Webgiornale 1-15 giugno 2025

 

Inhaltsverzeichnis

1.     Come votare all’estero per i referendum di giugno. Cosa si vota e perché votare. 1

2.     Referendum all’estero: al consolato le schede votate devo arrivare entro il 5 giugno. 1

3.     Economia Ue, previsioni in chiaroscuro. Crescita moderata, contesto incerto. 1

4.     Perché Washington non è riuscita a porre fine alla guerra russo-ucraina. 1

5.     Gli europei si fidano dell’Ue più che dei propri governi 1

6.     Cittadinanza italiana: la stretta è legge, ecco cosa cambia. 1

7.     La situazione giuridica dei richiedenti asilo in Germania secondo la nuova politica di respingimento alle frontiere. 1

8.     L’UE e le tensioni con Israele: revisione diplomatica. 1

9.     Istat. 156mila italiani all’estero nel 2024 (+36,5 per cento sul 2023) 1

10.  Un nuovo inizio per la Germania di Merz. 1

11.  Merz: la Germania avrà l’esercito più forte d’Europa. “La forza scoraggia l’aggressività”. 1

12.  Giugno 2025: nuove regole in Germania. 1

13.  Berlino: la riunione annuale del Sistema Italia e di coordinamento consolare. 1

14.  Cosmo Italiano. I temi delle ultime puntate. 1

15.  Brevi di politica e cronaca tedesca. 1

16.  Comites Saar. Il legame inscindibile tra gli italiani all’estero e la loro terra d’origine. 1

17.  In morte di Falcone. Le Acli Baviera sulla strage di Capaci 1

18.  A Wolfsburg l’Ambasciatore Fabrizio Bucci 1

19.  A Francoforte e Darmstadt il “Galileo Galilei Science&Space Festival”. 1

20.  Dachau. Una giornata indimenticabile…per non dimenticare. 1

21.  Dresda. L’ambasciatore Bucci visita il nuovo laminatoio Feralpi Stahl a Riesa. 1

22.  Würzburg e Siracusa unite da un gemellaggio ufficiale. 1

23.  In Ambasciata a Berlino esponenti di GITEX Europe. 1

24.  “Identità oltre confine”: la Collezione Farnesina festeggia i 25 anni a Berlino. 1

25.  Amburgo: al “Caffè Letterario” dell’IIC il 3 giugno incontro letterario. 1

26.  Psichiatria. Eredità e impulsi fra Germania e Italia. 1

27.  Da Brexit al riavvicinamento: il vertice UE–Regno Unito riaccende il dialogo. 1

28.  Una vita senza crisi?. 1

29.  Il complesso allargamento europeo verso i Balcani 1

30.  Addio alla carta d’identità cartacea dal 2026. 1

31.  La penisola dei controsensi 1

32.  Rapporto Istat 2024. Povertà, accesso alle cure ed emergenza abitativa: “tre bombe sociali”. 1

33.  Cittadinanza: l’esame alla Camera. 1

34.  Il diritto di famiglia compie 50 anni. Mattarella sugli attuali problemi 1

35.  Repubblica in ombra?. 1

36.  La Camera ha approvato il cosiddetto “decreto Albania”. Il testo passa ora al Senato. 1

37.  Referendum cittadinanza: sono 1,4 milioni i potenziali beneficiari, tra cui 284 mila minori 1

38.  Cittadinanza. ACLI: tagliare le radici non ci renderà più forti 1

39.  Dl cittadinanza, Carè (Pd): non una riforma, ma ferita profonda contro italiani all'estero. 1

40.  L’industria italiana alla sfida verde: il dilemma tra competitività e decarbonizzazione. 1

41.  La partitocrazia. 1

42.  Cittadinanza: il Senato approva la riforma in prima lettura. 1

43.  I figli degli italiani nati all’estero? Non più automaticamente italiani 1

44.  Camera. Alla Commissione Affari Costituzionali il dl sulla cittadinanza. 1

45.  XVI Congresso dell’Unione dei Consoli Onorari d’Italia nel Mondo. 1

46.  I genitori italiani…non trasmettono più la cittadinanza?. 1

47.  Il 14 giugno a Sulmona il premio nazionale Pratola. 1

48.  Camera. Parere favorevole della Commissione Esteri al DL sulla cittadinanza. 1

49.  Referendum. FIEI: Votiamo tutti, votiamo sì 1

50.  A Cosenza la 34ª Convention Mondiale delle Camere di Commercio Italiane all’Estero. 1

51.  A Bruxelles la XIX Conferenza dei Ricercatori Italiani nel Mondo. 1

52.  Cittadinanza: la legge in Gazzetta Ufficiale. 1

53.  Sardegna: approvato il piano triennale per l’emigrazione. 1

54.  Assegno di inclusione negato agli italiani che rimpatriano. 1

55.  Eletti all’estero Pd: niente detrazioni figli a carico dal governo. Italiani all’estero penalizzati 1

56.  Turismo delle Radici. Tavolo tecnico: il progetto è un’eccellenza italiana. 1

 

 

1.     Kabinett beschließt Verschärfungen für geflüchtete Familien und schnell Integrierte. 1

2.     Das erschöpfte Land. 1

3.     Schuldenreport 2025. Viele arme Länder leiden unter hoher Schuldenlast. 1

4.     Parolin: Frieden für Gaza und die Ukraine. 1

5.     Mythos Ablehnung. 1

6.     AfD-Verbot: Jeder zweite Deutsche für Parteiverbotsverfahren. 1

7.     Riviera der Ruinen. 1

8.     NGOs fordern Systemreformen für faire Entwicklung. 1

9.     Statistikamt. Jeder vierte Mensch in Deutschland hat Einwanderungsgeschichte. 1

10.  „Täglich wird der Ukraine Ungerechtigkeit angetan“. 1

11.  Hilfe für Gaza: Kirchenvertreter schließen sich Papstappell an. 1

12.  Kommission fordert neue Strategie im Umgang mit dem Globalen Süden. 1

13.  Rechtsterrorismus. „Letzte Verteidigungswelle“ plante Anschläge auf Asylunterkünfte. 1

14.  Vatikan und Italien erörtern Möglichkeiten für Ukraine-Friedensdialog. 1

15.  Global Report on Food Crises. Zahl der Hungernden 2024 auf neuem Höchststand. 1

16.  Was ändert sich im Migrationsrecht - und was sagen Fachleute?. 1

17.  Eine Hand wäscht die andere. 1

18.  Kriminalisierung von Seenotrettung. 1

19.  DAAD-Jahresbericht. Wissenschaftsaustausch trotzt weltweiter Unsicherheit. Positive Bilanz für 2024. 1

20.  „Report Globale Flucht 2025“. Migrationsexperten kritisieren nationalen Kurs deutscher Asylpolitik. 1

21.  Vatikan/UNO: Erneuerung und Zusammenarbeit 1

22.  Aktionstag gegen den Schmerz am 3. Juni 2025. 1

23.  Asylpolitik. Merz: Italienisches Albanien-Modell eine Option für Deutschland. 1

24.  Bevölkerung offen für Pflichtversicherung gegen Klimaschäden. 1

25.  Bundeskanzler Merz: Vatikan als Friedensvermittler. 1

26.  Appell an Bundesregierung. Familiennachzug verbessern statt stoppen. 1

27.  Afrika: Bischöfe werfen EU Ausnutzung vor. 1

28.  Der italienische Film VERMIGLIO kommt ins Kino! 1

 

 

 

Come votare all’estero per i referendum di giugno. Cosa si vota e perché votare

 

Vediamo i quesiti del referendum dell’8 e 9 giugno. I referendum sono abrogativi, cioè votare SÌ significa cancellare una legge o una parte di una legge. Votare NO significa lasciare le cose come stanno.

COME SI VOTA

Il voto all’estero è riservato agli iscritti/e AIRE e per chi è fuori da almeno 3 mesi dall’Italia, in questo caso bisogna fare richiesta al comune di residenza.

Il plico elettorale ti arriverà a casa entro il 21 maggio all’indirizzo che hai depositato nell’elenco AIRE.

Se entro il 21 maggio non ricevi il plico, puoi richiedere un duplicato al tuo consolato entro il 25 maggio.

Vediamo i quesiti del referendum. I referendum sono abrogativi, cioè votare SÌ significa cancellare una legge o una parte di legge. Votare NO significa lasciare le cose come stanno.

CHE COSA SI VOTA: I QUESITI

Quesito 1. Abrogazione del decreto legislativo n.23/2015: REINTEGRO

Attualmente è così:

se chi lavora in un’impresa con più di 15 dipendenti viene licenziato/a senza un motivo valido e fa ricorso per avere giustizia e il giudice gli dà ragione, succede però che non può riprendere il suo posto di lavoro se è stato assunto dopo il 7 marzo 2015, viene reinserito sul posto di lavoro se invece l’assunzione è avvenuta prima del 7 marzo 2015.

Vota SÌ se vuoi che il reintegro sia indipendente dalla data di assunzione.

Vota NO se vuoi lasciare le cose come stanno.

Quesito 2. Abrogazione dell’art. 8 della legge n. 604/1966: RISARCIMENTO

Attualmente è così:

se chi lavora in un’impresa con meno di 16 dipendenti viene licenziato/a senza giustificato motivo, fa ricorso alla giustizia e il giudice gli dà ragione, riprende il suo posto di lavoro e riceve un indennizzo di sei mensilità. Per le piccole imprese che in Italia sono tantissime, si parla di oltre 3 milioni e 700.000 unità, la tutela delle lavoratrici e lavoratori è limitata sia nel tempo, soltanto per sei mesi, ma anche l’indennità è inferiore a quella data dalle grandi imprese. Quindi questo quesito vuole equiparare la tutela delle piccole imprese a quella delle grandi imprese

Vota SÌ se vuoi che sia il giudice a stabilire il risarcimento.

Vota NO se vuoi lasciare che siano sono le sei mensilità.

Quesito 3. Abrogazione dell’art.19 del decreto legislativo n.81/2015: LIMITAZIONE CONTRATTI A TERMINE

Attualmente è così:

si possono fare contratti di lavoro a termine di 12 mesi per quasi tre anni senza darne la motivazione, mantenendo più a lungo in condizioni di precariato il lavoratore o la lavoratrice. In Italia, rispetto a quanto indicato dall’Unione europea il lavoro precario è stato aumentato a 32 mesi: mentre la normativa europea prevede 24 mesi.

Inoltre non è stato sempre così: in passato bisognava i motivi previsti dalla legge per stipulare un contratto a termine di 12 mesi.

Vota SÌ per limitare l’uso dei contratti a termine.

Vota NO per lasciare le cose come stanno.

Quesito 4. Abrogazione dell’art. 26 comma 4 del decreto legislativo 81/2008: SICUREZZA

Attualmente le regole degli appalti sono così:

un committente appalta dei lavori a un’impresa X che a sua volta subappalta dei lavori un’altra impresa Y. Questa subappalta a sua volta una parte dei lavori a un’impresa Z. Quando succede un incidente di solito la responsabilità per la tutela del lavoratore ricade sull’ultima azienda nella quale sta operando il lavoratore mentre invece quello che si chiede è che la possibilità vada rimessa all’azienda capofila, quindi a chi ha vinto l’appalto e a chi dopo subappalta. Molto spesso coloro che sono state vittime di incidenti sul lavoro non possono rifarsi sulla ditta subappaltatrice perché magari è già stata chiusa.

Vota SÌ per responsabilizzare il committente che appalta.

Vota NO per lasciare le cose come stanno.

Quesito 5. Abrogazione dell’art. 9 della legge n91/199: TEMPO PER RICHIESTA CITTADINANZA

Attualmente è così:

un/a cittadino/a proveniente da un paese extra UE già legalmente soggiornante in Italia, paga le tasse, non ha pendenze con la giustizia, conosce la lingua italiana e ha un reddito non al di sotto di 16.000 euro OGGI può fare domanda per avere la cittadinanza se ha vissuto legalmente e continuativamente 10 ANNI in Italia. Sono pochissime nell’Unione europea i Paesi che hanno un limite così alto, la maggior parte con tre o cinque anni possono avere accesso.

Il referendum chiede che siano sufficienti 5 ANNI di residenza legale per fare domanda di cittadinanza, che non significa ottenerla automaticamente.

Vota Sì se vuoi abbassare a 5 anni il tempo richiesto prima di fare domanda di cittadinanza.

Vota No se vuoi mantenere i 10 anni prima che si possa fare domanda di cittadinanza.

PERCHÉ ANDARE A VOTARE

Il referendum è uno strumento di democrazia diretta, dove gli aventi diritto al voto, si esprimono spesso su quesiti tecnici, su pezzetti di leggi, a volte di difficile decifrazione. I referendum abrogativi stralciano un pezzo della legge senza intaccarne il resto, per questo i quesiti possono risultare tecnici o complicati. I quesiti dell’8 e 9 giugno sono invece semplici e comprensibili. Il referendum poi sarà valido se parteciperanno al voto la metà degli aventi diritto al voto più uno.

Leggiamoli e comprendiamone il senso. Viviamo in Germania, a noi queste norme non toccano direttamente. Però come cittadini e cittadine italiane siamo chiamati a esprimerci su temi che possono significare il bene di nostri concittadini in Italia. Non è questo un motivo sufficiente per andare a votare?

La nostra repubblica è fondata sul lavoro: il lavoro è un aspetto imprescindibile per la vita e per garantire una prospettiva di vita dignitosa. Se il lavoro è precario, non tutelato, addirittura pericoloso per l’incolumità della persona, i lavoratori e le lavoratrici diventano soggetti ricattabili in una spirale verso il basso di lavori sempre più precari, sempre meno protetti e, a volte, anche meno dignitosi.

HAI BISOGNO DI ALTRE INFORMAZIONI?

In Germania si è formato un comitato per il SÌ ai referendum di diversi soggetti presenti sul territorio il cui scopo è far conoscere i quesiti in incontri pubblici. Puoi fare domande ed esprimere i tuoi dubbi.

Queste le città e gli appuntamenti per gli incontri informativi: il 14 maggio c’è stato a Wolfsburg; il 16 a Colonia; il 17 a Francoforte; il 27 sulla cittadinanza a Monaco; a Stoccarda non c’è ancora una data.

Sui social instagram: https://www.instagram.com/referendum5si_germania/  e https://www.facebook.com/profile.php?id=61575941426579&locale=de_DE  si possono avere più informazioni sugli incontri dei comitati.

Il comitato in Germania per promuovere il SÌ al referendum è costituito da diversi soggetti promotori: Filef (Federazione italiana lavoratori emigranti e famiglie), i patronati Inca-Cgil, Acli, Ital-Uil, le quattro sezioni ANPI Germania, Rete Donne, i circoli PD, il Movimento 5 Stelle, l’associazione Possibile, il tavolo e il comitato NOAD (no autonomia differenziata) a cui hanno aderito diversi comitati territoriali.

Non è giunta finora conoscenza in redazione che esista un comitato in Germania che sostenga il NO, né esiste, sempre per quanto ne siamo finora a conoscenza, un comitato in Germania che sostenga l’astensione. Paola Colombo, CdI on. 15

 

 

 

 

 

Referendum all’estero: al consolato le schede votate devo arrivare entro il 5 giugno

 

Da domenica  25 maggio i connazionali che non hanno ancora ricevuto il plico elettorale per il voto per corrispondenza in occasione dei referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno al proprio indirizzo di residenza possono richiederne un duplicato all’ufficio consolare.

La richiesta di duplicato potrà essere presentata di persona presso l’Ufficio consolare o inviata via posta, oppure via posta elettronica agli indirizzi indicati dalle sedi consolari. La richiesta dovrà essere accompagnata da un valido documento di riconoscimento.

Gli elettori che richiederanno il duplicato del plico elettorale dovranno dichiarare di essere consapevoli delle responsabilità penali conseguenti al doppio voto, previste dall’art. 18, comma 2, della Legge 459/2001, secondo il quale: “Chiunque, in occasione delle elezioni delle Camere e dei referendum, vota sia per corrispondenza che nel seggio di ultima iscrizione in Italia, ovvero vota più volte per corrispondenza è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 52 euro a 258 euro”.

Effettuate le opportune verifiche, il Consolato competente fornirà le necessarie indicazioni agli interessati per il rilascio del duplicato. Il duplicato potrà essere spedito all’indirizzo di residenza dell’elettore richiedente (se sussistono i tempi per la ricezione del plico) o rilasciato di persona, negli orari di apertura dell’Ufficio consolare.

Le sedi consolari hanno anche previsto delle aperture straordinarie esclusivamente per il rilascio dei duplicati dei plichi elettorali.

Le buste preaffrancate contenenti le schede votate dovranno pervenire ai Consolati tassativamente entro le ore 16:00 di giovedì 5 giugno 2025.

(aise/dip 22) 

 

 

 

 

 

Economia Ue, previsioni in chiaroscuro. Crescita moderata, contesto incerto

 

Valdis Dombrovskis ha presentato le Previsioni economiche di primavera. Qualche elemento positivo, ma l'orizzonte preoccupa. “Non possiamo abbassare la guardia. I rischi - ha affermato - per le prospettive rimangono orientati al ribasso, quindi l'Ue deve adottare misure decisive per rafforzare la nostra competitività". Fra le incognite i dazi di Trump – di Gianni Borsa

“L’economia dell’Unione europea ha iniziato il 2025 con una base leggermente più solida del previsto. Si prevede che continuerà a crescere a un ritmo modesto quest’anno, con un’accelerazione prevista nel 2026, nonostante l’accresciuta incertezza politica globale e le tensioni commerciali”. Questo è l’orizzonte complessivo che emerge dalle oltre 200 pagine delle Previsioni economiche di primavera, illustrate il 19 maggio a Bruxelles da Valdis Dombrovskis, commissario per l’economia.

Schiarita (forse) nel 2026. La Commissione prevede una crescita del Pil reale dell’1,1% nel 2025 nell’Ue e dello 0,9% nell’area dell’euro, sostanzialmente allo stesso ritmo registrato nel 2024. Nel 2026, si prevede un’accelerazione della crescita all’1,5% nell’Ue e all’1,4% nell’area dell’euro. Si ritiene che l’inflazione complessiva nell’area dell’euro rallenterà dal 2,4% nel 2024 a una media del 2,1% nel 2025 e dell’1,7% nel 2026. Nell’Ue27, l’inflazione dovrebbe seguire una dinamica simile. Valdis Dombrovskis ha affermato, commentando i numeri: “L’economia dell’Ue sta dimostrando resilienza in un contesto di forti tensioni commerciali e di un’impennata dell’incertezza globale. Sostenuta da un mercato del lavoro solido e da salari in aumento, si ritiene che la crescita continuerà nel 2025, seppur a un ritmo moderato. L’inflazione sta diminuendo più rapidamente di quanto previsto ed è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo del 2% quest’anno”. Ma il commissario ha subito aggiunto: “Non possiamo abbassare la guardia. I rischi per le prospettive rimangono orientati al ribasso, quindi l’Ue deve adottare misure decisive per rafforzare la nostra competitività”.

Dazi e incertezza dei mercati. A ben guardare, le Previsioni economiche diffuse dalla Commissione europea non segnalano prospettive rosee. La frenata dell’economia Ue è dovuta “in gran parte all’indebolimento delle prospettive del commercio globale e alla maggiore incertezza sulle politiche commerciali”. Le Previsioni di primavera si basano su alcune ipotesi relative ai dazi commerciali, che potrebbe turbare – fortemente – l’economia mondiale. “Una revisione al ribasso” dei dati economici globali “riflette in gran parte un indebolimento delle prospettive sia per gli Stati Uniti che per la Cina. Il rallentamento del commercio globale è ancora più marcato”.

Creazione di posti di lavoro. “Nel 2024, la continua espansione dell’occupazione ha portato alla creazione di 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro nell’Ue, raggiungendo così un nuovo record per il numero di posti di lavoro nell’Unione”. In un quadro previsionale piuttosto fosco, la Commissione segnala dunque una nota positiva in relazione all’occupazione. Nonostante la modesta crescita economica, “si prevede che l’occupazione aumenterà di altri 2 milioni di posti di lavoro entro la fine dell’orizzonte di previsione”. Si immagina cioè che il tasso di disoccupazione scenderà a un nuovo minimo storico del 5,7% nel 2026. Sui salari si legge: “Dopo essere aumentata del 5,3% nel 2024, la crescita dei salari nominali rallenterà nel 2025 e nel 2026”. L’aumento dei salari non riguarda però tutti i Paesi: ad esempio l’Italia ne è esclusa.

Qualche auspicio. Sono molteplici le osservazioni macroeconomiche proposte dalla Commissione: riguardano appunto l’inflazione in calo, il lavoro in aumento, il deficit in lievitazione. D’altro canto, ciò che preoccupa maggiormente la Commissione rimane il “clima generale”. “Un’ulteriore frammentazione del commercio globale potrebbe mitigare la crescita del Pil e riaccendere le pressioni inflazionistiche. Anche le catastrofi legate al clima sono più frequenti e rimangono una fonte persistente di rischio al ribasso per la crescita”. Sul fronte positivo, un’auspicabile “distensione delle tensioni commerciali tra Ue e Stati Uniti o una più rapida espansione degli scambi commerciali dell’Ue con altri Paesi, anche attraverso nuovi accordi di libero scambio, potrebbero sostenere la crescita” economica dell’Europa a 27.

Focus sui dati italiani. Tornando all’analisi dei numeri contenuti nelle Previsioni economiche, è possibile qualche affondo sull’economia italiana e comparazioni su scala europea. Il dato del Pil segnala che l’Italia crescerà (stando alle attuali previsioni di Bruxelles) dello 0,7% quest’anno (come nel 2024), per salire allo 0,9% nel 2026. Dati molto negativi per la Germania: in recessione lo scorso anno (-0,2%), stagnante nel 2025 (0,0%) per riprendersi solo nel 2026 (1,1%). Meglio la Francia: rispettivamente, sui tre anni, 1,2% nel 2024, poi 0,6 quest’anno e quindi 1,3 nel 2026. Risultati migliori per le altre due principali economie europee, ossia Spagna e Polonia (crescita del Pil tra il 2 e il 3%). Per quanto riguarda ancora l’Italia: il deficit passerà dal 3,3% sul Pil quest’anno al 2,9 nel 2026; il debito continuerà a crescere: 136,7% nel 2025 (era al 135,3 lo scorso anno), raggiungendo il 138,2 nel 2026. Sir 23

 

 

 

 

 

Perché Washington non è riuscita a porre fine alla guerra russo-ucraina

 

All’inizio del XIX secolo, uno dei padri fondatori degli studi moderni sulla guerra, il generale e storico militare tedesco Carl von Clausewitz, commentò le guerre napoleoniche con queste parole: “Il conquistatore è sempre amante della pace; preferirebbe di gran lunga entrare tranquillamente nel nostro Stato”. Questa osservazione rimane valida per la maggior parte delle aggressioni militari. Tuttavia, l’idea di base di Clausewitz è stata ignorata dalla maggior parte degli europei nella loro interpretazione del comportamento di Mosca dopo l’inizio della guerra russo-ucraina nel 2014.

Gran parte della diplomazia e dei commenti europei fino al 2022 si sono invece basati sul presupposto che l’insistenza pubblica del Cremlino sulla pacificità delle proprie intenzioni nei confronti di Kyiv implicasse che si potessero e si dovessero negoziare e moderare gli obiettivi e il comportamento della Russia in Ucraina. Questo presupposto inappropriato ignorava che Putin preferiva semplicemente una rapida e facile resa dell’Ucraina alla Russia piuttosto che una campagna militare dall’esito incerto contro Kyiv. Quando, undici anni fa, la Russia ha annesso la Crimea e invaso segretamente l’Ucraina orientale continentale, la guerra in quanto tale non comportava alcun vantaggio per Putin e il suo entourage. Il metodo preferito era invece una sovversione ibrida dell’Ucraina tramite agenti russi e forze minori piuttosto che un’occupazione violenta della maggior parte del territorio ucraino da parte di decine di migliaia di soldati russi regolari.

Negli ultimi tre anni, tuttavia, sia il ruolo dell’invasione militare russa dell’Ucraina, ora su vasta scala, per il regime di Putin, sia la comprensione europea delle motivazioni e del comportamento di Mosca, sono cambiati. Da un lato, la guerra stessa ha acquisito una funzione stabilizzante per il sistema politico russo, che si basa su un’ideologia sempre più estremista, un’economia militarizzata e una società mobilitata. Dall’altro lato, la maggior parte dei politici, diplomatici ed esperti europei, in questo contesto così cupo, nutrono oggi molte meno illusioni rispetto a dieci anni fa sul presunto amore di Putin per la pace.

Al contrario, la percezione finora largamente adeguata della strategia di Mosca a Washington è stata sostituita, dal gennaio 2025, da un approccio escapista alla guerra russo-ucraina. Il grado di ingenuità politica, indifferenza morale e dilettantismo diplomatico della nuova amministrazione statunitense nei suoi primi quattro mesi di mandato è stato sorprendente. Anche alla luce delle aberrazioni della prima presidenza Trump del 2017-2021, l’inadeguatezza delle dichiarazioni e delle azioni della Casa Bianca negli ultimi mesi riguardo alla guerra russo-ucraina ha provocato onde d’urto in Europa e altrove. Si sospetta che non solo l’infantilismo strategico, ma anche il rispetto politico e persino la simpatia personale dell’amministrazione Trump per Putin abbiano guidato i recenti zigzag degli Stati Uniti.

Quattro mesi di diplomazia itinerante e tentativi di mediazione da parte degli Stati Uniti hanno ottenuto ben poco. Anche i risultati della conversazione di due ore di questa settimana tra Trump e Putin sono stati scarsi. Certo, dopo la loro telefonata, entrambi i presidenti hanno parlato di successo.

Tuttavia, non ci sono risultati tangibili delle intense trattative trilaterali tra Washington, Mosca e Kyiv, né delle interazioni dirette tra i presidenti degli Stati Uniti e della Russia. Putin ha chiarito che non c’è e non ci sarà presto alcun cessate il fuoco. Trump ha annunciato che dovrebbero esserci negoziati diretti tra Russia e Ucraina, come se i due paesi non stessero già negoziando tra loro, in diversi formati, da più di undici anni.

Nel suo commento orale alla telefonata di lunedì, Putin ha di fatto provocato l’Ucraina, gli Stati Uniti e l’intero Occidente in due modi. In primo luogo, il termine che la Russia ha recentemente introdotto e che Putin ha utilizzato per definire l’obiettivo primario da raggiungere nei prossimi negoziati è “memorandum”. Chiunque conosca la storia delle relazioni russo-ucraine nel periodo post-sovietico sa che esiste già un “memorandum” storico in materia di sicurezza firmato da Mosca e Kyiv (nonché da Washington e Londra) nella capitale ungherese più di 30 anni fa. Si tratta del famigerato “Memorandum sulle garanzie di sicurezza in relazione all’adesione dell’Ucraina al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari”, fornito nel dicembre 1994 dai tre Stati depositari di questo trattato all’Ucraina.

Nel Memorandum di Budapest, Mosca aveva garantito che non avrebbe attaccato l’Ucraina in cambio dell’accordo di Kyiv di consegnare tutte le sue testate atomiche alla Russia. Washington e Londra, a loro volta, avevano assicurato a Kyiv il rispetto dei confini e della sovranità ucraini. Dopo aver palesemente calpestato la lettera e lo spirito del Memorandum di Budapest per undici anni, il Cremlino offre ora di firmare un altro “memorandum” russo-ucraino.

In secondo luogo, Putin non ha escluso, nel suo commento dopo aver parlato con Trump, che i futuri negoziati con Kyiv possano portare a una tregua. Tuttavia, il presidente russo ha aggiunto che, anche “se saranno raggiunti accordi adeguati”, un “possibile cessate il fuoco” sarebbe solo “per un certo periodo di tempo”. Anche se i negoziati avranno successo, l’armistizio sarà quindi solo temporaneo.

Questa avvertenza di Putin è un’ammissione appropriata: l’economia di guerra russa e la mobilitazione militare della popolazione sono ormai così avanzate che non possono essere facilmente fermate. Mosca non è più in grado di interrompere bruscamente e in modo permanente le operazioni belliche. Cosa accadrebbe alle centinaia di migliaia di soldati arruolati, alla produzione di armi su larga scala, al bellicismo sistematico e alle intense campagne ucrainofobiche in molti ambiti della vita sociale russa (istruzione, media, cultura, ecc.) se improvvisamente si instaurasse una pace permanente?

Questi e altri segnali simili provenienti da Mosca consentono di trarre un’unica conclusione: per porre fine alla guerra russo-ucraina, la Russia deve subire una sconfitta umiliante sul campo di battaglia. La lezione del passato è inoltre che i fallimenti militari russi hanno innescato una liberalizzazione interna, come le Grandi Riforme dopo la guerra di Crimea del 1854-1856 o l’introduzione del semicostituzionalismo dopo la guerra russo-giapponese del 1904-1905. Uno dei fattori determinanti della Glasnost e della Perestrojka fu il disastroso fallimento dell’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979-1989.

L’imperialismo russo non sarà neutralizzato da negoziati, compromessi o concessioni. Al contrario, tali approcci non fanno che promuovere un ulteriore avventurismo estero da parte di Mosca e un’escalation militare lungo i confini della Russia. Un giorno il Cremlino porrà fine alle guerre espansionistiche della Russia e al terrore genocida contro i civili in Ucraina e altrove. Ma affinché ciò avvenga, il popolo russo deve prima iniziare a credere che tale comportamento non può portare alla vittoria, può innescare il collasso interno e sarà punito con determinazione. Andreas Umland, AffInt 21

 

 

 

 

 

Gli europei si fidano dell’Ue più che dei propri governi

 

E in Italia il divario è ancora più netto, secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometro

L’Unione Europea convince sempre di più. A dirlo non sono solo gli addetti ai lavori, ma milioni di cittadini europei. Secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometro il 52% degli europei si fida dell’Ue, la percentuale più alta dal 2007. In un contesto globale instabile, con guerre alle porte e sfide interne ancora irrisolte, la fiducia nei confronti delle istituzioni europee cresce. A crederci di più sono i giovani, con il 59% degli under 25 che esprime fiducia nell’Unione.

È un’inversione di tendenza significativa. Nonostante le crisi degli ultimi anni — dal Covid alla guerra in Ucraina — Bruxelles viene vista sempre più come un attore affidabile, capace di reagire, di mediare e di rappresentare un punto fermo. La Commissione europea ottiene la stessa percentuale di fiducia (52%), ben al di sopra dei governi nazionali (36%) e dei parlamenti nazionali (37%).

L’Italia segue questa linea, ma con una particolarità: la fiducia verso l’Ue è alta (49%), ma il distacco dalle istituzioni italiane è ancora più netto. Solo il 34% degli italiani si fida del governo, e appena il 28% del sistema giudiziario nazionale. La Commissione europea raccoglie quasi il doppio del consenso. È un divario profondo che segnala un problema interno serio: quando Roma vacilla, Bruxelles rassicura.

Eppure, l’Italia non è un’eccezione: il 75% degli europei si sente cittadino dell’Ue, e il 62% è ottimista sul futuro dell’Unione. Nonostante le divisioni politiche, l’Europa si dimostra un’ancora di stabilità in tempi di turbolenza.

L’euro convince (quasi) tutti

C’erano tempi — nemmeno troppo lontani — in cui l’euro era il bersaglio facile di ogni malessere economico. Oggi, i numeri raccontano una realtà capovolta. Il 74% degli europei sostiene la moneta unica, l’83% nell’area euro. Mai così in alto. L’euro ha smesso di essere il capro espiatorio per diventare una certezza economica e politica.

In Italia, Paese storicamente diviso sull’euro, il consenso è al 71%. Più basso della media, ma comunque stabile e decisamente superiore a quello espresso durante gli anni della crisi del debito. Anche tra i più critici, l’euro è ormai percepito come una garanzia. Il segnale è chiaro: chi ha la moneta unica, oggi, non la vuole più cambiare.

Nonostante una visione ancora pessimista dell’economia (48% degli europei la giudica negativa), l’euro non viene più associato alla recessione, ma alla stabilità. Il 44% dei cittadini ritiene che l’economia dell’Ue sia in buona salute. E il 43% prevede che resterà stabile nei prossimi 12 mesi. In un contesto globale in cui le economie emergenti guadagnano terreno e le tensioni commerciali si moltiplicano, l’euro rappresenta una piattaforma comune credibile. Non è solo una questione monetaria. L’euro è diventato un simbolo dell’identità europea, un pilastro dell’integrazione. Facilitazioni nei viaggi, nei pagamenti, nelle transazioni internazionali: i vantaggi sono concreti, visibili. E in Italia, dove l’instabilità politica ed economica resta alta, l’euro è visto come un’àncora.

Il dibattito sull’uscita dall’euro è sparito dai radar. Gli italiani, come gli altri europei, sanno bene che senza la moneta unica saremmo più esposti, più deboli, più isolati. E oggi non se lo possono permettere.

Difesa europea? Sì e subito

L’81% degli europei chiede una politica di difesa e sicurezza comune. È la percentuale più alta da vent’anni. Il motivo? I cittadini vogliono un’Europa capace di contare, anche sul piano militare. La guerra in Ucraina ha accelerato questa richiesta, ma non è solo una reazione emotiva: è la presa di coscienza che da soli, i Paesi europei non bastano più.

Il 78% degli intervistati è preoccupato per la sicurezza dell’Ue nei prossimi cinque anni. E il 77% considera l’invasione russa dell’Ucraina una minaccia diretta alla stabilità europea. La guerra non è lontana: è percepita come un rischio reale. Per questo cresce il sostegno a un’Europa che non solo parla di pace, ma è anche in grado di difenderla. Gli europei approvano in massa le misure adottate finora: l’80% è favorevole all’accoglienza dei rifugiati ucraini, il 76% agli aiuti finanziari e umanitari, il 72% alle sanzioni contro Mosca. Anche la fornitura di materiale militare a Kiev, un tema delicato, è approvata dal 59% dei cittadini. Bruxelles ha agito con decisione, e l’opinione pubblica ha risposto.

La difesa comune non è più una questione di principio, ma una priorità. Per il 43% dei cittadini europei, è il primo settore su cui l’Ue dovrebbe investire di più, davanti a sanità, occupazione e transizione energetica. In Italia, il 44% degli intervistati vede nella garanzia della pace e della sicurezza il fattore con maggiore impatto positivo sulla propria vita.

Più cooperazione, meno egoismi nazionali

Il 69% degli europei considera l’Ue un’isola di stabilità in un mondo incerto. E l’88% chiede più cooperazione internazionale basata su regole comuni. Un dato altissimo, che riflette una nuova consapevolezza: da soli, i Paesi europei contano poco. Insieme, possono difendere interessi, valori e sicurezza.

Crolla anche la fiducia nelle politiche commerciali protezioniste: l’86% è contrario all’aumento dei dazi doganali. Ma l’80% è pronto a sostenere misure di ritorsione se altri Paesi alzano barriere contro i prodotti europei. L’Europa, insomma, deve restare aperta, ma non ingenua. Serve una politica commerciale assertiva, capace di reagire senza esitazioni. In questo scenario, l’Italia si muove in linea con l’Ue. Il 74% degli italiani si sente cittadino europeo, un dato stabile che indica un’identità europea ben radicata. Anche sui valori, le scelte sono chiare: pace (42%), democrazia (31%) e diritti fondamentali (27%) sono i concetti che meglio rappresentano l’Ue secondo gli italiani.

Guardando al futuro, i cittadini europei indicano la difesa (39%) e l’economia (29%) come le aree in cui l’Ue dovrebbe agire di più. Clima e immigrazione seguono, ma il messaggio è inequivocabile: la politica estera e di sicurezza deve diventare centrale. Il tempo dell’Europa “tecnica” è finito. I cittadini vogliono un’Europa che prende posizione, che agisce, che protegge. Adnkronos 28

 

 

 

 

 

Cittadinanza italiana: la stretta è legge, ecco cosa cambia

 

La Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il decreto sulla cittadinanza, con 137 voti favorevoli, 83 contrari e 2 astenuti. Il provvedimento, già approvato dal Senato lo scorso 15 maggio restringe notevolmente l’acquisizione della cittadinanza italiana, in particolare per i discendenti di italiani emigrati all’estero.

La fine della cittadinanza “senza limiti”

La novità principale riguarda la trasmissione della cittadinanza per discendenza (ius sanguinis). Fino ad oggi, l’Italia permetteva l’acquisizione della cittadinanza senza limiti generazionali per i discendenti di italiani emigrati all’estero. Con la nuova legge, diventerà automaticamente italiano alla nascita solo chi ha almeno un genitore o al massimo un nonno nato in Italia.

Questa stretta, fortemente voluta dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, mira a garantire un “vincolo effettivo” con l’Italia. Come spiegato nella relazione introduttiva, l’obiettivo è “allinearsi con gli ordinamenti di altri Paesi europei e garantire la libera circolazione nell’Unione Europea solo da parte di chi mantenga un legame effettivo col Paese di origine”.

Retroattività e salvaguardie

Un aspetto particolarmente controverso della riforma è la sua retroattività. La legge stabilisce che non ha mai acquisito la cittadinanza italiana chi è nato all’estero ed è contemporaneamente in possesso della cittadinanza di un altro Stato, anche se nato prima dell’entrata in vigore del decreto.

Sono tuttavia previste alcune importanti deroghe. Mantengono la cittadinanza coloro che hanno già presentato domanda all’ufficio consolare o al sindaco entro il 27 marzo 2025, o che hanno ricevuto entro questa data una comunicazione di appuntamento. Questa salvaguardia è fondamentale per evitare situazioni paradossali, come quella denunciata in Parlamento: “Non è tollerabile che due fratelli, figli dello stesso padre emigrato, possano trovarsi in due situazioni diverse solo perché uno ha presentato la domanda il 26 marzo del 2025 e l’altro il 28 marzo”.

Riacquisto della cittadinanza

Durante la discussione in Senato è stata inserita una disposizione che prevede la possibilità di riacquisto della cittadinanza per chi sia nato in Italia o vi sia stato residente per almeno due anni consecutivi e l’abbia persa per l’acquisto della cittadinanza di un altro Stato. Per accedere a questa opportunità è previsto il pagamento di un contributo di 250 euro.

L’articolo 1-ter del decreto stabilisce che chi sia nato in Italia o vi abbia risieduto per almeno due anni continuativi, e abbia perduto la cittadinanza in applicazione di norme precedenti, può riacquistarla presentando una dichiarazione in tal senso. I termini per il riacquisto sono riaperti per un periodo specifico, offrendo così una seconda possibilità a chi aveva rinunciato alla cittadinanza italiana in passato.

Nuove opportunità per minori e oriundi

La riforma non si limita a introdurre restrizioni, ma apre anche nuove possibilità. Per i minori stranieri o apolidi discendenti da cittadini italiani per nascita, è prevista la possibilità di diventare cittadini italiani se i genitori o il tutore ne dichiarano la volontà. In questo caso, è necessario che il minore risieda legalmente e continuativamente in Italia per almeno due anni dopo la dichiarazione, oppure che la dichiarazione sia presentata entro un anno dalla nascita o dal momento in cui è stabilita la filiazione con un cittadino italiano.

Un’altra novità significativa riguarda gli oriundi italiani. La legge consente l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato, al di fuori delle quote previste dal decreto flussi, agli stranieri residenti all’estero discendenti da cittadini italiani e in possesso della cittadinanza di uno Stato meta di rilevanti flussi di emigrazione italiana. Gli Stati interessati verranno definiti con un apposito decreto del ministro degli Esteri.

Il vincolo di residenza per i figli minori

Un’altra modifica importante riguarda i figli minori di persone che acquisiscono o riacquistano la cittadinanza italiana. Secondo le regole precedenti, se un genitore acquisiva o riacquistava la cittadinanza italiana, i suoi figli minori e conviventi la ottenevano automaticamente. Con la nuova legge, affinché i figli conviventi ottengano la cittadinanza, devono aver risieduto legalmente e ininterrottamente in Italia per almeno due anni prima della data in cui il genitore acquisisce o riacquista la cittadinanza. Per i bambini con meno di due anni, il requisito si considera soddisfatto se sono nati in Italia. Questa disposizione rafforza ulteriormente il principio del “legame effettivo” con il territorio italiano come base per l’acquisizione della cittadinanza.

Il caso dei brasiliani a Bologna

La riforma della cittadinanza segna un punto di svolta nella concezione giuridica dell’appartenenza nazionale italiana. Da un sistema basato principalmente sul principio dello ius sanguinis senza limiti generazionali, si passa a un modello che richiede un legame più concreto con il territorio e la cultura italiana.

Ad attirare l’attenzione sul tema è stata (anche) una curiosa richiesta arrivata al tribunale di Bologna lo scorso settembre. Allora, 12 brasiliani chiesero la cittadinanza italiana pur non avendo nessun parente stretto nel Paese e senza essere mai stati in Italia. La domanda si basava su un’antenata in comune, nata a Marzabotto nel 1876.

Una richiesta formalmente legittima, ma di dubbia ragionevolezza giuridica, tanto che, con ordinanza, il tribunale di Bologna “ha sollevato d’ufficio l’eccezione di illegittimità costituzionale della disciplina italiana in materia di cittadinanza, nella parte in cui prevede il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis senza alcun limite temporale”. Come spiegato dal presidente del tribunale Pasquale Liccardo, i giudici chiedono se sia legittimo riconoscere la cittadinanza anche se l’avo di riferimento sia nato molte generazioni prima (in questo caso quasi 150 anni fa) e i discendenti non abbiano alcun legame con la cultura, le tradizioni e la lingua italiana. 

Per approfondire: Bologna, 12 brasiliani chiedono la cittadinanza perché hanno un’antenata nata in Italia nel 1876 

La riforma della cittadinanza appena approvata evita che si ripetano situazioni analoghe.

Questa trasformazione riflette una tensione presente in molti paesi tra diverse concezioni di cittadinanza: quella basata sulla discendenza e quella fondata sulla partecipazione effettiva alla vita sociale, economica e culturale di un Paese. La nuova legge italiana cerca di bilanciare questi due principi, richiedendo un “vincolo effettivo” anche per chi può vantare origini italiane.

Per milioni di discendenti di italiani nel mondo, questa riforma rappresenta un limite alla loro possibilità di riconnettersi giuridicamente con il Paese di origine dei loro antenati. Per l’Italia, rappresenta una ridefinizione dei confini della sua comunità nazionale, in un momento in cui le questioni di identità e appartenenza sono al centro del dibattito pubblico in tutto il mondo.

Il contesto sociale e il referendum di giugno

Il decreto sulla cittadinanza si inserisce in un dibattito più ampio sul tema dell’appartenenza nazionale e dell’integrazione. Mentre il governo introduce restrizioni sulla cittadinanza per discendenza, la questione dell’accesso alla cittadinanza per chi vive già in Italia da molti anni rimane aperta.

Almeno 2 milioni e 500mila persone si troverebbero in questa condizione: “Molti giovani stranieri spesso non capiscono perché non possono diventare italiani, dato che sono qui da piccoli e non si identificano con il loro Paese d’origine. Si trovano in una sorta di apolidia. E siccome la cittadinanza è una cosa seria, non solo dà un senso di appartenenza, ma permette di evitare problemi concreti, come quelli legati ai viaggi all’estero o alla ricerca di opportunità”, ha ricordato ai microfoni di Demografica Gianpiero Dalla Zuanna, professore di Demografia all’Università di Padova e già senatore.

La questione è al centro di uno dei cinque quesiti del referendum abrogativo per cui gli italiani sono chiamati a votare nelle giornate dell’8 e del 9 giugno 2025. Il quesito propone di ridurre a cinque gli anni di residenza continuativa necessari per ottenere la cittadinanza italiana, dimezzando i dieci anni attuali, che rappresentano uno dei requisiti più rigidi d’Europa. La normativa italiana privilegia lo ius soli temperato o ius culturae, ossia il diritto di cittadinanza per discendenza, mentre lo ius soli — che lega la cittadinanza alla nascita o alla lunga permanenza in un Paese — è molto limitato.

Il referendum interviene proprio su questo aspetto, proponendo un allineamento con pratiche più inclusive e più in linea con i tempi, dove il contributo degli immigrati tiene a galla la produttività e la demografia del Paese.

Trattandosi di un referendum abrogativo (dove l’oggetto da abrogare è il limite dei dieci anni), chi ritiene congrua la durata dei dieci anni (che spesso diventano di più a causa delle lungaggini burocratiche) deve mettere la X sul ‘no’. Chi, invece, vuole portare da dieci a cinque gli anni di residenza consecutivi per ottenere la cittadinanza deve votare ‘sì’. Adnkronos 21

 

 

 

 

 

La situazione giuridica dei richiedenti asilo in Germania secondo la nuova politica di respingimento alle frontiere

 

La Germania effettuerà più controlli alla frontiera e rifiuterà l’ingresso a molti richiedenti asilo, come ha annunciato la scorsa settimana il nuovo ministro degli Interni tedesco, Alexander Dobrindt. Chi sarà colpito esattamente da questo provvedimento? E questa politica è davvero legale? Il governo tedesco sostiene che lo è in base alle leggi tedesche e dell’UE. InfoMigrants ne ha parlato con due avvocati specializzati in diritto d’asilo, Matthias Lehnert che lavora a Lipsia, nella Germania orientale; ed Engin Sanli che lavora a Stoccarda, nel sud della Germania.

InfoMigrants: Chi si aspetta che sarà più colpito da questi nuovi provvedimenti?

Matthias Lehnert: Tutti coloro che vogliono entrare in Germania con lo scopo di fare richiesta di asilo. Le persone vulnerabili dovrebbero essere esentate dai respingimenti alla frontiera, ma non è ancora chiaro come esattamente le persone saranno classificate o riconosciute come vulnerabili. Questo include non solo persone con passaporto di Paesi che la Germania considera “sicuri”, ma anche persone provenienti da altri Paesi. Il governo ha già ammesso che dei richiedenti asilo sono stati respinti al confine.

Engin Sanli: Penso che saranno colpiti soprattutto i richiedenti asilo provenienti da Paesi che il Parlamento tedesco ha ritenuto sicuri [n.d.r.: Stati membri dell’UE, Albania, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Moldavia, Senegal, Serbia]. La nuova politica si basa in gran parte su un articolo della legge tedesca sul diritto d’asilo, l’articolo 18. Esso stabilisce che i richiedenti asilo possono essere respinti alla frontiera se provengono da un Paese sicuro o se un altro Paese è responsabile della loro richiesta di asilo. In pratica, la verifica della responsabilità di un altro Paese europeo per la richiesta di asilo di una persona – misure come l’inserimento delle sue impronte digitali in un database dell’UE – non può essere effettuata alla frontiera, quindi è probabile che le persone vengano comunque portate in centri di accoglienza e non respinte alla frontiera.

Le nuove disposizioni riguardano anche i richiedenti asilo che sono già in Germania?

E.L.: No. Riguardano solo le persone che attraversano il confine per chiedere asilo, non le persone che sono già nel Paese.

M.L.: Una volta entrati in Germania, una volta superati i varchi di frontiera, è ancora possibile chiedere asilo.

Da oggi dunque tutti saranno fermati al confine?

E.S.: No. In teoria la nuova politica può essere applicata ovunque lungo il confine tedesco, ma in pratica la polizia si concentrerà molto probabilmente sui punti di passaggio più frequentati dai migranti. Il governo tedesco vuole aumentare da 10.000 a 14.000 il numero di agenti di polizia che effettuano i controlli di frontiera, ma questo non è sufficiente per controllare ogni punto del confine.

Il ministro degli Interni tedesco ha dichiarato che i richiedenti asilo più vulnerabili dovrebbero essere esentati da questa politica. Ha elencato donne incinte e bambini. Esistono criteri giuridicamente vincolanti per stabilire chi è considerato vulnerabile?

M.L.: C’è una direttiva europea sulla richiesta di asilo che elenca diversi tipi di gruppi vulnerabili, come le donne sole e incinte, i minori, alcune famiglie con bambini piccoli e le persone con problemi medici o psicologici. A mio parere, la polizia federale al confine non è in grado o non è qualificata per riconoscere realmente se una persona è vulnerabile; non è stata addestrata per questo, non ha alcuna qualifica per farlo. A volte è evidente che qualcuno è vulnerabile, come quando la gravidanza è evidente o si tratta di una donna sola con tre figli. Ma spesso, ad esempio con le vittime di traumi, è molto difficile applicare questi criteri per persone che non hanno una formazione e una valutazione adeguata.

Ci sono molte domande sulla tenuta legale di queste norme. Secondo lei, è legale che la Germania respinga i richiedenti asilo al confine?

E.S.: Secondo la legge tedesca, ciò è consentito – i richiedenti asilo possono essere respinti, se provengono da un altro Stato dell’UE o da un altro Paese sicuro, ai sensi dell’articolo 18 della legge sull’asilo e dell’art. 16a della Costituzione. Ma secondo il diritto europeo, in particolare il regolamento Dublino III, ogni richiedente asilo deve essere esaminato, anche se un altro Paese è responsabile, prima di essere inviato in un altro Paese.

E poi c’è la questione se la Germania sia autorizzata a effettuare controlli di frontiera a lungo termine in base all’accordo di libera circolazione della zona Schengen; estendere continuamente i controlli di frontiera potrebbe anche violare l’accordo di Schengen.

