Notiziario Religioso della comunità italiana in Germania  - redazione: T. Bassanelli    - Webmaster: A. Caponegro  IMPRESSUM

 

Notiziario religioso 1-15 giugno 2023

Inhaltsverzeichnis

1.     Papa all’udienza: “Suscitare propositi di pace in chi ha responsabilità politiche”. 1

2.     Papa Francesco: "Non possiamo rassegnarci al declino della famiglia". 1

3.     Pentecoste a Ouarzazate (Marocco) 1

4.     Papa Francesco, non siate discepoli tristi e non fate proselitismo ma missione. 1

5.     Servizio e responsabilità: Papa Francesco consegna il Premio Paolo VI al Presidente Mattarella. 1

6.     Dal Dicastero per la Comunicazione Vaticano, un vademecum per abitare il digitale. 1

7.     L’Ente Bergamaschi nel Mondo rende omaggio a Papa Giovanni XXIII 1

8.     Papa Francesco, “lo Spirito Santo ci libera dalle prigioni della paura”. 1

9.     Pentecoste. Lo Spirito rinnova la faccia della terra. 1

10.  Cento anni di Don Milani. Cardinale Zuppi: “Ci costringe a sporcarci di vita vera”. 1

11.  Papa Francesco nella sede Rai per il programma “A Sua Immagine”. 1

12.  Guerra in Ucraina e Pentecoste. Comece e Kek: “Possa lo Spirito di Dio illuminare le menti di coloro che cercano la violenza”. 1

13.  “Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro”: un libro di don Massimo Pavanello. 1

14.  Assemblea nazionale dei referenti diocesani del Cammino sinodale. Comunicato finale. 1

15.  Assemblea Cei. Papa Francesco: “parrocchie troppo autoreferenziali”, no a “neoclericalismo di difesa”. 1

16.  Coraggio e unità, l'invito del Cardinale Zuppi ai vescovi italiani 1

17.  Ambiente: nove raccomandazioni per la sostenibilità dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG) 1

18.  Papa Francesco, serve una conversione ecologica nella sinodalità. 1

19.  Papa all’udienza: “Vicino ai nostri fratelli e sorelle in Cina”. 1

20.  Maltempo in Emilia Romagna. Le parrocchie di Faenza in prima linea per portare solidarietà. 1

21.  C’è un campo in cui le donne sono cruciali. E la Santa Sede lo sa. 1

22.  Fede e creatività. 1

23.  Assemblea Cei. Card. Zuppi: “La guerra è una pandemia, ci coinvolge tutti”. 1

24.  Assemblea CEI, la fotografia del Cardinale Zuppi sulla Chiesa italiana e sul Paese. 1

25.  Gmg di Lisbona 2023, col Papa. P. Chagas: “Splendida occasione per i giovani di tornare ad incontrarsi”. 1

26.  La Chiesa nelle zone alluvionate. “Vicini alla gente, nonostante tutto”. 1

27.  Famiglia Cristiana si rinnova. 1

28.  Emergenza Emilia-Romagna. Presidenza CEI: 1 milione di euro dai fondi 8xmille per la popolazione. 1

29.  Papa Francesco, non abituiamoci alla violenza e alla guerra. 1

30.  57ª Giornata delle comunicazioni sociali. Una comunicazione da cuore a cuore. 1

31.  Festa della mamma alla Missione di Kempten. 1

32.  G7, Papa Francesco: "L'uso dell’energia atomica per fini di guerra è un crimine". 1

33.  Comunicazioni sociali. Girardo (Avvenire): “Non urlare per sopravvivere, ma accompagnare i fatti con opinioni di valore”. 1

34.  La Santa Sede ritira il francobollo della GMG Lisbona 2023 dopo le polemiche. 1

35.  Vangelo Migrante: Ascensione del Signore |Vangelo (Mt 28, 16-20) 1

36.  Giornata delle Comunicazioni sociali domenica 21 maggio. Parlare con il cuore. 1

37.  Noi, complici del disastro del Pianeta. 1

38.  Maltempo in Emilia Romagna: vescovi, vicinanza, accoglienza e solidarietà. 1

39.  Papa Francesco racconta San Francesco Saverio, il Patrono delle missioni 1

40.  In dialogo con il vescovo Ricciardi 1

41.  La Giornata di Solidarietà di Amicizia Italo-Tedesca con la MCI di Amburgo. 1

 

 

1.     Bischof Genn feiert Gottesdienst in Gedenken für die Weltsynode. 1

2.     Vatikan will Familienforschung und Familienpastoral besser verzahnen. 1

3.     Papst überreicht Auszeichnung für italienischen Präsidenten. 1

4.     Bischof Bätzing zu Pfingsten: Bedeutung präsenter machen. 1

5.     Papst zu Pfingsten: Täglich um „Geist, der Frieden bringt" bitten. 1

6.     Immer weniger Klöster in Deutschland. 1

7.     Kardinal Parolin: Mission zur Schaffung eines Klimas des Friedens. 1

8.     Papst: „Es gibt schmerzhaftere Tage“. 1

9.     „Synodalität steht gerade mal am Anfang“. 1

10.  Papst: Synodale Kirche ist für alle offen. 1

11.  Katholischer Kinder- und Jugendbuchpreis 2023 verliehen. 1

12.  Papst: „Den Krieg gegen die Schöpfung beenden“. 1

13.  Franziskus: „Christ ist von Natur aus jemand, der predigt“. 1

14.  Jahrestagung Weltkirche und Mission zur sozial-ökologischen Transformation in Würzburg beendet. 1

15.  #NotAlone: Fratelli-tutti-Treffen auf dem Petersplatz im Juni 1

16.  Bischof Bätzing bleibt auf Reformkurs. 1

17.  Katholikinnen-Welttreffen in Assisi: „Eine synodale Erfahrung“. 1

18.  Ukraine: Papst betraut Kardinal Zuppi mit einer Friedensmission. 1

19.  P. Lombardi zu Benedikt XVI.: „Liebe für lebendige Kirche gezeigt“. 1

20.  Vatikan zieht umstrittene WJT-Briefmarke zurück. 1

21.  Italien: Papst Franziskus betet für Opfer der starken Regenfälle. 1

22.  WJT: Mehr als 500.000 junge Leute aus fast 200 Ländern erwartet. 1

23.  „Wir brechen auf“: Überlebende von Missbrauch beim Papst 1

24.  Caritas Internationalis: Schotte wird Generalsekretär, Australierin wird Präsidentin. 1

 

 

 

Papa all’udienza: “Suscitare propositi di pace in chi ha responsabilità politiche”

 

Papa Francesco ha dedicato l'udienza di mercoledì 31 maggio alla figura di padre Matteo Ricci, il gesuita che ha portato il cristianesimo in Cina. Al termine, un appello a "pregare di più per la cara e martoriata Ucraina" e un auspicio: "suscitare propositi di pace in tutti, anche in coloro che hanno responsabilità politiche" – di M. Michela Nicolais

 

“Suscitare propositi di pace in tutti, anche in coloro che hanno responsabilità politiche”. È l’auspicio espresso da Papa Francesco, al termine dell’udienza di oggi in piazza San Pietro, durante la quale ha esortato ancora una volta a “pregare di più per la cara e martoriata Ucraina, che tanto soffre”. Salutando i giovani di Rondine Cittadella della Pace di Arezzo, il Papa ha rivolto“un pensiero grato per quanti, venendo dall’Ucraina e dalla Russia e da altri Paesi di guerra, hanno deciso di non essere nemici, ma di vivere da fratelli. Il vostro esempio possa suscitare propositi di pace in tutti, anche in coloro che hanno responsabilità politiche”.

Al centro della catechesi, la figura di padre Matteo Ricci, il gesuita che ha portato il cristianesimo in Cina e il cui “segreto” è stata la coerenza, quella di “una personalità che testimonia con la vita quello che annuncia”. “Dopo aver studiato nelle scuole dei Gesuiti ed essere entrato egli stesso nella Compagnia di Gesù, entusiasmato dalle relazioni dei missionari, come molti altri giovani suoi compagni, chiese di essere inviato nelle missioni dell’Estremo Oriente”, ha raccontato Francesco ripercorrendone la biografia: “Dopo il tentativo di Francesco Saverio, altri venticinque Gesuiti avevano provato inutilmente ad entrare in Cina. Ma Ricci e un suo confratello si prepararono molto bene, studiando accuratamente la lingua e i costumi cinesi, e alla fine riuscirono a ottenere di stabilirsi nel sud del Paese. Ci vollero diciotto anni, con quattro tappe attraverso quattro città differenti, prima di arrivare a Pechino, che era il centro. Con costanza e pazienza, animato da una fede incrollabile, Matteo Ricci poté superare difficoltà e pericoli, diffidenze e opposizioni”.

“Oltre alla dottrina, sono la sua testimonianza di vita religiosa, di virtù e di preghiera, la sua carità, la sua umiltà e il suo totale disinteresse per onori e ricchezze, che inducono molti dei suoi discepoli e amici cinesi ad accogliere la fede cattolica”, ha argomentato il Papa: “Questa è la coerenza degli evangelizzatori. E questo tocca tutti noi cristiani, che siamo evangelizzatori. Possiamo dire tutte le cose che noi crediamo, ma se la tua vita non è coerente con questo, non serve a nulla. Quello che attira le persone è la coerenza. Noi cristiani viviamo quello che diciamo, e non far finta di essere cristiani ma vivere come mondani! La forza più grande di questi missionari è la coerenza”.

“Lo spirito e il metodo missionario di Matteo Ricci costituiscono un modello vivo e attuale – ha concluso Francesco – ma quello che è attuale è la coerenza di vita, la testimonianza della sua vita come cristiano. Lui ha portato cristianesimo in Cina. Lui è grande perché è uno scienziato, è coraggioso, ma soprattutto è grande perché è stato coerente con la sua vocazione, con quella voglia di seguire Gesù Cristo. Domandiamoci: sono coerente o sono un po’ così così?”.

Padre Matteo Ricci, ha esordito il Papa, “ha seguito sempre la via del dialogo e dell’amicizia con tutte le persone che incontrava, e questo gli ha aperto molte porte per l’annuncio della fede cristiana”.

La sua prima opera in lingua cinese fu proprio un trattato “Sull’amicizia”, che ebbe “grande risonanza”: “Per inserirsi nella cultura e nella vita cinese in un primo tempo si vestiva come i bonzi buddisti, all’usanza del Paese, ma poi capì che la via migliore era quella di assumere lo stile di vita e le vesti dei letterati, come i professori universitari. Studiò in modo approfondito i loro testi classici, così da poter presentare il cristianesimo in dialogo positivo con la loro saggezza confuciana e con gli usi e i costumi della società cinese”. “E questo si chiama atteggiamento di inculturazione”, ha proseguito Francesco, secondo il quale “la fama di Ricci come uomo di scienza non deve oscurare la motivazione più profonda di tutti i suoi sforzi: l’annuncio del Vangelo”. “La sua ottima preparazione scientifica suscitava interesse e ammirazione da parte degli uomini colti, a cominciare dal suo famoso mappamondo, la carta del mondo intero allora conosciuto, con i diversi continenti, che rivela ai cinesi per la prima volta una realtà esterna alla Cina assai più ampia di quanto avessero mai pensato. Gli fa vedere che il mondo è ancora più grande della Cina”, ha sottolineato il Papa: “Ma anche le conoscenze matematiche e astronomiche di Ricci e dei missionari suoi seguaci contribuirono a un incontro fecondo fra la cultura e la scienza dell’occidente e dell’oriente, che vivrà allora uno dei suoi tempi più felici, nel segno del dialogo e dell’amicizia. Infatti, l’opera di Matteo Ricci non sarebbe mai stata possibile senza la collaborazione dei suoi grandi amici cinesi, come i famosi “Dottor Paolo” (Xu Guangqi) e “Dottor Leone” (Li Zhizao). La credibilità ottenuta con il dialogo scientifico gli dava autorevolezza per proporre la verità della fede e della morale cristiana, di cui egli parla in modo approfondito nelle sue principali opere cinesi, come il vero significato del Signore del Cielo”. Sir 31

 

 

 

Papa Francesco: "Non possiamo rassegnarci al declino della famiglia"

 

Papa Francesco sostiene il Family Global Compact che "non vuol essere un programma statico ma un cammino" - Di Marco Mancini

 

Città del Vaticano. “Desidero sostenere il Family Global Compact, un programma condiviso di azioni volto a mettere in dialogo la pastorale familiare con i centri di studio e ricerca sulla famiglia presenti nelle Università cattoliche di tutto il mondo”. Lo scrive il Papa, nel messaggio per il lancio della iniziativa del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e della Pontificia Accademia per le Scienze Sociali.

“L’obiettivo – spiega Francesco - è la sinergia, è fare in modo che il lavoro pastorale con le famiglie nelle Chiese particolari si avvalga più efficacemente dei risultati della ricerca e dell’impegno didattico e formativo che hanno luogo nelle Università. Insieme, Università cattoliche e pastorale possono meglio promuovere una cultura della famiglia e della vita che, a partire dalla realtà, aiuti le nuove generazioni– in questo tempo di incertezze e di carestia della speranza – ad apprezzare il matrimonio, la vita familiare con le sue risorse e le sue sfide, la bellezza di generare e custodire la vita umana”.

“Dagli studi condotti – osserva ancora il Pontefice - emerge un contesto di crisi delle relazioni familiari, alimentato sia da difficoltà contingenti sia da ostacoli strutturali, il che rende più difficile formare serenamente una famiglia in assenza di adeguati supporti da parte della società. Anche per questo molti giovani declinano la scelta del matrimonio in favore di forme di relazioni affettive più instabili e informali”.

Tuttavia si rileva anche “come la famiglia continui ad essere la fonte prioritaria della vita sociale e mostrano l’esistenza di buone pratiche che meritano condivisione e diffusione a livello globale. In tal senso, le famiglie stesse potranno e dovranno essere testimoni e protagoniste del percorso”.

Questa iniziativa – è la convinzione del Papa – “non vuol essere un programma statico, finalizzato a cristallizzare alcune idee, ma un cammino, articolato in quattro passi: attivare un processo di dialogo e di maggiore collaborazione fra i centri universitari di studio e ricerca che si occupano di tematiche familiari, per rendere più feconda la loro attività, in particolare creando o rilanciando le reti degli istituti universitari che si ispirano alla Dottrina sociale della Chiesa. Creare maggiore sinergia, nei contenuti e negli obiettivi, tra comunità cristiane e Università cattoliche. Favorire la cultura della famiglia e della vita nella società, affinché scaturiscano proposte e obiettivi utili alle politiche pubbliche. . Armonizzare e sostenere, una volta individuate, le proposte emerse, affinché il servizio alla famiglia sia arricchito e supportato sotto i versanti spirituali, pastorali, culturali, giuridici, politici, economici e sociali”.

“Nella famiglia – conclude Papa Francesco - si realizzano gran parte dei sogni di Dio sulla comunità umana. Non possiamo perciò rassegnarci al suo declino in nome dell’incertezza, dell’individualismo e del consumismo, che prospettano un avvenire di singoli che pensano a sé stessi. Non possiamo essere indifferenti all’avvenire della famiglia, comunità di vita e di amore, alleanza insostituibile e indissolubile tra uomo e donna, luogo di incontro tra le generazioni, speranza della società. La famiglia ha effetti positivi su tutti, in quanto è generatrice di bene comune: le buone relazioni familiari rappresentano una ricchezza insostituibile non solo per i coniugi e per i figli, ma per l’intera comunità ecclesiale e civile”.

Secondo il Cardinale Kevin Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, “il Family Global Compact offre un contributo alla formazione di un pensiero globale ed integrale su matrimonio e famiglia, che si sviluppi a partire dalla realtà odierna, tenendo presente che nell’insegnamento della Chiesa la famiglia è ben più che un’idea”.

“Uno degli elementi chiave per migliorare la resilienza delle famiglie è una cultura familiare relazionale più profonda, che consenta la ricerca della felicità a un livello meno superficiale. Nelle famiglie, le persone devono trovare la loro prima esperienza di uomini e donne trattati in modo paritario, in cui i membri della famiglia sperimentano la crescita della propria differenza attraverso la reciprocità con gli altri”, osserva invece Suor Helen Alford,  Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Aci 30

 

 

 

Pentecoste a Ouarzazate (Marocco)

 

Alla chiesa di Ouarzazate (Marocco) non eravamo neppure dodici, come i discepoli al Cenacolo. Semplicemente, undici. Ed era, in realtà, il mattino di Pentecoste, in pieno Sud del Marocco. Ciononostante, si era da tutte le parti del mondo. Due caldei cattolici, una coppia di francesi residenti, una famiglia intera dagli Stati Uniti, due da un Paese arabo, un italiano. Tra turisti di passaggio o residenti, generalmente, la piccola assemblea domenicale di cristiani, varia e variegata qui lo è sempre. "Non nei numeri, ma nell’unità sta la nostra grande forza" scrive Thomas Paine. Mi sorprende pensare che proprio io provenivo da più lontano: impiegando ben otto ore di bus per arrivare. Qui in terra d' Islam, le parrocchie sono disperse nel territorio, lontanissime, come fosse una a Milano, un'altra a Venezia, una terza a Roma... I guardiani della chiesa sono una coppia di musulmani, disponibili e accoglienti. Ti accolgono con un bacio: un prete qui è "uomo di preghiera" e per loro vale oro. Il calore e l'affettuosità di questa gente, poi, sorprendono immancabilmente ogni volta gli europei! Bernard, settantenne, francese, si attacca, con vigore giovanile alla lunga corda della campana. "Mi sembra di tornare alla mia infanzia!" esclama, ridendo. Questo suono mi dà già un'aria di casa. Sapendo che come regola le campane qui restano mute, solo le moschee possono lanciare il loro canto. Ma siamo nel profondo Sud, come sempre, le regole si stemperano... Si respira, tuttavia, il senso della Chiesa. Dove nazioni, lingue, tradizioni differenti si ritrovano, si mescolano, vivono un'armonia. Una Chiesa sinodale, in realtà, dove si condivide cammino, fede e destino: incontrarsi umani, anzi fratelli, al cospetto di Dio. Sarà il piccolo Michael, nove anni, ad aprire la celebrazione, tracciando a voce alta in inglese il segno della croce. Pare dire che perfino sulla bocca dei bambini lo Spirito di Dio ha voce. Poi in francese, in arabo, in inglese la celebrazione prosegue calma e spedita fino al canto finale a Notre Dame del Marocco, un'icona dipinta da una carmelitana, dai tratti dolci e in costume locale. Infine, in fondo alla chiesa, quattro chiacchiere in varie lingue attorno a "un verre de l'amitié", l'aperitivo. Irrompe una dozzina di olandesi di passaggio, curiosi della chiesa e forse di un istante di preghiera. Lo scambio si allarga... Insomma, una piccola Pentecoste anche oggi. Ma è un tratto di tutta la Chiesa in Marocco: coltivare la qualità, piuttosto che la quantità. Coniugare le differenze, non l'omogeneità. Fare insieme quella straordinaria scoperta: fratelli tutti! È vero, l'anima della Chiesa è lo Spirito. Il suo campo d'azione è il cuore di ogni uomo, al di là di origine, provenienza o colore della pelle. E la differenza dell'altro si trasforma in ricchezza comune, condivisa. "Se pensi come me sei mio fratello, – recita un proverbio africano – se tu pensi altrimenti sei due volte mio fratello, perché grazie alla ricchezza che possiamo scambiare, cresciamo entrambi in umanità».

 

Ouarzazate, chiamata "porta del deserto", fu per secoli città carovaniera per Timbuctu, poi trasformata in presidio militare nel 1928 dal colonialismo francese. Popolazione berbera, case basse, un bel color ocra o rosso scuro ovunque, decorazioni amazigh, souk colorati di profumi, di spezie e di datteri. Per cinquant' anni la chiesa e gli annessi furono residenza delle religiose Francescane Missionarie di Maria, 

che si sono rivelate un vero motore per la vita del posto. Partite definitivamente due anni fa, la loro intraprendenza, leadership e dedizione totale hanno marcato il territorio, ma soprattutto gli spiriti. "Para ser grande, sê inteiro... sê todo em cada coisa" (per essere grande sii intero... sii tutto in ogni cosa) annota Fernando Pessoa.  In fatto di sanità, di associazionismo locale, del prendersi cura delle povertà della gente sono rimaste indimenticabili.  "Ahhhh! les soeurs..." senti esclamare la gente, con nostalgia. Ma, in fondo, è solo un'infinita riconoscenza. Erano quattro, erano di quattro nazionalità differenti, ultimamente: indiana, francese, spagnola e Francesca, marchigiana. La loro sfida é stata, pure, vivere tra di loro l'intesa, la comunione: una Pentecoste laboriosa, domestica. Quotidiana. Un vero miracolo ai nostri tempi.

Renato Zilio. Missionario in Marocco (de.it.press)

 

 

 

Papa Francesco, non siate discepoli tristi e non fate proselitismo ma missione

 

L'udienza del Pontefice ai Chierici Regolari di San Paolo (Barnabiti) e la famiglia spirituale di Sant’Antonio Maria Zaccaria in occasione del 125.mo anniversario dalla sua canonizzazione - Di Angela Ambrogetti

 

Città del Vaticano. "State attenti a distinguere bene l’azione apostolica dal proselitismo: noi non facciamo proselitismo. Il Signore non ha mai fatto proselitismo". Il Papa lo ha detto ai Chierici Regolari di San Paolo (Barnabiti) e la famiglia spirituale di Sant’Antonio Maria Zaccaria in occasione del 125.mo anniversario dalla sua canonizzazione.

Ricordando la vita di Sant’Antonio Maria Zaccaria il Papa ha parlato del rapporto con Cristo, lo zelo apostolico e il coraggio creativo. "Nell’esperienza dello stesso Zaccaria, alla base della missione c’è il “correre verso Dio”, cioè un rapporto forte con il Signore Gesù" ha detto il Papa e a proposito della missionarietà ha detto: "Il nostro annuncio missionario non è proselitismo – sottolineo tanto questo – ma condivisione di un incontro personale che ha cambiato la nostra vita! Senza questo, non abbiamo nulla da annunciare, né una destinazione verso cui camminare insieme".

Poi ha ricordato che un cristiano non deve mai essere triste: "Noi non vogliamo diventare discepoli tristi! Anche qui faccio una domanda: c’è dentro di me quel verme della tristezza? A volte in me, religioso, religiosa, laico, lascio che quel verme entri? Qualcuno diceva che un cristiano triste è un triste cristiano: è vero".  Invece, spiega il Papa "lo Spirito “vivo” di Cristo è quello che conquista il cuore, che non ti fa stare seduto in poltrona, ma ti fa uscire verso i fratelli, con lo zaino leggero e lo sguardo pieno di carità".

E parlando del "coraggio creativo" il Papa dice che"non si tratta tanto di elaborare tecniche sofisticate di evangelizzazione, quanto piuttosto, come dice San Paolo, di farsi «tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno»".

Il Papa ha ricordato che Sant’Antonio Maria con questo coraggio ha dato vita a "tutte realtà nuove – è stato creativo, ma con la fedeltà al Vangelo" anche perché "perché non ha esercitato la sua creatività al di fuori della Chiesa: lo ha fatto dentro di essa, accettando le correzioni e i richiami, cercando di spiegare e illustrare le ragioni delle sue scelte e custodendo la comunione nell’obbedienza".

Infine un richiama alla comunione nella vita e nell’apostolato che è "la prima testimonianza che siete chiamati a rendere, particolarmente in un mondo diviso da lotte ed egoismi. Essa è scritta nel DNA della vita cristiana e dell’apostolato: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21), come pregò il Signore. Del resto la parola stessa “collegio” indica proprio questo: scelti per stare insieme, per vivere, lavorare, pregare, soffrire e gioire insieme, come comunità". Aci 29

 

 

 

Servizio e responsabilità: Papa Francesco consegna il Premio Paolo VI al Presidente Mattarella

 

ROMA - “Come fare dell’agire politico una forma di carità” e “come vivere la carità, cioè l’amore nel senso più alto, all’interno delle dinamiche politiche? Credo che la risposta risieda in una parola: servizio”. Così Papa Francesco che oggi nella Sala Clementina in Vaticano ha consegnato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il Premio Paolo VI, che gli è stato attribuito dall’omonimo Istituto. Un premio che Mattarella chiesto di destinare alla Comunità Giovanni XXIII, che in Emilia Romagna gestisce case di accoglienza colpite dall'alluvione.

“Credo che oggi il conferimento del Premio Paolo VI al Presidente Mattarella sia proprio una bella occasione per celebrare il valore e la dignità del servizio, lo stile più alto del vivere, che pone gli altri prima delle proprie aspettative”, ha detto il Papa. “Che ciò sia vero per Lei, Signor Presidente, lo testimonia il popolo italiano, che non dimentica la sua rinuncia al meritato riposo fatta in nome del servizio richiestole dallo Stato”, ha ricordato il Pontefice riferendosi al secondo mandato di Mattarella al Colle.

Il Papa ha quindi richiamato l’omaggio del Presidente ad Alessandro Manzoni, di cui quest’anno si ricordano i 150 anni dalla morte: “Paolo VI lo definì “genio universale”, “tesoro inesauribile di sapienza morale”, “maestro di vita”. Anch’io – ha detto Bergoglio – custodisco nel cuore tanti suoi personaggi. Penso al sarto, che racconta la buona laboriosità di chi concepisce la vita come il tempo dato al singolo per accrescere il bene altrui, per “industriarsi, aiutarsi, e poi esser contenti”. E con questo lavoro è riuscito ad esprimere uno dei passi più sapienti: “Non ho mai trovato che il Signore abbia cominciato un miracolo senza finirlo bene”. Perché servire crea gioia e fa bene anzitutto a chi serve. Per dirla ancora con il Manzoni: “si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”. Ma – ha osservato il Papa – il servizio rischia di restare un ideale piuttosto astratto senza una seconda parola che non può mai esserle disgiunta: responsabilità”, cioè “l’abilità di offrire risposte, facendo leva sul proprio impegno, senza aspettare che siano altri a darle”.

“Quante volte, Signor Presidente, prima con l’esempio che con le parole, Lei lo ha richiamato!”, ha detto ancora Francesco, prima di citare Paolo VI che, da Papa, “scrisse che le parole servono a poco “se non sono accompagnate in ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria responsabilità”. Perché, spiegava, “è troppo facile scaricare sugli altri la responsabilità delle ingiustizie, se non si è convinti allo stesso tempo che ciascuno vi partecipa e che è necessaria innanzi tutto la conversione personale”. Sono parole che mi sembrano molto attuali oggi, quando viene quasi automatico colpevolizzare gli altri, mentre la passione per l’insieme si affievolisce e l’impegno comune rischia di eclissarsi davanti ai bisogni dell’individuo; dove, in un clima d’incertezza, la diffidenza si trasforma facilmente in indifferenza. La responsabilità, invece, come ci mostrano in questi giorni tanti cittadini dell’Emilia Romagna, chiama ciascuno ad andare contro-corrente rispetto al clima di disfattismo e lamentela, per sentire proprie le necessità altrui e riscoprire sé stessi come parti insostituibili dell’unico tessuto sociale e umano a cui tutti apparteniamo”.

Bergoglio ha poi richiamato l’impegno per la legalità che “richiede lotta ed esempio, determinazione e memoria, memoria di quanti hanno sacrificato la vita per la giustizia; penso a suo fratello Piersanti, Signor Presidente, e alle vittime della strage mafiosa di Capaci, di cui pochi giorni fa si è commemorato il trentennale. San Paolo VI notava che nelle società democratiche non mancano istituzioni, patti e statuti, ma “manca tante volte l’osservanza libera ed onesta della legalità” e che lì “l’egoismo collettivo insorge”. Anche in quest’ambito, Signor Presidente, con le sue parole e il suo esempio, avvalorati da quanto ha vissuto, Lei rappresenta un coerente maestro di responsabilità”.

“Sì, il senso di responsabilità e lo spirito di servizio stavano per San Paolo VI alla base della costruzione della vita sociale. Egli ci ha lasciato l’impegnativa eredità di edificare comunità solidali. Era il suo sogno, che si scontrò con vari incubi diventati realtà – penso alla terribile vicenda di Aldo Moro; era il desiderio ardente che portava nel cuore e che espresse nei termini di “comunità di partecipazione e di vita”, animate dall’impegno a “prodigarsi per costruire solidarietà attive e vissute”. Non sono utopie, - ha sottolineato il Papa – ma profezie; profezie che esortano a vivere ideali alti. Perché di questo oggi hanno bisogno i giovani. E sono lieto, Signor Presidente, di farmi strumento di riconoscenza a nome di quanti, giovani e meno giovani, vedono in Lei un maestro, un maestro semplice, e soprattutto un testimone coerente e garbato di servizio e di responsabilità. Ne sarebbe lieto Papa Montini, del quale mi piace ripetere, infine, alcune parole tanto note quanto vere: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. Grazie”. (aise/dip 29) 

 

 

 

 

Dal Dicastero per la Comunicazione Vaticano, un vademecum per abitare il digitale

 

Si chiama “Verso la piena presenza. Una riflessione pastorale sull’impegno nei social media” l’ultimo documento del Dicastero per la Comunicazione. Una guida per abitare il digitale - Di Andrea Gagliarducci

 

Città del Vaticano. Come la Chiesa deve abitare il digitale? Superando la logica dell’aut aut, considerando virtuale e reale come un unico spazio di evangelizzazione, raccontando storie e mettendo in piazza la propria testimonianza e non limitandosi a scambiare informazioni, e prendendo sul serio l’influenza che ciascun cristiano può avere nell’ambiente digitale. Sono i punti centrali di un lungo documento del Dicastero della Comunicazione vaticano, intitolato “Verso la piena presenza. Una riflessione pastorale sull’impegno nei social media”.

Non è un tipo di documento nuovo per la Chiesa, che dal 1995 è online con un sito internet e tutti i testi dei Papi disponibili, cosa che ne ha fatto un pioniere della comunicazione digitale. E vale la pena di ricordare che nel 2002 uscirono due istruzioni del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, “La Chiesa ed Internet” ed “Etica in Internet”. Ovviamente, però, le sfide sono sempre diverse, e anche il cammino sinodale in cui la Chiesa è impegnata oggi ha dimostrato la necessità di coinvolgersi ancora di più nel mondo digitale.

Il documento del Dicastero parla di una sfida pastorale, ed il linguaggio è in linea con l’idea di Papa Francesco di mettere l’evangelizzazione al primo posto. Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero della Comunicazione, spiega che “il documento non è un direttorio, né una sorta di guideline teorico-pastorale, il suo focus è l’uomo, non la macchina, il cuore e non l’algoritmo”.

In 87 punti, il documento fa prima una ampia disamina dello spazio digitale come si presenta adesso, guardando anche agli sviluppi dell’intelligenza artificiale e agli algoritmi che ormai dominano la percezione umana perché preposti a selezionare ed evidenziare le informazioni che ritengono migliori nel sovraccarico informativo di oggi.

E già queste sono sfide non da poco. Anche perché ci si trova di fronte ad una Chiesa che da una parte ha bisogno di abitare il virtuale, ma dall’altra è chiamata a costruire comunità; che da una parte approfitta delle innovazioni tecnologiche per fare arrivare le liturgie nelle case di tutti (è successo durante il lockdown), ma dall’altra sa che l’Eucarestia “non si può guardare”, si deve vivere, e si deve vivere in comunità.

Monsignor Lucio Ruiz, segretario del Dicastero della Comunicazione, afferma: “La nostra cultura va assunta per essere redenta, e che redenta va assunta e vissuta. È questo il nostro luogo che dobbiamo abitare, è questo lo spazio dove trovare gli uomini e le donne per annunziare il lieto messaggio. È la nostra terra di missione”.

Ecco allora che la necessità prima è quella di costruire comunità, di “condividere un pasto”, attività che non si può fare virtualmente, ma solo stando davvero insieme. In fondo, si tratta di trasportare la logica del samaritano anche nella piazza virtuale, con la consapevolezza che “le relazioni comunitarie nelle reti social dovrebbero rafforzare le comunità locali e viceversa”.

Ma come deve essere il cristiano nei social media? “Lo stile cristiano – si legge nel documento - deve essere riflessivo, non reattivo, anche sui social media. Pertanto, dobbiamo essere tutti attenti a non cadere nelle trappole digitali nascoste in contenuti che sono intenzionalmente progettati per seminare conflitti tra gli utenti, provocando indignazione o reazioni emotive”.

La risposta è la testimonianza, e “i social media possono diventare un’opportunità per condividere storie ed esperienze di bellezza o di sofferenza che sono fisicamente lontane da noi. Così facendo, potremo pregare insieme e cercare insieme il bene, riscoprendo ciò che ci unisce”.

Il documento chiede anche di coltivare un “dialogo con il Padre”, di mantenere spazi di preghiera che ricorderanno sempre “che tutto è stato ribaltato con la croce”.

Quello che sembra venir fuori dal documento è l’idea di “umanizzare” il virtuale. “Cosa significa – si legge - ‘curare’ le ferite sui social media? Come possiamo ‘ricucire’ le divisioni? Come costruire ambienti ecclesiali in grado di accogliere e integrare le “periferie geografiche ed esistenziali” delle culture odierne? Domande come queste sono essenziali per discernere la nostra presenza cristiana sulle ‘strade digitali’.”

Comunque, si legge ancora nel testo, “c’è ancora molto su cui riflettere nelle nostre comunità di fede rispetto a come sfruttare l’ambiente digitale in un modo che integri la vita sacramentale. Sono state sollevate questioni teologiche e pastorali su vari aspetti: ad esempio, lo ‘sfruttamento commerciale’ della ritrasmissione della Santa Messa”.

Un punto di partenza, dunque, non un punto di arrivo. Con la consapevolezza che “per comunicare la verità, dobbiamo innanzitutto accertarci di trasmettere informazioni veritiere; non solo nel creare i contenuti, ma anche nel condividerli. Dobbiamo assicurarci di essere davvero una fonte attendibile”.

Ma anche che “per comunicare bontà, abbiamo bisogno di contenuti di qualità, di un messaggio orientato ad aiutare, non a danneggiare, a promuovere un’azione positiva, non a perdere tempo in discussioni inutili”.

E ancora, “per comunicare la bellezza, dobbiamo accertarci che stiamo comunicando un messaggio nella sua interezza, il che richiede l’arte della contemplazione, arte che ci permette di vedere una realtà o un evento in relazione con molte altre realtà ed eventi”.

Si riparte allora da Gesù Cristo “via, verità e vita”, punto fermo nel contesto delle post-verita e delle fake news, e anche guardando al mondo dei social nella loro funzione commerciale, e non più di condivisione. Ci vuole la consapevolezza, insomma, che siamo tutti consumatori e fruitori allo stesso tempo, che tutto può essere strumentalizzato.

Il cristiano, allora, può rispondere con l’ascolto, specialmente per contrastare la velocità e l’immediatezza della cultura digitale. “Impegnarsi nell’ ascolto sui social media è un punto di partenza fondamentale per progredire verso una rete fatta non tanto di byte, avatar e ‘mi piace’ quanto di persone. In questo modo passiamo dalle reazioni rapide, dalle ipotesi fuorvianti e dai commenti impulsivi al creare opportunità di dialogo, sollevare domande per saperne di più, manifestare cura e compassione, e riconoscere la dignità di coloro che incontriamo”. Aci 29

 

 

 

L’Ente Bergamaschi nel Mondo rende omaggio a Papa Giovanni XXIII

 

Bergamo - Il 28 ottobre 1958, il patriarca di Venezia Cardinale Angelo Giuseppe Roncalli fu eletto papa, per il cui ufficio si impose il nome di Giovanni XXIII. Il successivo 4 novembre fu incoronato 261° pontefice. Era “il papa bergamasco”, papa Giovanni XXIII: nato a Sotto il Monte, fu l’emigrante bergamasco più illustre, avendo condotto attività diplomatiche all’estero per ben 28 anni, dal 1925 al 1953.

Nel 1925, infatti, è in Bulgaria, quale Visitatore Apostolico; nel 1935, in Turchia e Grecia, quale Delegato; e poi, nel 1944 in Francia, come Nunzio Apostolico. Il 12 gennaio 1953 papa Pio XII lo promosse a cardinale e il 15 gennaio lo nominò vescovo patriarca di Venezia. Qui, vi rimase fino al 1958, quando partì per il Conclave.

La morte lo colse il 3 giugno 1963. Era pomeriggio, la febbre di Papa Roncalli, gravemente malato (aveva da tempo un tumore allo stomaco), raggiunge i 42 gradi: alle 19.49 dello stesso giorno, il Santo Padre muore. Aveva poco più di 81 anni. “Perché piangere? È un momento di gioia questo, un momento di gloria” sono state le sue ultime parole, rivolte al segretario, monsignor Loris Francesco Capovilla.

UN FILMATO PER IL 60° ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE

Nella ricorrenza dei sessant’anni dalla sua morte, l’Ente Bergamaschi nel Mondo ricorda la grande figura del “Papa buono”, il cosiddetto “papa emigrante”, proponendo ai suoi emigranti ed ex-emigranti un filmato, composto da una serie di testimonianze sulla vita e la figura di Papa Giovanni: commenti e pensieri, aneddoti personali e ricordi, che rimandano al grande pontefice bergamasco. A corredo fotografie e filmati dell’epoca.

Le testimonianze raccolte sono di Santo Locatelli – Presidente Onorario dell’Ente Bergamaschi nel Mondo; Carlo Personeni – Presidente dell’Ente Bergamaschi nel Mondo; Diego Rodeschini – Referente “sezione ex-emigranti” dell’Ente Bergamaschi nel Mondo; Roberto Facchinetti – Presidente della Comunità Montana Valle Imagna; Radames Bonaccorsi Ravelli – Presidente Circolo del Regno Unito dell’Ente Bergamaschi nel Mondo; Augusto Sciacca – Pittore, scenografo e scrittore; Mario Morotti (“Smiciatòt”) – Presidente del Ducato di Piazza Pontida (Bergamo); ed Emanuele Roncalli – Giornalista, saggista e parente di Papa Giovanni XXIII.

Un atto doveroso, soprattutto verso quei bergamaschi che hanno vissuto (e vivono) l’esperienza dell’emigrazione, e che vedono in San Giovanni XXIII (è stato canonizzato il 27 aprile 2014) il loro “santo protettore”: non c’è famiglia bergamasca all’estero, infatti, che non abbia in casa un’immagine di San Giovanni XXIII.

Il filmato commemorativo su Papa Giovanni XXII è visibile sul sito internet dell’Ente Bergamaschi nel Mondo (www.bergamaschinelmondo.com) e sul canale youtube dell’EBM. (aise/dip 29) 

 

 

 

 

Papa Francesco, “lo Spirito Santo ci libera dalle prigioni della paura”

 

L’antidoto al rimanere “chiusi dentro” è lo Spirito, che ci libera. Papa Francesco lo spiega prima della preghiera del Regina Coeli - Di Andrea Gagliarducci

 

Città del Vaticano. Come gli apostoli che erano in una stanza chiusa “per timore”, così anche noi restiamo chiusi dentro, per la paura di non farcela. Ma, come a Pentecoste arrivò lo Spirito a soffiare sugli apostoli, così oggi anche noi siamo chiamati ad affidarci allo Spirito, perché è lui che ci libera dalle prigioni della paura.

Dopo aver presieduto la celebrazione di Pentecoste nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco sale nel suo studio e si affaccia alla finestra del Palazzo Apostolico per recitare con le migliaia di persone accorse in una giornata particolarmente estiva il Regina Caeli, la preghiera che durante il tempo pasquale sostituisce l’Angelus. E ricorda che, con il dono dello Spirito, arrivato a Pentecoste, Gesù voleva proprio liberare i discepoli “dalla paura che li tiene rinchiusi in casa, perché siano capaci di uscire e diventino testimoni e annunciatori del Vangelo”.