M.L.: Ritengo che questa politica non sia lecita. Il governo tedesco ha invocato una norma del diritto dell’UE che consente di sospendere il regolamento di Dublino in caso di emergenza. Ma non siamo in una situazione di emergenza: se si guarda ai numeri dell’asilo, sono diminuiti, non c’è un afflusso massiccio di migranti. È importante notare che il diritto UE è più importante del diritto tedesco. C’è anche una decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo che dice che ogni richiedente asilo ha diritto a una procedura di asilo adeguata, cosa che a mio avviso la politica di rimandare indietro le persone al confine viola.

Ci sono possibilità per i richiedenti asilo di contestare un rifiuto alla frontiera?

E.S.: Se a qualcuno viene rifiutato l’ingresso alla frontiera tedesca, può opporsi legalmente e intentare una causa contro la decisione. I tribunali tedeschi di solito trasmettono il caso alla Corte di giustizia europea.

Prevede che ci siano ricorsi in tribunale da parte di organizzazioni a favore dei rifugiati per quanto riguarda il respingimento dei richiedenti asilo alla frontiera tedesca?

E.S.: Queste organizzazioni possono contestare questi provvedimenti in due modi. Il primo è quello di intentare una causa contro le nuove norme, affermando che esse sono incostituzionali. Penso che sia improbabile che ciò accada, perché la Costituzione tedesca consente di respingere alle frontiere, come ho detto. La seconda opzione sarebbe che le organizzazioni sostenessero legalmente e finanziariamente le persone respinte alla frontiera per impugnare il respingimento in tribunale. Penso che questo probabilmente accadrà, alcune organizzazioni come Amnesty International e ProAsyl hanno detto che intendono agire in questo modo.

M.L.: Mi aspetto che questa politica venga contestata nei tribunali.

(InfoMigrants – traduzione Migrantes)

 

 

 

 

 

L’UE e le tensioni con Israele: revisione diplomatica

 

L’UE ha ordinato una revisione dell’accordo di cooperazione con Israele e la Gran Bretagna ha interrotto i colloqui commerciali con il paese, mentre le nazioni europee hanno adottato una linea più dura sulla guerra di Gaza.

La Francia ha rinnovato il suo impegno a riconoscere uno Stato palestinese, un giorno dopo che il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha reagito con rabbia alle dichiarazioni di Gran Bretagna, Francia e Canada che minacciavano di intervenire a causa dell’offensiva militare e del blocco di Gaza da parte del suo Paese.

L’Alta Rappresentante dell’UE per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, ha dichiarato che “una forte maggioranza” dei 27 Stati membri, durante una riunione dei ministri degli Esteri, ha appoggiato questa iniziativa nel tentativo di fare pressione su Israele.

“I Paesi ritengono che la situazione a Gaza sia insostenibile e ciò che vogliamo è aiutare concretamente la popolazione e… sbloccare gli aiuti umanitari affinché raggiungano la gente”, ha detto Kallas ai giornalisti.

La spinta a riesaminare l’Accordo di associazione UE-Israele, che costituisce la base dei rapporti commerciali, è cresciuta da quando Israele ha ripreso l’offensiva militare a Gaza dopo la scadenza del cessate il fuoco.

I diplomatici hanno riferito che 17 Stati dell’UE hanno fatto pressione per la revisione in base a un articolo dell’accordo che richiede il rispetto dei diritti umani, con i Paesi Bassi in prima linea nell’ultima iniziativa.

L’Unione europea divisa agisce

L’UE è da tempo divisa tra i Paesi che sostengono Israele e quelli considerati più filo-palestinesi. A dimostrazione di questa spaccatura, in un’azione separata, l’Ungheria ha bloccato l’imposizione di ulteriori sanzioni ai coloni israeliani nella Cisgiordania occupata.

Il ministro degli Esteri belga Maxime Prevot ha dichiarato di non avere “alcun dubbio” sulla violazione dei diritti a Gaza e che la revisione potrebbe portare alla sospensione dell’intero accordo.

Nel frattempo la Gran Bretagna ha sospeso i negoziati di libero scambio e ha convocato l’ambasciatore di Israele. Il ministro degli Esteri David Lammy ha accusato il governo di Netanyahu di “azioni ed espressioni vergognose” per l’espansione delle operazioni militari nel territorio palestinese.

Lammy ha dichiarato al Parlamento britannico che il governo sta imponendo nuove sanzioni a individui e organizzazioni coinvolti negli insediamenti in Cisgiordania.

“Il mondo li sta giudicando, la storia li giudicherà. Bloccare gli aiuti, espandere la guerra, ignorare le preoccupazioni dei vostri amici e partner. Tutto questo è indifendibile e deve finire”, ha affermato.

Ha aggiunto che la Gran Bretagna “rivedrà la cooperazione” con Israele nell’ambito della cosiddetta tabella di marcia 2030 per le relazioni tra Regno Unito e Israele. “Le azioni del governo Netanyahu hanno reso necessario questo passo”, ha dichiarato Lammy.

La risposta di Israele

Israele ha risposto affermando che le “pressioni esterne” non impediranno al Paese di “difendere la propria esistenza e sicurezza contro i nemici che cercano la sua distruzione”.

“Se, a causa dell’ossessione anti-israeliana e di considerazioni di politica interna, il governo britannico è disposto a danneggiare l’economia britannica, questa è una sua prerogativa”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri israeliano Oren Marmorstein.

Anche la Francia ha rinnovato le sue critiche diplomatiche a Israele, con il ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot che ha ribadito l’impegno a riconoscere uno Stato palestinese.

“Non possiamo lasciare ai bambini di Gaza un’eredità di violenza e odio. Tutto questo deve finire ed è per questo che siamo determinati a riconoscere uno Stato palestinese”, ha dichiarato Barrot alla radio France Inter.

Il presidente francese Emmanuel Macron si è unito al primo ministro britannico Keir Starmer e al primo ministro canadese Mark Carney in una rara dichiarazione congiunta su Gaza lunedì, che ha irritato Israele.

I tre hanno minacciato “azioni concrete” se Israele avesse continuato a bloccare gli aiuti. Netanyahu ha dichiarato che la dichiarazione rappresenta un “enorme premio” per Hamas, che ha scatenato la guerra di Gaza con gli attacchi del 7 ottobre 2023 contro Israele. Agence France-Presse, AffInt 21

 

 

 

 

 

Istat. 156mila italiani all’estero nel 2024 (+36,5 per cento sul 2023)

 

ROMA - Trasformazioni profonde, che attraversano generazioni, territori e gruppi sociali caratterizzano la dinamica demografica e sociale dell’Italia. Continua il calo della popolazione residente e le famiglie diventano sempre più piccole: cresce il numero di persone che vivono da sole, aumentano le libere unioni, le famiglie monogenitore e quelle ricostituite, mentre si riduce la presenza dei nuclei familiari con figli. Questa la fotografia scattata dal 33° Rapporto dell’Istat - Rapporto Annuale 2025. La situazione del Paese – che esamina i cambiamenti economici, demografici e sociali che hanno interessato il Paese nell’anno appena trascorso.

Il Rapporto è articolato in quattro capitoli: Economia e ambiente; Popolazione e società; Una società per tutte le età; Il sistema economico tra vincoli e opportunità: un confronto tra le generazioni.

IL QUADRO DEMOGRAFICO

Al 1° gennaio 2025, la popolazione residente in Italia è pari a 58 milioni 934mila unità, in lieve diminuzione (-0,6 per mille) rispetto al 1° gennaio 2024. Prosegue il processo di decremento della

popolazione, in atto dal 2014 e ormai strutturale. Il numero di decessi (651mila nel 2024) è superiore a quello delle nascite (370mila), generando un saldo naturale pari a -281mila unità. Diminuiscono le donne in età feconda (15-49enni) e cala la fecondità.

Aumenta la speranza di vita: per gli uomini raggiunge gli 81,4 anni e per le donne 85,5, quasi cinque mesi di vita in più rispetto al 2023, superando i livelli pre-pandemici.

La dinamica migratoria compensa in parte il deficit dovuto al saldo naturale negativo. Nel 2024 le immigrazioni dall’estero (435mila) sono state più del doppio delle emigrazioni (191mila) e il saldo migratorio è pari a +244mila unità.

Le immigrazioni dall’estero crescono rispetto al periodo pre-pandemico a causa dei flussi di cittadini stranieri (382mila, +1,0 per cento sul 2023). Tra le emigrazioni verso l’estero spiccano gli espatri dei cittadini italiani (156mila unità, +36,5 per cento sul 2023).

Nel 2023 si è registrato un nuovo slancio degli espatri di giovani laureati, 21mila ragazzi tra 25 e 34 anni (+21,2 per cento sul 2022). I rientri in patria di giovani laureati sono contenuti, pari a 6mila unità, e in calo (-4,1 per cento sul 2022). Ne deriva una perdita netta di 16mila giovani risorse qualificate (97mila in 10 anni).

Continua l’invecchiamento della popolazione: circa un quarto della popolazione (24,7 per cento al 1° gennaio 2025) ha almeno 65 anni. Tra questi, cresce in particolare il numero di persone di 80 anni e più (4 milioni e 591mila).

I cittadini stranieri e i nuovi cittadini italiani sono l’unico segmento in crescita della popolazione. Al 1° gennaio 2025, i cittadini stranieri residenti sono 5,4 milioni (+3,2 per cento sul 2024), pari al 9,2 per cento della popolazione. Gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel corso del 2024 sono 217mila, in crescita rispetto all’anno precedente (214mila).

Le previsioni demografiche indicano che l’Italia continuerà ad affrontare un calo delle nascite e un aumento della mortalità, con un saldo naturale sempre più negativo. L’incertezza sulle dinamiche migratorie, che potrebbero contribuire a contrastare la crisi demografica, rimane alta, legata a fattori economici e geopolitici. La popolazione residente in Italia, secondo lo scenario mediano, è destinata a diminuire, passando da circa 59 milioni al 1° gennaio 2023 a 58,6 milioni nel 2030 e a 54,8 milioni nel 2050. (aise/dip 21)

 

 

 

 

 

Un nuovo inizio per la Germania di Merz

 

Riforme economiche, sicurezza e rigore: cosa cambia davvero per chi vive in Germania

Con il suo discorso inaugurale al Bundestag, il nuovo Cancelliere federale Friedrich Merz ha segnato l’avvio di una nuova fase politica per la Germania. Dopo anni di coalizioni instabili e una crescita economica rallentata, il leader della CDU promette una svolta netta: meno burocrazia, più efficienza, investimenti mirati e una politica estera improntata alla fermezza e alla coesione europea.

Europa, sicurezza e difesa: la Germania torna protagonista

Merz ha subito ribadito la fedeltà della Germania ai suoi alleati principali: l’Unione Europea, la NATO, l’Ucraina e Israele. “La nostra sicurezza inizia a Kiev e si riflette a Tel Aviv”, ha detto, richiamando la dottrina della Ragion di Stato tedesca per Israele. Il governo intende rafforzare la Bundeswehr con nuovi fondi e attrezzature, e sta valutando il ritorno di un servizio militare volontario.

La scossa all’economia: meno tasse, più impresa

Soffocata da una stagnazione prolungata, l’economia tedesca è al centro del piano Merz. Il nuovo governo annuncia tagli fiscali per i redditi medio-bassi, incentivi agli investimenti privati e una riduzione dell’IVA su settori strategici come la ristorazione e l’elettricità. Il cosiddetto “super ammortamento del 30%” punta a rilanciare la competitività delle aziende, anche piccole, alleggerendo i costi degli investimenti. Il tutto sarà accompagnato da un vasto programma di semplificazione burocratica, con prime misure già dal 2025.

Lavoro: più incentivi e meno vincoli

Sul fronte occupazionale, Merz propone una linea chiara: merito, flessibilità e produttività. Oltre a meno tasse sugli straordinari e orari più flessibili, il Cancelliere ha proposto di alzare il salario minimo a 15 euro l’ora, pur lasciandolo fuori da vincoli normativi diretti. Le riforme sociali annunciate riguardano anche le pensioni, il sistema di assistenza per i disoccupati (il Bürgergeld, che sarà rivisto) e l’edilizia popolare, per contenere l’impennata degli affitti.

Immigrazione: tra apertura e rigore

Merz non nega che la Germania sia ormai un Paese di immigrazione, ma la sua politica sarà più selettiva: più controlli, rimpatri più rapidi e una netta distinzione tra chi arriva per lavorare e chi non ha i requisiti. La priorità sarà l’ingresso di manodopera qualificata, ma a condizione di integrarsi pienamente. Nessun accenno, almeno per ora, a modifiche nelle leggi sulla cittadinanza, ma la direzione sembra chiara: apertura sì, ma a chi dimostra di voler contribuire.

Transizione verde e digitalizzazione: una Germania moderna

Il piano più ambizioso del governo Merz riguarda la modernizzazione complessiva del Paese. Un investimento straordinario da 500 miliardi di euro sarà destinato a infrastrutture, energia pulita, digitalizzazione e innovazione tecnologica. La Germania vuole diventare leader nelle tecnologie verdi, puntando su idrogeno, eolico e cattura della CO?, ma anche sull’intelligenza artificiale e le reti digitali.

Un programma ambizioso, ma non privo di rischi

Il nuovo corso promesso da Merz segna una rottura con il passato recente, soprattutto con la gestione economica e migratoria dei governi di coalizione precedenti. Il suo messaggio è chiaro: meno Stato assistenziale, più responsabilità individuale.

Tuttavia, il rischio è che questa svolta possa acuire le disuguaglianze sociali e creare nuove tensioni tra inclusione e rigore. Anche la promessa di risultati visibili già nell’estate 2025 sembra ottimistica, visti i tempi della macchina statale tedesca. L.L.D., CdI on 15

 

 

 

 

 

Merz: la Germania avrà l’esercito più forte d’Europa. “La forza scoraggia l’aggressività”

 

Nel suo primo discorso al Bundestag da cancelliere, il leader dei cristiano-democratici si è impegnato a “fornire tutte le risorse finanziarie necessarie” per rendere la Bundeswehr di nuovo grande. E non è l'unica ardua sfida che ha davanti a sé

Si vis pacem, para bellum, dicevano i latini. Se vuoi la pace, preparati alla guerra. E sembrerebbe proprio questa l’aria che tira in Europa e in Germania, come confermano le parole del leader cristiano-democratico Friedrich Merz durante il suo primo discorso da neocancelliere davanti al Bundestag, il Parlamento tedesco. “La forza scoraggia l’aggressività, la debolezza la invita”, ha detto infatti Merz ieri. E per questo motivo, la Germania trasformerà il suo esercito convenzionale in quello più forte d’Europa, in modo da potersi assumere maggiori responsabilità nella difesa del continente: sullo sfondo, le minacce russe.

“Rafforzare la Bundeswehr (le forze armate della Repubblica, ndr) è la nostra massima priorità”, ha promesso il cancelliere, sottolineando che questo è “ciò che il Paese più popoloso e potente d’Europa si aspetta. Anche i nostri amici e partner se lo aspettano da noi. Anzi, lo pretendono praticamente”.

Per raggiungere questo obiettivo non facile – l’esercito tedesco esce da anni di disarmo e sottofinanziamento – Merz si è impegnato a “fornire tutte le risorse finanziarie necessarie”, forte del fatto che a marzo è riuscito a far approvare in Parlamento una riforma storica che consente di sforare il debito, rigidamente regolato, per le spese per la difesa superiori all’1% del Pil. Superato il tradizionale freno al debito, potranno essere messi in campo centinaia di miliardi.

Cosa significa in pratica

Una legge del dicembre del 2024 prevede che entro il 2031 l’esercito tedesco raggiunga le 203mila unità, dai circa 181mila soldati attuali (dati del difensore civico per le forze armate). Un obiettivo pensabile solo reintroducendo il servizio militare obbligatorio, sospeso nel 2011 ma ancora previsto dalla Costituzione tedesca.

Attualmente, sul tema è in corso un acceso dibattito politico. L’anno scorso il ministro della Difesa Boris Pistorius, che ha mantenuto il suo ruolo nel governo Merz, ha proposto un modello ispirato ai Paesi scandinavi: tutti i diciottenni riceveranno un questionario digitale per valutare la loro disponibilità al servizio militare o alla difesa civile. La compilazione sarà obbligatoria per gli uomini e volontaria per le donne. I candidati più idonei e motivati saranno invitati a partecipare a un servizio militare di sei mesi, con la possibilità di estenderlo fino a 23 mesi per ruoli più specializzati.

Secondo un sondaggio YouGov, il 58% dei tedeschi è favorevole alla reintroduzione della coscrizione, ma secondo Die Welt la maggioranza (61%) dei giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni è contraria.

Numeri a parte, il governo dovrà affrontare carenze strutturali, professionali e pratica, e differenti visioni sulla questione all’interno della stessa maggioranza.

Il mantra di Merz: “Responsabilità”

Nel suo discorso Merz ha usato 18 volte la parola ‘responsabilità’, cominciando fin dalle primissime battute. Responsabilità per la difesa del Vecchio Continente, sì, ma alcuni osservatori ci hanno visto un messaggio implicito alla sua stessa maggioranza. Due settimane fa, infatti, il cristiano democratico ha subito un’onta, non venendo eletto al primo turno di votazioni al Bundestag a causa di alcuni franchi tiratori. Un caso unico nella storia della Germania, che ha gettato un’ombra sull’inizio del suo mandato. Ancora non è chiaro chi sia stato a votare contro, anche se in questi giorni le ipotesi si sono sprecate.

Dunque il riferimento insistente alla responsabilità è suonato come un richiamo ai suoi alleati di governo, ma forse anche ai suoi stessi compagni di partito. Merz ha promesso “affidabilità e prevedibilità” all’Europa e di impegnarsi per recuperare la fiducia dei connazionali.

Anche questi obiettivi tuttavia non saranno semplicissimi da centrare: la politica tedesca è segnata da una frattura, quella con l’estrema destra di Alternative für Deutschland (Afd), che non è più relegabile a fenomeno di nicchia. Il partito radicale, recentemente designato dai servizi segreti federali come forza antisistema e minaccia alla democrazia, è secondo i sondaggi il primo partito nel Paese, rimanendo comunque soggetto al BrandMauer, il muro tagliafuoco che storicamente ha impedito ai movimenti più radicali di entrare nelle stanze dei bottoni.

Un equilibrio sempre più complesso, visti i 151 parlamentari di cui è forte il partito e la loro combattività, e come dimostrano i commenti della co-leader di Afd, Alice Weidel, al discorso di Merz.

Nel suo intervento, Weidel ha lanciato un duro attacco alla leadership del capo dell’esecutivo: “Debolezza e instabilità sono i segnali che lei, signor Merz, ha mandato con la sua storica falsa partenza. Lei è un cancelliere di seconda scelta. E non si libererà mai di questo stigma”.

La leader dell’opposizione ha poi ribadito alcune delle storiche battaglie del suo partito: ritorno all’energia nucleare, ripresa delle importazioni di gas dalla Russia e stretta sulla politica migratoria. “I respingimenti alle frontiere possono essere solo un primo passo”, ha affermato, denunciando un presunto aumento delle criminalità collegata all’immigrazione: “Gli omicidi, gli accoltellamenti e gli stupri continuano, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana”.

L’immigrazione

Di immigrazione ha parlato anche il cancelliere, che ha confermato l’intenzione di operare una stretta, precisando allo stesso tempo che “la Germania è un Paese d’immigrazione”, che lo è stato e che lo rimarrà, peraltro suscitando applausi diffusi nell’Aula.

Anche qui tuttavia Merz cammina sulle uova, dovendo fare i conti con l’opposizione degli alleati socialdemocratici a un irrigidimento eccessivo delle politiche di accoglienza, e con le pressioni di Afd a una chiusura radicale.

D’altronde, lo stesso cancelliere è consapevole del fatto che gli immigrati servono per mandare avanti l’economia, anche se ha affermato che dopo il 2015 le maglie sono state troppo larghe e sono entrate troppe persone non qualificate, senza operare controlli.

L’economia, e Donald Trump

Merz ha anche fatto riferimento all’economia, altro dossier molto complicato che il suo governo dovrà affrontare, con il Paese in recessione da due anni. La Germania in crisi “può tornare ad essere una locomotiva economica che il mondo ammira”, ha detto, promettendo che farà “ogni cosa” per tornare sulla “strada della crescita”. “La nostra economia è ancora in gran parte competitiva ma le condizioni quadro non lo sono più”, ha dichiarato ancora.

Ua di queste ‘condizioni quadro’ è il presidente Usa Donald Trump con la sua politica estera aggressiva, altalenante, che ha messo in discussione la tradizionale alleanza tra le due sponde dell’Atlantico e gettato le basi per uno sconvolgimento del commercio globale tramite la ‘guerra dei dazi’. Da Coimbra, Mario Draghi proprio ieri ha avvisato: nulla sarà come più come prima, e la lenta agonia dell’economia europea rischia di diventare un vero tracollo.

Merz da una parte concorda con l’ex banchiere sulla necessità di allentare i vincoli rimasti nel mercato europeo per rintuzzare i problemi sulle piazze extra-Ue. Dall’altra intende anche instaurare un rapporto con Trump: durante la conferenza economica della Cdu ha fatto sapere di aver invitato Trump a visitare la città di origine dei nonni nel distretto di Bad Duerkheim, da cui emigrarono a New York alla fine del 1800. Il cancelliere ha anche confermato che si recherà “presto” in visita del presidente a Washington.

Ucraina

Capitolo Ucraina: Merz ha rifiutato ogni “pace imposta” da Mosca e ha assicurato che “ogni sforzo per continuare a raggiungere la massima unità possibile tra i nostri partner europei e americani” sulla guerra. Il cancelliere ha ribadito che è “di fondamentale importanza che l’Occidente politico non si lasci dividere”, mentre i leader europei minacciano sanzioni più severe contro Mosca.

“Non siamo parte in causa nella guerra e non vogliamo diventarlo“, ha chiarito aggiungendo però che “non siamo attori terzi indipendenti o mediatori neutrali, per così dire, tra i fronti”, e che la Germania si schiera dalla parte degli ucraini “senza se e senza ma“. Adnkronos 15

 

 

 

 

 

Giugno 2025: nuove regole in Germania

 

Il mese di giugno 2025 porterà diverse novità legislative in Germania che toccheranno da vicino la vita quotidiana dei residenti, incluse migliaia di connazionali italiani. Dalle tutele per le donne alla digitalizzazione accessibile, dalla sostenibilità dei nostri dispositivi elettronici alla sicurezza nei viaggi in camper, fino al riconoscimento ufficiale dei veterani: ecco cosa cambia, a partire da quando e perché è importante saperlo.

Cambiare fornitore di energia sarà più facile e veloce

Dal 6 giugno 2025, cambiare gestore dell’elettricità sarà molto più semplice: basterà un giorno lavorativo per completare il passaggio.

Un grande miglioramento rispetto ai tempi attuali, che possono arrivare fino a tre settimane.

Obiettivo? Più concorrenza e tariffe migliori per i consumatori.

Accessibilità obbligatoria per servizi digitali e bancomat

A partire dal 28 giugno, tutti i bancomat, distributori di biglietti, app bancarie e siti web dovranno essere accessibili anche per le persone con disabilità.

Una misura che rappresenta un passo fondamentale verso una società più inclusiva, e che riguarda direttamente chi utilizza quotidianamente questi servizi, anche fra di noi.

Tutela per le donne dopo una perdita in gravidanza

Una novità di grande rilievo per le donne: dal 1° giugno, in caso di aborto dopo la 12ª settimana di gravidanza, sarà previsto un periodo di congedo retribuito (Mutterschutz).

Un riconoscimento importante per il dolore fisico ed emotivo che questa esperienza comporta.

I nuovi diritti prevedono:

– 2 settimane di congedo dalla 13ª settimana;

– 6 settimane dalla 17ª;

– 8 settimane dalla 20ª.

Una misura attesa da tempo, che riguarda anche molte donne italiane che vivono e lavorano in Germania.

Novità per chi viaggia in camper

Attenzione per chi ama viaggiare con camper o roulotte: dal 19 giugno 2025 diventa obbligatorio il controllo periodico dell’impianto a gas da parte di un tecnico esperto.

Il controllo costa tra 40 e 80 euro e dura circa 30 minuti.

Senza il certificato di sicurezza, si rischiano multe e problemi con il TÜV.

Smartphone più resistenti e meno rifiuti elettronici

Dal 20 giugno, nuove norme europee obbligheranno i produttori di telefoni cellulari a garantire:

– batterie più durature (almeno 800 cicli di ricarica mantenendo l’80% della capacità),

– disponibilità dei pezzi di ricambio per fino a 7 anni dopo la fine della vendita del modello,

– dispositivi più robusti e sostenibili.

Una buona notizia per l’ambiente – e per le nostre tasche.

Il 15 giugno: nasce la Giornata nazionale dei veterani

Per la prima volta, la Germania celebrerà il Veteranentag, la Giornata nazionale dei veterani, il 15 giugno. Un’occasione per ricordare e onorare il servizio prestato dai membri delle forze armate tedesche, sia all’estero che sul territorio nazionale. In programma: una cerimonia ufficiale a Berlino e iniziative in tutto il Paese.

Le nuove leggi che entreranno in vigore a giugno 2025 mostrano una Germania che si muove verso maggiore efficienza, inclusività, tutela dei diritti e sostenibilità. Per noi italiani che viviamo qui, è importante essere aggiornati: conoscere i propri diritti e doveri è il primo passo per sentirsi parte della società in cui viviamo. CdI on. 22

 

 

 

 

 

Berlino: la riunione annuale del Sistema Italia e di coordinamento consolare

 

Berlino - Il 23 e il 24 maggio, l’Ambasciata d’Italia a Berlino ha ospitato la riunione annuale di promozione del Sistema Italia e di coordinamento consolare in Germania.

Un appuntamento importante per definire le strategie e iniziative con le quali promuovere le eccellenze italiane nei settori politico, economico, culturale, scientifico e dell’istruzione, nonché per lavorare insieme per assicurare all‘ampia collettività italiana in Germania un servizio sempre più efficiente.

A guidare i lavori è stato l’ambasciatore Fabrizio Bucci, affiancato dal vice capo Missione Luigi Estero, dai capi dei Consolati, dai direttori e dalle direttrici degli Istituti Italiani di Cultura, insieme ai rappresentanti di ICE, ENIT, Banca d’Italia, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, sistema camerale e mondo scolastico.

All’incontro di venerdì 23 maggio sono stati presentati i progetti di promozione in corso e in programma per il 2025, in un’ottica di sempre maggiore sinergia e impatto della rete italiana in Germania.

“È fondamentale fare squadra per raccontare e valorizzare al meglio la presenza italiana in Germania: dalle imprese alla cultura, dalla scienza all’educazione”, ha detto l’ambasciatore Bucci, introducendo i lavori. “In quest’ottica, le riunioni di coordinamento che si svolgono in questi giorni costituiscono una preziosissima occasione di confronto, particolarmente utili per redigere e affinare le linee programmatiche dell’attività di promozione e consolare dei prossimi mesi, con l’apporto di tutte le articolazioni del Sistema Italia, nonché dei rappresentanti delle collettività”.

Sabato 24 maggio, alla presenza dei rappresentanti della collettività italiana, tra cui i presidenti dei Comites e i consiglieri del CGIE eletti in Germania, i lavori sono proseguiti con la riunione di coordinamento consolare, occasione per fare il punto sulle attività della rete consolare e scolastica e raccogliere esigenze dal territorio per rafforzare l’efficienza e la qualità dei servizi dedicati alla comunità italiana in Germania.

La Germania ospita la seconda comunità italiana più numerosa al mondo e una presenza istituzionale italiana nel Paese, tra le più articolate a livello internazionale, con ben 8 uffici consolari, 5 Istituti italiani di cultura e diverse articolazioni del Sistema Italia. (aise/dip 26)

 

 

 

 

 

Cosmo Italiano. I temi delle ultime puntate

 

Speciale: Fabrizio Bucci, il nuovo ambasciatore si racconta

(23.05)Da gennaio Fabrizio Bucci è il nuovo capo della diplomazia italiana in Germania. Romano, 61 anni, Bucci, prima di Berlino è stato ambasciatore a Tirana e ha svolto importanti incarichi al Cairo e a Washington. Ai microfoni di Luciana Caglioti ci racconta questi suoi primi mesi in Germania, il suo rapporto con la lingua tedesca e sottolinea l'importanza delle relazioni bilaterali nel contesto europeo. Ma ci parla anche di come ama trascorrere il tempo libero e come ha deciso di intraprendere la carriera diplomatica.

 

Muoversi in treno tra Germania e Italia

(22.05) A partire dalla fine del 2026 verranno realizzati i collegamenti ad alta velocità Monaco-Roma e Monaco-Milano. Ma intanto le ferrovie tedesche continuano ad andare a rilento, ci aggiorna Cristina Giordano. Sulle tratte ferroviarie già esistenti tra Italia e Germania ci informa Marco Kamp di Deutsche Bahn. Andrea Giuricin, docente di Economia dei Trasporti all’Università Bicocca di Milano, ci parla dell'impatto ambientale delle reti ferroviarie ad alta velocità in Europa.

 

Affitti alti in Germania: quali aiuti e quali politiche?

(21.05) Cosa prevede il nuovo governo tedesco per contrastare il caroaffitti che da anni affligge soprattutto le maggiori città tedesche? E che ne sarà della "Mietpreisbremse" in scadenza? Ce ne parla Cristina Giordano. Con Luciana Mella parliamo invece di chi ha diritto ad una casa popolare in Germania, del certificato WBS e del sussidio Wohngeld. E poi l'emergenza case a Berlino e le sue conseguenze sociali nel documentario "Born to die in Berlin" del regista Maurizio Spagliardi.

 

Tutto sui referendum sul lavoro dell'8 e 9 giugno

(20.05) Dalla Germania voteremo per corrispondenza ai referendum dell'8 e 9 giugno: entro quando riceveremo il plico e dovremo restituirlo al Consolato? E che cosa chiedono di abrogare i quattro quesiti sul mondo del lavoro? Ce lo spiega Cristina Giordano. Parliamo poi delle ragioni del "sì" e del "no" con, rispettivamente, Salvatore Marra del sindacato CGIL e Claudio Armeni della Confederazione S.E.L.P. Del quinto quesito sulla cittadinanza abbiamo parlato nella puntata del 16 aprile.

 

Il governo Merz e i migranti

(19.05) Il Ministro dell'Interno Dobrindt ha stabilito controlli più severi verso i richiedenti asilo, ma la misura rimane controversa: ci aggiorna Cristina Giordano. Qual è la situazione reale dei respingimenti ai confini tedeschi? Lo abbiamo chiesto ad Andreas Roßkopf del sindacato tedesco della polizia. A Eleonora Celoria, avvocata dell'Associazione studi giuridici sull’immigrazione, abbiamo chiesto una valutazione delle politiche europee sui respingimenti alla luce del diritto vigente.

 

Speciale: Leonora, la voce italotedesca del soul-pop

(16.05) Quest'anno all'Eurovision Song Contest c'è molta Italia: da Lucio Corsi a Tommy Cash, a Gabry Ponte. E per poco anche la Germania non è stata rappresentata da un'artista italotedesca: Leonora Huth, 24 anni e una potentissima voce soul-pop. Leonora è arrivata in finale alla selezione di "Chefsache ESC", il programma che - come Sanremo per l'Italia - decide chi rappresenta la Germania all'Eurovision. Leonora ci è venuta a trovare nei nostri studi e con lei abbiamo parlato di musica, di Germania e di Italia.

 

Sfide spaziali: un'astronauta e un'ingegnera raccontano

(15.05) In Germania la corsa allo spazio è arrivata al governo: se ne occuperà esplicitamente il Ministero della Ricerca, della Tecnologia e dello Spazio. Ma con quali progetti e obiettivi? Ce ne parla Agnese Franceschini. E ad andare un giorno nello spazio potrebbe essere Anthea Comellini: l'ingegnera ci parla del suo addestramento da astronauta al centro ESA di Colonia. Un'altra ingegnera aerospaziale in Germania è Anna Marcellan, con cui parliamo fra l'altro di sostenibilità.

 

Il boom dei campeggi e le differenze fra Italia e Germania

(14.05) È record di presenze nei campeggi tedeschi, una forma di vacanza sempre più apprezzata negli ultimi anni: i numeri da Agnese Franceschini. Ma quali sono i motivi di questo trend? Lo abbiamo chiesto a Frank Schaal, presidente dell'Associazione federale dei campeggi in Germania. Ma c'è anche chi del campeggio ha fatto una scelta di vita: l'intervista a Paolo Goglio.

 

È pensabile un mega blackout in Germania? E come difendersi?

(13.05) Dopo il massiccio blackout che ha paralizzato la Spagna a fine aprile, e mentre si indaga ancora sulle cause, in tutti i Paesi europei si riflette su quanto le reti elettriche siano vecchie e potenzialmente attaccabili. Agnese Franceschini riassume la vicenda. Con Michele Governatori di ECCO proviamo a capire se le fonti rinnovabili costituiscano un problema per reti di vecchia concezione. Mentre con Luigi D'Angelo della Protezione civile chiariamo cosa si deve fare in caso di blackout.

 

AfD partito estremista? Non ancora

(12.05) L'Ufficio federale per la difesa della costituzione (BfV) dopo aver classificato l'AfD come partito "estremista di destra" fa un passo indietro e mette in standby la decisione in attesa di una sentenza del tribunale amministrativo di Colonia, i dettagli da Agnese Franceschini. Delle ricadute pratiche di questa vicenda e dell'impatto sulla politica tedesca abbiamo parlato con il giudice Alessandro Bellardita e con il politologo Giovanni de Ghantuz Cubbe.

Cosmo It./De.it.press 27

 

 

 

 

 

Brevi di politica e cronaca tedesca

 

La Germania adotta una linea più dura contro PutinDurante la visita di Zelenskyj a Berlino, il Cancelliere Friedrich Merz (CDU) ha avviato un cambiamento radicale annunciando importanti novità nel sostegno tedesco all’Ucraina. Entrambi i Paesi hanno firmato un protocollo d’intesa sull’acquisto di sistemi d’arma a lunga gittata di produzione ucraina: “Questo è l’ingresso in una nuova forma di cooperazione militare-industriale dei nostri Paesi, che ha un grande potenziale”, ha dichiarato il Cancelliere. “I dettagli non sono stati discussi pubblicamente per mantenere Mosca deliberatamente all’oscuro”, questa la chiosa del Cancelliere Merz. Anche ciò rientra nella nuova strategia di Berlino. Il Cancelliere Merz ha spiegato ancora una volta che non ci saranno limiti di gittata nell’uso delle armi fornite: “L’Ucraina può quindi difendersi completamente anche contro obiettivi militari al di fuori del proprio territorio”. La Germania finanzierà inoltre “una parte considerevole” della copertura Starlink in Ucraina.

Secondo il Cancelliere Merz, Germania e Ucraina dovranno incontrarsi per consultazioni governative entro la fine dell’anno. “La guerra ha avvicinato le società tedesca e ucraina, ma anche i governi”. Oggi i ministri dei due Stati lavorano a stretto contatto, per cui “desideriamo consolidare ciò”. Il Cancelliere Merz ha inoltre escluso l’uso del gasdotto del Mar Baltico Nord Stream 2 per le forniture di gas dalla Russia. “Il governo farà tutto il possibile per impedire che Nord Stream 2 ritorni in funzione”. Di fronte ai massicci attacchi russi sull’Ucraina, la Germania continuerà inoltre ad aumentare ulteriormente la pressione sulla Russia. Il Cancelliere ha parlato senza giri di parole: “L’obiettivo dichiarato è quello di indebolire la macchina da guerra di Mosca”. Allo stesso tempo, “si tratta anche di aprire la strada verso negoziati per un cessate il fuoco”.

 

Il Cancelliere Merz preoccupato per l’aggressione russa nel Mar Baltico

Il Cancelliere Friedrich Merz si è recato in Finlandia per incontrare i partner NATO dei Paesi nordici e assicurare il suo sostegno. A Turku il Cancelliere ha condannato gli attacchi ibridi su cavi sottomarini e gasdotti definendoli “una minaccia per la nostra sicurezza” e ha annunciato di voler continuare a fare pressione sul Cremlino nella sua guerra di aggressione contro l’Ucraina. 

Durante il suo incontro, il Cancelliere Merz ha anche parlato delle sue recenti dichiarazioni sulla fine delle restrizioni sulla gittata delle armi a lungo raggio. Tali dichiarazioni avevano suscitato scalpore. A ogni modo, non vi è certezza sui tipi di armi e se la Germania sia effettivamente disposta a fornire missili da crociera Taurus. In un’intervista, il Cancelliere aveva precedentemente dichiarato: “Non ci sono più restrizioni di gittata per le armi fornite all’Ucraina, né da parte degli inglesi, né da parte dei francesi, né da parte nostra, né da parte degli americani”. “L’Ucraina potrebbe quindi anche attaccare obiettivi militari in Russia”. Inoltre, al momento dell’insediamento il Cancelliere aveva annunciato che d’ora in poi non avrebbe più discusso pubblicamente di aiuti militari a Kiev, per lasciare deliberatamente Mosca all’oscuro.

Il Cancelliere ha inoltre constatato una mancanza di disponibilità al dialogo da parte del Cremlino. L’ Europa è quindi ancora lontana dalla fine della guerra: “Probabilmente dobbiamo mettere in conto una durata più lunga”. Se il Cremlino non dovesse accettare l’offerta di mediazione del Vaticano – come pare al momento – ciò dimostrerebbe che Mosca “non ha alcun interesse” a un cessate il fuoco o a un accordo di pace. Anche il ministro degli Esteri Johann Wadephul (CDU) mantiene un basso profilo sulla questione di una possibile consegna dei missili Taurus: “Il governo sta agendo in modo tale da non essere prevedibile per Putin“, aggiungendo che “l’Ucraina sarà equipaggiata in modo tale da potersi difendere, ma la Germania agirà con piena responsabilità. (…) La coalizione composta da CDU, CSU e SPD è molto compatta anche su questa questione”. Il ministro Wadephul si è nel frattempo recato a Washington per la sua visita inaugurale.

 

Cresce l’indignazione per la condizione di Gaza  

Le dure azioni israeliane nella Striscia di Gaza suscitano sempre più critiche anche in Germania. Il Cancelliere Friedrich Merz ha espresso ciò che in molti a Berlino pensano: “Detto francamente, non capisco più quale sia l’obiettivo dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza”. Il Cancelliere ha quindi affermato che la lotta ai terroristi di Hamas non può più giustificare le perdite nella popolazione civile, sempre più frequenti, soprattutto negli ultimi giorni. “La Germania, come nessun altro Paese al mondo, deve esercitare la massima moderazione possibile nel dare consigli pubblici a Israele”, ha aggiunto. “Ma se si superano i limiti, oltre i quali il diritto umanitario internazionale viene chiaramente violato, allora anche la Germania non può rimanere in silenzio”. 

Il Cancelliere Merz ha comunque sottolineato la stretta collaborazione tra i due Stati: “Ma il governo israeliano non deve fare nulla che i suoi migliori amici non siano più disposti ad accettare”. Andando nel concreto, il Cancelliere Merz ha definito un attacco del fine settimana scorso, durante il quale è stata colpita una scuola, “una tragedia umana e una catastrofe politica”. Il Cancelliere ha inoltre annunciato che ne parlerà con il capo del governo israeliano Netanyahu.

 

Stretta alla politica migratoria da CDU/CSU-SPD  

Il governo nero-rosso ha deciso di sospendere il ricongiungimento familiare dei rifugiati di guerra civile. I partner di governo hanno inoltre convenuto di abolire la procedura di naturalizzazione più veloce dei migranti particolarmente ben integrati. Entrambi i progetti, su cui CDU-CSU e SPD avevano raggiunto un’intesa nell’accordo di coalizione, necessitano ancora dell’approvazione da parte del Bundestag. 

Secondo il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU), la cosiddetta “naturalizzazione turbo” viene abolita senza alcuna sostituzione, il ricongiungimento familiare per i beneficiari di protezione sussidiaria viene sospeso per due anni. Il ministro Dobrindt sostiene quindi che l’obiettivo di “limitare la migrazione” dovrà essere ripristinato anche nel diritto di soggiorno. La decisione contro il ricongiungimento di famiglie separate nei Paesi in guerra civile è una misura necessaria “per mettere nero su bianco il cambiamento politico nella politica migratoria”, ha dichiarato il politico della CSU. La cosiddetta naturalizzazione turbo era stata introdotta solo un anno fa dall’allora governo della coalizione semaforo. Ciò ha permesso di naturalizzare gli immigrati particolarmente ben integrati dopo tre anni. In futuro, questo sarà di nuovo possibile dopo i cinque anni.

 

Studio Ifo: i bavaresi più soddisfatti dei tedeschi dell’Est

Secondo un’analisi condotta a livello nazionale, i cittadini del sud della Germania sono più felici e valutano al meglio le condizioni per famiglie e bambini rispetto all’intero territorio nazionale. L’istituto di ricerca Ifo ha analizzato i dati del governo nel merito. La Baviera ha quindi ottenuto il punteggio più alto, il Land di Brema è risultato fanalino di coda. Cinque i settori oggetto dell’analisi: economia, società e tempo libero, infrastrutture e servizi di interesse generale, clima e ambiente nonché istruzione. 

Le maggiori differenze tra le regioni si riscontrano nei settori dell’economia, società e tempo libero. Si tratta di aspetti come le condizioni del mercato immobiliare, le prospettive di lavoro, in particolare per quanto riguarda la conciliazione tra lavoro e famiglia, nonché le condizioni attinenti alla società come attività ludiche, allo sport e al tempo libero. Ma anche le prospettive future per i giovani. Lo studio IFO mostra infine che la situazione nella Germania Est, dove l’ AfD è particolarmente forte, per i cittadini intervistati è peggiore rispetto al resto della Germania.

 

Nuova concorrenza per le ferrovie tedesche         

Le ferrovie tedesche – Deutsche Bahn – sono sempre più incalzate dalla concorrenza, e gli utenti ne sono felici. L’operatore nel settore viaggi Flix prevede di ampliare in modo significativo la propria offerta nel trasporto ferroviario a lunga distanza. La società di Monaco ha comunicato di aver ordinato al produttore di treni spagnolo Talgo 65 nuovi treni ad alta velocità. Il gruppo stima costi di acquisto e manutenzione per un valore di 2,4 miliardi di euro. I nuovi treni, le cui potenti locomotive sono prodotte da Siemens, possono percorrere fino a 230 chilometri all’ora e dispongono di un accesso senza barriere. Flix ha intenzione inoltre di offrire in futuro collegamenti ferroviari transfrontalieri in Europa, ad esempio verso l’Italia. Resta comunque ancora incerto il termine di consegna dei treni.

Nel trasporto ferroviario a lunga distanza, Flix è con il marchio Flixtrain uno dei pochi concorrenti delle ferrovie tedesche. Finora, la flotta è composta soltanto da 13 treni regionali, che di norma sono gestiti da società partner e servono 50 città tedesche. Con l’acquisto dei treni ad alta velocità, Flix risponde alla crescente domanda di viaggi in treno veloci ed economici.

 

Luoghi in Germania: Schrobenhausen                     

È tempo di asparagi in Germania. Una delle zone di coltivazione più famose si trova a circa 50 chilometri a nord di Monaco di Baviera, intorno alla cittadina di Schrobenhausen in der Hallertau (16.000 abitanti, Land Baviera). Gli asparagi di Schrobenhausen sono un marchio protetto (DOP) e sono considerati una prelibatezza, inoltre il sito ospita il Museo europeo degli asparagi. Ora gli abitanti della cittadina bavarese temono un attacco missilistico russo. Dall’inizio della guerra, la televisione di Stato russa ha ripetutamente minacciato la Germania e altri Stati europei di attuare primi attacchi o azioni di rappresaglia.

Ciò che è poco noto è che oltre al pregiato ortaggio, a Schrobenhausen è presente anche lo stabilimento di produzione dei missili da crociera Taurus. La stampa di propaganda ha fatto riferimento alle dichiarazioni del Cancelliere Friedrich Merz, secondo cui presto i missili da crociera Taurus potranno essere consegnati all’Ucraina senza limiti di gittata: “L’uso di missili da crociera Taurus contro la Russia significherebbe che la Germania prenderebbe parte alle ostilità contro la Federazione Russa. Poiché il produttore di questi missili da crociera si trova in un’area remota e lontana dai centri urbani, basta un solo attacco di rappresaglia“.

 

CDU-CSU e SPD puntano all’armonia

Nel suo esordio il nuovo Cancelliere Friedrich Merz e la sua nuova coalizione di governo CDU-CSU e SPD ha affrontato una serie di ostacoli: la fallita prima elezione del Cancelliere, le promesse elettorali non mantenute da entrambe le parti e divergenze pubbliche. Ora i partner assicurano che “tutto andrà diversamente”. È la quinta volta nella storia tedesca dal Dopoguerra che si forma una coalizione di governo “nero-rossa”.

Un matrimonio politico fondato sull’amore non lo è di certo, a Berlino si parla infatti di “matrimonio di convenienza”. Perché non c’è alternativa: i due gruppi parlamentari sono l’unico insieme politico che detiene la maggioranza nel Bundestag, a esclusione dell’estrema destra dell’AfD, con 328 seggi su 630 deputati. E con questa maggioranza risicata, i partner di governo vogliono far avanzare di nuovo il Paese, risolvere problemi urgenti, assumersi la responsabilità per il futuro del Paese: ecco perché hanno dato al loro accordo di coalizione il titolo di “Responsabilità per la Germania”.

I deputati di entrambi gli schieramenti sottolineano che è stato concordato un cambiamento di politica in termini di contenuti. Ora si tratta anche di portare avanti un cambiamento di stile nella convivenza tra i partiti. Si ricorda che scontri aperti, attacchi personali e minacce erano stati gli ingredienti che portarono al crollo della coalizione semaforo (SPD, Verdi e Liberali). Si andò poi a nuove elezioni, con i cittadini esasperati dalle polemiche interminabili – il risultato è noto. I nero-rossi vogliono assolutamente evitare uno scenario del genere. Un parlamentare della coalizione ha affermato: “Abbiamo visto come nella coalizione semaforo tutto sia iniziato con molto ottimismo e poi tutto si sia perso completamente, con molta rapidità, per via delle controversie interne. Un quadro del genere è fatale e tutti devono pretendere che una situazione di questo tipo non si crei proprio in questa coalizione“.

Ma nonostante l’accordo di coalizione congiunto, ci sono questioni in cui le posizioni di CDU-CSU e SPD restano divergenti, come il salario minimo, la pensione o il freno all’indebitamento. Non tutti i temi sono stati regolamentati nello specifico nell’accordo di coalizione, perché la situazione internazionale pressava non poco sui tempi. Su molti punti vi è ancora una notevole necessità di coordinamento. “Un cambiamento politico è sempre un cambiamento a livello di fiducia”, spiega il nuovo capogruppo parlamentare CDU-CSU, Jens Spahn. Né CDU-CSU né SPD hanno il partner di governo che avrebbero sognato, ma, afferma, CDU-CSU manterranno un comportamento costruttivo: “Senza dubbio non saremo sempre d’accordo, ma troveremo sempre una soluzione praticabile”. Altrimenti, si concretizzerebbe la minaccia di un’ascesa dell’AfD al potere.

 

La delegazione tedesca colpita da Leone XIV       

Chi della sua cerchia ristretta ha potuto incontrarlo, dopo la cerimonia in Piazza San Pietro, ha percepito quanto il grande evento storico lo avesse commosso. Il Cancelliere Friedrich Merz (CDU) ha definito la cerimonia di insediamento di Papa Leone XIV di domenica scorsa un “momento edificante”. Di fronte ai rappresentanti della stampa in Vaticano, ha dichiarato: “Penso che oggi abbiamo rappresentato bene la Germania in questo evento davvero grandioso. E tutti noi non solo auguriamo prosperità alla Chiesa cattolica, ma soprattutto auguriamo al nuovo Papa Leone XIV di poter agire nel bene e nella gioia nella sua missione per la Chiesa universale nei prossimi anni“. Il Cancelliere Merz guidava la delegazione tedesca che ha presenziato alla messa di inizio pontificato di Leone XIV. Accanto a lui hanno partecipato il Vicecancelliere nonché ministro delle Finanze Lars Klingbeil (SPD), la Presidente del Bundestag Julia Klöckner (CDU), la Presidente del Bundesrat Anke Rehlinger (SPD) e il Presidente della Corte costituzionale federale Stephan Harbarth. 

La Presidente del Bundestag Klöckner (seconda carica dopo il Presidente dello Stato) ha augurato che la voce di Leone XIV venga ascoltata nei dibattiti sociali globali. “Il nuovo Papa esprime un’attenzione speciale verso le persone, sostenuta dalla sua particolare personalità. Credo che sarà in grado di costruire e unire ponti in modo speciale e con mite autorità“, ha spiegato Klöckner dopo l’insediamento di Leone XIV. “Il grande sostegno per il nuovo Papa e l’immensa partecipazione alla cerimonia mostrano che la Chiesa rappresenta giustamente valori universali e di convivenza pacifica (…) Il nuovo Pontefice si presenta in una veste potente, autorevole e decisa”. Nella sua solenne omelia, Leone XIV ha esortato ad affrontare i conflitti globali con umiltà e carità sulla scorta dei precetti di Gesù. “Non sono il dominio e la prepotenza, ma l’amore e la convivenza paritaria a portare soluzioni”, ha dichiarato la Presidente Klöckner, descrivendo la sua impressione.

 

Il ministro delle Finanze Klingbeil esorta i colleghi al risparmio

Con un fondo speciale per gli investimenti nelle infrastrutture e nella difesa, la coalizione nero-rossa si è data a priori spazio per gli investimenti. Tuttavia, il nuovo ministro delle Finanze Klingbeil (SPD) richiama alla disciplina in materia di bilancio. La bozza di bilancio per il 2025 dovrebbe essere disponibile entro la fine di giugno. Il ministro Klingbeil ha esortato tutti i ministeri al risparmio. Il leader dell’SPD ha quindi dichiarato: “Adagiarsi sugli allori, perché abbiamo escluso il fondo speciale di 500 miliardi per le infrastrutture e le spese per la difesa dal freno all’indebitamento, non può funzionare con me”. 

Gli appelli all’austerità da parte di un ministro delle Finanze non sono certo insoliti, ma il nuovo governo si trova in una situazione particolarmente spiacevole: per l’anno in corso il Bundestag non ha approvato un bilancio – e proprio nella discussione sui conti del governo la coalizione semaforo era collassata lo scorso novembre, con l’allora ministro delle Finanze e leader dell’FDP Christian Lindner che aveva fatto la sua mossa politica d’azzardo, sordo a qualsiasi compromesso sul freno all’indebitamento, gettando poi la spugna. Un atto irresponsabile, che gli elettori hanno punito con la pena più severa: nelle elezioni anticipate i Liberali sono stati spazzati via dal parlamento.

Nei mesi che hanno preceduto le nuove elezioni, quindi, non è stato approvato alcun bilancio. L’attuale governo federale sta affrontando il lavoro con una cosiddetta gestione finanziaria provvisoria, che permette allo Stato di poter agire nelle questioni più importanti. Ora il tempo stringe. Il 25 giugno il ministro Klingbeil ha intenzione di presentare al governo il suo progetto di bilancio 2025. Il Bundestag delibererà sulla questione per la prima volta prima della pausa estiva, mentre la votazione finale è prevista per settembre. Anche il bilancio per il 2026 non tarderà ad arrivare: dovrà infatti essere approvato entro la fine dell’anno. “Ciò che desidero è presentare alla fine un bilancio calcolato e coerente”, ha sottolineato il ministro Klingbeil. Con la modifica costituzionale sul freno all’indebitamento, la coalizione ha creato margini di manovra per investire nel futuro del Paese: “Con questo si guarda avanti per rendere la Germania forte, non per riempire buchi nel bilancio”.

 

Le autorità di sicurezza in crisi per la violenza politica

La violenza politica in Germania preoccupa sempre di più. Nel 2024 il numero di reati a sfondo politico in Germania è aumentato di oltre il 40% rispetto all’anno precedente. È quanto emerge da una nuova indagine statistica presentata a Berlino dal ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU). Complessivamente, lo scorso anno sono stati registrati 84.172 reati. Rispetto al 2022, già nel 2023 i casi erano aumentati in quasi tutti i settori d’indagine. Gli sviluppi sottolineano “l’urgente necessità di un’offensiva di sicurezza congiunta tra governo e Länder”, ha ammonito il ministro Dobrindt, parlando di un livello massimo raggiunto dall’inizio delle registrazioni nel 2001. Gli sviluppi sono anche “guidati dalla polarizzazione all’interno della nostra società”. Per contrastare le tendenze riconoscibili nelle statistiche, il ministro Dobrindt ha annunciato una doppia strategia del suo ministero e delle autorità di sicurezza: “Più competenze per la polizia e più conseguenze per i criminali”. Ciò include, tra le altre cose, la memorizzazione annunciata degli indirizzi IP.

Nelle statistiche, i reati registrati sono assegnati alle cosiddette “aree fenomeniche”: sinistra, destra, “ideologia di matrice estera”, ideologia di matrice religiosa e altre. I casi di estrema destra, in totale 42.788 reati, costituiscono la percentuale più alta. Rispetto all’anno precedente, si tratta di un aumento di quasi il 48%. Gli atti di violenza con “ideologia di matrice estera” sono aumentati del 42% arrivando a 7.343 reati, i reati di estrema sinistra di oltre il 28% raggiungendo quasi i 10.000. Anche i reati riconducibili all’ideologia religiosa, per lo più di origine islamica, sono aumentati del 28%.

 

Il Land della Bassa Sassonia sostituisce il governatore

Il politico dell’SPD Olaf Lies è il nuovo governatore della Bassa Sassonia. Il Landtag di Hannover ha votato a maggioranza a favore del 58enne, che intende continuare la coalizione rosso-verde del suo predecessore Stephan Weil. Nelle elezioni a scrutinio segreto, Lies ha ottenuto 80 voti a favore alla prima votazione. La maggioranza richiesta è stata di 74 voti. SPD e Verdi rappresentano insieme 81 dei 146 deputati del parlamento regionale. Lies, originario di Wilhelmshaven e gestore di un’azienda agricola per hobby, ha una reputazione ad Hannover di politico vicino alla gente e abile oratore. Per dodici anni ha sempre fatto parte dei governi regionali guidati da Weil.

Dal 2013 al 2017 è stato ministro dell’Economia, dal 2017 al 2022 ministro dell’Ambiente e da allora di nuovo ministro dell’Economia. Nelle trattative della coalizione a Berlino, poche settimane fa ha presieduto il gruppo di lavoro dell’SPD nel settore del clima e dell’energia. Il prossimo fine settimana, Lies assumerà anche la presidenza regionale dell’SPD da Weil. In qualità di governatore, entrerà anche nel consiglio di vigilanza di Volkswagen: il Land della Bassa Sassonia detiene come da tradizione il 20% dei diritti di voto nel gruppo VW.

 

Frecciarossa avvicina la Germania e l’Italia            

In treno dalla Germania direttamente nelle amate città italiane? O viceversa, per un lungo weekend nella “città più settentrionale d’Italia”, come Goethe una volta definì Monaco di Baviera? Tra non molto tutto ciò sarà possibile. Deutsche Bahn ha pianificato infatti collegamenti espressi da Monaco a Milano e Roma senza cambi. I primi collegamenti diretti partiranno da dicembre 2026.  I treni italiani Frecciarossa saranno quindi utilizzati per la prima volta in Germania. Il tempo di percorrenza tra Monaco e Milano dovrebbe essere di circa sei ore e mezza e tra Monaco e Roma di circa otto ore e mezza. Ciò consentirebbe ai viaggiatori di risparmiare ben 75 minuti rispetto al tempo di percorrenza attuale, compresi i cambi sulla tratta per Milano. Per Roma il tragitto si accorcia addirittura di 105 minuti. 

Con l’apertura della galleria di base del Brennero prevista per la fine del 2032, i tempi di percorrenza si ridurranno di circa un’altra ora. Ulteriori soste tra Monaco e Milano previste sono Bolzano, Trento, Rovereto, Verona e Brescia. Sul collegamento tra Monaco e Roma sono previste fermate a Innsbruck, Bolzano, Trento, Rovereto, Verona, Bologna e Firenze. Inizialmente si prevede un collegamento al giorno, per poi arrivare a un’offerta di cinque viaggi di andata e ritorno al giorno. Anche altre mete sono già in programma. A partire da dicembre 2028 si realizzeranno le tratte tra Milano e Berlino e tra Napoli e Berlino. Tutto ciò è dovuto ai piani della Commissione Europea volti al miglioramento dei collegamenti ferroviari tra le principali metropoli europee. 

 

Luoghi in Germania: Blaichach im Allgäu              

A metà maggio i prati di montagna nel borgo di Gunzesried nei pressi di Blaichach (Baviera), a 900 metri sull’ alta valle dell’Algovia, sono di nuovo verdi. Ma la presunta pace del villaggio con i suoi 790 abitanti stenta da mesi a decollare. Il motivo è una disputa in corso sull’alloggiamento di 45 rifugiati in un hotel di montagna vuoto. I primi migranti avrebbero dovuto essere trasferiti nel “Heubethof” diverse settimane fa. Ma quando l’amministrazione provinciale competente ha informato gli abitanti di Blaichach e della frazione di Gunzesried dell’imminente sistemazione, si è formata subito una forte opposizione.

Due settimane dopo, i cittadini hanno presentato una petizione con 700 firme al Landtag della Baviera, in cui si opponevano al soggiorno dei rifugiati, provenienti principalmente dal Vicino Oriente e dall’Africa. La motivazione era che le possibilità di integrazione erano troppo scarse per un numero troppo elevato di rifugiati in un luogo troppo piccolo. Dopo diverse consultazioni, il governo bavarese ha sospeso la sistemazione per rivalutare il progetto.

Il Cancelliere Merz sceglie una linea dura contro Mosca

Il nuovo Cancelliere tedesco Friedrich Merz (CDU) insiste su un cessate il fuoco nella guerra in Ucraina come condizione per i negoziati tra le due parti. “Ci aspettiamo che Mosca approvi ora un cessate il fuoco che possa rendere possibili veri colloqui”, ha spiegato il Cancelliere Merz. “Prima le armi devono tacere, poi possono iniziare i colloqui”. La disponibilità al dialogo espressa da Putin è “per prima cosa un buon segno, ma è lungi dall’essere sufficiente”, “perché l’Ucraina ha già accettato il cessate il fuoco senza se e senza ma”, per cui “ora la palla spetta solo alla Russia”. Sabato scorso il Cancelliere Merz si era recato a Kiev insieme al Presidente francese Emmanuel Macron, al Primo ministro britannico Keir Starmer e al Primo ministro polacco Donald Tusk per incontrare il Presidente Volodymyr Zelenskyj.

Anche in termini di aiuti militari, in futuro la Germania seguirà una nuova linea. “Sotto la mia guida, il dibattito sulle forniture di armi, sul calibro e sui sistemi d’arma non sarà più di dominio pubblico”, ha annunciato il Cancelliere a Kiev. Il motivo ha un nome ed è noto agli esperti come “ambiguità strategica”: in futuro Mosca non dovrà più sapere quali e quante armi fornisce la Germania. “Non ha molto senso che la controparte nemica apprenda i dettagli del sostegno europeo o tedesco”, ha spiegato il nuovo portavoce del governo Stefan Kornelius. Dirigenti militari e funzionari pubblici sostengono la nuova linea. Le liste pubbliche delle armi sono state un errore tattico, afferma un generale di alto rango, aggiungendo: “Il nemico ha riso di gusto per le informazioni gratuite fornite”.

 

Cambio di leadership nella SPD                                

Cambio ai vertici per i Socialdemocratici. Il ministro del Lavoro Bärbel Bas diventerà il nuovo Copresidente dell’SPD come confermato dai vertici della SPD dopo le consultazioni sul nuovo organico. Tim Klüssendorf, dell’ala sinistra del partito, è stato proposto come nuovo Segretario generale. Alla fine di giugno la convention di partito dell’SPD si occuperà dell’approvazione delle nomine. Bas, che rappresenta la circoscrizione elettorale di Duisburg nella Renania Settentrionale-Vestfalia, è stata Presidente del Bundestag nella scorsa legislatura. “La decisione non è stata facile, perché di fronte al pessimo risultato elettorale di febbraio, guidare il partito è un compito storico”. Il ministro Bas si dice comunque pronta ad assumersi questa grande responsabilità e ha annunciato di voler mettere la sicurezza sociale, l’uguaglianza nella formazione e anche l’impegno per una società moderna e diversificata al centro del suo lavoro. 

La riorganizzazione si è resa necessaria dopo che l’ormai ex Copresidente dell’SPD Saskia Esken aveva annunciato le sue dimissioni per le forti critiche ricevute, “colpevole” di dichiarazioni infelici e apparizioni televisive che le sono costate la sua posizione. Alcuni critici addebitano principalmente a lei la dura sconfitta elettorale dell’SPD alle ultime elezioni. Klüssendorf, poco noto, succederà come Segretario generale a Matthias Miersch, che è stato eletto capogruppo parlamentare dei Socialdemocratici. Al prossimo congresso di partito Bas si candiderà insieme a Lars Klingbeil per il ruolo di doppio vertice dell’SPD.

 

Commemorazione della Seconda guerra mondiale: il monito del Presidente Steinmeier

Con parole nette contro il populismo e l’oblio della storia, il Bundestag ha commemorato la fine della Seconda guerra mondiale di 80 anni fa. Il Presidente dello Stato Frank-Walter Steinmeier ha messo in guardia da nuovi pericoli all’orizzonte e ha utilizzato il suo discorso per tracciare una chiara linea di demarcazione rispetto alla politica di guerra russa. “Il Cremlino ridicolizza la storia quando presenta l’attacco all’Ucraina come una continuazione della ‘lotta antifascista’”. (…) La guerra di aggressione di Putin non ha nulla a che vedere con la lotta contro la tirannia nazista”. Allo stesso tempo, il Capo dello Stato ha reso omaggio alle vittime dell’Armata Rossa, la cui azione fu determinante per la liberazione dell’Europa, e molte delle quali parteciparono alla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz.

Il Presidente Steinmeier ha anche espresso preoccupazione per gli sviluppi negli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump: “Il fatto che proprio gli Stati Uniti si allontanino dal diritto internazionale è uno shock di nuove dimensioni”. Il Presidente Steinmeier ha messo in guardia dalla velocità con cui anche le democrazie solide possano essere messe in pericolo “se la separazione dei poteri e la scienza vengono attaccate”. Allo stesso tempo, il Presidente ha espresso critiche verso le forze populiste in Germania che mettono in discussione la cultura della memoria: chi parla di “culto della colpa” o chiede di “mettere un punto” mette in discussione la responsabilità storica della Germania.

Nel suo discorso, la nuova Presidente del Parlamento Julia Klöckner (CDU) ha rivolto lo sguardo alle sofferenze delle donne, spesso trascurate, ricordando la violenza sessuale e la sopravvivenza nelle peggiori condizioni. Anche lei ha tracciato un parallelo con il presente: in Ucraina, ancora una volta, le donne sono vittime mirate di violenza, “utilizzate come arma di guerra”. L’8 maggio si commemora la capitolazione della Germania nazista nello stesso giorno del 1945. In considerazione della guerra della Russia contro l’Ucraina, gli ambasciatori di Russia e Bielorussia non sono stati invitati alla cerimonia commemorativa al Bundestag.

 

Al bando i “Reichsbürger”: il ministro dell’Interno contro la setta politica

Il nuovo ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU) ha messo al bando l’associazione Königreich Deutschland, “Regno di Germania”. Secondo il ministero degli interni, lo scopo e le attività dell’organizzazione violavano il diritto penale ed erano indirizzati contro la legalità costituzionale e l’idea di comprensione tra i popoli. Il “Königreich” è la più grande associazione tedesca del cosiddetto ambiente dei cittadini del Reich, i Reichsbürger. La messa al bando riguarda anche le numerose sub-organizzazioni dell’associazione. 

Il ministro Dobrindt ha parlato di un colpo significativo inferto a una setta politica in crescita da anni. “I membri di questa associazione hanno creato uno stato antagonista nel nostro Paese e hanno costruito strutture organizzate intorno all’economia criminale”, ha spiegato il ministro Dobrindt motivando la sua azione. “In questo modo minerebbero costantemente l’ordinamento giuridico e il monopolio della Repubblica Federale di esercitare la forza. La loro presunta pretesa di potere è corroborata da teorie cospirative antisemite”.

Durante un raid in tutta la Germania, le forze di sicurezza hanno perquisito gli immobili dell’associazione e gli appartamenti di membri di spicco per sequestrare i beni dell’associazione e raccogliere ulteriori prove degli obiettivi e delle attività anticostituzionali. Vari leader del gruppo sono stati arrestati.

 

Elezione del Papa: la Chiesa tedesca si congratula con Leone XIV

A nome della Conferenza episcopale tedesca, il suo Presidente, il vescovo Georg Bätzing di Limburgo, si è congratulato con il nuovo Papa Leone XIV per la sua elezione. Il Pontefice incoraggia tutti a “un’azione missionaria della Chiesa, che sia aperta a tutti”. Al contempo, il vescovo Bätzing ha ricordato i lunghi anni della sua attività in America Latina e ha sottolineato in modo esemplare le “esperienze sinodali” nella Chiesa locale. “Proprio le sue parole chiare su una Chiesa sinodale che guarda avanti e vuole essere presente per tutte le persone sono un’affermazione che dona a noi, come Chiesa in Germania, molta forza”.

Robert Francis Prevost, come ex prefetto della Congregazione per i Vescovi, è stato uno dei cardinali che hanno dialogato con i vescovi tedeschi da parte romana in merito ai tentativi di riforma del controverso Cammino sinodale tedesco. In Vaticano vi era il timore che l’interpretazione tedesca con solidi organi decisionali sinodali portasse a una “specie di parlamentarismo” e potesse minare la facoltà insegnamento dei vescovi. In un incontro intercorso tra i vescovi tedeschi e i rappresentanti della curia vaticana di marzo scorso si è aperta una discussione sfociata poi in un comunicato stampa congiunto: “I vescovi tedeschi hanno garantito che questo lavoro servirà a sviluppare forme concrete di sinodalità nella Chiesa in Germania, che saranno in conformità con l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, con le disposizioni del diritto canonico e con i risultati del Sinodo mondiale, e successivamente saranno sottoposte all’approvazione della Santa Sede”.

Proprio questo compromesso, a cui l’attuale Papa Leone ha contribuito in modo determinante, gli avrebbe procurato anche i voti dei tre cardinali tedeschi. Uno dei “kingmaker” che hanno fatto campagna per Prevost è il cardinale Reinhard Marx di Monaco, che è anche Presidente del Consiglio di vigilanza per gli affari economici e finanziari della Santa Sede. Domenica 18 maggio, alla messa del nuovo Papa, la Germania sarà rappresentata dal Cancelliere Friedrich Merz e dalla Presidente del Parlamento Julia Klöckner, entrambi cattolici.

 

Morta a Berlino Margot Friedländer, testimone della Shoah

Margot Friedländer è morta a Berlino alla veneranda età di 103 anni. Sopravvissuta all’Olocausto, unica nella sua famiglia, Margot Friedländer è stata la “versione tedesca” di Liliana Segre. Dedicò la sua vita a una missione, ossia che non si ripetessero mai più i crimini della Germania nazista, tenendo centinaia di letture, conferenze, facendosi portavoce per tutti quelli della sua generazione che non potevano più esprimersi: per sua madre, suo padre, suo fratello diciassettenne, e per i sei milioni di ebrei sterminati.

Lei stessa fu tra i pochi sopravvissuti al campo di concentramento.

Successivamente emigrò a New York e tornò a Berlino solo in età avanzata. Per Friedländer “poter dare voce ai morti” fu grande motivo di rassicurazione, ma il suo scopo non fu soltanto quello di condividere, bensì di lasciare anche un messaggio per il futuro:  “Noi siamo vecchi ormai. Adesso passo ai giovani il compito di essere testimoni del nostro tempo”. Una frase resta quale suo testamento speciale: “Sono venuta a tendervi la mano. Lo faccio per voi. Siate esseri umani“. Un appello alla riconciliazione oltre ogni tempo e confine.

 

Luoghi in Germania: Bad Dürkheim                        

La “Strada del Vino” nel Palatinato è una delle zone più belle della Germania. I vigneti si estendono sulle colline, nel percorso si trovano romantiche rovine di fortezze, castelli, cantine vinicole e graziosi villaggi con case a graticcio. E proprio in questa zona si terrà presto un importante incontro politico. Il nuovo Cancelliere Friedrich Merz ha invitato il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump in Germania, per la precisione a Bad Dürkheim (20.000 abitanti).

L’invito riguarda proprio gli antenati del Presidente Trump, originari della piccola località vinicola di Kallstadt sulla Strada del vino nel Land della Renania-Palatinato, appartenente al distretto di Bad Dürkheim. Anche il Cancelliere Merz ha un legame con la stazione termale: fu infatti di stanza presso la caserma locale durante il servizio militare. Kas 22/30

 

 

 

 

 

 

Comites Saar. Il legame inscindibile tra gli italiani all’estero e la loro terra d’origine

 

In un momento storico in cui il rapporto tra l’Italia e le sue comunità all’estero è messo alla prova da nuove sfide legislative e sociali, Patrizio Nicola Maci, presidente del Com.It.Es Saar, prende la parola con fermezza e passione per dare voce a milioni di italiani nel mondo

Il suo intervento è un richiamo forte all’identità, alla dignità e al valore dell’appartenenza: un legame che va oltre le distanze geografiche e le barriere burocratiche. Con parole cariche di significato, Maci denuncia il rischio di un progressivo allontanamento istituzionale e chiede con determinazione il riconoscimento pieno del ruolo che gli italiani all’estero svolgono ogni giorno nel tenere viva l’anima del nostro Paese. Un discorso che è, al tempo stesso, dichiarazione d’amore per l’Italia e richiesta di rispetto per chi continua a rappresentarla con orgoglio fuori dai suoi confini. Qui il discordo di Patrizio Nicola Maci:

Oggi prendo la parola in nome di tutti i miei colleghi, per parlare di un legame che non conosce confini, né distanze, né barriere burocratiche: il legame tra gli italiani all’estero e la loro terra d’origine.

L’Italia non è solo un territorio, un insieme di città e paesaggi. L’Italia è un’anima, un’identità che si tramanda da generazioni e che, lontano dalla Penisola, si rafforza, si carica di significato, diventa bandiera e senso di appartenenza.

Paradossalmente, siamo proprio noi italiani all’estero a sentire l’italianità con una forza e una consapevolezza spesso più intensa di chi vive ogni giorno dentro i confini nazionali. L’Italia, per noi, non è solo un luogo sulla carta geografica, ma un faro che guida le nostre vite, che ispira il nostro lavoro e il nostro impegno quotidiano.

Eppure, troppo spesso l’italiano all’estero viene trattato come un cittadino di seconda categoria. Troppo spesso il suo sacrificio, la sua dedizione, il suo contributo vengono ignorati o ridotti a una questione burocratica. Questo non possiamo accettarlo. Questo non deve più accadere.

Gli italiani nel mondo non sono semplici spettatori della storia nazionale, né un numero da conteggiare nelle statistiche. Siamo ambasciatori dell’Italia, siamo custodi della sua cultura, siamo il ponte che lega la nostra madrepatria al resto del mondo. E ogni giorno, con impegno e sacrificio, portiamo avanti un’eredità che merita rispetto e riconoscimento.

Il nuovo Decreto Legge sulla cittadinanza rischia di spezzare questo legame. Limitare il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis oltre la seconda generazione significa non considerare il valore reale dell’appartenenza, significa creare una distanza tra lo Stato e chi da sempre ha mantenuto vivo il proprio legame con l’Italia.

Ma se l’Italia vuole rafforzare davvero il suo legame con i suoi cittadini nel mondo, non può limitarsi a ricordarsi di noi solo quando conviene. Deve riconoscerci, valorizzarci e coinvolgerci. Non siamo un’appendice della nazione, siamo parte integrante del suo presente e del suo futuro.

Eccellenza, il legame con gli italiani all’estero non è solo una questione di diritti, è una questione di identità, di dignità, di visione. Investire su di noi significa investire sulla forza globale dell’Italia, su una comunità che non ha mai smesso di amare e rappresentare con fierezza la propria terra d’origine.

Non chiediamo privilegi, chiediamo rispetto. Non chiediamo concessioni, chiediamo riconoscimento. Perché essere italiani non dipende dalla distanza geografica. Essere italiani è un impegno che portiamo nel cuore, ovunque nel mondo.

Patrizio Nicola Maci Presidente Com.It.Es. Saar, CdI on 28

 

 

 

 

 

 

In morte di Falcone. Le Acli Baviera sulla strage di Capaci

 

Il 23 maggio 1992, a Capaci, il Giudice Falcone, la sua scorta ed innocenti, cadevano vittime della cruenta mano della mafia, una strage annunciata, un affronto all’intera Cittá, una sfida allo Stato. Le ACLI Baviera, in occasione  del 33° anniversario di un atroce delitto che , a distanza di qualche mese, avrebbe riproposto la crudeltá e l’efferatezza  dell’attentato, a Palermo al Giudice Borsellino, di criminali mafiosi senza scrupoli e rispetto, richiamano la societá civile, tutta, ad un’opposizione senza tregua, a mantenere alti i valori e le finalitá di giustizia e legalitá che in Sicilia, e non solo, Magistrati del rango di Falcone e Borsellino con elevato senso del bene comune hanno sempre proposto ed affermato.

Qualche anno fa, si registrava il gesto infamante dello sfregio al monumento eretto dai Genitori del giovane Giudice Livatino, nella periferia di Agrigento, a ricordo, nel luogo della sua morte per mano della mafia. Tutti questi avvenimenti, sacri alla memoria, sollecitano tutti i Cittadini animati da rettitudine e probitá ad armarsi di  coraggio e fermezza nella lotta contro le disgraziate  ed insensate ordalie mafiose.

Risuonano ancora nella Valle dei Templi di Agrigento  le parole abbaglianti, di contagiosa commozione di Papa Giovanni Paolo II, a cento anni dalla sua nascita: “Mafiosi ,pentitevi! Verrá il giorno del giudizio di Dio! “ Un urlo agghiacciante , di tremenda, definitiva punizione.

Il Giudice Falcone, anche convinto che la mafia fosse usata come paravento per celare inadempienze, inefficienze, atti illeciti, propugnava un movimento antimafia che favorisse la crescita sociale, eliminasse le disuguaglianze, diffondesse lavoro e benessere. La mafia si combatte mostrando la sua vera identitá liberticida e carogna per affermare che piú ancora della militanza, bisogna estirpare e debellare i comportanti che appartengono alla mentalitá mafiosa.

L’intera classe politica siciliana di oggi e domani, e non solo, avrá il compito, con lucida determinazione, di superare gli atteggiamenti prevaricatori, da parassiti,  tipici della cultura mafiosa diffusa e, ancora percepibile nella corruzione prevaricante, nella gestione clientelare della politica, nella mancata difesa e protezione dell’ambiente e nell’inadeguata proposta turistica e valorizzazione del patrimonio culturale.

Spesso i luoghi in cui si nasce impongono sugli esseri umani quasi un’irredimibile tirannia, un’inesorabile dittatura dalla quale non tutti riescono a salvarsi. Neanche i Giudici Falcone e Borsellino!  Ma in tutti, tali esempi di vita e di sacrificio impongono il risveglio delle coscienze!   Carmine Macaluso, Acli Baviera, dip 23 

 

 

 

 

 

A Wolfsburg l’Ambasciatore Fabrizio Bucci

 

Wolfsburg. L’Ambasciatore d’Italia a Berlino Fabrizio Bucci ha fatto tappa a Wolfsburg per una significativa visita istituzionale, all’insegna dei legami storici e culturali tra Italia e Germania, e per incontrare la vivace comunità italiana che da decenni contribuisce in modo straordinario allo sviluppo non soltanto della città di Wolfsburg, ma dell’intera regione e all’economia tedesca.

La giornata dell’Ambasciatore è iniziata con un incontro con il personale dell’Agenzia Consolare. A seguire, accompagnato dall’Agente Consolare Chiara Felicelli, ha visitato lo storico stabilimento e la “Autostadt” della Volkswagen e incontrato numerosi rappresentanti e membri della collettività italiana. La visita si è conclusa al municipio, dove l’Ambasciatore è stato ricevuto dal Sindaco Dennis Weilmann e ha firmato il Libro d’Onore della città.

“Wolfsburg non è solo la città dell’industria automobilistica, ma è un esempio e un modello di integrazione riuscita. Abbiamo comunità italiane in tante parti del mondo, ma in poche altre città l’impegno civico è stato – e continua ad essere – così profondo e sentito. L’affetto e il senso di riconoscenza che uniscono Wolfsburg e l’Italia sono davvero esemplari. Ringrazio il sindaco Weilmann non solo per la calorosa accoglienza di oggi, ma anche per l’impegno che ogni giorno l’amministrazione cittadina dimostra nei confronti della comunità italiana“, così l’Ambasciatore. Wolfsburg, simbolo dell’emigrazione italiana in Germania, ha visto arrivare i primi “Gastarbeiter” italiani nei primi anni ’60, molti dei quali trovarono impiego alla Volkswagen, contribuendo in modo determinante allo sviluppo economico della città e diventando protagonisti attivi della sua vita sociale, sindacale e istituzionale.

La visita si inserisce anche nel contesto delle celebrazioni per il 50° anniversario del gemellaggio tra Wolfsburg e la città di Pesaro, un legame che sarà celebrato ufficialmente il 19 settembre 2025 con una serata di grande prestigio: l’esecuzione dell’opera di Giacomo Rossini Il viaggio a Reims, a cura dell’ensemble del Rossini Opera Festival di Pesaro, presso il rinomato Teatro Sharoun di Wolfsburg, alla presenza di una delegazione ufficiale guidata dal Sindaco di Pesaro. (Inform/dip 23)

 

 

 

 

A Francoforte e Darmstadt il “Galileo Galilei Science&Space Festival”

 

Francoforte.  - Dal 12 al 14 giugno prossimi avrà luogo a Francoforte e a Darmstadt la quinta edizione del “Galileo Galilei Science&Space Festival”, un festival dedicato alla divulgazione della cultura e dei temi scientifici e alla valorizzazione della straordinaria rete di professori e ricercatori italiani presenti in Italia e all’estero.

La rassegna, ideata e organizzata da Michele Santoriello dell’Ufficio culturale presso il Consolato Generale d’Italia a Francoforte sul Meno, gratuita e aperta al pubblico, vuole essere anche quest’anno testimonianza concreta del ruolo di primissimo piano svolto dall’Italia nel campo della scienza di base e della ricerca tecnologica.

La quinta edizione, che si svolge nell’ambito della Giornata della Ricerca Italiana nel mondo, presenta alcune importanti novità.

Si inizia giovedì 12 giugno, alle ore 19:00, al Physikalischer Verein di Francoforte con la celebrazione dei 50 anni dell’ESA e una lectio magistralis in inglese di Ian Carnelli, direttore del Dipartimento Sistemi del Centro Europeo di Tecnologie Spaziali ESA-ESTEC (Noordwijk), che parlerà delle “Planetary Defense Activities at the European Space Agency – Working Towards Protecting the Earth from the Asteroids Threat”. Modererà l’incontro, in lingua inglese, Paolo Ferri del Club culturale italiano ESOC-EUMETSAT. L’ingresso è gratuito e non è necessaria la prenotazione.

Sabato 14 giugno le relazioni del Festival si è terranno a Darmstadt, questa volta presso il Presse Centre di ESA-ESOC, dove, a partire dalle 17:15, si avrà modo di ascoltare Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro, docenti presso il Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, che terranno una conferenza in italiano su “Design spaziale italiano – Abitare lo Spazio”. Introduce e modera Silvia Sangiorgi.

Successivamente è in programma una breaking news in italiano a cura di Elia Maestroni, ingegnere dell’ESA, su “Biomass: an exceptional LEOP for an exceptional mission”. Modera l’intervista Paolo Ferri.

Infine l’intervento, in inglese, degli ingegneri Claudia Tranquilli e Enrique Ordas di EUMETSAT su “Meteosat Third Generation Sounder – Objectives of MTG-S mission”, con l’introduzione e la moderazione di Flavio Murolo.

Sempre sabato, presso ESA-ESOC, un programma speciale in italiano sarà dedicato esclusivamente agli studenti delle scuole bilingui.

A fine giornata il pubblico sarà infine invitato dal Consolato Generale di Francoforte ad un momento conviviale con i conferenzieri del Festival per degustare insieme prodotti italiani e continuare a parlare di scienza.

Per partecipare agli eventi gratuiti di sabato 14 giugno presso ESA-ESOC è obbligatoria la prenotazione entro il 10 giugno, scrivendo all’indirizzo email francoforte.culturale@esteri.it. (aise/dip 28)

 

 

 

 

Dachau. Una giornata indimenticabile…per non dimenticare

 

Una visita al campo di concentramento di Dachau non rientra esattamente nell’immaginario delle gite in compagnia, eppure, un gruppo di 50 persone della comunità italiana di Stoccarda ha accolto l’invito a trascorrere una giornata al memoriale del campo di sterminio di Dachau, nei pressi di Monaco. Promotore dell’evento, su iniziativa del gruppo terza età di Vaihingen-Cristo Re, è stato Pino Tabbì, presidente delle ACLI di Stoccarda che già più volte e sempre con positivo riscontro del pubblico, ha organizzato gite e manifestazioni in collaborazione con i responsabili della comunità cattolica italiana.

La giornata di martedì 13 maggio si presenta fin dall’alba radiosa e calda e così, 50 persone si avviano in autobus allegre e festanti fino ai cancelli di Dachau. Alla scritta „Arbeit macht frei“ il clima di spensieratezza scompare per lasciare spazio alla riflessione individuale. Ognuno elabora a modo proprio le informazioni fornite dai pannelli sospesi come lenzuola al vento nella baracca dell’economato del campo, che funge da museo multimediale. Ci si immerge in una storia che sembra lontana, ma che a 80 anni dalla liberazione, è ancora presente nei ricordi trasmessi dai nostri genitori. Apprendiamo la crudeltà umana giustificata dall’alibi dell’obbedienza e della fede politica. Già dalla salita al potere del nazismo del 1933 si programma, prima la deportazione e poi lo sterminio degli avversari politici, dei socialisti, sinti e roma, degli omosessuali, dei testimoni di Geova, dei clerici disobbedienti, degli „asociali“, dei malati psichici, dei „vagabondi“, degli italiani non aderenti alla Repubblica di Salò fino all’eclatante eliminazione dell’intero popolo ebraico. Reperti, fotografie, biografie e la visita alle baracche ricostruite ci accompagnano per tutta la mattinata.

Lasciato il campo alle spalle, confinante con graziose villette e campi sportivi che accentuano la contraddizione  tra storia passata e presente,  ci rechiamo a pranzo  in un folcloristico locale bavarese, con pietanze tipiche e camerieri in costume. Dell’ottimo pranzo e delle torte di pasticceria ringraziamo il contributo economico delle ACLI e della Comunità cattolica che hanno reso possibile l’evento con un  modico contributo da parte dei partecipanti. Nel pomeriggio abbiamo visitato l’antica e ridente  città alta di Dachau, altrimenti sempre offuscata dal toponimo del lager, che invece ci ha piacevolmente sorpresi passeggiando tra i fiori del giardino panoramico attorno al castello barocco, con una vista meravigliosa sullo skyline di Monaco, tra grattacieli e lo stadio  in lontananza.

Il viaggio di ritorno, fortunatamente senza alcun traffico, ha concluso questa giornata, per la cui realizzazione ringraziamo nuovamente   i collaboratori della missione e la comunità dei partecipanti , che ha dimostrato ancora una volta il desiderio di trascorrere momenti insieme, non solo di preghiera o svago, ma anche di storia e cultura. Paola Griffini, CdI on 19

 

 

 

 

Dresda. L’ambasciatore Bucci visita il nuovo laminatoio Feralpi Stahl a Riesa

 

Dresda - Feralpi Group, leader nella produzione di acciai, investe in Germania inaugurando il nuovo laminatoio a Riesa presso Dresda, in Sassonia. All’evento, tenutosi ieri, 15 maggio, ha partecipato anche l’ambasciatore d’Italia a Berlino, Fabrizio Bucci, assieme a personalità di spicco e rappresentanti istituzionali sia italiani sia tedeschi, tra i quali il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, il ministro presidente della Sassonia Michael Kretschmer, Giangiacomo Calovini della Commissione Affari esteri e comunitari della Camera, il ministro di Stato della Sassonia per affari economici Dirk Panther e il presidente Giuseppe Pasini di Feralpi Group e di Confindustria Lombardia.

“L’investimento di Feralpi rappresenta un chiaro esempio della rilevanza delle relazioni economiche bilaterali tra Italia e Germania, due delle maggiori economie manifatturiere d’Europa”, ha detto l’ambasciatore Bucci. “Questo investimento, simbolo di una lunga tradizione di collaborazione, sottolinea l’importanza strategica del mercato tedesco per le imprese italiane. La cooperazione tra Italia e Germania è uno dei principali motori per il rilancio della competitività economica e industriale dell’intero continente europeo, in grado di garantire sviluppo sostenibile e occupazione di qualità, tutelando nel contempo il benessere dei cittadini”.

Feralpi Group è tra i principali produttori siderurgici in Europa, specializzato nella produzione di acciai. Con impianti in sette Paesi (Italia, Germania, Francia, Spagna, Repubblica Ceca, Ungheria e Algeria) e circa 2.000 dipendenti, produce annualmente 2,5 milioni di tonnellate di acciaio. In Germania è tra i principali attori che producono acciaio da forni elettrici (con la controllata Feralpi Stahl a Riesa, in Sassonia) e, in particolare, è il decimo produttore di acciaio del Paese con una produzione di circa 1 milione di tonnellate di acciaio l’anno che si apprestano a raggiungere 1,3 milioni di tonnellate l’anno grazie a questo nuovo e importante investimento.

Il settore siderurgico italiano è leader nel G7 per la produzione di “acciaio verde” (circa l’86% della produzione totale) tramite il ciclo a forno elettrico. L’industria italiana è anche all’avanguardia in termini di efficienza energetica, con consumi per unità di prodotto ampiamente al di sotto della media europea. Questo è un esempio virtuoso del nesso tra decarbonizzazione e competitività industriale, fondamentale per affrontare le sfide della transizione ecologica.

La Germania continua ad essere il primo partner commerciale per l’Italia (interscambio di ca. 156 miliardi di euro nel 2024) e il principale mercato di riferimento per le esportazioni italiane, di circa 71 miliardi di euro (oltre 6 miliardi derivanti dai prodotti metallurgici). La Germania rappresenta anche il principale fornitore per l’Italia, con una quota di mercato del 14,9%, e il principale cliente, con una quota dell’11,4%. Attualmente operano in Germania oltre 2.100 imprese italiane, con un fatturato complessivo di quasi 90 miliardi di euro e che forniscono lavoro a circa 146.000 persone. Con uno stock di investimenti italiani che supera i 52 miliardi di euro, esse contribuiscono in modo significativo alla crescita dell’economia tedesca e al rafforzamento delle relazioni economiche tra i due Paesi. (aise/dip 16)

 

 

 

 

Würzburg e Siracusa unite da un gemellaggio ufficiale

 

Un’alleanza nata nel 2018 diventa ufficiale il 17 maggio 2025: le due città rafforzano amicizia, cooperazione e scambi culturali nel segno dell’Europa - Di Giuseppe Arena

Würzburg. Dal 17 maggio 2025, è ufficiale: la città tedesca di Würzburg e la città siciliana di Siracusa sono gemellate. Questa partnership è il frutto di un’amicizia di lunga data, iniziata nel 2018.

Questo evento rappresenta un momento significativo che suggella il gemellaggio tra Würzburg e Siracusa, promuovendo ulteriormente la collaborazione e la comprensione reciproca tra le due comunità.

Il gemellaggio è stato suggellato con una cerimonia nella Sala Wenzel del Municipio di Würzburg, un luogo di grande storia e significato. Il sindaco di Würzburg, Christian Schuchardt, ha espresso la sua convinzione che queste partnership siano un segnale importante contro il nazionalismo e l’isolazionismo.

La cerimonia solenne ha rappresentato un momento importante per rafforzare i legami di amicizia e cooperazione tra le due città. Anche Alessandro Di Mauro, presidente del Consiglio comunale di Siracusa, ha sottolineato che, nonostante la distanza geografica di circa 2000 chilometri, ci sono molte affinità.

All’evento erano presenti le alte cariche della città di Würzburg, tra cui il sindaco Christian Schuchardt, il secondo sindaco Martin Heilig e il terzo sindaco Judith Roth-Jörg. Erano accompagnati dai consiglieri comunali e dai sostenitori della partnership, Nuccio Pecoraro ed Emanuele La Rosa.

Tra gli illustri ospiti presenti vi erano il Console italiano di Francoforte, Massimo Darchini, e personalità di spicco del panorama politico e istituzionale locale tedesco.

Una delegazione ufficiale di Siracusa ha preso parte alla cerimonia per commemorare questo momento storico e per esplorare le future prospettive del gemellaggio. Il legame tra Würzburg e Siracusa potrebbe potenzialmente favorire lo scambio culturale, la cooperazione economica e la stretta collaborazione in vari settori della società.

Già prima della partnership ufficiale, erano stati avviati numerosi programmi di scambio tra le due città. Gli studenti del liceo Wirsberg di Würzburg hanno visitato Siracusa, così come gli studenti di architettura dell’Università di Scienze Applicate di Würzburg-Schweinfurt, che hanno tratto ispirazione dall’architettura della città siciliana. Si prevede inoltre un ampliamento di questi programmi per promuovere il dialogo interculturale.

„Un gemellaggio può esprimere appieno il suo potenziale solo quando le persone lo vivono pienamente“, ha suggerito Schuchardt.

Con questa partnership, Würzburg e Siracusa lanciano un forte segnale a favore della cooperazione europea e dello scambio culturale, evidenziando l’importanza delle amicizie internazionali e del potere della cooperazione municipale al di là dei confini nazionali. Dopo la firma dell’accordo di partenariato, i consiglieri comunali Emanuele La Rosa e Antonino Pecoraro hanno ricevuto la medaglia del partenariato della città di Würzburg per il loro impegno. CdI on 22

 

 

 

 

In Ambasciata a Berlino esponenti di GITEX Europe

 

Berlino - L’Ambasciata d’Italia a Berlino ha ospitato ieri, 20 maggio, l’evento “Italian Innovation Ecosystem – Shaping the future in Berlin”, organizzato in apertura di GITEX Europe, la nuova fiera tecnologica internazionale che si tiene sino al 23 maggio presso il centro fieristico Messe Berlin.

L’evento, organizzato da Italian Tech Alliance, ha riunito oltre 140 ospiti, provenienti da ambiti diversi quali startup, venture capital, incubatori, e società di consulenza, con l’obiettivo di promuovere la crescita delle startup, rafforzando il corridoio innovativo transfrontaliero.

“Stasera è l’occasione per ribadire qualcosa di strategicamente cruciale: Italia e Germania sono pronte ad elevare il loro livello di cooperazione in tecnologia, innovazione e venture capital. Condividiamo una comune ambizione, quella di plasmare insieme il futuro dell’innovazione europea”, ha detto l’ambasciatore Bucci, accogliendo gli ospiti. “L’Italia porta con sé un ecosistema di startup vibrante e in rapida crescita, ricerca di livello mondiale e una tradizione di ingegneria creativa. La Germania contribuisce con la sua scala industriale, forza tecnologica e solida infrastruttura di capitale. Queste sono forze complementari e, quando allineate, diventano un potente motore di crescita, resilienza e trasformazione”.

La serata è stata introdotta dagli interventi di: Massimo Carnelos, direttore dell’Innovazione Tecnologica e delle Startup presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; Ferdinando Fiore, direttore dell’Agenzia ICE di Berlino; Gianluca Dettori, fondatore ed ex presidente dell’Italian Tech Alliance; ed Eliomaria Narducci, segretario generale di ITKAM.

L’evento si è poi articolato in due panel incentrati rispettivamente su Deeptech e ClimateTech, nonché in una pitching session, con numerosi speaker dell’articolato panorama delle startup e del venture capital italiano e tedesco.

Al panel sulla Deeptech, con la moderazione dell’addetto scientifico dell’Ambasciata, Piergiorgio Alotto, hanno contribuito: Jan Borgstädt di Join Capital; Costanza Carissimo di Cathay Innovation; Giorgio Dell’Erba della Fondazione Chips-IT; Gianluca Dettori di Primo Capital; e Stefano Peroncini di EUREKA! Venture. Nel panel sulla ClimateTech, moderati da Doris Polli di Kiez by Science & Statups, sono intervenuti: Luisa Candido di Terna; Leonardo Massa di Mito Technology; Laura Möller di Kiez; Cristina Tomassini di CDP Venture Capital; Danijel Viševic di World Fund.

Alla pitching session, moderata da Matteo Picariello dell’Agenzia ICE, hanno partecipato: Selene Micheletti di DAM; Edoardo Pasta di Mespac; Lorenzo Luce di BigProfiles.ai; e Alain Baburgian di Contents.

GITEX Europe è la versione europea di GITEX Global, uno dei maggiori eventi tecnologici a livello internazionale, con focus su temi quali la digitalizzazione dell’economia europea, innovazione e trasformazione digitale nelle industrie tradizionali, cooperazione tecnologica tra Paesi UE e attori globali, promozione delle startup europee verso mercati internazionali.

L’iniziativa, che si inserisce anche nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile, è stata realizzata con il supporto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dell’Agenzia ICE, di Kiez e di Join Capital. (aise/dip 22)

 

 

 

 

“Identità oltre confine”: la Collezione Farnesina festeggia i 25 anni a Berlino

 

Per festeggiare i 25 anni della sua Collezione d’arte contemporanea, che raccoglie opere di tutto rilievo dell’arte italiana dagli anni Cinquanta ad oggi, la Farnesina promuove una grande mostra itinerante per l’Europa.

Il progetto espositivo, intitolato “Identità oltre confine” e curato da Benedetta Carpi De Resmini, esplora il rapporto tra essere umano e natura, indagando i concetti di identità, conflitto e coesistenza in un contesto segnato da crisi ambientali, globalizzazione e trasformazioni sociali.

Promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il progetto si articola in tre mostre realizzate in collaborazione con gli Istituti Italiani di Cultura di Berlino, Vilnius e La Valletta.

“Identità oltre confine”, spiega Marco Maria Cerbo, capo dell’Unità per il coordinamento degli Istituti Italiani di Cultura, “racchiude molti degli elementi essenziali della diplomazia culturale: la circuitazione in luoghi importanti dello scenario internazionale, il valore delle sinergie con i partner del comparto culturale, la promozione all’estero di artisti italiani anche emergenti, che si concretizza grazie alla rete diplomatico-culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale”.

La scelta curatoriale si concentra sulle artiste presenti nella Collezione Farnesina. “Le opere presenti in mostra”, evidenzia la curatrice Benedetta Carpi De Resmini, “non sono state selezionate in base al genere, bensì individuate a seguito di un’analisi approfondita della Collezione Farnesina, condotta nel quadro della tematica che avevo scelto di affrontare inizialmente. Da tale analisi è emerso come questi argomenti siano affrontati prevalentemente da artiste donne. Il focus nasce dalla consapevolezza del legame profondo e simbolico che storicamente unisce le donne alla natura. Tradizionalmente associate alla fertilità, alla cura e alla Madre Terra, le donne offrono una prospettiva sensibile e critica sui temi della sostenibilità, della crisi ecologica e dell’identità”.

Le opere selezionate riflettono quindi non solo la relazione tra essere umano e ambiente, ma anche la posizione della donna nel discorso contemporaneo su rigenerazione, ecologia e giustizia sociale. In un momento di crescente urgenza planetaria, “Identità oltre confine” propone l’arte come strumento di consapevolezza e cambiamento.

Le opere in mostra offrono prospettive molteplici: da visioni intime e personali del rapporto con la natura, a potenti critiche delle politiche estrattive e delle dinamiche di potere globali. In questo dialogo tra arte, natura e società, si apre la possibilità di una nuova narrazione, fondata non più sul dominio, ma su una coesistenza armoniosa e rispettosa dei cicli vitali del pianeta.

Il percorso espositivo riflette il rapporto dell’essere umano con l’“altrove”, spesso percepito come ignoto o minaccioso. La mostra diventa così anche un momento di riflessione sull’evoluzione della Collezione Farnesina, valorizzando il contributo di artiste di diverse generazioni, con un focus sulle voci emergenti. Il dialogo intergenerazionale che ne scaturisce arricchisce la riflessione culturale, offrendo nuove chiavi di lettura per interpretare le grandi trasformazioni del nostro tempo.

Il progetto si articola in tre sezioni tematiche. La prima, Geografie del distacco, esplora come la globalizzazione abbia trasformato il senso di identità e il legame con la natura, generando crisi di appartenenza e distacco dall’ambiente. Le opere offrono visioni alternative di identità in trasformazione tra radici e adattamenti globali.

La seconda sezione, Ecologie instabili, analizza le connessioni tra crisi ambientali e disuguaglianze sociali, ponendo l’accento sulle conseguenze della globalizzazione, dei conflitti geopolitici e delle nuove forme di protesta.

Radici di resistenza, la terza sezione tematica, affronta il tema della natura come luogo di resistenza e rinascita per l’identità femminile. Le opere denunciano la mercificazione della natura e del corpo femminile, in un confronto con la cultura patriarcale.

Al di fuori del percorso espositivo, sarà esposta l’opera Fibonacci (1975) di Mario Merz, recentemente acquisita nella Collezione Farnesina. La sequenza di Fibonacci, metafora della crescita naturale, rappresenta l’intersezione tra ordine matematico e processi organici, diventando simbolo di un sapere che supera i confini identitari per abbracciare una prospettiva universale e interculturale.