Papa Francesco racconta che i discepoli erano “sconvolti” dalla morte di Gesù, che aveva mandato i loro sogni in frantumi e fanno svanire le loro speranze, e così si erano “chiusi dentro”. E questo, aggiunge il Papa, è qualcosa che facciamo anche noi, magari “per qualche situazione difficile, per qualche problema personale o familiare, per la sofferenza che ci segna o per il male che respiriamo attorno a noi, rischiamo di scivolare lentamente nella perdita della speranza e ci manca il coraggio di andare avanti”

È in quei momenti che “ci barrichiamo nel labirinto delle preoccupazioni”, perché “permettiamo alla paura di prendere il sopravvento e di fare la ‘voce grossa’ dentro di noi”.

Ci si chiude, dunque, per paura – “paura di non farcela, di essere soli ad affrontare le battaglie di ogni giorno, di rischiare e poi di restare delusi, di fare delle scelte sbagliate”.

Papa Francesco spiega che “la paura blocca” ed “isola”, come succede di fronte “all’altro, a chi è straniero, a chi è diverso, a chi la pensa in un altro modo”, ma persino “la paura di Dio” che “mi punisca, che ce l’abbia con te”.

Di fronte a queste paure, aggiunge il Papa, si chiudono le porte “del cuore, della società e anche le porte della Chiesa”, perché “dove c’è paura, c’è chiusura”.

Il Vangelo, però, “offre il rimedio del Risorto”, che è lo Spirito Santo che “libera dalle prigioni della paura” e infatti gli apostoli che ricevono lo Spirito “escono dal cenacolo e vanno nel mondo a rimettere i peccati e ad annunciare la buona notizia”.

Lo Spirito, osserva Papa Francesco, “ci fa sentire la vicinanza di Dio e così il suo amore scaccia il timore, illumina il cammino, consola, sostiene nelle avversità”.

Papa Francesco chiede in conclusione di invocare “lo Spirito Santo per noi, per la Chiesa e per il mondo intero: perché una nuova Pentecoste scacci le paure che ci assalgono e ravvivi il fuoco dell’amore di Dio”.

Dopo la preghiera del Regina Coeli, Papa Francesco ricorda il 150esimo della morte dello scrittore Alessandro Manzoni, che si è celebrato lo scorso 22 maggio, ricordando che lo scrittore, tra l’altro amato anche dal Papa, è stato “cantore delle vittime e degli ultimi”, che potevano contare sempre “sulla mano protettrice della provvidenza divina”, ma erano “sostenute anche dalla vicinanza dei pastori della Chiesa”.

Papa Francesco invita anche a pregare per le popolazioni confine tra Myanmar e Bangladesh, colpite da un ciclone. Sono 800 mila persone coinvolte dal disastro, tra le quali anche i Rohingya, la popolazione “rimpallata” tra Bangladesh e Myanmar cui il Papa ha mostrato da anni particolare sollecitudine. Papa Francesco chiede che i responsabili “favoriscano l’accesso degli aiuti umanitari”, e si appella “al senso di solidarietà umana ed ecclesiale per soccorrere i nostri fratelli e sorelle”.

Infine, il Papa ricorda che il 31 maggio, al termine del mese di maggio, nei santuari mariani “sono previsti momenti di preghiera a sostegno dei preparativi della prossima assemblea ordinaria del sinodo dei vescovi”. “Chiediamo – dice il Papa – che Maria accompagni la tappa del sinodo con sua protezione e a lei affidiamo anche il desiderio di pace di tante popolazioni in tutto il mondo, specialmente della martoriata ucraina. Aci 28

 

 

 

Pentecoste. Lo Spirito rinnova la faccia della terra

 

Dopo secoli di misconoscimento, il fuoco dello Spirito Santo, il vento dello Spirito Santo, sta invadendo tutta la terra. È la risposta del Cielo alla supplica incessante della Chiesa: Vieni, Spirito Santo, e rinnova la faccia della terra! Paolo Maino

 

“Riverserò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione” [1]. Questo è il tempo che stiamo vivendo oggi: di grazie e consolazione.  Sembra impossibile e quasi una bestemmia affermarlo. Dopo secoli di misconoscimento, il fuoco dello Spirito Santo, il vento dello Spirito Santo, sta invadendo tutta la terra. È la risposta del Cielo alla supplica incessante della Chiesa: Vieni, Spirito Santo, e rinnova la faccia della terra! Una supplica che si è alzata da ogni confessione cristiana e che ha creato un moto di unità e di ecumenismo. Quell’unità per la quale Gesù è morto, l’ha creata lo Spirito, che si è abbattuto gagliardo trasversalmente su tutte le denominazioni cristiane con doni e carismi, ma soprattutto donando una Pentecoste personale, una esperienza personale di Gesù per la quale si è potuto dire: “Prima ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” [2].  Una Pentecoste personale che ha toccato milioni di persone, donando l’esperienza dell’innamoramento con Gesù, del passaggio da una conoscenza intellettuale ad una conoscenza esperienziale ed emozionale, un’esperienza che ha rinnovato il modo di percepire e comprendere la Parola, i sacramenti, la vita comunitaria, la condivisione con i poveri. Un’esperienza che ha cambiato e rivoluzionato la vita di tante persone, che ha spinto alla formazione di nuove comunità e nuovi movimenti, al vivere con radicalità il Vangelo, a scommettere la vita per Dio.

“… io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani vedranno delle visioni, i vostri vecchi sogneranno dei sogni. Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno…” [3].

Questa è la misericordia di Dio per questo tempo, quella che “di generazione in generazione si stende su quelli che lo temono” [4] (e non solo su quelli!); questo è il segno di speranza per l’oggi, il Dono insperato, stupefacente e sorprendente di Dio. La voce profetica di Papa Francesco ci scuote: “Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui…” [5].

Ma Papa Francesco non si ferma qui. Ci spinge, a non trattenere questa esperienza. Ci spinge a diventare i nuovi evangelizzatori, pieni di Spirito e di potenza, che condividono con tutti questo grande dono. E spinge soprattutto il Rinnovamento Carismatico Cattolico a donare il Battesimo nello Spirito a tutta la Chiesa. Questo significa trovare mezzi nuovi, linguaggio nuovo, creatività nuova per essere comprensibili, attraenti e stimolanti per questa generazione. Grazie, Santo Spirito, per questa corrente di Grazia, per questa grande chance per la Chiesa e per il mondo!

[1] Zc, 12,10

[2] Gb 42,5

[3] At 2,17-18

[4] Lc 1,50

[5] Francesco, Evangelii Gaudium, 3. Sir 27

 

 

 

Cento anni di Don Milani. Cardinale Zuppi: “Ci costringe a sporcarci di vita vera”

 

Il Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI interviene alla Giornata inaugurale del Centenario di Don Milani che si svolge a Barbiana. - Di Veronica Giacometti

 

Barbiana. Tutti dobbiamo leggere di nuovo “Lettera a una professoressa” e ricordarci che è indirizzata anche a noi. Accettiamo il rigore, l’intransigenza di don Milani. Non è eccesso, ma intelligente amore, evangelico e umano, che aiuta a capire da che parte stiamo e a verificare senza sconti dove siamo stati”. Il Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI interviene alla Giornata inaugurale del Centenario di Don Milani che si svolge a Barbiana. 100 anni fa infatti nasceva Don Lorenzo Milani, il prete di Barbiana che voleva una scuola inclusiva.

Per il Cardinale Zuppi “Don Milani non può essere ridotto a banale politically correct, facile esortazione o denuncia. Ferisce, perché svela le parole vuote, la retorica che copre l’inedia e chiama questa per nome, senza sconti. Come disse don Bensi, don Milani è «un diamante che doveva ferirsi e ferire». Egli ci mette di fronte alle nostre responsabilità di ruolo e di paternità, ci chiede di farci carico di chi è più fragile e non di fornirgli istruzioni per l’uso senza aiutarlo, sistema che fa sentire a posto chi può sempre dire “io lo avevo detto” ma senza che si sia mai dato da fare per aiutare”.

"Don Milani ci costringe a sporcarci di fango, di vita vera, perché non si lascia certo ridurre a oggetto da salotto senza cambiare il salotto o senza uscirne, proprio come aveva fatto lui, borghese, colto, che scelse di imparare diventando maestro e alunno dei poveri, stando dalla parte dei poveri per trovare la propria parte, profeta intransigente di cambiamento, obbedientissimo e per questo libero prete della sua Chiesa senza la quale non voleva vivere”, commenta ancora il Presidente CEI.

Per Zuppi la “sfida del futuro inizia nella scuola. Sentiamo la ferita che le disuguaglianze sono aumentate in questi venti anni, come l’abbandono scolastico”. “Con il passare degli anni ci siamo accorti dell’eredità di don Milani guardando alla sua fecondità generativa. Don Lorenzo si è rivelato uno straordinario formatore di coscienze”, conclude il Presidente.

Anche Papa Francesco si era recato a Barbiana il 20 giugno 2017, in occasione dei 50 anni della morte di Don Milani. Aci 27

 

 

 

Papa Francesco nella sede Rai per il programma “A Sua Immagine”

 

Il Pontefice accolto, tra gli applausi del personale, dalla presidente Soldi e dall'amministratore delegato Sergio, insieme alla conduttrice Lorena Bianchetti. L’intervista, in agenda a marzo poi rimandata a motivo del ricovero del Papa, andrà in onda domenica 4 giugno - Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Prima volta di un Papa in uno studio televisivo e in uno studio televisivo della Rai, questo pomeriggio, intorno alle 15, Papa Francesco si è recato nella sede di Saxa Rubra per registrare un intervento tv. L’intervista andrà in onda la prossima domenica 4 giugno a “A Sua Immagine”, il programma di approfondimento religioso nato 26 anni fa dalla collaborazione tra la rete del servizio pubblico e la Conferenza episcopale italiana (CEI) trasmesso la domenica che tra i suoi spettatori annovera lo stesso Pontefice, il quale più volte in occasione degli Angelus ne ha fatto menzione.

Applausi e "W il Papa"

Il Papa è arrivato a bordo della sua Fiat 500 bianca, mentre numerosi dipendenti della RAI, in fila in due cordoni, lo accoglievano con un applauso. Sceso dalla macchina, Francesco si è subito seduto sulla sedia a rotelle usata ormai da mesi per i lunghi tragitti; qualcuno dalla folla ha gridato “W il Papa”. A dare il benvenuto a Papa Bergoglio a Saxa Rubra, la presidente della Rai Marinella Soldi e l'amministratore delegato Roberto Sergio che dice: "Ho una grande responsabilità e quindi ho bisogno di tante preghiere". Presente pure la conduttrice Lorena Bianchetti. 

Intervista rimandata a marzo

L’intervista in questione era in agenda lo scorso 29 marzo, nel carcere romano Regina Coeli. Era stata rimandata a motivo del ricovero del Papa al Policlinico Gemelli per una bronchite su base infettiva. Ora è stata recuperata e registrata direttamente negli studi Rai. Le immagini pubblicate tramite i canali della stessa emittente mostrano Francesco seduto insieme ad altri ospiti nel salotto di A Sua Immagine a fianco a Bianchetti, che già aveva intervistato il Pontefice nel 2022, in una puntata speciale del Venerdì Santo.

Appello per la pace

Negli spezzoni diffusi in anteprima si sentono le parole di Papa Francesco: "Con la pace si guadagna poco ma si guadagna sempre, con la guerra si perde tutto". Una frase che richiama il radiomessaggio di Pio XII ai governanti del 1939, alla vigilia della Seconda Guerra mondiale. La Rai fa sapere in un comunicato che "il Papa ha parlato dei grandi temi legati a questo momento storico con un appello per la pace, delle difficoltà che ciascuno incontra nell’esistenza quotidiana, dell’aggressività che pervade la vita sociale, del ruolo che l’informazione deve svolgere in questo scenario". Sergio e Soldi parlano entrmbi di "un evento storico".

L'udienza del 4 marzo

Il Papa aveva poi ricevuto in udienza l’intera redazione il 4 marzo scorso in Vaticano e nel suo discorso aveva spiegato di seguire per qualche minuto il programma, prima di affacciarsi dalla finestra del Palazzo Apostolico, e aveva incoraggiato la missione di A Sua Immagine, in particolare quella di dare voce a chi soffre in modo da contribuire a “globalizzare” la solidarietà e non l’indifferenza già ampiamente “globalizzata” al giorno d’oggi. Vn 27

 

 

Guerra in Ucraina e Pentecoste. Comece e Kek: “Possa lo Spirito di Dio illuminare le menti di coloro che cercano la violenza”

Possa il messaggio di Pentecoste “illuminare le menti di coloro che cercano la violenza” e “ispirare anche coloro che hanno responsabilità politiche in Europa, affinché le loro decisioni siano guidate da saggezza, integrità e compassione al servizio del bene comune di tutti”. È il messaggio dedicato quest’anno alla guerra in Ucraina che i presidenti della Comece e della Kek, mons. Mariano Crociata e il rev. Christian Krieger, hanno diffuso oggi in occasione della Pentecoste. “Proprio come la comunità cristiana primitiva faticava a trovare risposte ai problemi che si trovava ad affrontare”, scrivono i responsabili dei due organismi, “così i cristiani oggi lottano con le sfide di un mondo profondamente ferito dalla violenza, dalla disuguaglianza e dalla divisione” - di M. Chiara Biagioni

“Preghiamo per la giustizia e la pace, affidiamoci insieme con umiltà e speranza allo Spirito di Dio che trasforma e riconcilia tutti. Possa lo stesso Spirito illuminare le menti di coloro che cercano la violenza e dare loro ‘un cuore di carne’ (Ez. 36,26). Possano i piedi di tutti essere guidati sulla via della giustizia, della verità, della riconciliazione e della pace”. È il messaggio dedicato quest’anno alla guerra in Ucraina che i presidenti della Comece e della Kek, rispettivamente mons. Mariano Crociata e il rev. Christian Krieger, hanno diffuso oggi in occasione della Pentecoste. “Proprio come la comunità cristiana primitiva faticava a trovare risposte ai problemi che si trovava ad affrontare”, scrivono i responsabili dei due organismi, “così i cristiani oggi lottano con le sfide di un mondo profondamente ferito dalla violenza, dalla disuguaglianza e dalla divisione. Mentre infuria la brutale guerra contro l’Ucraina, la crisi umanitaria continua. Anche le conseguenze sociali e politiche, insieme alle disuguaglianze economiche, continuano ad emergere, esponendo la polarizzazione e la frammentazione delle nostre società”. “Tuttavia, proprio come i discepoli della Chiesa primitiva erano ripieni dello Spirito Santo – fanno riflettere Comece e Kek – così i cristiani oggi sono ripieni e guidati dallo Spirito”. Lo testimoniano i tanti “segni dello Spirito di Dio che vive e opera nelle nostre vite” come, ad esempio, il sostegno delle Chiese ai rifugiati. In questo modo, le Chiese “rispondono ai bisogni umanitari in Ucraina, esprimono solidarietà alle vittime di questa tragica guerra e lavorano attivamente per la pace nel continente”. L’invito è dunque ad essere “aperti a ricevere lo Spirito Santo” il cui “potere può guarire e riconciliare l’umanità e trasformare la società”. “Possa il messaggio di Pentecoste – è l’auspicio finale – ispirare anche coloro che hanno responsabilità politiche in Europa, affinché le loro decisioni siano guidate da saggezza, integrità e compassione al servizio del bene comune di tutti”.

Le Chiese sono consapevoli che la via della pace passa anche e soprattutto per l’Unione europea. Riuniti in assemblea generale a Roma nel mese di marzo scorso, Papa Francesco ha affidato ai vescovi europei la causa della pace, attraverso – disse in quell’occasione – “profezia, lungimiranza e creatività”. Con questo spirito, giovedì 25 maggio, la Commissione degli episcopati Ue (Comece) ha promosso a Bruxelles una tavola rotonda dedicata alla guerra in Ucraina e alle sfide alla sicurezza in corso nella regione orientale del continente europeo. All’incontro hanno partecipato rappresentanti della Chiesa, responsabili politici dell’Ue e attori della società civile al Parlamento europeo. Al cuore delle discussioni, l’aggressione militare “ingiusta e disumana della Federazione Russa contro l’Ucraina”, come l’ha definita mons. Jan Vokál (Repubblica Ceca), presidente della Commissione Comece per le Relazioni esterne dell’Unione europea. Ma non c’è solo Ucraina. La Comece ha elencato anche le “continue gravi sfide ai diritti umani e alla democrazia in Bielorussia”, “i conflitti congelati e altri eventi destabilizzanti sia a Est che a Sud, spesso alimentati da attori esterni”. Tutti questi “sviluppi geopolitici in corso e le realtà mondiali in rapida evoluzione – è stato detto – spingono l’Unione europea a rendersi conto di quanto sia cruciale offrire al continente una rinnovata visione strategica per la stabilità, la giustizia e la pace”.

Con la guerra in corso sul suolo europeo, si fa urgente anche la questione delle candidature di Ucraina, Moldavia e Georgia per una futura adesione all’Ue. Secondo gli esperti della Comece, l’allargamento dell’Ue riacquista un’importanza strategica per la pace e la prosperità nell’intera regione. Mons. Vokál ha detto che  il processo di allargamento deve essere “credibile e rispondere alle aspettative dei cittadini dei Paesi candidati, “altrimenti rischia di ritorcersi contro e fomentare sentimenti antieuropei”. Ma il processo va sostenuto e “coloro che aspirano a legami più stretti con l’Unione Europea o anche a una futura adesione, dovrebbero essere autorizzati a intraprendere questa strada”.

Per la Pentecoste, Comece e Kek invitano martedì 6 giugno ad una “preghiera ecumenica per la pace e l’unità dei cristiani” che si terrà al Parlamento europeo dalle 8 alle 9. Ci sarà una riflessione offerta da Tomáš Halík, presidente dell’Accademia cristiana ceca, con gli interventi di mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), e del rev. Christian Krieger, presidente della Conferenza delle Chiese europee (Kek). Sir 26

 

 

“Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro”: un libro di don Massimo Pavanello

 

MILANO- “Gli italiani nel mondo. E la Chiesa con loro”: fresco di stampa l’ultimo libro di don Massimo Pavanello. Il volume (pubblicato da Tau Editrice, Todi) raccoglie una trentina di interviste realizzate per l’omonima rubrica proposta da Radio Mater. La trasmissione – ideata e condotta dal sacerdote – è tuttora presente nel palinsesto e si avvale della consulenza della Fondazione Migrantes. L’interesse giornalistico dà conto della vita di alcune Missioni Cattoliche Italiane che lavorano soprattutto in Europa. Preti, catechisti, diplomatici, giornalisti, imprenditori, genitori, giovani, pensionati, professionisti si sono prestati al microfono del conduttore raccontando l’esperienza di italiani all’estero e di ciò che li lega ad una Chiesa che parla la propria lingua.

Nei colloqui sono stati affrontati anche argomenti mutuati dalla cronaca più infiammata: la guerra in Ucraina; il Sinodo della Chiesa tedesca; la Brexit; l’8xmille destinato ai progetti esteri; gli italiani detenuti in territorio straniero; gli atti vandalici nei confronti di chiese europee; i rapporti

sulla pedofilia; i progetti Erasmus. Con un occhio sempre attento alla presenza di carità che gli italiani testimoniano in questi contesti. Il libro si avvale della prefazione dell’Ambasciatrice d’Australia presso la Santa Sede Chiara Porro, nata in Lombardia e cresciuta nell’altro emisfero, e della postfazione di don Antonio Serra, da anni residente a Londra e coordinatore nazionale delle Missioni Cattoliche Italiane in Inghilterra e Galles.

“L’intuizione che ha portato a questo libro frutto dell’omonima rubrica radiofonica – dichiara don Pavanello – parte da un dato: ci sono più italiani nel mondo che stranieri in Italia. Da quando l’emigrazione è un fenomeno, i connazionali all’estero hanno avuto al loro fianco una Chiesa dall’idioma familiare. L’uscita dal Bel Paese non si è fermata neppure in tempo di pandemia, quando i margini di spostamento erano risicati. Per tutti, anche i molti realizzati, è il bisogno e non il romanticismo a spingere verso nuovi lidi.

L’autore, da questa ricognizione ad extra, individua anche una ricaduta interna. Infatti, chiosa: “Conoscere l’andamento vettoriale della emigrazione italiana, che include il dato spirituale, facilita anche la rilettura dell’immigrazione verso le coste domestiche”.

Il pensiero finale è quasi una dedica. “Pur programmato nel palinsesto originario, rivela Pavanello, non è stato raggiunto un gruppo di connazionali. Quello della vivace Comunità italiana

di Mosca che si raduna presso la chiesa di San Luigi dei Francesi. Basti qui una prudente citazione. L’attuale contesto internazionale ha suggerito di custodire questi fedeli. In attesa di dare loro voce”.

Massimo Pavanello, Dottore in teologia, per l’Arcidiocesi di Milano è responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa e del Servizio per il turismo e i pellegrinaggi. Ha frequentato corsi di cooperazione internazionale e sviluppo sostenibile presso l’ISPI di Milano. Ha pubblicato diversi lavori frutto di viaggi missionari. Sacerdote, affianca il ministero parrocchiale all’impegno giornalistico. (Inform 25)

 

 

 

Assemblea nazionale dei referenti diocesani del Cammino sinodale. Comunicato finale

 

Incoraggiati dalle parole di Papa Francesco, 330 referenti del Cammino sinodale provenienti da due terzi delle diocesi italiane si sono ritrovati a Roma, il 25 e il 26 maggio, per confrontarsi in vista dell’elaborazione delle Linee guida per la “fase sapienziale”, secondo step tra il biennio dell’ascolto e la cosiddetta “fase profetica”. Questo strumento, che sarà presentato al Consiglio Episcopale Permanente previsto per l’8 luglio, indirizzerà e sosterrà il discernimento operativo sul territorio, in raccordo con il livello nazionale.

La sfida è infatti quella di intrecciare il vissuto diocesano con le riflessioni nazionali, in una circolarità virtuosa che valorizzi l’apporto locale arricchendolo con il contributo di esperti e di rappresentanti del mondo ecclesiale, sociale e culturale. La rete consolidata dei referenti diocesani, che costituisce la grande novità dei primi due anni di ascolto, continuerà ad operare in connessione con il Comitato Nazionale - la cui composizione è ormai definitiva - e con i Vescovi. Con questa metodologia, tutte le componenti del popolo di Dio avranno voce e saranno partecipi delle scelte condivise che verranno prese nella “fase profetica”.

Nell’incontro di Roma a cui sono intervenuti i Vescovi Antonio Mura, Claudio Giuliodori e Antonino Raspanti, i referenti diocesani hanno dunque lavorato per individuare i temi principali emersi dai Cantieri avviati sul territorio e dal dibattito nei gruppi sinodali della 77ª Assemblea Generale della CEI. “La Chiesa in Italia è viva. Non esercitiamo un ruolo, ma siamo una casa: abbiamo davanti un grande sforzo missionario”, ha affermato il Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI. “Ci sono delle condizioni di possibilità. Abbiamo preso consapevolezza che c’è una questione di stile: si deve adottare uno stile nuovo di essere Chiesa per la missione”, gli ha fatto eco Mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale. “Il cammino deve essere un percorso di fede e di evangelizzazione: dobbiamo aggredire i nodi critici senza paura”, ha concluso Mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI. Cei 26

 

 

 

Assemblea Cei. Papa Francesco: “parrocchie troppo autoreferenziali”, no a “neoclericalismo di difesa”

 

Papa Francesco ha concluso l'Assemblea della Cei ricevendo in udienza i referenti diocesani del Cammino sinodale italiano. No a "autoreferenzialità" e "neoclericalismo di difesa". Nella Chiesa a volte ci sono "scomunicati a priori". "Prendere sul serio la vulnerabilità" ed "essere una Chiesa inquieta" – di M.Michela Nicolais

 

“A volte si ha l’impressione che le comunità religiose, le curie, le parrocchie siano ancora troppo autoreferenziali”. Lo ha denunciato Papa Francesco, ricevendo in udienza in Aula Paolo VI i partecipanti all’Incontro nazionale dei Referenti diocesani del Cammino Sinodale Italiano, nella giornata conclusiva dell’Assemblea dei vescovi italiani.

”Sembra che si insinui, un po’ nascostamente, una sorta di ‘neoclericalismo di difesa’, generato da un atteggiamento timoroso, dalla lamentela per un mondo che non ci capisce più, dal bisogno di ribadire e far sentire la propria influenza”, il monito di Francesco, che ha stigmatizzato ancora una volta l’autoreferenzialità come “malattia della Chiesa” e ha avvertito: “il clericalismo è una perversione, ma quando il clericalismo entra nei laici, è terribile”.

“Essere una Chiesa aperta”, l’indicazione di rotta del Papa: “Riscoprirsi corresponsabili nella Chiesa non equivale a mettere in atto logiche mondane di distribuzione dei poteri, ma significa coltivare il desiderio di riconoscere l’altro nella ricchezza dei suoi carismi e della sua singolarità. Così, possono trovare posto quanti ancora faticano a vedere riconosciuta la loro presenza nella Chiesa, quanti non hanno voce, coloro le cui voci sono coperte se non zittite o ignorate, coloro che si sentono inadeguati, magari perché hanno percorsi di vita difficili o complessi. E tante volte sono scomunicati a priori”.

“Abbiamo bisogno di comunità cristiane nelle quali si allarghi lo spazio, dove tutti possano sentirsi a casa, dove le strutture e i mezzi pastorali favoriscano non la creazione di piccoli gruppi, ma la gioia di essere e sentirsi corresponsabili”, il ritratto di Francesco. “Mai senza l’Altro con la ‘A’ maiuscola, mai senza gli altri con cui condividere il cammino”, lo slogan utilizzato dal Papa: “Fare Chiesa insieme”, per il Papa, “è un’esigenza che sentiamo di urgente, oggi, sessant’anni dopo la conclusione del Concilio Vaticano II”. “E’ sempre in agguato la tentazione di separare alcuni ‘attori qualificati’ che portano avanti l’azione pastorale, mentre il resto del popolo fedele rimane solamente recettivo delle loro azioni”, la denuncia. Per Francesco, “la Chiesa deve lasciar trasparire il cuore di Dio: un cuore aperto a tutti e per tutti”. Di qui la necessità di un esame di coscienza: “Dovremmo domandarci quanto facciamo spazio e quanto ascoltiamo realmente nelle nostre comunità le voci dei giovani, delle donne, dei poveri, di coloro che sono delusi, di chi nella vita è stato ferito. Fino a quando la loro presenza resterà una nota sporadica nel complesso della vita ecclesiale, la Chiesa non sarà sinodale, sarà una Chiesa di pochi”.

“Essere una Chiesa ‘inquieta’ nelle inquietudini del nostro tempo”, l’ultima consegna del Papa, che ha lodato la Chiesa italiana per aver scelto, nella fase del Cammino sinodale che si è appena conclusa, di formare dei gruppi sinodali anche nelle carceri. “La comunità cristiana è provocata a uscire dai pregiudizi, a mettersi in ricerca di coloro che provengono da anni di detenzione, per incontrarli, per ascoltare la loro testimonianza, e spezzare con loro il pane della Parola di Dio”, l’invito di Francesco, che ha auspicato che il Sinodo possa aiutarci a “prendere sul serio la vulnerabilità”.

L’esempio citato è quello di don Primo Mazzolari, che metteva in guardia dai “preti soffocatori di vita”. “Una Chiesa appesantita dalle strutture, dalla burocrazia, dal formalismo faticherà a camminare nella storia, al passo dello Spirito, incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo”, ha esordito il Papa esortando la Chiesa italiana a “continuate a camminare”, lasciandosi guidare dallo Spirito, che è “il vero protagonista” del Sinodo. “Umiltà, disinteresse e beatitudine” i tratti ecclesiali già indicati come necessari nel Convegno ecclesiale nazionale di Firenze nel 2015:“Il Sinodo non è cercare le opinioni gente o mettersi d’accordo: il grande nemico di questo cammino è la paura”.

“Coraggio e unità”. Sono i due binari lungo i quali è chiamata a camminare la Chiesa italiana, ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nell’omelia della Messa presieduta nella basilica di San Pietro. “L’unità è santa e non a caso è sempre legata alla pace, perché la guerra inizia quando si accetta la divisione, quando si provoca la divisione”, la tesi di Zuppi, che all’inizio dell’omelia ha definito la guerra “una macchina da guerra fratricida” e ha menzionato “l’angoscia che grava nell’anima del popolo ucraino che anela alla pace”. Non siamo “funzionari anonimi”, ma “un popolo grande, che accoglie tutte le etnie perché popolo santo di Dio”, l’affresco del presidente della Cei: “Nella comunione nessuno è disoccupato, e nessuno non è importante”.

Sir 25

 

 

 

Coraggio e unità, l'invito del Cardinale Zuppi ai vescovi italiani

 

Omelia del Presidente della CEI in occasione della Messa conclusiva della 77/ma Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana celebrata in San Pietro - Di Marco Mancini

 

Città del Vaticano. “Essere qui, al termine di quasi due anni di Cammino sinodale, è una grande emozione che ci sintonizza di nuovo con i fratelli e le sorelle e con questa Madre Chiesa che tutti ci accoglie e continua a generarci a figli. Come i due di Emmaus anche noi troviamo Pietro che conferma la nostra fede. Troviamo un popolo grande, che accoglie tutte le etnie perché popolo santo di Dio. Un popolo ma sempre una famiglia che ci chiede di vivere con lo stile e i sentimenti della famiglia, non da funzionari anonimi, anche zelanti ma con il cuore e gli affetti da un’altra parte o ridotti solo al proprio protagonismo o ruolo”. Lo ha detto il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della CEI, nell’omelia pronunciata stamane in occasione della Messa conclusiva della 77/ma Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana celebrata in San Pietro.

Il pensiero del porporato è tornato immediatamente all’Ucraina: “ricordo – ha sottolineato - l’angoscia che grava nell’anima del popolo ucraino che anela alla pace e quanti piangono qualcuno che non è tornato più, inghiottito dalla macchina di morte fratricida che è la guerra”.

“Il mondo – ha ricordato l’Arcivescovo di Bologna - inizia sempre da ogni persona, da un incontro, scoprendola nella sua grandezza e unicità, amandola perché non è un’isola. Quanto c’è bisogno di amore gratuito, vero e non virtuale, legame umano e affettivo”.

“Il cammino nella storia – ha ricordato il Cardinale Zuppi - è sempre pieno di sorprese se siamo docili alla Parola, che non smette di innalzare gli umili e abbassare i superbi, di trasformare il deserto in un giardino e un peccatore in una persona libera di non farlo più e visitata nella sua casa che diventa piena della salvezza”.

Il porporato sottolinea l’importanza della parola “coraggio” che “è l’espressione di Dio, che conosce la fatica della testimonianza. Vivere per il Vangelo ci fa confrontare con il nostro limite, con la durezza del mondo, con la forza del male che i cristiani conoscono perché amano e non aspettano qualche pandemia per combatterlo. Coraggio è anche lo stimolo a trovare nuove vie di trasmissione della fede, ad annunciare il Vangelo in ogni circostanza, a non aver paura di prendere il largo. Trasforma le difficoltà in opportunità. Tutto può cambiare e niente è impossibile a chi crede! Il Vangelo non ha confini. E chi è pieno del Vangelo è libero dai confini, non perché dilata il suo io come avviene pericolosamente nel mondo, ma perché ama e non ha paura di cercare nuove terre, anche quelle non ancora esplorate da nessuno, anche quelle che potrebbero dimostrarsi ostili. Il Vangelo ci fa sentire a casa ovunque e tutto è reso da lui casa”.

 “Non c’è comunione – ha ribadito il presidente della CEI - senza l’azione dello Spirito e la nostra docilità a lasciarci guidare dallo Spirito e non dai piccoli interessi. Coraggio e unità sono i due binari del percorso che la Parola di Dio ci indica oggi attraverso la liturgia eucaristica: il coraggio che solo l’amore può generare in noi, per ascoltare, discernere e decidere per Dio e per il bene della Chiesa; e l’unità. Cioè pensarsi insieme, a tutti i costi, non uguali, anzi ancora più diversi perché finalmente e liberamente se stessi perché in relazione gli uni agli altri”.

“L’unità è santa e non a caso è sempre legata alla pace, perché la guerra inizia quando si accetta la divisione. L’unità ha sempre al centro Gesù. Presso la Cattedra di Pietro rinnoviamo questo desiderio che ci riguarda tutti nelle diverse e tutte complementari responsabilità: essere Pastori secondo il cuore di Dio, coraggiosi e uniti nell’annuncio della lieta novella il Signore è veramente risorto!”. Aci 25

 

 

 

Ambiente: nove raccomandazioni per la sostenibilità dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG)

 

L’organizzazione, che rappresenta 600.000 suore in tutto il mondo, celebra la Settiana Laudato Si’ con questo appello a un’alleanza tra suore e società civile per proteggere la Terra e sostenere le comunità colpite dalla crisi ambientale

 

Roma. Nella Settimana Laudato Si’ 2023 -la settimana dedicata alla lettera enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco- le suore dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG) presentano un policy brief con nove raccomandazioni per affrontare le sfide del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento, con particolare attenzione alle persone vulnerabili. La UISG è l’organizzazione ombrello per le Superiore delle congregazioni femminili cattoliche, che conta 1.900 membri in rappresentanza di oltre 600.000 suore nel mondo.

Le raccomandazioni sono emerse dal Sister-Led Dialogue on the Environment, il primo di una serie di dialoghi organizzati dall’iniziativa UISG Sisters Advocating Globally, sostenuta dal Global Solidarity Fund. L’incontro si è tenuto il 17 aprile 2023 a Roma, con la partecipazione di rappresentanti di istituzioni vaticane, ambasciate presso la Santa Sede, organismi delle Nazioni Unite, organizzazioni internazionali, società civile e mondo accademico.

Le nove raccomandazioni della UISG sono: 1. Azione economica: sostenere un nuovo impulso a un’azione collettiva orientata ai valori, al fine di costruire l’infrastruttura finanziaria necessaria per un’economia improntata allo sviluppo sostenibile. 2. Azione educativa: supportare le istituzioni e le iniziative che trasmettono conoscenza, sensibilizzano l’opinione pubblica e coinvolgono gli attori locali in modo sostenibile. 3. Azione legislativa e legale: incoraggiare i governi e le organizzazioni internazionali a mettere in agenda le questioni relative alla sostenibilità ambientale, realizzando misure concrete per garantire l’inclusione. 4. Azione ambientale e sociale: sottolineare l’interconnessione dell’azione ambientale e sociale come l’unica via per raggiungere la giustizia sociale. 5. Impegno religioso: sfruttare il radicamento e la portata dell’impegno religioso per garantire il successo delle iniziative ambientali. 6. Partenariati, istituzionalizzazione e accreditamento: istituzionalizzare il rafforzamento degli strumenti legati alle donne e alla fede e ampliare i partenariati laico-religiosi con organismi nazionali e internazionali accreditati; 7. Dialogo integrativo: promuovere il dialogo come meccanismo integrativo in grado di amplificare le voci ai margini e garantire un ruolo guida nel processo decisionale globale per le comunità locali che affrontano sfide ambientali. 8. Media e arte: incanalare i ruoli dei media e dell’arte nell’educazione pubblica, modificando la narrativa sul degrado ambientale e focalizzando l’attenzione globale sulle questioni locali. 9. Ricerca scientifica: utilizzare il potenziale della ricerca e dell’istruzione per aiutare sia i leader che le comunità locali a prendere decisioni informate e pianificare azioni concrete.

“Per affrontare alla radice le cause dei problemi generati dall’attività umana e dai nostri sistemi di profitto dobbiamo immaginare una transizione che investa tutte le aree della nostra vita – afferma Suor Maamalifar M. Poreku, Coordinatrice della campagna ambientale UISG Seminare Speranza per il Pianeta –. Come suore cattoliche, abbordiamo in questo modo l’implementazione degli esiti di COP27 e COP15: come una sfida olistica per rafforzare la nostra cura per il Creato. Dobbiamo incoraggiare i leader globali a pensare fuori dagli schemi quando si tratta di impegni finanziari e di cambiamenti allo stile di vita, per cercare soluzioni radicali a sfide radicali”.

Secondo quanto affermato pochi giorni fa dall’Organizzazione meteorologica mondiale, è probabile che le temperature globali nei prossimi cinque anni oltrepasserano, almeno temporaneamente, la soglia di surriscaldamento di 1,5°C stabilita dagli Accordi di Parigi. “Un’alleanza tra i popoli, i governi e le organizzazioni internazionali è essenziale per proteggere la nostra casa comune e portare le voci degli esclusi al centro del dialogo, abbandonando lo spreco e l’avidità in vista di un’economia rigenerativa, in equilibrio con la natura e i bisogni umani – aggiunge Suor Patricia Murray, Segretaria Esecutiva della UISG –. Il ruolo delle religiose si è tradizionalmente limitato all’istruzione, all’assistenza sanitaria e allo sviluppo delle comunità. Eppure ci sono molte aree di advocacy per un cambiamento di sistema in cui le suore possono svolgere un ruolo di primo piano, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente. Il potenziale dell’impegno religioso deve essere pienamente sfruttato. Il tempo sta per scadere e l’umanità non può permettersi di perdere altro tempo”.

Per maggiori informazioni contatta: Antonella Patete +39 339 2483 656

Policy brief: https://advocacy.uisg.org/environment-policy-2023/ 

Unione Internazionale delle Superiore Generali: https://www.uisg.org/it/

Sisters Advocating Globally: https://advocacy.uisg.org/

Seminare Speranza per il Pianeta: https://www.sowinghopefortheplanet.org/  SLD/de.it.press 25

 

 

 

Papa Francesco, serve una conversione ecologica nella sinodalità

 

Il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato - Di Angela Ambrogetti

 

Città del Vaticano. "Come possiamo contribuire al fiume potente della giustizia e della pace in questo Tempo del Creato?" A questa domanda risponde Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, che si celebra il 1° settembre 2023.  “Che scorrano la giustizia e la pace” è quest’anno il tema del Tempo ecumenico del Creato.

In questa settimana fino a Pentecoste chiamata Laudato si' l'invito del Papa è ad ascoltare "l’appello a stare a fianco delle vittime dell’ingiustizia ambientale e climatica, e a porre fine a questa insensata guerra al creato".

Contro consumismo rapace e industria predatoria "cosa possiamo fare noi, soprattutto come Chiese cristiane, per risanare la nostra casa comune in modo che torni a pullulare di vita?"

C'è da arrivare ad una “conversione ecologica” come "San Giovanni Paolo II ci ha esortato a compiere: il rinnovamento del nostro rapporto con il creato, affinché non lo consideriamo più come oggetto da sfruttare, ma al contrario lo custodiamo come dono sacro del Creatore. Rendiamoci conto, poi, che un approccio d’insieme richiede di praticare il rispetto ecologico su quattro vie: verso Dio, verso i nostri simili di oggi e di domani, verso tutta la natura e verso noi stessi".

Cita Benedetto XVI con la "necessità di comprendere che Creazione e Redenzione sono inseparabili: «Il Redentore è il Creatore e se noi non annunciamo Dio in questa sua totale grandezza – di Creatore e di Redentore – togliamo valore anche alla Redenzione»."

L'invito è quello di lasciare i "peccati ecologici" per adottare "stili di vita con meno sprechi e meno consumi inutili" e per praticare "una gioiosa sobrietà".

E per il Papa anche la sinodalità influisce sulla custodia del Creato, perché la "Chiesa è una comunione di innumerevoli Chiese locali, comunità religiose e associazioni che si alimentano della stessa acqua. Ogni sorgente aggiunge il suo contributo unico e insostituibile, finché tutte confluiscono nel vasto oceano dell’amore misericordioso di Dio. Come un fiume è fonte di vita per l’ambiente che lo circonda, così la nostra Chiesa sinodale dev’essere fonte di vita per la casa comune e per tutti coloro che vi abitano. E come un fiume dà vita a ogni sorta di specie animale e vegetale, così una Chiesa sinodale deve dare vita seminando giustizia e pace in ogni luogo che raggiunge".

Nella presentazione alla stampa hanno partecipato il cardinale Michael Czerny, S.I., Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; la reverenda anglicana Canon Rachel Mash, Environmental Coordinator for the Anglican Church of Southern Africa and member of the of the Anglican Communion Environmental Network, Tomás Insua, Direttore Esecutivo del Movimento Laudato si’ e Cecilia Turbitosi, Animatrice Circolo Laudato si’ Sacro Cuore Ladispoli, volontaria del Centro Missionario Diocesi Porto-Santa Rufina. Aci 25

 

 

 

Papa all’udienza: “Vicino ai nostri fratelli e sorelle in Cina”

 

Il Papa ha dedicato l'udienza ddel 24 maggio a Sant'Andrea Kim, il primo martire e sacerdote coreano. Al termine, la "vicinanza" ai fedeli cinesi e l'ennesimo appello per l'Ucraina – di M. Michela Nicolais

 

 “L’evangelizzazione della Corea è stata fatta dai laici: sono stati i laici battezzati che hanno trasmesso la fede, non c’erano preti, perché non l’avevano. Sono venuti solo dopo. La prima evangelizzazione l’hanno fatta i laici. Noi saremmo capaci di una cosa del genere?”. Lo ha detto, a braccio, Papa Francesco, che ha dedicato la catechesi dell’udienza di oggi alla figura del martire e primo sacerdote coreano Sant’Andrea Kim Tae-gon. Al termine dell’udienza, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, il Papa ha rivolto un ennesimo appello per “la martoriata Ucraina”, affidata alla protezione di Santa Maria Ausiliatrice, e ha ricordato la Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa cattolica in Cina, che coincide con la festa della Beata Vergine Maria Aiuto dei Cristiani, venerata e invocata nel Santuario di Nostra Signora di Sheshan a Shangai.

“In questa circostanza desidero assicurare il ricordo ed esprimere la mia vicinanza ai nostri fratelli e sorelle in Cina, condividendo le loro gioie e loro speranze”, le parole i di Francesco, che ha rivolto “un pensiero speciale a tutti coloro che soffrono, pastori e fedeli, affinché nella comunione e nella solidarietà della Chiesa universale posano sperimentare consolazione e incoraggiamento”.

“Invito tutti a elevare preghiere a Dio, perché la buona novella di Cristo crocifisso e risorto possa essere annunciata nella sua pienezza, bellezza e libertà, portando frutti per il bene Chiesa cattolica e di tutta la società cinese”, l’appello del Papa.

“Essere discepolo del Signore significa seguirlo, seguire la sua strada, e questo comporta dare la vita per il Vangelo”, ha ribadito Francesco nella catechesi: “Ogni comunità cristiana riceve dallo Spirito Santo questa identità, e così la Chiesa intera, dal giorno di Pentecoste. E da questo spirito che noi riceviamo nasce la passione per l’evangelizzazione”. “Sant’Andrea Kim e gli altri fedeli coreani hanno dimostrato che la testimonianza del Vangelo data in tempo di persecuzione può portare molti frutti per la fede”, ha raccontato il Papa, definendo quella di Sant’Andrea Kim “una testimonianza eloquente di zelo per l’annuncio del Vangelo”. “Circa 200 anni fa, la terra coreana fu teatro di una persecuzione severissima della fede cristiana”, ha fatto notare il Santo Padre. “I cristiani erano perseguitati e annientati”, ha aggiunto a braccio: “Credere in Gesù Cristo, nella Corea di quell’epoca, voleva dire essere pronti a dare testimonianza fino alla morte”. “Stante il contesto fortemente intimidatorio – ha proseguito Francesco – il santo era costretto ad accostare i cristiani in una forma non manifesta, e sempre in presenza di altre persone. Come se parlassero da tempo. Allora, per individuare l’identità cristiana del suo interlocutore, Sant’Andrea metteva in atto questi espedienti: anzitutto, c’era un segno di riconoscimento concordato in precedenza; dopo di che, lui poneva di nascosto la domanda: ‘Tu sei discepolo di Cristo?’. Poiché altre persone assistevano alla conversazione, il Santo doveva parlare a voce bassa, pronunciando solo poche parole, quelle più essenziali. Quindi, per Andrea Kim, l’espressione che riassumeva tutta l’identità del cristiano era ‘discepolo di Cristo’”.

Avere “il coraggio di rialzarsi quando si cade”. E’ questo, per il Papa, “un aspetto molto importante dello zelo apostolico”. “Ma i santi cadono?”, si è chiesto a braccio Francesco: “Sì. Pensate a San Pietro, che grande peccato ha fatto quello! Ma ha avuto forza dalla misericordia di Dio e si è rialzato”. “Quando era ancora seminarista – l’episodio raccontato dal Papa – Sant’Andrea doveva trovare un modo per accogliere segretamente i sacerdoti missionari provenienti dall’estero. Questo non era un compito facile, poiché il regime dell’epoca vietava rigorosamente a tutti gli stranieri di entrare nel territorio. Una volta egli camminò sotto la neve, senza mangiare, talmente a lungo che cadde a terra sfinito, rischiando di perdere i sensi e di rimanere lì congelato. A quel punto, all’improvviso sentì una voce: ‘Alzati, cammina!’”. Udendo quella voce, Andrea si ridestò, scorgendo come un’ombra di qualcuno che lo guidava”.

“Per quanto la situazione possa essere difficile, anzi a volte sembri non lasciare spazio al messaggio evangelico, non dobbiamo demordere e non dobbiamo rinunciare a portare avanti ciò che è essenziale nella nostra vita cristiana, ossia l’evangelizzazione”, l’invito di Francesco. “Questa è la strada”, ha proseguito a braccio: “ognuno di noi deve chiedersi: come posso evangelizzare? Pensiamo a noi, al nostro piccolo: evangelizzare in famiglia, con gli amici, parlare di Gesù, evangelizzare con un cuore pieno di gioia, di forza, e questo dono lo dà lo Spirito Santo”. “Prepariamoci a ricevere lo Spirito Santo, a Pentecoste, e chiediamo la grazia del coraggio apostolico, il coraggio di evangelizzare di portare avanti il messaggio di Gesù”, ha concluso il Papa ancora a braccio. Sir 24

 

 

 

 

Maltempo in Emilia Romagna. Le parrocchie di Faenza in prima linea per portare solidarietà

 

Fratellanza, azioni di carità e preghiera. Queste le colonne portanti delle parrocchie della diocesi di Faenza-Modigliana in questa emergenza alluvioni. Tante le realtà parrocchiali e cittadine del territorio faentino che si sono messe e si stanno tuttora mettendo a disposizione di quanti hanno perso casa nell’alluvione dello scorso 17 maggio, come racconta "Il Piccolo" di Faenza, edizione faentina del Corriere Cesenate

Fratellanza, azioni di carità e preghiera. Queste le colonne portanti delle parrocchie della Diocesi di Faenza-Modigliana in questa emergenza. Tante le realtà parrocchiali e cittadine del territorio faentino che si sono messe e si stanno tuttora mettendo a disposizione di quanti hanno perso casa nell’alluvione dello scorso 17 maggio. Da subito attiva la parrocchia del Paradiso-San Savino che al momento ospita circa 30 persone seguite da volontari e dal gruppo scout Faenza 4. Anche la parrocchia di San Giuseppe, in via Dal Pozzo, ha messo a disposizione un centro ricreativo gratuito per bambini e ragazzi. La parrocchia di Santa Maria Maddalena in Borgo ha aperto le porte del circolo per offrire pasti e possibilità di ricaricare il proprio cellulare a quanti sono senza casa ed elettricità. Sono al momento ospitate in parrocchia una ventina di persone sfollate del territorio. “La parrocchia ha istituito un gruppo di volontari per andare a dare una mano a svuotare cantine e garage – spiega il parroco don Francesco Cavina – chi volesse essere aggiunto al gruppo informi il parroco e chi avesse richieste di aiuto soprattutto in Borgo ce lo dica”. Anche Sant’Antonino ha attivato subito la cucina per offrire un pasto caldo a chi ne avesse bisogno e lo scorso 20 maggio ha messo a disposizione anche la possibilità per le famiglie sfollate di ritirare viveri e oggetti di prima necessità.

Parrocchie in rete. Le parrocchie sono in rete tra loro: se per un turno al Paradiso i volontari in cucina sono troppi, questi possono essere dirottati alla mensa di Santa Maria Maddalena, dove in certe giornate si sono toccate le punte di 450 pasti serviti. E non è raro vedere i sacerdoti, accompagnati da tanti ragazzi, bicicletta e pala in mano, andare a dare una mano nelle aree della città più abbandonate. Da sabato 20 maggio la parrocchia di San Terenzio in Cattedrale ha attivato all’ora di pranzo un servizio di consegna panini, acqua e bibite portati direttamente a residenti e soccorritori al lavoro nelle zone più colpite dall’alluvione. Presso i locali della Casa San Terenzio i volontari della parrocchia offrono inoltre un servizio di distribuzione pacchi viveri, beni di prima necessità, e indumenti alle persone in difficoltà, e si sono attivati anche per il lavaggio di panni delle famiglie che ne hanno bisogno. Per il momento si prevede di continuare a offrire tali servizi almeno fino a domenica 28 maggio, adeguandosi di giorno in giorno alle varie necessità che emergono dalla complessa situazione di emergenza. La preparazione di panini e la distribuzione di beni di prima necessità è stata resa possibile dal contributo di aziende, giunta comunale e comunità parrocchiale della zona del Comune di San Pietro di Morubio (VR) che da sabato 20 maggio hanno inviato già tre furgoni di acqua, bibite e derrate alimentari per la prima emergenza, insieme a due pompe e un generatore, gestiti ora da alcuni volontari della parrocchia. Non sono mancate le iniziative di sostegno anche nel forese. La parrocchia di San Martino di Reda ha attivato uno spazio bimbi gratuito nei locali della scuola materna presso la parrocchia coordinato dalle maestre della scuola insieme ad alcune volontarie.

Sempre a Reda, alla Roda di via Birandola è stato aperto un servizio mensa a cui può accedere chiunque abbia bisogno, senza prenotare. “Nella nostra unità pastorale – spiega il parroco don Alberto Luccaroni – hanno subito allagamenti le chiese di Prada (navata e sacrestia) e di San Giovannino (sala parrocchiale e area esterna): domenica non è stato possibile celebrare in queste due chiese. Abbiamo pregato anche per coloro che non hanno potuto partecipare, chiedendo per tutti pace e speranza”. Nella giornata di sabato giornata di pulizia e sgombero. A Reda il punto di raccolta dei rifiuti ingombranti è stato predisposto in via Gasparetta, nella zona artigianale, in modo da mantenere libere le strade. Anche la Polisportiva di Errano ha messo a disposizione le docce dei suoi spogliatoi per chi ne avesse bisogno.

Parrocchie punto di riferimento. “Mi sembra che le parrocchie abbiano risposto molto bene a quest’emergenza che per molti aspetti ha rievocato il Covid – dice il vice-parroco di Santa Maria Maddalena don Mattia Gallegati -. La parrocchia in questo momento è un punto di riferimento per vicini e lontani: sia per chi la frequentava abitualmente sia per chi non era solito venire. Don Francesco ha usato due parole che ha ripetuto alla fine di ogni messa la scorsa domenica: preghiera e carità”. Tanti sono infatti i gruppi di giovani che stanno spalando fango e sgomberando case e cantine nelle vie. Non solo nel proprio vicinato ma in tutta la città che è diventata un unico quartiere. Questo senso di unità è ciò che si intravede sotto il fango ormai diventato un tratto comune in tutti i faentini. “E tante sono anche le immagini significative che ho visto in questi giorni – dice don Mattia -. Dalle scarpe sporche di don Francesco che, come tanti parroci, si divide tra il coordinamento dei servizi parrocchia e i lavori nelle case, alla tavola apparecchiata per i frati di San Francesco che non avevano un posto dove andare, le suore sfollate di Montepaolo, i ragazzi della propedeutica e noi preti in seminario, l’attività incessante della Caritas. Ecco, questa situazione mette insieme, unisce. Lo vediamo nelle famiglie, c’è chi torna dai genitori, chi chiede ospitalità a fratelli o altri parenti e lo vediamo nella Chiesa c’è questa immagine di unione, di unità”. Letizia Di Deco, da “Il Piccolo” (Faenza)

 

 

 

C’è un campo in cui le donne sono cruciali. E la Santa Sede lo sa

 

È stato dedicato a “Donne e sicurezza alimentare” un seminario di studio alla Pontificia

Università Gregoriana. Le buone pratiche. Il futuro - Di Andrea Gagliarducci

Città del Vaticano. C’è un campo in cui le donne sono cruciali. E la Santa Sede lo sa. È stato dedicato a “Donne e sicurezza alimentare” un seminario di studio alla Pontificia Università Gregoriana. Le buone pratiche. Il futuro

C’è una proposta sul tavolo, di padre Bruno Ciceri, già responsabile della pastorale Stella Maris all’interno del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: quella di istituire una giornata mondiale delle donne marittime. E sarebbe un segno di omaggio verso quelle donne che lavorano nel settore marittimo, con sacrifici enormi, perché quelli del mare sono i lavoratori che più di tutti vivono le difficoltà di una situazione precaria, lontana da casa, in balia delle situazioni atmosferiche.

La relazione di padre Ciceri è stata una delle relazioni della giornata di studio su “Donne e sicurezza alimentare: un vincolo da rafforzare”. La giornata si è tenuta il 22 maggio nella Pontificia Università Gregoriana, ed era co-organizzato dalla Facoltà di Scienze Sociali dell’Ateneo insieme alla Missione Permanente della Santa Sede presso FAO, IFAD e PAM e la Forum Roma di Organizzazioni Non Governative di Ispirazione Cattolica. La giornata era un omaggio alla memoria di Giorgia Salatiello professoressa emerita della Facoltà di Filosofia della Gregoriana, scomparsa prematuramente lo scorso 2022.

Ma quale è il senso della giornata? Da tempo, la Santa Sede pone particolare attenzione alle comunità rurali, che spesso vengono poco considerate nei consessi internazionali, ma che rappresentano le comunità più di tutte a contatto con il territorio. Coltivano i campi, forniscono la materia prima e hanno una importanza sostanziale. I lavoratori di questo settore sono spesso sfruttati, e si trovano in condizioni di indigenza.

In molti degli ultimi interventi della Santa Sede alla FAO, c’è un accenno al ruolo di queste comunità rurali. La Santa Sede, però, guarda alle comunità, non solo agli individui. E così è stata tra le prime organizzazioni internazionali a mettere in luce il ruolo delle donne in queste comunità. Non solo le donne che sostengono la famiglia. Sono le donne che contribuiscono al raccolto, e a rendere sicuro il cibo per la loro famiglia. Sono parte di una comunità che lavora, e che non può essere messa da parte.

È l’approccio della Santa Sede, che guarda alle persone non come individui, ma come parti di comunità, e alle famiglie come cellule fondamentali della società. Le donne, tra l’altro, compongono circa il 43 per cento della forza lavoro di queste comunità rurali, sono produttive e intraprendenti, eppure vivono maggiori difficoltà ad accedere alla terra, al credito, ai mercati, all’educazione e all’assistenza sanitaria.

I fatti, però, dicono che le donne sono fondamentali. Il microcredito della Grameen Bank del Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus funzionò proprio perché il credito veniva concesso per la maggior parte alle donne, che avevano ancora più voglia di essere affidabili, e che avevano una percentuale di restituzione altissima.

Varie le prospettive da cui è stato affrontato il tema: come detto, padre Ciceri ha parlato della donna nel settore della pesca; la professoressa Nuria Calduch, direttrice del Dipartimento di Teologia Biblica della Facoltà di Teologia, ha parlato delle donne e il lavoro agricolo nella Bibbia; il professor Stefano Zamagni, ordinario di Economia politica presso l'Università di Bologna, su donne, economia familiare e sradicamento della povertà; la dottoressa Marcela Villarreal, direttrice della divisione di partenariati e collaborazione con l’ONU presso la FAO, sul ruolo chiave delle donne nella lotta alla fame; la dottoressa Priscila Pereira De Andrade, Legal Officers, UNIDROIT, su donne e accesso al credito; la dottoressa Satu Santala, vicepresidente associato per le relazioni esterne e la governance dell'IFAD, sull’impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza alimentare delle donne nel mondo; la dottoressa Flaminia Giovanelli, già sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sul ruolo delle donne nei conflitti armati e nei processi di pace; la dottoressa Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, su donne tra famiglia e lavoro. “Perché la donna? – si è chiesta la professoressa Gambino - Perché alla fin fine è lei che nei contesti più poveri – sia in senso materiale, che relazionale e sociale - si fa carico dei più piccoli, dei fragili. È lei ad escogitare con creatività e intelligenza modalità sempre nuove per rispondere ai bisogni dell’essere umano”.

E aggiunge: “L’esperienza della cura prende le mosse dall’esperienza della vulnerabilità. In troppi paesi del mondo ancora, le donne, che sanno farsi carico della comunità, della famiglia e dei piccoli, sono esse stesse mantenute in condizioni di povertà e vulnerabilità, sotto lo sguardo rigido di istituzioni che stentano a creare le condizioni perché possano avere tutele, autonomia, indipendenza economica, rispetto della loro dignità. A ciò si aggiunge, non solo in Africa, ma in tutto il mondo, la solitudine, che espone alla fragilità, alla disumanità, alla violenza”.

Alcune cifre aiutano a comprendere. Il 36 per cento della forza lavoro nei sistemi agricoli è composto da donne. Il 66 per cento delle donne che lavorano nell’Africa Subsahariana e il 71 per cento delle donne che lavorano nell’Asia del Sud lavorano in sistemi agricoli. Eppure, ha notato la professoressa Villareal, c’è ancora discriminazione, si accetta persino che le donne vengano picchiate, e questo “spiega molto della differenza di salario e gap di produttività”.

Le politiche delle Nazioni Unite, tuttavia, stanno cambiando molto rapidamente, e il 75 per cento dei documenti riconoscono l’importanza delle donne. “È stato calcolato – ha detto -  che se le donne avessero pari condizioni nell'accesso a conoscenze, credito, servizi, il problema della fame si ridurrebbe in maniera consistente”.

Padre Ciceri, tra le altre cose, ha notato che vengono raccolti i dati che riguardano il lavoro, ma non vengono raccolti dati sui danni alle attività complementari e di supporto esercitati dalle donne, e che la priorità dovrebbe essere quella di “migliorare le condizioni di vita delle loro famiglie”.

C’è, insomma, molto da fare, anche nell’ambito di una nuova geopolitica mondiale che si sta delineando e che andrà sempre più a ridefinire il rapporto tra donne e lavoro.

Il problema è, piuttosto, come questi documenti vengano redatti, perché spesso la questione della donna viene utilizzata come un “grimaldello” per introdurre l’ideologia gender.

Flaminia Giovannelli, già sottosegretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha invece affrontato il ruolo delle donne in aree di conflitto. E ha messo in luce le caratteristiche delle donne: da prime vittime di violenza al coraggio e alla fortezza che le donne esprimono nelle situazioni. In particolare, ha detto  “e hanno dato testimonianza da sempre le madri dei soldati russi: senza aspettare la guerra in corso, basta leggere il libro di Anna Politkovskaja… ne danno testimonianza le madri ucraine che cercano senza sosta di recuperare i loro bambini che sono stati deportati in modo silenzioso e ingannevole, ne danno testimonianza le madri nigeriane delle studentesse rapite nel 2014 e che sono andate a reclamarle fino alle Nazioni Unite”, con una fortezza che ha portato alla campagna “Bring Back Our Girls”. Aci 24

 

 

 

 

Fede e creatività

 

A come accogliere, B come bellezza, C come Costituzione, D come donna. Sono alcune delle lettere capitali emerse dall’intervista con il cardinale Matteo Zuppi. Lo abbiamo incontrato nella sede romana della Cei, sorridente, nonostante l’agenda ogni giorno fitta di impegni e di incontri. Arcivescovo di Bologna dal 2015, Francesco l’ha creato cardinale nel concistoro del 2019 e scelto come presidente dei vescovi italiani nel maggio dello scorso anno. A fine marzo, all’apertura della sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente ha voluto esprimere, ancora una volta, il suo “grazie” a Francesco per il decennale del pontificato. Ha poi tracciato lo scenario e le prospettive future della Chiesa in Italia, partendo dal “programma” del Papa, dove la Chiesa del post-pandemia e del cammino sinodale si configura sempre più chiaramente come una “Chiesa missionaria”, con la priorità di diffondere una cultura cristiana.

Non possiamo dimenticare le immagini di Cutro dove sono morti più di 90 immigrati, tra cui 30 bambini. Cardinale Zuppi, in merito all’accoglienza c’è un prima e un dopo questo tragico evento?

«Me lo auguro, ma non ne sono sicuro. Perché l’abbiamo visto tante volte e senza troppa vergogna, senza autocritica e verifica; non c’è stato un prima e un dopo. C’è stato soltanto un prima. Perché ciò avvenga ci dev’essere una consapevolezza, una scelta, una determinazione di tradurre la commozione, la partecipazione dell’evento tragico in progetto. Sono dubbioso anche perché sono passati quasi trent’anni dalla tragedia al largo di Portopalo (1996), dove una carretta di mare affondò, causando la morte di almeno 283 persone. Doveva rappresentare un punto di svolta, invece rimane sempre solo un episodio. “Oggetto” di una politica che non sa guardare lontano, non sa costruire un sistema. Ma ciò riguarda tutti noi. È tempo di agire per dare risposte alle domande e ai problemi, e non di ulteriori dichiarazioni, che in genere producono solo altro distacco dalle istituzioni». 

L’immigrazione è una questione epocale, eppure si ha l’impressione che neppure tutti i cattolici abbiano la stessa posizione sull’accoglienza...

«È vero. Siamo di fronte a una situazione epocale. Il Mediterraneo è per sua natura un luogo di immigrazione. Ora è epocale anche perché l’Europa – e quindi l’Italia – si ritrova a essere vecchia, non siamo mai stati così anziani come adesso. Dopo una continua crescita, ora siamo in declino. C’è una pressione che mette alla prova l’accoglienza. Ma i cattolici non possono non essere accoglienti, avendo un riferimento importante nella nostra carta costituzionale, che sono le opere di misericordia, l’identificazione del Signore nei forestieri, nei viandanti, nell’uomo sofferente. L’accoglienza non è materia facoltativa, richiede a tutti di impegnarsi e di fare qualche cosa. A cominciare dalla cultura. Per capire di chi stiamo parlando, perché la capacità di accoglienza è anche la conoscenza, su questo la Chiesa e i cristiani devono avere una profonda capacità di spiegare le storie, le caratteristiche, l’umanità dell’altro, perché non ci siano indifferenza, ignoranza o pregiudizio».

Eminenza, ha citato la costituzione per i credenti, ma lei ha anche scritto una lettera alla Costituzione italiana. L’ha fatto durante la pandemia, ed è stata l’occasione per sottolineare la necessità di ricostruire. Oggi la riscriverebbe uguale?

«Sottolineerei di più alcune cose».

Per esempio?

«Il senso della casa comune che la Costituzione ha fortissimo e, quindi, il legame che c’è tra la persona, la casa comune e il nostro Paese, che poi in fondo è proprio l’idea da cui è nata la Costituzione. La consapevolezza, per esempio, del Covid, ci deve spingere a capire che siamo sulla stessa barca e che queste sono le regole del nostro Paese».

Un Paese, però, che nelle ultime tornate elettorali ha visto come primo partito l’astensionismo. Tra loro ci sono anche molti cattolici...

«Presumo di sì. Non credo ci siano statistiche certe, ma possiamo presumere di sì, che ci sia questa indifferenza. Anche se vorrei augurarmi di no, perché il diritto/dovere di voto è fondamentale. I cristiani non possono vivere distanti dalla preoccupazione per la casa comune, devono essere attenti e partecipare».

Dalla nascita della Repubblica, con la dottrina sociale della Chiesa, c’è sempre stato un impegno alla formazione politica. Non pensa che, negli ultimi anni, sia venuta meno la formazione dei credenti all’impegno pubblico?

«Sicuramente rispetto ad altre fasi in cui c’è stata di più, questo è vero; ma è anche vero che questa è una formazione che non s’è mai interrotta, per di più con un’impronta di Francesco che ci rende attenti. Il suo messaggio è molto preciso: unire l’aspetto sociale con quello spirituale. A maggior ragione dobbiamo riprendere una capacità di leggere la storia, le situazioni, con la dottrina sociale della Chiesa e con l’ispirazione evangelica. Con una comprensione, quindi, attenta e profonda di quello che sta succedendo».

Oggi le persone hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni come lo Stato o la Chiesa, ma rimane centrale la figura del Papa. Come può la Chiesa-istituzione recuperare credibilità?

«Costruendo delle realtà umane. La Chiesa deve significare dei luoghi dove è più vivo il Vangelo e le parole che di volta in volta lo spiegano, l’accompagnano e ce lo fanno vivere. Dobbiamo costruire dei luoghi, delle case, delle famiglie dove il Vangelo si concretizza, si incarna. Dove i legami siano delle vere relazioni umane, anche affettive».

Lei è presidente della Cei da un anno. Sta girando per l’Italia incontrando le Chiese locali. Che cosa sta scoprendo che la rassicura di più? E che cosa, invece, più la preoccupa?

«In genere, trovo tanto desiderio di camminare insieme, di incontrarsi, di sentirsi di far parte di una comunità. Quello che mi preoccupa, qualche volta, è la disillusione, un affaticamento di situazioni che non riescono a guardare con fiducia e speranza al futuro, si sentono come di essere arrivati tardi all’appuntamento mentre io penso che dobbiamo dire: “non perdiamo l’opportunità”».

Tutto ciò rientra nel secondo anno del cammino sinodale con molte luci e ombre. Non ha l’impressione che non ci sia stata piena comprensione?

«Sì. È dipeso anche da una mancanza di abitudine. Più che altro perché il cammino sinodale vuol dire una consapevolezza, una autocoscienza in cui tutti quanti vengono coinvolti. Il fatto che sia proprio un cammino lo rivela ancor di più. E questo era proprio il desiderio, di non concentrarsi nelle strutture, ma nel camminare e, quindi, capire la sinodalità. Non con laboratori, non con categorie astratte, non con delle simulazioni di cammino, ma camminando. L’abbiamo imparato: c’è una certa fatica, perché a volte sembra inutile, altre volte desideriamo arrivare subito a una risposta, molte volte invece abbiamo misurato la situazione, la vita delle persone e ci siamo ritrovati».

La messa festiva è sempre meno frequentata, ma i fedeli si ritrovano ancora a matrimoni, funerali e battesimi. Sembra che ciascuno si costruisca un proprio palinsesto della pratica religiosa...

«Sì, credo che effettivamente sia una grande domanda, uno dei punti più importanti. L’eucaristia è centrale nella vita della Chiesa e nella vita dei cristiani. Dobbiamo ricostruire, cercare di far capire di più perché è importante andare alla messa domenicale, perché è un precetto. Ma poi dobbiamo curare di più le celebrazioni».

Lei pensa che potrebbe esserci più creatività all’interno della Chiesa anche nel vivere la quotidianità della fede?

«Vivere la fede con creatività me lo auguro sempre, lo Spirito è più creativo di noi e ci aiuta a esserlo. Anche se qualche volta proponendo liturgie cosiddette “creative” le abbiamo di fatto impoverite. Il problema vero della creatività è unire la vita con il mistero e la presenza di Cristo. Se non c’è anche una comunità è difficile che questo possa avvenire. Quando la celebrazione acquista una sua attrattività, una sua intensità? Quando c’è anche una comunità di persone, e non è uno spettacolo cui vado ad assistere».

Ci sono vescovi che parlano di una Chiesa minoritaria. Il rischio è quello di una Chiesa d’élite?

«Certo, con il rischio di essere minoritari e neppure creativi, come indicava Benedetto XVI. Rischiamo di diventare gnostici o pelagiani, finiamo per usare le categorie che Francesco indica come due rischi esiziali per la Chiesa. E qualche volta anche Chiesa dei catari, cioè i guri che pensano di difendere la purezza della Chiesa isolandola e difendendola dal mondo. La Chiesa non si deve difendere dal mondo, anzi è chiamata a essere in mezzo al mondo. Lo Spirito ci protegge dal male, motivo per cui non dobbiamo avere paura. La Chiesa trova sé stessa; questa è una delle chiavi più importanti di Francesco: la Chiesa trova sé stessa in mezzo e non fuori. Andando verso e non chiudendosi».

Come si intercettano i giovani?

«Facendo delle cose belle, autentiche, annunciando il Vangelo e che cosa il Vangelo chiede a loro e a noi. Qualche volta abbiamo un’idea troppo lavoristica oppure di sola animazione. Ma il Vangelo non è animazione, ma ci anima perché ci riempie di contenuto, di passione. Questo sì».

Come immagina la Chiesa del futuro, avrà più un volto di donna?

«Deve avere un volto più di donna. Anche con tante responsabilità di donne. L’immagine più chiara per la Chiesa in Italia è quella della moneta spezzata che il Papa ha usato a Firenze: “La Chiesa madre ha in Italia metà della medaglia di tutti e riconosce tutti i suoi figli abbandonati, oppressi, affaticati”. Alcune volte non ce ne rendiamo conto e pensiamo che gli altri non abbiamo la loro metà. Una Chiesa di popolo, in cui c’è tutto, in cui tutti hanno la metà e ognuno ha la metà dell’altro. E quindi una Chiesa madre che sa, con la passione della madre, andare alla ricerca dell’altra metà». 

Eminenza, un’ultima domanda personale. Come inizia e finisce la giornata?

«Inizio pregando e la finisco pregando (sorride). Forse la inizio con un po’ meno di sonno». Chiara Genisio Vita Past. maggio

 

 

 

 

Assemblea Cei. Card. Zuppi: “La guerra è una pandemia, ci coinvolge tutti”

 

"Siamo il popolo della pace". Ad assicurarlo al Papa, che l'ha incaricato di una missione di pace in Ucraina, è stato il card. Matteo Zuppi. "La solidarietà con i rifugiati è un'azione di pace", ha spiegato introducendo i lavori dell'Assemblea della Cei. "Abbiamo bisogno dei migranti per vivere", "siamo un popolo in estinzione".  No a "lavoro povero". "C'è un bisogno di casa a prezzi accessibili"- M.Michela Nicolais

 

“La guerra è una pandemia. Ci   tutti”. Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha introdotto i lavori dell’Assemblea generale dei vescovi italiani rivolgendo un pensiero alle popolazioni dell’Emilia Romagna ed esprimendo gratitudine a Papa Francesco – che gli ha appena affidato l’incarico di una missione di pace in Ucraina – “per la sua profezia, così rara oggi, quando parlare di pace sembra evitare di schierarsi o non riconoscere le responsabilità di tutti”. “La Chiesa e i cristiani credono nella pace, siamo chiamati a essere tutti operatori di pace, ancora di più nella tempesta terribile dei conflitti”, ha garantito il cardinale, ricordando che “durante la Seconda Guerra mondiale la Chiesa era tra la gente e sul territorio”.

“Siamo il popolo della pace, a partire da Gesù che è la nostra pace. Lo siamo per la storia del nostro Paese, per la sua collocazione nel Mediterraneo, cerniera tra Nord e Sud, ma anche tra Est e Ovest. Lo siamo per le radici più profonde e caratteristiche del nostro popolo”. “C’è una cultura di pace tra la gente da generare e fortificare”, la tesi di Zuppi: “La solidarietà con i rifugiati – quelli ucraini, ma non solo – è un’azione di pace”.

Nella parte centrale della prolusione, moltissimi e puntuali i richiami ai temi più urgenti da affrontare nel nostro Paese. “Accoglienza e natalità non solo non si oppongono, ma si completano e nascono dal desiderio di guardare al futuro”, ha ribadito il cardinale sulla scorta delle recenti affermazioni di Papa Francesco agli Stati generali della Natalità.  “Spesso le giovani coppie non riescono a costituire una famiglia semplicemente per la precarietà del lavoro o la mancanza di politiche di sostegno, a cominciare dalla casa”, ha stigmatizzato il presidente della Cei: “Siamo un Paese in estinzione”. “Abbiamo bisogno di migranti per vivere: li chiedono l’impresa, la famiglia, la società. Non seminiamo di ostacoli, con un’ombra punitiva, il loro percorso nel nostro Paese!”, l’appello.

“L’accoglienza della vita nascente si accompagna alle porte chiuse a rifugiati e migranti”, l’analisi del cardinale: “E’ la triste società della paura”.  Poi il riferimento alle condizioni concrete dei migranti nel nostro Paese: “C’è un livello di difficoltà burocratica che rende difficile il percorso d’inserimento, i ricongiungimenti familiari, il tempo lungo per ottenere i permessi di soggiorno, mentre si trascurano i riconoscimenti dei titoli di studio degli immigrati  o ancora si rimanda una decisione sullo ius culturae. Intanto la regolarizzazione del 2020 attende in parte di essere ancora espletata”. “Non è dare sicurezza, anzi esprime la nostra insicurezza”, ha esclamato Zuppi, che ha fatto proprie le parole “gravi, dolorose e impegnative” del Papa di fronte al naufragio di Cutro: “Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta”.

Sul tema del “lavoro povero” e della precarietà, il presidente della Cei ha rilanciato le richieste della Caritas, che domanda al governo “politiche di contrasto alla povertà” per ridurre precarietà e “lavoro povero”. 

Il decreto lavoro, invece, “prevede strategie di detassazione che, seppur lodevoli, non sono configurabili come una politica dei redditi o di contrasto alla povertà. Senza dimenticare che il decreto prefigura un aumento della durata e dell’applicabilità dei contratti a tempo determinato, nonché l’ampliamento dell’utilizzo dei voucher”.

“Non c’è vita degna e non c’è famiglia senza casa”, ha denunciato inoltre Zuppi: “Perché l’Italia, da anni, non si fa casa ospitale per le giovani coppie e per chi non ha casa? Può essere utile la riconversione di parte del patrimonio pubblico per l’edilizia popolare. C’è un bisogno di casa a costi accessibili”. “La protesta degli studenti è una spia significativa di un più vasto disagio silenzioso”, ha sottolineato il cardinale: “C’è un’Italia che soffre: i giovani, le famiglie, gli anziani, i senza casa, i precari, i poveri. La solitudine è una povertà in più”.

In sintesi, mancano “soluzioni strutturali” che riguardino “non solo l’accesso al mondo del lavoro, ma anche la dignità stessa del lavoratore, la sua giusta retribuzione, la parità di retribuzione tra uomini e donne, le garanzie sociali in caso di malattia propria o di un familiare”. Non è mancato un riferimento al dibattito sulle riforme: “Per cambiare la Costituzione è necessario ritrovare uno spirito costituente, come fu nel Dopoguerra, in cui tutte le parti sentirono la responsabilità comune: non era momento di lotta politica, ma possibilità di fondare la vita politica del futuro”. “Un primo banco di prova”, secondo la Chiesa italiana, “è una legge elettorale adeguata e condivisa”. Serve più attenzione, inoltre, ai più poveri e ai più deboli, a partire dal riordino dell’assistenza degli anziani, a favore delle cure domiciliari.

“Le mafie non sono scomparse oggi, anzi si sono estese nel Centro-Nord”,

il grido d’allarme del presidente della Cei, secondo il quale “c’è bisogno di una coscienza più ampia del pericolo”: “Dove il tessuto sociale è slabbrato, lo Stato lontano, la gente sola, disperata, povera, la scuola indebolita, c’è terreno di crescita per le mafie”. Sul piano pastorale, occorre “ripensare più in grande la formazione dei laici”. La Chiesa italiana vive ora il Cammino sinodale, giunto alla fase del discernimento, che “non consiste nell’applicazione di regole o in un infinito campionario di interpretazioni”.

“Se ci accontentiamo dei ‘pochi ma puri’ o dei ‘pochi ma nostri’, rischiamo di essere irrilevanti nella vita di troppi e nella storia”,

l’indicazione di rotta. “La Chiesa sinodale deve essere comunicativa”, soprattutto nei riguardi dei giovani. Prosegue, infine, l’impegno nella lotta contro gli abusi, a partire dall’ascolto delle vittime. Sir 23

 

 

 

 

Assemblea CEI, la fotografia del Cardinale Zuppi sulla Chiesa italiana e sul Paese

 

Ieri pomeriggio era stato il Papa ad intervenire, con un botta e risposta con i vescovi rigorosamente a porte chiuse come accade ormai da qualche anno per volere dello stesso Pontefice - Di Marco Mancini

 

Città del Vaticano. Il Cardinale Matteo Maria Zuppi ha aperto stamane con una lunga introduzione il secondo giorno di lavori della 77/ma Assemblea Generale della CEI. Ieri pomeriggio era stato il Papa ad intervenire, con un botta e risposta con i vescovi rigorosamente a porte chiuse come accade ormai da qualche anno per volere dello stesso Pontefice. 

Il pensiero del porporato è andato immediatamente alla tragedia dell’alluvione in Emilia Romagna per passare poi alla guerra in Ucraina, ma non solo, prendendo spunto dalla Pacem in Terris di Giovanni XXIII di cui tra pochi giorni ricorre il 60/mo della morte. 

“Siamo chiamati a una fervente e insistente preghiera per la pace in Ucraina. C’è una cultura di pace tra la gente da generare e fortificare. La solidarietà con i rifugiati – quelli ucraini, ma non solo – è un’azione di pace. I conflitti si moltiplicano. Penso al Sudan e al suo dramma umanitario. In un mondo come il nostro non possiamo prescindere da una visione globale. Seguire le vicende dolorose dei Paesi lontani, con la preghiera e l’informazione, è una forma di carità. Del resto la cultura della pace è un capitolo decisivo della cultura della vita, che trae ispirazione dalla fede”, ha detto il Cardinale Presidente.

Sul fronte del cammino sinodale, il Cardinale Zuppi ha ribadito che esso “perché funzioni, deve avvenire nell’esperienza concreta, accettando l’imprevedibilità dell’incontro, misurandosi con le domande che agitano le persone e non quello che noi pensiamo vivano, per trovare assieme le risposte. Il Cammino sinodale non corrisponde a una logica interna né mira a un riposizionamento in tono minore, difensivo o offensivo, ma alla compassione di fronte alla grande folla che accompagna sempre la piccola famiglia di discepoli”.

Il cammino sinodale entra ora nella fase sapienziale. “Non ci sarà vero discernimento - ha osservato il Presidente della CEI - se non sapremo continuare ad ascoltare cosa lo Spirito continua a chiederci anche in questa seconda fase del nostro percorso. Non possiamo nascondere che in questa prima fase del Cammino sinodale sono emerse fatiche, in vari ambiti e per varie ragioni. Dobbiamo registrare alcune difficoltà nei nostri presbiteri, che ovviamente ci devono far riflettere. Il processo, però, è avviato e procede, grazie alla dedizione di tanti. Il Cammino sinodale ci educa al discernimento e alla lettura dei segni dei tempi. Timidezza e pessimismo non sono fondati, perché c’è una chiamata della Chiesa espressa da tanti segni, tante voci, domande e situazioni”.

“La Chiesa sinodale - ha detto ancora Zuppi - deve essere comunicativa. L’evangelizzazione nasce e vive tanto nelle parole dei credenti. Sembra un compito semplice, ma è esigente, perché richiede fedeltà al colloquio: il compito di una Chiesa profetica”.

Poi il tema triste degli abusi. “Non dimentichiamo certo - ha chiosato - la vergogna per lo scandalo degli abusi e per la sofferenza da essi provocata che spinge ad affrontarli con un rinnovato impegno, senza opacità, ingenuità, complicità e giustizialismo. L’incontro da poco vissuto con alcune vittime, familiari e sopravvissuti, è conferma della nostra scelta di continuare nel dialogo intrapreso con chi ha vissuto in prima persona questo dramma”.

Preoccupa poi la situazione della denatalità. “Spesso le giovani coppie non riescono a costituire una famiglia semplicemente per la precarietà del lavoro o la mancanza di politiche di sostegno, a cominciare dalla casa. Quello della

famiglia ha una ricaduta diretta su un altro tema, che ormai si presenta come una drammatica tendenza negativa pluriennale: si tratta della crisi demografica. Accoglienza e natalità, ha ricordato Papa Francesco, non solo non si oppongono ma si completano e nascono dal desiderio di guardare al futuro. L’accoglienza della vita nascente si accompagna alle porte chiuse a rifugiati e migranti. È la triste società della paura. Chiudere le porte a chi bussa è, alla fine, nella stessa logica di chi non fa spazio alla vita nella propria casa. Del resto abbiamo bisogno di migranti per vivere: li chiedono l’impresa, la famiglia, la società. Non seminiamo di ostacoli, con un’ombra punitiva, il loro percorso nel nostro Paese! C’è un livello di difficoltà burocratica che rende difficile il percorso d’inserimento, i ricongiungimenti familiari, il tempo lungo per ottenere i permessi di soggiorno, mentre si trascurano i riconoscimenti dei titoli di studio degli immigrati o ancora si rimanda una decisione sullo ius culturae”.