Le artiste presenti in mostra sono Carla Accardi, Letizia Battaglia, Elena Bellantoni, Tomaso Binga, Silvia Camporesi, Gea Casolaro, Sarah Ciracì, Martina della Valle, Loredana Di Lillo, Paola Gandolfi, Silvia Giambrone, Ketty La Rocca, Maria Lai, Elena Mazzi, Rä di Martino, Elisa Montessori, Laura Pugno, Agnese Purgatorio, Marta Roberti e Marinella Senatore.

Il progetto prevede tre mostre internazionali, ospitate in altrettanti Istituti Italiani di Cultura di tre capitali europee.

Prima tappa Berlino, simbolo dell’Europa Centrale, crocevia di riconciliazione e innovazione culturale e contesto ideale per riflettere sulle trasformazioni identitarie post-globalizzazione. Qui la mostra debutterà il 19 giugno e sarà allestita sino al 21 luglio. La mostra sarà accompagnata da un programma di eventi collaterali, conferenze e momenti di dialogo con il pubblico. (aise/dip 20) 

 

 

 

 

 

 

Amburgo: al “Caffè Letterario” dell’IIC il 3 giugno incontro letterario

 

Amburgo – Martedì 3 giugno alle ore 19:00 presso l’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo si terrà l’incontro della rubrica “Caffè Letterario”, dedicato agli appassionati di letteratura italiana. Gli incontri del “Caffè Letterario” si tengono in italiano e tedesco – generalmente una volta al mese – e danno la possibilità a chi legge volentieri libri italiani di incontrarsi per discutere su un libro letto a casa e scelto durante il precedente incontro, scambiarsi opinioni, cercare nuove ispirazioni, decidendo insieme i prossimi libri da leggere e discutere. La partecipazione agli incontri del Caffè Letterario è sempre gratuita, ma è richiesta la registrazione sul portale Eventbrite.  Per l’incontro del 3 giugno prenotazioni su Eventbrite Gli incontri del Caffè Letterario riprenderanno a settembre. Il tema dell’incontro del 3 giugno sarà il nuovo romanzo di Andrea Bajani, candidato al Premio Strega 2025, edito dalla casa editrice Feltrinelli. Il romanzo dell’autore è un grido di liberazione dal totalitarismo familiare; il ritratto che ne emerge è intenso e chiarissimo: una donna a perdere, che ha sacrificato ogni cosa pur di contare qualcosa per il marito, mentre lui tiene lei e i figli imprigionati in un sistema dove il possesso e la richiesta d’amore si intrecciano in un vincolo inscindibile.

È stato proposto da Emanuele Trevi al Premio Strega 2025 con la seguente motivazione: “È una storia eccezionale, quella di Bajani, che infrange un vero e proprio tabù: nelle prime pagine del libro incontriamo il protagonista che ci racconta dell’ultima volta che ha visto i suoi genitori, prima di voltare le spalle per sempre alla sua famiglia, disgregata dalla violenza del padre-padrone e dalla muta, disperata sottomissione della madre. Per delineare un’immagine credibile di questo inferno domestico e della fuga senza ritorno del protagonista, il narratore ricorre alle risorse del romanzo per mettere ordine nei dati dell’esperienza, spiccando quel salto mortale capace di condurlo dall’informità del “reale” alla consistenza e alla leggibilità del “vero”. Ed è solo così che una vicenda singola si trasforma in uno specchio in cui tutti i lettori possono intravedere qualcosa che non conoscevano direttamente, eppure li riguarda. L’anniversario è un romanzo avvincente e originalissimo, che colpisce chi legge come un pugno nella testa e nella pancia. Bajani non sente il bisogno né di condannare, né di perdonare, e ci racconta quanto sia impervia e necessaria la via del riscatto”. Andrea Bajani è uno scrittore italiano noto per la sua produzione di romanzi, racconti, reportage, opere teatrali e traduzioni dal francese e dall’inglese. Nel corso della sua carriera ha ricevuto importanti riconoscimenti: nel 2008 ha vinto il Premio Super Mondello, il Premio Recanati e il Premio Brancati con il romanzo Se consideri le colpe; nel 2011 si è aggiudicato il Premio Bagutta grazie al romanzo Ogni promessa. Dopo aver collaborato con «L’Indice» e con l’Osservatorio Letterario Giovanile del Comune, Bajani è diventato consulente editoriale per la casa editrice Codice. I suoi articoli sono apparsi su diverse testate, sia italiane che internazionali, tra cui La Stampa, l’Unità, il manifesto, il supplemento domenicale de Il Sole 24 Ore e il quotidiano francese Libération. (Inform/dip 30)

 

 

 

 

 

Psichiatria. Eredità e impulsi fra Germania e Italia

 

“Come diceva Basaglia, occorrono servizi che si confrontino con la “vita vera” delle persone, che cambia continuamente, perché nulla rimane com’era nel passato. La risposta deve essere flessibile, capace di cogliere il disagio reale delle persone” (Luciana Degano Kieser).

Basaglia. Radikales Denken, optimistisches Handeln, è un omaggio a Franco Basaglia (1924 – 1980) con un ampio ventaglio di contributi sulla psichiatria oggi in Germania e in Italia alla luce della rivoluzione copernicana che lui ha operato.

Franco Basaglia è stato un riformatore radicale della psichiatria nel senso di essere andato alla radice di come affrontare la malattia mentale: il suo è stato un approccio umanistico, convinto che la salute mentale non potesse essere considerata separatamente dalle condizioni sociali. In un tempo nel quale i malati venivano isolati, rinchiusi in manicomi dove si faceva anche ricorso alla violenza, il lavoro di Basaglia sfociò in una legge che porta il suo nome, la 180/1978, la prima al mondo ad aver portato alla chiusura degli istituti psichiatrici.

Il libro Basaglia. Radikales Denken, optimistisches Handeln fa luce sull’impatto del suo pensiero e sugli effetti delle sue azioni. Uscito lo scorso autunno per Psychiatrie Verlag, nel centenario della nascita di Basaglia, solleva inoltre nuove questioni che saranno discusse alla presentazione del libro.

Quando: il 20 maggio dalle 18:00 alle 20:00. Dove: presso la Heinrich-Schulz-Bibliothek, Otto-Suhr-Allee 98, 10585 Berlino

Alla presentazione, lettura e discussione interverranno: Luciana Degano Kieser, psichiatra e curatrice del volume; Gudrun Weißenborn, pedagogista della riabilitazione, ApK Berlin (associazione dei familiari di persone con problemi mentali), e autrice; Lisa Schmidt-Herzog, dottoranda all’Institut IMGWF (istituto di storia della medicina e della ricerca scientifica), Università di Lubecca e autrice.

Ne parliamo con Luciana Degano Kieser*, psichiatria e cocuratrice del volume.

Qual è la genesi del libro che mette insieme contributi dalla Germania e dall’Italia sulla psichiatria nel “dopo Basaglia”?

Innanzitutto il libro è edito da una casa editrice molto nota in Germania, che di solito si rivolge a un pubblico informato, quindi professionisti ma anche familiari e persone con problemi di salute mentale. Dobbiamo precisare che l’organizzazione sanitaria tedesca è profondamente diversa da quella italiana; la discussione su questi temi avviene solitamente in fori specifici, gestiti dalle organizzazioni professionali o di autoaiuto (Selbsthilfe), sia di utenti che di familiari, ma anche da associazioni di persone con interessi specifici in questo ambito o da imprese. Quindi la discussione sulla psichiatria, sulla sua storia e le sue istituzioni non fa parte del dibattito pubblico. In Italia invece, dagli anni ’60, il dibattito ha avuto luogo nella società, nel suo insieme e ha portato a diverse riforme. Si pensi all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (1978), alla legge sulla riforma psichiatrica dei servizi (legge Basaglia 180/1978), avvenute in un’epoca in cui abbiamo avuto anche la riforma della scuola. L’ Italia è stata a lungo uno dei pochi Paesi ad avere scuole completamente integrate per l’inserimento di alunni diversamente abili. Era il 1977. In quegli anni c’è stata anche la riforma del diritto di famiglia (1975) che eliminava la disparità di genere tra i coniugi.

Molte personalità della cultura hanno partecipato al dibattito pubblico su questi temi in italia, non solo sulla qualità dei servizi, ma anche sull’inclusione sociale e sul suo impatto nella società. In Germania il dibattito è stato molto specialistico, anche molto intenso, ma condotto prevalentemente tra esperti, persone con esperienza diretta di problemi di salute mentale, operatori e professionisti, ma anche corporazioni e produttori/ fornitori di servizi.  

Questa è la differenza fondamentale nel dibattito sulla psichiatria fra i due Paesi: Per questo il libro vuole, per la prima volta dopo le pubblicazioni degli anni ’80, cercare di aprire un discorso transnazionale, che, al di là delle rispettive strutture sanitarie, proponga di ragionare insieme sui temi sollevati da Franco Basaglia, figura di spicco nel movimento di riforma europeo.

L’eredità di Basaglia è imprescindibile negli attuali dibattiti in psichiatria?

Il libro si propone di riaprire il discorso sui temi della salute mentale, a partire dal pensiero di Basaglia, sottolineandone l’attualitá e la rilevanza nel dibattito contemporaneo sulla e nella psichiatria.  Bisogna tener presente che, mentre in Italia, negli ultimi 20 anni, si registra un aumento del numero delle pubblicazioni e dell’interesse pubblico relativi alla figura di Basaglia, in Germania la discussione è rimasta un po‘ ancorata a qualche pubblicazione degli anni ’80, fortemente connotata dalle ideologie dell’epoca. Va detto anche che allora, in quasi tutti i Paesi occidentali, è iniziata una grande ondata di riforme in psichiatria, gestite con modelli attuativi molto diversi. Allora era possibile definire dei fronti opposti, i sostenitori e i detrattori del manicomio. In Germania prevalse la linea dei sostenitori, anche se di fatto i manicomi di allora non ci sono più neanche in Germania, con l’eccezione della psichiatria forense. In Germania, ad esempio a Berlino, abbiamo ancora manicomi criminali, in cui le gli spazi di vita e di cura ricordano i manicomi dl secolo scorso. Nel libro ci sono anche testi di Franco Basaglia, di Franca Ongaro Basaglia e di Franco Rotelli, tradotti per la prima volta in tedesco e che ci introducono nelle diverse sezioni del libro. Ciascun autore scrive dal suo punto di vista. Nel mio contributo affronto il tema del prendersi cura che è, secondo me, uno degli aspetti più interessanti dell’eredità di Basaglia e che va anche al di là delle strutture dell’assistenza, ma è un’etica del prendersi carico dei problemi degli altri, che cambiano nel corso del tempo. Paola Colombo, CdI on 16

 

 

 

 

 

Da Brexit al riavvicinamento: il vertice UE–Regno Unito riaccende il dialogo

 

Il vertice fra Unione Europea e Regno Unito del 19 maggio ha sancito il reset delle relazioni bilaterali. Il riavvicinamento fra Bruxelles e Londra, fortemente voluto dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il premier laburista Keir Starmer, si svolge alla luce dei cambiamenti internazionali forzati dalla nuova amministrazione americana di Donald Trump, che hanno evidenziato le sfide comuni alle quali i due partner europei devono far fronte. Tuttavia, UE e Regno Unito hanno rischiato di incagliarsi su annose questioni, come l’accesso alle risorse ittiche e l’immigrazione, superate con un compromesso dell’ultimo minuto. Si tratta però di una svolta chiave che inverte la rotta delle relazioni dopo la Brexit.

I contenuti dell’accordo

Dopo un’intensa fase negoziale, il summit si è concluso con l’adozione di tre documenti. Il primo, un Geopolitical Preamble, individua le principali sfide comuni che Londra e Bruxelles si trovano ad affrontare, a partire dalla minaccia rappresentata dalla Russia per la sicurezza europea. Tuttavia, i documenti di maggiore rilevanza politica sono gli altri due: il Security and Defence Partnership (SDP), un accordo in materia di sicurezza e difesa, e il Common Understanding, che apre la strada a negoziati approfonditi sui principali dossier economici.

Il primo documento rappresenta l’architrave dell’accordo, segnando il superamento della dimensione strettamente bilaterale tra Stati membri e aprendo la strada a una prima forma di cooperazione strutturata tra UE e Regno Unito. L’intesa prevede l’istituzione di dialoghi semestrali a livello ministeriale, oltre alla partecipazione reciproca a vertici di alto livello inclusi i Consigli Europei. È inoltre previsto un dialogo annuale sulla difesa, oltre alla possibilità per il Regno Unito di prendere parte a esercitazioni di crisis management nell’ambito della Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC). Sul fronte della cooperazione nell’industria della difesa, viene delineata la possibilità di un coinvolgimento del Regno Unito — e delle sue imprese — nell’iniziativa SAFE, subordinato a un contributo finanziario da parte di Londra e alla firma di un ulteriore accordo che sancisca i dettagli della partecipazione britannica. Resta inoltre aperta l’opzione di un accordo amministrativo con l’Agenzia Europea per la Difesa (EDA), che consentirebbe la partecipazione a progetti militari congiunti anche nel quadro della PESCO.

Il Common Understanding apre la strada a piccoli, ma significativi progressi nella relazione economica e commerciale, delineando un ampio quadro di cooperazione futura su temi quali pesca, mobilità, agroalimentare ed energia. Tra i punti principali figura l’estensione fino al 2038 dell’attuale accordo che consente l’accesso delle imbarcazioni europee alle acque britanniche. In cambio, Londra potrà esportare prodotti agroalimentari senza ulteriori controlli veterinari e fitosanitari, una misura che, secondo le stime britanniche, potrebbe recuperare circa 9 miliardi di interscambio entro il 2040. Questo comporta però un allineamento dinamico alle normative UE e, in ultima istanza, la possibilità di ricorso alla Corte di Giustizia dell’UE. Sul piano energetico, Bruxelles si impegna a valutare l’adesione del Regno Unito al mercato elettrico interno, mentre entrambe le parti esploreranno il possibile allineamento dei rispettivi sistemi di scambio delle emissioni (ETS), una soluzione che esenterebbe Londra dalla carbon tax europea in vigore dal 1° gennaio 2026.

Più limitati i progressi sul fronte della mobilità, che riguarda studenti, giovani, artisti e turisti. L’intesa si limita infatti a prevedere l’avvio di un dialogo verso un possibile accordo, senza però assumere impegni vincolanti. Il tema resta particolarmente delicato per il governo britannico, preoccupato che un aumento degli ingressi possa tradursi in un rialzo dei dati sull’immigrazione, con possibili contraccolpi sull’opinione pubblica interna.

Le ragioni dell’accordo

Non è casuale che un simile accordo sia stato siglato ora e che, dopo anni di tensioni post-Brexit, Regno Unito e UE siano tornati a parlarsi con profitto. L’intesa si inserisce infatti in un momento di profondo cambiamento per l’Europa, nell’ambito del quale Bruxelles e Londra riconoscono di essere partner naturali. In particolare, la presidenza Trump ha messo in dubbio i capisaldi della cooperazione transatlantica e del sostegno occidentale all’Ucraina. Proprio il fermo sostegno mostrato da UE e Regno Unito a Kyiv a fronte delle pressioni americane e la stretta cooperazione fra Londra e alcuni partner europei per il lancio di una “coalizione dei volenterosi” che garantisca un possibile accordo di pace hanno probabilmente favorito un riallineamento più generale fra le due sponde della Manica. Il capitale politico generato in questo modo è stato poi utilizzato per superare, almeno parzialmente, le divergenze più settoriali.

Inoltre, sullo sfondo rimane il tema del possibile disimpegno americano dalla difesa dell’Europa, che rende indispensabile un approfondimento della cooperazione in materia di sicurezza e difesa. Il Regno Unito rimane infatti una delle principali potenze militari europee, è membro chiave della NATO e del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e dispone di un’industria della difesa comunque già integrata con quella di paesi europei come Germania e Italia. Non è casuale che proprio questi due paesi abbiano spinto per l’apertura del fondo SAFE anche a paesi terzi, in modo da salvaguardare le cooperazioni in corso e potenzialmente rilanciarle. È stata invece la Francia a premere per l’introduzione di clausole che leghino l’utilizzo di queste risorse all’acquisto di prodotti dell’UE. Il compromesso raggiunto prevede quindi che il 65% dei fondi venga utilizzato nell’UE, ma che le risorse possano anche essere utilizzate per acquisti da compagnie di paesi terzi che abbiano firmato patti di sicurezza con l’UE. Per questo, l’accordo con Londra è di vitale importanza, sia per la difesa europea, sia per gli interessi economici britannici.

Un primo passo nella giusta direzione

La cooperazione fra Regno Unito e UE è più che mai necessaria alla luce del contesto internazionale, che vede in questi giorni i leader britannici ed europei lavorare a stretto contatto per mantenere un ruolo nei negoziati sull’Ucraina. Il reset certamente garantisce più credibilità a questa collaborazione e riporta le due parti sulla strada del dialogo. Rimangono tuttavia delle sfide aperte. Da un lato, per l’UE si tratta di cooperare con efficacia con Londra su temi chiave, pur mantenendo il punto sulla supremazia del diritto UE, una delle principali ragioni che aveva spinto il Regno Unito fuori dall’Unione. L’intesa sull’allineamento dinamico alle norme UE costituisce un primo assaggio dei compromessi politicamente sensibili che le due parti sono chiamate ad accettare.

Dall’altro, il governo Starmer dovrà affrontare profonde pressioni politiche domestiche. L’ascesa del movimento politico Reform di Nigel Farage indica come le istanze isolazioniste siano ancora molto forti. Il premier laburista è stato quindi costretto a non cedere eccessivamente su temi caldi come quello migratorio, rischiando di compromettere l’accordo. Allo stesso tempo, Starmer deve anche salvaguardare la relazione speciale con Washington, uno dei capisaldi della politica estera britannica, nel momento in cui l’amministrazione USA si dimostra profondamente ostile alle istituzioni UE.

L’accordo del 19 maggio costituisce, al momento, un’intesa quadro destinata a essere precisata attraverso negoziati lunghi e complessi, in particolare sui dossier più sensibili, e l’esito di queste trattative sarà determinante nel definire i contorni futuri della relazione tra UE e Regno Unito. Nonostante queste sfide, tuttavia, questo accordo costituisce il primo passo di un’inversione di rotta necessaria che riavvicina due partner inevitabili. Luca Cinciripini | Luca Barana, AffInt 27

 

 

 

 

 

 

Una vita senza crisi?

 

Una vita senza crisi è veramente vissuta o semplicemente sopravvissuta? Una domanda che ha risuonato nei corridoi del tempo, del pensiero e della coscienza. Un quesito forse retorico nel tono, ma profondamente esistenziale nella riflessione. Esistere, senza aver mai conosciuto la crisi, significa trovarsi in un vuoto: sicuro, ma sterile. La vita, nel suo massimo splendore, non si apprezza per la sua facilità, ma per la profondità del cambiamento che la crisi comporta.

 

Avendo percorso una distanza intellettuale, emotiva ed esistenziale come pochi avrebbero potuto immaginare nel mio viaggio filosofico, io, Dr. Sethi K.C., posso testimoniare che la crisi non è un’eccezione alla vita, ma una certezza attraverso la quale l’anima si carica. Questo articolo è un tentativo di discernere la natura multidimensionale delle crisi della vita in termini di esperienza vissuta, principi filosofici, intuizioni psicologiche ed esempi paradigmatici.

 

Comprendere la crisi: un preludio filosofico

La parola "crisi" deriva dal greco "krisis", che significa decisione o punto di svolta. Filosofi come Socrate e Kierkegaard (teologo e filosofo danese) l’hanno definita come una necessità esistenziale, un momento in cui decisione, verità e identità si incontrano. In psicologia, è una condizione di massima esposizione che può distruggere o costruire la psiche. Ho sempre creduto che la vita, essendo poesia, tragga il suo ritmo non dalla continuità, ma dalle interruzioni, dai silenzi e dagli scoppi. Le crisi, per i nostri fini, sono i segni di punteggiatura della vita: ognuna è una virgola, un punto e virgola o un punto esclamativo che richiede introspezione e revisione.

 

Le sette Crisi della vita: un’Odissea di sviluppo interiore

Ci incamminiamo ora in un viaggio attraverso le sette grandi crisi, considerando ciascuna da un punto di vista filosofico, psicologico e esperienziale.

 

1. La Crisi del quarto di vita: l’infrangersi delle illusioni

Filosoficamente, la crisi del quarto di vita è un conflitto tra le realtà socialmente costruite e il sé appena scoperto dell’individuo. Verso i 25 anni, le persone si sentono disilluse dopo aver completato gli studi ed essere entrate nel mondo del lavoro. L’identità costruita dai genitori, dalle istituzioni e dai media non è più applicabile.

Esempio: Una volta consigliai uno studente di talento che lasciò un lavoro ben retribuito per insegnare ai bambini svantaggiati. La sua crisi lo condusse all’autenticità.

Intuizione psicologica: Questa è una crisi di diffusione dell’identità, ansia e interrogativi esistenziali. Il psicoanalista tedesco-americano Erik Erikson la definì come la fase "Identità contro confusione di ruoli".

 

2. La Crisi di mezza età: lo specchio della mortalità

A metà della vita, si prende coscienza del tempo limitato. Filosoficamente, è un richiamo ad abbandonare obiettivi superficiali e a riportare la vita in sintonia con un significato profondo.

Esperienza di vita: Raggiunti i 40 anni e il successo professionale, sentii un vuoto profondo in me. Solo attraverso l’indagine filosofica e l’immaginazione mi sentii di nuovo completo.

Illustrazione: Un uomo guarda la propria immagine nello specchio, vedendo non solo il proprio volto, ma i sogni abortiti.

Intuizione psicologica: Carl Jung (psichiatra e psicoterapeuta svizzero) considerava la crisi di mezza età come l’inizio dell’individuazione, in cui si integrano tutti gli aspetti del sé, incluso l’ombra.

 

3. La Crisi esistenziale: danza con il vuoto

La crisi esistenziale non nasce da cambiamenti esterni, ma da una disintegrazione interna quando la vita appare priva di significato.

Paradigma filosofico: La "teoria dell'abisso" del filosofo tedesco Nietzsche e "l’assurdo" di Camus lo descrivono perfettamente. La crisi esistenziale ci costringe alla disperazione o alla creazione di senso.

Osservazione personale: Mi capitò durante una malattia. Il corpo crollò, lo spirito si interrogò, ma l’anima divenne più consapevole.

Comprensione psicologica: Spesso è l’effetto post-traumatico, la depressione o un grande cambiamento. Il neurologo e psicologo austriaco Viktor Frankl considerava la creazione di significato come antidoto al vuoto esistenziale.

 

4. La Crisi del nido vuoto: la chiusura di un capitolo

Quando i figli crescono e lasciano il nido, le madri soffrono facilmente una perdita d’identità.

Illustrazione: Un’amica, madre lavoratrice, ha sofferto profondamente fino a quando iniziò a dipingere, usando il dolore come arte.

Intuizione filosofica: Questa crisi ricorda il distacco, richiamando l’insegnamento del distacco della Bhagavad Gita.

Intuizione psicologica: È una ridefinizione dello scopo e dell’autostima al di fuori del ruolo di cura.

 

5. La Crisi da trauma o malattia: il corpo come indovino

Malattie o traumi gravi ci ricordano la nostra mortalità. Per me, una stretta vicinanza alla morte fu un’epifania.

Prospettiva filosofica: Gli Stoici affermavano che riconoscere la morte purifica i valori. Le emergenze mediche distruggono i miti dell’onnipotenza e invulnerabilità. (Gli stoici sono seguaci dello Stoicismo, scuola di filosofia ellenistica che enfatizza la virtù e il vivere secondo natura).

Illustrazione: Una donna paralizzata dalla malattia scopre una quiete e una purezza che non aveva mai conosciuto.

Prospettiva psicologica: Il trauma può generare PTSD ma anche una Crescita Post-Traumatica (PTG), cioè l’emergere di resilienza, compassione e nuova visione.

 

6. La Crisi del pensionamento: l’ultima danza dell’Ego

La cosiddetta pensione, riconosciuta socialmente, è in realtà una tempesta interiore. Il lasciare un’identità strutturata comporta una sensazione di sparizione esistenziale.

Il mio pensionamento dal lavoro a tempo pieno fu difficile, ma in quel silenzio scoprii la profondità dell’esistenza.

Parallelo filosofico: La filosofia buddista insegna la disintegrazione dell’ego come via all’illuminazione. Il pensionamento rappresenta la prova.

Intuizione psicologica: Questa crisi può portare depressione o perdita di autostima a meno che non venga trasformata in nuove attività come volontariato o mentoring.

 

7. La Crisi d’identità: il mutante interiore

Innescata da trasferimenti, transizioni di genere, cambi di carriera o conversioni religiose, questa crisi costringe a un esame profondo della propria identità.

Esempio: Una donna da me consigliata si convertì a una nuova religione e sperimentò conflitto interiore ed esclusione sociale. Ma ne uscì rafforzata.

Intuizione filosofica: L’identità non è statica. Come disse il filosofo greco Eraclito, "Nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume."

Intuizione psicologica: In altre parole, si tratta di gestire la dissonanza cognitiva e ricostruire il sé narrativo.

 

La Crisi universale: una convergenza filosofica

Ciascuna di queste crisi condivide un elemento essenziale: la rimozione della maschera, lo scontro con la propria realtà.

Come dico spesso: "Il dolore rivela ciò che il conforto nasconde." C’è uno specchio, una porta, una fucina dentro ogni crisi. Naturalmente, solo i coraggiosi ci entreranno, ma non solo saranno cambiati: saranno trasformati.

 

Navigare nella Crisi: un cammino verso la comprensione

1. Accogli l’incertezza: Adotta un atteggiamento di "non-sapere" come terreno fertile per la comprensione.

2. Interrogati: Chi sono oltre i ruoli? Quali sono le cose che contano davvero?

3. Riscrivi la storia: Vedi la crisi come maestra, non come tiranna.

4. Coinvolgi il corpo: Movimento, respiro, quiete ancorano la mente.

5. Cerca compagnia: La guarigione non è solitaria. Condividi, crea legami, comunica.

Illustrazione: Mio padre diceva spesso: "Come l’oro si affina nel fuoco, l’anima si affina nella crisi."

 

Conclusione: la Crisi come catalizzatore della Coscienza

Galleggiare sulla superficie della vita senza toccare profondità né divinità è esistere in una condizione senza crisi. La crisi, con tutto il suo tumulto e fragore, è stata per me una chiamata divina a immergermi nel pozzo del sé, a stare di fronte alle ombre e a irradiarne la luce.

La mia esistenza è stata una lotta nel superare una sequenza di crisi, non come battaglie vinte o perse, ma come iniziazioni a una consapevolezza più ampia. La poesia che scrivo, la filosofia che vivo e l’eredità che spero di lasciare sono tutte temprate nel fuoco di questo cambiamento.

Non temiamo dunque la crisi, ma rispettiamola. Avviciniamoci alla sua tempesta non con paura, ma con apertura. Perché nella crisi, non moriamo: ci rivitalizziamo.

Krishan Chand Sethi, dip 20

 

 

 

 

 

 

Il complesso allargamento europeo verso i Balcani

 

L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto l’Unione Europea ad agire in diversi ambiti: da una maggior diversificazione dell’approvvigionamento energetico alla definizione di un massiccio piano di investimenti in difesa. Nel contempo, le mire espansionistiche di Putin — unite ai tentativi della Cina di espandere la sua sfera di influenza — hanno riportato in primo piano il tema dell’allargamento dell’UE, in particolare verso i Paesi dei Balcani occidentali. L’apertura di Bruxelles verso queste nazioni, da tempo candidate a divenire parte dell’UE, continua però a palesare degli elementi critici che, allo stato attuale, rendono ardua un’accelerazione del loro processo di integrazione nell’Unione.

Queste problematiche, in larga parte, sono legate alla situazione politico-istituzionale dell’area, che si è fatta negli ultimi anni più complessa, con massicce proteste di piazza, aspri scontri tra poteri dello Stato e rinnovate tensioni tra diverse etnie. In questo contesto appare particolarmente problematica la situazione della Bosnia-Erzegovina, Paese che continua a vivere sulla base del precario equilibrio stabilito dagli Accordi di Dayton del 1995. Qui, da anni, i vertici della Repubblica Srpska contestano l’ordine costituzionale definito su base internazionale e portano avanti un’agenda indirizzata a separare la componente serbo-bosniaca dal resto del Paese. Gli atti di aperta sfida all’assetto costituzionale sono stati negli ultimi mesi di tale gravità  da indurre la magistratura di Sarajevo a spiccare un (finora inefficace) mandato d’arresto nei confronti dei leader della Repubblica Srpska: il Presidente Dodik, il Primo Ministro Viskovic e il Presidente del Parlamento, Nenad Stevandic. Una secessione appare improbabile — vista anche la condanna delle azioni dell’esecutivo della Repubblica Srpska da parte dell’amministrazione Trump — ma una Bosnia ancora frammentata e dalla sovranità limitata  non ha dinanzi a sé una prospettiva di accesso all’Unione Europea in tempi brevi. Particolare attenzione merita anche la situazione della Serbia. Sotto la presidenza di Aleksandar Vu?i?, Belgrado ha mantenuto solide relazioni con la Russia e non ha compiuto passi significativi verso un autentico sistema liberaldemocratico capace di garantire la tutela dei diritti fondamentali della persona e dello stato di diritto. Le ampie proteste degli ultimi mesi a seguito del crollo di una pensilina nella stazione ferroviaria di Novi Sad — incidente che ha causato la morte di 15 persone e che è stato visto come emblematico del malfunzionamento dell’amministrazione pubblica — hanno aperto una frattura senza precedenti nel rapporto tra il leader del Partito Progressista Serbo e la cittadinanza. Tuttavia, assumere che questo possa aprire la strada a un più stretto legame tra Belgrado e Bruxelles appare, al momento, eccessivamente ottimistico.

Anche dal lato dell’Unione Europea ci sono però elementi che non facilitano l’avvicinamento alla regione balcanica. In primo luogo, i 27 Paesi membri — che devono deliberare all’unanimità  l’accesso di uno Stato nell’UE e poi ratificarlo a livello nazionale — attribuiscono diversi gradi di rilevanza all’integrazione dell’area: alcuni, come Germania e Paesi Bassi,  spingono verso un rapido percorso di integrazione, altri, come Bulgaria e Grecia, frenano, anche per dispute storiche. In secondo luogo, sussistono legittime preoccupazioni in merito al funzionamento delle istituzioni e dei meccanismi decisionali euro-unitari. Un ingresso accelerato di questi Paesi nell’UE al fine di includerli rapidamente nella sfera di influenza comunitaria aumenterebbe infatti il rischio di portare all’interno della casa europea degli Stati istituzionalmente fragili (come avvenuto nel caso di altre nazioni dell’est) che, su dossier fondamentali, potrebbero ad esempio esercitare un deleterio potere di veto, vista la perdurante esistenza su molte materie del requisito dell’unanimità.

Alcuni Stati della regione, come Albania e Montenegro — già membri della NATO e politicamente più stabili rispetto a quelli sopra menzionati — potrebbero anche nel breve-medio periodo riuscire ad accedere all’UE ma, per altri, questa strada sembra, almeno per il momento, difficilmente percorribile. Ecco, dunque, che sui Balcani occidentali, come su altre aree, torna inevitabilmente in rilievo il dibattito su altri modi con cui l’Unione Europea potrebbe cercare di allargare la propria sfera di influenza. È l’ingresso nella (attuale) UE l’opzione più valida per perseguire questo obiettivo?

La proposta di dar vita a un’Europa a cerchi concentrici, caratterizzata da diversi livelli di integrazione, potrebbe rappresentare una valida soluzione alternativa: in quest’ottica, gli Stati più istituzionalmente (ed economicamente) “avanzati” potrebbero procedere con un’integrazione sempre più federale, mentre gli altri, almeno temporaneamente, sarebbero coinvolti in una cornice istituzionale più affine al modello confederale. Questa possibile riforma del progetto di integrazione europea  — sostenuta, fra gli altri, dal presidente francese Emmanuel Macron — stenta però a decollare e, per ora, neppure l’invasione russa dell’Ucraina è riuscita a darle una particolare spinta propulsiva. Chissà se la nuova leadership tedesca, unita a un rinnovato asse Parigi-Berlino, riuscianno però a mettere (finalmente) la questione sul tavolo delle cancellerie europee. Matteo Bursi

L’articolo è stato elaborato nell’ambito di “Focus Geofinanza. Osservatorio IAI-Intesa Sanpaolo sulla geofinanza. AffInt.27

 

 

 

 

 

Addio alla carta d’identità cartacea dal 2026

 

Cosa devono sapere gli italiani all’estero

Dal 3 agosto 2026, la carta d’identità cartacea non avrà più alcun valore legale. La notizia, diffusa recentemente dai consolati italiani all’estero, rappresenta un cambiamento importante per centinaia di migliaia di cittadini italiani residenti fuori dai confini nazionali, molti dei quali ancora in possesso esclusivo del vecchio documento cartaceo.

Indipendentemente dalla scadenza stampata sul documento, la validità cesserà automaticamente ad agosto 2026. I consolati invitano dunque chi non possiede anche un passaporto valido a prenotare al più presto un appuntamento per il rilascio della nuova Carta di Identità Elettronica (CIE). Il vecchio documento verrà ritirato il giorno stesso dell’appuntamento.

Ma cosa comporta davvero questo cambiamento? E quali sono i passi da seguire per ottenere la nuova CIE se si risiede all’estero?

La Carta di Identità Elettronica è un documento di riconoscimento personale in formato tessera plastificata, dotata di microchip, che sostituisce a tutti gli effetti la vecchia versione cartacea.

Ha la stessa validità legale in Italia, permette di viaggiare nei Paesi dell’Unione Europea, nei Paesi Schengen (come Norvegia, Islanda, Svizzera), e in alcune altre nazioni con cui esistono accordi bilaterali. Ma la vera novità è che la CIE consente l’accesso sicuro ai servizi digitali della pubblica amministrazione italiana, come l’INPS, l’Agenzia delle Entrate, il Fascicolo Sanitario Elettronico e molto altro.

A chi può essere rilasciata la CIE all’estero?

La CIE può essere richiesta esclusivamente dai cittadini italiani residenti all’estero che:

– sono regolarmente registrati all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero);

– risiedono nella circoscrizione consolare del consolato presso cui fanno domanda;

– hanno i dati anagrafici correttamente registrati presso il Comune italiano di riferimento.

Chi non è ancora iscritto all’AIRE dovrà prima regolarizzare la propria situazione anagrafica accedendo al portale consolare Fast It e attendere che il Comune italiano competente completi l’iscrizione. Solo dopo sarà possibile fare domanda per la CIE.

Particolare attenzione devono prestarla i cittadini italiani nati all’estero: affinché la loro situazione sia regolarizzata, l’atto di nascita deve essere già trascritto nei registri di Stato civile del Comune italiano di riferimento.

Infine, se si è cambiato indirizzo di residenza rispetto a quello comunicato al consolato, è necessario aggiornare i dati attraverso il portale Fast It prima di richiedere la nuova CIE.

Validità della CIE: quanto dura e quando scade

La durata della CIE dipende dall’età del titolare:

– 3 anni per bambini da 0 a 3 anni;

– 5 anni per i minori da 3 a 18 anni;

– 10 anni per gli adulti dai 18 anni in su.

Va ricordato che la CIE non è un documento di residenza o di stato civile. Pertanto, non può riportare aggiornamenti sull’indirizzo o sullo stato civile (ad esempio il cognome del coniuge per le donne sposate).

CIE e identità digitale: l’app CieID

Uno degli aspetti più innovativi della Carta di Identità Elettronica è il suo impiego per accedere ai servizi online grazie all’applicazione CieID, disponibile per:

– Android 6.0 e superiori

– iOS 13 e superiori

Con la CieID si possono attivare diversi livelli di sicurezza per l’accesso ai servizi digitali:

Livello 1 e 2: si attiva il dispositivo e si crea un codice di sicurezza (codice app CieID). Gli accessi si autorizzano scansionando un QR code o tramite riconoscimento biometrico.

Livello 3 (massima sicurezza): disponibile per chi ha uno smartphone dotato di tecnologia NFC, consente la lettura del microchip della CIE e l’inserimento del PIN di 8 cifre fornito al momento della consegna della carta.

Un’ulteriore funzionalità utile è il recupero del codice PUK, attivabile tramite email o numero di cellulare associati alla propria identità digitale.

Cosa fare subito se si possiede ancora la carta cartacea

Chi ha soltanto la carta d’identità cartacea e non dispone di un passaporto in corso di validità, è invitato a prenotare quanto prima un appuntamento con il proprio consolato di riferimento per evitare disagi.

Poiché le agende consolari in molte città europee sono spesso piene, attendere l’ultimo momento potrebbe significare non riuscire ad ottenere il documento in tempo.

In sintesi: cosa devono fare gli italiani all’estero

– Verificare la propria iscrizione all’AIRE

– Aggiornare eventuali cambi di indirizzo tramite il portale Fast It

– Prenotare un appuntamento presso il consolato per richiedere la CIE

– Portare con sé la vecchia carta cartacea (che verrà ritirata)

– e se si vuole attivare l’identità digitale tramite l’app CieID

Con l’entrata in vigore di questa riforma, l’Italia si allinea agli standard europei più avanzati nella gestione dell’identità digitale, garantendo maggiore sicurezza e una semplificazione nei rapporti con le istituzioni. Per i cittadini italiani nel mondo, è un’opportunità per consolidare la propria identità civica anche da lontano, con strumenti moderni ed efficienti. Per ulteriori dettagli o chiarimenti, è sempre consigliabile consultare il sito del proprio consolato italiano di riferimento o il portale ufficiale del Ministero degli Affari Esteri. CdI 26

 

 

 

 

 

 

 

La penisola dei controsensi

 

E’ vano sperare nella stabilità politica italiana e, nella conseguente, governabilità del Paese. Se, per il passato, gli Esecutivi avessero operato in un ambito meno condizionato, parecchi problemi del Bel Paese non ci sarebbero stati. Per anni, è sempre venuto meno il “dialogo" con effetti dirompenti. Da una parte rimane, quindi, l’Italia degli impegni economici/sociali da realizzare e dall’altra una sorta di “incertezza” parlamentare.

 

 Come e con quali possibilità resta, per noi, un impenetrabile mistero. Se è vero, come già abbiamo scritto, che i nostri politici hanno più “anime”, dobbiamo anche riconoscere che, a livello alleanze certe incoerenze ci sono. Le intenzioni, in apparenza, sono tutte buone. I risultati assai meno. L’inconcludente atteggiamento dei singoli, non favorisce lo stabilirsi di propizie condizioni per intravedere cosa ci aspetterà per il futuro. I poli di “convergenza” non hanno fatto altro che accentuare le dispute politiche. Come primo passo, sarebbe stato opportuno favorire una “pax” politica. Soprattutto per ridare fiducia a tutti quelli che l’hanno perduta. Lo “zoccolo duro”, quello delle “Maggioranze” forti, è finito.

 

 C’è da ritrovare i fondamenti di una nuova equità che consenta di poter concorrere al futuro d’Italia. L’ipotesi di un Esecutivo a “contratto”, tanto cara alla formazione di Centro/Destra, potrebbe essere possibile. Si sono, però, perdute di vista certe priorità da esaminare e alcune realtà da rivalutare. Insomma, c’è tutto uno stato politico che ha da ritrovare un’identità. Sono aumentati solo i sacrifici dei più deboli, mai compensati dal benessere di chi non ha dovuto rinunciare. Solo una prova di maggiore serietà politica, che oggi ancora ci sfugge, potrebbe consentire d’andare oltre il “ginepraio”. L’incongruenza resta, in ogni caso, sempre la stessa: in Italia ci si dimentica con facilità del passato che vincola il nostro presente e, probabilmente, anche il nostro futuro.

Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

 

 

Rapporto Istat 2024. Povertà, accesso alle cure ed emergenza abitativa: “tre bombe sociali”

 

Il Rapporto Istat 2024 conferma un’Italia stabile ma in grave difficoltà sul fronte della povertà. Il 23,1% della popolazione è a rischio povertà o esclusione sociale. A crescere sono le disuguaglianze: colpiti soprattutto giovani, famiglie numerose e anziani soli. Tre le priorità individuate da Caritas italiana: un reddito minimo universale, accesso equo alle cure sanitarie e risposta all’emergenza abitativa. “Non bastano più misure settoriali: serve un intervento strutturale e universale”, afferma Nunzia De Capite, responsabile del servizio advocacy. Allarme anche per l’emergenza abitativa, l'esclusione digitale e le disparità legate al livello d’istruzione. di Patrizia Caiffa

Grave povertà abitativa, esclusione sanitaria, mancanza di un reddito minimo universale: sono queste le tre priorità su cui serve intervenire con urgenza, secondo l’analisi dei dati contenuti nel Rapporto annuale dell’Istat 2024 presentato oggi, basato sugli indicatori europei. Secondo il rapporto il 23,1% della popolazione italiana è a rischio povertà o esclusione sociale (+0,3% rispetto al 2023). Aumenta la povertà di +2,8% per le coppie con almeno tre figli, i genitori single (+2,9%) e gli over65 che vivono soli (+2,3%). C’è inoltre un picco nella crescita della povertà tra le famiglie giovani: la percentuale passa dal 28,4% al 30,5% del totale. “Non bastano più misure settoriali e selettive”, sottolinea al Sir Nunzia De Capite, responsabile del servizio advocacy di Caritas italiana, “serve un intervento universale che consideri l’ampliamento delle vulnerabilità oggi diffuse in tutto il tessuto sociale: famiglie, giovani, anziani e singoli”. Se i dati fotografano un Paese in cui l’occupazione apparentemente cresce e i redditi aumentano, a una lettura più attenta emergono criticità strutturali: salari troppo bassi, lavoro discontinuo, crisi abitativa e rinuncia alle cure per motivi economici. Non solo: aumenta il rischio povertà per i giovani e si conferma l’esclusione digitale e sanitaria tra le fasce meno istruite della popolazione. Un quadro stabile ma allarmante, che non può essere lasciato alla sola risposta del terzo settore.

Qual è la fotografia che emerge dal nuovo rapporto Istat sulla povertà in Italia?

Si conferma purtroppo la stabilità di una povertà grave e persistente, su livelli molto alti. Questo è ormai da alcuni anni un elemento di forte preoccupazione, sia a livello familiare che individuale. Si conferma anche il gravissimo svantaggio dei cittadini stranieri: i dati sono gli stessi dell’anno scorso.

Giovani, famiglie numerose e anziani soli sono i tre profili più colpiti.

La povertà, insomma, si sta generalizzando. Istat presenta due indicatori: uno è quello europeo, che consente il confronto con gli altri Paesi, e l’altro è l’indicatore italiano della povertà assoluta. La povertà assoluta, unica nel contesto europeo, si basa sulla spesa per consumi e su un paniere di beni e servizi considerati essenziali per una vita dignitosa, in base al contesto geografico. È un indicatore stabile, non soggetto alle crisi o alle recessioni, proprio perché definito su valori monetari fissi: se vuoi vivere in un certo contesto, devi affrontare determinate spese – casa, salute, alimentazione ecc. Ed è per questo che viene ritenuto molto affidabile: infatti, in genere si utilizza per comprendere l’andamento reale della povertà in Italia. L’indicatore europeo invece è più complesso: include il reddito, la spesa per beni essenziali (simile alla nostra povertà assoluta) e l’intensità lavorativa, cioè quanto si lavora rispetto al massimo lavorabile in una famiglia.

Perché è interessante l’indicatore europeo?

Perché, pur mostrando stabilità, ci rivela che per due componenti – reddito e lavoro – l’Italia è sotto la media europea.

Questo significa che nel nostro Paese il livello delle retribuzioni e la capacità lavorativa sono più bassi rispetto ad altri Paesi Ue.

Si confermano dunque fragilità strutturali del nostro sistema economico, che conosciamo da tempo, e che spiegano alcune apparenti contraddizioni nei dati del rapporto annuale. Ad esempio, il rapporto parla di un aumento dell’occupazione (+350 mila unità) e di un incremento dei redditi da lavoro. Tuttavia, il problema è che, nonostante più persone siano occupate, i salari orari restano bassi e le ore lavorate sono poche. Quindi le persone sono più esposte a problemi economici. Anche con più occupati, se non si lavora abbastanza o si guadagna poco, il rischio povertà resta alto. È un problema strutturale, tipico del nostro Paese, legato anche al part-time involontario (diffuso, soprattutto tra le donne) e alle basse retribuzioni in settori come i servizi alla persona. Chi lavora poco e viene pagato poco rientra nella categoria dei lavoratori poveri – il fenomeno dei working poor.

Cosa ci dicono i dati sulla povertà assoluta?

Il dato sulla povertà assoluta è un indicatore tutto italiano, basato sulla spesa minima necessaria per vivere dignitosamente. Non è influenzato da crisi o recessioni, ed è molto affidabile. Purtroppo, anche qui si registra una stabilità preoccupante: i livelli restano alti, in particolare per le famiglie numerose e con minori, ma cresce anche la quota di over 65 in difficoltà economica.

Quali sono le maggiori criticità emerse dal Rapporto Istat?

Tre: povertà abitativa, difficoltà di accesso alle cure, e assenza di un reddito minimo universale.

La crisi abitativa colpisce in particolare i giovani: tra gli under 35, il tasso di grave deprivazione abitativa è salito al 12%, contro una media nazionale del 5,6%. Infine, l’attuale assegno di inclusione non copre tutti: esclude ad esempio le persone sole, soprattutto over 65.

Che ruolo ha l’istruzione in questo scenario?

Enorme. Chi ha un livello di istruzione più alto è più protetto dal rischio povertà, lavora di più, guadagna meglio e ha accesso più facile ai servizi. I dati lo confermano anche per la salute: nel 2021, chi aveva solo la licenza elementare ha avuto un tasso di mortalità doppio rispetto ai laureati. Questo è un dato che fa riflettere. Negli USA era noto da tempo, ma ora succede anche da noi. Altro dato allarmante: il 9% degli italiani rinuncia a visite o esami specialistici per motivi economici o per le lunghe liste d’attesa. E stavolta non ci sono forti differenze tra Nord e Sud

Quanto pesa la mancanza delle competenze digitali sul rischio povertà?

Questo è un dato gravissimo. L’Italia è 22ª su 27 in Europa. Non ci sono miglioramenti dal 2021. È una vulnerabilità futura che può tradursi in esclusione sociale anche nell’accesso ai servizi e alle misure di sostegno. Questo è un rischio serio di esclusione sociale futura.

Cosa non funziona nell’attuale Assegno di inclusione?

È troppo selettivo. Si concentra su famiglie con minori, disabili o persone non autosufficienti. Ma lascia fuori intere fasce: persone singole, anziani, lavoratori poveri. Non possiamo immaginare che un over 65 si reinserisca facilmente nel mercato del lavoro. Serve un reddito minimo universale.

Che proposte avanza la Caritas per il futuro?

Tre sono le priorità: ripristinare un sostegno economico universale per tutti coloro in povertà, senza divisioni rigide per categoria. Affrontare strutturalmente il tema dell’accesso alle cure, superando le disuguaglianze e le liste d’attesa. Intervenire sull’emergenza abitativa, soprattutto nelle grandi città, dove il costo della casa è ormai insostenibile. Il terzo settore non può farsi carico di questi problemi perché si tratta di diritti fondamentali che devono essere garantiti dallo Stato.

Non possiamo delegare alla solidarietà ciò che spetta alle politiche pubbliche. I tempi per intervenire sono stretti: il rischio è che alcune crisi diventino irreversibili. Sir 21

 

 

 

 

 

Cittadinanza: l’esame alla Camera

 

ROMA - Approvato dal Senato, ieri il decreto-legge sulla cittadinanza ha iniziato l’iter in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, dove verrà esaminato in seconda lettura. Alla presenza del sottosegretario all'interno, Nicola Molteni, il relatore Emilio Russo (Fi) ha illustrato il testo ai colleghi, soffermandosi in particolare sulle modifiche alla prima stesura apportate durante l’esame a Palazzo Madama.

Obiettivo del provvedimento è “rendere più stringente il principio di effettività del vincolo con l'Italia del richiedente la cittadinanza, limitando l'automatismo dell'acquisto della titolarità del diritto alla cittadinanza per discendenza (o adozione o altra causa di legge)”.

Con il decreto si modifica la legge 91/92 stabilendo una preclusione all'acquisto automatico della cittadinanza per i nati all'estero in possesso di cittadinanza di Stato estero. L’articolo 3 bis del decreto, dunque, “in deroga a determinate disposizioni applicabili alla materia, stabilisce che debba considerarsi non aver mai acquistato la cittadinanza italiana colui il quale sia nato all'estero e sia in possesso di altra cittadinanza, anche prima dell'entrata in vigore della disposizione in esame”, con alcune eccezioni: “la norma fa salvi, anzitutto, i casi in cui lo stato di cittadino sia riconosciuto o sia accertato giudizialmente in seguito, rispettivamente, a domanda o a domanda giudiziale (presentata entro le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025). È fatto salvo altresì – a seguito di una modifica introdotta dal Senato – il caso di domanda presentata (all'ufficio consolare o al sindaco) in tempo successivo, purché dietro appuntamento di cui sia stata data comunicazione all'interessato entro il medesimo termine sopra indicato. Si applica in tal caso la normativa vigente al 27 marzo 2025. Ulteriori eccezioni alla preclusione sono rappresentate dal caso in cui un ascendente di primo o di secondo grado possieda (o possedesse al momento della morte) “esclusivamente” la cittadinanza italiana o dal caso in cui uno dei genitori o degli adottanti sia stato residente in Italia per almeno due anni continuativi dopo l'acquisto della cittadinanza italiana e prima della data di nascita o di adozione del figlio”.