“La vita ha bisogno -ha ribadito il Cardinale Zuppi - per crescere e generare vita, di casa e di lavoro. Qui la centrale problematica del lavoro povero e della precarietà. Non c’è vita degna e non c’è famiglia senza casa. Il piano della costruzione di alloggi pubblici è rimasto abbandonato da anni. C’è un’Italia che soffre: i giovani, le famiglie, gli anziani, i senza casa, i precari, i poveri. La solitudine è una povertà in più”.

Alla politica la CEI ribadisce “disponibilità costante al dialogo e alla collaborazione leale” a cui “si accompagnano le richieste pressanti di adottare politiche che abbiano un’attenzione particolare ai più deboli: non solo a quanti si trovano in uno stato di povertà economica, ma anche a quanti sono segnati dalla malattia, a quanti vedono violati i propri diritti fondamentali, a quanti attendono una sentenza giusta e celere”.

Il Cardinale Zuppi, infine, rileva le difficoltà che vivono i vescovi, alcuni “coinvolti in prima linea nell’accorpamento delle diocesi: una sfida per il futuro ma anche un’opportunità per ripensare nuove forme di prossimità, in ascolto delle fatiche che questo processo può portare al popolo di Dio e anche al nostro stesso ministero”. Aci 23

 

 

 

Gmg di Lisbona 2023, col Papa. P. Chagas: “Splendida occasione per i giovani di tornare ad incontrarsi”

 

Papa Francesco si recherà a Lisbona dal 2 al 6 agosto di quest’anno in occasione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Il 5 agosto sarà al Santuario di Fatima. L’annuncio è arrivato ieri dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. n vista di questo appuntamento il Sir ha intervistato padre João Chagas, coordinatore dell'ufficio giovani del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e incaricato di coordinare i preparativi della Santa Sede per la Giornata mondiale della gioventù - Daniele Rocchi

 

Papa Francesco si recherà a Lisbona dal 2 al 6 agosto di quest’anno in occasione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Il 5 agosto sarà al Santuario di Fatima. L’annuncio è arrivato ieri dal Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Si tratta del secondo viaggio di Papa Francesco in Portogallo, dopo che, nel 2017, aveva presieduto le cerimonie del Centenario delle Apparizioni al Santuario di Fatima. Quella visita fu segnata dalla canonizzazione dei due pastorelli Giacinta e Francesco Marto. Per Manuel (José Macário do Nascimento) Clemente, cardinale-patriarca di Lisbona, la formalizzazione di queste date è la “conferma del desiderio espresso che il successore di Pietro vuole incontrare, ancora una volta, i giovani di tutto il mondo. Che vuole ascoltarli, vederli e pregare con loro. Con tutti”. Anche la Conferenza episcopale portoghese (Cep) ha accolto con gioia l’annuncio ed ha espresso l’auspicio che “la presenza di Papa Francesco tra noi, che prevede un significativo pellegrinaggio al Santuario di Fatima, sia un forte momento di rinnovamento e di grazia per la Chiesa in Portogallo, soprattutto per i giovani, chiamati da Cristo vivo ad essere autentici evangelizzatori in una Chiesa sinodale e sempre in missione”. Di “momento unico e indelebile nella nostra vita collettiva” ha parlato invece il Presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa. In vista di questo appuntamento il Sir ha intervistato padre João Chagas, coordinatore dell’ufficio giovani del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e incaricato di coordinare i preparativi della Santa Sede per la Giornata Mondiale della Gioventù.

Padre Chagas, quella di Lisbona sarà la prima Gmg dopo la pandemia. In che modo cercherete di rispondere al bisogno di incontrarsi, di riprendere il cammino dei giovani che hanno particolarmente sofferto questo lungo ‘lockdown’ di relazioni?

Ogni Gmg è, prima di tutto, una splendida occasione d’incontro con Dio, con giovani provenienti da ogni parte del mondo e con il paese ospitante. È un invito che il Santo Padre rivolge ad ogni giovane ad incontrare Gesù Cristo in modo strettamente personale. Per facilitarne l’incontro, sono previsti diversi spazi durante la Gmg: nei grandi eventi come la Via Crucis, la Veglia e la Messa conclusiva con Papa Francesco, ma anche durante le catechesi mattutine, nella celebrazione della Messa, attraverso il Sacramento della Riconciliazione o negli appuntamenti del Festival della Gioventù. Il centro di ogni Gmg è l’incontro con Cristo. Per questo motivo, i giovani, dopo essere rimasti più isolati e “fermi” a causa del periodo di pandemia, avranno una splendida occasione di tornare ad incontrarsi. Papa Francesco ha sottolineato in modo particolare queste due dimensioni nel suo messaggio per la Gmg di quest’anno. Maria che ha incontrato Cristo e gli ha detto il suo “sì”, immediatamente, si mette in cammino per andare ad incontrare Elisabetta. L’incontro con Cristo crea l’incontro con l’altro. Tutti i giovani che andranno a Lisbona, di diverse provenienze e culture, sperimenteranno questa profonda esperienza di amicizia.

Il 23 luglio, ad una settimana dalla Gmg di Lisbona, la Chiesa celebrerà la 3° Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani il cui tema è “Di generazione in generazione la sua misericordia”. C’è un legame tra le due Giornate?

Papa Francesco ha legato le due Giornate scegliendo come tema della 3° Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani un versetto dello stesso passo di Vangelo che racconta l’incontro di Maria con Elisabetta. Il Pontefice ha, inoltre, invitato i giovani ad andare a visitare un anziano prima di partire per la Gmg. L’incontro è il filo conduttore di ogni Gmg ma, come ci mostra l’esempio di Maria ed Elisabetta, un ponte tra le generazioni è uno degli incontri più importanti da sperimentare per vivere la nostra fede. Subito prima della Gmg, quindi, il 23 luglio, potremmo celebrare la Giornata Mondiale del Nonni e degli Anziani nelle nostre chiese. Questa potrà essere una buona occasione per chiedere agli anziani della parrocchia, della diocesi, del movimento o dell’associazione di cui i giovani fanno parte, la loro benedizione per l’imminente viaggio, per poi raccontare loro l’esperienza vissuta.

Molti dei giovani partecipanti sono i cosiddetti “nativi digitali”: sarà una Gmg a loro misura?

Da tempo, ormai, è imprescindibile un “accompagnamento digitale”. La Gmg sarà agevolata da un’app per smartphone, inoltre, i giovani potranno ascoltare i discorsi del Papa nella loro lingua, tramite il servizio che offrirà il canale di Vatican News.

Allo stesso tempo, i giovani sono invitati anche a staccare dalla tecnologia ed attivare la “modalità aereo”, per fare esperienza di momenti di silenzio che facilitino l’ascolto della voce di Dio. Il pellegrinaggio alla Gmg è un viaggio esteriore, ma è soprattutto un viaggio interiore. Il silenzio può essere molto utile per riuscire ad ascoltare ciò che Dio mette nel nostro cuore.

Qual è il contributo che il suo Dicastero sta dando al Comitato organizzatore locale della Gmg portoghese?

Fin dall’inizio, nel 1984, l’allora il Pontificio Consiglio per i Laici fu incaricato da Papa Giovanni Paolo II di accompagnare la preparazione delle Gmg nei singoli Paesi. Oggi, come Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, continuiamo ad aiutare ogni Comitato organizzatore, e nello specifico gli organizzatori di Lisbona, con la nostra esperienza e facendo in modo che si rimanga sempre fedeli allo spirito delle Gmg.

Sul piano organizzativo come procedono i preparativi?

L’organizzazione si articola in differenti livelli. Dapprima il grande evento di Lisbona, che è molto ben preparato ed è ormai in fase finale. Poi, ci sono gli innumerevoli pellegrinaggi e incontri preparatori delle Conferenze episcopali, dei Movimenti e delle Associazioni. I rapporti che ci giungono da varie parti del mondo sono molto positivi. Possiamo sperimentare una giovane generazione che – come Maria – è davvero in movimento. Ad esempio, sono più di 2.000 i giovani australiani che hanno deciso di compiere un lungo viaggio verso Portogallo che prevede circa 3 settimane durante le quali compiranno visite ad altri importanti luoghi di pellegrinaggio in Europa come, ad esempio, a Roma. Questo mostra come i giovani investano tempo e risorse per crescere nella sequela di Cristo e della comunità con altri giovani.

Quanti giovani partecipanti prevedete in Portogallo, tenuto conto che Lisbona 2023 arriva in un momento gravato da crisi e conflitti?

I numeri delle iscrizioni sono allo stesso livello della più recente Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi in Europa, quella di Cracovia 2016, e siamo molto soddisfatti di questo. Naturalmente, stiamo pensando a come rendere possibile la partecipazione dei giovani provenienti da Paesi più in difficoltà o colpiti dalle guerre. A tal fine, il Dicastero dispone di un fondo di solidarietà in cui i giovani, al momento dell’iscrizione alla Gmg, possono versare un piccolo importo volontario.

È commovente vedere come i giovani siano animati dalla voglia di aiutare i loro coetanei con il desiderio di poterli incontrare, in seguito, alla Gmg. Questo dimostra il tesoro che abbiamo come Chiesa, come luogo di amicizia, condivisione e incontro.

Prevedete anche la presenza di giovani di altre denominazioni cristiane e fedi?

Ogni Gmg è aperta a tutti i giovani. Tutti sono i benvenuti! Naturalmente, la Giornata è un evento nel quale i giovani cattolici sono invitati dal loro Papa, ma tutti sono i benvenuti. Come in passato, saranno presenti anche amici delle altre denominazioni cristiane.

La dimensione ecumenica è importante per consegnare alle giovani generazioni esempi concreti di dialogo tra cristiani. Quella interreligiosa e con chi non crede offre la possibilità di sperimentare l’amicizia sociale a cui papa Francesco ci invita ad aderire.

Per tanti giovani che arriveranno a Lisbona, ce ne sono moltissimi altri che resteranno nelle loro diocesi. Cosa farete per renderli partecipi?

Prima di tutto, vorrei invitare tutti i giovani che non sono si sono ancora decisi per il pellegrinaggio alla Gmg a fare questo viaggio, perché ne vale la pena! Celebrate la fede insieme a centinaia di migliaia di giovani e sperimentate la cultura dell’incontro dopo la pandemia e nonostante le difficoltà del momento! Naturalmente, la Gmg si potrà seguire anche in diretta TV, radio e sui social media. I messaggi di Papa Francesco non sono solo per i giovani riuniti a Lisbona, ma per tutti. Pertanto, se non si può partecipare per vari motivi, invitiamo i giovani a unirsi a noi, magari facendo dei “gruppi di ascolto” con gli amici!

Il Portogallo si affaccia sul Continente africano dove ci sono paesi che parlano portoghese. Un preludio ad una possibile Gmg in Africa?

Tutti sarebbero felici se un giorno ci fosse una Gmg nel continente africano. Affinché ciò avvenga, è necessaria una richiesta ufficiale e concreta da parte di una diocesi o di una conferenza episcopale. Ma come è consuetudine delle Gmg, Papa Francesco annuncerà solennemente, al termine della Messa di chiusura, il luogo in cui si terrà la Gmg a livello internazionale. Vale la pena, quindi, sintonizzarsi e attendere con ansia l’annuncio!

Intanto nel 2025 si celebrerà il Giubileo: da Lisbona a Tor Vergata, ritorno possibile?

Il Giubileo avrà nel suo programma il Giubileo dei giovani, così ha annunciato in una conferenza stampa il Dicastero per l’Evangelizzazione che organizza il Giubileo del 2025, ma è ancora presto per definirne lo svolgimento. Tuttavia, non c’è mai un “tempo morto” tra una Gmg internazionale e un’altra: ogni anno nella Solennità di Cristo Re le Gmg vengono celebrate nelle Chiese particolari. Per ognuna di esse c’è un messaggio di Papa Francesco. Il nostro Dicastero, poi, ha pubblicato l’opuscolo “Orientamenti pastorali per la celebrazione della Gmg nelle Chiese particolari”, che contiene suggerimenti su come celebrare la Giornata nelle Chiese particolari. Il documento può essere scaricato gratuitamente dal nostro sito www.laityfamilylife.va. Quindi non si dovrà aspettare a lungo per celebrare la prossima Gmg. Dopo Lisbona, la prossima si svolgerà già il 26 novembre 2023 nella propria Chiesa particolare. Sir 23

 

 

 

La Chiesa nelle zone alluvionate. “Vicini alla gente, nonostante tutto”

 

Il vescovo Mario Toso della diocesi di Faenza – Modigliana spiega cosa sta facendo la Chiesa nelle zone alluvionate - Di Andrea Gagliarducci

 

Città del Vaticano. C’è stata la prima alluvione, che è stata terribile. Ma poi, dopo appena sei giorni c’è stata anche la seconda alluvione, che ha travolto di nuovo il poco che si era salvato, lasciando le persone nello scoramento. Il racconto del vescovo di Faenza – Modigliana Mario Toso è quello di una terra messa in ginocchio da due esondazioni del fiume che hanno allagato interi quartieri, impraticabili. Il vescovo Toso, però, racconta anche dell’eroismo dei sacerdoti della sua diocesi, della Caritas che continua a distribuire pasti a chi resta senza casa, e punta il dito su una mala gestione a causa della quale i letti dei fiumi non sono stati ripuliti, così da creare il disastro. C’è una lezione da trarre, ma c’è prima di tutto da ricostruire.

Il 22 maggio, i vescovi delle zone alluvionate hanno salutato Papa Francesco. E prima dell’inizio dell’Assemblea Generale, la commissione Affari Sociali della Conferenza Episcopale Italiana si era riunita. Dal fondo CEI per le emergenze arriverà un milione di euro, le donazioni alla Caritas locale sono aumentate dopo l’appello del vescovo Toso. Ma i soldi, argomenta il vescovo, “sono poca cosa di fronte a chi ha perso casa. Noi non abbiamo le risorse per ricostruire tutto, ma siamo chiamati ad integrare, a stare vicino alla popolazione. Non abbiamo nemmeno i mezzi della protezione civile”.

Eppure i sacerdoti sono sul territorio con un eroismo quasi stoico. C’è, a Faenza, una “Opera Assistenza di Malati Impediti”, ed è il parroco che si sta prendendo cura di questa struttura, abbandonata dalle istituzioni e anche dalla protezione civile.

A Faenza, il seminario, racconta il vescovo, è diventato “una cittadella della solidarietà. Ha dato ospitalità alle Clarisse di Monte Paolo, clarisse che erano prima a Faenza e che ora sono nel convento molto amato dai francescani perché fu il convento dove fu Sant’Antonio da Padova e perché nel tragitto da quel convento a Forlì fu chiesto a Sant’Antonio di predicare e se ne scoprì il talento”.

Oltre alle Clarisse, ci sono delle famiglie, inclusa una coppia di sposi che è davvero in procinto di avere un bambino, e 22 minori non accompagnati, che “non potevano essere messi in ricettacoli generici”, e sono occupati in alcune aule di studio.

 “Le piogge sono cessate – racconta il vescovo Toso – ma quello che resta è drammatico. Le strade sono quasi impraticabili, perché, laddove sono asciutte, vi sono state accumulate le suppellettili e gli oggetti che sono stati travolti fuori dalle case dalla corrente dell’acqua”.

Di certo, la situazione è migliorata, ma ci sono state zone dove “il livello dell’acqua era di sette metri, quanto due piani di un palazzo”.

Il vescovo spiega che il disastro è avvenuto perché “il fiume, di fronte alle piogge copiose, si è ingrossato, arrivando a sfondare le rive, che erano poco coltivate e non liberati dagli alberi, mentre il fiume Marseno è confluito aumentando il volume dell’acqua. Il disastro è dovuto alla grande quantità dell’acqua caduta in maniera straordinaria, ma è dovuta anche al fatto che l’alveo del fiume non è stato pulito, i soldi previsti per rivedere i canali di scolo e il deflusso dell’acqua non sono stati adoperati. La Regione li aveva e una parte li ha restituiti”.

La morale che ne ricava è che “in sostanza dobbiamo curare il creato, non lo dobbiamo sfruttare per l’immediata utilità senza prendercene cura”.

E dire, aggiunge, che il disastro poteva essere prevedibile. Il vescovo è andato a sfogliare le copie dello storico giornale della diocesi, Il Piccolo, e in particolare le cronache dell’alluvione del 1940, constatando che “le più grandi slavine, quelle avvenute a Modigliana e in altre colline intorno sono avvenute negli stessi posti in cui erano accadute in passato,  a testimonianza che non si era fatta attenzione”.

Il vescovo Toso sostiene che “è una grazia che i morti non siano stati molti” (a Faenza solo 3), ma guarda anche alle corse pratiche da fare in futuro. “Finita l’emergenza acqua – dice – rimane da cavare ettolitri di acqua dagli scantinati”.

Si è comunque attivata la macchina della solidarietà. Ad esempio, la Caritas di Senigallia, racconta il vescovo, ha “inviato un camion pieno di aiuti più vari, comprese le macchine per aspirare l’acqua ed asciugare i muri, perché i muri bagnati dall’acqua di una alluvione rimangono umidi per anni e anni”.

C’è anche un dato positivo, ed è “la mobilitazione dei giovani. I giovani non sono nascosti, lontani, ma sono vivi, presenti. Si sono costituiti in squadre, sono andati a spalare, a pulire”.

Ma “le persone che provengono da queste abitazioni hanno gli occhi tristi, sentono la fragilità, a volte anche la solitudine”, e ci sono i giovani che “una volta erano baldanzosi, e che oggi sembrano spaesati”.

Il danno riguarda anche la produttività, a partire dalla produttività agricola, completamente compromessa. “È stato calcolato – racconta il vescovo Toso – che ci vorranno almeno cinque anni prima che le nuove piantagioni ridiano frutti. E, inoltre, la popolazione che lavora la terra è sempre più anziana, e non c’è un sufficiente ricambio generazionale”.

Quelli che si prospettano sono tempi duri. Ma vescovo e sacerdoti della diocesi saranno chiamati a dare speranza, sperando che si possa guarire il trauma e si possa cominciare a ricostruire. Aci 23

 

 

 

Famiglia Cristiana si rinnova

 

La testata ammiraglia del Gruppo Editoriale San Paolo annuncia il restyling. Grafica più fresca, maggiori contenuti e nuove firme come Mara Venier, Catena Fiorello e padre Roberto Pasolini.

«Rinnovare nella continuità: è stato questo l’obbiettivo che ci siamo prefissi nel cambiare Famiglia Cristiana, un settimanale con una storia di oltre 90 anni alle spalle, un rapporto particolare con i lettori, in cui la tradizione ha un peso rilevante, e una mission chiaramente espressa dal sottotitolo della testata (“i fatti mai separati dai valori”), che continuerà sempre a orientarci». Così, il direttore di Famiglia Cristiana, don Stefano Stimamiglio e il condirettore Luciano Regolo, spiegano l’impronta del restyling della rivista del Gruppo Editoriale San Paolo, in edicola e in parrocchia nella nuova veste da giovedì 25 maggio.

«Il concetto di fondo che anima le modifiche e le aggiunte che abbiamo messo a punto coinvolgendo tutta la redazione», continuano, «vogliono rendere la rivista ancora più vicino alle famiglie, ai loro reali bisogni nel contesto attuale, tanto nei servizi – cercando di proporre chiavi di lettura, approfondimenti e riflessioni sui fatti di cronaca – tanto nelle rubriche ampliando e aggiornando i consigli pratici, quelli psicologico-affettivi e quelli legati alla dimensione spirituale per affrontare la quotidianità».

I lettori troveranno una grafica rinnovata, in copertina e all’interno: foto, immagini, titoli e altri elementi valorizzano i contenuti e stimolano una lettura dinamica in una formula gradevole e decisamente originale.

I servizi di attualità e gli approfondimenti connessi, anche su temi scomodi, punteranno a esprimere una posizione chiara, sempre nel segno dei valori con l’obiettivo di continuare a essere punto di riferimento per la comunità cristiana, in uno scenario spesso confuso e inquinato da fake news, polemiche e tormentoni mediatici.

Ogni numero conterrà un’inchiesta di denuncia, focus su temi caldi che fanno discutere, riflessioni nel diario settimanale di attualità (“Come vanno le cose”) e altri servizi dal taglio critico ed emotivo, testimonianze e storie positive. Tutti gli articoli saranno arricchiti da box e schede informative, per dare ancora di più ai lettori.

Particolare attenzione sarà rivolta al “Sinodo delle comunità” raccontando, attraverso gli stessi protagonisti sul territorio, il cammino che la Chiesa sta affrontando in questo periodo.

Spazio anche al dialogo con i giovani nella rubrica “Caro Don, le domande dei ragazzi”, al verde con l’educazione green, a opportunità e pericoli di Internet, alla salute, con una nuova sezione dedicata, e a tutti gli aspetti relazionali e pratici della famiglia.

Ai collaboratori storici (Andrea Riccardi, don Antonio Mazzi, il cardinale Gianfranco Ravasi, Maria Pia Bonanate, Terry Sarcina e Adriano Sansa) si aggiungono Catena Fiorello, autrice di romanzi di successo, che ogni settimana racconterà “Una bella storia”, tratta dal suo vissuto, Mara Venier, con la rubrica “In cucina con la zia”, in cui presenterà le sue ricette con simpatiche dritte, il massmediologo Massimo Scaglioni, che commenterà i programmi televisivi, e padre Roberto Pasolini, in un’originale spazio di spiritualità dal titolo “La grammatica della fede”. Una nuova rubrica, infine, “Chiesa in uscita”, proporrà un commento di laici e religiosi impegnati nel sociale sull’attualità alla luce del magistero di Papa Francesco.

In uscita con il settimanale i lettori troveranno il primo volume della collana “Le sfide della famiglia”, un aiuto pratico per affrontare le difficoltà delle famiglie di oggi. Gli autori, tra cui si evidenziano Riccardo Mensuali, Carlo Rocchetta e Simone Bruno, aiuteranno le famiglie nell’affrontare le dinamiche di coppia, l’essere genitori e diventare nonni.

La nuova Famiglia Cristiana è stata presentata in una conferenza stampa online, martedì 23 maggio alle ore 15,30, sul canale Facebook della testata.

Il Gruppo Editoriale San Paolo

è una media company cattolica tra le più grandi d’Italia, operante nel settore dell’editoria libraria, giornalistica, cinematografica, musicale, televisiva, multimediale, telematica; centri di studio, ricerca, formazione, animazione.

E’ di proprietà della Società San Paolo, Congregazione religiosa fondata ad Alba (Cuneo) nel 1914 dal beato don Giacomo Alberione con l’obiettivo di diffondere i valori cristiani attraverso tutti i mezzi di comunicazione che la tecnologia mette a disposizione. Conosciuti come “Paolini”, i membri della Società San Paolo operano in 32 nazioni. Gabriele Giannetti, de.it.press 24

 

 

 

 

Emergenza Emilia-Romagna. Presidenza CEI: 1 milione di euro dai fondi 8xmille per la popolazione

 

La Presidenza della CEI ha disposto un primo stanziamento di 1 milione di euro dai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, per far fronte alle necessità della popolazione colpita dall’ondata di maltempo che sta flagellando l’Emilia-Romagna.

“Vogliamo esprimere, anche con questo gesto concreto, la prossimità della Chiesa in Italia alle tantissime persone che, a causa dell’alluvione e delle esondazioni, sono sfollate, avendo perso tutto o molto. Continuiamo a farci prossimi e a pregare per quanti, in questo dramma, hanno perso anche la loro vita. Siamo grati alle diocesi, alle parrocchie, agli istituti religiosi che non hanno lasciato sole le comunità dell’Emilia-Romagna”, afferma il Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI.

Lo stanziamento della Presidenza CEI sarà erogato attraverso Caritas Italiana che è in contatto continuo con le Caritas delle diocesi colpite da questa emergenza per monitorare la situazione e provvedere alle prime urgenze. Al momento non c’è bisogno di raccogliere cibo o indumenti, ma di liberare le abitazioni e i locali dall’acqua e dal fango in modo da far ritornare le persone nelle loro case. Si tratta poi di individuare e accompagnare soprattutto coloro che sono abbandonati e che restano esclusi dalla rete degli aiuti. Il passo successivo riguarderà la ripartenza delle attività economiche e della vita ordinaria.

Tutte le Caritas diocesane, coordinate dalla Delegazione Caritas regionale dell’Emilia-Romagna e in comunicazione costante con Caritas Italiana, sono fin dal primo momento attivate su vari fronti: l’accoglienza degli sfollati nelle sedi e nelle canoniche, il supporto alla popolazione, l’accompagnamento delle persone in situazioni di particolare fragilità e difficoltà.

È possibile sostenere gli interventi di Caritas Italiana per questa emergenza, utilizzando il conto corrente postale n. 347013, o donazione on-line, o bonifico bancario specificando nella causale “Emergenza alluvione 2023” tramite:

• Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma –Iban: IT24 C050 1803 2000 0001 3331 111

• Banca Intesa Sanpaolo, Fil. Accentrata Ter S, Roma – Iban: IT66 W030 6909 6061 0000 0012 474

• Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013

• UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119

Cei/dip 22 

 

 

 

Papa Francesco, non abituiamoci alla violenza e alla guerra

 

Al Regina Coeli il Papa ricorda i conflitti in corso in Sudan e Ucraina e saluta i giornalisti - Di Angela Ambrogetti

 

Città del Vaticano. Perché festeggiare la partenza di Gesù dalla terra? E che cosa fa adesso Gesù in cielo? Sono le due domande che Papa Francesco ha posto all'inizio della sua riflessione prima della preghiera mariana di mezzogiorno nel giorno in cui in Italia di celebra la Ascensione di Gesù.

Una solennità che in molti paesi, e in Vaticano si celebra secondo la antica tradizione cristiana il giovedì, considerato giorno santo.

Con "l’Ascensione è accaduta una cosa nuova e bellissima: Gesù ha portato la nostra umanità in cielo, cioè in Dio" spiega il Papa e quindi "festeggiamo “la conquista del cielo”; perché "il cielo non è più distante, è casa nostra, è il posto che Gesù è andato a prepararci". E Gesù in Cielo "sta per noi davanti al Padre, gli mostra continuamente la nostra umanità, le piaghe che ha sofferto per noi; “lavora”, per così dire, come nostro avvocato presso il Padre ". Ecco perché "chiede anche a noi di darci da fare, di essere operosi". Conclude il Papa: " chiediamoci: io intercedo, “immergo” in Dio le persone che conosco, quelle che mi confidano i loro problemi, quelle che attraversano momenti difficili? Mi faccio intercessore per loro presso Gesù, che attende la mia preghiera per donare il suo Spirito a quanti gli presento? Porto al Signore le mie fatiche, ma anche quelle della Chiesa e del mondo?".

Dopo la preghiera il Papa ha parlato della grave situazione in Sudan con un appello perché vengano deposte le armi non abituiamoci ai conflitti e alle violenze, alla guerra. Con una preghiera ancora per la situazione in Ucraina.

Poi un pensiero alla Giornata delle Comunicazioni sociali con un saluto ai giornalisti chiedendo che il loro lavoro sia sempre al servizio della verità e del bene comune. Infine il pensiero alla " Settimana laudato si" per la cura della casa comune. E il pensiero del Papa va alle popolazioni dell'Emilia Romagna. In Piazza poi la distribuzione dei libretti sulla Laudato si'. Aci 21

 

 

 

 

57ª Giornata delle comunicazioni sociali. Una comunicazione da cuore a cuore

 

Parlate con il cuore. Questa volta il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali è quasi un appello. Accorato; detto cioè anch’esso con il cuore, come suggerisce l’etimologia della parola. Detto con realismo, senza nascondere il dolore, lo struggimento che comporta il parlare con il cuore, il caricare su se stessi il dramma dell’isolamento, della incomunicabilità del nostro e di tutti i tempi figli del consumarsi del tradimento dell’uomo verso Dio

Parlate con il cuore. Questa volta il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali è quasi un appello. Accorato; detto cioè anch’esso con il cuore, come suggerisce l’etimologia della parola. Detto con realismo, senza nascondere il dolore, lo struggimento che comporta il parlare con il cuore, il caricare su se stessi il dramma dell’isolamento, della incomunicabilità del nostro e di tutti i tempi figli del consumarsi del tradimento dell’uomo verso Dio.

Papa Francesco ha usato la parola cardiosclerosi, che non è solo una metafora. Abbiamo bisogno di parlare con cuori che non siano induriti. Abbiamo bisogno di una comunicazione che sappia tessere una relazione vera; sappia non solo raccontare il bene ma anche vedere il male senza rimanerne imprigionata, per riscattarlo.

Il problema è esattamente qui. Quando il parlare diventa vuoto e vanitoso; è allora che bisogna mettersi in discussione, fare un esame di coscienza personale e collettivo. Quando parliamo, parliamo con il cuore o con la pancia? Quando pensiamo usiamo ancora anche il cuore o ragioniamo con la freddezza senza emozioni di una macchina? Con questo messaggio una cosa innanzitutto ci dice il Papa. Che solo ascoltando con il cuore puro, sapremo anche parlare con il cuore, e seguire la verità nell’amore (cfr Ef 4,15). Davvero beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. I puri di cuore vedono oltre l’apparenza. Vedono l’unità possibile oltre la divisione.

Questa è la sfida della buona comunicazione. Per raccontare le cose bisogna camminarci dentro. Farne esperienza con amore. Misurarne le contraddizioni, anche.

Intravedere le faglie di crisi. Immaginare con amore le possibili linee di evoluzione. L’amore si basa su questa fragilità suprema che è il sentire il bisogno di di amare e di essere amati. Qui è la radice di ogni comunicazione. Per questo la connessione da sola non basta. Per questo non basta l’abbondanza di informazioni che ci sommerge. Per questo è necessario che tutti prendano sul serio l’esercizio di una comunicazione costruttiva, attiva, partecipata. Sappiano purificare e difendere il proprio cuore. E sappiano negoziare questa libertà. Non c’è comunicazione se non c’è comunione. E non c’è comunione se non c’è comunicazione.In questo senso, la creatività comunicativa – se vogliamo chiamarla così – non sta solo nella capacità di scrittura, di ripresa fotografica cinematografica, di montaggio ma anche in quella di tessere una relazione profonda fra le persone, cioè fra i loro cuori. Che ne sarà altrimenti della comunicazione, nell’era digitale se non sapremo distinguere fra una compilazione senza anima di dati senza controllo ed un racconto con l’anima? Se il giornalismo diventerà un modo come un altro per assemblare dati ad altri fini rispetto alla ricerca e alla condivisione della verità, e di un punto di vista? Se perderemo il rapporto autentico con chi ci legge, con chi ci ascolta, con chi guarda i nostri servizi su qualsiasi device questo avvenga?

Domandiamoci anzi a questo proposito: chi ha negoziato gli algoritmi? Cosa è che li muove? Chi è il padrone degli algoritmi? Chi è il padrone dei dati? In che modo è o non è il cuore che anima la nostra comunicazione.Come scrive il Papa nel suo messaggio, è dal cuore che scaturiscono le parole giuste per diradare le ombre di un mondo chiuso e diviso; per partecipare alla costruzione di una civiltà migliore di quella che abbiamo ricevuto. Questa è la comunicazione da cuore a cuore. Paolo Ruffini, Sir 20

 

 

 

 

Festa della mamma alla Missione di Kempten

 

Kempten. Numerosi i connazionali intervenuti il 20 maggio scorso alla Festa della Mamma, che ha avuto luogo subito dopo la S. Messa nella Sala Parrocchiale di St. Anton di Kempten.  In questa gioiosa occasione – come negli anni prima della pandemia –  i Soci del Circolo ACLI di Kempten hanno avuto modo di confermare la loro fedeltà alle ACLI, e, molti dei presenti, di conoscerle.

Il lieto incontro è iniziato alle 17:00 con la partecipazione di molti intervenuti alla S. Messa concelebrata nella bella chiesa di St. Anton dal Rettore delle Missioni Cattoliche Italiane di Augsburg e Kempten, Padre Bruno Zuchowski. e dal Rettore delle Missioni di Ulm e Neu-Ulm, Don Giampiero Fantastico. La Celebrazione dell'Ascensione del Signore, è stata – come di consueto – allietata dai bei canti intonati all'occasione, accompagnati magistralmente alla chitarra da Giampiero Trovato, Presidente del Consiglio Pastorale della Missione e Segretario per le Risorse del locale Circolo ACLI. Belle le Letture eseguite da alcuni dei presenti, tra i quali il Comm. Carmine Macaluso  e il Dr. Fernando Grasso. Coinvolgente l'Omelia di Don Giampiero a commento del Brano che racconta l'Ascensione di Gesù (Lc 24,46-53). Splendido l'angolo con l'effigie della Madre del Signore posto a destra dell'Altare. E magnifico il canto al termine della Funzione, veramente appropriato in questo mese di Maggio in cui si venera particolarmente la Vergine Maria, che il 1° Maggio   scorso è stata onorata con una pellegrinaggio ad Augsburg da parte di un gruppo della comunità cattolica di Kempten.

Al termine del Rito, Padre Bruno, dopo aver comunicato la dipartita del Cav. Corrado Mangano, per lunghi anni Operatore della Caritas e Corrispondente Consolare, ha invitato i convenuti a recarsi nella Sala Parrocchiale. La festa, moderata dalla Segretaria della Missione, Signora Pina Baiano, nonché Segretaria Organizzativa del Circolo ACLI, coadiuvata da Gisella e Giampiero Trovato e da altri membri della Comunità, si è aperta nella sala parrocchiale, professionalmente preparata dalle  Signore Trovato e Baiano-Polverino,  con i saluti di benvenuto di Padre Bruno, anche Assistente Spirituale, e Membro della Presidenza delle ACLI, che si è detto felice di incontrare i numerosi connazionali  provenienti anche da alcune cittadine vicine.

Invitato dal Rettore, ha preso quindi la parola il Dr. Fernando A Grasso, nelle vesti di Vicepresidente Vicario delle ACLI Baviera e del Circolo ACLI locale, di Membro della Presidenza delle ACLI Germania, e di Corrispondente Consolare per il Circondario di Kempten, nonché Membro del Consiglio Pastorale della MCI di Kempten. Grasso, che, all'inizio della festa, aveva messo in bella vista un manifesto delle ACLI, dopo aver salutato anche lui le Mamme e i presenti intervenuti, in special modo: il Presidente Circoscrizionale del Movimento Cattolico Tedesco, KAB, Signor Manfred Stick e Signora, ambedue Soci del locale Circolo ACLI, il Presidente delle ACLI Baviera e Vicepresidente delle ACLI Germania, Comm. Carmine Macaluso, i due Rettori delle Missioni Italiane e altri Sacerdoti, tra i quali il Cappellano di St. Lorenz, Dr. Joseph Afatchao, ha invitato i presenti ad osservare un minuto di raccoglimento in ricordo del Cav. Corrado Mangano, comunicando la data del funerale, in analogia a quanto fatto poco prima da Padre Bruno in chiesa, dato che alcuni dei presenti erano arrivati alla festa dopo la celebrazione.

Quindi  Grasso ha fatto altre comunicazioni inerenti il disbrigo delle pratiche consolari; anche in seguito al recente insediamento a Monaco di Baviera del nuovo Console Generale, Dr. Sergio Maffettone, con il quale egli, ha avuto un recente incontro, insieme con il Presidente Macaluso. A questo proposito Grasso si è soffermato sulle nuove modalità di rilascio dei documenti, su alcuni problemi tecnici, legati ai collegamenti telematici, che il nuovo Diplomatico intende appianare, e, non per ultimo, ha confermato quanto già deciso dal suo predecessore: la corsia preferenziale per gli ultra settantenni e i neonati, data l'attesa piuttosto lunga alla quale si devono sobbarcare i connazionali prima di ricevere un appuntamento. 

Grasso, come più volte in passato, non ha tralasciato di specificare che  i Servizi Consolari e quelli di Patronato nel Circondario di Kempten vengono offerti nell'Ufficio multifunzionale sito nella Freudental 5b – in forma assolutamente gratuita e a titolo volontaristico – almeno per sei volte al mese, in presenza, ma, in realtà, durante tutto l'arco della giornata, grazie ai collegamenti telematici e alla deviazione delle chiamate telefoniche in arrivo all'ufficio ad una delle sue linee private, anche di domenica e nei giorni festivi.

Parlando inoltre delle pratiche svolte  dalla sede Patronato ACLI di Monaco, con presenza mensile a Kempten, Grasso ha comunicato che, al momento,  provvederà lui a inoltrare a Monaco le richieste, dato che, momentaneamente,  questa sede non è in grado di inviare un Operatore a Kempten. A questo proposito ha invitato i presenti a cercare nella cerchia di connazionali aspiranti al posto di Operatore di Patronato ACLI nella sede di Monaco. 

Il Corrispondente ha ricordato anche ai presenti di provvedere per tempo alle richieste di appuntamento per il rilascio delle carte d'identità, dei passaporti e di documenti vari (certificato di capacità matrimoniale, iscrizione AIRE attraverso il Portale Fast It, Prenot@mi, fornendosi inoltre dell'identità digitale Spid, per poter accedere più facilmente ai servizi offerti dagli Enti pubblici. Grasso ha comunicato anche che, nel periodo delle vacanze estive il suo ufficio rimarrà chiuso, ma che egli   –  per casi urgenti  –  potrà essere raggiunto telematicamente consultando il link apposito nel suo sito principale.

Poi Grasso ha continuato il suo intervento in qualità di Presidente del Circolo ACLI di Kempten, commentando gli ultimi avvenimenti inerenti alle ACLI, a cominciare dalla nuova modalità di tesseramento ACLI, annunciando che durante l'incontro avrebbe provveduto a ricevere, insieme al Tesoriere Trovato,  le conferme e le nuove adesioni alle ACLI. Coadiuvato da Macaluso, ha iniziato quindi a distribuire le tessere ACLI del 2023, cominciando con il padrone di casa: Padre Bruno e continuando con il Presidente del KAB Stick e Consorte. Poi ha preso la parola Macaluso.

Nel suo intervento il Presidente delle ACLI, ha ripreso quanto appena esposto sinteticamente da Grasso, soffermandosi su alcuni particolari, specie in relazione al recente incontro con il Console Generale Dr. Maffettone, non mancando di annunciare la sua intenzione di intervenire a Kempten con il suo gruppo Folk-ACLI in un prossimo futuro e ribadendo quanto fanno le ACLI in favore delle nostre Comunità da decenni.

Dopo questi interventi è arrivato il momento tanto atteso, specie da parte delle Mamme: le esibizioni dei bambini della Missione, preparati e diretti   dalla Segretaria della Missione.

Durante questo spettacolo i piccoli hanno regalato ai presenti dei momenti veramente artistici ed esilaranti: tra cui un paio di balletti, la recita di un paio di poesie in vari dialetti, alcuni saggi ginnici e di karate e delle divertenti barzellette. Esibizioni, a cui ha partecipato simpaticamente anche la Signora Baiano-Polverino e che hanno suscitato gli entusiastici applausi del pubblico, e per le quali i giovani attori hanno ottenuto anche un piccolo dono da parte della Missione e la Segretaria dei fiori.

I Presenti, tra cui il Circolo ACLI, hanno sostenuto con un contributo le spese per la sala.

La festa è proseguita quindi con tanti altri momenti di gioia, e con la degustazione di svariati, deliziosi manicaretti preparati dalle Signore e dalle Mamme presenti.

Tra gli intervenuti, non ancora nominati, ricordiamo: il Consigliere del Circolo ACLI, Signor Mastrostefano e Signora; il Consigliere Scarvaglieri e Signora; i  Signori: Emanuele, (che Grasso e Macaluso conoscono da una vita), Aversente, Capuano, e tanti, tanti altri cari amici e conoscenti.