Altra modifica alla legge 91/92 riguarda la previsione che “il minore straniero o apolide, discendente da padre o madre cittadini italiani per nascita, divenga cittadino italiano qualora i genitori medesimi ovvero il tutore, dichiarino la volontà di acquisto di tale status, purché, successivamente a tale dichiarazione, il minore risieda legalmente e continuativamente per almeno due anni in Italia ovvero, in alternativa, tale dichiarazione di volontà sia presentata entro un anno dalla nascita del minore o dalla successiva data in cui sia stabilita la filiazione con un cittadino italiano, anche per adozione”. Divenuto cittadino italiano, il minore straniero o apolide può rinunciare alla cittadinanza italiana, una volta raggiunta la maggiore età.

Nel corso dell'esame in Senato è stato aggiunto al testo originario un altro comma che “prescrive il requisito della residenza continuativa biennale in Italia per l'acquisto della cittadinanza da parte di figli minori di genitore che acquisti o riacquisti la cittadinanza italiana, se conviventi”. Citate le modifiche alla disciplina della prova relativa alle controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana, Russo ha segnalato anche i nuovi commi sulle quote-ingresso riservate agli italodiscendenti e sulla concessione della cittadinanza, “che è modalità di acquisto distinta dal riconoscimento del diritto alla cittadinanza”, ha spiegato. Il decreto “enumera una serie di casi in cui la cittadinanza può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica (sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno). La novella in esame interviene sul caso dello straniero il cui genitore o ascendente in linea retta di secondo grado sia o sia stato cittadino per nascita, riducendo a due anni (da tre anni) il periodo di legale residenza in Italia, prescritto per la concessione della cittadinanza. È invece mantenuto il requisito dei tre anni di legale residenza in Italia per la eventuale concessione della cittadinanza allo straniero nato nel territorio della Repubblica”.

Il decreto prevede anche che “chi sia nato in Italia o vi sia stato residente per almeno due anni continuativi, ed abbia perduto la cittadinanza in applicazione di alcune disposizioni della legge n. 555 del 1912, la riacquisti se effettui una dichiarazione in tal senso, tra il 1° luglio 2025 e il 31 dicembre 2027. Al contempo, il contributo per il riacquisto della cittadinanza pari a 250 euro, come nella disciplina vigente, è annoverato tra i diritti da riscuotersi dagli uffici consolari”. Il decreto-legge, ha concluso il relatore, è in vigore dal 29 marzo 2025. L’esame in Commissione proseguirà nella seduta di lunedì 19 maggio.

(aise/dip 16) 

 

 

 

 

Il diritto di famiglia compie 50 anni. Mattarella sugli attuali problemi

 

La legge sulla riforma del diritto di famiglia celebra il suo cinquantesimo anniversario. Un appuntamento, questo, che ricorda i diritti acquisiti e quelli ancora mancanti nell’istituto giuridico familiare. È il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha sottolineato, in tale occasione, le carenze dell’applicabilità della riforma e che dal 1975 ancora faticano a trovare supporto: “Rimangono tuttora laceranti le violenze perpetrate sulle donne, sovente in ambito familiare, sino agli abusi che si registrano nei confronti dei minori”, ha spiegato Mattarella.

Il Capo dello Stato ha sottolineato, inoltre, l’importanza di un sostegno istituzionale per le fragilità familiari, promuovendo una cultura basata sul rispetto dei diritti e della dignità delle persone, specialmente quelle più vulnerabili. Ma perché è così importante parlare ancora di “diritto di famiglia”?

Riforma del diritto di famiglia

Il presidente Mattarella ha evidenziato come la legge, approvata con ampio consenso parlamentare ormai 50 anni fa, abbia reso l’Italia un Paese più giusto e libero, riconoscendo pari dignità tra uomini, donne e figli. La tutela dei diritti, però, non può limitarsi alle norme astratte, “ma deve tradursi in consapevolezza, coscienza sociale, rigore”, ha aggiunto.

Vediamo nel dettaglio come era costituito il diritto di famiglia prima e dopo il 1975.

Il cambiamento della struttura familiare

Prima della legge 19 maggio 1975, n.151, la famiglia era caratterizzata da un’impostazione patriarcale sancita dal Codice Civile del 1942, che attribuiva al marito una posizione di superiorità rispetto alla moglie e ai figli.

L’introduzione della Costituzione nel 1948 aveva già anticipato alcuni principi di uguaglianza. L’Articolo 29, infatti, sancisce il dovere della Repubblica a riconoscere i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio: “Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Ma è solo dopo la riforma del diritto di famiglia – un iter durato nove anni e il susseguirsi di tre legislatura – che si è segnata la svolta decisiva.

Tra le principali novità:

* Abolizione della potestà maritale, che subordinava la moglie al marito.

* Riconoscimento di pari diritti e doveri per entrambi i coniugi.

* Decisioni familiari prese congiuntamente dai coniugi.

* Patria potestà sostituita dalla responsabilità genitoriale, condivisa tra padre e madre.

* Introduzione del diritto del figlio a essere mantenuto, educato e istruito da entrambi i genitori.

* Comunione dei beni introdotta come regime ordinario (salvo diversa scelta dei coniugi).

* Tutela del contributo economico e domestico della donna nel matrimonio.

* Possibilità di separazione per intollerabilità della convivenza, senza necessità di colpa di uno dei coniugi.

* Modifiche alle norme sul divorzio, semplificando le procedure e definendo nuovi criteri di assegnazione degli alimenti e dell’affidamento dei figli.

* Possibilità per la moglie di mantenere il proprio cognome dopo il matrimonio.

* Eliminazione dell’obbligo di seguire il marito in caso di trasferimento.

* Parità tra coniugi nel diritto successorio.

* Tutela del coniuge economicamente più debole in caso di separazione o divorzio.

* Maggiore tutela per donne e bambini in situazioni di disagio familiare.

Negli anni successivi, ulteriori riforme hanno ampliato i principi introdotti nel 1975. La Riforma della filiazione e la disciplina delle unioni civili e della convivenza hanno perfezionato il quadro normativo, promuovendo un’idea di famiglia più inclusiva e in linea con le trasformazioni della società.

Le parole di Mattarella

Il presidente Mattarella ha definito la legge del 1975 “un momento fondamentale nell’applicazione dei principi costituzionali di uguaglianza”, affermando che essa ha ridefinito i rapporti all’interno della famiglia. Ha evidenziato l’eliminazione della “potestà maritale” e della “patria potestà” esclusiva, rafforzando la pari responsabilità tra coniugi. Inoltre, ha sottolineato come l’istituzione della comunione dei beni e la valorizzazione dell’impresa familiare abbiano contribuito a tutelare il lavoro delle donne e dei figli.

“Si attuava un modello di famiglia – ha sottolineato il capo dello Stato – basato sulla pari condizione tra marito e moglie e sulla libera volontà dei coniugi nella gestione del vincolo matrimoniale. A rafforzare il rispetto della volontà delle parti, veniva, altresì, elevata l’età per contrarre matrimonio, si sopprimeva la ‘potestà maritale’ sulla moglie e la esclusiva ‘patria’ potestà sui figli; così come ogni altra previsione che sanciva il predominio della volontà del marito rispetto alla moglie e ai figli. Misure tutte dirette a rendere concreta ed effettiva la pari responsabilità tra i coniugi, intervenendo anche sui rapporti patrimoniali della famiglia. Realizzando come regime ordinario la comunione dei beni si è valorizzato il lavoro della donna all’interno della famiglia così come la disciplina dell’impresa familiare consentiva di tutelare il lavoro prestato dalla moglie e dai figli. Anche il regime successorio veniva modificato, affermando i diritti della moglie e dei figli naturali”.

Ma non basta. “Ai vari livelli – ha concluso Mattarella- occorre che le istituzioni sappiano offrire sostegno ai contesti familiari e alle fragilità che si manifestano, promuovendo anche una cultura e comportamenti sempre più rispettosi dei diritti e della dignità delle persone, specie dei soggetti più deboli, rafforzando così la coesione sociale”. Adnkronos 19

 

 

 

 

 

 

Repubblica in ombra?

 

Pur con la “vittoria” dello schieramento politico di centro/destra, i “conti” potrebbero non tornare. I provvedimenti governativi, se ci saranno, serviranno solo a tamponare una situazione che, sotto la superficie, continua a erodersi.

 Chi ne capisce più di noi, ha calcolato che, con l’attuale indirizzo, si potrà tirare avanti per poco tempo. Poi, le pensioni resteranno un sogno nel cassetto per tanti italiani; oggi relegati alla disoccupazione o al precariato. Le soluzioni, per evitare d’utilizzare oggi le risorse che avrebbero dovuto servire per il futuro, ci sarebbero.

 Prevedono però, una serie d’interventi che avrebbero leso coinvolgimenti politici nell’immediato. I dati e le percentuali parlano chiaro: nel Bel Paese la disoccupazione è ancora a due cifre. Il precariato langue e i cassintegrati sono sospesi alla corda di un infelice destino. La politica italiana ha sempre un costo insostenibile.

 Il nostro Paese ha bisogno di programmi per risanare l’economia. Interessati all’evoluzione politica nazionale, continueremo a monitorare i cambiamenti della Penisola che ha da rimuovere i pasticci di questa Terza Repubblica, ancora in “fasce”, che già si presenta, però, con parecchi problemi socio/politici che ne andranno a condizionare l’incerto futuro.

Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

 

 

 

 

La Camera ha approvato il cosiddetto “decreto Albania”. Il testo passa ora al Senato

 

Con 126 sì, 80 no e 1 astenuto l’aula della Camera ha approvato ieri il decreto legge recante disposizioni urgenti per il contrasto dell’immigrazione irregolare, il cosiddetto “decreto Albania”, su cui ieri era arrivato l’ok alla fiducia. Il testo passa ora al Senato.

Il decreto di fatto estende la categoria di persone che possono essere condotte nelle strutture di trattenimento realizzate in Albania, includendovi coloro i quali sono destinatari di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati. Di fatto, così, le strutture in Albania diventerebbero come i Cpr già presenti in Italia.

Nell’ambito della procedura del trattenimento dello straniero, spiega la legge, è fatta salva la facoltà di disporre il trasferimento dello stesso in altro centro, senza che venga meno il trattenimento adottato e che sia richiesta una nuova convalida.

Nel corso dell’esame in sede referente sono state introdotte rispetto al testo originario del decreto le seguenti disposizioni: lo straniero trasferito nelle strutture in Albania

vi permane anche se ha presentato domanda di asilo, se vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento o dell’espulsione; in caso di mancata convalida del provvedimento di trattenimento in presenza di una domanda di asilo di cui si sospetta che sia stata presentata a scopo dilatorio, si prevede la possibilità di emanare un nuovo provvedimento di trattenimento per un altro dei motivi previsti dalla legge; viene estesa l’applicazione della procedura accelerata di esame delle domande di asilo alla frontiera.

Inoltre si autorizza la cessione a titolo gratuito di due motovedette all’Albania; viene estesa al 2026 la facoltà, per la realizzazione, la localizzazione nonché l’ampliamento dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), di derogare alle disposizioni di legge ad eccezione di quelle penali, antimafia e dell’Unione europea.

Con l’approvazione del cosiddetto “decreto Albania” da parte della Camera dei Deputati e in attesa del passaggio definitivo al Senato, il Tavolo Asilo e Immigrazione (Tai) esprime forte preoccupazione (fonte: SIR) per la legittimazione di un sistema di confinamento extraterritoriale che, secondo quanto documentato da varie delegazioni in loco, risulta “opaco, privo di garanzie e incompatibile con i principi dello Stato di diritto”.

Una delegazione del Tai, al quale aderiscono numerose organizzazioni che si occupano di immigrazione, si trova in questi giorni a Gjadër, in Albania, insieme a parlamentari del gruppo di contatto.

Dopo aver da mesi segnalato lo spreco di denaro pubblico investito nelle strutture extraterritoriali in Albania, S.E. mons. Gian Carlo Perego, già in marzo a Napoli, a proposito della prospettiva di trasformare i centri in Cpr, aveva parlato soprattutto di una mancanza di realismo: “Ditemi voi se sia tale una la soluzione all’irregolarità nel nostro Paese – dove si stimano tra 300 e i 400 mila irregolari – quella dei 1.000 posti totali dei centri in Albania”.

Aldilà delle numerose preoccupazioni sul rispetto dei diritti elementari e sulle condizioni di vita di coloro che vi sono trattenuti all’interno, i Cpr – come spiegato recentemente anche su Migranti Press – soprattutto sono inutili. 

Migr.on 16

 

 

 

 

 

 

Referendum cittadinanza: sono 1,4 milioni i potenziali beneficiari, tra cui 284 mila minori

 

Il Centro Studi e Ricerche IDOS presenta la prima stima scientifica sugli effetti del quesito che sarà votato l’8-9 giugno. Se vincesse il Sì, potrebbe diventare italiano più di 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti in Italia e un quinto di questi sarebbe under 18. 

Ma altri 700 mila migranti rischierebbero di restare esclusi solo perché “troppo poveri”

Se l’8 e 9 giugno vinceranno i Sì al referendum sulla cittadinanza, la quota più probabile di potenziali beneficiari della riforma sarebbe costituita da 1 milione e 420 mila cittadini non comunitari, pari a oltre 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti in Italia. 

In particolare, gli adulti sarebbero 1 milione e 136 mila, tutti titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata, e i minori sarebbero 284 mila, dei quali 229 mila soggiornanti di lunga durata e 55 mila che, pur non avendo maturato in proprio il requisito minimo previsto dalla riforma, diventerebbero italiani per automatica trasmissione della cittadinanza da parte dei genitori che si saranno naturalizzati grazie alla modifica referendaria.

La prima stima scientifica sull’argomento è stata realizzata dal Centro studi e ricerche Idos, che in un breve report riporta in dettaglio il metodo seguito, per un calcolo che deve considerare diversi fattori.

Come è noto, il quesito referendario chiede che sia abrogata la disposizione contenuta nella legge 91/1992 (art. 9) in base alla quale un cittadino straniero può acquisire la cittadinanza italiana per naturalizzazione dopo 10 anni di residenza continuativa nel Paese, riportando così il limite a 5 anni, come era già previsto nella legge precedente (varata nel 1912 e rimasta in vigore per 80 anni).

Rispetto alle prime proiezioni dei promotori del referendum, riferite a una platea generica di potenziali beneficiari, la stima di Idos ne quantifica la quota più probabile, partendo dagli immigrati con permesso di soggiorno di lunga durata, che a fine 2023 erano 2.139.000, di cui 347.000 minori. 

Oltre a escludere i cittadini di Paesi Ue, non toccati dalla riforma perché possono già richiedere la cittadinanza italiana dopo soli 4 anni di residenza, la stima dei potenziali beneficiari effettivi decurta dal computo anche una consistente quota di cittadini di Paesi non Ue che non ammettono la doppia nazionalità.

Attraverso altri calcoli, il report arriva a determinare una ipotesi massima e una minima, indicando infine come più probabili i valori mediani indicati sopra. 

Una delle più importanti barriere che limitano l’accesso alla cittadinanza italiana resta la debole situazione economica della popolazione straniera. Il referendum, infatti, non modifica gli altri requisiti necessari per la naturalizzazione, tra cui (oltre alla conoscenza della lingua e all’assenza di condanne penali) il possesso di un reddito adeguato: una condizione che – in base ai dati Istat sulla popolazione a rischio di povertà e di esclusione sociale – anche con il successo del referendum non sarebbe soddisfatta da una ampia fascia di stranieri residenti: fino a 700 mila persone nell’ipotesi massima. Senza contare il costo per avviare la pratica, che è stato recentemente aumentato fino a un massimo di 600 euro a testa. Una situazione, dice il report, che rende quello alla cittadinanza per naturalizzazione “un diritto limitato di fatto attraverso una discriminazione indiretta basata sul censo”. 

“In un Paese civile e con una politica attenta a quel che succede nella realtà - afferma Luca Di Sciullo, presidente di Idos - non ci sarebbe stato bisogno di un referendum per varare questa modifica legislativa sulla naturalizzazione. Basterebbe constatare che la popolazione italiana diminuisce in media di oltre 300 mila unità all’anno, tra decessi che surclassano le nascite e l’incremento dell’emigrazione all’estero, e che negli ultimi 5 anni l’Italia ha inanellato altrettanti record negativi, arrivando al minimo storico di appena 370 mila nascite nel 2024, mentre oltre 1 milione di minorenni stranieri, quasi tutti in Italia dalla nascita, e altrettanti adulti che risiedono da almeno 5 anni nel Paese, ancora non accedono alla cittadinanza italiana”. Idos 16

 

 

 

 

 

Cittadinanza. ACLI: tagliare le radici non ci renderà più forti

 

Roma - "In un’epoca in cui il valore della diplomazia culturale e delle relazioni internazionali è sempre più riconosciuto, l’Italia sembra orientarsi in una direzione opposta, scegliendo di indebolire uno dei pochi strumenti di soft power di cui dispone: la sua vasta e storica diaspora. Milioni di connazionali nati all’estero, figli e nipoti di emigrati, rappresentano da sempre un ponte naturale tra culture, un capitale umano e sociale capace di promuovere l’Italia nel mondo meglio di qualunque campagna istituzionale. Eppure, la proposta di riforma sulla cittadinanza sembra andare nella direzione opposta, specialmente dopo il passaggio al Senato". Questo è quanto espresso da Matteo Bracciali, Vicepresidente FAI - Federazione ACLI Internazionali, in una nota in cui è intervenuto sul DL Cittadinanza, oggi all'esame dell'aula alla Camera dopo essere stato in Senato.

"Se approvata così com’è - ha aggiunto Bracciali - rischia di tagliare questo legame prezioso. In particolare, l’impossibilità per gli italiani con doppia cittadinanza di trasmettere la cittadinanza ai propri figli segnerebbe un punto di rottura. Una scelta che, nel lungo periodo, rischia di cancellare la nostra presenza nel mondo".

Secondo il Vicepresidente FAI, "le motivazioni addotte per sostenere questa riforma meritano una riflessione attenta, oltre il pregiudizio".

Bracciali ha poi ricordato un'osservazione che definisce "leggittima", ossia "C’è chi ottiene la cittadinanza senza conoscere l’italiano".

Ma a chi sostiene questa leggittima osservazione è stata già proposta una soluzione: "richiedere una certificazione linguistica e culturale a chi richiede la cittadinanza, come già avviene per altri casi. Una proposta costruttiva, tuttavia rimasta senza risposta".

In seguito, l'esponente delle ACLI ha cercato di rispondere anche a un'altra domanda: “In caso di guerra, con chi starebbero le persone con doppia cittadinanza?”

Questa, secondo lui, è "una domanda che sembra più figlia della paura che della ragione. Davvero crediamo che saremmo più forti rinunciando a cittadini italiani, ben integrati all’estero, solo perché detengono un secondo passaporto? L’idea che si possa fare “guerra all’Italia” è inquietante, ma ancor più lo è immaginare che l’unica risposta sia escludere, non includere".

E infine un'altra osservazione alla quale ha voluto rispondere Bracciali: “Ci sono truffe nel sistema.”

"Come in ogni ambito amministrativo - ha spiegato -, esistono tentativi di frode. Ma è proprio per questo che esistono controlli e sanzioni. È giusto colpire gli abusi, non privare milioni di persone oneste del proprio diritto. Certo, porre un limite generazionale alla trasmissione della cittadinanza può essere un passaggio equilibrato. Ma ciò che si sta prospettando va ben oltre: rischia di interrompere un filo che ci lega a comunità vive, orgogliose delle proprie radici italiane, spesso più attente e innamorate dell’Italia di quanto lo siamo noi stessi".

"Rafforzare i criteri sì - ha concluso Bracciali -, ma senza perdere il senso profondo di cosa significa essere italiani nel mondo. Perché scegliere di tagliare le radici non ci renderà più forti. Al contrario, ci renderà più soli". (aise/dip 20) 

 

 

 

 

 

 

 

Dl cittadinanza, Carè (Pd): non una riforma, ma ferita profonda contro italiani all'estero

 

Roma. ”A nome mio e di chi crede nella giustizia e nella dignità del nostro popolo, la più ferma e profonda opposizione al decreto-legge n. 36 del 28 marzo 2025, recante disposizioni urgenti in materia di cittadinanza. E lo faccio con il cuore, con la voce e con la coscienza dei milioni di italiani residenti all’estero, e dei milioni di oriundi che da generazioni mantengono vivo l’amore per l’Italia, nonostante la distanza, nonostante l’oblio a cui troppo spesso le istituzioni italiane li condannano. Questo decreto non è una riforma. questo decreto è una ferita. una ferita profonda, dolorosa, ingiusta. Lo è nella forma, lo è nel metodo, lo è nella sostanza. È una ferita inferta con urgenza artificiosa, con il volto burocratico di chi vuole nascondere una scelta politica dietro un presunto pericolo amministrativo. Dove sarebbe, chiedo, l’urgenza? Dov’è la catastrofe che giustifica questa fretta? Forse nel fatto che qualche migliaio di persone l’anno richiede il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza? Questo decreto non nasce per gestire un’emergenza, ma per costruire una barriera. Una barriera contro chi ha sangue italiano, ma vive altrove. Una barriera contro chi, invece di essere accolto e valorizzato, viene visto come una minaccia. E qui la sostanza è ancora più amara. Perché questo provvedimento, lo diciamolo chiaramente, colpisce in pieno petto il principio dello ius sanguinis. Ne limita la trasmissibilità, ne restringe l’applicabilità retroattiva, lo svuota di significato. Non si tratta di una modernizzazione del diritto: si tratta di un colpo secco, mirato, chirurgico a un principio che ha fondato la coesione dell’identità italiana nel mondo. Sapete chi saranno le vittime? Non i cosiddetti “furbi del passaporto”, come si cerca di raccontare con una retorica pomposa. No, i veri colpiti saranno le famiglie. Saranno i figli e i nipoti di italiani emigrati che, dopo decenni di sacrifici, si vedono improvvisamente dire: “Tu non sei abbastanza italiano per meritare la cittadinanza di tuo nonno”. E questo mentre il mondo intero guarda con ammirazione alle comunità italiane all’estero. Quelle stesse comunità che hanno contribuito con lavoro, cultura e capitale umano alla reputazione dell’Italia. Quelle stesse comunità che mantengono viva la lingua, le tradizioni, le relazioni culturali e commerciali con la nostra nazione. Chi ha scritto questo decreto dimostra di non conoscere, o peggio, di voler cancellare la storia della nostra emigrazione. Una storia fatta di valigie di cartone, di miniere, di fatica e dignità. Una storia fatta di famiglie spezzate, di lettere scritte a mano e di un amore per l’Italia che non si è mai sopito allora io dico con forza: non potete spezzare questo legame. Non potete cancellare l’identità. Non potete negare a chi ha sangue italiano il diritto a sentirsi parte della Repubblica. Abbiamo visto negli anni i risultati di politiche illuminate: il voto all’estero, la rappresentanza parlamentare, l’impegno dell’associazionismo italiano nel mondo, i programmi di formazione, gli scambi culturali. Questo decreto invece compie un balzo all’indietro. Disconosce tutto. È una legge che nega la fiducia, che rifiuta il passato e compromette il futuro. E lo dico con orgoglio istituzionale, ma anche con un’emozione personale: non è tollerabile che due fratelli, figli dello stesso padre italiano emigrato, possano trovarsi in due situazioni diverse solo perché uno ha presentato la domanda il 26 marzo e l’altro il 28. Questo non è diritto: è arbitrio. È iniquità. È crudeltà amministrativa. Ma c’è di più, ed è forse ancora più grave: questa norma rompe il patto tra Stato e cittadino. Il patto che garantisce certezza del diritto, rispetto delle regole, uguaglianza di trattamento. Perché, lo sappiamo tutti, la cittadinanza non è solo un pezzo di carta: è un legame morale, culturale e giuridico. È un’eredità che non può essere amputata per calcolo politico o ideologico. Ecco la verità: questo non è un decreto sulla cittadinanza. È un decreto sull’esclusione. Io difendo un’Italia aperta, giusta, consapevole della sua storia e del suo destino globale. Un’Italia che non ha paura dei suoi figli all’estero, ma li accoglie, li onora, li ascolta perché sono parte di noi, perché senza di loro, l’Italia è più povera. Noi no e continueremo a batterci, dentro e fuori quest’aula, per un’Italia che non taglia i suoi legami, ma li rafforza. per un’Italia che riconosce e abbraccia tutti i suoi figli.” Cosi’ Nicola Carè, deputato eletto all’estero, intervenendo in aula. Dip 20

 

 

 

 

 

L’industria italiana alla sfida verde: il dilemma tra competitività e decarbonizzazione

 

Il Green Deal europeo è ormai entrato in una nuova fase cruciale, in cui competitività e sicurezza economica assumono maggior rilevanza. Con la presentazione del Clean Industrial Deal, la Commissione Europea ha delineato le sue nuove priorità dettate dall’interazione tra politica industriale, competitività e decarbonizzazione alla luce della competizione geopolitica e le crisi energetiche e climatiche.

Oltre a favorire le nuove tecnologie, i governi devono considerare misure per trasformare e proteggere le proprie industrie esistenti in conformità con gli obiettivi di zero emissioni nette, preservando al contempo la competitività e garantendo la sicurezza economica attraverso la capacità manifatturiera. Per far tutto ciò, i dibattiti (e le divisioni) riguardo alla disciplina fiscale e alla creazione di fondi comuni europei riemergono.

Il dilemma è particolarmente evidente per le industrie ad alta intensità energetica. La loro trasformazione sarà essenziale per il raggiungimento della decarbonizzazione, rappresentando circa il 22% delle emissioni di gas serra dell’UE, ma i governi stanno lottando per garantire anche la loro competitività rispetto ai concorrenti internazionali a causa dei prezzi più elevati dell’energia e alla presenza dell’Emission Trading System europeo.

Anche nel contesto italiano, le industrie difficili da decarbonizzare, le cosiddette hard to abate, giocano un ruolo decisivo dal punto di vista sociale, economico ed energetico-ambientale. Per questo, per poter trasformare tali industrie, l’Italia deve perseguire una combinazione di soluzione: favorendo l’elettrificazione laddove possibile, riducendo le emissioni di metano relative al consumo di gas, il crescente utilizzo sostenibile di idrogeno e lo sviluppo della cattura e stoccaggio del carbonio (CCS).

Elettrificazione: il vantaggio competitivo dell’Italia in Europa

L’elettrificazione copre già una quota rilevante del consumo energetico industriale in Italia. Nel 2022, l’elettricità è stata la principale fonte per il settore industriale, rappresentando il 44% del consumo, seguita dal gas naturale (33%). Grazie ai più alti livelli di elettrificazione tra i maggiori paesi europei, l’industria italiana ha uno dei posizionamenti migliori tra i paesi UE27 rispetto all’intensità energetica e carbonica finale per unità di valore aggiunto. Tuttavia, l’Italia deve accelerare l’installazione di impianti rinnovabili, rimuovendo i ritardi autorizzativi e fornendo un quadro normativo chiaro e coerente.

Gas naturale: dipendenza e opportunità nella transizione

Poiché la maggior parte delle emissioni del settore industriale proviene dalla combustione, è necessaria una valutazione del ruolo dell’approvvigionamento energetico e in particolare del gas naturale. Il gas gioca un ruolo centrale all’interno del sistema energetico italiano, rappresentando il 40% del consumo energetico e il 50% del consumo elettrico. Tale ruolo è previsto che rimarrà rilevante in base all’ultima versione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). Tuttavia, l’Italia deve scontare una forte dipendenza dalle importazioni. Dunque è necessaria una strategia internazionale che tenga conto delle emissioni di metano – una delle azioni più rapide, efficaci e meno costose per l’Italia per accelerare la transizione rafforzando, allo stesso tempo, anche la propria competitività industriale. La riconfigurazione dei flussi e la crescente rilevanza dei paesi MENA (Medio Oriente e Nord Africa) offre un’opportunità per affrontare questa pressante questione ambientale in un’area strategica come il Mediterraneo.

La scommessa dell’idrogeno: sviluppo sostenibile nel Mediterraneo

Per decarbonizzare le molecole nel lungo periodo, l’Italia deve dare priorità all’uso dell’idrogeno pulito dove l’elettrificazione più efficiente non è fattibile. A novembre 2024, l’Italia ha adottato la sua prima strategia nazionale per l’idrogeno, che prevede diverse traiettorie data l’incertezza sul suo sviluppo e le potenziali migliori prestazioni di altre tecnologie.

Nello sviluppare le necessarie rotte ed infrastrutture per l’approvvigionamento dell’idrogeno, è necessario che l’Italia tenga conto ed affronti i potenziali impatti climatici dell’idrogeno. Infatti, è cruciale limitare non solo le emissioni di anidride carbonica e metano, ma anche le emissioni di idrogeno, poiché l’idrogeno stesso è un gas serra indiretto con potenti impatti di riscaldamento. Infine è doveroso ridurre quanto possibile i rischi ambientali e socioeconomici associati ai sistemi a idrogeno (anche nei paesi terzi). Questo è ancora più rilevante se si tiene conto della possibilità di trasferimenti di capacità manifatturiera fuori dall’Europa a causa delle già citate sfide energetiche. Tuttavia, tale sfida può presentare un’opportunità per l’Italia nel guidare la cooperazione Euro-mediterranea garantendo progetti volti allo sviluppo industriale e l’integrazione delle catene del valore.

CCS: colmare il divario con il Nord Europa partendo da Ravenna

Lo sviluppo della cattura e stoccaggio del carbonio ha riacquistato una rinnovata rilevanza politica perché i governi mirano ad accelerare la transizione energetica preservando al contempo le capacità industriali esistenti. La tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage) permette di catturare l’anidride carbonica prodotta da impianti industriali e centrali elettriche prima che venga rilasciata nell’atmosfera, per poi trasportarla e immagazzinarla permanentemente nel sottosuolo.

A livello europeo si può notare un certo divario tra il Mare del Nord e il Mediterraneo in termini di sviluppi CCS; divario che l’Italia ha la possibilità di ridurre. Il PNIEC infatti riconosce un ruolo strategico al progetto di Ravenna, che dovrebbe catturare le emissioni dei settori hard-to-abate.

Strategie per il futuro: sussidi mirati e fondi europei

L’Italia avrà bisogno di una combinazione di misure che favorisca la trasformazione delle industrie energivore esistenti all’interno dei confini europei e nazionali alla luce delle possibili soluzioni tecnologiche ed economiche. Allo stesso tempo, l’Italia deve definire una politica industriale ed estera capace di gestire in maniera ordinata il possibile outsourcing della produzione verso regioni con costi energetici più bassi.

L’allocazione di sussidi volti alla protezione dei produttori nazionale dovrà essere attentamente valutata in base a criteri chiari, come la rilevanza economica (effetti cluster) e la resilienza economica (evitando nuove dipendenze su settori/prodotti critici) – anche alla luce delle ristrettezze fiscali.

Nel trovare un nuovo equilibrio, l’Italia deve lavorare con l’UE nella definizione di priorità, standard e nella creazione di nuovi strumenti, anche relativi agli investimenti, in modo da evitare la frammentazione del mercato europeo. L’Italia deve lavorare alla costruzione di criteri e standard per proteggere i produttori nazionali e esternalizzare parte della produzione. Gli sviluppi positivi e gli sforzi in termini di riduzione dell’intensità di CO2 dovrebbero essere riconosciuti e valorizzati nella progettazione delle caratteristiche per i mercati verdi. Dati i diversi spazi fiscali e gli investimenti necessari per raggiungere la decarbonizzazione, saranno necessari fondi comuni e stabili a livello UE – specialmente per l’Italia. Per poter ottenere ciò, la politica industriale ed energetica dovrà essere definita in maniera chiara, oltre che dimostrare la propria capacità di spendere adeguatamente i fondi esistenti.

Pier Paolo Raimondi, AffInt 21

 

 

 

 

 

 

La partitocrazia

 

Questo Esecutivo potrebbe dimostrare una valenza politica durevole. Certo che la guida politica nazionale, forse, è nelle mani giuste. Insomma, una crisi di Governo oggi non sarebbe pensabile. Anche se per mantenere la “fiducia”, ci sono poche strade e tutte in pericolosa salita. Questo Governo è atipico. Con la speranza, però, che il concetto d’equità non resti un termine solo teorico. Sarebbe un male maggiore.

 

 Se tutto dovesse andare per il meglio, questo Governo potrebbe reggere sino alle elezioni generali del 2026. Già questo ci sembrerebbe molto; dopo, saranno gli elettori a mutare le carte in tavola e i giochi di potere.

 

 Questi primi venticinque anni del XXI Secolo, pur con segnali premonitori, sono precursori di un cambiamento. Ora c’è da ponderare su ciò che questa politica saprà garantire.

 

Senza una nuova Legge Elettorale, però, resta irrazionale continuare a far conto su una politica impercorribile. Siamo proprio sicuri che non si possa fare meglio?  L’interrogativo s’è fatto palese; ma senza il riscontro di un differente impegno da parte di chi sarebbe chiamato ad assumerlo. Draghi, però, potrebbe chiarire tanti legittimi dubbi.

Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cittadinanza: il Senato approva la riforma in prima lettura

 

Roma - Il Senato ha approvato oggi in prima lettura il decreto-legge 36/2025 in materia di cittadinanza.

Il testo è stato approvato con i voti dei partiti di maggioranza. Contrari tutti gli altri. 81 i voti a favore, 37 i contrari.

Nelle dichiarazioni finali hanno annunciato voto favorevole Occhiuto (FI) sostenendo che il decreto ha promosso il modello di ius Italiae, sostenuto da Forza Italia, basato su integrazione reale, scuola e lingua, rifiutando automatismi e valorizzando il radicamento; Daisy Pirovano (Lega), secondo la quale si è cercato un equilibrio tra il rispetto del legame di sangue con l'Italia e la necessità di riformare con urgenza, pur in mancanza di un vero dibattito parlamentare nell'auspicio che per il futuro non si ricorra ai decreti-legge per regolare materie così complesse; e Roberto Menia (FdI), che ha richiamato la visione "sacrale" dell'italianità: non solo sangue o suolo, ma spirito, identità e doveri, denunciando il business delle cittadinanze facili.

Hanno dichiarato voto contrario i senatori Lombardo (Azione), che ha accusato il Governo di incoerenza: dice di valorizzare gli italiani all'estero, ma toglie loro il diritto alla cittadinanza iure sanguinis, anche retroattivamente; Spagnolli (Aut), che ha proposto lo ius culturae come cittadinanza inclusiva: il decreto manca di visione e metodo, serve una riforma sistemica e non un provvedimento d'urgenza che spacca persino la maggioranza; Dafne Musolino (IV), che ha contestato l'introduzione di un balzello da 250 euro sulle domande e l'assenza di un disegno riformatore inclusivo, invocando un'evoluzione normativa verso ius soli e ius scholae.

In dissenso dal suo gruppo ha votato contro Mario Borghese (Maie), che ha contestato la logica emergenziale usata per giustificare la norma, che colpisce anche chi ha diritto legittimo alla cittadinanza, chiedendo una riforma organica e inclusiva. Contrario anche Magni (Misto-AVS), che ha denunciato l'assenza di visione storica sull'emigrazione italiana e richiamato la necessità di riconoscere la cittadinanza come diritto, non come concessione, ribadendo l'importanza dell'inclusione in una società ormai multietnica.

Cataldi (M5S) ha richiamato la ricchezza storica e culturale delle comunità italiane all'estero, che vanno valorizzate e non trattate come un problema amministrativo; mentre Parrini (Pd) ha definito il decreto frutto di malafede politica: il Governo ha adottato un modo di legiferare ritorsivo, colpendo categorie scomode come gli italiani residenti all'estero, accusandoli ingiustamente di speculazione, trascurando legami che meritano rispetto e non provvedimenti frettolosi.

Il testo passa ora alla Camera per la seconda lettura. (aise/dip 15) 

 

 

 

 

 

I figli degli italiani nati all’estero? Non più automaticamente italiani

 

Angela Schirò, già deputata del Partito Democratico nella scorsa legislatura, commenta la riforma della cittadinanza approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 20 maggio 2025.

"Se ci pensiamo bene, la nuova riforma della cittadinanza italiana sembra pensata per non fare rumore. È tecnica, sobria, poco raccontata. Eppure, i suoi effetti saranno profondi e duraturi. Non tanto per ciò che cambia oggi, quanto per ciò che costruisce (o distrugge) domani. 

Da un lato, questa legge porterà nel tempo alla graduale estinzione della circoscrizione estero. Il diritto di voto e la rappresentanza politica degli italiani residenti all’estero – già oggi fragili – verranno erosi lentamente, generazione dopo generazione. Perché? Perché i figli dei nostri figli, nati e cresciuti all’estero, non saranno più automaticamente cittadini italiani, anche se educati nella cultura, nella lingua e nei valori italiani. Verranno tagliati fuori. E con loro si spegneranno anche l’influenza e il legame di milioni di italiani all’estero con il proprio Paese d’origine. 

Dall’altro lato, questa legge colpisce in modo subdolo l’idea stessa di Europa come spazio condiviso, in cui la doppia cittadinanza è una possibilità concreta e legittima. Oggi, molti cittadini europei – nati magari da un genitore italiano – vivono, studiano e lavorano in altri Paesi dell’Unione. La nuova normativa, tuttavia, penalizza chi possiede già una cittadinanza straniera: per loro ottenere (o mantenere) quella italiana sarà sempre più difficile, se non impossibile. Come se la doppia appartenenza fosse un tradimento, e non una ricchezza. 

Questa scelta politica non è neutra. Non è “meramente tecnica”. È un atto ideologico. Perché decidere chi è italiano e chi non lo è significa anche decidere chi ha diritto a partecipare, a contare, a esistere nella narrazione collettiva del Paese. E restringere questi criteri equivale a chiudere le porte, non solo agli stranieri che chiedono inclusione (ius soli, ormai completamente abbandonato), ma anche agli italiani che l’Italia l’hanno portata nel mondo.

Saremo sempre meno. E sarà tutto perfettamente legale." 

Angela Schirò, dip 22

 

 

 

 

 

 

Camera. Alla Commissione Affari Costituzionali il dl sulla cittadinanza

 

Roma – Dopo il sì dell’Aula del Senato la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati ha avviato l’esame del disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di cittadinanza 19 marzo 2025, n. 27. Nel suo intervento il relatore Paolo Emilio Russo (FI-PPE) ha rilevato come il decreto-legge, composto dopo le modifiche apportate dal Senato da quattro articoli, introduca disposizioni urgenti in materia di cittadinanza italiana iure sanguinis, nelle more dell’entrata in vigore di una riforma organica della materia. Per il relatore il provvedimento mira a rendere più stringente il principio di effettività del vincolo con l’Italia del richiedente la cittadinanza, limitando l’automatismo dell’acquisto della titolarità del diritto alla cittadinanza per discendenza o adozione. Entrando nel merito del testo Russo ha evidenziato come il comma 1 dell’articolo 1 introduca nella legge 5 febbraio 1992, n. 91 nuove norme in materia di cittadinanza: l’articolo 3-bis che stabilisce una preclusione all’acquisto automatico della cittadinanza per i nati all’estero in possesso di cittadinanza di Stato estero. Tale articolo, in deroga a determinate disposizioni applicabili alla materia, stabilisce che debba considerarsi non aver mai acquistato la cittadinanza italiana colui il quale sia nato all’estero e sia in possesso di altra cittadinanza, anche prima dell’entrata in vigore della disposizione in esame, individuando nel contempo una serie di eccezioni alla suddetta preclusione. In proposito dal relatore è stato segnalato che la norma fa salvi, anzitutto, i casi in cui lo stato di cittadino sia riconosciuto o sia accertato giudizialmente in seguito, rispettivamente, a domanda o a domanda giudiziale (presentata entro le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025). È fatto salvo altresì, a seguito di una modifica introdotta dal Senato, il caso di domanda presentata (all’ufficio consolare o al sindaco) in tempo successivo, purché dietro appuntamento di cui sia stata data comunicazione all’interessato entro il medesimo termine sopra indicato. Si applica in tal caso la normativa vigente al 27 marzo 2025. Ulteriori eccezioni alla preclusione sono rappresentate dal caso in cui un ascendente di primo o di secondo grado possieda (o possedesse al momento della morte) “esclusivamente” la cittadinanza italiana o dal caso in cui uno dei genitori o degli adottanti sia stato residente in Italia per almeno due anni continuativi dopo l’acquisto della cittadinanza italiana e prima della data di nascita o di adozione del figlio .

Il relatore ha poi spiegato come nel corso dell’esame da parte del Senato sia stato introdotto il nuovo comma 1-bis, che interviene sull’articolo 4 della richiamata legge n. 91 del 1992, inserendovi i commi 1-bis e 1-ter. Nel dettaglio, il comma 1-bis prevede che il minore straniero o apolide, discendente da padre o madre cittadini italiani per nascita, divenga cittadino italiano qualora i genitori medesimi ovvero il tutore, dichiarino la volontà di acquisto di tale status, purché, successivamente a tale dichiarazione, il minore risieda legalmente e continuativamente per almeno due anni in Italia, ovvero, in alternativa, tale dichiarazione di volontà sia presentata entro un anno dalla nascita del minore o dalla successiva data in cui sia stabilita la filiazione con un cittadino italiano, anche per adozione.  Il nuovo comma 1-ter dell’articolo 4 della legge n. 91 del 1992 prevede che il minore straniero o apolide divenuto cittadino italiano ai sensi del precedente comma 1-bis, il quale sia in possesso della cittadinanza di altro Stato, possa rinunciare alla cittadinanza italiana, una volta raggiunta la maggiore età. Evidenziato inoltre da Russo come da Senato sia stato aggiunto all’articolo 1 anche il comma 1-ter, al fine di prevedere, per i minorenni alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, figli di soggetti riconosciuti cittadini ai sensi delle lettere a), a-bis) e b) del comma 1 dell’articolo 3-bis della legge n. 91 del 1992, che la dichiarazione di volontà sia presentata entro le 23:59, ora di Roma, del 31 maggio 2026.  Sempre nel corso dell’esame presso il Senato all’articolo 1 è stato aggiunto anche il comma 1-quater che prescrive il requisito della residenza continuativa biennale in Italia per l’acquisto della cittadinanza da parte di figli minori di genitore che acquisti o riacquisti la cittadinanza italiana, se conviventi. Segnalato inoltre dal relatore da parte del Senato sia stato introdotto l’articolo 1-bis, il cui comma 1 modifica l’articolo 27 del testo unico dell’immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), aggiungendovi il comma 1-octies che consente l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato, al di fuori delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro, per lo straniero residente all’estero, discendente di cittadino italiano e in possesso della cittadinanza di uno Stato di destinazione di rilevanti flussi di emigrazione italiana. La determinazione di tali Stati di destinazione è rimessa ad un decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell’interno e del lavoro e delle politiche sociali. Il comma 2 dell’articolo 1-bis novella invece l’articolo 9 della richiamata legge n. 91 del 1992, in materia di concessione della cittadinanza, che è modalità di acquisto distinta dal riconoscimento del diritto alla cittadinanza. In proposito dal relatore è stato ricordato che tale articolo 9 enumera una serie di casi in cui la cittadinanza può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica (sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno). La modifica in esame interviene sul caso dello straniero il cui genitore o ascendente in linea retta di secondo grado sia o sia stato cittadino per nascita, riducendo a due anni (da tre anni) il periodo di legale residenza in Italia, prescritto per la concessione della cittadinanza. È invece mantenuto il requisito dei tre anni di legale residenza in Italia per la eventuale concessione della cittadinanza allo straniero nato nel territorio della Repubblica. L’articolo 1-ter, anch’esso introdotto dal Senato, intervenendo sulla legge n. 91 del 1992, prevede che chi sia nato in Italia o vi sia stato residente per almeno due anni continuativi, ed abbia perduto la cittadinanza in applicazione di alcune disposizioni della legge n. 555 del 1912, la riacquisti se effettui una dichiarazione in tal senso, tra il 1° luglio 2025 e il 31 dicembre 2027. Al contempo, il contributo per il riacquisto della cittadinanza sopra ricordato (pari a 250 euro, come nella disciplina vigente) è annoverato tra i diritti da riscuotersi dagli uffici consolari. L’esame del provvedimento in Commissione, che è già stato calendarizzato nell’Aula della Camera per il 20 maggio, proseguirà in Commissione nella giornata di lunedì 19 maggio. (Inform/dip 18)

 

 

 

 

 

 

XVI Congresso dell’Unione dei Consoli Onorari d’Italia nel Mondo

 

ROMA - Francesca La Marca, senatrice Pd eletta all’estero, venerdì scorso ha partecipato, presso il Circolo degli Esteri di Roma, alla XLV Assemblea dell’Unione dei Consoli Onorari in Italia (UCOI) e al XVI Congresso dell’Unione dei Consoli Onorari d’Italia nel Mondo (UCOIM), due importanti appuntamenti di confronto annuali dedicati al ruolo e alle prospettive della rete consolare onoraria.

L’iniziativa, che ha visto la partecipazione di numerose autorità istituzionali e diplomatiche, ha rappresentato un momento di confronto sull’importanza della diplomazia consolare onoraria, sia per l’Italia all’estero, sia per i numerosi consoli stranieri presenti nel nostro Paese che svolgono una preziosa funzione di collegamento tra le comunità e le istituzioni. Nel corso della conferenza, la senatrice ha ricevuto una medaglia in riconoscimento dell’impegno e dell’attenzione che da sempre pone nei confronti della comunità dei consoli onorari nel mondo, un attestato di profonda stima che l’associazione riconosce a chi si contraddistingue nella promozione del ruolo e delle prerogative dei consoli onorari.

Nel suo saluto, La Marca ha ringraziato i due Presidenti per il riconoscimento e ha illustrato i contenuti del disegno di legge da lei recentemente presentato volto a riformare e aggiornare la normativa sui consoli onorari, ormai ferma al 1967. Un’iniziativa normativa che intende rafforzare l’efficienza, la trasparenza e la meritocrazia del sistema, riportando a livello legislativo i principi fondamentali in materia di nomina, funzioni, valutazione e supporto operativo ai consoli onorari, figure centrali nei territori in cui la rete consolare di carriera è carente.

“Sostenere e riformare la rete dei Consoli onorari significa rafforzare l’Italia nel mondo”, ha dichiarato La Marca. “Il disegno di legge a mia prima firma vuole rispondere a un’esigenza concreta: dotare il sistema consolare onorario, il nostro primo biglietto da visita nel mondo, di una cornice normativa stabile, moderna e adeguata alle nuove sfide poste dalla mobilità globale e dalla crescente domanda di servizi da parte delle nostre comunità all’estero”.

“In ogni legge di bilancio – ha ricordato la senatrice – da quando svolgo il ruolo di parlamentare, ho presentato almeno un emendamento a beneficio dei consoli onorari e alcuni anni fa sono riuscita a far triplicare il capitolo a loro dedicato nei fondi del Ministero degli Esteri destinati alla rappresentanza diplomatico-consolare nel mondo”.

Auspicando il sostegno della rete dei consoli onorari sul provvedimento, La Marca ha infine ribadito il proprio impegno a valorizzare, anche in sede parlamentare, il lavoro svolto quotidianamente dai consoli onorari al servizio dei cittadini italiani nel mondo e ha espresso l’auspicio che si possa avviare al più presto un confronto costruttivo in Commissione per esaminare la proposta legislativa. (aise/dip 19) 

 

 

 

 

I genitori italiani…non trasmettono più la cittadinanza?

 

Passano tutti col rosso?  Eliminiamo i semafori!

La cittadinanza a tutti e ai nostri nipoti no?  

La nuova legge sulla cittadinanza comincia così: L’articolo 1, comma 1, stabilisce che i nati all’estero, in possesso di un’altra cittadinanza, non acquisiscano automaticamente quella italiana. Questa preclusione si applica anche a coloro che sono nati all’estero prima dell’entrata in vigore della disposizione.

Da qui scaturiscono varie domande che ci riguardano da vicino. Quel “ci” si riferisce a noi italiani figli e nipoti di emigrati negli anni Cinquanta e Sessanta verso la Germania, Francia, Belgio e altri bacini industriali.

Cosa significa questo articolo 1 comma1?

Significa forse che un bambino nato in Francia, dove vige lo “Jus Soli”, ed è pertanto francese dalla nascita, perde il diritto alla cittadinanza italiana dei genitori?

Significa forse che un figlio di italiani nato in Germania perde la cittadinanza giacché è tedesco dalla nascita se i genitori sono qui residenti da più di otto anni?

Mamma e papà italiani e bambini di altre nazionalità?

Il primo e secondo fratello italiani e il terzo appena nato solo tedesco?

Cosa accade se qualcuno non ha chiesto la registrazione del proprio figlio prima dell’entrata in vigore di questa legge, giacché recita all’art.1: “Questa preclusione si applica anche a coloro che sono nati all’estero prima dell’entrata in vigore della disposizione”?