Molto lusinghieri i commenti degli intervenuti  – tra i quali i Presidenti Macaluso e Stick  –  e per la bella riuscita della festa, e per la magnifica preparazione dei tavoli, e per le decorazioni della sala, e per gli squisiti manicaretti, e  –  soprattutto  –  per la cordialissima conduzione del pomeriggio.

La festa è terminata alle 21:00 circa.

Fernando A. Grasso, de.it.press

 

 

 

G7, Papa Francesco: "L'uso dell’energia atomica per fini di guerra è un crimine"

 

Lettera di Papa Francesco al Vescovo di Hiroshima in occasione del G7 in corso nella città giapponese - Di Marco Mancini

 

Città del Vaticano. “La scelta di Hiroshima come luogo dell’incontro è particolarmente significativa alla luce della continua minaccia del ricorso ad armi nucleari”. Lo scrive il Papa nel messaggio inviato al vescovo di Hiroshima, Monsignor Alexis Mitsuru Shirahama, in occasione del vertice del G7 che si sta svolgendo nella città giapponese.

Il G7 è la riunione che ciclicamente vede riuniti i leaders di Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Francia, Germania, Italia e Giappone. Presenti ai lavori anche i rappresentanti dell’Unione Europea. Sul tavolo di questo vertice le questioni più delicate di politica internazionale, in particolare la guerra in Ucraina e i rapporti con la Repubblica Popolare Cinese, ma anche le questioni climatiche.

Nel suo messaggio il Pontefice ricorda che “l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. Gli eventi degli ultimi anni hanno reso evidente che solo insieme, in fratellanza e solidarietà, la nostra famiglia umana può cercare di curare le ferite e costruire un mondo giusto e pacifico”.

Francesco sottolinea che oggi “la ricerca della pace è strettamente collegata al bisogno di sicurezza e alla riflessione sui mezzi più efficaci per garantirla. Tale riflessione deve necessariamente tenere in considerazione il fatto che la sicurezza globale deve essere integrale, capace di abbracciare questioni come l’accesso a cibo e acqua, il rispetto dell’ambiente, l’assistenza sanitaria, le fonti energetiche e la equa distribuzione dei beni del mondo. Un concetto integrale di sicurezza può servire a rinsaldare il multilateralismo e la cooperazione internazionale tra attori governativi e non governativi, sulla base della profonda interconnessione tra tali questioni, la quale rende necessario adottare, insieme, un approccio di cooperazione multilaterale responsabile”.

Concludendo Papa Francesco torna a condannare le armi nucleari, inadeguate “per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace e per garantire la sicurezza nazionale e internazionale. Basta considerare l’impatto umanitario e ambientale catastrofico che risulterebbe dall’uso di armi nucleari, come anche lo spreco a la cattiva destinazione di risorse umane ed economiche che la loro produzione comporta. Né dobbiamo sottovalutare gli effetti del persistente clima di paura e sospetto generato dal mero possesso delle stesse, che compromette la crescita di un clima di fiducia reciproca e di dialogo. In tale contesto, le armi nucleari e le altre armi di distruzione di massa rappresentano un moltiplicatore di rischio che dà solo un'illusione di pace”. Aci 20

 

 

 

 

Comunicazioni sociali. Girardo (Avvenire): “Non urlare per sopravvivere, ma accompagnare i fatti con opinioni di valore”

 

Il direttore del quotidiano di ispirazione cattolica al Sir: “Dal Papa l’invito a parlare cordialmente, cioè pulire il nostro sguardo e il nostro ascolto per rendere quello che diciamo e raccontiamo capace di arrivare al cuore dell’altro e favorire l’incontro” - di Filippo Passantino

 

Seguire uno stile di narrazione onesta dei fatti accompagnata da opinioni autorevoli, in un tempo dove il flusso di informazioni è sempre più social e sempre più polarizzato. Ecco la linea di Avvenire, indicata dal direttore, Marco Girardo, che si sofferma ad analizzare al Sir le sfide che attendono il mondo dell’informazione e il quotidiano, che dirige da circa 15 giorni, alla vigilia di grandi cambiamenti tecnologici, come l’introduzione dell’intelligenza artificiale nei sistemi di lavoro. E lo fa alla vigilia della 57ª Giornata delle comunicazioni sociali, che ricorre domani, domenica 21 maggio.

Qual è l’importanza, quest’anno, della Giornata delle comunicazioni sociali?

È un momento importante nobilitato dallo splendido messaggio di Papa Francesco per questa 57esima giornata delle comunicazioni sociali. Lo è perché siamo in un periodo storico segnato anche da forti polarizzazioni nelle posizioni, alimentate da una nuova modalità di comunicazione che si esprime attraverso i social media. Questi, infatti, – per loro natura e struttura algoritmica – tendono a funzionare tanto più polarizzano l’informazione. Quindi, in questo momento specifico, il centro del messaggio del Papa è parlare con il cuore, cioè comunicare cordialmente, essere disposti a pulire il nostro sguardo e il nostro ascolto e rendere quello che diciamo e raccontiamo capace di arrivare al cuore dell’altro, in modo da favorire l’incontro: è proprio un messaggio centrato nel tempo che stiamo vivendo.

Come può il giornalismo contribuire a seminare la pace?

Questo messaggio ci aiuta a capire che chi è un autore dell’informazione è necessario che si renda capace, prima di informare, di praticare questo discernimento – capacità di leggere la realtà tenendo insieme mente e cuore –. Una capacità che favorisca la possibilità di creare dei ponti, cioè vicinanza con l’altro. E mantenere – anche quando sono scomode – alcune posizioni, ma sempre raggiungendo l’altro.

Come le nuove tecnologie stanno cambiando il giornalismo e come saranno presenti nel futuro di Avvenire?

In generale, dobbiamo essere consapevoli che in questo momento noi siamo immersi nel frullatore dell’informazione in cui si corre il rischio di alimentare un mercato di esperienze polarizzate. Ci stiamo muovendo in questo contesto.

Noi proviamo ad inserirci cercando di socializzare il nostro stile. Che è quello di accompagnare sempre i fatti raccontati con onestà e con opinioni di valore. Perché la tendenza attualmente è quella di scambiare i fatti per fattori, per opinioni. C’è una grande confusione. Non ci serve urlare per sopravvivere. Non serve gridare l’informazione.

Cercheremo sempre di più – e questo è un punto fondamentale – di rimpiazzare il sensazionale con il fondamentale e soprattutto il recente con il rilevante. Per riuscirci occorre compiere un’operazione precedente, di ascolto di quello che succede, di pulizia interiore. In modo da essere pronti a fare questo tipo di informazione.

Da poco più di 15 giorni è alla direzione di Avvenire. Che cosa si promette di realizzare?

Ho vissuto con grande senso di responsabilità il fatto di essere alla guida di una squadra molto composita di grandissimi colleghi. Non mi sento solo.

Faccio parte di una squadra che, in tutti questi anni, ha portato Avvenire a essere una voce autorevole nell’informazione e una voce onesta, soprattutto quando c’è da prendere una posizione decisa su certi temi. Il compito che mi aspetta è trasferire questa autorevolezza acquisita sempre più nel nuovo contesto, che prevede una transizione al digitale e richiede un lavoro di squadra ancora più allargato, con figure a supporto delle nuove modalità di fare informazione.

Bisogna trasferire, dunque, quella che è la forza di Avvenire – la sua autorevolezza, la sua capacità di leggere la realtà con occhi limpidi e con il cuore aperto, come dice il Papa – anche al mondo digitale.

Come può l’intelligenza artificiale incidere sul lavoro di Avvenire?

Siamo veramente su un tema di frontiera. Credo che anche l’intelligenza artificiale, con tutte le sue potenzialità e i suoi potenziali rischi, debba essere considerata uno strumento. Quindi, debba essere utilizzato come tale. Alla fine, la responsabilità è sempre di chi utilizza lo strumento. Potremo in qualche modo utilizzarla, come supporto laddove servisse, senza mai sostituire il lavoro fondamentale di ogni giornalista, che è quello di saper leggere la realtà con tutti gli strumenti che ha e di esprimere la propria visione del mondo. Sir 20

 

 

 

La Santa Sede ritira il francobollo della GMG Lisbona 2023 dopo le polemiche

 

Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano ha ritirato dalla circolazione il francobollo commemorativo della Giornata Mondiale della Gioventù. Ecco perchè

 

Città del Vaticano. Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano ha ritirato dalla circolazione il francobollo commemorativo della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) Lisbona 2023, emesso martedì. La decisione è stata presa dopo che il progetto, ispirato al monumento Padrão dos Descobrimentos di Lisbona, è stato criticato per essere "nazionalista" e "colonialista".

Secondo Vatican News, "il francobollo ha suscitato diversi commenti negativi, che hanno sottolineato che il disegno, legato a un noto monumento, richiami un passato colonialista molto lontano dal messaggio di fraternità universale di Papa Francesco".

Il francobollo è stato disegnato dall'artista italiano Stefano Morri e raffigura "il papa sulla prua di una barca, ispirato alla caravella del Monumento alle Scoperte, che conduce i giovani nel futuro", afferma Vatican News.

Il monumento Padrão dos Descobrimentos si trova sulle rive del fiume Tago a Lisbona. È una caravella che ha a prua l'infante Dom Henrique, "autore dell'espansione marittima" del Portogallo, "e altri protagonisti dell'impero marittimo portoghese". Fu costruito nel 1960, "500 anni dopo la morte del bambino, per celebrare l'età portoghese delle scoperte", incluso l'arrivo in Brasile nel 1500, dove i portoghesi portarono la loro civiltà e il Vangelo.

Sul francobollo della GMG, Papa Francesco indica in avanti ed è accompagnato da altri otto giovani, uno inginocchiato in preghiera e l'altro con in mano una bandiera del Portogallo. Aci 19

 

 

 

 

Vangelo Migrante: Ascensione del Signore |Vangelo (Mt 28, 16-20)

 

Nella versione dell’evangelista Matteo non viene raccontata la ‘scena’ dell’Ascensione ma il suo senso.

Si parla di un passaggio dalla terra al cielo che riguarda Gesù. Con l’Ascensione è stata aperta una via di collegamento; una via che non potrà più essere chiusa. Non vi è più una separazione insanabile tra il mondo dell’uomo e il mondo di Dio: Gesù stesso è la Via che rimette in collegamento i due mondi, la Porta attraverso la quale l’umanità può ritornare nel giardino di Dio.

Una via è costruita per essere percorsa. Per questo Gesù lascia una mandato: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”. Ciò che è stato dato di comprendere e di vivere ai discepoli, non può essere tenuto solo per loro: il comando di Gesù è chiaro ed esorta ad andare ovunque per dire a tutti la verità di questa via che ormai è ‘la Via’ che dalla terra conduce a Dio.

Il giorno dell’Ascensione di Gesù è anche il giorno dell’invio dei discepoli a tutti i popoli. Per questo in diverse diocesi questa è la domenica in cui si celebra anche la Festa dei Popoli: il giorno nel quale il Signore ritorna al Padre è l’inizio di un mondo nuovo. La Chiesa contempla e cammina: contempla il suo Signore che ascende, cammina piena di gioia raccontando agli uomini la salvezza di Dio.

Il tutto, non a caso, avviene in Galilea, un luogo meticcio, abitato da uomini e donne di diverse culture e provenienze, non proprio ortodosso, secondo i canoni religiosi dettati a Gerusalemme; e, forse, non proprio scontato nemmeno ai nostri giorni. L’appuntamento, lo ha dato Gesù la mattina della Resurrezione. La convocazione attorno a Gesù la fa Gesù. I discepoli rispondono a quello che chiede Lui e fanno quello che chiede Lui.

Questo è il ‘milieu’ umano e spirituale in cui uno sparuto gruppo di discepoli inizia quella missione che dura ancora oggi; ed è là che torniamo tutti quando, stanchi e sfiduciati, possiamo riascoltare la Sua voce: “ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (p. G. Saracino) migr.on.

 

 

 

Giornata delle Comunicazioni sociali domenica 21 maggio. Parlare con il cuore

 

Proseguendo nella stesura di un suo ideale “manuale del buon comunicatore”, papa Francesco sofferma la sua attenzione nel Messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali che celebreremo domenica 21 maggio, su un altro degli atteggiamenti che dovrebbero segnare la quotidianità di quanti operano nel mondo dei mass-media.

Il “parlare con il cuore. Secondo la verità nella carità” si aggiunge, così, all’”andare a vedere” (2021) ed “ascoltare” (2022) da cui era partita la riflessione gli scorsi anni: un appello che “interpella radicalmente il nostro tempo, così propenso all’indifferenza ed all’indignazione, a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica e strumentalizza la verità”.

Francesco sollecita ad aprirsi ad una cordialità che permette di andare oltre l’indifferenza e gli stereotipi, facendosi anche intendere da chi, apparentemente, è incapace di ascoltare e parlare “raggiungendo anche i cuori più induriti”: l’esempio indicato nel testo è quello significativo del rapporto di San Francesco di Sales con il sordomuto Martino.

Percorrendo questa strada, il testo cessa di essere un monologo unidirezionale ma diventa dialogo che vuole parlare da cuore a cuore; l’articolo, cartaceo o digitale, non rimane uno strumento statico ma nella sua dinamicità testimonia come la comunicazione sia davvero, prima di tutto, comunione. Ad oltre mezzo secolo dalla sua stesura, risuona, quindi, più che mai attuale l’auspicio dell’Istruzione pastorale “Communio et Progressio” pubblicata nel 1971 “per disposizione del Concilio ecumenico Vaticano II” dalla Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali: “La comunicazione, per la quale gli uomini divengono prossimi tra di loro, si trasformi davvero in comunione”.

Anche nell’era del Web 4.0., dinanzi alle sfide che il Metaverso già propone all’intero sistema globale massmediale – con ChatGpt che si propone come il redattore del futuro - Papa Francesco ci richiama ad una verità profonda: “Tutti siamo chiamati a cercare e a dire la verità ed a farlo con carità” e questo comporta una comunicazione “dal cuore e dalle braccia aperte”.

Rendendosene conto, il giornalista non scrive più per un lettore generico, estraneo ed indistinto ma deve considerare il lettore come “un compagno di strada”, conscio che le sue parole, i suoi articoli influiranno sulla vita di chi li ascolta. Un atteggiamento che lo deve portare a non “fomentare un livore che esaspera, genera rabbia e porta allo scontro”, aiutando, piuttosto, “le persone a riflettere pacatamente, a decifrare con spirito cristico e sempre rispettoso, la realtà in cui vivono”. Il richiamo ad un linguaggio “non-ostile” si contrappone, fra l’altro, alla sempre più incontrollata diffusione di fake-news e all’hate speech, particolarmente nel mondo dell’informazione digitale.

Il papa, poi, sottolinea come i comunicatori possano davvero diventare costruttori di pace e questo, in un periodo come l’attuale, assume una valenza del tutto particolare.

Francesco ci ricorda che la fine delle violenze e delle guerre può dipendere anche dal nostro modo di raccontare quanto avviene: “abbiamo bisogno di comunicatori disponibili a dialogare, coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuori”. Un giornalismo “coinvolto” e “coinvolgente”, schierato, però, non con una delle parti in conflitto ma con quanti credono ancora che la strada per la risoluzione dei conflitti passi attraverso la ricerca della pace e non solo con l’uso delle armi; un giornalismo che parla e scrive con il cuore perché “partecipe alle gioie ed alle paure, alle speranze ed alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo”.

E leggendo queste espressioni, sentiamo risuonare attualizzate le parole che i Padri del Concilio Vaticano II ci affidarono donandoci la Gaudium et Spes: un impegno per un giornalismo di profezia nella certezza che essere profeti non è prevedere il futuro ma impegnarsi perché esso possa essere migliore.

Mauro Ungaro, Presidente FISC (de.it.press 18)

 

 

 

Noi, complici del disastro del Pianeta

 

La prefazione di Papa Francesco al libro-manifesto di Petrini e Giraud sul futuro della Terra: «Ascoltiamo i giovani: consumando meno e puntando sui rapporti umani saremo felici» - di papa Francesco

 

Il bene che appare come bello porta con sé la ragione per cui deve essere compiuto. È questo il primo pensiero che mi è sorto dopo aver letto questo bel dialogo tra Carlo Petrini, che conosco e stimo da anni, gastronomo e attivista noto in tutto il mondo, e Gaël Giraud, un gesuita economista di cui ho apprezzato vari contributi apparsi su La Civiltà Cattolica(...).

Perché questo collegamento? Perché la lettura di questo testo ha generato in me un vero e proprio “gusto” del bello e del buono, cioè un sapore di speranza, di autenticità, di futuro. Ciò che i due autori portano avanti in questo scambio è una sorta di “narrazione critica” rispetto alla situazione globale: da un lato elaborano un’analisi motivata e stringente al modello economico-alimentare in cui siamo immersi il quale, per rifarsi alla celebre definizione di uno scrittore, «conosce il prezzo di tutto e il valore di niente»; dall’altra propongono diversi esempi costruttivi, esperienze assodate, vicende singolari di cura del bene comune e dei beni comuni che aprono il lettore a uno sguardo di bene e di fiducia sul nostro tempo. Critica di ciò che non va, racconto di situazioni positive: uno con l’altro, non l’uno senza l’altro.

Mi piace rimarcare un dato significativo: il fatto che in queste pagine Petrini e Giraud, uno un attivista settantenne, l’altro un professore di economia cinquantenne, ovvero due adulti, riscontrino nelle nuove generazioni assodati motivi di fiducia e di speranza. Solitamente noi adulti ci lamentiamo dei giovani, anzi ripetiamo che i tempi “passati” erano sicuramente migliori, e che chi viene dopo di noi sta dilapidando le nostre conquiste. E invece dobbiamo ammettere con sincerità che sono i giovani a incarnare in prima persona il cambiamento di cui abbiamo tutti oggettivamente bisogno. Sono loro che ci stanno chiedendo, in varie parti del mondo, di cambiare. Cambiare il nostro stile di vita, così predatorio verso l’ambiente. (...) E non solo ce lo stanno chiedendo, lo stanno facendo: andando in piazza, manifestando il proprio dissenso rispetto a un sistema economico iniquo per i poveri e nemico dell’ambiente. E lo stanno realizzando partendo dal quotidiano: fanno scelte responsabili in tema di cibo, di trasporti, di consumi.

I giovani ci stanno educando su questo! Scelgono di consumare di meno e di vivere di più le relazioni interpersonali; (...). Per me, vedere che questi comportamenti si stanno diffondendo fino a diventare prassi comune è motivo di consolazione e di fiducia. Petrini e Giraud fanno spesso riferimento ai movimenti giovanili che portano avanti le istanze della giustizia climatica e della giustizia sociale: i due aspetti vanno tenuti insieme, sempre.

I due autori indicano strade operative per uno sviluppo economico durevole e criticano alla base il concetto di benessere che va per la maggiore oggigiorno. Quello secondo il quale il Pil è un idolo cui sacrificare ogni aspetto del vivere comune: rispetto dell’ambiente, rispetto dei diritti, rispetto della dignità umana. Mi ha molto colpito che Gaël Giraud abbia ricostruito il modo in cui storicamente il Pil si è affermato come unico parametro per giudicare la salute dell’economia di una nazione. Egli afferma che questo è avvenuto durante la stagione del nazismo e che il punto di riferimento era rappresentato dall’industria delle armi: il Pil ha un’origine “bellica”, potremmo dire. Tanto che per questo motivo il lavoro delle donne casalinghe non è mai stato conteggiato: perché il loro impegno non serve alla guerra. Un’altra prova di quanto sia urgente sbarazzarsi di questa prospettiva economicistica, che sembra disprezzare il lato umano dell’economia, sacrificandolo sull’altare del profitto come metro assoluto.

La natura di questo libro è inoltre doppiamente interessante. Primo, perché avviene nella forma di un dialogo. Questo è un dato che ritengo importante sottolineare.(...) È la conversazione che diventa occasione di crescita, non il fondamentalismo che sbarra la strada alla novità. È il dibattito il momento in cui maturiamo, non l’ermetica certezza di essere noi quelli sempre “nel giusto”. Anche e soprattutto quando parliamo della ricerca della verità. Il beato Pierre Claverie, vescovo di Orano, martire, affermava: «La verità non la si possiede, e io ho bisogno della verità degli altri». Mi permetto di aggiungere: il cristiano sa che non conquista la verità, ma semmai è lui a essere “conquistato” dalla Verità, che è Cristo stesso. Per questo credo fortemente che la pratica del dialogo, del confronto e dell’incontro sia oggi quanto di più urgente da insegnare alle nuove generazioni, fin dai bambini, per non favorire la costruzione di personalità chiuse a doppia mandata nell’angustia delle proprie convinzioni.

In secondo luogo, i due interlocutori - saggiamente stimolati dal curatore - rappresentano punti di vista e origini culturali diverse: Petrini, che si definisce agnostico e con cui ho avuto già la gioia di dialogare per un altro testo; Giraud, un gesuita. Ma questo dato oggettivo non impedisce loro di portare avanti una conversazione costruttiva che diventa il manifesto di un futuro plausibile per la nostra società e il nostro stesso pianeta, così minacciato dalle conseguenze nefaste di un approccio distruttivo, colonialista e dominatore sul creato. Un credente e un agnostico parlano e si incontrano su diversi aspetti che la nostra società deve far propri perché il domani del mondo sia ancora possibile: mi sembra qualcosa di bello! E lo è ancor di più perché, nel confronto, affiora nettamente la convinzione dell’importanza decisiva dell’unica parola di Gesù, riportata dagli Atti degli apostoli, non presente nei Vangeli: «V’è più gioia nel dare che nel ricevere». Sì, perché quando i due interlocutori riscontrano nel consumo spinto all’eccesso e nello spreco elevato a sistema il male della contemporaneità, e individuano nell’altruismo e nella fraternità le vere condizioni perché il vivere insieme sia duraturo e pacifico, comprovano che la prospettiva di Gesù è feconda e luogo di vita per tutti gli uomini e le donne. Per chi ha un orizzonte di fede e per quanti non lo hanno. La fraternità umana e l’amicizia sociale, dimensioni antropologiche a cui ho dedicato l’ultima enciclica Fratelli tutti, devono diventare sempre di più la base concreta delle nostre relazioni, a livello personale, comunitario e politico.

L’orizzonte di preoccupazione su cui Petrini e Giraud focalizzano la loro attenzione è la situazione ambientale critica in cui ci troviamo, figlia di quell’«economia che uccide» e che ha causato il grido sofferente della Terra e il grido angosciante e angoscioso dei poveri del mondo. Di fronte alle notizie che ci arrivano - siccità, disastri ambientali, migrazioni forzate a causa del clima - non possiamo restare indifferenti: saremmo complici della distruzione della bellezza che Dio ha voluto donarci nel creato che ci circonda. Tanto più che in questo modo va a perire quel dono «molto buono» che il Creatore forgiò con acqua e polvere, l’uomo e la donna. Ammettiamolo: lo sviluppo economico sconsiderato cui ci siamo piegati sta causando squilibri climatici che stanno gravando sulle spalle dei più poveri, in particolare nell’Africa subsahariana. Come possiamo chiudere le porte a quanti fuggono, e fuggiranno, da situazioni ambientali insostenibili, conseguenze dirette del nostro consumismo smodato?

Credo che questo libro sia un dono prezioso, perché ci indica una strada e la concreta possibilità di percorrerla, a livello individuale, comunitario e istituzionale: la transizione ecologica può rappresentare un ambito in cui tutti, da fratelli e sorelle, ci prendiamo cura della casa comune, scommettendo sul fatto che consumando meno e vivendo più relazioni personali varcheremo la porta della nostra felicità. Città del Vaticano, 11 aprile 2023 LS 17

 

 

 

Maltempo in Emilia Romagna: vescovi, vicinanza, accoglienza e solidarietà

 

Davanti alla drammatica emergenza dovuta all’alluvione, alle persistenti piogge e alle esondazioni dei fiumi che hanno colpito, in questi giorni, in particolar modo la Romagna ma anche Bologna e altre zone della nostra regione, i vescovi della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna (Ceer) elevano una preghiera al Signore perché la situazione possa al più presto migliorare ed esprimono vicinanza per le vittime, per tutti coloro che sono stati colpiti e per i tanti che stanno vivendo e soffrendo ore di angoscia poiché sfollati o bloccati dagli allagamenti, dalle strade e dai collegamenti interrotti. I vescovi della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, presieduta dal card. Matteo Zuppi, hanno richiamato tutte le comunità ad accogliere e ad aiutare chi è nel bisogno, al senso di responsabilità per il bene comune e a rispettare le disposizioni dei sindaci e delle autorità istituzionali a cui esprimono la propria vicinanza per l’impegno profuso, in particolare dalla Protezione civile e dalle varie realtà che si adoperano.

“Di fronte a questa nuova calamità – affermano i vescovi della Ceer – capiamo con chiarezza come dobbiamo essere uniti nell’emergenza, come scegliere insieme di curare la nostra casa comune e ci impegniamo a fare quanto necessario per collaborare con i soccorsi e nel garantire accoglienza e solidarietà a chi si trova nel bisogno”.

Il vescovo di Rimini, mons. Nicolò Anselmi, che attualmente si trova in viaggio pastorale in Albania, esprime la propria vicinanza nei confronti di tutti coloro che dalle prime del 16 maggio sono colpiti dai drammatici alluvioni nei territori dell’Emilia Romagna. “Esprimo tutta la mia vicinanza e invio la benedizione a nome della diocesi di Rimini a tutti coloro che sono stati colpiti dai violenti nubifragi di questi giorni – le parole di mons. Anselmi –. Ringrazio tutti gli enti, le istituzioni e i volontari che si sono messi a servizio e a disposizione e si sono prodigati in queste ore difficili e drammatiche per intervenire, aiutare, collaborare, porre rimedio ai danni causati dal maltempo. Credo che questa bella solidarietà e questo senso di fraternità debbano continuare ad esprimersi nelle prossime ore, quando l’allerta meteo sarà terminata ma la popolazione colpita dovrà affrontare nuovi e importanti sforzi per ripartire”. Le parole del vescovo di Rimini si aggiungono a quelle dei vescovi della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, che invitano le comunità ad aiutare chi è in difficoltà e ad impegnarsi di più per la cura e la custodia del creato.

In un telegramma inviato al presidente della CEI, il Cardinale Matteo Maria Zuppi, il Pontefice assicura la sua preghiera per le vittime e parla di disastro impressionante, ringraziando quanti si stanno adoperando per i soccorsi.

Finora 9 i morti accertati nel disastro, almeno 20.000 le persone sfollate.

Nel telegramma il Papa assicura la propria vicinanza spirituale, insieme a quella del Segretario di Stato, il Cardinale Parolin. (G.A.) sir 17

 

 

 

 Papa Francesco racconta San Francesco Saverio, il Patrono delle missioni

 

"San Francesco Saverio ci dia un po' di questo zelo, per vivere il Vangelo e annunciare il Vangelo" - Di Veronica Giacometti

 

Città del Vaticano. Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il ciclo di catechesi "La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente", incentra la sua meditazione sul tema “Testimoni: San Francesco Saverio”.

E' Francesco stesso nella catechesi dell'Udienza generale di oggi a raccontarne la storia. San Francesco Saverio "è considerato il più grande missionario dei tempi moderni, anche se ci sono stati missionari nascosti, ed è il Patrono delle missioni".

"Tanti di voi hanno passato dieci anni nella missione, questo è grande uscire dalla patria per predicare il Vangelo e guardandoli impariamo", dice a braccio il Papa.

Da Piazza San Pietro il Papa racconta il percorso di questo santo. "Francesco nasce in una famiglia nobile ma impoverita della Navarra, nel nord della Spagna, nel 1506. Va a studiare a Parigi . Nel suo collegio incontra Ignazio di Loyola. Lui lascia tutta la carriera mondana per diventare missionario", spiega il Pontefice.

Sono una decina al servizio dei poveri nel mondo e decidono di chiamarsi la “Compagnia di Gesù”. "Lui va in Oriente, in quel tempo l'oriente erano mondi sconosciuti, lui è il primo di una schiera che incontra popoli e lingue completamente sconosciute, spinti solo dal desiderio di far conoscere Gesù", aggiunge il Papa.

Ed è così che inizia il meraviglioso e faticoso viaggio di Francesco Saverio. " I viaggi in nave a quel tempo erano durissimi e pericolosi. Molti morivano in viaggio per naufragi o malattie. Oggi putroppo muiono perchè noi li facciamo morire nel Mediterraneo. Saverio passa sulle navi oltre tre anni e mezzo, un terzo dell’intera durata della sua missione. Arriva in India. Durante una preghiera notturna presso la tomba dell’apostolo San Bartolomeo, sente di dover andare oltre l’India. Lascia in buone mani il lavoro già avviato e salpa con coraggio per le Molucche, le isole più lontane dell’arcipelago indonesiano. Questi santi missionari avevano coraggio. Vanno in aereo, non in nave, ma lì è lo stesso. Insegna a cantare il catechismo. Piangeva di gioia vedendo l'opera del Signore. Un giorno, in India, incontra un giapponese, che gli parla del suo lontano Paese, dove mai nessun missionario europeo si era ancora spinto. Saverio decide di partire al più presto, e ci arriva dopo un viaggio avventuroso sulla giunca di un cinese", il Papa racconta tutti i paesi che ha tocca il santo missionario.

Il suo ultimo sogno, la Cina, polo culturale. Saverio era "un grande sognatore". "Ma il suo disegno fallisce: egli muore alle porte della Cina, sulla piccola isola di Sancian, aspettando invano di poter sbarcare sulla terraferma verso Canton. Il 3 dicembre 1552, muore in totale abbandono, solo un cinese è accanto a lui a vegliarlo. Così termina il viaggio terreno di Francesco Saverio. Aveva soltanto quarantasei anni. La sua attività intensissima è stata sempre unita alla preghiera, all’unione con Dio, mistica e contemplativa. Non lasciò la preghiera mai", conclude infine il Papa la storia di questo grande missionario.

"San Francesco Saverio ci dia un pò di questo zelo, per vivere il Vangelo e annunciare il Vangelo. Guardate l'orizzonte del mondo e tanta gente che ha bisogno di conoscere Gesù. Anche oggi ci sono giovani coraggiosi, penso ai miei amici, penso ai giovani che sono andati ad evangelizzare, che il Signore ci dia a tutti la gioia di evangelizzare", questo l'augurio finale di Papa Francesco. Aci 17

 

 

 

 

In dialogo con il vescovo Ricciardi

 

Monsignor Paolo Ricciardi è Vescovo ausiliare di Roma per la cura del diaconato, del clero e della vita religiosa, nonché, da febbraio 2023, è Vescovo referente della Conferenza episcopale italiana per l’Ordo virginum.

 

Eccellenza, la notizia della sua nomina è stata resa pubblica durante l'annuale Seminario dell'Ordo virginum. Come ha accolto questa nuova responsabilità e quali obiettivi propone alle consacrate per il prossimo tempo di cammino insieme?

 

Sto imparando a conoscere l’Ordo Virginum più da vicino da quattro anni, da quando ne sono delegato per la diocesi di Roma. Devo ammettere che ho imparato molto e desidero poter dare un servizio che aiuti ad andare al cuore di questa vocazione. È un dono grande e, insieme, un mistero, quello dello Spirito Santo che suscita nella Chiesa alcune donne che, con amore sponsale si dedicano al Signore Gesù nella verginità, per sperimentare la fecondità spirituale dell’intimo rapporto con Lui e offrirne i frutti alla Chiesa e al mondo.

Non so se parlare di obiettivi da proporre, piuttosto di una consapevolezza crescente da avere della vocazione ricevuta, da ravvivare e rinnovare. Credo che il primo punto sia quello di invitarvi a riscoprire ciò che siete e di far conoscere alla Chiesa italiana e alle nostre diocesi la bellezza di questa chiamata, non con la pretesa di un ruolo da assumere, ma con la “rivoluzione della tenerezza” di cui parla papa Francesco, perché il mondo ha bisogno di donne che esprimano il volto di una Chiesa madre, accogliente, feconda. La vergine consacrata parla con la sua vita, più che con le sue parole o opere. In particolare in questo tempo di cammino sinodale è importante aiutare le nostre comunità a ritrovare la missione di ogni donna (che sia laica, sposa, religiosa o consacrata) proprio nello specifico del dono della fecondità.

 

Cosa dice, oggi, all’Italia, la consacrazione secondo il rito dell'Ordo virginum?

 

La parola “verginità” oggi come oggi sembra essere sparita dal vocabolario o comunque suona come qualcosa “fuori tempo”. Credo che la consacrazione secondo il rito dell’Ordo virginum ci dice prima di tutto che non solo la Chiesa ma anche il mondo ha bisogno di verginità, di una purezza ritrovata, di una Bellezza che non viene da noi. Riferendosi – in una lettera alla sorella Celine – a santa Cecilia, Teresa di Lisieux scrive che la santa martire romana era stata resa capace di verginizzare le anime, che non avevano mai desiderato altre gioie se non quelle della vita presente.

Io penso che ancora oggi nel nostro Paese – e nel mondo – abbiamo bisogno di persone che ci aiutino ad essere vergini nell’anima, per “sgombrare” tutto ciò che abbruttisce l’uomo e renderlo capace di aprirsi, anche inconsapevolmente, al dono dello Spirito che fa nuove tutte le cose. La vergine consacrata dovrebbe aiutare il mondo e la Chiesa prima di tutto con la sua offerta di vita e con la preghiera di intercessione, ma anche con uno sguardo che va oltre il visibile, perché gli uomini, a partire dai cristiani, possano riscoprire l’interiorità, immergendosi nel mondo. Quindi non in astratto, in una dimensione oltre il reale, ma una verginità che aiuti ad avere uno sguardo puro e limpido sulla vita di ogni giorno, anche nella Chiesa. Uno sguardo capace di scelte profetiche.

 

Quest'anno ricorre il V anniversario dell'Istruzione "Ecclesiae Sponsae Imago" sull'Ordo virginum: secondo quale prospettiva crede vada celebrato?

 

Siamo in cammino sinodale e quindi la prospettiva è questa: camminare insieme, sfruttando il quinto anniversario dell’ESI per far conoscere maggiormente l’Ordo Virginum. Intanto invito le vergini consacrate e quelle in formazione a rileggere il documento con maggiore attenzione. Ci sono parti molto belle che andrebbero meditate e approfondite. Inoltre credo che sia opportuna una verifica, anche con i vescovi o i delegati, sull’itinerario formativo e il discernimento. Credo che – anche alla luce del testo sul Percorso formativo, dal discernimento alla consacrazione, uscito due anni fa – sia necessario un confronto, su come in questi anni si stia vivendo tutto questo. La vocazione alla verginità consacrata è in crescita, ci sono più richieste, per questo è importante puntare di più sulla formazione e sul discernimento. È necessario chiarire che non è una vocazione da vivere in forma “privata”, ma che è innestata nella realtà diocesana direi ontologicamente. Quindi ben vengano alcuni momenti in cui possiamo insieme riflettere sull’ESI. Vorrei, magari dopo l’estate, pensare ad un convegno da poter trasmettere anche on line per rilanciare questo documento e per un confronto costruttivo. Dip 17

 

 

 

 

La Giornata di Solidarietà di Amicizia Italo-Tedesca con la MCI di Amburgo

 

Aamburgo - Conclusa la due giorni con la quale la Missione Cattolica Italiana di Amburgo ha celebrato l’ottava edizione della Giornata di Solidarietà di Amicizia Italo-Tedesca. Un’edizione, quella di quest’anno, apertasi con un convegno su: “Il ruolo della donna nel passato e nel presente” ed ha visto la serata allietata non solo da diverse relatrici provenienti da varie parti d’Europa, ma anche da una cucina succulenta, con una cena preparata grazie ai Maestri Chef dell’Associazione Cuochi Italiani.

Alla serata hanno preso parte anche la Presidente Europea Executive Chef, Enza Barbaro, ed il Segretario Generale, Giovanni Baldantoni, che è anche Presidente di Palazzo Italia Bucarest, la cui delegazione Germania è presso la Missione Cattolica Italiana di Amburgo. Quest’anno il contributo raccolto nella Giornata di Solidarietà “Italo-Tedesca” andrà per i ragazzi bisognosi di proseguire gli studi ed il motto era: “Voglio regalare un milione prima di guadagnarne un milione”.

Presenti oltre una sessantina di persone nella Sala Convegni della Missione Cattolica Italiana. A fare gli onori di casa don Pierluigi Vignola, Leiter/Pfrarrer della Missione da circa nove anni e la nuova segretaria della Missione Cattolica, Andela Sokoli, che hanno accolto in primis quale ospite d’onore, Salvatore Ligorio, Arcivescovo Metropolita di Potenza – Muro Lucano – Marsico Nuovo e Presidente della Conferenza Episcopale di Basilicata, il quale era accompagnato dal Vicario Episcopale e Responsabile della sua segreteria don Massimiliano Scavone. Presente anche il Rev.mo Domkapitular em. Msgr. Wilm Sanders, da sempre vicino alla Missione Cattolica Italiana, purtroppo impossibilitati a partecipare per impegni istituzionali ma che hanno patrocinato la manifestazione ed inviato il loro saluto: il Console Generale d’Italia in Hannover, David Michelut, il Console Onorario d’Italia ad Amburgo, Anton Andreas Rössner, il Consigliere del CGIE, Giuseppe Scigliano, che unitamente alla presidente del Comites di Hannover, Glenda Crisà, ed alla Presidente dell’ItalUil Germania ed anch’essa membro del CGIE, Marilena Rossi, hanno inviato il loro saluto ed il loro apprezzamento per la lodevole iniziativa organizzata dalla Missione di Amburgo.

Quali relatrici al convegno erano presenti Francesca Fazion, Funzionario del Ministero per gli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale dell’Italia, Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura in Amburgo che collabora attivamente con la Missione Cattolica Italiana; Alina Diana Ebi Cretulescu, Funzionaria presso il Ministero per gli Affari Europei della Romania a Bucarest e titolare di una Clinica dentale sempre a Bucarest; Matilde Misseri Docente di Inglese e Presidente Nazionale dell’Anils (Associazione Nazionale Insegnanti di lingue Straniere); Mariana Raducu, Funzionaria della Polizia Rumena c/o la Direzione Nazionale Anticorruzione in Bucarest e Presidente del gruppo 25 dell’I.P.A. (International Police Association) di Bucarest.

Ha moderato la serata Elena Vanelli, docente di Storia Medievale presso l’Università di Kassel e membro del Consiglio Pastorale della Missione Cattolica Italia di Amburgo. Le due ore del convegno sono state molto seguite per ciò che hanno riferito le relatrici sul ruolo della donna, ognuna nell’ambito della propria esperienza personale e professionale, con un bel dibattito al termine delle relazioni, con domande molto interessanti da parti del pubblico.

È seguita la “cena di solidarietà” preparata con cura dagli Executive Chef dell’Associazione Cuochi Italiani, Enza Barbaro e Giovanni Baldantoni, i quali sempre in maniera generosa e volontaria collaborano alle iniziative della Missione Cattolica Italiana di Amburgo, anche perché don Pierluigi Vignola è il Cappellano Europeo dell’Associazione stessa.

La due giorni si è conclusa la domenica, con la Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo di Potenza Mons. Ligorio e con il conferimento del Sacramento della Confermazione a nove ragazzi e ragazze facenti capo alla Missione stessa. (aise/dip 17) 

 

 

 

 

Bischof Genn feiert Gottesdienst in Gedenken für die Weltsynode

 

In besonderem Gedenken für die Weltsynode hat Bischof Dr. Felix Genn (Münster) heute (31. Mai 2023) für die katholische Kirche in Deutschland einen Gottesdienst in der Basilika St. Marien im Marienwallfahrtsort Kevelaer gefeiert. „Stellvertretend für alle Bischöfe der Deutschen Bischofskonferenz feiere ich den Gottesdienst hier in Kevelaer mit der Bitte um einen fruchtbaren Weg der Weltsynode“, betonte Bischof Genn.