E, peggio ancora, cosa succede se il comune tedesco ha inviato al consolato il certificato di nascita di un neonato italiano e il consolato lo ha semplicemente dimenticato in un cassetto, tralasciandone la trascrizione al comune italiano?

Comunque sia, la sensazione che aleggia nelle comunità italiane all’estero è univoca: arrivederci e grazie alla “cara e amata madrepatria”, quella del nodo alla gola quando senti l’Inno nazionale, quella di “Dagli Appennini alle Ande” per dirla in stile deamicisiano e con parole di altri tempi.

Negli Stati Uniti, la nuova legge ha scosso profondamente gli italoamericani. Il Financial Times titola: «Meloni fa arrabbiare gli italoamericani con le regole più severe sulla cittadinanza.»

Nel frattempo, gli italiani all’estero osservano come in Italia sia sempre più agevolato l’acquisto della cittadinanza italiana da parte degli immigrati.

Da qui scaturisce una pericolosissima domanda con il rischio di nuove spaccature in una società già disarmonizzata dai nostri governanti: cornuti e bastonati? La cittadinanza a loro sì e ai nostri nipoti no?  

Ma la domanda delle domande è un’altra: da cosa derivano tutta questa necessità e quest’urgenza da parte dei nostri governanti di mettere mano a una legge che scuote nel profondo l’emigrazione italiana?

Dal sito ufficiale della Camera dei deputati si apprende che: “La normativa attuale sulla cittadinanza è disciplinata dalla legge n. 91 del 1992, che si basa primariamente sul principio dello ius sanguinis (trasmissione della cittadinanza per discendenza). Il nuovo decreto non modifica questo principio fondamentale, ma, come riportato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione mira a temperarlo collegandolo alla sussistenza di vincoli effettivi e attuali con la comunità nazionale”.

Hai capito? Questi hanno voluto “temperare” (meglio dire annacquare) il principio della vecchia legge e lo hanno voluto collegare ai “vincoli effettivi e attuali” con la comunità nazionale.

Eh già! Perché negli ultimi vent’anni i vari governi italiani hanno fatto veramente di tutto per stringere questi nostri vincoli di emigrati con la “comunità nazionale”.

Ci hanno chiuso in faccia, per esempio, le porte dei consolati, sopprimendoli in massa e dove oggi, per ottenere un servizio, ti devi mettere in fila telematica per mesi e mesi.

Poi ci hanno imposto di pagare la tassa sulla prima casa, anche se vuota, mentre tutti gli altri, quelli della “comunità nazionale” ne sono felicemente esonerati.

E l’AIRE, l’anagrafe degli italiani all’estero? Grande invenzione l’A.I.R.E., grazie alla quale sei subito cancellato dal servizio sanitario nazionale e guai a te se non ti iscrivi, se no ti arriva pure la multa.

Nel frattempo, hanno pure ridotto all’osso l’insegnamento della lingua e della cultura italiana ai figli degli emigrati poiché soldi sprecati per gente che forse in Italia non metterà mai piede. 

Però hanno fatto tanto per il “Turismo alle radici”, riconoscendo l’esistenza di radici, anche se solamente utili a far lasciare qualche migliaio di dollari in qualche albergo italiano al classico italoamericano nostalgico?     

Sembra proprio che il taglio del cordone ombelicale tra gente che ha dovuto lasciare l’Italia e l’Italia stessa non sia cosa nuova e che questa nuova legge ne sia solo una logica, se pur cinica, conseguenza.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha tentato qualche spiegazione, dichiarando che la nuova legge è anche necessaria per porre fine all’ondata di latinoamericani che ottengono passaporti italiani non per emigrare in Italia, ma per viaggiare più facilmente negli Stati Uniti e in Europa.

Il ministro è preoccupato per gli interessi degli Stati Uniti e di altri Paesi europei vittime di questo tsunami di italiani posticci.

Ministro altruista il nostro e anche generoso che aggiunge: «La concessione della cittadinanza è una questione seria» e poi «Non deve essere uno strumento per andare in viaggio a Miami o in altri luoghi con un passaporto europeo».

La cittadinanza una questione seria? Ma guarda un po’! Credevamo fosse una barzelletta.

Troppi italiani taroccati a Miami? Giusto! Era proprio ora che il nostro Governo si occupasse del sovraffollamento del comune di Miami invaso da pseudo italiani con la faccia latino-americana e il sigaro cubano in bocca stile Al Pacino-Scarface…

Ma il nostro Governo, oltre a preoccuparsi della sicurezza urbana di Miami, farà anche qualche considerazione sul concetto della famiglia considerata “unità giuridica” con eguali diritti e doveri verso lo stesso Stato?  

Questa legge è veramente costituzionale al momento in cui infrange questa unità di diritto (e di doveri) verso la stessa Costituzione all’interno di una famiglia?

La doppia cittadinanza consente il giuramento di fedeltà verso due stati.

Questa nuova legge Made in Italy mette invece genitori contro i figli, ora costretti a essere fedeli a due differenti ordinamenti statali.

Ma, sicuramente, riusciranno anche a “temperare” il concetto di unità di diritto, di cultura, di storia, di radici e di interessi in seno alla famiglia.

Del resto, hanno già dimostrato che per loro tutto è “temperabile”, addirittura il concetto civile e democratico di “antifascismo”.

E allora temperate, temperate pure come un politico che gli italiani all’estero (quelli autentici, fasulli e quelli senza vincoli con la comunità nazionale) hanno mandato in Senato, certo Marco Lisei di Fratelli d’Italia, il quale ha dichiarato al Financial Times: «La destra conservatrice ha sempre considerato gli italiani all’estero i migliori ambasciatori dell’Italia… una risorsa straordinaria. Ma poi è emerso un vero e proprio traffico di cittadinanze, che ha costretto il governo a intervenire».

Bravo Senatore Lisei! Vero e proprio traffico di cittadini e tutti passano col rosso. E allora: eliminiamo i semafori! CdI on 26

 

 

 

 

Il 14 giugno a Sulmona il premio nazionale Pratola

 

Sulmona (L’Aquila) - Una kermesse, uno spettacolo organizzato dall'Associazione Culturale "Futile Utile" magistralmente diretta con passione e competenza dai giornalisti ENNIO e PIERPAOLO BELLUCCI, che nonostante la scarsa disponibilità di mezzi economici a disposizione si conferma come una delle più importanti e significative manifestazioni dell'intero Abruzzo e non solo. Questa XVI edizione dedicata alla memoria dell'Artista aquilano MARCELLO MARIANI, un autentico Maestro, una delle figure più rappresentative del movimento pittorico informale, avrà come madrina d'eccezione la bravissima Inviata del TG1-Rai STEFANIA BATTISTINI, sempre puntuale ed obiettiva con i suoi reportage dai maggiori teatri di guerra del mondo.

Testimonial sarà il prof. HAFEZ HAIDAR, eminente figura di poeta-scrittore, più volte candidato al Premio Nobel per la Pace e la Letteratura. Mentre lo spazio dedicato alla poesia sarà affidato al noto attore-doppiatore di cinema, teatro e televisione EDOARDO SIRAVO, una delle "voci" più coinvolgenti ed apprezzate del panorama italiano. La manifestazione si svolgerà, per la prima volta, all'interno dell'Abbazia di SANTO SPIRITO AL MORRONE, luogo celestiniano per eccellenza, un posto di struggente, incomparabile bellezza e spiritualità, testimonianza di un'arte altissima e di fede profonda.

Prestigioso e rappresentativo di varie realtà internazionali, nazionali e regionali il “parterre" dei Premiati nelle diverse sezioni in cui si articola il Premio: Letteratura, Cultura, Medicina e Ricerca Scientifica, Giornalismo, Solidarietà, Televisione, Poesia. In buona sostanza, una manifestazione tutta da seguire in presenza e anche attraverso la diretta TV per Abruzzo e Molise di Rete 8, integrata dalle riprese della squadra di Massimo Scafati per il sito di APK, affidata alla brillante presentazione del giornalista di Rete 8 ENRICO GIANCARLI e che sarà caratterizzata anche dagli interventi e dalle sottolineature musicali del Soprano dalla voce inconfondibile CHIARA TARQUINI, dal bravo chitarrista EUGENIO CARONNA e dagli estrosi e creativi MASSIMO DOMENICANO al pianoforte e GIANNI FERRERI alla tromba. Questo l'elenco completo di coloro che riceveranno i "Premi Speciali":

MAURIZIO DE GIOVANNI - Letteratura e Cultura

ANDREA LO CICERO - Sport e Spettacolo

LUCA TELESE - Giornalismo e Tv

AURORA RUFFINO - Letteratura e Cinema

ALESSANDRO ANTINELLI - Giornalismo Sportivo

ANTONIO DEL GIUDICE - Giornalismo e Cultura

GIOVANNI D'ALESSANDRO - Letteratura e Cultura

DANIELA D'ALIMONTE - Cultura e Poesia

ASJA VARANI - Sport

CHARLES L.CASTIGLIONE - Medicina e Ricerca Scientifica

RICCARDO LETTERIO - Economia e Lavoro

LUCA ZAVARELLA - Economia e Lavoro

MARCELLO D'ANDREA - Medicina e Ricerca Scientifica

SANTE VENTRESCA - Solidarietà e impegno civile

E veniamo al nutrito elenco delle personalità che riceveranno l'ambito riconoscimento partendo da MAURIZIO DE GIOVANNI, affermato SCRITTORE, sceneggiatore, drammaturgo e autore televisivo. Suoi i romanzi "Il Commissario Ricciardi", ”I bastarti di Pizzofalcone", "Mina Settembre" da cui sono state tratte serie televisive di successo interpretate da Lino Guanciale, Alessandro Gassman, Serena Rossi. L'ultima sua pubblicazione da poco in libreria è "L'antico amore".

ANDREA LO CICERO VAINA detto "Barone" per via delle ascendenze nobiliari della sua famiglia. Già RUGBISTA pilone sinistro con 103 presenze nella Nazionale italiana e ben 4 edizioni della Coppa del Mondo. Attualmente CHEF molto apprezzato, conduttore tv Gambero rosso, Ambasciatore UNICEF.

LUCA TELESE, noto e affermato GIORNALISTA, Direttore del quotidiano dell'Abruzzo “IL CENTRO". Saggista, è autore e conduttore televisivo.

ALESSANDRO ANTINELLI, GIORNALISTA e telecronista sportivo tra i più conosciuti ed apprezzati, Caporedattore centrale di RAI-SPORT.

AURORA RUFFINO, giovane ma già affermata ATTRICE e SCRITTRICE, in testa alle classifiche letterarie con il suo libro "Volevo salvare i colori".

ASJA VARANI, pescarese, CAMPIONESSA Europea e Mondiale, orgoglio d'Abruzzo, vera regina del Pattinaggio corsa.

ANTONIO DEL GIUDICE, per anni ha diretto il quotidiano "Il Centro", GIORNAIISTA e SCRITTORE sensibile e straordinario uomo di cultura.

Una proiezione internazionale con CHARLES L. CASTIGLIONE, americano legato all'Abruzzo, MEDICO CHIRURGO, per il suo elevato contributo alla chirurgia plastica ricostruttiva ed il suo impegno nella ricerca. Ma anche, soprattutto, per il suo lato umano, il suo sostegno ai più deboli, prestando servizio gratuito in Ecuador per aiutare chi ne ha più bisogno.

Non mancano Riconoscimenti a diversi autorevoli Rappresentanti dell'ABRUZZO che vale, che portano in alto il nome della nostra regione con il loro lavoro, la loro intelligenza, la loro competenza nei rispettivi campi di azione.

GIOVANNI D'ALESSANDRO, uomo di grande cultura, SCRITTORE più che affermato e celebrato, tornato recentemente in libreria, dopo qualche anno di assenza, con il suo nuovo romanzo "Lo sperduto", una storia d'amore a cerchi concentrici, edito da Città Nuova.

DANIELA D'ALIMONTE, POETESSA, dialettologa, Ricercatrice e profonda conoscitrice degli usi e dei costumi abruzzesi, come nella migliore tradizione deniniana.

RICCARDO LETTERIO, nato a Rocca Pia, giovane e brillante INGEGNERE che lavora per la Dumarey Group, Azienda leader nella mobilità sostenibile, specializzata in sistemi di propulsione, trasmissioni e soluzioni energetiche avanzate, con particolare attenzione sulle tecnologie a idrogeno ed elettriche. È Business Assistant al CEO, ruolo strategico di supporto all'Amministratore delegato dell'entità italiana.

MARCELLO D'ANDREA, pratolano di origine, NEUROCHIRURGO altamente qualificato, specializzato in Neurochirurgia vascolare, vero punto di riferimento per soluzioni chirurgiche avanzate. Responsabile della struttura semplice Neurochirurgica presso l'ospedale "M.Bufalini" dell'Ausl della Romagna, dove è anche vice direttore dell'Unità complessa.

LUCA ZAVARELLA, di Pratola Peligna, INGEGNERE, che, per iCubed, lavora come responsabile dell'area Data e Al, coordinando i team che si occupano di dati e intelligenza artificiale, favorendo collaborazione, scambio di competenze e sviluppo di soluzioni alternative.

SANTE VENTRESCA, docente e SCULTORE, oltre mezzo secolo amorevolmente dedicato alle persone con disabilità. Con coraggio, encomiabile costanza, grandi sacrifici e caparbietà è riuscito a creare la residenza per il "Dopo di Noi"-Villa Gioia e il Centro Diurno di Torrone, strutture fondamentali per la vasta area peligna.

Alle Personalità insignite saranno consegnati in omaggio i disegni caricaturali realizzati dall’artista Franco Pasqualone. Appuntamento, dunque, al pomeriggio di sabato 14 giugno presso l’incantevole Abbazia di Santo Spirito al Morrone o alla diretta televisiva di RETE 8.

Goffredo Palmerini, Dip 20

 

 

 

 

 

 

Camera. Parere favorevole della Commissione Esteri al DL sulla cittadinanza

 

ROMA – La Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati ha espresso parere favorevole alla Commissione Affari Costituzionali, sul disegno di legge C. 2402, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di cittadinanza. “Preso atto – si legge nel parere – che l’articolo 1, comma 1, introduce nella disciplina vigente limitazioni al riconoscimento della cittadinanza per coloro che siano nati all’estero, disponendo che debba essere considerato non aver mai acquistato la cittadinanza italiana colui il quale sia nato all’estero e, al contempo, sia in possesso della cittadinanza di un altro Stato, e prevedendo, nel contempo una serie di limitate eccezioni; evidenziato che il comma 1-quater delimita l’acquisto della cittadinanza italiana ai figli conviventi di chi acquisti o riacquisti la cittadinanza italiana al caso che, alla data di acquisto o riacquisto genitoriale, quei minori risiedano in Italia legalmente da almeno due anni continuativi – o dalla nascita, se di età inferiore ai due anni; preso atto che l’articolo 1-bis, al comma 1 consente l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato, al di fuori delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro, per lo straniero residente all’estero, discendente di cittadino italiano e in possesso della cittadinanza di uno Stato di destinazione di rilevanti flussi di emigrazione italiana; rilevato che il comma 2 del medesimo articolo 1 interviene su taluni profili della prova relativa alle controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana; in particolare, prevede che non siano ammessi, quali mezzi di prova, il giuramento e la prova testimoniale e che colui il quale chieda l’accertamento dello stato di cittadino sia tenuto ad allegare e a provare l’insussistenza delle cause di mancato acquisto o di perdita della cittadinanza previste dalla legge. La Commissione – conclude il testo – esprime parere favorevole”  Nel corso del dibattito in III Commissione il relatore Andrea Di Giuseppe (FdI- ripartizione America Settentrionale e Centrale) ha ricordato come le disposizioni vigenti in Italia in materia di cittadinanza accordino alle persone nate all’estero la facoltà di chiedere il riconoscimento della cittadinanza senza alcun limite temporale o generazionale, né oneri finalizzati a dimostrare la sussistenza o il mantenimento di vincoli effettivi con la Repubblica. Per il relatore questo assetto ha determinato, in particolare negli ultimi anni, la crescita esponenziale della platea di potenziali cittadini italiani che risiedono al di fuori del territorio nazionale e che, anche in ragione del possesso di una o più cittadinanze diverse da quella italiana, sono prevalentemente legati ad altri Stati da vincoli profondi di cultura, identità e fedeltà. Venendo al merito del provvedimento il relatore ha evidenziato come l’articolo 1, comma 1, introduca nella legge vigente sulla cittadinanza (legge n. 91 del 1992) una nuova norma che stabilisce limitazioni al riconoscimento della cittadinanza per coloro che siano nati all’estero. In particolare, stabilisce una preclusione all’acquisto automatico della cittadinanza per i nati all’estero in possesso di cittadinanza di uno Stato estero.  Al contempo, la disposizione individua, alle lettere da a) a d), una serie di eccezioni alla disciplina introdotta, tra loro alternative. È dunque sufficiente che ricorra una sola di esse affinché la cittadinanza si trasmetta automaticamente anche a chi sia nato all’estero e sia in possesso di altra cittadinanza. In proposito Di Giuseppe ha fatto presente che la lettera a) fa salvo il caso in cui lo stato di cittadino del soggetto interessato sia riconosciuto, a seguito di domanda, corredata della necessaria documentazione, presentata all’ufficio consolare o al sindaco competenti entro le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025, nel rispetto della normativa applicabile alla medesima data. Rilevato inoltre come la lettera a-bis), introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, faccia salvo altresì il caso in cui entro il termine sopra ricordato – le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025 – l’interessato abbia ricevuto comunicazione di appuntamento presso l’ufficio competente, per la presentazione della domanda di acquisto della cittadinanza. Osservato poi dal relatore come la lettera b) faccia salvo il caso in cui lo stato di cittadino del soggetto interessato sia accertato giudizialmente, a seguito di domanda giudiziale presentata non oltre le 23:59, ora di Roma, del 27 marzo 2025, nel rispetto della normativa applicabile alla medesima data. Sottolineato inoltre che le lettere c) e d) prevedono eccezioni riferite ai genitori (ascendenti di primo grado) e agli adottanti, nonché ai nonni (ascendenti di secondo grado). In particolare, per attivare l’eccezione (rispetto alla preclusione dell’acquisto della cittadinanza) la lettera c) dispone che genitori o nonni devono possedere (o dovevano possedere al momento della morte, avendosi qui riguardo al caso di loro premorienza rispetto alla nascita del figlio o nipote) “esclusivamente” la cittadinanza italiana; pertanto, in caso di doppia cittadinanza dell’ascendente di primo e secondo grado, l’eccezione non si applica. Segnalato inoltre da Di Giuseppe come la lettera d) introduca un’ulteriore eccezione nel caso in cui uno dei genitori o degli adottanti sia stato residente in Italia per almeno due anni continuativi prima della data di nascita o di adozione del figlio. In base alla specificazione introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, la residenza continuativa almeno biennale in Italia deve essersi realizzata successivamente all’acquisto della cittadinanza italiana. Rilevata poi dal relatore come la tipizzazione di eccezioni alla preclusione miri, come evidenziato dalla relazione illustrativa che correda il disegno di legge, a connettere la trasmissione della cittadinanza alla sussistenza di un legame effettivo con l’Italia, sia in capo agli ascendenti cittadini sia al discendente al quale è trasmessa la cittadinanza. Senza modificare il principio di fondo della trasmissione della cittadinanza, che resta £saldamente ancorato allo jus sanguinis, quale elemento costitutivo della comunità nazionale”, si mira a coniugare tale principio con la sussistenza di vincoli effettivi ed attuali con la comunità nazionale, sicch锫solo in presenza di tali vincoli oggettivi, perduranti nel tempo ed espressione di un legame formale e sostanziale con la Repubblica, potrà essere garantito l’accesso al complesso indissolubile di diritti e di doveri propri dei cittadini che formano il popolo cui l’articolo 1 della Costituzione attribuisce la sovranità”. Evidenziato poi da Di Giuseppe come il comma 1-bis del medesimo articolo 1, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, disponga che il minore straniero o apolide, discendente da padre o madre che abbiano acquistato la cittadinanza italiana per nascita, divenga cittadino italiano al ricorrere di due condizioni. Anzitutto, è necessario che i genitori medesimi ovvero il tutore, dichiarino la volontà di acquisto dello status di cittadino da parte del minore. La disposizione richiede poi il soddisfacimento di almeno uno dei seguenti requisiti alternativi: successivamente alla suddetta dichiarazione di volontà, il minore risieda legalmente e continuativamente per almeno due anni in Italia; la dichiarazione di volontà sia presentata entro un anno dalla nascita del minore, o altrimenti decorrente dalla successiva data in cui sia costituito il rapporto di filiazione con un cittadino italiano, anche in seguito ad adozione. Rilevato inoltre dal relatore che il minore straniero o apolide che sia divenuto cittadino italiano ai sensi del comma 1-bis, ha la facoltà, a decorrere dal raggiungimento della maggiore età, di rinunciare alla cittadinanza italiana, qualora sia in possesso della cittadinanza di altro Stato. Inn proposito il comma 1-ter prevede una deroga al regime appena descritto, con esclusivo riferimento allo straniero o all’apolide il quale: sia minorenne alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge; e, al contempo, sia figlio di genitori i quali, pur essendo nati all’estero e in possesso di altra cittadinanza, abbiano acquistato la cittadinanza italiana per nascita. Per tale categoria di minori, la sopra citata dichiarazione di volontà può essere presentata entro le 23:59, ora di Roma, del 31 maggio 2026. Di Giuseppe ha poi osservato come il comma 1-quater delimiti l’acquisto della cittadinanza italiana ai figli conviventi di chi acquisti o riacquisti la cittadinanza italiana, al caso che alla data di acquisto o riacquisto genitoriale, quei minori risiedano in Italia legalmente da almeno due anni continuativi – o dalla nascita, se di età inferiore ai due anni. Sottolineato anche come il comma 2 del medesimo articolo 1 intervenga su taluni profili della disciplina della prova relativa alle controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana, stabilendo, in primo luogo, che nelle suddette controversie non siano ammessi il giuramento e la prova testimoniale, e in secondo luogo, che nelle medesime controversie l’onere di provare l’insussistenza delle cause di mancato acquisto o di perdita della cittadinanza previste dalla legge ricada su colui il quale chiede l’accertamento della cittadinanza. Segnalato anche l’articolo 1-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, che al comma 1 consente l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato, al di fuori delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro, per lo straniero residente all’estero, discendente di cittadino italiano e in possesso della cittadinanza di uno Stato di destinazione di rilevanti flussi di emigrazione italiana. La determinazione di tali Stati di destinazione è rimessa ad un decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro degli interni e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Evidenziato poi dal relatore come l’articolo 1-bis, comma 2 riduca da tre a due anni il periodo di legale residenza in Italia, prescritto per la concessione della cittadinanza allo straniero il cui genitore o ascendente in linea retta di secondo grado sia o sia stato cittadino per nascita. Rilevato anche come l’articolo 1-ter, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, preveda che chi sia nato in Italia o vi sia stato residente per almeno due anni continuativi, ed abbia perduto la cittadinanza italiana – ad esempio, a seguito dell’acquisto della cittadinanza straniera – la riacquisti se effettua una dichiarazione in tal senso tra il 1° luglio 2025 e il 31 dicembre 2027. Precisato infine dal relator che il contributo per il riacquisto della cittadinanza (pari a 250 euro) è annoverato tra i diritti da riscuotersi dagli uffici consolari.

Nel corso del dibattito è intervenuto il deputato Fabio Porta (Pd- ripartizione Europa) che ha preannunciato il voto contrario del proprio Gruppo sulla proposta di parere del relatore, e, in generale sul provvedimento in esame. Porta, dopo aver criticato l’uso del decreto legge per una materia così delicata, ha sottolineato come il provvedimento stravolga il principio dello ius sanguinis e cancelli di fatto, la fattispecie della doppia cittadinanza. Per Porta questo decreto legge, che non coincide con gli annunci della maggioranza di presentazione di un provvedimento recante una riforma organica della cittadinanza, che tenesse conto del ruolo significativo delle nostre comunità di connazionali all’estero, rischia di alimentare il clima di sfiducia nella politica da parte dell’opinione pubblica e di generare numerosi contenziosi che creeranno ulteriori problemi alle amministrazioni. Dopo l’intervento di Dimitri Coin (Lega ) che ha annunciato il voto contrario, a titolo personale, sulla proposta di parere presentata dal relatore, ha preso la parola il deputato Andrea Orsini (FI- PPE) che ha preannunciato il voto favorevole di Forza Italia sia sulla proposta di parere sia, in generale, sul provvedimento. Per  il deputato il decreto legge contribuirà a valorizzare ancor di più il ruolo degli italiani all’estero, eliminando ogni forma di abuso nei procedimenti di concessione della cittadinanza. (Inform/dip 20)

 

 

 

 

 

 

Referendum. FIEI: Votiamo tutti, votiamo sì

 

Roma - “Votiamo tutti. Votiamo SI a tutti i 5 referendum Contrastare gli appelli all’astensione e impegnarsi convintamente perché questa volta ognuno voti liberamente. È questo l’appello della nostra rete associativa. Con responsabilità come cittadini italiani che vivono e lavorano all’estero e che, come gli italiani nella madrepatria, vogliono far valere la loro volontà e determinare i giusti, utili e necessari cambiamenti”. Così Rino Giuliani e Rodolfo Ricci, della Segreteria FIEI, nell’invito rivolto a tutti i connazionali all’estero che in questi giorni stanno ricevendo il plico elettorale per votare ai referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno.

“Con il voto – sottolineano Giuliani e Ricci – possiamo cambiare direttamente disposizioni di legge che non hanno funzionato; riteniamo sia il momento di sostituirle con altre che servono a migliorare la condizione di chi lavora e di chi vuole lavorare. Nei mesi scorsi – ricordano – le associazioni aderenti alla FIEI, i referenti presenti nei paesi di accoglienza hanno svolto una attività d’informazione sul merito dei quesiti referendari”.

“Principali esponenti di governo e alcune alte cariche dello Stato fanno dichiarazioni a sostegno della campagna di astensione”, aggiungo Ricci e Giuliani, secondo cui “questi appelli a far fallire il referendum minano la nostra democrazia segnalando una cultura politica autoritaria che si vorrebbe imporre sugli assetti che ci siamo dati con la nostra Costituzione”.

Gli italiani all’estero, proseguono, “hanno pienamente diritto ad una informazione chiara e completa che ci siamo impegnati a dare in modo da poter decidere in piena autonomia al momento di esprimersi democraticamente con il voto. Dalle istituzioni questa informazione sta arrivando in ritardo, non dappertutto e in modo inadeguato. Ciò avviene anche per responsabilità del governo che invita a non votare, in un clima mediatico e istituzionale ostile. Con la raccolta delle firme nello scorso anno e con l’informazione durante i mesi passati il tema del lavoro tutelato e dignitoso, il contrasto deciso agli incidenti e alle morti sul posto di lavoro, un accesso più rapido alla cittadinanza – motivi sacrosanti ovunque ci si trovi a vivere – sono ritornati al centro nel dibattito pubblico italiano”.

Per Ricci e Giuliani “è molto positivo che questo avvenga anche fra i cittadini italiani nel mondo e tra coloro che stanno subendo in questi mesi un attacco inaccettabile al loro diritto al riacquisto della cittadinanza italiana. Un risultato significativo, da consolidare con questo voto che, all’estero, si svolge tra fine maggio e i primi giorni di giugno”.

L’invito ai connazionali, dunque, è di “non sprecare il voto”: “scrivendo un “sì” su ogni quesito, miglioreranno i rapporti di lavoro, oggi diseguali, fra aziende e lavoratori. Un miglioramento che riguarda chi è in Italia e quanti, oggi residenti all’estero, vogliano ritornare. Come FIEI vi chiediamo di partecipare con il vostro voto al cambiamento di una legislazione che ha peggiorato negli anni le condizioni di lavoro di milioni di persone in Italia e delle centinaia di migliaia di giovani che ogni anno, dal 2010 in poi, per poter dignitosamente lavorare sono dovuti di nuovo emigrare. Se il lavoro è povero, ricattabile e insicuro, è una situazione ingiusta per tutti. Ognuno facendo la sua parte, facendolo insieme, votando, - concludono – può cambiare e cambia la realtà delle cose”.

(aise/dip 21) 

 

 

 

 

 

A Cosenza la 34ª Convention Mondiale delle Camere di Commercio Italiane all’Estero

 

Cosenza - Circa 200 delegati provenienti da 63 paesi. Saranno loro ad animare la 34ª Convention Mondiale delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, che si svolgerà a Cosenza dal 21 al 23 giugno.

L’evento è promosso e ospitato dalla Camera di Commercio della città calabrese in collaborazione con Assocamerestero, Unioncamere e il supporto di Promos Italia.

I 200 delegati rappresenteranno dunque le 86 Camere italiane nel mondo e avvieranno in Calabria dialoghi, confronti, scambi di esperienze e sinergie con il sistema imprenditoriale locale.

La Convention è stata presentata ufficialmente oggi, 22 maggio, presso la sede della Camera di Commercio di Cosenza, alla presenza del Presidente di Assocamerestero, Mario Pozza.

Presente anche il Presidente della Camera di Commercio di Cosenza, Klaus Algieri, che ha spiegato la volontà di accogliere la Convention: “è un atto di visione e responsabilità. Significa credere nel valore della nostra imprenditoria, che merita di affermarsi anche fuori dai confini nazionali. È un’opportunità unica per amplificare il nostro potenziale, rafforzare la cultura dell’export e consolidare la proiezione internazionale della provincia di Cosenza e quindi anche della Calabria”.

“Le 86 Camere di Commercio Italiane all’Estero sono una risorsa strategica per l’internazionalizzazione delle PMI - ha dichiarato il Presidente di Assocamerestero, Mario Pozza – punto di connessione con le comunità d’affari italo-estere. Il loro radicamento nei contesti economici locali permette di supportare le imprese nell’interpretare e governare i continui cambiamenti dello scenario globale. Il raccordo con le Camere di commercio in Italia è centrale per giocare di squadra, offrendo alle PMI informazioni in anteprima sull'evoluzione dei mercati mondiali”. Pozza ha quindi ringraziato la CCIAA di Cosenza e il Presidente Algieri “per aver fortemente voluto questa edizione della Convention Mondiale”. E si è detto anche certo che “sarà foriera di nuove sinergie e opportunità per questo territorio e per le sue imprese”.

Il momento centrale della tre giorni sarà il convegno istituzionale “Destinazione Calabria: investimenti e talenti per lo sviluppo della Calabria all’estero”, in programma lunedì 23 giugno dalle 10 alle 13.30. Parteciperanno rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali, tra cui il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, il Presidente di Assocamerestero, Mario Pozza, il Presidente di Unioncamere, Andrea Prete, insieme al sindaco di Cosenza, Franz Caruso, alla Presidente della Provincia, Rosaria Succurro, e al Presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto.

Saranno previste due tavole rotonde con uno spazio di approfondimento su internazionalizzazione, turismo delle radici, innovazione e sostenibilità, con la partecipazione di delegati dalle CCIE di Stati Uniti, India, Germania, Francia, Argentina e Brasile, accademici calabresi e rappresentanti del mondo imprenditoriale.

Nel pomeriggio dello stesso giorno si svolgeranno gli incontri B2B tra oltre 140 imprese locali e i rappresentanti delle 86 Camere italiane all’estero. L’obiettivo della Convention, dichiarato da Assocamerestero, è “facilitare l’avvio di nuovi progetti di collaborazione e promuovere l’apertura verso nuovi mercati, in un’ottica di crescita strutturata e duratura”. (aise/dip 22) 

 

 

 

 

A Bruxelles la XIX Conferenza dei Ricercatori Italiani nel Mondo

 

Ministro Tajani: Il lavoro di squadra è la chiave del nostro successo e la Conferenza contribuisce a promuovere l’immagine di un’Italia all’avanguardia

BRUXELLES – La  XIX Conferenza dei ricercatori italiani nel mondo è stata aperta a Bruxelles da Gabriele Andreoli, president of Institute Advance Studies and Cooperation , che ha moderato la sessione in cui si sono succeduti gli interventi istituzionali del vicepresidente del Parlamento Europeo Antonella Sberna, del Vice-Rettore dell’Université  Libre de Bruxelles Anne Weyembergh, del Presidente della Texas Scientific Italian Community Andrea Giuffrida, dal coordinatore dell’evento al Parlamento Europeo Antonio Cenini, dell’Ambasciatore d’Italia in Belgio Federica Favi e del Ministro della Salute Orazio Schillaci con un video messaggio.  Per l’occasione sono arrivati i messaggi di saluto del Presidente del Senato Ignazio La Russa, della Camera dei Deputati Fontana, del Ministro degli Esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, del Ministro della Università e Ricerca, del Ministro Anna Maria Bernini, delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.  “Mi unisco molto calorosamente – ha scritto nel suo Messaggio il Ministro degli Esteri Tajani –  a tutti i partecipanti a questa nuova edizione della Conferenza dei Ricercatori italiani nel Mondo. Un’occasione per valorizzare il lavoro dei nostri talenti all’estero e per fare squadra attorno all’obiettivo del progresso scientifico e della crescita.  Sono per questo molto grato agli organizzatori di questo appuntamento, anche per la scelta di tenerlo presso il Parlamento Europeo”. “Per il Governo e per me personalmente – ha continuato il Ministro – il vostro lavoro è fondamentale! Nei centri di ricerca più avanzati del mondo o nei Paesi emergenti, date grande lustro all’Italia e alla qualità del nostro sistema accademico e della ricerca. Un’eccellenza che ha una ricaduta immediata nella capacità dei nostri territori di attrarre investimenti dall’estero da parte delle imprese più innovative, per esempio nel settore farmaceutico dove siamo tra i primi esportatori mondiali.  Penso anche ai molti supercomputer che fanno del nostro Paese il primo in Europa per potenza di calcolo installata e il terzo al mondo e che sono un cruciale motore di innovazione. Tutto questo si traduce in eccezionali risultati per le nostre imprese, che sono ad esempio in prima linea nella corsa allo spazio. Penso alla tecnologia italiana a bordo della sonda lunare Blue Ghost, o alla collaborazione italiana con la NASA nel programma Artemis. L’azione del Governo a favore dell’internazionalizzazione della ricerca e dell’innovazione – ha proseguito Tajani – punta a mettere l’Italia al centro dei flussi della ricerca mondiale, grazie alla presenza di prestigiose organizzazioni scientifiche internazionali e attraendo nel nostro Paese grandi infrastrutture di ricerca internazionale. Su tutte penso all’Einstein Telescope, che vogliamo ospitare in Sardegna e con il quale gli scienziati potranno studiare lo spazio più profondo analizzando le onde gravitazionali.  Mettendo a sistema le capacità più avanzate nel campo della scienza e tecnologia, il nostro Paese dimostra di saper giocare un ruolo da protagonista anche in questi ambiti cruciali. L’obiettivo – scrive infine il Ministro – è mettere la scienza e la tecnologia al servizio della persona, della crescita, dell’occupazione e dello sviluppo.  Questo anche grazie al ruolo delle nostre Ambasciate nella promozione delle eccellenze italiane della ricerca ed a quello dei nostri Addetti Scientifici, che lavorano per una diplomazia scientifica come strumento prezioso di pace e crescita. Il lavoro di squadra è la chiave del nostro successo e la Conferenza dei Ricercatori Italiani nel Mondo contribuisce a promuovere l’immagine di un’Italia all’avanguardia, capace di distinguersi anche alla frontiera del progresso scientifico e tecnologico, dalla fisica alla biologia fino alla ricerca in ambito spaziale. Contate su di me, contate sul Governo! Buon lavoro a tutti!”.

Sono inoltre intervenuti rappresentanti delle associazioni di ricercatori italiani nel mondo: Cristina Bettin (Israele), Ilaria Pagani (Australia), Rossana De Angelis (Francia), Carla Molteni (Regno Unito), Fabio Pinna (Belgio) e Simone Lucatello (Messico), quest’ultimo sottolineando che bisognerebbe avere un rapporto pratico, chiaro, organizzato, e con un segnale di maggior interesse e visione dalle Istituzioni Italiane. Il programma scientifico della Conferenza si è articolato su quattro sezioni tematiche, dedicate rispettivamente all’aerospazio, alla ricerca di base, includendo la  robotica, l’alta tecnologia , ed intelligenza artificiale, alla medicina, ed alle scienze umanistiche. Sono intervenuti scienziati e ricercatori italiani di prestigio internazionale, che svolgono rilevanti ruoli di responsabilità in Istituzioni di ricerca con sedi in Paesi Europei, nel Nord e Sud America,in Cina, in Australia ed in Giappone.

Nella sezione aerospazio, moderata da Stefano Boccaletti, sono intervenuti Adriano Ghedina, Cesare Brava e Claudia Paladini che hanno descritto i fondamentali contributi dei ricercatori italiani nei grandi progetti astronomici e di osservazione dello spazio che caratterizzano la ricerca dell’Agenzia Spaziale Europea e quella della NASA. La sezione successiva è stata moderata da Timoteo Carletti e Simone Napolitano.  I temi trattati sono stati la teoria delle reti complesse (con interventi di Riccardo Muolo, Charo del Genio e Ludovico Minati), i materiali amorfi (attraverso l’intervento di Itamar Procaccia), la bioeconomia circolare, la spettroscopia fotoacustica e le applicazioni dei digital twins (con interventi di Alessandro Parente, David Cannella, Luca Fiorani, Elio Tuci, Simone Lucatello ed Angelo Pinto). A seguire, si è svolta una lunga sezione scientifica, moderata da Andrea Giuffrida e Maddalena Parafati, dedicata alla ricerca medica, durante la quale si sono succeduti gli interventi di Antonio Colaprico, Pietro Coletti, Enkelejda Miho, Eleonora Leucci, Viviana Vella, Antonella Fioravanti, Sara Piccirillo, Casimiro Gerarduzzi.  Le relazioni hanno chiaramente mostrato che il lavoro dei ricercatori italiani all’estero fornisce un contributo di fondamentale importanza in temi chiave per la salute pubblica quali la medicina omica e traslazionale, la neuroinformatica e la moderna ricerca sul cancro. Infine, si è svolta una sezione dedicata alle scienze umanistiche, moderata da Andrea Giuffrida, che ha visto la partecipazione di Michele Vincenti su temi riguardanti l’interazione tra intelligenza artificiale e spiritualità, e la giovane Eugenia Cenini che ha descritto approcci integrati per il benessere e la qualita’ della vista posti in essere in alcune regioni del Brasile. Ha chiuso i lavori l’intervento del fondatore e Chairman della Conferenza, Vincenzo Arcobelli.

“Questa edizione invita a riflettere sulla valorizzazione del capitale umano italiano all’estero e il rafforzamento della ricerca scientifica, priorità strategica per la competitività globale. Azioni chiave sono: più risorse per la ricerca, stabilizzazione dei ricercatori, meritocrazia, sinergie tra università e imprese, modernizzazione infrastrutture, semplificazione amministrativa, uso di Horizon Europe. La fuga di 120.000 ricercatori italiani (15.000 negli USA) ha causato per l’Italia perdite economiche, che negli ultimi tredici anni si traducono in 134 miliardi di euro. Servono politiche coordinate per un ecosistema di ricerca attrattivo. Si nota inoltre, una inversione di tendenza, mentre negli USA si riducono i fondi, l’Italia investe 50 milioni di euro per infrastrutture e rientro talenti. Investire nei giovani e nella scienza è cruciale per un’Europa e un’Italia competitive”. Arcobelli ha infine annunciato, che la ventesima edizione dell’evento si svolgerà in Italia. (Inform/di 26)

 

 

 

 

Cittadinanza: la legge in Gazzetta Ufficiale

 

ROMA - È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 23 maggio scorso la legge 74/2025 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di cittadinanza” approvata in via definitiva dalla Camera la scorsa settimana.

La legge che limita lo ius sanguinis a due generazioni (un genitore o un nonno nato in Italia) per i nati all'estero entrerà in vigore il 24 maggio 2025. Di seguito la sintesi contenuta nel Dossier pubblicato dalla Camera.

CITTADINANZA PER I NATI ALL'ESTERO

L'articolo 1, comma 1, stabilisce che i nati all'estero in possesso di un'altra cittadinanza non acquisiscono automaticamente quella italiana (Non ha mai acquistato la cittadinanza italiana chi è nato all’estero ed è in possesso di altra cittadinanza). Questa preclusione si applica anche a coloro che sono nati all'estero prima dell'entrata in vigore della disposizione.

Previste alcune eccezioni.

Si applica la disciplina previgente:

se lo stato di cittadino è stato riconosciuto o l'interessato ha ricevuto comunicazione di appuntamento per la presentazione della domanda entro il 27 marzo 2025;

se lo stato di cittadino è stato accertato giudizialmente a seguito di domanda giudiziale presentata entro il 27 marzo 2025;

se uno dei genitori o dei nonni possedeva esclusivamente la cittadinanza italiana;

se uno dei genitori o adottanti ha risieduto legalmente e continuativamente in Italia per almeno due anni dopo l'acquisto della cittadinanza italiana e prima della nascita o adozione del figlio.

ACQUISTO DELLA CITTADINANZA DA PARTE DEL MINORE STRANIERO O APOLIDE

L'articolo 1, commi 1-bis e 1-ter introduce nuovi casi di acquisto "per beneficio di legge" e non "per nascita". Si stabilisce che il minore straniero o apolide, discendente da genitori cittadini italiani per nascita, diviene cittadino italiano se i genitori o il tutore dichiarano la volontà di acquisto. Richiede anche che, successivamente a tale dichiarazione, il minore risieda legalmente e continuativamente per almeno due anni in Italia, oppure che la dichiarazione di volontà sia presentata entro un anno dalla nascita o dalla data di riconoscimento/adozione da parte di un cittadino italiano. Il minore che diviene cittadino italiano per volontà dei genitori e che possiede un'altra cittadinanza, può rinunciare alla cittadinanza italiana al raggiungimento della maggiore età.

Il comma 1-quater stabilisce inoltre che il figlio minore di un genitore che acquista la cittadinanza può a sua volta acquisirla solo se risiede legalmente in Italia da almeno due anni continuativi alla data di acquisto della cittadinanza da parte del genitore (o dalla nascita, qualora il minore abbia meno di due anni).

STRANIERI DISCENDENTI DA ITALIANI E INGRESSO PER LAVORO

L'articolo 1-bis, comma 1 prevede che lo straniero residente all'estero, discendente di un cittadino italiano e cittadino di uno stato di storica emigrazione italiana, possa entrare e soggiornare in Italia per lavoro subordinato al di fuori delle quote massime previste dal decreto flussi. L'individuazione di tali Stati è rimessa a un decreto interministeriale.

CONCESSIONE DELLA CITTADINANZA A STRANIERI DISCENDENTI DA ITALIANI

L'articolo 1-bis, comma 2 riduce da tre a due anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per la concessione della cittadinanza allo straniero il cui genitore o nonno sia o sia stato cittadino italiano per nascita.

RIACQUISTO DELLA CITTADINANZA A FAVORE DI EX CITTADINI

L'articolo 1-ter prevede che chi sia nato in Italia o vi abbia risieduto per almeno due anni continuativi, e abbia perduto la cittadinanza in applicazione di specifiche disposizioni della legge n. 555 del 1912 la riacquisti se effettua, tra il 1° luglio 2025 e il 31 dicembre 2027, una dichiarazione in tal senso. (aise/dip 26) 

 

 

 

 

Sardegna: approvato il piano triennale per l’emigrazione

 

Cagliari - La Giunta della Regione Sardegna ha approvato nei giorni scorsi due delibere in tema di immigrazione ed emigrazione: il piano triennale per l’emigrazione 2025/2027 e i due programmi annuali per l’emigrazione e l’immigrazione 2025.

Ad illustrarle è stata Desirè Manca, assessora regionale al Lavoro, che ha spiegato come, con la legge 7/1991, in tema di emigrazione, “intendiamo rispondere in maniera più efficace alle esigenze di mobilità transnazionale e al tempo stesso promuovere e favorire il mantenimento e il rafforzamento del ruolo di riferimento per la promozione della Sardegna e dei suoi valori”.

La legge dispone “la predisposizione di un Piano triennale e di un piano annuale. Nel triennio precedente durante la scorsa legislatura non si è proceduto ad approvare il piano triennale 2023-2025, che oggi, grazie a questa Giunta ha ripreso regolarità con l’approvazione del piano 2025-2027 e del programma annuale 2025, contente la ripartizione delle risorse e due rilevanti novità rispetto al passato: la destinazione delle risorse a vantaggio di una progettualità improntata a criteri di maggiore trasparenza e opportunità di partecipazione e il ripristino delle percentuali di ripartizione delle risorse destinate al funzionamento dei Circoli e alle attività portate avanti dalle comunità sarde fuori dell’isola”.

“Per quanto riguarda il Programma annuale immigrazione 2025 – sottolinea l’assessora del Lavoro - disposto dalla L.R. 46/1990, una delle novità per quest’anno riguarda l’attivazione di un progetto di tirocinio in favore di disoccupati/inoccupati stranieri richiedenti asilo o titolari di protezione internazionale con l’obiettivo di favorire l'acquisizione di competenze pratiche e specifiche”.

Altre due novità annunciate dall’esponente della Giunta riguardano l’organizzazione della Prima Conferenza Regionale dell’Immigrazione, in programma a Olbia il 3 e 4 luglio, e della Convention dei giovani emigrati (o discendenti di emigrati), in programma ad Alghero dal 21 al 24 ottobre.

“Puntiamo a una società più inclusiva e il nostro obiettivo resta quello di ragionare, confrontarci e costruire le linee programmatiche utili a definire e favorire percorsi di inclusione, da trasformare poi in iniziative concrete da parte della Giunta regionale”, ha concluso Manca. (aise/dip 26) 

 

 

 

 

Assegno di inclusione negato agli italiani che rimpatriano

 

ROMA - “Negare l’Assegno di inclusione (e quindi anche il Supporto pe la formazione e il lavoro) ai nostri emigrati che rientrano in Italia – dopo aver cancellato a partire da quest’anno con un colpo di spugna anche l’indennità di disoccupazione che veniva erogata sin dal lontano 1975 - per ragioni legate esclusivamente a requisiti residenziali, non solo è una aberrazione giuridica ma è anche e soprattutto un ulteriore oltraggio e una ingiustizia contro il mondo dell’emigrazione da parte di questo Governo”. Così Fabio Porta, deputato Pd eletto all’estero, che ha presentato una interrogazione in merito al Ministro del Lavoro Calderoni.

Nella premessa, spiega Porta, “ho evidenziato che sono decine di migliaia i lavoratori italiani iscritti all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) i quali rientrano in Italia dopo un periodo di permanenza all’estero e si trovano in una situazione di disoccupazione e di disagio socio-economico. Come è noto dallo scorso anno è stato istituito l’Assegno di inclusione (ADI) come misura nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso la concessione di un assegno economico e l’avviamento di un percorso di inclusione sociale professionale che teoricamente avrebbe potuto rappresentare un iniziale strumento di inserimento socio-economico e poi lavorativo per un numero consistente di nostri connazionali rientrati dall’estero dopo aver perso il posto di lavoro”.

Il parlamentare ha quindi ricordato al Governo che “tuttavia e paradossalmente i nostri connazionali iscritti all’AIRE i quali rientrano definitivamente in Italia non possono usufruire dell’ADI perchè il richiedente (e i suoi familiari) al momento della presentazione della domanda, in base al disposto della legge istitutiva, deve essere residente in Italia da almeno cinque anni di cui gli ultimi due in modo continuativo prima della presentazione della domanda”.

Insomma, secondo Porta, “per limitare la platea degli aventi diritto tra gli extracomunitari, questo Governo penalizza invece soprattutto i nostri emigrati che rimpatriano”.

Con l’interrogazione, il deputato Pd chiede al Ministro “se sia consapevole che né l’Assegno di inclusione né il Supporto per la formazione e il lavoro – i nuovi strumenti post Reddito di cittadinanza - sono accessibili agli italiani che rientrano in quanto i connazionali che rientrano sono ovviamente sprovvisti del requisito di residenza richiesto dalla legge e cioè dei due anni di residenza continuativa in Italia nel periodo immediatamente precedente la presentazione della domanda avendo in questo periodo vissuto all’estero”. A calderone Porta chiede anche di sapere “se non ritenga ingiusto e penalizzante per i nostri connazionali che rimpatriano, e ai quali è stato recentemente abrogato il diritto all’indennità di disoccupazione, precludere l’accesso all’ADI anche e soprattutto in considerazione del fatto che subordinare le prestazioni di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale come prima il Reddito di cittadinanza e ora l’Assegno di inclusione (e il Supporto per la formazione ed il lavoro) a specifici requisiti di residenza viola i principi dei Trattati europei e dei relativi regolamenti”. Infine, conclude Porta, “ho chiesto al Ministro se non ritenga perciò necessario, pena una ennesima procedura di infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea, modificare i requisiti di residenza per l’accesso all’ADI in modo da garantire anche ai nostri connazionali che rimpatriamo e alle loro famiglie il diritto a tale sostegno economico e occupazionale”. (aise/dip 27) 

 

 

 

 

 

Eletti all’estero Pd: niente detrazioni figli a carico dal governo. Italiani all’estero penalizzati

 

ROMA - “L'assegno unico universale, che ha sostituito l'assegno unico familiare e le detrazioni per i figli a carico di età inferiore ai 21 anni, è vincolato alla residenza in Italia. L'abrogazione dei benefici precedenti, dunque, ha penalizzato esclusivamente i contribuenti italiani residenti all'estero, pensionati e soprattutto lavoratori (i cosiddetti “non residenti Schumacher” che producono reddito in Italia per almeno il 75 per cento del loro reddito complessivo)”. Lo scrivono in una nota congiunta i deputati del Pd eletti all’estero, Toni Ricciardi, Fabio Porta e Christian Di Sanzo, commentando la risposta del Ministero dell’Economia e Finanza alla loro interrogazione urgente dove si è evinto che il Governo non ha intenzione di ripristinare le detrazioni per i figli a carico. Ciò rappresenta, secondo loro, “l’ennesimo attacco ai connazionali che vivono all’estero” da parte dell’esecutivo Meloni che “disprezza il diritto Ue”.

“Nonostante numerose sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e due procedure di infrazione in corso – hanno spiegato gli eletti all’estero dem -, il governo oggi ci ha comunicato candidamente che non intende intervenire. Del resto, l’esecutivo Meloni disprezza il diritto Ue ed è completamente disinteressato a garantire pieni diritti ai cittadini italiani residenti all'estero”.

“Deve essere chiaro che ai nostri connazionali – hanno aggiunto -, stante il mancato accesso ai benefìci derivanti dall'assegno unico universale, nelle more di un'azione del Governo volta a conformare l'ordinamento italiano alle direttive UE e sanare le procedure di infrazione in corso, l’esecutivo italiano non intende colmare questa ingiusta e insopportabile discriminazione. La destra non ripristinerà le detrazioni familiari per i figli a carico di età inferiore ai 21 anni a favore dei contribuenti residenti in Italia ma con nucleo familiare a carico residente all'estero. L’ennesimo attacco ai nostri connazionali che vivono all’estero”. (aise/dip 28) 

 

 

 

 

 

Turismo delle Radici. Tavolo tecnico: il progetto è un’eccellenza italiana

 

ROMA- Il progetto Turismo delle Radici è una “eccellenza”, che dimostra la “leadership mondiale” italiana in questo settore, in cui “non esistono paragoni a livello di impegno sistemico per lo sviluppo del sistema turistico” e le cui “potenzialità sono enormi”. Per questo il Ministero degli Affari Esteri intende continuare a collaborare con tutti i partner che hanno voluto prendervi parte e con quelli che in futuro vorranno aderirvi. Ha esordito così Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli Italiani all’estero e le Politiche migratorie della Farnesina, che ha aperto il tavolo tecnico di coordinamento del Turismo delle Radici, riunito questa mattina in videoconferenza.

Obiettivo: condividere le modalità di sviluppo e lo stato di avanzamento dei progetti di promozione del Turismo delle Radici.

A moderare i numerosi interventi il consigliere d’Ambasciata e responsabile del progetto Giovanni Maria de Vita.

Il bilancio è già positivo, anche se bisognerà attendere il prossimo anno per avere numeri certi. Come ha sottolineato il dg Vignali, “insieme abbiamo creato servizi e un metodo di lavoro che prima non c’era, che ha dato luogo a nuove figure professionali e a una interlocuzione nuova con i viaggiatori delle radici, offrendo loro opportunità che prima non esistevano”.

“Abbiamo contribuito a far conoscere ancora di più in tutto il mondo la straordinaria bellezza dei nostri borghi e dei piccoli comuni”, ha continuato Vignali, “con una serie di ricadute positive in termini economici oltre che turistici”.

Al centro di questo percorso, ha ricordato il direttore generale, c’è la rete Italea, iniziativa multiforme lanciata nel marzo 2024 e che ”pian piano si è sviluppata grazie anche ai centri di coordinamento regionale”. Il portale Italea.com ad oggi ha oltre 1,5 milioni di visite registrate, ha riferito Vignali, e “un numero crescente di famiglie italiane è stato messo in contatto con le proprie radici”. Il programma include inoltre una “Italea Card” virtuale, che offre ai turisti sconti e vantaggi speciali con oltre 720 partner commerciali e più di 12mila viaggiatori iscritti.

Ci sono poi le Italee regionali, che, ha assicurato il dg Vignali, “continueranno a svolgere un ruolo di raccordo tra istituzioni e realtà territoriali”, così come il Ministero degli Affari Esteri intende mantenere il suo “ruolo di raccordo e di monitoraggio delle attività”, fungendo da “guida” per un “ulteriore sviluppo” del progetto.

Non è al momento previsto un nuovo bando, ha detto oggi de Vita, poiché i fondi a disposizione erano quelli erogati dal PNRR e sono stati utilizzati; la Farnesina si sta però adoperando in tal senso, per dare seguito al progetto e alla collaborazione con Regioni e Comuni, che hanno segnato, come ha detto Luigi Vignali, un “successo collettivo”. Gli oltre 800 Comuni italiani che hanno partecipato al primo bando e sono stati destinatari di risorse per sviluppare il progetto hanno realizzato circa 750 eventi destinati ai turisti delle radici con oltre 150mila partecipanti in tutta Italia, ha riferito sempre Vignali. Diverse anche le iniziative all’estero, 19 in tutto il mondo: da Melbourne a Toronto e New York. Il dg Vignali ha parlato di “impegno eccezionale da parte delle Regioni”, che hanno permesso di “mostrare le nostre eccellenze” e dare “lustro al Paese intero”, con “un’eco magnifica tra le nostre comunità”.

“Vogliamo mantenere questo raccordo con le entità territoriali”, ha detto Vignali, ricordando che proprio con i Comuni “il ministro Tajani ha fortemente voluto e firmato un protocollo di collaborazione per sviluppare lo scambio di informazioni e di idee, la promozione dei borghi e la formazione”. Anche la formazione ha la sua importanza in questo progetto, ha confermato il rappresentante della Farnesina. Per questo, ha annunciato, “stiamo realizzando delle pillole formative che diffonderemo dal mese di giugno a tutta la rete dei comuni” e, insieme ad esse, “un ciclo di videoconferenze con tutti gli 816 comuni che hanno partecipato al bando”.

Sempre in tema di rete, Luigi Vignali ha reso noto che a breve sarà lanciata quella dei Musei dell’emigrazione, ospitata sul portale Italea.com; così come sono in corso “contatti stretti” con Ministero dell’Istruzione “per far sì che la storia dell’emigrazione italiana sia studiata negli istituti scolastici secondari”.

“Tutto questo dovrà poi essere valutato in termini di risultati”, si è avviato a concludere il dg, monitorando quale sarà l’impatto sull’Italia e i suoi territori. Il prossimo anno ci saranno “evidenze statistiche complete”, intanto però le prime stime parlano di 5milioni di presenze in più di turisti delle radici tra il 2025 e il 2026, con una spesa da parte degli stessi turisti di 5,5 miliardi di euro – Confcommercio sale sino a 8 miliardi in più anni – e una ricaduta sul territorio stimata in 1 miliardo di euro e 99mila nuovi posti di lavoro.

“Un impatto importante già nelle stime”, che per Vignali dimostra “l’importanza di questo settore”. Occorre dunque “continuare a crescere insieme” e “promuovere il turismo delle radici in Italia e nel mondo”, ha concluso, dicendosi certo che il confronto odierno offrirà “feedback e nuove idee per andare avanti”.

Numerose in effetti sono state le buone pratiche e gli spunti emersi durante il dibattito che è seguito e a cui sono intervenuti rappresentanti di associazioni, comuni, università, musei, operatori turistici e culturali...

Non è mancata qualche polemica, come quella del consigliere Cgie Tommaso Conte, che dalla Germania ha lanciato un allarme: con la riforma della cittadinanza “fra trent’anni gli italiani all’estero non ci saranno più”; e ha rivolto un appello ai comuni italiani affinché si mobilitino per “correggere” la nuova legge. Il consigliere de Vita ha però rassicurato: “il turismo delle radici si rivolge all’italianità e non ha a che fare con la cittadinanza”.

Sempre per il Cgie è intervenuto anche il vice segretario generale Gianluca Lodetti, il quale ha anticipato che nella plenaria di giugno si parlerà di “iniziative di rientro” e “turismo delle radici”, auspicando una “maggiore sinergia con le politiche strategiche del Paese”, come pure il coinvolgimento del Ministero dell’Istruzione e uno “spostamento dell’attenzione dal fronte italiano a quello estero”.

D’accordo il consigliere de Vita: “l’obiettivo di fondo”, ha detto, “è lanciare una nuova stagione di relazioni con le nostre comunità all’estero, che sia basata su una conoscenza di cosa queste comunità siano” e sulla volontà di “attuare insieme una strategia” che “valorizzi entrambe le parti” e continui ad essere vincente, “uscendo dall’ottica che gli italiani all’estero siano solo ambasciatori del made in Italy”. (r.aronica, aise/dip 29)

 

 

 

 

 

 

 

Kabinett beschließt Verschärfungen für geflüchtete Familien und schnell Integrierte

 

Der Familiennachzug für eine Gruppe von Flüchtlingen wird ausgesetzt, die kürzere Einbürgerungsfrist für gut Integrierte gestrichen: Die Bundesregierung hat Änderungen in der Asyl- und Migrationspolitik auf den Weg gebracht. Es gibt viel Kritik.

Die Bundesregierung hat Verschärfungen in der Asyl- und Migrationspolitik auf den Weg gebracht. Das Bundeskabinett billigte am Mittwoch in Berlin die Aussetzung des Familiennachzugs zu Kriegsflüchtlingen für zwei Jahre und die Abschaffung der kurzen Einbürgerungsfrist für besonders gut integrierte Ausländer. Es geht um jeweils verschiedene, kleinere Gruppen von Migranten und Flüchtlingen. Bundesinnenminister Alexander Dobrindt (CSU) wird daher unter anderem Symbolpolitik vorgeworfen. Er selbst ist dagegen überzeugt, damit „den Politikwechsel bei der Migrationspolitik deutlich zu machen“, wie er es formulierte.

Flüchtlinge mit dem subsidiären Schutzstatus haben bereits seit 2016 keinen rechtlichen Anspruch mehr auf den Familiennachzug. Seit 2018 gibt es ein Kontingent mit 12.000 Plätzen im Jahr, um einigen von ihnen das Nachholen von Kindern, Ehepartnern oder Eltern zu ermöglichen. Das soll nun gestrichen werden. Dies bringe direkte Entlastungen bei den Kommunen, sagte Dobrindt. Nachzüge soll es nur noch in Härtefällen geben, wenn laut Dobrindt etwa eine dringend notwendige medizinische Versorgung im Herkunftsland nicht möglich ist.

Scharfe Kritik von Menschenrechtler

Menschenrechtsorganisationen, Sozialverbände und Kirchen hatten bis zuletzt die Regelung scharf kritisiert. Für Zehntausende sei der Familiennachzug der letzte Hoffnungsschimmer, erklärte Amnesty International. „Das Ziel, Migration zu reduzieren, darf nicht zulasten von Familien gehen – Familien gehören zusammen“, sagte Diakonie-Vorständin Elke Ronneberger. „Save the Children“ erklärte, der Familiennachzug sei „einer der wenigen sicheren, planbaren und legalen Wege für Kinder, um gemeinsam mit ihren engsten Angehörigen in Sicherheit zu leben“.

Über den Nachzug konnten im vergangenen Jahr überwiegend Kinder nach Deutschland kommen. Subsidiären Schutz erhalten Flüchtlinge, wenn sie keine individuelle Verfolgung nachweisen können, im Heimatland aber trotzdem einer Gefahr für Leib und Leben etwa wegen eines Krieges ausgesetzt wären. Dobrindt setzt auf eine schnelle Beratung seiner Regelung. Ziel sei es, dass nach dem Bundestag auch der Bundesrat noch vor der Sommerpause im Juli darüber entscheiden könne. Damit könnte der Stopp des Nachzugs bereits im Spätsommer kommen.

Hintergrund: Anders als anerkannte Flüchtlinge haben Menschen mit dem sog. subsidiären Schutz keinen Rechtsanspruch auf das Nachholen ihrer Familie. Dieses Recht wurde für diese Gruppe nach der großen Fluchtbewegung 2016 ausgesetzt. 2018 wurde ein Kontingent eingeführt, über das bis zu 1.000 enge Angehörige pro Monat einreisen können. Die neue Bundesregierung will es wieder für zwei Jahre aussetzen. Zahlen des Auswärtigen Amts zeigen, dass das Kontingent vor allem Kindern die Einreise nach Deutschland ermöglicht. Den subsidiären Schutz erhalten Flüchtlinge, wenn sie keine individuelle Verfolgung nachweisen können, ihnen aber dennoch Tod, Folter oder unmenschliche Behandlung im Heimatland droht, etwa wegen eines Krieges. Vor allem syrische Flüchtlinge erhielten ab 2015 diesen Schutzstatus. Ende vergangenen Jahres lebten rund 380.000 subsidiär Geschützte in Deutschland. Im Koalitionsvertrag haben Union und SPD vereinbart, den Familiennachzug für diese Gruppe erneut befristet auszusetzen. Nach einem Urteil des Europäischen Menschenrechtsgerichtshofs aus dem Jahr 2021 ist das möglich. Das Gericht verlangt allerdings eine Prüfung der Einzelfälle nach spätestens zwei Jahren.

Längere Einbürgerungsfrist trifft schnell integrierte

Der Wegfall der verkürzten Einbürgerungsfrist wird dagegen eher Menschen treffen, die schon nach kurzer Zeit in Deutschland gute Sprachkenntnisse haben und ihren Lebensunterhalt selbst sichern können. Die schwarz-rote Koalition macht damit einen Teil der Ende Juni 2024 in Kraft getretenen Einbürgerungsreform wieder rückgängig.

Die damalige Mehrheit von SPD, Grünen und FDP hatte die Wartezeit bis zur Einbürgerung von früher acht auf fünf Jahre, die für eine Einbürgerung bei besonderen Integrationsleistungen von sechs auf drei Jahre gesenkt. Dieser zweite Teil soll wieder gestrichen werden. Den deutschen Pass gäbe es dann für alle nach frühestens fünf Jahren.

Polat: „Weder fair noch klug“

Dobrindt schaffe damit eine Regelung ab, die sich unter anderem gerade an Hochqualifizierte richte, kritisierte die Grünen-Abgeordnete Filiz Polat. „Das ist weder fair noch klug – vor allem nicht in Zeiten, in denen Deutschland Fachkräfte braucht“, sagte sie. Auch die Linken-Abgeordnete Bünger sprach von einem „integrationsfeindlichen Signal“.

Die Einbürgerung nach bereits drei Jahren dürfte in der Praxis keine große Bedeutung haben. In Berlin waren nach Auskunft des dortigen Landesamts seit der Reform gerade einmal 500 von knapp 30.000 Einbürgerungen Ermessenseinbürgerungen nach drei Jahren. Die bundesweite Einbürgerungsstatistik liegt noch nicht vor. Der Vorsitzende der Türkischen Gemeinde in Deutschland, Gökay Sofuo?lu, sagte dem „RedaktionsNetzwerk Deutschland“, die Regelung betreffe nicht sehr viele Menschen. „Und diejenigen, die sie betrifft, warten einfach noch zwei Jahre“, ergänzte er. (epd/mig 30)

 

 

 

 

 

Das erschöpfte Land

 

In Israel wächst der Widerstand gegen den Krieg – quer durch alle politischen Lager. Wie lange kann Netanjahu den Unmut noch ignorieren? Von Thomas L. Friedman

Ich habe gerade eine Woche in Israel verbracht. Auch wenn es auf den ersten Blick so wirkt, als hätte sich seit dem 7. Oktober 2023 wenig verändert – der zähe Krieg im Gazastreifen zieht sich unvermindert hin –, so war diesmal doch etwas anders. Zum ersten Mal seit Kriegsbeginn spürte ich dort eine neue Stimmung. Noch ist es zu früh, um von einer breit angelegten Anti-Kriegs-Bewegung zu sprechen – eine solche wird wohl erst entstehen, wenn alle israelischen Geiseln zurückgekehrt sind. Aber es gibt deutliche Signale: Immer mehr Israelis, von links über die politische Mitte bis hin zu Teilen der Rechten, kommen zu dem Schluss, dass dieser Krieg für Israel ein moralisches, diplomatisches und strategisches Desaster ist.

Aus der politischen Mitte meldete sich der ehemalige Premierminister Ehud Olmert mit einem Essay in der Zeitung Haaretz zu Wort. Darin rechnet er mit Premierminister Benjamin Netanjahu und dessen Koalition ab: „Die israelische Regierung führt derzeit einen Krieg ohne Ziel, ohne Planung und ohne Aussicht auf Erfolg“, so Olmert. „Was wir in Gaza tun, ist ein Vernichtungskrieg: wahllos, grenzenlos, grausam und kriminell gegenüber der Zivilbevölkerung.“ Seine Schlussfolgerung: „Ja, Israel begeht Kriegsverbrechen.“

Auch innerhalb der rechten Likud-Partei regt sich Kritik: Amit Halevi, ein erklärter Kriegsbefürworter und Mitglied von Netanjahus Partei, wurde nach seiner Gegenstimme zur Verlängerung der Notfall-Einberufung von Reservisten aus dem Verteidigungs- und Außenausschuss der Knesset ausgeschlossen. In einem Interview mit Yediot Ahronot sprach Halevi Klartext: „Dieser Krieg ist ein Betrug. Man hat uns über seine Erfolge belogen.“ Seit 20 Monaten führe Israel einen Krieg mit gescheiterten Plänen – und die Hamas sei nach wie vor nicht besiegt.

Auf der linken Seite sprach Yair Golan, Vorsitzender der liberalen Allianz „Demokraten“, im israelischen Rundfunk von einer drohenden internationalen Isolation: „Israel droht ein Paria-Staat zu werden, wie es einst Südafrika war, wenn wir nicht wieder anfangen, uns wie ein normales Land zu verhalten. Ein normales Land kämpft nicht gegen Zivilisten, tötet keine Babys als Hobby und setzt sich nicht das Ziel, Bevölkerungen zu vertreiben.“ Auf Kritik wegen seiner Wortwahl reagierte Golan mit einer Klarstellung: Er richte sich nicht gegen das Militär, sondern gegen die Politiker, die den Krieg aus Gründen fortsetzen, die nichts mehr mit Israels Sicherheitsinteressen zu tun hätten.

Golan hat wohl ein unglückliches Wort gewählt, aber seine Warnung ist berechtigt. Solange keine unabhängigen ausländischen Journalisten aus Gaza berichten dürfen, bleibt das volle Ausmaß der Zerstörung verborgen. Doch wenn der Krieg endet und Reporter frei berichten können, wird der Schock über das menschliche Leid groß sein – für Israel und für Jüdinnen und Juden weltweit. Golan fordert daher: einen sofortigen Waffenstillstand, die Rückführung der Geiseln, internationale – auch arabische – Truppen nach Gaza, die Reste der Hamas später bekämpfen. Wer in einem Loch steckt, sollte aufhören zu graben. Netanjahu aber gräbt weiter – aus der Überzeugung, die Hamas durch Bomben zur Herausgabe der Geiseln zwingen zu können, und weil ihm seine religiös-nationalistische Koalition signalisiert hat: Stoppt der Krieg, ist seine Regierung am Ende.

Der Preis dafür: täglich neue zivile Opfer in Gaza. Der Haaretz-Militärexperte Amos Harel erklärt den Hintergrund vieler Angriffe: „Viele Bombeneinsätze sind in Wirklichkeit Attentatsversuche auf Hamas-Führer – oft während sie mit ihren Familien zusammen sind. Diese Funktionäre leben nicht mehr in Privathäusern oder Wohngebäuden – sie befinden sich in der Regel in überfüllten Zeltlagern mit Tausenden von Zivilisten. Selbst wenn das Militär mehrere Vorsichtsmaßnahmen ergreift, führen diese Angriffe zu massenhaften Tötungen.“ Doch es ist nicht allein die Zahl der toten Zivilistinnen und Zivilisten, die die Stimmung in Israel kippen lässt. Es ist die Erschöpfung der Gesellschaft insgesamt. Harel nennt Selbstmorde (die vom Militär nicht gemeldet werden), zerbrechende Familien, ruinierte Existenzen. Die Regierung verspricht derweil weiterhin den „Sieg“.

Der Krieg dringt bis in die Kinderzimmer vor. Die Nachrichtensprecherin Lucy Aharish, die erste israelische Muslimin im hebräischsprachigen Hauptprogramm, erzählte mir eine Geschichte über ihren vierjährigen Sohn Adam. Während einer Gedenkminute für gefallene Soldatinnen und Soldaten ertönte das charakteristische Sirenensignal. Adam, auf dem Boden spielend, reagierte panisch und begann, seine Spielsachen einzusammeln – bereit für den Schutzraum. Aharish erklärte ihm: „Diese Sirene ist anders. Dafür stehen wir still – zum Gedenken an Helden, die uns beschützt haben.“ Wenn Kinder zwischen Sirenentönen unterscheiden lernen müssen – jenen, bei denen man stehen bleibt, und jenen, bei denen man sich in Sicherheit bringen muss –, dann dauert ein Krieg schon viel zu lange.

Auch in Gaza regt sich leiser Protest, trotz der Lebensgefahr durch die Hamas. Laut einer Umfrage des unabhängigen palästinensischen Meinungsforschungsinstituts PSR in Ramallah unterstützen 48 Prozent der Befragten die jüngsten Anti-Hamas-Proteste. Die Hamas wird sich am Ende ebenso verantworten müssen. Sie griff am 7. Oktober 2023 israelische Grenzgemeinden an, provozierte damit die absehbare israelische Reaktion – und opferte die eigene Zivilbevölkerung, um internationale Sympathie zu gewinnen. Ihre Führer versteckten sich in Tunneln oder im Ausland. Gaza ist heute unbewohnbar, doch die Hamas verlangt weiter einen vollständigen israelischen Rückzug und einen unbefristeten Waffenstillstand als Preis für die Freilassung der Geiseln. Ein Pyrrhussieg – wäre die Hamas erfolgreich, hätte sie alles zerstört, um den Status quo vom 6. Oktober 2023 wiederherzustellen.

Paradoxerweise hat Netanjahu mit seinem brutalen Vorgehen das „Widerstandsnetzwerk“ des Iran geschwächt. Libanon, Syrien, der Irak, die Palästinensische Autonomiebehörde – sie alle wären heute offener für eine Annäherung an Israel und die Abraham-Abkommen. Doch Netanjahu nutzt diese historische Chance nicht. Er verweigert jegliche Initiative in Richtung einer Zwei-Staaten-Lösung mit einer reformierten Autonomiebehörde. Stattdessen hält er an einer Koalition mit rechtsextremen Siedlern und Ultraorthodoxen fest, die ihn nur stützen, solange ihre Interessen gewahrt bleiben. Die Fragen, die mir Israelis stellten, wenn ich Kritik an Netanjahu äußerte, waren bezeichnend: „Glaubst du, Trump kann uns retten?“ – das wohl deutlichste Indiz für den Zustand einer angeschlagenen Demokratie.

Nach meiner Rückkehr aus Israel hatte ich das Gefühl, dieselbe politische Tragödie wie dort nun auf der „Hauptbühne“ zu sehen – in den USA. Trump und Netanjahu bedienen sich derselben Methoden zur Aushöhlung demokratischer Institutionen: Angriffe auf Justiz und Deep State, Machtsicherung durch Polarisierung. Trump, um sich zu bereichern und Eliten zu stärken. Netanjahu, um Korruptionsprozesse zu entgehen und Macht an Siedler und Ultraorthodoxe zu übertragen.

Schon am Tag nach Netanjahus Wahlsieg 2022 schrieb ich: „Das Israel, das wir kannten, ist verschwunden.“ Ich hoffe, ich lag falsch. Und ich hoffe noch mehr, dass ich nicht bald dasselbe über Amerika schreiben muss. Das Jahr 2026 wird entscheidend sein: Dann stehen in Israel Wahlen an, und in den USA Zwischenwahlen. Alle, denen an Demokratie und Anstand gelegen ist, haben bis dahin eine Aufgabe: Organisieren, organisieren, organisieren – um die Macht zu gewinnen.

Denn nichts anderes zählt. Und alles steht auf dem Spiel. TNYT/IPG 28

 

 

 

 

 

Schuldenreport 2025. Viele arme Länder leiden unter hoher Schuldenlast

 

Viele arme Länder drohen zunehmend in eine Schuldenfalle zu geraten – mit Folgen auch für die Armutsbekämpfung und Migration. Zur Veröffentlichung des Schuldenreports 2025 dringen Hilfswerke auf Reformen der internationalen Finanzarchitektur.

Länder im globalen Süden sind laut einem Bericht durch eine steigende Schuldenlast gefährdet. Mehr als die Hälfte der Länder mit niedrigen Staatseinnahmen sind inzwischen „hoch oder sehr hoch“ belastet, wie aus dem am Montag von Misereor und erlassjahr.de veröffentlichten Schuldenreport 2025 hervorgeht. Um arme Länder besser vor dem finanziellen Aus zu schützen, fordern die Hilfsorganisationen eine Reform der internationalen Finanzarchitektur.

Als besonders stark verschuldet gelten 47 Länder, darunter Pakistan, Kenia, Libanon und Sri Lanka. Sie alle müssen dem Bericht zufolge in den kommenden drei Jahren im Schnitt mindestens 15 Prozent ihrer Staatseinnahmen für Zins- und Tilgungszahlungen aufwenden. Als Folge übersteigt der Schuldendienst in vielen Fällen die nationalen Ausgaben für Bildung und Gesundheit. Der fiskalpolitische Handlungsspielraum dieser 47 Länder sei damit „massiv eingeschränkt“.

Armut führt zu Flucht und Migration

Der finanzielle Engpass hat auch Folgen für die Armutsbekämpfung. In den 47 stark verschuldeten Ländern seien etwa 231 Millionen Menschen und damit 18 Prozent der Bevölkerung von extremer Armut betroffen, sagte Misereor-Experte Klaus Schilder. Das seien doppelt so viele wie im weltweiten Durchschnitt. Verschärfend kommt laut Bericht hinzu, dass viele der Schuldnerstaaten aus eigener Kraft nicht mehr aus der Schuldenfalle herauskommen. Sie hätten oft keinen Zugang mehr zu Krediten oder nur noch zu deutlich höheren Zinsen.

Armut zählt zu den Hauptursachen für Migration weltweit. Viele Menschen verlassen ihre Heimat, weil sie dort keine wirtschaftliche Perspektive sehen und andernorts bessere Lebensbedingungen suchen. Laut dem Weltentwicklungsbericht 2023 der Weltbank sind weltweit etwa 184 Millionen Menschen als Migranten unterwegs, wobei wirtschaftliche Gründe wie Armut und fehlende Einkommensmöglichkeiten zu den zentralen Beweggründen zählen. Aktuelle Daten zeigen, dass rund 712 Millionen Menschen – etwa 8,8?% der Weltbevölkerung – in extremer Armut leben.

Internationale Konferenz Ende Juni

Die globale Schuldenkrise ist Ende Juni auch Thema einer internationalen Konferenz für Entwicklungsfinanzierung im spanischen Sevilla. Die neue Bundesregierung müsse sich mit Blick auf die Zusammenkunft jetzt positionieren und beispielsweise auf Reformvorschläge aus dem globalen Süden eingehen, heißt es in dem Bericht. Dazu zählt insbesondere die Einführung eines international anerkannten, verbindlichen Insolvenzverfahrens für Staaten, um besser mit einer Staatsschuldenkrise umzugehen.

Der Schuldenreport wird jährlich vom katholischen Hilfswerk Misereor und dem deutschen Entschuldungsbündnis erlassjahr.de herausgegeben. Erlassjahr.de wird von 500 Organisationen aus Kirche, Politik und Zivilgesellschaft bundesweit getragen und ist eingebunden in ein weltweites Netzwerk nationaler und regionaler Entschuldungsinitiativen. (epd/mig 28)

 

 

 

 

Parolin: Frieden für Gaza und die Ukraine

 

„Was in Gaza geschieht, ist inakzeptabel“: Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin hat in einem Interview mit den Vatikanmedien zu einem Gewaltstopp im Heiligen Land aufgerufen. Das Humanitäre Völkerrecht müsse „zu jeder Zeit und für alle gelten“, betonte er in dem Gespräch, in dem es auch um den Krieg in der Ukraine und den Pontifikatsbeginn von Leo XIV. ging. Andrea Tornielli

Die schrecklichen Bilder aus Gaza, der antisemitische Anschlag in Washington, die Hypothese eines Friedensgipfels zur Ukraine und der Beginn des Pontifikats von Leo XIV.: Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin spricht in Interview mit den Vatikanmedien über die Themen, die den Heiligen Stuhl im Moment am meisten beschäftigen. Das Interview führte Andrea Tornielli, Chefredakteur der Vatikanmedien.

„Was in Gaza geschieht, ist inakzeptabel.“

In Gaza hungern Kinder und die Bevölkerung ist erschöpft, Bomben fallen auf Schulen und Krankenhäuser. Dennoch scheint es keine Absicht zu geben, das Bombardement zu beenden…

Was in Gaza geschieht, ist inakzeptabel. Das Humanitäre Völkerrecht muss zu jeder Zeit und für alle gelten. Wir fordern, dass die Bombardierungen eingestellt werden und die notwendige Hilfe für die Bevölkerung ankommt: Ich glaube, die internationale Gemeinschaft muss alles tun, um dieser Tragödie ein Ende zu setzen. Gleichzeitig wiederholen wir nachdrücklich unsere Forderung an die Hamas, alle Geiseln, die sie noch immer gefangen hält, unverzüglich freizulassen und die Leichen derjenigen zurückzugeben, die nach dem barbarischen Angriff auf Israel am 7. Oktober 2023 getötet wurden.

„Wachsam sein, dass das Krebsgeschwür des Antisemitismus nicht wieder ausbricht.“

Wie haben Sie auf den jüngsten Anschlag in Washington reagiert, bei dem zwei israelische Botschaftsmitarbeiter getötet wurden?

Was dort am 7. Oktober passierte, hat mich zutiefst erschüttert. Denn es handelte sich um unschuldige Opfer, die sich auch für Frieden und humanitäre Initiativen eingesetzt haben. Wir müssen wachsam sein und dafür sorgen, dass das Krebsgeschwür des Antisemitismus, das nie endgültig besiegt wurde, nicht wieder ausbricht.

„Ein stabiler, gerechter und dauerhafter Frieden, der von beiden Seiten akzeptiert und vereinbart wird.“

Nach den schlechten Ergebnissen des Istanbuler Treffens zu einer Befriedung der Ukraine war von der Möglichkeit neuer Verhandlungen im Vatikan die Rede, obwohl von russischer Seite ein „Nein“ kam. Können Sie uns sagen, was sich in dieser Hinsicht bewegt?

Papst Leo hat die volle Bereitschaft des Heiligen Stuhls bekundet, mögliche Verhandlungen aufzunehmen, und einen neutralen, geschützten Ort angeboten. Es handelte sich also nicht um eine Mediation, denn eine Vermittlung muss von den Parteien beantragt werden. In diesem Fall gab es lediglich das öffentliche Angebot, ein mögliches Treffen auszurichten. Inzwischen ist auch von anderen möglichen Orten die Rede, etwa Genf. Auf jeden Fall ist es nicht wichtig, wo die Verhandlungen zwischen Russen und Ukrainern, auf die wir alle hoffen, stattfinden werden. Wichtig ist nur, dass diese Verhandlungen endlich beginnen können, denn es ist dringend notwendig, den Krieg zu beenden. Zunächst einmal ist ein Waffenstillstand dringend notwendig, um den Verwüstungen, den zerstörten Städten, den Zivilisten, die ihre Leben verlieren, ein Ende zu setzen. Und dann ist es dringend notwendig, zu einem stabilen, gerechten und dauerhaften Frieden zu gelangen, der von beiden Seiten akzeptiert und vereinbart wird.

„Der Papst und der gesamte Heilige Stuhl setzen sich für die Schaffung von Frieden ein und unterstützen jede Initiative für Dialog und Verhandlung.“

Das Wort „Frieden“ klang von den ersten Augenblicken an auf den Lippen des neuen Papstes, am Tag seiner Wahl.

Ja, Leo XIV. folgt ganz in der Tradition seiner Vorgänger. Ich war beeindruckt von der Tatsache, dass Papst Leo in seinem ersten Regina Coeli von der zentralen Loggia der Vatikanbasilika aus - also von dort aus, wo Papst Franziskus die Gläubigen zum letzten Mal gesegnet und über Frieden und Abrüstung gesprochen hatte - die Worte des Heiligen Paul VI. an die UNO wiederholte: „Nie wieder Krieg!“. Der Papst und der gesamte Heilige Stuhl setzen sich für die Schaffung von Frieden ein und unterstützen jede Initiative für Dialog und Verhandlung.

Manche sprechen von einem neuen „Protagonismus“ des Vatikans auf der Weltbühne...

Ich würde lieber auf die tiefsinnigen Worte Leos XIV. in seiner Predigt bei der Messe mit den Kardinälen in der Sixtinischen Kapelle und in der Predigt bei der Messe zum Beginn des Pontifikats zurückgreifen: Wir müssen verschwinden, denn die Hauptperson ist Christus. Christen fühlen sich den anderen nicht überlegen, sondern sind vielmehr dazu berufen, ein „kleiner Sauerteig im Teig“ zu sein, um Zeugnis für die Liebe, die Einheit und den Frieden abzulegen. Anstatt von „Protagonismus“ zu sprechen, würde ich es daher vorziehen, diplomatische Initiativen in den Kontext des Dienstes am Frieden und an der Brüderlichkeit zu stellen.

 „Der Friede beginnt in jedem von uns.“

Beim Empfang von Journalisten rief Papst Leo zu einer „anderen Kommunikation“ auf. Gibt es auch einen „Krieg der Worte“?

Journalisten und Kommunikatoren im Allgemeinen spielen eine wertvolle Rolle, die in Zeiten des Krieges noch wertvoller ist. Der Papst rief zu einer Kommunikation auf, die sich „nicht in aggressive Worte kleidet“ und „niemals die Suche nach der Wahrheit von der Liebe trennt, mit der wir sie demütig suchen müssen“. Auch Worte können zu Instrumenten des Krieges werden, oder sie können uns helfen, einander zu verstehen, einen Dialog zu führen und uns gegenseitig als Brüder anzuerkennen. Der Friede beginnt in jedem von uns, und wir sind aufgerufen, ihn gerade dadurch zu schaffen, wie wir mit anderen kommunizieren. Wie Papst Leo erklärte, müssen wir „das Paradigma des Krieges zurückweisen“, auch in der Kommunikation.

„Die von den zuständigen Behörden durchgeführten Kontrollen haben keine Unregelmäßigkeiten im Handeln der Diözesanbischöfe ergeben.“

Apropos Wahrheitssuche: In den letzten Tagen von Papst Franziskus bis hin zu den Tagen vor dem Konklave gab es Kommentare zu den vergangenen Handlungen mehrerer Leiter von Kurienämtern in Bezug auf Berichte, die sie über Missbrauchsfälle erhielten. Sind diese analysiert worden?

Hinsichtlich der Kommentare und Gerüchte über das Vorgehen einiger Dikasterienleiter der Römischen Kurie in Bezug auf Berichte über Missbrauchsfälle, zu der Zeit, als sie Diözesanbischöfe waren - dazu haben die von den zuständigen Behörden durchgeführten Untersuchungen durch eine Prüfung objektiver und dokumentarischer Daten ergeben, dass die Fälle ,ad normam iuris‘, das heißt gemäß geltender Normen, behandelt und von den damaligen Diözesanbischöfen an das zuständige Dikasterium zur Prüfung und Bewertung der Vorwürfe weitergeleitet wurden. Die von den zuständigen Behörden durchgeführten Kontrollen haben keine Unregelmäßigkeiten im Handeln der Diözesanbischöfe ergeben.

Der neue Papst, der den Namen Leo trägt, steht in der Kontinuität mit dem Papst von Rerum Novarum: Ende des 19. Jahrhunderts gab es die industrielle Revolution, heute leben wir in der Zeit der digitalen Revolution und der Herausforderungen durch die künstliche Intelligenz. Wie sollen wir auf diese Herausforderungen reagieren?

Wir warten auf die Überlegungen, die der Nachfolger Petri dazu anstellen wird. Ich glaube, dass der richtige Weg weder der der unkritischen Akzeptanz noch der der Verteufelung ist. Die immer ausgefeilteren und leistungsfähigeren Möglichkeiten, die uns die Technik bietet, müssen Werkzeuge bleiben und immer zum Guten eingesetzt werden, ohne jemals zu vergessen, dass wir einer Maschine keine Entscheidungen übertragen können, die das Leben oder den Tod von Menschen betreffen. Wir müssen wachsam sein, um zu verhindern, dass die digitale und damit auch die künstliche Intelligenz als Propagandawerkzeug eingesetzt wird, um die öffentliche Meinung mit falschen Botschaften zu beeinflussen, wie es leider manchmal geschieht. Mit Blick auf die inhaftierten Journalisten sprach Leo XIV. vom Mut „derjenigen, die die Würde, die Gerechtigkeit und das Recht der Völker auf Information verteidigen, denn nur informierte Völker können freie Entscheidungen treffen. (vn 27)

 

 

 

 

 

Mythos Ablehnung

 

Bürgerentscheide zu Geflüchteten: Mehrheit stimmt für Unterkünfte

Wenn Bürger über Flüchtlingsunterkünfte entscheiden, fällt das Votum in der Mehrheit positiv aus – entgegen dem Eindruck, den mediale Schlagzeilen häufig vermitteln. Eine neue Studie zeigt, wie differenziert kommunale Bürgerentscheide in Deutschland tatsächlich sind.

In Deutschland finden statistisch gesehen an jedem Wochenende drei Bürgerentscheide statt. Das bedeute, in drei Städten, Gemeinden und Kreisen stimmten die Bürgerinnen und Bürger über ein konkretes lokalpolitisches Thema ab, heißt es in dem Bürgerbegehren-Bericht für das Jahr 2025 des Fachverbandes „Mehr Demokratie“.

Ein zentrales Thema der vergangenen Jahre in der Öffentlichkeit war dabei die Unterbringung von Geflüchteten. Medien berichteten über solche Verfahren oft nur dann, wenn Bürgerinitiativen gegen Geflüchtetenunterkünfte mobilisieren oder rechtliche Auseinandersetzungen folgten. Das erweckte den Eindruck, als sei die anfängliche Solidarität mit Geflüchteten gesunken, die Willkommenskultur verschwunden.

Der neue Bericht zeichnet jedoch ein differenzierteres Bild: Von 2015 bis 2024 wurden bundesweit 94 Verfahren zu Flüchtlingsunterkünften initiiert. Das entspricht gerade einmal rund drei Prozent aller Bürgerbegehren in diesem Zeitraum. In 27 Fällen kam es zu einem Bürgerentscheid, bei dem die Mehrheit in 16 Fällen ein flüchtlingsfreundliches Votum abgab. Zehn Entscheidungen fielen flüchtlingsunfreundlich aus, ein Entscheid blieb neutral.

Regionale Unterschiede und rechtliche Grenzen

Die Mehrheit der Verfahren verteilte sich auf Nordrhein-Westfalen (26), Bayern (19) und Baden-Württemberg (19). Gerade in den westlichen Bundesländern stimmten 16 von 23 Kommunen für den Bau oder Erhalt einer Flüchtlingsunterkunft, was einem Anteil von knapp 70 Prozent entspricht. In Ostdeutschland dagegen gab es vier Entscheide, alle in Mecklenburg-Vorpommern, die ausnahmslos flüchtlingsunfreundlich ausgingen. In zwei Fällen lehnten Bürger Ratsreferenden zur Verpachtung kommunaler Flächen für Unterkünfte ab.

Auffällig sei, so der Bericht, dass sich einige Bürgerbegehren grundsätzlich gegen die Aufnahme von Geflüchteten richteten – ein Anliegen, das laut Aufenthaltsgesetz nicht in den kommunalen Entscheidungsbereich fällt und damit unzulässig ist. Insgesamt wurden 43 Verfahren als unzulässig eingestuft.

Warnung vor Missbrauch direkter Demokratie

Die Studienautoren warnen davor, die direkte Demokratie für populistische oder fremdenfeindliche Ziele zu instrumentalisieren. Initiatoren solcher Verfahren trügen Verantwortung dafür, nicht bewusst falsche Erwartungen zu wecken. Ein Bürgerbegehren könne nicht darüber entscheiden, ob eine Kommune Geflüchtete aufnimmt – nur darüber, wo und wie sie untergebracht werden.

Trotz einzelner flüchtlingsunfreundlicher Entscheidungen überwiegt laut Bericht der Eindruck, dass Bürgerentscheide oft differenzierter ausfallen als die öffentliche Wahrnehmung nahelegt. Es sei eine Frage der politischen Verantwortung, der Polarisierung mit Information und Beteiligung zu begegnen. Frühzeitige Dialogformate, wie etwa kommunale Bürgerräte oder das Projekt „Sprechen & Zuhören“ von Mehr Demokratie, könnten dazu beitragen, Konflikte zu entschärfen und demokratische Teilhabe zu stärken.

Bürgerbeteiligung bleibt stabil – trotz Pandemie

Im vergangenen Jahr sind laut dem Bericht 229 direktdemokratische Verfahren in deutschen Kommunen 2024 angestoßen worden. 179 Mal sei es zu einem Bürgerentscheid gekommen. Damit sei die Praxis seit der Corona-Pandemie leicht rückläufig.

Die lebendigste Praxis verzeichne nach wie vor Bayern mit 93 Verfahren, gefolgt von Baden-Württemberg (31) und Nordrhein-Westfalen (30). Vieles hänge von den Regeln und Hürden ab, die die Politik der direkten Demokratie setze, sagte der Bundesvorstandssprecher von Mehr Demokratie, Ralf-Uwe Beck. Je besser die Regeln seien, umso häufiger machten die Menschen von der direkten Demokratie Gebrauch.

Appell für bundesweite Volksentscheide

Beck sagte, die direkte Demokratie habe sich auf kommunaler und auch auf Landesebene bewährt. Es sei überfällig, auch den bundesweiten Volksentscheid einzuführen. Das wäre eine vertrauensbildende Maßnahme, die den Bürgerinnen und Bürgern das gute Gefühl gebe, „dass ‚die da oben‘ eben nicht einfach machen können, was sie wollen“, so der Bundesvorstandssprecher.

Laut Fachverband hat es in den vergangenen knapp 70 Jahren in Deutschland 9.453 Bürgerbegehren gegeben. 7.839 der direktdemokratische Verfahren wurden durch die Bürgerinnen und Bürger „von unten“ eingeleitet. 1.614 Ratsreferenden seien „von oben“ durch den jeweiligen Gemeinderat initiiert worden. In 4.768 Fällen sei es letztlich zu einem Bürgerentscheid gekommen.

Missbrauch von Rechtsextremisten

Die Gefahr, dass direktdemokratische Verfahren von Rechtsextremisten massiv missbraucht werden, sieht der Verband eher nicht. „Fremdenfeindlichkeit und direkte Demokratie – die Vermählung gelingt nur selten“, sagte Beck.

So hätten beispielsweise die Menschen im nordrhein-westfälischen Sprockhövel im Jahr 2015 darüber abstimmen können, ob sie gegen eine Flüchtlingsunterkunft neben einer Grundschule sind. Eine Mehrheit sprach sich für die Unterkunft am geplanten Ort aus. (epd/mig 27)

 

 

 

 

 

AfD-Verbot: Jeder zweite Deutsche für Parteiverbotsverfahren

 

Hamburg – Anfang Mai stufte das Bundesamt für Verfassungsschutz die Alternative für Deutschland (AfD) als gesichert rechtsextremistisch ein. Dieser Schritt hat eine erneute Diskussion darüber entfacht, ob die Partei verboten werden sollte. Laut einer aktuellen Umfrage des Markt- und Sozialforschungsinstituts Ipsos würden 46 Prozent der Deutschen ein Parteiverbotsverfahren gegen die AfD begrüßen. Etwa ebenso viele (44 %) lehnen es hingegen ab. Bei der Beurteilung zeigen sich starke Unterschiede zwischen Ost- und Westdeutschen sowie zwischen den verschiedenen politischen Lagern. Nachdem die AfD dagegen geklagt hatte, wurde die Einstufung des Verfassungsschutzes am 8. Mai vorerst ausgesetzt. Diese „Stillhaltezusage“ gilt, bis ein eindeutiges Gerichtsurteil vorliegt.

Große Unterschiede zwischen Ost und West

Ostdeutsche stehen einem Verbotsverfahren gegen die AfD deutlich kritischer gegenüber als Menschen in Westdeutschland. In den ostdeutschen Bundesländern würde weniger als ein Drittel (32 %) der Befragten ein Verbotsverfahren gegen die AfD begrüßen. Eine Mehrheit von 57 Prozent lehnt es ab. Im Westen hingegen befürwortet die Hälfte (50 %) der Befragten ein Verbotsverfahren, während sich 41 Prozent dagegen aussprechen.

Grüne und Linke für Verbotsverfahren, Unions-Wähler unentschlossen

Die Anhänger der Grünen (82 %) und der Linken (81 %) sind sich in ihrer Meinung weitgehend einig: Sie befürworten ein Parteiverbotsverfahren gegen die AfD. Auch drei Viertel (72 %) der SPD-Wähler würden diesen Schritt begrüßen. Anders sieht es bei den Unterstützern der Union aus: Während die Hälfte (50 %) ein Verbotsverfahren positiv bewertet, sprechen sich mit 41 Prozent ähnlich viele dagegen aus. Noch kritischer wird ein Verbot der AfD von den Anhängern der FDP (61 % Ablehnung, 29 % Zustimmung) und des BSW (57 % Ablehnung, 21 % Zustimmung) bewertet. Die Wählerschaft der AfD spricht sich erwartungsgemäß fast einstimmig (97 %) gegen ein Verbotsverfahren aus.

Frauen und Jüngere eher für AfD-Verbotsverfahren als Männer und Ältere

Während sich 50 Prozent der weiblichen Befragten für ein Verbotsverfahren aussprechen, sind es bei den Männern nur 42 Prozent. Gleichzeitig fällt der Anteil derjenigen, die ein Verbotsverfahren gegen die AfD ablehnen, bei den männlichen Befragten (50 %) deutlich höher aus als bei den Frauen (39 %).

Auch zwischen den Generationen zeigen sich Unterschiede. In der Gruppe der 18- bis 39-Jährigen spricht sich eine Mehrheit (54 %) für die Einleitung eines Parteiverbotsverfahrens gegen die AfD aus. In den Altersgruppen der 40- bis 59-Jährigen und der 60- bis 75-Jährigen fällt dieser Anteil mit 41 bzw. 44 Prozent deutlich geringer aus. Ipsos 27

 

 

 

 

 

Riviera der Ruinen

 

Israels neue Offensive in Gaza führt zu einer Hungerkatastrophe und der Vertreibung der Bevölkerung. Deutschland darf nicht länger tatenlos zusehen. Von Muriel Asseburg

Seit 18. Mai läuft die aktuelle israelische Offensive im Gazastreifen. Mit „Gideons Streitwagen“ soll die Armee die Hamas endlich besiegen, die Geiseln befreien und dafür sorgen, dass aus dem Gazastreifen keine Gefahr mehr für Israel ausgeht. Dazu möchte Premier Benjamin Netanjahu das Küstengebiet langfristig wiederbesetzen und unter die Sicherheitskontrolle Israels stellen, die Hamas entwaffnen, ihre Führung verbannen und den Plan von US-Präsident Donald Trump umsetzen: die zwangsweise Umsiedlung der Palästinenser. Die einheimische Bevölkerung soll zunächst im Süden des Küstengebiets in einer „sterilen Zone“ auf rund zehn Prozent der Fläche zusammengepfercht werden – mit dem letztendlichen Ziel einer „freiwilligen“ Emigration. Von Freiwilligkeit kann angesichts der Zerstörung der Lebensgrundlagen allerdings nicht die Rede sein.

Trump hatte das Kriegsverbrechen der Vertreibung salonfähig gemacht, als er Anfang Februar 2025 seine Vision für den Gazastreifen präsentierte. Das Küstengebiet sollte zu einer „Riviera des Nahen Ostens“ entwickelt werden, die lokale Bevölkerung permanent in Länder wie Ägypten und Jordanien – zwischenzeitlich waren auch Sudan, Somaliland, Somalia und Libyen im Gespräch – umgesiedelt werden. Damit unterminierte er die weitere Umsetzung des Abkommens über eine Waffenruhe sowie einen Austausch von Geiseln und Gefangenen, für das er selbst noch vor Amtsantritt sein politisches Kapital in die Waagschale geworfen hatte. Dieses hätte den Einstieg in einen dauerhaften Waffenstillstand und die Rückkehr zur Diplomatie bieten können. Selbst wenn Trumps Vorschlag lediglich dazu dienen sollte, die arabischen Staaten unter Druck zu setzen und mehr Verantwortung zu übernehmen: Er legitimierte den Nullsummenansatz der israelischen Regierung und belebte alte Positionen der zionistischen Rechten, nun neu verpackt als vermeintlich unkonventionelles Denken.