 

Beim Synodalen Weg in Deutschland sei deutlich geworden, „dass wir in dem Prozess noch manches lernen müssen“. Es gebe unterschiedliche Verständnisse, was das Wort „synodal“ bedeute. Teils kritisch würden einige Menschen darunter eine „Demokratisierung der Kirche, die eigentlich gar nicht zu ihren Strukturen passt“ sehen, andere vor allen Dingen „viele Möglichkeiten und Chancen“. Er freue sich in Kevelaer zu sein, um für das Gelingen der Weltsynode zu beten. Gerade in einer „bedrängten Zeit, in der nicht nur die Christenheit, sondern die ganze Welt lebt“ sei es gut, sich an die Trösterin der Betrübten zu wenden, als die Maria in Kevelaer verehrt wird. Die Gottesmutter stellte der Bischof auch in den Mittelpunkt seiner Predigt und nahm Bezug auf die Geschichte der Verkündigung (Lk 1,26–38). Maria offenbare in diesem Text eine grundlegende Haltung, „ohne die eine synodale Kirche nicht fruchtbar sein kann“, wie Bischof Genn sagte. Zunächst sei Maria bereit, zu hören. „Hören ist etwas Tiefes, Aufschließendes gegenüber dem, der spricht.“ Wer genau hinhöre, nehme dazu eine empfangende Haltung ein. Hören bedeute, Wirklichkeiten an- und wahrzunehmen, auch wenn diese erschrecken könnten.

 

Aus dem Hören sei Maria ins Deuten gekommen, um die Bedeutung dessen, was der Engel verkündete, in eine größere Bedeutung zu stellen und schließlich zur Unterscheidung, ob das, was sie gehört hat, lebensdienlich von Gott kommend sei. Maria habe in diesem Prozess einen „persönlichen synodalen Weg“ erlebt. Bischof Genn bat die Gläubigen darum, für das Gelingen der Synode zu beten, „nicht nur am heutigen Tag, sondern auch das ganze Jahr über.“

 

Weiter betonte Bischof Genn: „Gemeinschaft, um teilzunehmen an dem, was die anderen bewegt, ist unabdingbar, um unsere Sendung als Kirche erfüllen zu können. Das ist, so glaube ich, was Papst Franziskus im Tiefsten meint, wenn er von einer synodalen Kirche spricht.“ Es gehe nicht um Mehrheiten oder Minderheiten, so Bischof Genn, sondern es gehe darum zu integrieren, um noch tiefer zu erkennen, was der Weg des Herrn mit seiner Kirche heute sei. „Ich wünsche uns allen, dass wir in unserem ganz persönlichen Leben bei der Suche nach Entscheidungen, wie auch in unserem kirchlichen Alltag, aus einer Haltung des Hörens hineinfinden in das, was der Herr uns zeigen will. Damit wir das wählen, was vor ihm recht ist.“

 

Hintergrund. Das Synodensekretariat in Rom hatte alle Bischofskonferenzen weltweit aufgerufen, am 31. Mai 2023 zum Abschluss des Marienmonats, an einem Wallfahrtort im jeweiligen Land eine Messe in besonderem Gedenken für die Weltsynode zu feiern. Die Weltsynode findet vom 4. bis 29. Oktober 2023 in Rom statt. Bereits jetzt sind die Etappen auf diözesaner Ebene und die kontinentale Phase abgeschlossen. Die Einladung aus Rom an die Bischofskonferenzen kommt von Kardinal Mario Grech, dem Generalsekretär der Synode. Der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Bischof Dr. Georg Bätzing, hatte Bischof Genn gebeten, diesen Gottesdienst für Deutschland in Kevelaer zu feiern.

 

Die Weltsynode steht unter dem Leitwort Für eine synodale Kirche – Gemeinschaft, Teilhabe und Mission. Nach Aussage von Papst Franziskus ist ihr Ziel eine Steigerung des Zusammenwirkens der Kirche „in allen Bereichen ihrer Sendung“.

Hinweise: Weitere Informationen zur Weltsynode finden Sie unter www.dbk.de auf der Themenseite Bischofssynode Synodale Kirche 2021–2024. Dbk 31

 

 

 

 

Vatikan will Familienforschung und Familienpastoral besser verzahnen

 

Der Heilige Stuhl will katholische Forschungseinrichtungen zum Thema Familie enger vernetzen und sie für die Seelsorge und die politische Lobbyarbeit besser nutzbar machen. Dazu haben zwei Vatikan-Einrichtungen den „Family Global Compact“ entwickelt, den Papst Franziskus an diesem Dienstag mit einer Botschaft vorstellte.

 

Wortlaut: Papstbotschaft zum Start des Family Global Compact

Familie sei in der Krise, so das Kirchenoberhaupt. Studien zeigten, dass viele junge Menschen heute „die Ehe ablehnen und sich für unbeständigere und unverbindlichere Formen von affektiven Beziehungen entscheiden“. Zugleich sei die Familie „nach wie vor die wichtigste Quelle sozialen Lebens“, wie andere Untersuchungen zeigten.

Um den Wert von Ehe und Familie heute begreiflich zu machen, braucht es nach Darstellung von Papst Franziskus ein konzertiertes Handeln, das zunächst die katholischen Universitäten und Fakultäten miteinbezieht. Sie sollen sich in Zukunft besser vernetzen und den großen Horizont von Ehe und Familie heute ausleuchten. Franziskus nannte „theologische, philosophische, juristische, soziologische und wirtschaftliche Analysen von Ehe und Familie“, die zu entwickeln seien.

Zum Nachhören - was bei der Pressekonferenz im Vatikan gesagt wurde

Nützliche Vorschläge für die Politik formulieren

Die Familienseelsorge in den Teilkirchen soll von den Ergebnissen der Forschung besser profitieren, erklärte der Papst weiter. Ziel sei es, eine „Kultur der Familie und des Lebens“ zu fördern, die jungen Menschen hilft, Ehe und Familie einschließlich Kinder wieder mehr wertzuschätzen. Eine weitere Etappe auf dem Weg sei es, mit den entsprechenden Forschungsergebnissen in der Hand „nützliche Vorschläge und Ziele für die öffentliche Politik“ zu formulieren.

Familie: „Die Hoffnung der Gesellschaft"

Die Kirche könne sich nicht damit abfinden, so Franziskus weiter, dass wegen Ungewissheit, Individualismus und Konsumdenken die Familie „zugrunde geht“. Sie sei „eine Gemeinschaft des Lebens und der Liebe, ein unersetzliches und unauflösliches Band zwischen Mann und Frau, ein Ort der Begegnung der Generationen, die Hoffnung der Gesellschaft“. Darüber schaffe die Familie Gemeinwohl und sei schon deshalb unersetzlich auch für die zivile Gemeinschaft, erklärte der Papst.  

1.350 katholische Universitäten und Hochschulen

Der „Family Global Compact“ ist eine Initiative des Dikasteriums für die Laien, die Familie und das Leben und der Päpstlichen Akademie für die Sozialwissenschaften. Weltweit gibt es rund 1.350 katholische Universitäten und Hochschulen.

Pressekonferenz im Vatikan

Laut einem Redemanuskript von Kardinal Kevin Farrell, Präfekt des Dikasteriums für die Laien, die Familie und das Leben, „bietet der Family Global Compact einen Beitrag zur Bildung eines globalen und integralen Denkens über Ehe und Familie, das sich aus der heutigen Realität entwickelt, wobei zu berücksichtigen ist, dass die Familie in der Lehre der Kirche mehr als nur eine Idee ist“. Das sagte er bei der Vorstellung des Projekts an diesem Dienstag im vatikanischen Pressesaal. Da Kardinal Farrell selber nicht anwesend sein konnte, wurde sein Beitrag von der Theologin und leitenden Vatikanmitarbeiterin Gabriella Gambino vorgelesen.

„Eines der Schlüsselelemente zur Verbesserung der Resilienz (Widerstandsfähigkeit) der Familien ist eine tiefere Beziehungskultur in der Familie, die das Streben nach Glück auf einer weniger oberflächlichen Ebene ermöglicht. In den Familien müssen die Menschen ihre ersten Erfahrungen als gleichberechtigte Männer und Frauen machen, in denen die Familienmitglieder die Erfahrung machen, dass ihre eigene Andersartigkeit durch die Gegenseitigkeit mit anderen wächst“, so Schwester Helen Alford, Präsidentin der Päpstlichen Akademie der Sozialwissenschaften, die ebenfalls bei der Pressekonferenz im Vatikan gesprochen hatte. (vatican news 30)

 

 

 

Papst überreicht Auszeichnung für italienischen Präsidenten

 

So sehr die Republik Italien auch auf ihren säkularen Charakter pocht, es zeichnet sich doch eine Tradition der Freundschaften zwischen einem Papst und einem Präsidenten der Republik ab. Stefan von Kempis - Vatikanstadt

 

Johannes Paul II. verstand sich blendend mit Italiens erstem sozialistischem Präsidenten Sandro Pertini, und Benedikt XVI. kam überraschend gut mit dem ersten ex-kommunistischen Staatschef Giorgio Napolitano klar. Diese Tradition – allmählich ist es eine – setzt offenbar auch Franziskus fort. Wie eng sein Verhältnis zum jetzigen italienischen Staatspräsidenten Sergio Mattarella ist, wurde an diesem Montag deutlich: Da ließ es sich der Papst nicht nehmen, einen Preis an Mattarella persönlich zu überreichen.

Der bekennende Katholik und herausragende Jurist Mattarella bekam den internationalen „Paul VI.“-Orden, den ein norditalienisches Institut zum Gedenken an den heiligen Montini-Papst (1963-1978) vergibt. Franziskus nutzte die Gunst der Stunde, um Paul VI. als Vollender des Zweiten Vatikanischen Konzils zu würdigen.

Politik als Form der Nächstenliebe

„Wir müssen dem hl. Paul VI. für das Konzil sehr dankbar sein. Dieses Konzil hat die Rolle der gläubigen Laien unterstrichen: Dank ihrer Taufe haben die Laien eine echte, eigene Berufung für die Welt, darunter in der Politik, die (ein Zitat von Pius XI.) die höchste Form der Nächstenliebe ist. Wenn man danach fragt, wie man Politik als Ausdruck von Nächstenliebe und umgekehrt Nächstenliebe innerhalb der politischen Dynamik leben kann, dann lautet die Antwort mit einem einzigen Wort: Dienen.“

„Gegen ein Klima der Resignation und des Jammerns“

Natürlich sei das nicht leicht, und „selbst in den besten politischen Systemen“ gebe es auch heute immer wieder die Gefahr, „sich der Macht zu bedienen, statt durch die Macht zu dienen“. Mattarella verdiene den Preis, weil er „den Wert und die Würde des Dienens“ an der Staatsspitze deutlich vor Augen führe. Allerdings gehe Dienen mit Verantwortung Hand in Hand. „Viele Einwohner der Emilia-Romagna zeigen uns in diesen Tagen, dass Verantwortung jeden angeht – gegen ein Klima der Resignation und des Jammerns…“ Die erwähnte norditalienische Region hatte unlängst mit schweren Überschwemmungen zu kämpfen.

Ein Bild der Eintracht

Auch auf das Thema „legalità“ (Rechtsstaatlichkeit) kam der Papst zu sprechen. Es liegt Mattarella, dessen Bruder Piersanti von der Mafia getötet wurde, besonders am Herzen. Es reiche nicht, wenn eine Demokratie über Institutionen und Gesetze verfüge, so Franziskus; wichtig sei auch das Einhalten der Regeln und der Einsatz gegen „kollektiven Egoismus“.

Papst und Präsident – ein Bild der Eintracht. Das hätten sich die italienischen Truppen, die 1870 dem Kirchenstaat den Garaus machten, wohl nicht träumen lassen.

Mattarella unterstrich seinerseits in seiner Ansprache, dass er besonders dankbar dafür sei, dass Papst Franziskus die Auszeichnung persönlich hatte vornehmen wollen. Er bitte das Institut Paul VI., die mit dem Preis verbundene finanzielle Zuwendung der in Romagna aus der Taufe gehobenen Gemeinschaft Johannes XXIII. zukommen zu lassen: deren Strukturen seien durch die jüngste Flut schwer getroffen worden, so der italienische Staatspräsident. (vn 29)

 

 

 

 

Bischof Bätzing zu Pfingsten: Bedeutung präsenter machen

 

Aus Sicht des Vorsitzenden der Deutschen Bischofskonferenz (DBK), Bischof Georg Bätzing, ist die inhaltliche Bedeutung von Pfingsten heute vielen Menschen unbekannt. In Zeiten „wachsender Pluralisierung und Säkularisierung" wüssten immer weniger Leute um die eigentliche Bedeutung des christlichen Hochfests, so der Limburger Bischof in seiner Predigt zum Pfingstsonntag.

Der DBK-Vorsitzende rief die katholische Kirche dazu auf, sich jedoch nicht damit abzufinden: „Warum sollte es denn nicht wieder eine wachsende Zahl interessierter und informierter - ja schließlich auch gläubiger Zeitgenossinnen und Zeitgenossen geben können?“, fragte Bätzing in seiner Predigt,  laut einer Pressemitteilung seines Bistums. 

In seiner Predigt am Pfingstsonntag (28. Mai) im Limburger Dom stellte der Bischof auch selbst noch einmal die Bedutung des Pfingstfestes heraus: „Heute erschien der Heilige Geist den Jüngern im Zeichen des Feuers. Heute schenkte er ihnen die Gaben der Gnade. Er sandte sie aus in die ganze Welt, zu predigen und zu bezeugen: Wer glaubt und sich taufen lässt, der wird gerettet." Pfingsten setze also den Impuls, sich aus geschützten Räumen hinauszuwagen und sich unter die Leute zu mischen, um ihnen vom Heil Gottes und seiner Liebe zu erzählen, so Bätzing. Ähnlich hatte sich auch Papst Franziskus bei seinem MIttagsgebet zu Pfingsten geäußert.

Pfingsten fordert Frieden, Wahrheit und Gerechtigkeit

Sowohl Papst Franziskus als auch Bischof Bätzing mahnten am Pfingstsonntag zudem Frieden an. Bätzing sagte in seiner Predigt: „Frieden – ganz konkret und alle Menschen umfassend. Wahrheit – die andere wertschätzt und inkludiert. Gerechtigkeit – endlich für alle und mit allen geteilt. Das wäre ein Gedicht: Angelegt und angeregt von Gottes Geist, der nicht nur einmal, sondern in einem fort Einheit schafft, wo Trennung war, und Gaben schenkt, die auf den Himmel als Ursprung verweisen."  (pm 28)

 

 

 

Papst zu Pfingsten: Täglich um „Geist, der Frieden bringt" bitten

 

Papst Franziskus hat zu Pfingsten Frieden und Einheit angemahnt. In der Welt gebe es heute viel Zwietracht und Spaltung, viele Kriege und Konflikte, beklagte das katholische Kirchenoberhaupt. Der Heilige Geist könne jedoch Harmonie in die Kirche und die Welt bringen - „weil Er die Harmonie ist, Geist der Einheit, der Frieden bringt. Rufen wir ihn jeden Tag auf unsere Welt herab, auf unser Leben und angesichts jeglicher Art der Spaltung!", so der Papst in seiner Predigt. Stefanie Stahlhofen – Vatikanstadt

 

Bei der feierlichen Messe am Hochfest Pfingsten mit Papst Franziskus waren laut Vatikan rund 5.000 Menschen im Petersdom dabei. Franziskus, der am Freitag aufgrund von Fieber seine Termine absagen musste und aufgrund eines Knieleidens oft im Rollstuhl unterwegs ist, zelebrierte diesen Sonntag nicht selbst. Er nahm aber an der Messe teil und hielt die Predigt, in der er Spannungen und Kriege auf der Welt anprangerte:

„Es gibt heute in der Welt viel Zwietracht, viel Spaltung. Wir sind alle miteinander verbunden, und doch erfahren wir uns als voneinander getrennt, betäubt von Gleichgültigkeit und niedergedrückt von Einsamkeit. Viele Kriege - denken wir an die Kriege! -, viele Konflikte: Das Böse, das der Mensch anrichten kann, scheint unglaublich! Doch in Wirklichkeit werden unsere Feindseligkeiten vom Geist der Spaltung genährt, vom Teufel, dessen Name so viel wie ,Spalter` bedeutet", führte der Papst aus. Franziskus erinnerte an die Apostelgeschichte im Neuen Testament, die schildert, wie der Heilige Geist auf die nach dem Tod Jesu verunsicherten Jünger herabkommt. Die Menschen allein könnten das Böse und die Spaltungen nicht überwinden, sie seien hier auf das Wirken des Heiligen Geists angewiesen, erklärte Franziskus dazu:

„Deshalb gießt der Herr auf dem Höhepunkt des Pascha-Geschehens, auf dem Höhepunkt der Erlösung, seinen guten Geist über alles Geschaffene aus, den Heiligen Geist, der sich dem Geist der Trennung entgegenstellt, weil Er die Harmonie ist, Geist der Einheit, der Frieden bringt. Rufen wir ihn jeden Tag auf unsere Welt herab, auf unser Leben und angesichts jeglicher Art der Spaltung!"

Der Papst betonte, dass der Heilige Geist „von der Vielfalt aus" Harmonie schaffe: „Er löscht nicht die Unterschiede, die Kulturen aus, sondern harmonisiert alles, ohne zu standardisieren, ohne zu vereinheitlichen" In freier Rede ergänzte Franziskus hier: „Das sollte uns nachdenklich machen, in diesem Moment, in dem die Versuchung der Rückwärtsgewandheit versucht, alles zu einem Einheitsbrei zu machen, bestehend nur aus Schein, nicht aus Substanz."

Synode braucht Heiligen Geist

Papst Franziskus nutzte seine Pfingstpredigt auch, um erneut zu bekräftigen, dass auch die von ihm gestartete Synode zur Synodalität der katholischen Kirche das Wirken des Heiligen Geistes brauche:

„Und die laufende Synode ist – und muss – ein dem Geist gemäßer Weg sein: nicht ein Parlament, in dem es darum geht, Rechte und Bedürfnisse nach der Agenda der Welt einzufordern, nicht eine Gelegenheit, dorthin zu gelangen, wohin der Wind uns trägt, sondern eine Gelegenheit, um dem Wehen des Geistes zu folgen."

„Keine Zeit damit verlieren, andere zu kritisieren und uns über uns selbst zu ärgern, sondern den Heiligen Geist anrufen“

Der Heilige Geist müsse jedoch nicht nur in der Welt und in der Kirche wirken, sondern auch im Herzen jedes einzelnen, führte der Papst weiter aus. Jeder müsse sich daher stets kritisch selbst fragen, ob er der Harmonie des Heiligen Geistes folge oder dickköpfig eigenen Projekten:

„Vergebe ich, fördere ich Versöhnung, schaffe ich Gemeinschaft? Wenn die Welt gespalten ist, wenn sich die Kirche polarisiert, wenn das Herz sich zersplittert, dann sollten wir keine Zeit damit verlieren, andere zu kritisieren und uns über uns selbst zu ärgern, sondern den Heiligen Geist anrufen. Er ist in der Lage, diese Dinge zu lösen. (...) Wenn wir Harmonie wollen, müssen wir ihn suchen, keine weltlichen Lückenfüller. Lasst uns jeden Tag den Heiligen Geist anrufen, beginnen wir jeden Tag mit einem Gebet zu ihm, folgen wir ihm!" so der Appell von Papst Franziskus in seiner Pfingstpredigt. (vn 28)

 

 

 

 

Immer weniger Klöster in Deutschland

 

Die Zahl der klösterlichen Niederlassungen in Deutschland ist in den vergangenen zehn Jahren deutlich zurückgegangen. Laut der Deutschen Ordensobernkonferenz (DOK), reduzierten sie sich bei den Frauenorden von 1.627 im Jahr 2012 auf nur noch 964 im Jahr 2022. Bei den Männerorden sank die Zahl der Niederlassungen im selben Zeitraum von 461 auf 385.

Das gab die DOK am Freitag auf Anfrage von katholisch.de bekannt. Zum Spektrum klösterlicher Niederlassungen zählen laut DOK große Klöster mit mehr als 100 Schwestern oder Ordensmännern bis hin zu kleinen Gemeinschaften mit nur zwei oder drei Ordensmitgliedern.

Die Zahl der von der DOK vertretenen Ordensleute lag Ende 2022 bei 14.302 - darunter 10.953 Ordensfrauen und 3.349 Ordensmänner.

Frauenorden mit hohem Altersdurchschnitt

Aus den Daten geht auch hervor, dass die Zahl der Ordensfrauen in den vergangenen 20 Jahren deutlich zurückgegangen ist. 2002 lag deren Zahl noch bei 28.973; im Jahr 2012 bei 19.278. Rund 82 Prozent (8.975) der Ordensfrauen in Deutschland sind derzeit älter als 65 Jahre, nur 13 Prozent (1.422) sind jünger. Bei den Männerorden ist die Altersstruktur dagegen ausgeglichen. Die Zahl der Novizinnen lag 2022 bei 48 (2021: 53), die der Novizen bei 21 (2021: 24). 12 Ordensmänner wurden im vergangenen Jahr in Deutschland zu Priestern geweiht.

Die DOK ist der Zusammenschluss der Höheren Oberen der Orden und Kongregationen in Deutschland. Ziel der Konferenz ist es, die Interessen der Orden und Gemeinschaften gemeinsam zu vertreten, die Zusammenarbeit mit kirchlichen und staatlichen Stellen zu fördern und sich gegenseitig zu unterstützen. Zur DOK gehören derzeit rund 400 Obere. Vorsitzender ist der Franziskaner-Minorit Andreas Murk, seine Stellvertreterin ist die Generaloberin der Schwestern der Heiligen Maria Magdalena Postel, Maria Thoma Dikow.  (katholisch.de 27)

 

 

 

 

Kardinal Parolin: Mission zur Schaffung eines Klimas des Friedens

 

Es ist noch nicht an der Zeit, ein Datum für die Friedensmission von Kardinal Matteo Zuppi in Moskau zu nennen, „die vor allem versuchen muss, ein Klima und eine Umgebung zu schaffen, die zu Wegen des Friedens führen können“. Dies bestätigte der Staatssekretär des Vatikans, Kardinal Pietro Parolin, am Rande einer Präsentation eines Buches am Freitagnachmittag in der italienischen Botschaft des Heiligen Stuhls. Mario Galgano - Vatikanstadt

 

Er freue sich über die Bereitschaft Moskaus, den Beauftragten des Papstes zu empfangen. Vor den anwesenden Journalisten sagte Kardinalstaatssekretär Parolin weiter: „Was den Zeitpunkt betrifft, ist es zu früh, um etwas zu sagen. Wir denken über die Daten nach. Seitens der beiden Hauptstädte – also Kyiv und Moskau – gibt es jedoch keine Probleme.“

Auf die Äußerungen des Papstes in einem Fernsehinterview über ein mangelndes Interesse der Ukraine an einer vatikanischen Vermittlung antwortete Kardinal Parolin: „Nach dem, was wir gelesen haben und was auch gesagt worden ist, wäre Kyiv nicht bereit, im eigentlichen Sinne eine Vermittlung zu akzeptieren. Aber das Ziel der vatikanischen Mission ist nicht die unmittelbare Vermittlung, sondern die Schaffung eines Klimas, d.h. die Unterstützung auf dem Weg zu einer Friedenslösung. Die Gesprächspartner sind und bleiben Moskau und Kyiv. Wir werden dann sehen, was möglich sein wird.“

Kardinal Matteo Zuppi, Vorsitzender der italienischen Bischofskonferenz, der von Papst Franziskus für die Friedensmission in der Ukraine ernannt wurde, werde der einzige Gesprächspartner von Kyiv und Moskau sein. Dies erklärte der vatikanische Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin am Rande der Veranstaltung in der italienischen Botschaft beim Heiligen Stuhl. Es wird also keinen weiteren vatikanischen Vermittler ernannt.

„Es bleibt bei dem, was der Heilige Stuhl bereits angekündigt hat, dass es diese Friedensmission geben wird, die der Papst Kardinal Zuppi anvertraut hat, der vor allem versuchen muss, ein Klima, ein Umfeld zu fördern, das zu Wegen des Friedens führen kann“, so Parolin, der hinzufügte: „Wir freuen uns, dass es diese Bereitschaft von Seiten Moskaus gibt, den Gesandten des Papstes auch zu empfangen, aber das ändert nichts am Inhalt der Mission.“

Parolin beruhigt: „Der Papst ist nur müde“

Zum Fieber am Freitag für Papst Franziskus, der niemanden in Audienz empfing, beruhigte Kardinal Pietro Parolin alle: „Der Papst war müde“, sagte er am Rande der Präsentation des von Monsignore Dario Edoardo Viganò herausgegebenen Buches „Päpste und Medien. Redaktion und Rezeption der Dokumente von Pius XI. und Pius XII. über Kino, Radio und Fernsehen“ im Palazzo Borromeo, dem Sitz der italienischen Botschaft beim Heiligen Stuhl. Parolin erläuterte:

„Am Freitag hatte der Papst einen sehr, sehr anstrengenden Tag. Donnerstagabend wurde mir gesagt, dass er viele Leute getroffen hat und im Rahmen dieses Treffens mit den Mitgliedern von Scholas Occurrentes alle begrüßen wollte, und wahrscheinlich ist die körperliche Widerstandsfähigkeit irgendwann gebrochen.“

Nach einem Tag Pause wegen Fiebers nahm Papst Franziskus an diesem Samstag die Arbeit wieder auf. Er absolvierte mehrere Audienzen, wie das vatikanische Presseamt am Samstagmittag mitteilte. 

Mehr Fürsorge für das Gebiet, um Tragödien zu vermeiden

Kardinal Parolin bekräftigte seine „Verbundenheit“ und seine „Trauer“ über die Geschehnisse in der Emilia-Romagna, „für die Opfer und für diejenigen, die betroffen sind und sich ebenfalls in einer schwierigen Situation befinden“. Er habe von einigen Bischöfen und Priestern gehört, sagte er am Rande der Veranstaltung in der italienischen Botschaft beim Heiligen Stuhl, „in welchen Schwierigkeiten sich diese Menschen befinden, die ihre Häuser verloren haben und ohne ein Dach über den Kopf sind“.

„Abgesehen vom Wetter, das macht, was es will, hat mir jemand gesagt, dass diese Überschwemmung auch darauf zurückzuführen ist, dass das Gebiet so sehr vernachlässigt wird“, betonte er dann. Daher sei „eine größere Aufmerksamkeit und Pflege des Gebiets erforderlich, um Tragödien wie diese zu verhindern“.

(vn 27)

 

 

 

 

Papst: „Es gibt schmerzhaftere Tage“

 

Sein Knie hat sich angepasst, denn vorher konnte er nicht laufen. „Jetzt kann ich wieder laufen. Es gibt schmerzhaftere Tage.“ Das sagte Papst Franziskus in einem langen Interview mit TV Telemundo. In dem Gespräch ging es auch um andere Themen seines Pontifikats und der Weltpolitik. Mario Galgano - Vatikanstadt

 

Papst Franziskus sprach am Donnerstag in einem exklusiven Interview mit Telemundo News im Vatikan über sein Vermächtnis nach mehr als einem Jahrzehnt an der Spitze der katholischen Kirche, aber auch über seine Gesundheit, die ihm mit 86 Jahren manchmal „schmerzhafte Tage“ bereitet, und kontroverse Themen wie Abtreibung. Er äußerte sich auch zum Krieg in der Ukraine, wo er mit einer Friedensmission Hilfe anbot, und zur Migration, die er persönlich erlebt hat.

In dem Interview betonte er, warum er immer um Gebete für ihn bittet:

„Manchmal sind sich die Menschen nicht bewusst, welche Macht sie haben, wenn sie für ihre Hirten beten. Und das Gebet der Gläubigen wirkt Wunder, wirklich, es wirkt Wunder. Kümmert euch um euren Pfarrer. Ein Seelsorger, jeder Seelsorger, sei es ein Pfarrer, ein Bischof oder ein Gemeindepfarrer, ist wie gepanzert, mit einem Brustpanzer, also mit den Gebeten der Gläubigen.“

Der Gesundheitszustand des Papstes verschlechterte sich im Jahr 2022, insbesondere aufgrund von Knieproblemen, und zwar so sehr, dass er manchmal im Rollstuhl herumgefahren werden muss. Ende März verbrachte er mehrere Tage im Krankenhaus, um eine Lungeninfektion zu behandeln. Als er entlassen wurde, scherzte er vor Journalisten: „Ich lebe noch.“

Sein Vermächtnis: Was getan wurde und was noch zu tun ist

Er selbst kämpfe damit, sich zu verändern, sagte der Papst in dem Interview. Aber was er ändern wollte und was er in die Praxis umsetzte, war das, was die Kardinäle in den Vorkonklaven gesagt hatten, dass es getan werden müsse. Und er zählte die Themen auf: Das Wirtschaftssystem, die neuen Gesetze des Vatikanstaates, die Seelsorge im Vatikanstaat, „die sehr wichtig ist“. Dann fügte er hinzu:

„Natürlich gehörten zu diesen Anliegen auch Frauen, die sehr viel verändert haben. Sie sind sehr, sehr zielstrebig, sehr praktisch: der Vize im vatikanischen Governatorat ist eine Frau. Und es hat sich vieles geändert, aber all das wurde von den Kardinälen in wichtigen Sitzungen, die sie einberufen haben, gefordert.“

Es gibt einige Länder, die „zu klerikalisiert“ sind, fügte er hinzu, und der Klerikalismus ist seiner Meinung nach eine Perversion: „Entweder du bist ein Hirte oder du kommst nicht rein“. Aber wenn man klerikalisiert ist, ist man kein Seelsorger, bekräftigte er. „Ich sage Bischöfen, Priestern und mir selbst immer, dass wir Hirten und Seelsorger sein sollen.“

Zur Migration: Sie ist ein ernstes Problem

Das Problem der Migranten sei auf fast allen Kontinenten ernst. Für Europa sei es beispielsweise an den Küsten Libyens kritisch, erinnerte der Papst. Es gebe ein Buch auf Spanisch, das das Leben eines Jungen aus Guinea beschreibe, der drei Jahre lang seine Flucht bis er nach Spanien komme, beschreibe. Der Papst hat schon mehrmals dieses Buch genannt. „Lesen Sie es, dort sehen Sie das Drama, das Drama eines Migranten an der libyschen Küste. Aber das hier ist gar nicht so anders. Warum migrieren Menschen? Aus der Not heraus“, erinnerte Franziskus.

Dann würdigte er, ohne sie namentlich zu nennen die frühere deutsche Bundeskanzlerin Angela Merkel:

„Eine Frau, eine große Staatsfrau, sagte einmal, dass das Problem der afrikanischen Migration in Afrika gelöst werden muss, indem man Afrika hilft. Aber leider ist Afrika Sklave eines kollektiven Unterbewusstseins, das besagt, dass Afrika ausgebeutet werden soll. Und man denkt immer daran, Afrika auszubeuten. Die Hilfe muss es vielmehr aufrichten und unabhängig machen, damit es nicht so abhängig ist [...] Ich war im Südsudan, ein wunderbarer Staat, die sich gerade wieder aufrüstet. Doch ausländische Mächte haben dort schnell ihre Industrien angesiedelt, nicht um das Land wachsen zu lassen, sondern um Güter und Rohstoffe zu transportieren. Ich will nicht alle Länder nennen, aber das Problem mit Afrika ist, dass die unehrliche, unbewusste Politik immer noch glaubt, dass Afrika ausgebeutet werden muss, und das hat sich nicht geändert. Daher auch die ganze Migration.“

Seine eigene Geschichte als Migrant: Verlassen des Heimatlandes

Er ist der Sohn von Migranten und hat dies zu Hause erlebt. Der Migrant kann entweder reich werden und es geht ihm gut, oder er kann sehr leiden, wenn er nicht willkommen ist, erinnerte der Papst. In seinem Fall sei die Situation klar, sagte Franziskus:

„Argentinien, das, und ich möchte alles aus Liebe zu meinem Land, aus Liebe zur Wahrheit sagen, ein Land der Migranten ist. Und wir, ich glaube, wenn ich mich nicht irre, sind von unseren 46 Millionen Einwohnern nur 600.000 Ureinwohner, der Rest sind Kriegsmigranten, spanische, italienische, libanesische und polnische Emigranten. Also all das, Franzosen, Deutsche. Es ist ein Land der Einwanderer. Ein Cocktail.“

Zum Krieg in der Ukraine: Eine Mission für den Frieden

Zur angeblichen Vermittlung des Vatikans im russischen Krieg gegen die Ukraine habe der Papst bei seinem Treffen mit Wolodymyr Selenskji deutlich gemacht, dass der ukrainische Präsident nicht so sehr von einer Vermittlung sprach, „weil der ukrainische Block wirklich sehr stark ist“. „Ganz Europa, die Vereinigten Staaten stehen hinter der Ukraine. Mit anderen Worten, sie haben eine sehr große eigene Kraft“, erklärte der Papst. Der Frieden werde an dem Tag erreicht, an dem sie miteinander reden können, „die beiden oder durch andere“, d.h. Selenskji und Putin.

Zur Abtreibung lässt der Papst zwei Fragen offen

Zum Thema Abtreibung sage er Folgendes: In jedem Buch über Embryologie, das Studenten im zweiten Studienjahr studieren, stehe, dass einen Monat nach der Empfängnis, bevor die Mutter es merke, bereits das gesamte Organsystem vorhanden sei und die DNA eindeutig sei. Und dann fügte Franziskus an: „Mit anderen Worten: Es ist ein Lebewesen. Ich sage nicht, dass es ein Mensch ist, es ist ein Lebewesen. Ich stelle mir also eine Frage: Ist es zulässig, ein Lebewesen zu beseitigen, um ein Problem zu lösen? Zweite Frage: Ist es zulässig, einen Auftragskiller zu engagieren, um ein Problem zu lösen? Und das ist er. Sie werden mich da nicht zum Schweigen bringen. Denn es ist die Wahrheit.“

Zölibat und sexueller Missbrauch in der Kirche

Es gebe keinen direkten Zusammenhang zwischen Zölibat und Missbrauch, betonte der Papst weiter. Statistiken würden die These bestätigten, dass es „also nichts damit zu tun“ habe. Es gebe Fälle von Missbrauch durch verheiratete Onkel, verheiratete Großeltern „und sie sind manchmal die ersten Vergewaltiger“, erinnerte der Papst und präzisierte: „Ich sage nicht, dass alle Onkel, Großeltern Täter sind. Ich spreche von den Statistiken.“ (vn 26)

 

 

 

„Synodalität steht gerade mal am Anfang“

 

Der Synodale Weg hat sich große Reformen erhofft – doch an vielen Stellen ist das Reformprojekt der katholischen Kirche in Deutschland nicht so weit gekommen wie erhofft. Der Vizepräsident des Zentralkomitees der deutschen Katholiken (ZdK), Thomas Söding, sieht den Prozess der Synodalität jedoch erst am Anfang. Das gelte auch für das Miteinander mit Rom, sagte der Theologe dem Kölner Domradio in einem Interview.

 

Der Synodale Weg wurde im März mit der fünften Synodalversammlung in Frankfurt erst mal beendet. Die Dokumente sind alle verfasst und abgestimmt. Ist das Thema jetzt abgehakt?

„Synodalität steht gerade mal am Anfang. Wir haben eine erste Phase abgeschlossen. Wir haben Zeichen gesetzt. Wir wissen, wohin der Weg geht. Aber wir müssen die Nachhaltigkeit noch organisieren. Wir sind gut aufgestellt, aber die Umsetzung muss noch kommen.“

„Zuversichtlich, dass wir das Rom gegenüber vermitteln können“

Die Dokumente sind unterzeichnet. Da geht es zum Beispiel um den Segen für homosexuelle Paare oder die Beteiligung des Gottesvolkes an der Bischofswahl. In Paderborn und Osnabrück aber merkt man, dass das gar nicht so einfach umzusetzen ist, weil vom Vatikan bei jeder Reformidee ein Einspruch kommt. Waren die ganzen Ausarbeitungen damit für die Katz?

„Wir gehen die Sache sehr seriös an. Das heißt, wir orientieren uns genau an den Beschlüssen des Synodalen Weges. Ihre zwei Beispiele möchte ich gerne aufgreifen: Zur Beteiligung des Kirchenvolkes an der Bestellung von Bischöfen haben wir gesagt, dass es eine Musterordnung braucht, die die Konkordate penibel einhält und dann im Gespräch mit allen Beteiligten auslotet, wie stark die Beteiligung des Kirchenvolkes gesteigert werden kann. Die Antwort haben wir noch nicht fix. Um sie zu sichern, brauchen wir eine gewisse Zeit. Es wird aber nicht zu lange dauern.

Bei den Segensfeiern ist es ähnlich. Beschlossen ist, dass man sich über Formen verständigt, in denen diese Segensfeiern gestaltet werden können. Nicht das Ob, sondern das Wie steht auf der Tagesordnung. Ich bin ganz zuversichtlich, dass wir das auch Rom gegenüber vermitteln können.“

„Ich bin sicher, dass man Bedenken ausräumen kann“

Also, es geht nicht um ein Ja oder Nein, sondern um die Ausgestaltung, was dann von Rom keinen Widerspruch findet?

„Ich bin sicher, dass man, wenn man konkret wird, auch Bedenken, die geäußert worden sind und die wir von römischer Seite her wahrnehmen, ausräumen kann. Ich nehme als Beispiel den Synodalen Rat. Da ist gesagt und geschrieben worden, es scheine so zu sein, als ob der Bischof eine Art ‚Frühstücksdirektor‘ seiner Diözese wird. Das ist meine Formulierung. Oder dass der Synodale Rat auf Bundesebene eine Art Oberbehörde über die Bischofskonferenz werde.

Da können wir sagen: Es scheint vielleicht so, aber es ist nicht so und wird auch nicht so sein. Allerdings muss eine Grundentscheidung getroffen werden. Wir müssen schauen, dass wir aus diesem rein monarchischen Bischofsverständnis herauskommen und in ein partizipatives, in ein synodales Verständnis von Kirche hineinkommen.“

Wie kann diese Synodalität organisiert werden?

Die Kritiker sagen, den von Rom untersagten Synodalen Rat führen Sie nicht ein, aber die Vorstufe des Synodalen Ausschusses. Gibt man dem Kind damit nicht einfach einen anderen Namen und macht trotzdem genau so weiter?

„Die Synodale Ausschuss hat drei Aufgaben. Die erste Aufgabe ist die Evaluation der Beschlüsse des Synodalen Weges: Wie läuft die Umsetzung? Zweitens muss er mit den vielen Themen sorgsam umgehen, die als Problemthemen identifiziert worden sind, aber noch nicht in der zurückliegenden Zeit bearbeitet werden konnten. Drittens gilt es in der Tat darum, sich darüber zu verständigen, was eigentlich Synodalität heute und morgen heißt. Was heißt es in Deutschland, in Europa, in der Welt? Wie kann diese Synodalität organisiert werden?

Da gibt es gewisse Benchmarks, die gesetzt worden sind – zum Beispiel, dass gemeinsames Beraten und gemeinsames Entscheiden zusammengehören. Aber wie dies vermittelt wird, muss erst ausgearbeitet werden. Und das wird auch überzeugend ausgearbeitet werden.“

Wie weit sind denn die Vorbereitungen für den Synodalen Ausschuss im Moment?

„Die Menschen, die in diesem Synodalen Ausschuss mitarbeiten wollen und werden, sind bestimmt. Wir haben eine sehr große Auswahl unter sehr engagierten Menschen aus der katholischen Kirche gehabt, die sich dieser Arbeit, die nicht nur vergnügungssteuerpflichtig sein wird, stellen wollen. Das zeigt für mich noch einmal, wie viel Kompetenz im Raum der katholischen Kirche unterwegs ist. Die Diözesanbischöfe werden alle Mitglied sein, auch 27 vom ZdK gewählte Mitglieder - und dann noch einmal 20 weitere.

Wir wissen jetzt, wann die erste Sitzung sein wird. Wir wissen, wie diese Arbeit organisiert werden muss. Aber bei allen Vorbereitungen, die selbstverständlich jetzt schon laufen, müssen wir auch Respekt vor diesem Synodalen Ausschuss selbst haben. Er gibt sich selber seine Agenda. Die muss vorbereitet sein. Aber die Entscheidung wird im November getroffen werden.“

„Nicht unser Konkurrenzprojekt“

Parallel läuft auch der weltweite synodale Prozess. Da waren Sie selber beim kontinentalen Treffen in Prag dabei. Im Moment ist die Vorbereitung für das erste Treffen in Rom im Herbst. Wie blicken Sie darauf? Was erwarten Sie davon? Man könnte ja fies sagen, das sei Ihr Konkurrenzprojekt.

„Nein, das ist nicht unser Konkurrenzprojekt! Für mich ist es ein deutliches Zeichen, dass die katholische Kirche anerkennt, dass sie in einer schlechten Verfassung ist. Diese schlechte Verfassung mache ich am Missbrauchs-Syndrom fest. Aber das ist nur die Spitze des Eisbergs. Dahinter steckt ein tiefer liegendes Problem, nämlich wie die sehr stark betonten Rechte des Papstes einerseits und der Bischöfe andererseits in ein konstruktives Verhältnis zu den viel weniger ausgeprägten Rechten aller Gläubigen gesetzt werden.

Jetzt, mitten im 21. Jahrhundert, sind wir so weit, dass die Gläubigen sich organisieren wollen und können. Diese hergebrachte Unterscheidung zwischen der lehrenden und der lernenden Kirche wird in vielerlei Hinsicht differenziert. Das ist eine Riesenchance für die katholische Kirche. Ich sehe alle Kontinente als Orte, an denen im Moment gezeigt wird: So wie jetzt, geht es nicht weiter. Wir brauchen neue Formen, katholische Kirche zu sein.“

Was erwarten Sie denn konkret für Veränderungen?

„Für mich gehören Form und Inhalt immer zusammen. Das hat sich bislang auch auf jedem Kontinent gezeigt. Ich meine aber, dass es durchaus lohnend ist, die Frage zu fokussieren, wie man eigentlich als katholische Kirche zusammenkommt, wie man in Gemeinsamkeiten des Beratens und Entscheidens oder des Hinhörens, des Urteilens, aber auch des Handelns und der Verantwortung hineinkommt. Ich glaube nicht, dass es da ein Weltmodell für die ganze katholische Kirche gibt. Aber ich glaube, dass sehr viel mehr an Partizipation möglich ist, als gegenwärtig vorgesehen ist.

„Australien, Lateinamerika und Deutschland als synodale Lernorte“

Wie blicken Sie denn auf die synodalen Bestrebungen in anderen Ländern? Was sehen Sie da im Vergleich zu Deutschland?

„Es gibt eine weltweit ganz starke Bewegung, einen sehr intensiven Austausch. Ich sehe vor allen Dingen drei Orte, an denen synodale Erfahrungen nicht nur konzipiert, sondern auch gesammelt worden sind. Die Orte sind Australien, Deutschland und Lateinamerika.

In Australien hat man versucht, mit den vorgefertigten Formen des Kirchenrechts zu agieren. Man hat gesehen, dass man nur zu guten Prozessen gekommen ist, weil die Formen stark ausgeweitet und verändert worden sind. Es gibt in Lateinamerika eine viel längere Tradition, vor allen Dingen auch in der Organisation einer kontinentalen Kirche. Davon sind wir in Europa noch Stück weit entfernt. Wir können noch enorm viel von Lateinamerika lernen. In Deutschland haben wir diese spezielle, auf Organisation, auch auf Theologie beruhende Form eines Miteinanders – eines diskursiven, aber auch spirituellen Miteinanders von Bischöfen und anderen Gläubigen, das formal wie inhaltlich ein ganz besonders Profil zeigt. Einige finden das zwar nicht ganz so gut, aber sehr viele finden es auch ausgezeichnet.“

Nicht so gut findet dies der Vatikan, oder?

„Das kann man so nicht sagen. Es gibt ein viel größeres Feld. Es ist unglaublich wichtig, dass man wieder stärker miteinander spricht, dass man wechselseitig aufeinander hört, dass man nicht nur Briefe schreibt.“

„Ich vertraue auf den Prozess“

Der Konflikt scheint größtenteils mit Deutschland zu bestehen. Ist das ein Mentalitätsproblem? Sind das zwei unterschiedliche Mentalitäten, die da aufeinanderprallen?

„Ich will nicht spekulieren, dass Deutschland aufgrund seiner Geschichte immer im besonderen Fokus steht. Im Moment besteht die Chance, dass man in der katholischen Kirche die unterschiedlichen Erfahrungen sammelt, die zu unterschiedlichen Erwartungen führen.

Die Entscheidung, dass man nicht schon im Oktober 2023 fertig sein will, sondern sich noch ein weiteres Jahr gönnt, zeigt in meinen Augen, wie groß die Baustelle ist, auf die sich die katholische Kirche jetzt begibt. Aber Gott sei Dank begibt sie sich darauf. Ich vertraue auf den Prozess und ich glaube, dass wir am Ende mit einer synodaleren Struktur der katholischen Kirche aus diesem Prozess herauskommen.“

Sie stehen auch selber in Kontakt mit Rom. Hören Sie Aussagen, dass das in Deutschland nicht doch vielleicht Sinn macht?

„Sobald man in Rom in Gesprächen auf die Ebene der theologischen Argumentation kommt, sobald man von Angesicht zu Angesicht redet, sobald man auch über die spirituellen Erfahrungen, die ja sehr kontrovers sind, redet, sobald man die Innenperspektive mit der Außenperspektive verschaltet, bewegt sich etwas. Ich sage nicht, dass dann der Triumphmarsch in Rom angespielt wird. Nein, wir in Deutschland müssen auch sehr stark lernen. Wir haben das immer gesagt. Wir machen das auch. Wir lernen von den Prozessen, die in anderen Ländern stattfinden. Wir sind ein Teil der katholischen Kirche, aber wir wollen eben auch unsere Stimme erheben.“ (domradio 26)

 

 

 

Papst: Synodale Kirche ist für alle offen

 

Seine Sicht auf Synodale Prozesse hat Papst Franziskus in einer Grundsatzansprache an die Vertreter des „Synodalen Wegs der Kirchen in Italien“ erneut dargelegt und ihnen einige Anhaltspunkte mit auf den Weg gegeben. In der Audienzhalle traf er die italienischen Bischöfe und die Diözesandelegierten, die den Synodalen Prozess auf italienischem Territorium begleiten.

Es gehe bei den Synodalen Prozessen – „wir wir wissen“ – nicht darum, „die Meinungen der Menschen zu suchen“ oder „sich zu einigen, es ist etwas anderes“, betonte der Papst vor seinen rund 1.000 Gästen in der Audienzhalle im Vatikan. Vielmehr handele es sich bei dem weltweiten Prozess, der derzeit in den Ortskirchen seinen Niederschlag findet, um „eine schöne Erfahrung des Hörens auf den Geist und der Konfrontation zwischen den verschiedenen Stimmen der christlichen Gemeinschaften“: „Dies hat dazu geführt, dass sich viele engagieren, insbesondere bei bestimmten Themen, die Sie als entscheidend und vorrangig für die Gegenwart und die Zukunft erkennen. Dies ist eine einzigartige geistliche Erfahrung der Bekehrung und Erneuerung, die Ihre kirchlichen Gemeinschaften missionarischer und besser auf die Evangelisierung in der Welt von heute vorbereitet machen kann.“

Hinweise darauf, wie Synodalität (nicht) funktioniert

Vor diesem Hintergrund gab das Kirchenoberhaupt den Anwesenden einige Hinweise mit auf den Weg. So müsse die Kirche in gegenseitigem Hören aufeinander voranschreiten, ebenso wie eine Verantwortungsteilung zwischen Bischöfen, Priestern und Laien anstreben. Besonders geißelte Franziskus in seiner Ansprache jedoch eine gewisse „Selbstbezogenheit“, mit der sich „eine Art ,defensiver Neoklerikalismus einzuschleichen“ drohe, der dann umso schlimmer sei, wenn er auf Laien übergreife: „Der defensive Neoklerikalismus, der durch eine ängstliche Haltung entsteht, durch die Klage über eine Welt, die uns nicht mehr versteht, dass die jungen Menschen verloren sind, durch das Bedürfnis, sich zu wiederholen und seinen Einfluss geltend zu machen...“

Weiter vorwärts gehen

Als Gegenmittel gab der Papst einige Denkanstöße mit, so gelte es, stets „weiter vorwärts zu gehen“, eine Kirche darzustellen, deren Antlitz durch „Demut, Selbstlosigkeit und die Seligpreisungen“ charakterisiert sei:

„Eine synodale Kirche ist eine solche, weil sie ein lebendiges Bewusstsein dafür hat, mit dem Auferstandenen in der Geschichte zu gehen, nicht um sich selbst und ihre eigenen Interessen zu schützen, sondern um dem Evangelium in einem Stil der Unentgeltlichkeit und der Fürsorge zu dienen, indem sie die Freiheit und die Kreativität kultiviert, die denen eigen sind, die die frohe Botschaft der Liebe Gottes bezeugen und dabei im Wesentlichen verwurzelt bleiben. Eine Kirche, die von Strukturen, Bürokratie und Formalismus erdrückt wird, wird es schwer haben, in der Geschichte zu wandeln, im Gleichschritt mit dem Geist, sie wird dort stehen bleiben und wird nicht den Männern und Frauen unserer Zeit entgegengehen können.“

„Eine Kirche, die von Strukturen, Bürokratie und Formalismus erdrückt wird, wird es schwer haben, in der Geschichte zu wandeln“

Als zweiten Hinweis gab Franziskus den Anwesenden mit auf den Weg, Kirche „gemeinsam“ zu gestalten, eine „dringende“ Notwendigkeit 60 Jahre nach dem Abschluss des II. Vatikanums, wo doch „stets die Versuchung lauert, bestimmte ,qualifizierte Akteure‘ auszusondern, die eine pastorale Tätigkeit ausüben“. Doch vielmehr müsse man den Kreis kirchlicher Mitverwaltung erweitern, erneuerte der Papst seinen entsprechenden Aufruf: „Wir brauchen christliche Gemeinschaften, in denen sich der Raum vergrößert, in denen sich jeder zu Hause fühlen kann, in denen die pastoralen Strukturen und Mittel nicht die Bildung von Kleingruppen begünstigen, sondern die Freude, mitverantwortlich zu sein und sich mitverantwortlich zu fühlen.“ Dabei könne jeder Getaufte seine Portion der Verantwortung übernehmen, erinnerte der Papst.

Verantwortung teilen

Eine „offene Kirche“ benannte der Papst als dritten Anhaltspunkt für eine gelungene Fortführung des Synodalen Weges in Italien, was gerade nicht bedeute, „weltliche Logiken einer Machtverteilung umzusetzen“: „Sondern es bedeutet, den Wunsch zu kultivieren, den anderen in dem Reichtum seiner Charismen und seiner Einzigartigkeit anzuerkennen. Auf diese Weise kann ein Platz für diejenigen gefunden werden, die immer noch darum ringen, ihre Präsenz in der Kirche anerkannt zu sehen, für diejenigen, deren Stimmen überdeckt, wenn nicht gar zum Schweigen gebracht oder ignoriert werden, für diejenigen, die sich unzulänglich fühlen, vielleicht weil sie schwierige oder komplexe Lebenswege haben.“

„Solange ihre Präsenz eine sporadische Note im gesamten kirchlichen Leben bleibt, wird die Kirche nicht synodal sein, sie wird eine Kirche der wenigen sein“

Kirche müsse für „alle“ offen sein, „Kranke, nicht Kranke, Gerechte, Sünder, alle, alle drin“, wiederholte Franziskus energisch: „Wir sollten uns fragen, wie viel Raum wir den Stimmen der Jugendlichen, der Frauen, der Armen, der Enttäuschten, der im Leben Verletzten und der auf die Kirche Wütenden in unseren Gemeinschaften geben und wie viel wir ihnen wirklich zuhören. Solange ihre Präsenz eine sporadische Note im gesamten kirchlichen Leben bleibt, wird die Kirche nicht synodal sein, sie wird eine Kirche der wenigen sein.“

Kirche sei dann attraktiv, wenn sie die Unruhe der unruhigen heutigen Zeit aufgreife, wenn der Weg mit Leben gefüllt sei und die Herzen der anderen nicht „ersticke“, sondern „entzünde“, so Franziskus weiter: „Der große Feind dieses Weges ist die Angst“, fügte er spontan hinzu.

Der Heilige Geist ist der Protagonist

Letztlich sei sowieso alles dem Heiligen Geist überlassen, der der „Protagonist des Synodalen Prozesses“ sei, „Er, nicht wir, Er“, insistierte der Papst: „Er ist es, der Einzelne und Gemeinschaften für das Zuhören öffnet; er ist es, der den Dialog authentisch und fruchtbar macht; er ist es, der das Unterscheidungsvermögen erhellt; er ist es, der die Wahl und die Entscheidungen leitet. Er ist es vor allem, der Harmonie schafft.“

Besonders hob Franziskus seine programmatische Ansprache beim Festakt zu 50 Jahren Gründung des Synodensekretariats hervor, die „wichtig“ sei, so die implizite Einladung dazu, sich die Gedanken des Papstes zu Synodalität während des weltweiten Prozesses noch einmal vorzunehmen. (vn 25)

 

 

 

Katholischer Kinder- und Jugendbuchpreis 2023 verliehen

 

Zum 34. Mal hat die Deutsche Bischofskonferenz heute (25. Mai 2023) den Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreis verliehen. Bei einem Festakt im Erfurter Augustinerkloster übergaben der Bischof von Erfurt, Dr. Ulrich Neymeyr, und Weihbischof Robert Brahm (Trier), Vorsitzender der Jury des Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreis, die Preisträgerstatuette an den Autor, Andreas Steinhöfel, und die Illustratorin, Melanie Garanin, für ihren Graphic Novel Völlig meschugge?!. Die Jury hat das Buch aus insgesamt 177 Titeln ausgewählt, die von 67 Verlagen eingereicht wurden.

 

Andreas Steinhöfel und Melanie Garanin erzählen die Geschichte von den drei Schulfreunden Charly, Benny und Hamid, die in einen Strudel von Gewalt, Mobbing und Ausgrenzung geraten. Als Bennys Opa ihm auf dem Sterbebett eine Kette mit Davidstern vermacht, sind alle überrascht, dass Benny Jude ist. Am meisten er selbst. Benny ist mit der neuen Situation überfordert und Hamid, als Muslim, muss sich „erwartungsgemäß“ ablehnend gegenüber seinem Freund verhalten. Dazwischen steht die Umweltaktivistin Charly, die den beiden Freunden in den Ohren liegt, den Konflikt zu lösen.

 

Das Buch ist Teil eines transmedialen Projekts und basiert auf der sechsteiligen Fernsehproduktion der Tellux-Film GmbH in Zusammenarbeit mit sad ORIGAMI für den Kinderkanal von ARD und ZDF, KiKa, die im Jahr 2022 ausgestrahlt wurden. Mobbing, Ausgrenzung, vernichtende Vorurteile bis hin zu gewaltsamen Übergriffen lassen den handelnden Personen kaum eine Möglichkeit, sich aus dem Abwärtsstrudel dieser gesellschaftlichen Realitäten zu befreien. Charly, Benny und Hamid finden ihren Weg aus dem Konflikt und es bleibt die Gewissheit, dass die Schule ein Ort des Erlernens von Sozial- und Konfliktlösungskompetenzen sein muss. Das Drehbuch entstand in Zusammenarbeit Andreas Steinhöfels mit Adrian Bickenbach und Klaus Döring.

 

In seiner Begrüßung betonte Bischof Neymeyr mit Blick auf das Preisbuch den Zusammenhalt und das Miteinander in einer Freundschaft, die für die drei Freunde im Laufe der Geschehnisse (über)lebenswichtig werden. „So in etwa hätte es sich abspielen müssen, damit der Streit und die Spannungen der Schülerinnen und Schüler in der Geschichte nicht eskalieren, und unterschiedliche Herkunft und Religion keinen Grund für einen Konflikt darstellen“, lobte Bischof Neymeyr. Daher sei es besonders wichtig, „dass diese Konfliktpotenziale Kindern und Jugendlichen durch wertvolle Medien veranschaulicht werden, und diese Medien, vor allem dieses wunderbare Buch, das uns heute Abend hier zusammengeführt hat, die gebührende Aufmerksamkeit erfahren“.

 

Kathleen Hildebrand, Journalistin und Redakteurin für Kultur und Medien bei der Süddeutschen Zeitung, sagte in ihrer Laudatio, das Buch sei „ganz nah bei den Kindern, die gerade zu Jugendlichen werden. Indem es sie ernst nimmt als junge, im Entstehen begriffene Charaktere. Indem es ihnen Individualität zugesteht, einen eigenen Blick auf die Welt, aber auch Hilflosigkeit und Fehler“. Weiter lobte sie die große Leistung, die das Buch zu einem herausragenden Kinder- und Jugendbuch mache: „Es verheddert sich nicht in der Komplexität seiner Themen. Nicht im Nahostkonflikt. Nicht in der deutschen Geschichte und ihrem schlimmsten Kapitel. Und nicht in pädagogischen Tiraden. Obwohl es sich selbst die wichtigste Aufgabe der Pädagogik stellt: Die Erziehung zur Mitmenschlichkeit“, sagte Hildebrand.

 

Melanie Garanin und Andreas Steinhöfel bedankten sich bei der Jury für die Auszeichnung. „Ich fühle mich geehrt, bin stolz und sehr glücklich, dass unser Buch gewonnen hat. Wenn ein Buch, in dem verschiedene Religionen eine große Rolle spielen, ohne dass auch nur einmal der Zeigefinger erhoben wird und ohne dass der christliche Glaube namentlich erwähnt wird, diesen Preis gewinnt, ist dies für mich ein Zeichen großer Toleranz, und ich freue mich sehr, dass die Jury mit ihrer Auszeichnung alljährlich so ein Zeichen setzt“, sagt Garanin. Steinhöfel betonte, dass Völlig meschugge?! vor allem eine Geschichte über Vorurteile sei. „Vorurteile können sozialer Natur sein, oder nationaler, oder ethnisch begründet. Völlig meschugge?! beleuchtet Vorurteile, die auf verschiedenen Religionszugehörigkeiten basieren. Eines der grundlegendsten Merkmale von Vorurteilen ist, dass man nur übereinander redet, nicht miteinander. Umso mehr freut es mich, dass die Jury sich mit der Wahl von Völlig meschugge?! so offen zeigt für einen interreligiösen Dialog, für ein Miteinander“, sagte der Autor.

 

Zum Autor:  Andreas Steinhöfel wurde 1962 geboren. Nach seinem Studium der Anglistik, Amerikanistik und Medienwissenschaften arbeitet er als Übersetzer und schreibt Kinder- und Jugendbücher sowie Drehbücher. Zu seinen bekanntesten Werken gehört die Reihe um Rico und Oskar, deren Abenteuer auch als Trick- sowie als Kinofilme verfilmt wurden. Andreas Steinhöfel lebt heute in Biedenkopf und ist als Produzent für Kinderfilme in seiner Firma sad ORIGAMI tätig.

 

Zur Illustratorin: Melanie Garanin wurde 1972 geboren. Sie studierte in Potsdam-Babelsberg Zeichentrickfilm und ist heute freiberufliche Illustratorin und Comiczeichnerin. Mit ihrer Familie und einigen (Haus-)Tieren lebt Melanie Garanin in der Nähe von Berlin.

 

Hinweise: Das Grußwort von Bischof Dr. Ulrich Neymeyr und die Laudatio von Kathleen Hildebrand stehen als PDF-Dateien unter www.dbk.de zur Verfügung. Weitere Informationen zum Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreis sowie die Zusammensetzung der Jury finden Sie unter www.dbk.de auf der Themenseite des Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreises.

 

Zum Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreis der Deutschen Bischofskonferenz sind die Arbeitshilfe Nr. 337 Preisbuch 2023 und empfohlene Bücher mit ausführlichen Rezensionen aller Titel sowie das Plakat zum Katholischen Kinder- und Jugendbuchpreis 2023 im Format DIN A2 erschienen. Beides kann unter www.dbk.de in der Rubrik Publikationen bestellt oder als PDF-Datei heruntergeladen werden. dbk 25

 

 

 

Papst: „Den Krieg gegen die Schöpfung beenden“

 

Franziskus ruft eindringlich zu einem „Wandel der Herzen, Lebensstile und Politiken“ auf, um den Lebensraum der Menschheit zu erhalten. In seiner Botschaft zum diesjährigen Weltgebetstag für die Bewahrung der Schöpfung klagt er globale Ungerechtigkeiten an und spricht von einem „Krieg gegen die Schöpfung“. Anne Preckel – Vatikanstadt

 

Es brauche „eine rechte Beziehung zu Gott, den Menschen und der Natur“, damit „Gerechtigkeit und Frieden wie ein unerschöpflicher Strom reinen Wassers fließen und die Menschheit und alle Geschöpfe ernähren“ könnten, betont der Papst in seiner Botschaft und geht dabei von einem Wort des Propheten Amos aus. Thema der diesjährigen Schöpfungszeit, die sich an den Weltgebetstag am 1. September anschließt, ist: „Lasst Gerechtigkeit und Frieden fließen“.

An der Seite der Schwächsten

Für die diesjährige Schöpfungszeit, eine weltweit begangene ökumenische Aktionswoche für Umwelt- und Klimaschutz, ruft der Papst dazu auf, sich „an die Seite der Opfer von Umwelt- und Klima-Ungerechtigkeit zu stellen und diesen sinnlosen Krieg gegen die Schöpfung zu beenden“. Der Herzschlag der Menschheit, der Schöpfung und Gottes schlügen „nicht gemeinsam in Gerechtigkeit und Frieden“, formuliert Franziskus, „zu viele werden daran gehindert, aus diesem mächtigen Fluss zu trinken“.

Der Papst nennt dann Beispiele, in denen sich der „Krieg gegen die Schöpfung“ äußert – etwa im „rasenden Konsum“, der den Wasserkreislauf des Planeten stört, in der „ungezügelten“ Nutzung fossiler Brennstoffe und der Rodung der Wälder, die zu Temperaturanstiegen, Wasserknappheit und schweren Dürren führten sowie „räuberischen Industrien“, deren Methoden des Ressourcenabbaus und der Tierhaltung der Umwelt schaden.

Mutige, gemeinsame Schritte

Es gelte „die schlimmsten Folgen“ des Raubbaus, der Umweltverschmutzung und des menschengemachten Klimawandels zu verhindern, appelliert der Papst. Dieser Einsatz könne dann fruchtbar sein, „wenn wir uns, wie so viele Bäche und Sturzbäche, schließlich zu einem mächtigen Fluss vereinen, um das Leben unseres wunderbaren Planeten und unserer Menschheitsfamilie für kommende Generationen zu bewässern. Reichen wir uns die Hände und unternehmen wir mutige Schritte, damit Gerechtigkeit und Frieden auf der ganzen Erde fließen können“, so Franziskus.

„Wie können wir in dieser Zeit der Schöpfung zu dem mächtigen Fluss der Gerechtigkeit und des Friedens beitragen? Was können wir, insbesondere als christliche Kirchen, tun, um unser gemeinsames Haus wiederherzustellen, damit es wieder vor Leben wimmelt? Wir müssen uns entschließen, unsere Herzen, unseren Lebensstil und die öffentliche Politik, die unsere Gesellschaften regiert, zu verändern.“

Unsere Beziehung zur Schöpfung erneuern

Erste Voraussetzung dafür sei eine „ökologische Umkehr“ im Herzen eines jeden Einzelnen. Die Schöpfung dürfe nicht als auszubeutendes Objekt betrachtet werden, sondern sei ein „heiliges Geschenk des Schöpfers“, so Franziskus. Es gelte ökologischen Respekt zu kultivieren: gegenüber Gott, gegenüber den Mitmenschen und zukünftigen Generationen, gegenüber der Natur und gegenüber uns selbst. „Ökologische Sünden“ sollten erkannt und bereut werden.

Anders leben und konsumieren

Neben dieser Haltungsänderung brauche es einen Wandel der Lebensstile, fährt der Papst fort, der hier zu einer „freudigen Nüchternheit“ rät. Konkrete Maßnahmen seien die Reduktion und Wiederverwertung von Abfall sowie das Zurückfahren unnötigen Konsums, „insbesondere dort, wo die Produktionsprozesse giftig und nicht nachhaltig sind“. Gewohnheiten und wirtschaftliche Entscheidungen sollten im Sinne „unserer Mitmenschen und Kindeskinder“ selbstkritisch überprüft werden und „ökologisch und sozial verantwortliche“ Produkte und Dienstleistungen in Anspruch genommen werden. Ressourcen gelte es „so sparsam wie möglich“ zu nutzen.

Politik sitzt am Hebel

Zentrale Begriffe in der Botschaft des Papstes sind „Gerechtigkeit und Frieden“, die der Papst als Grundlage für ein Leben aller Menschen in Fülle und im Einklang mit der Schöpfung beschreibt. Franziskus drängt auf eine Änderung der Politiken, die das Leben gegenwärtiger und zukünftiger Gesellschaften beeinflussen. Er kritisiert die Schere zwischen wenigen „unverschämt“ Reichen und vielen Armen, die unter „menschenunwürdigen Bedingungen“ leben, er verweist auf die „ökologische Schuld“ der reichsten Nationen und die Pflicht der Mächtigen, Konsequenzen aus dem Klimawandel zu ziehen.

Appell an COP28 in Dubai

Konkret richtet er sich an den nächsten COP28-Gipfel, der vom 30. November bis 12. Dezember dieses Jahres in Dubai stattfindet: „Die Staats- und Regierungschefs (…) müssen auf die Wissenschaft hören und einen raschen und gerechten Übergang einleiten, um das Zeitalter der fossilen Brennstoffe zu beenden. Gemäß den Verpflichtungen des Pariser Abkommens zur Eindämmung der Erderwärmung ist es unsinnig, die weitere Erkundung und den Ausbau der Infrastruktur für fossile Brennstoffe zuzulassen.“

Im Namen der Gerechtigkeit und der Zukunft

Franziskus klagt die „Ungerechtigkeit gegenüber den Armen und unseren Kindern“ an, „die die schlimmsten Auswirkungen des Klimawandels zu spüren bekommen werden“. Diese Ungerechtigkeit müsse gemeinsam und jetzt beendet werden. Einen Bezug stellt der Papst zum Synodalen Prozess der Weltkirche her, den er selbst angeregt hat. Eine synodale Kirche müsse „Quelle des Lebens für das gemeinsame Haus und alle, die darin leben, sein“. Es gehe um Reflexion und Erneuerung, Gerechtigkeit und Frieden auch im Kosmos der Kirche.

Den Weltgebetstag für die Bewahrung der Schöpfung hatte Papst Franziskus am 10. August 2015 eingerichtet. Er bildet den Auftakt der Schöpfungszeit, deren Abschluss in diesem Jahr am 4. Oktober, dem Fest des Heiligen Franz von Assisi, mit der Eröffnung der Synode zur Synodalität zusammenfällt. Diese Synode im Vatikan (eine erste von insgesamt zwei Synoden, die 2023 und 2024 stattfinden) bildet den Abschluss eines mehrjährigen synodalen Prozesses, den Papst Franziskus in den Ortkirchen beginnen ließ.

Hinweis: Die Zitate des Papstes sind eine Arbeitsübersetzung von Radio Vatikan. Der offizielle Wortlaut auf Deutsch lag bei der Veröffentlichung der Botschaft (11.30 Uhr) noch nicht auf Deutsch vor. Die offizielle deutsche Übersetzung dürfte später hier zu finden sein. (vn 25)

 

 

 

 

Franziskus: „Christ ist von Natur aus jemand, der predigt“

 

Wer von den Gläubigen wirklich Christus folgt, kann nicht anders als das Evangelium zu verkünden. Darauf hat Papst Franziskus an diesem Mittwoch bei der Generalaudienz hingewiesen. Christen seien „von Natur aus“ Missionare, die es dazu drängt, die Frohe Botschaft weiterzugeben. In einer schwierigen Umgebung sei die Leidenschaft für die Evangelisierung noch wertvoller, unterstrich der Papst. Gudrun Sailer - Vatikanstadt 

 

In seiner Katechesenreihe über die Freude an der Evangelisierung ging Franziskus diesmal auf einen koreanischen Heiligen des 19. Jahrhunderts ein, Andreas Kim Tae-gon (1821-1846). Er war Koreas erster katholischer Priester und starb mit 25 Jahren als Märtyrer. Vor Andreas allerdings seien es Laien gewesen, die das Evangelium in Korea als erste verkündet hätten, und das inmitten der Gefahr, merkte Franziskus an: „Wären wir dazu fähig, so etwas zu tun?“

Hier zum Hören:

„Bist du ein Jünger Jesu?“, mit dieser Frage trat der heilige Andreas in Kontakt mit den übrigen Gläubigen im Untergrund, was angesichts der massiven Christenverfolgung lebensgefährlich war. Die Frage: „Bist du ein Jünger Jesu?“ war also das Erkennungszeichen, und mehr als das: „Für Andreas Kim war „Jünger Jesu" der Ausdruck, der die ganze Identität des Christen zusammenfasst“, so der Papst.  

„Daher ist der Christ von Natur aus jemand, der predigt und Zeugnis von Jesus ablegt“

Jünger des Herrn zu sein, bedeute, seinem Weg zu folgen. „Daher ist der Christ von Natur aus jemand, der predigt und Zeugnis von Jesus ablegt“, fuhr Franziskus fort. Die Leidenschaft für die Verkündigung schenke der Heilige Geist, und diese Leidenschaft werde in einem feindseligen Umfeld sogar noch wertvoller. „Wir dürfen nicht aufhören und wir dürfen nicht aufgeben, das zu verfolgen, was in unserem christlichen Leben wesentlich ist, nämlich die Evangelisierung.“

„In unserem christlichen Leben wesentlich: die Evangelisierung“

Heilige fallen - und stehen wieder auf

Franziskus wies darauf hin, dass Heilige fallweise auch straucheln. Petrus, der Jünger Jesu, habe „eine große Sünde begangen. Aber er vertraute auf die Barmherzigkeit Gottes und ist wieder aufgestanden“. Jeder und jede Gläubige solle für sich überlegen, wie und wo Evangelisierung möglich ist: in der Familie, im Freundeskreis. „Von Jesus reden, aber von Jesus reden und mit dem Herzen voller Freude evangelisieren, voller Kraft. Und diese Kraft gibt uns der Heilige Geist. Bereiten wir uns darauf vor, den Heiligen Geist im nahen Pfingstfest zu empfangen.“

Gesammelte Werke des Papstes auf Deutsch

Die Werke des Papstes auf DeutschAuch der deutsche Verleger Manuel Herder nahm an diesem Mittwoch an der Audienz auf dem Petersplatz teil. Bei dieser Gelegenheit überreichte er dem Papst seine im Herder-Verlag auf Deutsch erschienen Schriften der letzten drei Jahre, darunter „Fratelli tutti“ und „Freut euch und jubelt (Gaudete et exsultate)“. Der sichtlich erfreute Papst legte dem Verleger in seinem auch Jahre nach seinem Deutschlandaufenthalt noch sehr passablen Deutsch scherzhaft ans Herz, sie selbst zu lesen – und bat um Gebet für seine „nicht einfache Aufgabe“. (vn 24)

 

 

 

Jahrestagung Weltkirche und Mission zur sozial-ökologischen Transformation in Würzburg beendet

 

Die heute (24. Mai 2023) in Würzburg zu Ende gegangene dreitägige Jahrestagung Weltkirche und Mission widmete sich der Bewahrung der Schöpfung, der Bekämpfung von Armut und der sozial-ökologischen Transformation. Gerade die Bewahrung der Schöpfung, die durch den Klimawandel und den dramatischen Verlust an Biodiversität bedroht ist, und die Überwindung der weiterhin grassierenden Armut und sozialen Ungleichheit sind zentrale Aufgaben der internationalen Politik. Zunehmend bestimmend ist der Konsens, dass beide Herausforderungen gemeinsam angegangen werden müssen. Dieses Projekt wird mit dem Begriff der „sozial-ökologischen Transformation“ bezeichnet. Auch die Kirche hat dafür – nicht zuletzt durch die Enzyklika Laudato si? – wichtige Impulse gegeben.

 

Die Veranstaltung wurde von der Konferenz Weltkirche organisiert. Sie versammelt die wichtigsten weltkirchlichen Akteure der katholischen Kirche in Deutschland, darunter internationale kirchliche Hilfswerke, Missionsorden und Bistümer. Unter der Leitung von Bischof Dr. Bertram Meier (Augsburg), Vorsitzender der Kommission Weltkirche der Deutschen Bischofskonferenz, diskutierten die Teilnehmerinnen und Teilnehmer die Aufgaben der Kirche im Kontext der Transformation.

 

Bischof Meier betonte die Dringlichkeit der Situation: „Die Lage ist ernst, die Richtung stimmt, aber das Tempo ist viel zu langsam.“ Vor allem die junge Generation empfinde diese Tatsache als fast verzweifelnd. Der Präfekt des vatikanischen Dikasteriums für die ganzheitliche Entwicklung der Menschen, Kardinal Michael Czerny SJ, der Erzbischof von Mumbai, Kardinal Oswald Gracias und Bischof Meier unterstrichen, dass eine erfolgreiche Transformation ganzheitlich verstanden werden müsse und die soziale Dimension berücksichtigt werden sollte. Die Kirche habe die Verantwortung, ihre eigene Praxis auf allen Ebenen, angefangen beim Gebäudemanagement bis hin zur Liturgie, nachhaltig zu gestalten. Darüber hinaus müsse sie sich für die Benachteiligten einsetzen – insbesondere für diejenigen, die heute oder in Zukunft unter den Folgen des Klimawandels und der Armutskrise leiden. Dies gelte auch für die kommenden Generationen.

 

Kardinal Gracias wies darauf hin, dass seine Heimatstadt Mumbai in 30 bis 40 Jahren im Meer versinken werde, wenn die Erderwärmung ungebremst fortschreitet. Er erwähnte, dass sich der Zusammenschluss der asiatischen Bischofskonferenzen (FABC) in den vergangenen Jahren intensiv mit dem Klimawandel und seinen Auswirkungen auseinandergesetzt habe. Bischof Meier hob die „kulturelle Tiefendimension“ der sozial-ökologischen Transformation hervor und betonte, dass die Menschen diese Veränderung auch innerlich mitvollziehen müssen. Es sei die Aufgabe der Kirche, Gerechtigkeit, auch in globaler Perspektive, einzufordern.

 

Vertreterinnen und Vertreter aus Wissenschaft und Politik unterstrichen die Rolle der Zivilgesellschaft. Die Regierenden seien bei der Umsetzung der Transformation auf die Unterstützung der Gesellschaft angewiesen. Dieses Engagement sei ein wichtiges Handlungsfeld für die Kirchen. Den aktuellen Stand des Transformationsprozesses und die bevorstehenden Schritte erläuterten die Entwicklungsforscherin Dr. Imme Scholz und Prof. Dr. Ottmar Edenhofer, Leiter des Potsdam-Instituts für Klimafolgenforschung. Mattias Kiefer, Sprecher der Arbeitsgemeinschaft der diözesanen Umweltbeauftragten, und Astrid Schaffert vom Deutschen Caritasverband wiesen darauf hin, dass die Diözesen in Deutschland und viele kirchliche Einrichtungen noch einen langen Weg zur Klimaneutralität vor sich hätten. Die Kirche sei bereits aktiv, müsse jedoch den Ausbau der Transformationsmaßnahmen entschiedener vorantreiben. 

Hintergrund. Veranstalter der Jahrestagung ist die Konferenz Weltkirche, in der die Deutsche Bischofskonferenz, die deutschen (Erz-)Bistümer, die Hilfswerke, die Deutsche Ordensobernkonferenz (DOK), die katholischen Verbände, das Zentralkomitee der deutschen Katholiken (ZdK) und andere weltkirchlich tätige Einrichtungen zusammenarbeiten.

Hinweise: Das Programm der Tagung finden Sie unter www.weltkirche.de. Informationen zum Klimaschutzengagement der deutschen (Erz-)Diözesen sind in der Arbeitshilfe Nr. 327 Unser Einsatz für die Zukunft der Schöpfung. Klima- und Umweltschutzbericht 2021 der Deutschen Bischofskonferenz unter www.dbk.de in der Rubrik Publikationen verfügbar. dbk 24

 

 

 

 

#NotAlone: Fratelli-tutti-Treffen auf dem Petersplatz im Juni

 

Der Gedanke des geschwisterlichen Zusammenlebens über alle Credos hinweg, den Papst Franziskus in seiner Enzyklika „Fratelli tutti“ vertieft hat, zieht weitere Kreise. Am kommenden 10. Juni findet auf dem Petersplatz in Rom und zeitgleich acht weiteren Plätzen in anderen Ländern ein internationales Meeting zur Geschwisterlichkeit statt. Papst Franziskus ist dabei.

Den Planungen zufolge werden etwa 30 Nobelpreisträger sowie mehrere Tausend Jugendliche an dem Treffen teilnehmen, darüber hinaus Bedürftige, Geflüchtete und Menschen, die katholischen Verbänden angehören, heißt es in einer Mitteilung der Stiftung „Fratelli tutti“ von diesem Dienstag. Die Gruppe der Nobelpreisträger und -trägerinnen wollen unterdessen mit weiteren führenden Persönlichkeiten aus Wissenschaft, Kultur, Recht und internationalen Organisationen ein Dokument verfassen, das zum Engagement für Geschwisterlichkeit und Frieden aufruft. Das Dokument soll Papst Franziskus auf dem Petersplatz überreicht werden.

Das Treffen trägt den Titel #NotAlone. Als Organisatorin tritt die vatikanische Stiftung „Fratelli tutti“ auf, eingebunden sind darüber hinaus der Petersdom und die beiden Dikasterien für Kommunikation und für die ganzheitliche Entwicklung des Menschen.

Ziel: Dialog und Vergebung fördern

Zu der Begegnung werden Menschen aus der ganzen Welt erwartet, so die Mitteilung aus dem Vatikan weiter. Ziel sei es, „gemeinsam die Kultur der Brüderlichkeit und des Friedens zu fördern“, Praktiken des Dialogs und der Vergebung zu fördern und Einsamkeit und Ausgrenzung zu überwinden – daher der Titel #NotAlone. Welche weiteren acht Plätze in anderen Ländern sich an der Initiative beteiligen werden, ging aus der Mitteilung nicht hervor. 

Die Veranstaltung auf dem Petersplatz am Samstag, den 10. Juni, beginnt um 16 Uhr und ist, anders als die Generalaudienz, für alle ohne Anmeldung zugänglich.

(vn 23)

 

 

 

 

Bischof Bätzing bleibt auf Reformkurs

 

Der Vorsitzende der Deutschen Bischofskonferenz, Limburgs Bischof Georg Bätzing, will trotz Bedenken aus dem Vatikan an bestimmten Reformvorhaben festhalten. Unter anderem geht es um Segensfeiern „für alle“, die Frauenweihe und die Laienpredigt.

„Ja, es wird Segensfeiern für Paare geben, die nicht kirchlich heiraten wollen oder können und um den Segen Gottes für ihre bereits bestehende Partnerschaft bitten", sagte Bätzing in einem Interview zu den Beschlüssen des Reformprojekts Synodaler Weg, das das Bistum Limburg an diesem Montag verbreitete. Vorher müsse aber noch eine seelsorgliche Handreichung erarbeitet werden, die deutlich mache, dass eine Segensfeier keine Ehe und kein Sakrament sei: „Hier liegt die Grenze", sagte Bätzing. Zugleich werde kein Seelsorger gedrängt, solche Gottesdienste abzuhalten. Die vatikanische Glaubensbehörde hatte den Segen für gleichgeschlechtliche Paare verboten, um eine Verwechslung mit der Ehe zu vermeiden.

Die Beteiligung von Frauen sieht Bätzing als eine zukunftsentscheidende Frage. „Ich wünsche mir, dass alle Dienste und Ämter in naher oder nicht allzu ferner Zukunft für Frauen offen stehen." Er trage „mit persönlicher Überzeugung das Votum des Synodalen Weges mit, den Diakonat für Frauen intensiv nach vorne zu bringen - und bei der Frage einer möglichen Zulassung von Frauen zum Priesteramt weltkirchlich die Türen nicht zu schließen, sondern die theologischen Argumente gründlich zu wägen, die dafür sprechen". Nach geltender Lehrmeinung der katholischen Kirche ist die Priesterweihe Männern vorbehalten.

Bätzing verteidigte zudem eine Forderung des Reformweges, die eine Aufwertung von Laien bei Predigten und Taufen beinhaltet. Dazu hatte es zuletzt Kritik aus dem Vatikan gegeben. Bätzing sprach nun davon, dass der Leiter der Gottesdienstbehörde, Kardinal Arthur Roche, in einem Brief den Sachstand erläutert und weitere Gespräche in den Raum gestellt habe. Bätzing betonte, das kirchliche Recht müsse nicht geändert werden, um die Forderung umzusetzen. Der Beschluss des Synodalen Wegs sieht vor, dass die Bischöfe im Vatikan eine Sondererlaubnis anfragen.

Im Synodalen Weg haben Bischöfe und Laienvertreter seit 2019 über die Zukunft der katholischen Kirche beraten. Vor allem ging es um die Themen Macht, Priestertum und Sexualmoral sowie um die Rolle der Frauen in der Kirche. Die letzte Vollversammlung fand im März statt. Die Arbeit soll in einem Synodalen Rat fortgesetzt werden. (kna/vn 22)

 

 

 

 

Katholikinnen-Welttreffen in Assisi: „Eine synodale Erfahrung“

 

Bei allen unterschiedlichen Anliegen von Katholikinnen: Das Treffen der Weltunion der katholischen Frauenorganisationen (WUCWO) war eine Erfahrung tiefer Synodalität. So resümierten die beiden Teilnehmerinnen aus Deutschland die Versammlung, die am Samstag in Assisi zu Ende ging, im Gespräch mit Radio Vatikan. Gudrun Sailer – Vatikanstadt

 

Von 14. bis 20. Mai tagte die Weltunion der katholischen Frauenorganisationen (WUCWO) in Assisi, 830 Katholikinnen aus aller Welt kamen zusammen. Zum ersten Mal dabei war Regina Schulz als Delegierte des Bundesverbandes der Katholischen Frauengemeinschaft Deutschlands (kfd). Die WUCWO sei eine beeindruckende und vielfältige Organisation, „katholisch im ursprünglichen Sinn, nämlich katholikos, allumfassend“, sagte sie uns im Nachgang. Die Delegierten hätten „Auffassungen von streng konservativ bis teils progressiv“ in das Treffen getragen. „Hier zeigt sich für mich, was wahre Synodalität bedeutet. Trotz unterschiedlicher Tempi, Traditionen und Erfahrungen mit unserer Kirche gibt es grundlegende Übereinstimmungen, die wiederum auf unseren gemeinsamen Erfahrungen als Frauen in der Kirche basieren“, so Schulz. „Es geht um die Rolle der Frauen in der Kirche, die unserem Einsatz entsprechend endlich verändert werden muss.“

Dazu habe die WUCWO sechs Resolutionen und damit Selbstverpflichtungen beschlossen, die zeigten, „dass es den katholischen Organisationen nicht nur um sich selbst geht, sondern um das Wohl aller“. Unter anderen wollen die Frauenverbände eine Dokumentationsstelle namens „World Women's Observatory“ weiterentwickeln, um marginalisierten Frauen eine Stimme zu geben, so Schulz. Zudem gehe es den Katholikinnen ausweislich ihrer Selbstverpflichtungen um den „Einsatz für Religionsfreiheit, den Einsatz für die ökologische Wende zur Sicherung der Nahrung für alle, Einsatz für die Familie, Einsatz für eine Zukunft mit Flüchtlingen und Migranten, Synodalität und Strukturbildung für die Mitwirkung von Frauen in der Kirche.“

Impulse der Theologinnen

Zu Beginn des WUCWO-Welttreffens stimmten Theologinnen auf bestimmte Kernthemen der Kirche ein: Schwester Nathalie Becquart, Untersekretärin der Bischofssynode, Schwester Anne Béatrice Faye aus dem Senegal, Mitglied der Theologischen Kommission bei der Synode 2023, Anne Marie Pelletier, Mitglied der von Papst Franziskus eingerichteten zweiten Kommission für das Diakonat der Frau, sowie die italienische Dogmatikerin Schwester Linda Pocher. „Sie alle haben entscheidende Aspekte in ihren Vorträgen genannt, die insgesamt die Organisation weiterbringen können“, erläuterte Schulz.

Die zweite Teilnehmerin aus Deutschland, die Theologin Regina Heyder vom Katholischen Deutschen Frauenbund (KDFB), hob das Eröffnungsreferat von Schwester Nathalie Becquart über Frauen und die Synode 2021-2024 hervor. „Eine Kirche ohne Frauen, so Becqart, ist keine synodale Kirche. Diese synodale Kirche, von der sie spricht, ist eine pilgernde Kirche“, resümierte Heyder. „Nathalie Becquart spricht von der Diversität der Erfahrung von den Menschen. Sie wirbt für Reziprozität, also für das Bewusstsein, dass in dieser synodalen Kirche alle etwas geben und alle etwas empfangen können. Sie betont die grundlegende Gleichheit aller Gläubigen, die in der Taufe begründet ist. Diversity, Reziprocity, Equality - das sind die Ideen, die eine synodale Kirche formen.“

Reziprozität ersetzt Komplementarität

Die Theologinnen, die den Studientag der Vollversammlung gestalteten, seien diesen Spuren gefolgt, so Heyder weiter. „Sie sprechen von der Reziprozität der Geschlechterverhältnisse und ersetzen damit den Begriff der Komplementarität. Und sie ergänzen die christliche Haltung des Dienens um den Aspekt der Sorge für die Nächsten - auf Englisch sprechen sie von Service and Care.“

Ihr selbst sei auf der Vollversammlung der WUCWO abermals deutlich geworden, so Heyder, „dass wir in einer Kirche der unterschiedlichen Geschwindigkeiten und Lebensrealitäten leben. ,Ihr Deutschen müsst vorangehen´, sagen uns einige Teilnehmerinnen der westlichen Hemisphäre. Sie setzen große Hoffnungen auf das Engagement der deutschen Bischöfe, während die Aktivitäten von Laien weniger im Blick sind. Andere Teilnehmerinnen fürchten um die christlichen Werte und die Zukunft der Kirche. Vor allem afrikanische Kolleginnen sind besorgt, weil ihre Kinder zu neo-pentekostalen Gemeinschaften abwandern oder interreligiöse Ehen eingehen.“

„Noch nie ist mir so deutlich geworden, dass die römisch-katholische Kirche eine Kirche der Migrantinnen und Migranten ist“

Als besonders eindrucksvoll erlebte Regina Heyder eigener Aussage zufolge die Debatte über Migranten und Geflüchtete, bei der die Katholikinnen sehr gegensätzliche Erfahrungen benannt hätten. „Delegierte aus Ländern mit hohen Flüchtlingszahlen wollen, dass das Engagement für den Verbleib und die Rückkehr in die Heimatländer in die Resolution aufgenommen wird. Die Teilnehmerinnen aus den Philippinen betonen dagegen das Recht auf Arbeitsmigration. Und etliche afrikanische Frauen sagen schlicht: Morgen könnte es mich oder meine Kinder treffen.“ Die Deutsche Regina Heyder dazu: „Noch nie ist mir so deutlich geworden, dass die römisch-katholische Kirche eine Kirche der Migrantinnen und Migranten ist.“

Regina Schulz hob die marianische Perspektive des WUCWO-Welttreffens der Katholikinnen hervor. Die Salesianerin Don Boscos Linda Pocher habe über ihre mariologische Forschung berichtet und darauf abgehoben, „dass Maria auch ganz anders gesehen werden kann als die vielleicht bisher verehrte Jungfrau und Mutter. Sie geht davon aus, dass Maria die Frau ist, die ihren Sohn unerschrocken konfrontiert, die als Mutter nicht besitzergreifend handelt, sondern alles in ihrem Herzen bewahrt. Ihre Jungfräulichkeit sieht sie als Freiheit, sich um Jesus zu sorgen und als Vorbild für ihren Sohn, der von ihr sprechen lernt, lernt, anderen die Füße zu waschen, und dass der mütterliche Körper Nahrung bedeutet.“ Maria vereine auch die Frauen der WUCWO, resümierte Schulz.

Aus Österreich nahm Angelika Ritter-Grepl, die Vorsitzende der katholischen Frauenbewegung Österreichs, an dem WUCWO-Treffen teil. Zum Auftakt der Konferenz empfing Papst Franziskus die Katholikinnen in Audienz und dankte ihnen für ihre segensreiche Arbeit.

Neue WUCWO-Präsidentin aus Mexiko

Zur neuen Präsidentin der WUCWO wählten die Delegierten die Mexikanerin Monica Santamarina. Die ausgebildete Juristin wirkte bisher als Schatzmeisterin des Weltverbandes katholischer Frauenorganisationen. Sie tritt an die Stelle von María Lía Zervino, einer Frau geweihten Lebens aus Argentinien. Santamarina ist Witwe, vierfache Mutter und achtfache Großmutter. In Mexiko war sie Präsidentin der Katholischen Aktion. (vn 22)

 

 

 

 

Ukraine: Papst betraut Kardinal Zuppi mit einer Friedensmission

 

Der Direktor des vatikanischen Presseamtes, Matteo Bruni, hat auf Anfrage von Journalisten bestätigt, dass Papst Franziskus den Vorsitzenden der italienischen Bischofskonferenz mit einer Mission betraut hat, die darauf abzielt, "Wege des Friedens" in der Ukraine zu initiieren. Mario Galgano - Vatikanstadt

 

Auf Fragen von Journalisten bestätigte der Direktor des Presseamtes des Heiligen Stuhls, Matteo Bruni, „dass Papst Franziskus Kardinal Matteo Zuppi, Erzbischof von Bologna und Vorsitzender der italienischen Bischofskonferenz, damit beauftragt hat, in Absprache mit dem Staatssekretariat eine Mission zu leiten, die dazu beitragen soll, die Spannungen im Konflikt in der Ukraine abzubauen, in der Hoffnung, die der Heilige Vater nie aufgegeben hat, dass dadurch Wege des Friedens eingeleitet werden können“.

Der Direktor schloss mit dem Hinweis, dass „der Zeitpunkt und die Modalitäten einer solchen Mission derzeit geprüft werden“.

Papst Franziskus hatte bereits auf dem Rückflug von seiner Ungarn-Reise Ende April angedeutet, dass der Vatikan mit Blick auf den russischen Angriffskrieg gegen die Ukraine an einer Friedensinitiative beteiligt sei. „Alle wollen einen Weg zum Frieden. Ich bin bereit, alles zu tun, was nötig ist.“

„Derzeit läuft eine Mission, die aber noch nicht öffentlich ist“, sagte das Oberhaupt der katholischen Kirche am 30. April auf dem Rückflug von seiner Ungarn-Reise vor Journalisten. Weitere Details nannte er dabei nicht.

(vatican news 20)

 

Bischof Kohlgraf: Kein Erdulden von Gewalt fordern

Der Mainzer katholische Bischof Peter Kohlgraf hat das Recht angegriffener Länder auf bewaffneten Widerstand verteidigt. „Klagloses Erdulden von Gewalt“ dürfe von ihnen nicht eingefordert werden, betonte der Präsident von Pax Christi Deutschland am Freitagabend in Leipzig laut Redemanuskript.

Bei einem Kongress zum 75-jährigen Bestehen der katholischen Friedensbewegung in Deutschland sagte er, Engagement für Versöhnung dürfe nicht bedeuten, „einen Mantel des Vergessens und Verschweigens über das Leid zu decken“. Friedensarbeit müsse Schuldige zur Rechenschaft ziehen, wann immer dies möglich sei.

Gegengewalt allein keine Lösung

Mit Blick auf den russischen Angriffskrieg gegen die Ukraine räumte Kohlgraf zugleich ein, dass sich an der Frage nach der Legitimität der bewaffneten Verteidigung die Geister in der Pax-Christi-Bewegung schieden. Dazu erklärte der Bischof: „Gegengewalt allein bringt sicher noch keine zufriedenstellende Lösung.“ Widerstand und Verteidigung seien zwar legitime Formen, den Frieden zu suchen, sie müssten aber auch andere Perspektiven eröffnen. „Hass kann dauerhaft keine angemessene Reaktion des Opfers sein, da Hass das Gewaltpotenzial nur verstärkt, und auch dem geschädigten Menschen nicht hilft.“

Kohlgraf hob auch die Bedeutung des Gebets bei Pax Christi hervor. Es unterscheide das katholische Friedensengagement von dem anderer pazifistischer Bewegungen. Das Gebet sei eine starke Motivation für Versöhnungsarbeit. „Betende Menschen stellen wichtige und notwendige Fragen gegenüber einer Politik und einer Öffentlichkeit, die allein in kriegerischer und militärischer Rhetorik eine Lösung gegebener Probleme sucht.“

Bedeutung des Gebets

Die Bewegung wisse um die Herausforderungen, die mit Gewaltfreiheit verbunden seien, erklärte der Bundesvorsitzende von Pax Christi, Gerold König, beim abendlichen Festakt. „In respektvollem Umgang miteinander sehen wir die Unterschiedlichkeiten in der Herangehensweise zur Lösung von Konflikten. Aus diesen Unterschiedlichkeiten heraus formulieren wir Handlungsoptionen.“ 250 Gäste waren den Angaben zufolge in der Propsteikirche Sankt Trinitatis zugegen.

Der Vorsitzende des Pfarreirats der Propsteigemeinde Leipzig, Stefan Twardy, und Propst Gregor Giele erinnerten an die Friedliche Revolution im Herbst 1989. Oft würden Friedensaktivisten als naiv belächelt: „Und doch gibt es Momente, wo unbewaffnete Menschen eine hochgerüstete Staatsmacht in die Knie zwingen.“ Gerade weil der Weg zum Frieden oft schwierig sei, brauche es Organisationen wie Pax Christi. „Es braucht Menschen, die sich überall auf der Welt bedingungslos auf die Seite des Friedens stellen und für ihn eintreten.“

Der Papst habe sich wiederholt auf die Seite der angegriffenen Ukraine gestellt, halte zugleich aber auch Verhandlungsoptionen offen, erklärte Kohlgraf laut Redemanuskript am Sonntag bei einem Friedenskongress zum 75-jährigen Bestehen der Friedensbewegung. Er reagierte damit auf Kritik etwa der Medien an diesem Kurs.

Papst setze langfristig auf Diplomatie

Damit setze Franziskus die vatikanische Friedenspolitik und Diplomatie der vergangenen Jahrzehnte fort, sagte der Bischof. Der Papst unterscheide klar zwischen Tätern und Opfern, setze aber langfristig auf Verhandlungen und Diplomatie. „Ich kann mir nicht vorstellen, dass sich dahinter die fehlende Bereitschaft verbirgt, Verantwortung übernehmen zu wollen oder Schuld klar zu benennen.“ Kohlgraf äußerte die Hoffnung, dass der Heilige Stuhl nach einem Ende des Krieges eine für beide Seiten anerkannte Position einnehmen kann. 

Religiöse Dimension

Durch die Parteinahme des russisch-orthodoxen Patriarchen Kyrill I. für den Angriff habe der Krieg auch eine religiöse Dimension, so Kohlgraf weiter. Es werde das Feindbild einer säkularen Gesellschaft aufgebaut und der Krieg dagegengesetzt. Wenn Papst Franziskus vor diesem Hintergrund eher die diplomatischen Wege beschreite, sei dies möglicherweise der einzige Weg, religiöse Gegensätze zu überwinden und gegnerische Konfessionen an einen Tisch zu holen. (kna/kap 20)

 

 

 

P. Lombardi zu Benedikt XVI.: „Liebe für lebendige Kirche gezeigt“

 

Pater Federico Lombardi war während des Pontifikats von Benedikt XVI. Papstsprecher, mittlerweile ist er Präsident der Stiftung Joseph Ratzinger. Bei der Buchmesse in Turin spricht der Jesuit diesen Freitag über das spirituelle Erbe des bayerischen Papstes, der zum Jahreswechsel gestorben ist. Benedikt habe den Menschen noch immer viel zu sagen, so Pater Lombardi im Interview mit uns. Stefanie Stahlhofen - Vatikanstadt

Radio Vatikan: Pater Federico Lombardi, bei der Buchmesse in Turin sprechen Sie diesen Freitag über das Erbe von Benedikt XVI. Was hat er hinterlassen?

P. Federico Lombardi SJ, Präsident Stiftung Joseph Ratzinger: Ich glaube, Benedikt hat wirklich ein wunderbar großes Erbe hinterlassen. Und es lohnt sich auch, darüber immer wieder nachzudenken, in die Tiefe zu gehen. Ich werde bei meinem Vortrag besonders über die Prioritäten des Pontifikats sprechen: Die Menschen von heute zu Gott zu führen, in einer Zeit, in der es scheint, dass die Anwesenheit Gottes langsam verschwindet. Er hat die Anwesenheit Gottes und seine Liebe verkündet: Jesus Christus ist die Person, in der uns die Liebe Gottes verkündet ist. Und die Liebe von Benedikt für Jesus ist in seinem Leben zentral - auch in seiner Trilogie (der Jesusbücher Anm. d. Red.) hat er das demonstriert und auch in der Zeit nach seinem Pontifikat ist das ein großer Teil seines Erbes, glaube ich.

„Benedikt hat uns noch immer sehr viele Dinge und wichtige Elemente für unser christliches Leben heute zu geben“

Hier im Audio: Pater Federico Lombardi SJ, Präsident Stiftung Joseph Ratzinger und früherer Papstsprecher, über das geistliche Erbe Papst Benedikts XVI. (Interview von Radio Vatikan)

Für eine lebendige Kirche 

Und er hat uns seine große Liebe für die Kirche als lebendige Kirche gezeigt. Er hat immer wieder gesagt: Die Kirche lebt. Die Kirche ist lebendig. Er hat das auch während des Pontifikates immer wieder gesagt und erfahren. So hat er etwa oft von den Weltjugendtagen als Erfahrung der Lebendigkeit der Kirche gesprochen. 

„Er hat uns seine große Liebe für die Kirche als lebendige Kirche gezeigt“

Und er hatte auch einen tiefen Sinn für die Gemeinschaft der Kirche. Die Kirche, die immer auf dem Weg ist. Aber: Wir sind nicht alleine, Gott ist natürlich bei uns, auch die Gottesmutter und die Heiligen. Sie zeigen uns in einer Zeit und in einer Welt, in der wir von der Erfahrung des Übels bedrückt sind, die Anwesenheit und die Bereitschaft der Heiligen, das Evangelium konkret im tagtäglichen Leben. Das ist für uns eine große Hilfe. In diesem Sinne: Benedikt hat uns noch immer sehr viele Dinge und wichtige Elemente für unser christliches Leben heute zu geben. (vn 19)

 

 

 

 

Vatikan zieht umstrittene WJT-Briefmarke zurück

 

Das Postwertzeichen zeigt Papst Franziskus, der junge Menschen in die Zukunft führt. Allerdings hatte die Marke Kritik auf sich gezogen, weil darauf auch ein Denkmal der portugiesischen Hauptstadt zu sehen ist, das an die koloniale Vergangenheit erinnert. Eine neue Briefmarke ist in Arbeit.

Das Governatorat des Staates der Vatikanstadt, das für das Design und die Herstellung der Briefmarken verantwortlich ist, hat mitgeteilt, dass es die am 16. Mai herausgegebene Briefmarke zum Weltjugendtag in Lissabon aus dem Verkehr gezogen hat. Das Jugendtreffen findet vom 1. bis 6. August 2023 in der portugiesischen Hauptstadt statt.

Die dazu erdachte Briefmarke hatte Kritik und Verwunderung ausgelöst. Denn das Design wurde vom Denkmal der Entdeckungen (Padrão dos Descobrimentos) inspiriert. Es steht im Lissaboner Stadtteil Belém am linken Ufer des Tejo und wurde 1960 errichtet, 500 Jahre nach dem Tod Heinrichs des Seefahrers, um die portugiesischen Entdeckungen zu feiern. Auf dem Denkmal führt Heinrich der Seefahrer die Mannschaft bei der Entdeckung der neuen Welt an.

Papst und junge Menschen auf dem Weg in die Zukunft

Auf die gleiche Weise - so wird in einer Mitteilung erklärt - sollte die Briefmarke Papst Franziskus am Bug eines Bootes zeigen, das junge Menschen und die Kirche in die Zukunft führt, zur Entdeckung „dieser sich verändernden Ära“, ohne dabei in gewohnter Weise auf Sichtweite zu segeln. Oben links befindet sich das Logo des Treffens, das vor dem Hintergrund eines großen Kreuzes und eines Rosenkranzes die Bewegung der Mutter Gottes darstellt, die Elisabeth besucht, gemäß dem für den WJT gewählten Motto: „Maria stand auf und machte sich eilig auf den Weg“.

Unmittelbar nach ihrer Herausgabe löste die Briefmarke jedoch mehrere negative Kommentare aus. So stehe das Design in Verbindung mit einem bekannten Denkmal, das an eine kolonialistische Vergangenheit erinnert, hieß es. Diese sei weit entfernt von der Botschaft des Papstes und seiner Einladung zur universellen Geschwisterlichkeit. 

Die Organisatoren des Weltjugendtags erklärten, dass die vom Markenamt des Vatikans herausgegebene Briefmarke lediglich das Treffen des Papstes mit den Jugendlichen fördern sollte, ohne einen Bezug zur Vergangenheit herstellen zu wollen. Angesichts der Reaktion hat das verantwortliche Governatorat jedoch mitgeteilt, dass die Briefmarke zurückgezogen wurde und derzeit eine neue Ausgabe für den Weltjugendtag in Lissabon vorbereitet werde. (vatican news 19)

 

 

 

 

Italien: Papst Franziskus betet für Opfer der starken Regenfälle

 

Papst Franziskus ist erschüttert über das „eindrückliche Desaster“, das die italienische Region von Emilia-Romagna heimgesucht hat. Der Papst bete für die Betroffenen, schreibt der Substitut im Staatssekretariat, Edgar Peña Parra, in einem Telegramm von diesem Donnerstag. Heftige Regenfälle der vergangenen Tage haben mindestens neun Todesopfer gefordert, Tausende Menschen wurden evakuiert.

Das Telegramm aus dem Vatikan ist an den Erzbischof von Bologna und Präsidenten der italienischen Bischofskonferenz, Kardinal Matteo Zuppo, adressiert. Diesen bitte der Papst, den „Angehörigen und Freunden der Opfer“ seine aufrichtige Anteilnahme zu übermitteln. Er werde für die Verstorbenen beten und Gott um Trost für die Verletzten und Betroffenen des „schweren Unglücks“ bitten, verspricht Peña Parra im Namen des Papstes. Ebenso danke Franziskus all jenen, die sich „in diesen besonders schwierigen Stunden“ für die Nothilfe und eine Linderung des Leids Betroffener einsetzten, sowie den „diözesanen Gemeinschaften für die Bekundung von Gemeinschaft und geschwisterlicher Nähe zu den den am meisten betroffenen Einwohnern“. Papst Franziskus sende seinen Apostolischen Segen „im Zeichen besonderer spiritueller Nähe“. Abschließend versichert der Substitut, dass auch er selbst sowie Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin, der die päpstlichen Beileidstelegramme normalerweise unterzeichnet, für die Betroffenen beten werde.

Beileid der CEI

Auch die italienische Bischofskonferenz (CEI) hatte in einer Mitteilung von Donnerstag ihre Nähe zu der betroffenen Bevölkerung bekundet und ihr Gedenken im Gebet für die Opfer, die Vermissten und alle betroffenen Familien zugesichert. Sämtliche Diözesen, Pfarreien und Ordensinstitute sollten für die Bewohner der von den Überschwemmungen und Flussüberflutungen betroffenen Gebiete beten und ihnen nahe sein, so die Aufforderung der Führungsspitze der CEI.

Neun Todesopfer

Schwere Regenfälle hatten in den vergangenen Tagen insbesondere die italienische Region Emilia-Romagna heimgesucht. Besonders betroffen waren die Städte Ravenna, Cesena, Folì, Faenza und die Regionalhauptstadt Bologna, doch auch zahlreiche kleinere Orte, die teils von der Außenwelt abgeschnitten wurden. Doch auch die Adriaküste, bei Touristen ein beliebtes Reiseziel, blieb nicht verschont, dort wurden zahlreiche Straßen überflutet.

Offiziellen Angaben zufolge kamen mindestens neun Menschen ums Leben, eine genaue Anzahl Vermisster ist nicht bekannt. Mindestens 13.000 Menschen wurden evakuiert. Die lokalen Feuerwehreinheiten hätten mit Unterstützung durch auswärtige Einsatzkräfte rund 2.000 Einsätze in 48 Stunden bewältigt, geht aus offiziellen Mitteilungen von diesem Donnerstag hervor. Immer noch kommt es in betroffenen Gebieten zu Erdrutschen, zahlreiche Haushalte sind ohne Strom.

(vn18)

 

 

 

 

WJT: Mehr als 500.000 junge Leute aus fast 200 Ländern erwartet

 

Vom 1. - 6.8. wird Lissabon in Portugal zur Hauptstadt der Jugend - dann findet dort nämlich der 38. internationale Weltjugendtag der katholischen Kirche statt. Das Interesse ist groß: Bis Mitte Mai haben sich 540.000 junge Menschen aus 196 Ländern und 16.300 freiwillige Helfer gemeldet. Das berichtet im Interview mit uns Linda Ghisoni. Sie ist Untersekretärin im vatikanischen Dikasterium für Laien, Familie und Leben, das den WJT organisiert. Debora Donnini und Stefanie Stahlhofen – Vatikanstadt

 

„Diese Zahlen zeigen uns, dass es unter den Jugendlichen immer noch ein großes Interesse gibt, sich wirklich in Präsenz zu treffen, um gemeinsam zu beten und zu feiern", berichtet die Untersekretärin im Gespräch mit Radio Vatikan. Sie erinnert daran, dass der letzte Internationale Weltjugendtag 2019 in Panama war und dann die Corona-Pandemie dafür sorgte, dass die eigentlich alle drei Jahre stattfindende Veranstaltung um ein Jahr nach hinten verschoben wurde. Nun ist es aber bald soweit, noch 74 Tage bleiben für die Vorbereitungen, die natürlich auch in den 21 Bistümern im Land laufen. 

„Das Dikasterium arbeitet eng mit dem Organisationskomittee in Lissabon zusammen. Wir sehen dabei, dass die verschiedenen Bistümer in Portugal sich auch mit vielen Initiativen auf dieses Ereignis vorbereiten. Zum Beispiel gibt es ja die Pilgerreise der Symbole des Weltjugendtags - das Kreuz, die Marienikone Salus Populi Romani  - und durch diese Pilgerreise der Symbole entdecken auch die Bistümer in Portugal die Schönheit ihres Glaubens und ihrer Kultur wieder", meint Ghisoni.  

Hier im Audio: Linda Ghisoni, Untersekretärin des Vatikan-Dikasteriums für Laien, Familie und Leben, zum Weltjugendtag 2023 in Lissabon (Audio-Beitrag von Radio Vatikan)

„Großes Interesse, sich in Präsenz zu treffen, um gemeinsam zu beten und zu feiern“

Neben jungen Leuten aus aller Welt wurden bisher auch bereits 660 Bischöfe registriert, die die Teilnehmer und Teilnehmerinnen begleiten. Sie gehören teils auch verschiedenen Riten an - so sind etwa auch griechisch-katholische Maroniten dabei. Man muss aber gar nicht katholisch sein, um zum Weltjugendtag zu gehen. Grundsätzlich können alle interessierten jungen Menschen zwischen 14 und 35 Jahren dabei sein; auch wer etwas älter oder jünger ist, wird natürlich nicht ausgeschlossen. Die Jugendlichen seien offen gegenüber allen und es sei ihnen wichtig, einen inklusiven WJT zu gestalten,  betont Linda Ghisoni:

Inklusiv und umweltbewusst

„Wenn man sich die verschiedenen Ausgaben der Weltjugendtage anschaut, sieht man, dass immer mehr Menschen mit verschiedenen Beeinträchtigungen dabei sind. Es gibt zum Beispiel auch Gebärdensprache - von Jugendlichen selbst für andere Jugendliche - das war ein expliziter Wunsch, um ihren Gleichaltrigen zu helfen. Außerdem gibt es einen Solidaritäts-Fonds für arme Menschen, damit auch junge Leute, die finanzielle Schwierigkeiten haben, teilnehmen können."

„Gebärdensprache - von Jugendlichen selbst für andere Jugendliche - ein expliziter Wunsch für den WJT“

Alle Hauptveranstaltungen des Weltjugendtags sind barrierefrei und auch auf Umweltfreundlichkeit wird Wert gelegt. Es sei inzwischen auch selbstverständlich, dass alle Veranstaltungsorte hinterher wieder gesäubert werden. Vatikan-WJT-Organisatorin Ghisoni erinnert außerdem daran, dass nach dem WJT in Polen zum Beispiel junge Leute in einem Bistum Bäume pflanzten für einen neuen Park. Ein Zeichen übrigens auch dafür, dass Weltjugendtage immer über das Ereignis selbst hinaus weiterwirken:

„Es ist ein Moment der Begegnung, der Öffnung, des internationalen Austauschs, ein starker Impuls, gemeinsam mit anderen jungen Menschen zu beten, ihre Lebensgeschichten kennenzulernen und sich geeint zu fühlen. Der WJT ist wirklich nicht nur ein einzelner Moment und dann kommt der Alltag wieder. Er kann ein Impuls sein, Kirche zu erleben und das Geschenk des Heiligen Geistes , der immer dort besonders zu spüren ist, wo der Papst junge Menschen um sich versammelt und sie aufruft,  die Theosophen von heute zu sein, also Gott und die frohe Botschaft zu den Gleichaltrigen zu bringen." (vn 18) 

 

 

 

 

„Wir brechen auf“: Überlebende von Missbrauch beim Papst

 

Am 6. Mai sind 15 Betroffene von sexuellem Missbrauch vom Münchner Marienplatz aus aufgebrochen und losgeradelt. Ihr Ziel: Rom und ein Treffen am Mittwoch mit Papst Franziskus bei der Generalaudienz. Martin Mölder hat sie dort und bei ihrer Ankunft in Rom am Dienstag getroffen, neben anderen war Richard Kick vom Betroffenenbeirat des Erzbistums München und Freising dabei.

„Wir hatten unglaubliche Gespräche, sehr intensive Gespräche. Leute, die noch nie an der Öffentlichkeit waren, haben sich entschieden, an die Öffentlichkeit zu gehen und zu sprechen“, blickt Richard Kick vom Betroffenenbeirat des Erzbistums München und Freising gegenüber Radio Vatikan auf die gemeinsame Radtour nach Rom zurück, mit der die Betroffenen ein Zeichen setzen wollten.

Es geht um alle Missbrauchten weltweit

 

„Und das war mir ganz besonders wichtig, dass wir ausstrahlen, dass wir eine Gemeinschaft sind von Betroffenen im klerikalen Kontext. Dass wir aber gleichzeitig unseren Fokus geweitet haben: Es geht um alle Missbrauchten weltweit, insbesondere Kinder. Und hier wollen wir weiter (für Aufklärung, Anm.) kämpfen, denn ich glaube, wir haben bewiesen, dass wir es können.“

Kick ist immer noch bewegt, als er das sagt. Zehn Tagesetappen mit einer Länge von 60 bis 100 Kilometern liegen am Dienstagnachmittag hinter den Rad-Pilgern. Unter dem Motto „Wir brechen auf! Kirche, bist du dabei?“ wollen sie als Betroffene von sexuellem Missbrauch mit dieser besonderen Radtour zur Bewusstseinsbildung beitragen.

Endlich Empathie

„Die Betroffenen erleben bisher bei dem Thema Aufarbeitung Kampf, Misstrauen, Abwehr, Bürokratie und nicht, dass einer einfach nur nett ist.“

Robert Köhler von der Initiative „Wir-wissen-Bescheid.de“ hat die Pilgertour mitorganisiert und wahrgenommen, dass die Gruppe jeden Tag näher zusammengerückt ist. „Unter Betroffenen findet man recht schnell einen Weg, wie man miteinander umgehen muss. Wenn man an Grenzen kommt.. Das war zwei Mal so, dass zwei Leute einfach Tränen in den Augen hatten, weil sie sagen: Mensch, da ist der Bischof oder Pfarrer oder wer auch immer, die sind so nett zu mir. Die erleben bisher bei dem Thema Aufarbeitung Kampf, Misstrauen, Abwehr, Bürokratie und nicht, dass einer einfach nur nett ist. Die Liebe Gottes ist nicht empathielos.“

Bei der Generalaudienz

Mittwochmorgen sitzt die Pilgergruppe 20 Meter entfernt vom Stuhl des Papstes auf dem Petersplatz – und Franziskus nimmt sich bei der Generalaudienz Zeit für die 15 Pilgerinnen und Pilger. „Wir waren oben ganz in der Nähe des Papstes. Wir waren dann die erste Gruppe, auf die er zugekommen ist. Er war im Rollstuhl , ist dann zu uns hingefahren worden, ist dann aber aufgestanden aus dem Rollstuhl und die zwei Meter auf uns zugelaufen, hat uns begrüßt und mit uns gesprochen. Und er hat auch gesagt, das Thema ist ein sehr Schwieriges. Er betet für uns und wir sollen auch für ihn beten.“

Robert Köhler und andere der Gruppe erklären dem Papst bei der Generalaudienz das Anliegen der Radtour, die Überlebende des sexuellen Missbrauchs aus Bayern nach Rom führte. Doch Franziskus ist bereits informiert und weiß schon von der besonderen Mission. „Er war vorbereitet. Er hat mit der kurbelnden Handbewegung schon gesagt: Ah, Ihr seid die Radfahrer. Kardinal Marx hat ihm auch vorher erzählt, was wir tun, warum wir das tun, und auch als er zum Schluss gegangen ist, meinte er noch: Radelt Ihr jetzt wieder heim? Natürlich im Spaß, und das hat auch ein Stückchen Nähe gebracht.“

Ein Herz mit viel Symbolkraft und ein Appell

Die Pilgergruppe überreicht Papst Franziskus bei dem Treffen eine dreidimensionale Herz-Skulptur, Zeichen dafür, dass sie sich offene Herzen wünschen für Ihr Leid, für ihre Anliegen und für Veränderungen in der katholischen Kirche, die Missbrauch wesentlich stärker ins Bewusstsein bringen soll. Diese Botschaft ist auch beim Papst angekommen, sagt Robert Köhler. „Das Herz konnte übergeben werden, und es hat tatsächlich seine Wirkung entfaltet. Franziskus hat gemerkt, wir wollen Emotion, wir wollen Herz, wir wollen nicht Dinge für den Kopf machen. Das ist das, was auch er wollte.“

Die Gruppe überreicht dem Papst außerdem noch einen Brief. Darin formulieren die Betroffenen Forderungen zu einem strikten Umgang mit Missbrauch in der katholischen Kirche. „Wir erwarten, dass Sie alles in Ihrer Macht Stehende tun, dass in alle Winkel der Weltkirche hinein das Thema sexueller wie spiritueller Missbrauch gesehen, aufgearbeitet und durch entsprechende Präventionsmaßnahmen unterbunden wird.“ Anfänge seien zwar gemacht, aber es brauche weiterhin „ein starkes und klares Engagement aller Verantwortungsträger innerhalb der Kurie und in die Diözesen der Weltkirche hinein". Der Brief endet mit dem Appell an Franziskus: „Setzen Sie auch ein klares Zeichen gegenüber Tätern und Bischöfen, die ihrer Verantwortung nicht nachgekommen sind und diese bis heute zum Teil nicht wahrnehmen."

„Er will, dass wir weitermachen"

Gestartet vom Münchener Marienplatz ist die Pilgerguppe mit dem besonderen Anliegen rund 720 Kilometer später und nach zehn Tagen auf dem Petersplatz angekommen. Die zum Teil physisch und psychisch anstrengende Radtour hat sich gelohnt, sagt Robert Köhler, auch für ihn persönlich.

„Ja, ich nehme mit, dass der Vatikan uns wertgeschätzt hat, dass der Papst uns wertgeschätzt hat. Und diese Wertschätzung können wir, wenn wir weiter an dem Thema wirken - also Aufarbeitung machen, uns um Betroffene kümmern - auch mitnehmen. Und wir können jedem in der katholischen Kirche, der nicht will, einfach sagen: Wir waren beim Papst und der will, dass wir weitermachen.“

Am Donnerstag ist ein Treffen der Gruppe mit dem deutschen Präventionsexperten Hans Zollner geplant. Der Jesuit leitet das Safeguarding-Institut für Anthropologie an der Päpstlichen Universität Gregoriana in Rom.

(mm 17)

 

 

 

 

Caritas Internationalis: Schotte wird Generalsekretär, Australierin wird Präsidentin

 

Der Schotte Alistair Dutton ist an diesem Montagabend zum Generalsekretär von Caritas Internationalis gewählt worden. Er wird den Caritasverband, der 162 nationale Caritas-Mitgliedsorganisationen umfasst, bis 2027 als Generalsekretär leiten. Seine Wahl erfolgt zwei Tage nach der Wahl des Erzbischofs von Tokio, Tarcisio Isao Kikuchi, zum neuen Präsidenten des humanitären und entwicklungspolitischen Arms der katholischen Kirche.

Der derzeitige Exekutivdirektor von Caritas Schottland verfügt über mehr als 25 Jahre Erfahrung im humanitären Bereich und hat Projekte in mehr als 70 Ländern geleitet. Von 2009 bis 2014 war er humanitärer Direktor von Caritas Internationalis.

„In den letzten drei Jahrzehnten war es für mich ein großes Privileg, der Caritas zu dienen. Die Caritas ist mein Zuhause, meine Familie und meine Berufung“, sagte der 11. Generalsekretär von Caritas Internationalis den an der Generalversammlung teilnehmenden Delegierten der Caritasverbände. „Ich verspreche, demütig zuzuhören, nachdenklich zu sein und Brücken zu bauen. Ich verspreche, die Einberufungsbefugnis des Generalsekretärs zu nutzen, um die Konföderation gemeinsam voranzubringen“, sagte er weiter.

Bezug zur Caritas

Dutton arbeitete erstmals 1996 mit der Caritas zusammen. „Seitdem hat mich meine Reise mit der Caritas durch die ganze Welt geführt. Vom Krieg im Kosovo, in Darfur, im Irak, in Liberia und Syrien über Tsunamis in Asien, Erdbeben in Haiti, Indien, Indonesien und Chile bis hin zu Konflikten, die aus Gier und der Ausbeutung von Reichtum in Afrika entstanden sind, Vertreibungswellen im Nahen Osten und den Verwüstungen, die durch den Klimanotstand und extreme Wetterverhältnisse verursacht wurden: Wirbelstürme und Überschwemmungen in Pakistan, Myanmar, Indien und Bangladesch; Ernährungskrisen in so vielen Ländern Afrikas von der Sahelzone bis Somalia, vom Sudan bis Simbabwe; und die erschreckende Realität der sinkenden Inselstaaten im Pazifik“, sagte er.

Im Jahr 2014 war Dutton auch CEO des Sphere Project, einer internationalen Organisation für humanitäre Standards. Von 2005 bis 2009 war er außerdem Leiter des Referats für humanitäre Programme für Afrika von „Christian Aid“.

Kirsty Robertson wird Vizepräsidentin

An diesem Montag wurde auch Kirsty Robertson zur neuen Vizepräsidentin von Caritas Internationalis gewählt. Sie ist seit 2019 die Geschäftsführerin von Caritas Australien. Zuvor war sie in verschiedenen Positionen bei Caritas Australien tätig, unter anderem als Pacific Programs Coordinator und Communications Group Leader. Sie war CEO von Mary MacKillop Today und hatte zahlreiche Führungspositionen in anderen glaubensbasierten Hilfs- und Entwicklungsorganisationen inne. (vatican news 16)