Ohnehin hatte seit den Massakern vom 7. Oktober 2023 die Forderungen nach einer neuen „Nakba“ (gemeint ist die Flucht und Vertreibung der palästinensischen Bevölkerung aus dem Staatsgebiet Israels 1948) und einer israelischen Wiederbesiedlung des Küstengebiets im nationalreligiösen Spektrum des Landes Auftrieb erhalten. Trumps Vorstoß verstärkte die Unnachgiebigkeit Netanjahus, der aus innenpolitischen Gründen kein Interesse an einem Einstieg in Phase zwei des Waffenstillstandabkommens hatte und Trumps Vision fortan als die „einzig gangbare Option“ bezeichnete. Ende März wurde im israelischen Verteidigungsministerium eine Migrationsabteilung eingerichtet, welche die „freiwillige“ Auswanderung der palästinensischen Bevölkerung des Gazastreifens organisieren soll.

Schon Anfang März verhängte Israel eine vollständige Abriegelung über den kriegszerstörten Gazastreifen und ließ keine Hilfs-, Wasser- oder Stromlieferungen mehr zu, um die Hamas unter Druck zu setzen. Seitdem hat sich dort die humanitäre Situation dramatisch zugespitzt. Die während des Waffenstillstands erzielten Fortschritte bei der Versorgung der Bevölkerung wurden zunichtegemacht. Die Bevölkerung leidet unter massiver Unterversorgung. Es droht eine Hungerkatastrophe. Auch das Aushungern der Zivilbevölkerung ist ein Kriegsverbrechen.

In den kommenden Tagen will Israel das System der humanitären Hilfe im Gazastreifen neu umbauen. Die Regierung begründet den Schritt mit dem Vorwurf, die Hamas habe bisher Hilfslieferungen abgefangen und sich daraus finanziert – stichhaltige Belege dafür wurden bislang nicht vorgelegt. Auch die Vereinten Nationen und andere Hilfsorganisationen bestätigen diese Darstellung nicht. Künftig sollen Lebensmittel und unentbehrliche Versorgungsgüter an wenigen Ausgabestellen – vorerst sind vier Zentren geplant – im Süden Gazas direkt an die Bevölkerung verteilt werden. Die Ausgabe soll durch spezialisierte NGOs erfolgen, von privaten Sicherheitsdienstleistern begleitet. Für den Schutz der Zonen ist die israelische Armee zuständig.

Die Menge der Hilfsgüter bleibt jedoch auf das absolute Minimum zum Überleben beschränkt, die vorgesehene Kalorienzahl pro Person liegt dabei deutlich unter dem humanitären Mindeststandard. Die Bevölkerung im Norden hätte keine Möglichkeit, die Ausgabestellen zu erreichen. Und auch im Süden wären Hilfsempfänger großen Gefahren ausgesetzt, um zu den Verteilzentren zu gelangen. Zudem würde künftig nicht nur, wie bislang, die Einfuhr der Hilfslieferungen nach Gaza, sondern auch der Zugang der Bevölkerung zur humanitären Hilfe durch die israelische Armee kontrolliert.

Weder die Finanzierung des Vorhabens noch zentrale logistische Fragen sind bislang geklärt – etwa, wie ein Familienoberhaupt Essensrationen für zwei Wochen von einer Ausgabestelle in die eigene Unterkunft transportieren soll. Wer versorgt zudem Kriegswaisen, Alte und Verwundete? Nicht zuletzt verfügt die für diesen Zweck gegründete Gaza Humanitarian Foundation (GHF) im Gegensatz zu den UN-Organisationen und versierten NGOs weder über Erfahrung vor Ort noch über Beziehungen zur lokalen Bevölkerung. Eine adäquate und bedarfsgerechte Versorgung wird unter diesen Bedingungen kaum möglich sein.

Stattdessen droht humanitäre Hilfe zum Instrument israelischer Kriegsziele zu werden. Damit steht der neue Ansatz im Widerspruch zu den humanitären Grundprinzipien der Unparteilichkeit, Neutralität und Unabhängigkeit. Die Vereinten Nationen und die bisher beteiligten Hilfsorganisationen lehnen ihn daher entschieden ab. Die GHF scheint bereits vor dem Scheitern zu stehen.

Die Bundesregierung sollte sich jetzt dringend und mit Nachdruck für einen bedingungslosen humanitären Zugang zum Gazastreifen einsetzen – um das Blutvergießen zu beenden, weitere Zerstörung von Lebensgrundlagen zu verhindern und eine Vertreibung der Bevölkerung zu unterbinden. Dazu gehört, Israel unmissverständlich klarzumachen, dass Deutschland die von Premierminister Netanjahu formulierten Kriegsziele – eine langfristige Wiederbesetzung und die Vertreibung der Bevölkerung – ebenso ablehnt wie die angewandten Methoden der Kriegsführung, insbesondere das Aushungern und unterschiedslose Angriffe auf Zivilisten.

Ein sofortiger Lieferstopp von Waffen, die im Gazastreifen oder im Westjordanland eingesetzt werden können, sowie die Unterstützung einer Überprüfung des EU-Israel-Assoziierungsabkommens würden ein klares politisches Signal senden. Gemeinsam mit europäischen und nahöstlichen Partnern sollte sich die Bundesregierung zudem aktiv für eine dauerhafte Konfliktregelung im Einklang mit dem Völkerrecht im Nahen Osten einsetzen. Die von Frankreich und Saudi-Arabien für Juni geplante Konferenz zur Unterstützung einer Zweistaatenlösung bietet die Chance, einen konkreten Fahrplan aus der Gewaltspirale zu entwickeln. Dabei wird es auch darauf ankommen, den arabischen Wiederaufbauplan für Gaza nicht nur rhetorisch zu unterstützen, sondern konkret auszuarbeiten, wie seine politische Umsetzung gelingen kann. Nicht zuletzt deshalb sollte Deutschland sich dort konstruktiv einbringen.

Dieser Beitrag ist eine aktualisierte Fassung des Artikels „Ein Kriegsverbrechen vor den Augen der Welt“,der bei Focus+ erschienen ist. IPG 26

 

 

 

 

NGOs fordern Systemreformen für faire Entwicklung

 

Laut dem aktuellen Schuldenreport 2025 sind über die Hälfte der einkommensschwachen Länder weltweit durch ihre Auslandsschulden extrem belastet. Misereor und erlassjahr.de sehen die Ursache im ungerechten Finanzsystem und fordern umfassende Reformen, um Menschenrechtsverletzungen und extreme Armut zu bekämpfen.

Die weltweite Schuldenkrise hat ein dramatisch hohes Niveau erreicht und droht, die Entwicklung in zahlreichen Ländern des Globalen Südens zu strangulieren. Das geht aus dem an diesem Montag veröffentlichten Schuldenreport 2025 hervor, der gemeinsam von Misereor und dem deutschen Entschuldungsbündnis erlassjahr.de herausgegeben wird. Die Analyse zeigt, dass das Problem weit über bloße finanzielle Engpässe hinausgeht: Die hohe Schuldenlast führt in vielen Fällen zu einer massiven Einschränkung des fiskalpolitischen Handlungsspielraums und gefährdet die Einhaltung grundlegender Menschenrechte.

Zum Nachhören - ein Statement von Klaus Schilder, Referent Verantwortliches Wirtschaften/Asien bei Misereor

„In mindestens 47 der 198 untersuchten Ländern müssen wir davon ausgehen, dass aufgrund der hohen Schuldenlast Menschenrechte verletzt werden“, erläutert Malina Stutz, Politische Referentin bei erlassjahr.de. Sie nennt als Beispiele Länder wie Pakistan und Kenia, die Umschuldungsverhandlungen bisher vermeiden, sowie Sri Lanka und Suriname, die trotz abgeschlossener Umschuldungen weiterhin unter einer sehr hohen Auslandsschuldenlast leiden. Weitere 28 Länder seien hoch belastet, und in 13 Ländern bestehe ein latentes Risiko.

Was die Zahlen aussagen

Die Zahlen sprechen eine deutliche Sprache: In den kommenden drei Jahren müssen die 47 am stärksten belasteten Länder durchschnittlich mindestens 15 Prozent ihrer Staatseinnahmen für Zins- und Tilgungszahlungen an ausländische Gläubiger aufwenden. „Ihr fiskalpolitischer Handlungsspielraum ist dadurch massiv eingeschränkt“, beschreibt Klaus Schilder, Experte für Entwicklungsfinanzierung bei Misereor, die gravierenden Folgen. Dies habe direkte Auswirkungen auf die Bevölkerung: „In diesen Ländern sind etwa 231 Millionen Menschen von extremer Armut betroffen. Das sind rund 18 Prozent der Bevölkerung und damit gut doppelt so viele wie im weltweiten Durchschnitt. Das ist ein echtes Armutszeugnis im 21. Jahrhundert.“ In vielen Fällen übersteigt der Schuldendienst sogar die Ausgaben für Bildung und Gesundheit, was die langfristige Entwicklung der betroffenen Länder massiv behindert.

Der Schuldenreport 2025 analysierte erstmals alle Länder weltweit und macht deutlich, dass insbesondere Staaten des Globalen Südens einem erhöhten Risiko ausgesetzt sind, in eine öffentliche Auslandsschuldenkrise zu geraten. Malina Stutz kritisiert, dass nationale Reformanstrengungen der Schuldnerstaaten allein das Krisenrisiko kaum verringern könnten. Sie seien weiterhin massiv benachteiligt, da ihr Zugang zu Kreditfinanzierungen im Vergleich zu Ländern mit höherer Bonität, wie Deutschland, deutlich erschwert sei. Hinzu komme die „untergeordnete Rolle ihrer Währungen in der internationalen Währungshierarchie“, die ein großes Hemmnis darstelle.

Tiefgreifende Reformen gefordert

Vor diesem Hintergrund fordern Misereor und erlassjahr.de „tiefgreifende Reformen der internationalen Finanzarchitektur“, um dauerhaft wirksame Lösungen zu schaffen. Sie sehen im Jahr 2025 eine „einmalige Chance zur Überwindung der globalen Schuldenkrise“, insbesondere mit Blick auf die 4. Internationale Konferenz für Entwicklungsfinanzierung (FfD4) vom 30. Juni bis 3. Juli 2025 in Sevilla. Schilder und Stutz appellieren an die neue Bundesregierung, sich klar zu positionieren und „Reformvorschläge aus dem Globalen Süden aufzugreifen.“ Dazu gehöre insbesondere die Unterstützung eines zwischenstaatlichen Prozesses unter dem Dach der Vereinten Nationen, „mit dem endlich ein faires Staateninsolvenzverfahren auf den Weg gebracht werden kann.“

Der jährlich erscheinende Schuldenreport analysiert die Belastung durch Auslandsschulden weltweit und beleuchtet die Rolle Deutschlands in der internationalen Entschuldungspolitik. Die diesjährige Veröffentlichung ist Teil der globalen zivilgesellschaftlichen Kampagne „Erlassjahr 2025 – Turn Debt into Hope“ (www.erlassjahr2025.de), die sich für eine gerechtere globale Finanzordnung einsetzt.

Der inzwischen verstorbene Papst Franziskus hatte für das laufende Heilige Jahr der Hoffnung seinen Appell zu einem Schuldennachlass für arme Länder erneuert.

(pm/misereor 26)

 

 

 

 

 

Statistikamt. Jeder vierte Mensch in Deutschland hat Einwanderungsgeschichte

 

In Deutschland hat gut jeder vierte Mensch eine Einwanderungsgeschichte. Wie das Statistikamt mitteilt, hat in einer bestimmten Altersgruppe sogar jeder Dritte Wurzeln im Ausland.

Rund 21,2 Millionen Menschen mit Einwanderungsgeschichte haben im vergangenen Jahr in Deutschland gelebt. Das waren etwa vier Prozent mehr als im Vorjahr, wie das Statistische Bundesamt in Wiesbaden mitteilte. Ihr Anteil stieg leicht auf 25,6 Prozent. „Damit hatte gut jede vierte Person in Deutschland eine Einwanderungsgeschichte“, hieß es.

Laut den Angaben zählen zu Menschen mit Einwanderungsgeschichte solche, die entweder selbst (erste Generation) oder deren beide Elternteile (zweite Generation) seit 1950 nach Deutschland eingewandert sind.

Fast jeder fünfte Mensch in Deutschland ist selbst eingewandert

Die Zahl der selbst Eingewanderten stieg um 4 Prozent auf knapp 16,1 Millionen Menschen, ihr Anteil an der Bevölkerung lag bei 19,6 Prozent. Zudem waren knapp 5,2 Millionen Menschen (plus 6 Prozent) direkte Nachkommen – also in Deutschland geborene Kinder von zwei seit 1950 eingewanderten Elternteilen. Bei weiteren 4,1 Millionen der in Deutschland Geborenen war nur einer der beiden Elternteile eingewandert. Sie werden der Definition nach nicht zur Bevölkerung mit Einwanderungsgeschichte gerechnet.

Auffällig ist das vergleichsweise junge Alter: So hat in der Gruppe der 20- bis 39-Jährigen etwa jeder Dritte (34 Prozent) eine Einwanderungsgeschichte. In der Gruppe der über 65-Jährigen waren es nur 14 Prozent. Und – so erklärten die Statistiker: „Die Bevölkerung mit Einwanderungsgeschichte war 2024 mit einem Durchschnittsalter von 38,2 Jahren etwa 9 Jahre jünger als die Bevölkerung ohne Einwanderungsgeschichte (47,4 Jahre).“

6,5 Millionen Menschen wanderten seit 2015 ein

Im Jahr 2024 lebten in Deutschland knapp 6,5 Millionen Menschen, die seit 2015 nach Deutschland eingewandert sind. Die Hauptherkunftsländer waren die Ukraine und Syrien. Die Gründe waren nach Angaben der Befragten vor allem Flucht, Asyl und internationaler Schutz (31 Prozent), Erwerbstätigkeit (23 Prozent) sowie Familienzusammenführung (21 Prozent). (dpa/mig 26)

 

 

 

 

 

„Täglich wird der Ukraine Ungerechtigkeit angetan“

 

Erzbischof Burger beendet Reise in der Kriegsregion

Mit einem Appell, in der solidarischen Unterstützung für die leidgeprüfte Bevölkerung in der Ukraine nicht nachzulassen, hat heute (24. Mai 2025) Erzbischof Stephan Burger (Freiburg), Vorsitzender der Kommission für caritative Fragen der Deutschen Bischofskonferenz, seine Reise in die Ukraine beendet. „Besonders eindrücklich waren für mich die Besuche auf dem Maidan und dem Soldatenfriedhof in Lwiw (Lemberg). Hier wurde spürbar, welches Leid aber auch welcher Durchhaltewillen in der ukrainischen Bevölkerung herrschen. Diese Orte, die Kriegsversehrten, denen man auf den Straßen begegnet und die nächtlichen Alarme führen immer wieder vor Augen, welche Ungerechtigkeit der Ukraine täglich angetan wird. In dieser Situation den Einsatz der Mitarbeiterinnen und Mitarbeiter der Caritas erleben zu dürfen, beeindruckt mich tief.“

In Kiew traf Erzbischof Burger sowohl den Apostolischen Nuntius in der Ukraine, Erzbischof Visvaldas Kulbokas, als auch den römisch-katholischen Erzbischof von Kyjiw-Schytomyr, Vitaliy Krywyzkiy. In den Gesprächen wurde deutlich, wie sehr sich die Kirche in der Ukraine mit den Partnern aus Deutschland verbunden fühlt. Die Solidarität und die caritative Hilfe seien spürbar und ein wichtiges Zeichen der Verbundenheit mit der unter dem Angriffskrieg nach wie vor leidenden Bevölkerung. Zugleich baten die Gesprächspartner, in dieser Verbundenheit nicht nachzulassen, da nur eine europäische Geschlossenheit zu einem gerechten Frieden führen könne.

Im Laufe der Reise, die Erzbischof Burger seit vergangenem Sonntag in die Ukraine geführt hat, wurden verschieden Projekte der Caritas Ukraine (ukrainisch-katholisch) und Caritas Spes (römisch-katholisch) besucht. Vor allem beeindruckten die Projekte für Kriegsversehrte und ihre Familien. Die Caritas bietet hier Unterstützung für Leib und Seele vor allem Rehabilitationsmaßnahmen und psychosoziale Betreuung stehen im Vordergrund. Männer, Frauen und Kinder werden im Umgang mit den nicht nur körperlichen Veränderungen, ihrer Trauer und ihrem Schmerz begleitet. Berührend ist auch die aufsuchende Hilfe für ältere und kranke Menschen, deren soziale Netze durch den Krieg zerstört wurden. „In 67 Zentren im Land erreicht die Caritas Notleidende. Dabei gehen die Mitarbeitenden oft große Risiken ein. Die Caritas wird ihr Angebot in Sozialzentren weiter ausbauen, vor allem auch für Kriegstraumatisierte und ihre Familien“, so Oliver Müller, Leiter von Caritas international und Vorstand des Deutschen Caritasverbandes für Internationales, Migration und Katastrophenhilfe. Auch das vielfältige Angebot für Kinder vor allem mit Behinderungen ist wichtiger denn je. Dass die Caritas seit Jahren sehr gute Arbeit leistet, wurde auch bei der Einweihung eines Sozialzentrums in Lwiw deutlich. Mehrere Vertreter städtischer und politischer Institutionen brachten ihren Dank für bisherige und Hoffnung auf künftige Kooperationen zum Ausdruck.

Erzbischof Burger erklärte abschließend: „Ich bewundere den Mut und die Hingabe, mit der die Mitarbeiterinnen und Mitarbeiter der Caritas hier täglich den Menschen zur Seite stehen. Wir haben als Kirche in Deutschland die Verantwortung, immer wieder Zeugnis davon abzugeben, welche Ungerechtigkeit und welches Leid durch den russischen Angriffskrieg den Menschen zugefügt wird und wie wichtig die Arbeit aller caritativen Partner ist. Dem selbstlosen Einsatz aller in der Caritas Tätigen ist es zu verdanken, dass Not gelindert und Zukunftsperspektiven eröffnet werden können.“ Dbk 24

 

 

 

 

 

Hilfe für Gaza: Kirchenvertreter schließen sich Papstappell an

 

Kirchenvertreter und Hilfsorganisationen haben sich dem Papstappell zu einem Waffenstillstand in Gaza und Hilfslieferungen für die notleidende Bevölkerung angeschlossen.

Das katholische Hilfswerk Caritas international forderte ein sofortiges Ende der Gaza-Blockade. Den Menschen dort fehle es an allem, mahnte Leiter Oliver Müller in einem Gastbeitrag für „Die Tagespost“ vom Freitag: „Ein Großteil der Kinder dort hungert, zwei Millionen Menschen und damit die gesamte Bevölkerung ist auf humanitäre Hilfe angewiesen.“

Die nun verkündete zeitlich begrenzte Zulassung von Hilfslieferungen sei zwar dringend notwendig, aber völlig unzureichend und „für humanitäre Organisationen wie Caritas international keine hinnehmbare Lösung“. Die von den USA und Israel beschlossene Methode, Hilfe für Gaza ausschließlich über einen durch das israelische Militär kontrollierten Mechanismus zu koordinieren, könne weder gewährleisten, „dass Menschen in Not ausreichend versorgt werden, noch entspricht der Verteilungsmechanismus den im Völkerrecht vorgeschriebenen humanitären Prinzipien von Menschlichkeit, Neutralität und Unparteilichkeit“.

Täglich unschuldige Opfer

Die Schweizer Bischofskonferenz schloss sich dem Appell von Leo XVI. an, damit „die unentbehrliche Hilfe die leidende Bevölkerung rasch erreicht“, wie die Bischöfe in einer Mitteilung schreiben. Die Gewalt, die täglich unschuldige Opfer fordere, „insbesondere unter Kindern, Alten und Kranken“, müsse endlich aufhören. Die internationale Gemeinschaft solle „ihre menschliche und politische Verantwortung für die Einhaltung der Konventionen wahrnehmen“, Antisemitismus verurteilen und die sofortige Freilassung der noch gefangenen Geiseln fordern. Die Bischöfe verurteilten zudem den Terrorismus.

Kein Frieden ohne Gerechtigkeit

„Wir wollen Gerechtigkeit und Frieden für die Menschen in Israel und Palästina, die volle Achtung aller Menschenrechte an den Orten, an denen unser Herr Jesus Christus gewandelt ist, und in der ganzen Welt.“

Die Kommission für Gerechtigkeit und Frieden der spanischen Bischofskonferenz mahnte in einem Aufruf zu einem „entwaffneten und entwaffnenden Frieden“ im Heiligen Land. „Wir wollen nicht, dass Attila den Gazastreifen durchquert, wir wollen keine Bomben oder Geiseln: wir wollen Gerechtigkeit und Frieden für die Menschen in Israel und Palästina, die volle Achtung aller Menschenrechte an den Orten, an denen unser Herr Jesus Christus gewandelt ist, und in der ganzen Welt“.

Angesichts der Eskalation, die „das Überleben der Menschen in Gaza bedroht“, forderte die Kommission die Einhaltung des humanitären Völkerrechts, die uneingeschränkte Zulassung von Hilfsgütern und die Aktivierung humanitärer Korridore. „Es gibt keinen Frieden ohne Gerechtigkeit, und es gibt keine Gerechtigkeit ohne Wiedergutmachung“, warnen sie und fordern ein Ende der Belagerung, einen Stopp der Bombardierung und einen Stopp der Wiederaufrüstung. „Wir sind aufgerufen, Brücken der Toleranz, des Dialogs und der Gerechtigkeit für alle Völker und Verhältnisse zu bauen“, so die Kommission.

Niederlage der Menschlichkeit

Eine „Niederlage der Menschlichkeit" stellt dem Abt der Jerusalmer Dormitio-Abtei, Nikodemus Schnabel, zufolge die Situation in Gaza dar. „Ich mag nicht glauben, dass es keine Alternative zum Töten gibt", sagte der seit 22 Jahren in Jerusalem lebende Ordensmann im Interview mit der Linzer „KirchenZeitung". Als Teil der christlichen Minderheit sei er nicht parteiisch: „Wir sind nicht pro Israel, wir sind nicht pro Palästina. Wir sind pro Mensch." Es ist zwar herausfordernd, Christ im Heiligen Land zu sein, „aber es verbietet sich eine Schwarz-Weiß-Malerei", so Schnabel.

„Viele Aussagen von Politikern sind eine billige Ausrede, sich nicht an den Verhandlungstisch zu begeben.“

Drohender Hungertod

Laut UNO-Angaben droht im Gazastreifen aktuell 14.000 Kinder der Hungertod, wenn nicht sofort lebensrettende Hilfe eintrifft. Nahezu 2,1 Millionen Menschen, die Hälfte davon Kinder, lebten in einer Situation schwerer Ernährungsunsicherheit. „Die wenigen Lastwagen, die gekommen sind, reichen nicht aus“, merkte die Hilfsorganisation Save the Children an. Sie forderte einen „vollständigen und sicheren Zugang für humanitäre Hilfe“ und „Finanzierung“. „Jedes Kind hat das Recht zu überleben. Sogar im Krieg“, betonte Daniela Fatarella, die Generaldirektorin von Save the Children für Italien.

Friedensappelle des Papstes

Am Sonntag und am Mittwoch hatte Papst Leo XIV. erneut ein Ende des Gaza-Kriegs gefordert und auf die katastrophale Situation verwiesen. (vn 23)

 

 

 

 

 

Kommission fordert neue Strategie im Umgang mit dem Globalen Süden

 

Deutschland droht, ohne neue Allianzen und eine strategischere Entwicklungspolitik den Anschluss zu verlieren – davor warnt eine Expertenkommission. Ihr Bericht fordert konkrete Reformen im Umgang mit Ländern des Globalen Südens.

Eine unabhängige Expertenkommission hat eine grundlegende Neuausrichtung der deutschen Außen- und Entwicklungspolitik zu Ländern des Globalen Südens gefordert. „Die Welt wartet nicht. Deutschland muss sich jetzt klug aufstellen und klären, welche Rolle es in der Zukunft spielen will“, sagte die Vorsitzende und ehemalige Verteidigungsministerin Annegret Kramp-Karrenbauer (CDU) bei der Vorstellung des Abschlussberichts am Mittwoch in Berlin. Sie sprach von „massiven geopolitischen Verschiebungen“, bei denen die Länder des Globalen Südens an Bedeutung gewinnen, während der Westen in die Defensive gerate.

Die zehnköpfige Expertenkommission „Welt im Umbruch – Deutschland und der Globale Süden“ betont in ihrem Bericht, dass Deutschland ohne neue Allianzen, diversifizierte Märkte und eine strategische Einwanderungspolitik für Fachkräfte den Anschluss zu verlieren drohe.

Fast jeder vierte Arbeitsplatz in Deutschland hänge vom Export ab und jeder zweite Euro werde im Ausland verdient. Gleichzeitig entfielen bereits heute etwa 35 Prozent der weltweiten Wirtschaftsleistung auf die BRICS-Staaten (Brasilien, Russland, Indien, China, Südafrika), während die G7-Länder nur noch 30 Prozent erwirtschafteten.

Empfehlung: Einrichtung einer Einwanderungsagentur

Zu den zentralen Empfehlungen des Berichts gehören unter anderem eine strategischere Ausrichtung der Entwicklungszusammenarbeit, die Aufwertung des Bundessicherheitsrates, die Förderung privater Investitionen im Globalen Süden, sowie die Einrichtung einer nationalen Einwanderungsagentur, die Arbeitsmigration vereinfachen soll. Zudem fordern die Expertinnen und Experten neue politische Initiativen, um verschuldeten Ländern unter die Arme zu greifen.

Dabei geht es laut dem Exekutivdirektor der Weltbankgruppe für Deutschland, und Kommissionsmitglied, Michael Krake, darum, private Gläubiger mit gesetzlichen Regelungen stärker zur Verantwortung zu ziehen.

Digitale Agentur für Fachkräfteeinwanderung

Im Bereich der internationalen Klimafinanzierung schlagen die Expertinnen und Experten die Einrichtung sogenannter Steuerclubs vor. Diese könnten durch eine gemeinsame Besteuerung etwa des internationalen Flug- und Schiffsverkehrs erhebliche Mittel für die Klimafinanzierung generieren. So würden einseitige Belastungen etwa für den Wirtschaftsstandort vermieden, erläuterte Kramp-Karrenbauer.

Bereits im Januar vor der Bundestagswahl hat die Kommission einige Handlungsempfehlungen veröffentlicht. Einige der Vorschläge finden sich in ähnlicher Form im Koalitionsvertrag von Union und SPD wieder. So will die Bundesregierung einen nationalen Sicherheitsrat und eine digitale Agentur für Fachkräfteeinwanderung („Work-and-stay-Agentur“) einrichten.

Experten für Einhaltung von Menschenrechten

Die Expertengruppe spricht sich zudem dafür aus, nicht nur Deutschlands Werte wie die Einhaltung der Menschenrechte, sondern auch die eigenen Interessen im Umgang mit den Ländern des Globalen Südens deutlich zu benennen. Für viele Länder sei das eine „Frage des Respekts und der Augenhöhe“, sagte Kramp-Karrenbauer.

Die Kommissionsmitglieder wollten den Bericht am Mittwochnachmittag an Kanzleramtsminister Thorsten Frei (CDU) überreichen. Die zehnköpfige Expertenkommission besteht aus führenden Persönlichkeiten aus Politik, Wirtschaft und Wissenschaft und Zivilgesellschaft, darunter auch der ehemalige Außenminister Joschka Fischer (Grüne). Die Expertengruppe wurde von dem Thinktank „Global Perspectives Initiative“ einberufen. Der Abschlussbericht basiert auf umfangreichen Recherchen und Gesprächen mit Expertinnen und Experten aus Afrika, Asien, Lateinamerika und Europa. (epd/mig 23)

 

 

 

 

 

Rechtsterrorismus. „Letzte Verteidigungswelle“ plante Anschläge auf Asylunterkünfte

 

Fünf junge Rechtsextremisten sollen sich an einer rechten Terrorzelle beteiligt haben. Die Bundesanwaltschaft geht mit Festnahmen und Durchsuchungen gegen die Gruppe vor. Vorwurf: Anschläge auf Asylunterkünfte geplant. Von Anne-Béatrice Clasmann und Jacqueline Melcher

Er soll sich als jüngstes Mitglied an einer mutmaßlichen rechten Terrorgruppe beteiligt haben, jetzt ist ein 14-jähriger Jugendlicher aus dem Raum Haiger in Mittelhessen in Untersuchungshaft genommen worden. Die Bundesanwaltschaft war am frühen Mittwochmorgen in mehreren Bundesländern gegen die mutmaßliche Terrorgruppe vorgegangen.

Insgesamt fünf Verdächtige zwischen 14 und 18 Jahren hatte die oberste Strafverfolgungsbehörde festnehmen lassen, darunter auch den Jugendlichen aus dem Lahn-Dill-Kreis. Neben ihm sind zwei weitere der Jugendlichen bereits in Untersuchungshaft. Der Ermittlungsrichter am Bundesgerichtshof eröffnete ihnen die Haftbefehle und setzte diese in Vollzug, wie eine Sprecherin der Bundesanwaltschaft mitteilte. Die zwei übrigen Beschuldigten sollen am Donnerstag ebenfalls in Karlsruhe vorgeführt werden.

Verteidiger der „Deutschen Nation“?

Die Jugendlichen seien Mitglieder – in einem Fall Unterstützer – einer rechtsextremistischen Terrorvereinigung, die sich „Letzte Verteidigungswelle“ nennt, so der Vorwurf der Bundesanwaltschaft. Mit Brandanschlägen auf Asylbewerberheime und linke Einrichtungen wollte die Gruppe demnach das demokratische System der Bundesrepublik zum Zusammenbruch bringen. Sie verstehe sich als letzte Instanz zur Verteidigung der „Deutschen Nation“, heißt es in einer Mitteilung der Karlsruher Behörde.

An den Festnahmen und Durchsuchungen waren den Angaben zufolge mehr als 220 Polizeibeamte von Bundeskriminalamt (BKA) und Bundespolizei sowie Polizeikräfte aus Brandenburg, Sachsen, Mecklenburg-Vorpommern, Thüringen und Mittelhessen beteiligt.

Hessische Linke besorgt

Aus Sicht der hessischen Partei Die Linke zeigt die Zerschlagung einer mutmaßlichen rechten Terrorzelle und die Festnahme in Hessen „einmal mehr auf besorgniserregende Art und Weise, wie groß die Gefahr von rechts ist“, wie Linke-Landesvorsitzender Jakob Migenda laut Mitteilung erklärte. Die Hintergründe müssten vollumfänglich aufgeklärt werden. Besonders erschreckend sei, dass die mutmaßlichen Mitglieder der Gruppe teils noch minderjährig gewesen seien. „Insgesamt erleben wir aktuell eine massive Zunahme bei rechtsextremen Straftaten. Hierauf gibt die schwarzrote Landesregierung bislang keine Antwort“, so Migenda.

Brandanschläge auf Asylbewerberheime

Drei brutale Anschläge und Anschlagspläne rechnet die Bundesanwaltschaft der Gruppe zu. Teils sollen sie von den jüngst Festgenommenen geplant oder begangen worden sein, teils von drei weiteren Beschuldigten, die schon in Untersuchungshaft sitzen. Es geht um einen Brandanschlag auf ein Kulturhaus in Altdöbern im Süden Brandenburgs, einen versuchten, aber erfolglosen Anschlag auf ein Asylbewerberheim in Schmölln in Thüringen und Anschlagspläne für eine Asylunterkunft im brandenburgischen Senftenberg.

Der Anschlag in Senftenberg konnte wohl dank Hinweise eines Reporterteams von „stern“/RTL verhindert werden. Im Februar hatten Ermittler in Sachsen nach Angaben der Generalstaatsanwaltschaft Dresden eine Wohnung und eine weitere Immobilie durchsucht und dabei Sprengstoff in Form von zwei Kugelbomben, Schlagringe, Einhandmesser, Munition, Schreckschuss- und Softairwaffen gefunden. Ein 21-jähriger Deutscher wurde festgenommen. Die Recherchen des Reporterteams halfen auch bei der Aufklärung des Anschlags auf das Kulturhaus in Altdöbern.

Richter entscheidet über Untersuchungshaft

Die fünf am Mittwoch Festgenommenen wurde laut Bundesanwaltschaft in Mecklenburg-Vorpommern (Wismar und Landkreis Rostock), Brandenburg (Landkreis Oberspreewald-Lausitz) und Hessen (Lahn-Dill-Kreis) gefasst. Die Polizei durchsuchte dort ebenso wie in Sachsen (Landkreis Leipzig) und Thüringen (Landkreis Altenburger Land und Ilm-Kreis) insgesamt 13 Objekte.

Die Jugendlichen sollten noch im Laufe des Tages nach Karlsruhe gebracht und dort dem Ermittlungsrichter am Bundesgerichtshof vorgeführt werden. Dieser entscheidet, ob sie in Untersuchungshaft kommen. Bis auf einen sind alle Beschuldigten Minderjährige. Aufgrund ihres Alters müssen einige von ihnen mit ihren Eltern vor dem Ermittlungsrichter in Karlsruhe erscheinen.

Zeitgleich zu den Maßnahmen der Bundesanwaltschaft durchsuchten rund 100 Polizeikräfte im Zusammenhang mit Ermittlungen zu einer rechtsextremen Chatgruppe junger Menschen in Mecklenburg-Vorpommern sechs Objekte in den Landkreisen Nordwestmecklenburg und Rostock. In der Gruppe sollen mehrere Menschen rechtsextreme Inhalte ausgetauscht und zu Straftaten aufgerufen haben, wie das Landeskriminalamt (LKA) mitteilte. Bei den Beschuldigten handelt es sich den Angaben zufolgae mehrheitlich um Heranwachsende und vereinzelt um Jugendliche. (dpa/mig 22)

 

 

 

 

Vatikan und Italien erörtern Möglichkeiten für Ukraine-Friedensdialog

 

Italiens Regierungschefin Giorgia Meloni hat das Vermittlungsangebot des Vatikans im Ukraine-Krieg bestätigt. Laut dem Palazzo Chigi, dem Büro der Ministerpräsidentin, führte Meloni am Dienstag ein Telefonat mit Papst Leo XIV., in dem sie die Bereitschaft des Heiligen Stuhls für mögliche Verhandlungen erörterte.

Meloni erklärte, dass das Telefonat mit Papst Leo XIV. direkt auf ihre Gespräche mit US-Präsident Donald Trump und anderen europäischen Staatschefs gefolgt sei. Dabei sei sie gebeten worden, die Option des Vatikans als Verhandlungsort zu prüfen – eine Möglichkeit, die der Papst bestätigte.

Bereits am Montagabend hatte Donald Trump nach einem Gespräch mit Russlands Präsident Wladimir Putin die Aussicht auf baldige Verhandlungen zwischen Russland und der Ukraine im Vatikan in den Raum gestellt.

Internationale Reaktionen auf das Angebot des Vatikans

Der Kreml-Sprecher Dmitri Peskow bestätigte gegenüber der staatlichen Nachrichtenagentur Tass, dass Russland sich dieses Angebots bewusst sei und dass der Vatikan eine entsprechende Erklärung abgegeben habe. Allerdings gebe es bisher keine konkreten Vereinbarungen über den tatsächlichen Austragungsort zukünftiger Gespräche.

Auch die Ukraine prüft verschiedene Optionen für direkte Verhandlungen. Präsident Wolodymyr Selenskyj schrieb auf X, dass sein Land zu Verhandlungen in jedem Format bereit sei, das zu Ergebnissen führe. Wörtlich schrieb er. „Die Türkei, der Vatikan, die Schweiz – wir prüfen alle möglichen Orte.“

Selenskyj dankte Papst Leo XIV. ausdrücklich für dessen Bereitschaft, den Vatikan als möglichen Ort für Verhandlungen zwischen Moskau und Kyiv bereitzustellen.

Der Vatikan selbst äußerte sich bislang nicht offiziell zu dem Angebot.

(kap/ansa 21)

 

 

 

 

 

Global Report on Food Crises. Zahl der Hungernden 2024 auf neuem Höchststand

 

Immer mehr Menschen sind weltweit von akutem Hunger betroffenen. Damit setzt sich der negative Trend weiter fort. Besonders in Gaza und im Sudan ist einem aktuellen Bericht zufolge die Not unvorstellbar. Kürzungen von Hilfen verstärken die Not zusätzlich.

Weltweit hungern laut einem Experten-Bericht der EU, der UN und verschiedener Organisationen zunehmend mehr Menschen. Im vergangenen Jahr seien 295 Millionen Menschen in 53 Ländern von akuter Ernährungsunsicherheit betroffen, heißt es in dem „Global Report on Food Crises 2025“. Das seien 13,7 Millionen hungernde Menschen mehr als im Vorjahr. Diese Zahl markiere einen neuen Höchststand und setze den alarmierenden Trend der zurückliegenden sechs Jahre fort, warnte die Hilfsorganisation „Aktion gegen den Hunger“.

Jan Sebastian Friedrich-Rust, Geschäftsführer der Aktion gegen den Hunger in Deutschland, sagte: „Besonders besorgniserregend ist, dass sich die Zahl der Menschen, die sich in akuter Notlage oder sogar in Hungersnot befinden, innerhalb eines Jahres verdoppelt hat.“

Große Not in Gaza und im Sudan

Betroffen seien insbesondere Menschen in Kriegs- und Konfliktregionen, heißt es in dem Bericht. In Gaza und im Sudan habe die Not von Kindern und Erwachsenen ein schier unvorstellbares Ausmaß angenommen. Auch in Myanmar und in Haiti verhindere anhaltende Gewalt, dass Menschen Zugang zu Nahrung erhielten.

Die Klimakrise verschärfe ebenso die Hungerkrise. Dürren, Überschwemmungen und Extremwetter bedrohten die Existenzen von Millionen Menschen in Äthiopien, Pakistan oder Afghanistan.

Kürzung von Hilfen gefährden Programme

Zudem gefährdeten die „dramatischen Kürzungen humanitärer Hilfe“ durch die USA und anderer Geberländer das Fortführen lebenswichtiger Programme. Mindestens 14 Millionen Kinder könnten den Zugang zu Ernährungshilfe verlieren. Die Finanzierung für Ernährungshilfe drohe weltweit um bis zu 45 Prozent zurückzugehen.

Der Bericht wurde im Auftrag des Global Network Against Food Crises erstellt, in dem verschiedene Hilfsorganisationen der UN, die Weltbank und nationale Institutionen zusammengeschlossen sind. (epd/mig 21)

 

 

 

 

 

Was ändert sich im Migrationsrecht - und was sagen Fachleute?

 

Asyl, Migration, Flüchtlinge, Integration - die Thematik spielte eine zentrale Rolle im Bundestagswahlkampf in Deutschland. Der neue Bundeskanzler Friedrich Merz von der CDU hat angekündigt, ein viel restriktiveres Migrationsrecht in Deutschland umzusetzen. Die Spannung war deshalb groß, was sich von seinen Vorstellungen im Koalitionsvertrag von CDU, CSU und SPD wiederfinden würde.  Michael C. Hermann - Stuttgart

„Wir wollen mehr in Integration investieren (…) Damit sorgen wir für eine Integration von Anfang an. Eine verpflichtende Integrationsvereinbarung soll künftig Rechte und Pflichten definieren.“ So schreiben es CDU/CSU und SPD in ihrer Vereinbarung. Ein Kongress in der katholischen Akademie in Stuttgart beschäftigte sich mit der Ausgangssituation und mit dem, was kommen soll. Die Formulierung finde Zustimmung bei kirchlichen Akteuren, sagt Alexander Kalbarczyk von der Deutschen Bischofskonferenz am Rand der Konferenz gegenüber unserem Korrespndenten Michael Hermann. Man freue sich, „dass es verstärkte Maßnahmen geben soll zur Verbesserung der Integration, dass die Integrationsdienste auch auskömmlich finanziert werden sollen. Das sind positive Signale. Auch dass Deutschland sich insgesamt als Einwanderungsland sieht und humanitären Verpflichtungen nachkommen will. Das sind alles positive Signale.“

Nicht in die Koalitionsvereinbarung geschafft hat es die Forderung, das individuelle Recht auf Asyl abzuschaffen. Diese Idee wurde zuvor von einigen Politikern, beispielsweise vom neuen Kanzleramtsminister Thorsten Frei von der CDU, stark gemacht. Alexander Kalbarczyk: „Wir freuen uns über das klare Bekenntnis zum individuellen Asylrecht. Da zählen wir auch darauf, dass sich die Koalitionäre zu diesem Bekenntnis gebunden fühlen, dass es dabei bleibt“.

Nicht sichergestellt, dass Schutzbedürftige bleiben dürfen

Weiter aus dem Koalitionsvertrag: „Abgelehnte Asylbewerber müssen unser Land wieder verlassen. Wir wollen die freiwillige Rückkehr besser unterstützen, indem wir Anreize und die Rückkehrberatung stärken. Wenn dies nicht freiwillig geschieht, muss die Ausreisepflicht staatlich durchgesetzt werden. (…) Die Bundesregierung wird umfassende gesetzliche Regelungen erarbeiten, um die Zahl der Rückführungen zu steigern.“

Eine solche reformatorische Transformation fordert beispielsweise der Konstanzer Rechtsprofessor und Migrationsexperte Daniel Thym und meint damit: „Das Asylrecht in Deutschland und in Europa sieht so aus, dass wir die Einreise extrem schwierig und gefährlich machen. Aber alle, die dann nach Europa kommen, dürfen dann meistens faktisch auch bleiben, auch wenn sie gar kein Schutzbedarf haben.“ Das sei wirklich unbefriedigend. Es sei nicht sichergestellt, dass diejenigen in Deutschland bleiben dürften, die den Schutz am nötigsten haben, so Thym.

Rückführungsprogramme stoßen dagegen auf wenig Begeisterung bei den Kirchen. Alexander Kalbarczyk: „Wir haben große Fragezeichen, wenn es darum geht, Rückführungsoffensiven zu starten. Die Frage wird einfach nur sein: Wenn man auf bestimmte restriktive Maßnahmen setzt und dadurch das migrationspolitische Klima verschärft, wie soll es dann gelingen, auch für Einwanderer attraktiv zu sein und Migration menschenwürdig zu gestalten?“

Gerichtsentscheide bleiben wirkungslos

Sorge macht den Migrationsexperten auch, dass gerichtliche Entscheidungen nicht mehr die Autorität entwickeln wie früher. Hier lässt die Trump-Administration grüßen, die bekanntlich auch gegen den expliziten Wortlaut von Gerichten Abschiebungen vornimmt. Ulrich Maidowski vom Bundesverfassungsgericht: „Wir beobachten in den letzten zwei, drei Jahren, dass sich allmählich mehr Fälle einstellen, wo wir feststellen müssen, dass eine Gerichtsentscheidung von der Verwaltung einfach nicht beachtet worden ist, dass das autoritäre Urteil eines Gerichts nicht mehr befolgt wird.“

Und wieder ein Blick in den Koalitionsvertrag: „Wir setzen den Familiennachzug zu subsidiär Schutzberechtigten befristet für zwei Jahre aus. Härtefälle bleiben hiervon unberührt. Danach prüfen wir, ob eine weitere Aussetzung der zuletzt gültigen Kontingentlösung im Rahmen der Migrationslage notwendig und möglich ist.“

Die Aussetzung des Familiennachzugs in Deutschland und ebenso in Österreich wird von den Kirchen recht kritisch gesehen, sagt Kerstin Düsch-Wehr vom Katholischen Büro Berlin: „Die sich daran anschließende Prüfung, ob der Familiennachzug auch dauerhaft ausgesetzt wird, sehen wir auch verfassungsrechtlich bedenklich. Für eine Familie ist eine dauerhafte oder langfristige Trennung ein Hindernis. Familien werden zerstört. Wenn Eltern und Kinder für lange Zeit getrennt werden, ist das für beide Seiten sehr schmerzlich“, so Kerstin Düsch-Wehr.

Weitere Informationen zur Konferenz finden Sie hier:

https://www.akademie-rs.de/veroeffentlichungen/meldungen/einzelansicht/fuer-menschenrechte-in-der-migrationspolitik   (vn 20)

 

 

 

 

 

Eine Hand wäscht die andere

 

Albaniens Ministerpräsident Edi Rama will in die EU – und setzt auf Abschiebelager für Italien, um sich Melonis Unterstützung zu sichern. Katharina Hofmann De Moura

Edi Rama ist nicht nur frisch wiedergewählter Premierminister Albaniens, sondern auch Künstler, ehemaliger Kulturminister, und einst Bürgermeister der Hauptstadt Tirana. Er weiß, wie man Politik psychologisch und visuell inszeniert – und nutzt dieses Talent gezielt. Er ist Meister darin, sein Land nach außen als fortschrittlich und EU-kompatibel darzustellen. Beim jüngsten Gipfel der Europäischen Politischen Gemeinschaft in Tirana kniet er auf dem roten Teppich vor Giorgia Meloni – derzeit die mächtigste Frau Europas. Rama weiß warum, die Geste war kalkuliert: Albanien will unbedingt in die Europäische Union und gilt derzeit als aussichtsreichster Kandidat. Die Eröffnung des ersten Clusters zur EU-Erweiterung im Oktober 2024 und die Zusage der Aufnahme bis 2030 löste Euphorie aus. Weitere vier Cluster sollen dieses Jahr folgen, eine Art „High-Speed-Integration“. Die albanische Bevölkerung befürwortet den Beitritt und sieht sich in jeder Hinsicht als Teil des westlichen Bündnisses, Albanien ist Mitglied der NATO. Das ist viel wert in Zeiten abnehmender geopolitischer und wirtschaftlicher Macht Europas und vor allem im Kontext des Krieges gegen die Ukraine.

Kurz vor dem Gipfel fand am 11. Mai die albanische Parlamentswahl statt – die europäische Öffentlichkeit schenkte ihr relativ wenig Beachtung. Dabei war das Ergebnis bemerkenswert: Edi Rama und seine Sozialistische Partei gewannen die Wahl mit sagenhaften 53 Prozent der Stimmen und sicherten sich damit 83 von 140 Sitzen. Rama sitzt damit fester denn je zuvor im Zentrum der Macht des kleinen Landes mit nur zwei Millionen Einwohnern. In den kommenden vier Jahren wird sich die Frage klären, ob die EU einen autokratischen Führer „light“ oder einen „Stabilokraten“ aus dem Balkan in der EU haben möchte. Es spricht einiges dafür und auch einiges dagegen. Edi Rama hat aber einen Trumpf in der Tasche: eine vermeintliche Lösung für das europäische Migrationsdilemma. Denn die extraterritorialen Abschiebezentren Italiens in Albanien schaffen einen Präzedenzfall für die Auslagerung von Asylverfahren in ein EU-Partnerland.  Dabei blicken Italien und Albanien auf eine lange Geschichte der Migrationskooperation zurück. In den 1990er Jahren erlebte das postkommunistische Albanien eine Massenauswanderung u.a. nach Italien. Italien unterstützte die verarmten Albaner und so entstand eine Beziehung, die Rama als „historische Freundschaft“ bezeichnet. Auf dieser Grundlage sollten Asylverfahren von Italien nach Albanien ausgelagert werden.

Das bilaterale Abkommen erlaubt es Italien, jährlich bis zu 36 000 Menschen zur Bearbeitung ihrer Asylanträge in zwei von Italien betriebene Zentren nach Albanien zu überstellen – so der Plan. Das Abkommen wurde von seinen Befürwortern als „unkonventionelle“ Lösung für das Problem der irregulären Migration angepriesen, birgt aber erhebliche juristische und menschenrechtliche Risiken. Trotz Bedenken, dass die Unterbringung von Migranten aus Drittstaaten gegen die albanische Verfassung und das Völkerrecht verstoßen könnte, wurde es in beiden Ländern ratifiziert. Die italienische Rechtsregierung begrüßte dies als „historischen Schritt“. Die EU-Institutionen wurden zwar informiert, waren aber nicht beteiligt. Die ersten Überstellungen fanden im Oktober 2024 statt: Ein Schiff der italienischen Marine brachte 16 Migranten nach Albanien. Gemäß italienischem Recht muss jede Inhaftierung von Asylsuchenden richterlich bestätigt werden; der zuständige Richter verweigerte jedoch die Genehmigung. Italien hatte die Herkunftsländer der Betroffenen – Bangladesch und Ägypten – als „sicher“ eingestuft, was ein grundsätzlich verkürztes Asylverfahren ermöglicht. Nur zwei Wochen zuvor hatte der Europäische Gerichtshof entschieden, dass ein Land jedoch nicht als „sicher“ gelten kann, wenn es Ausnahmen gibt. Unter Berufung auf dieses Urteil erklärte das Gericht in Rom die Schnellverfahren für unzulässig. Die Asylsuchenden wurden aus dem beschleunigten Offshore-Verfahren entfernt und in das reguläre italienische Asylverfahren überführt. Ein herber Rückschlag für Giorgia Meloni wie auch für Edi Rama.

Die italienische Regierung legte umgehend Berufung gegen die Entscheidung ein und bemühte sich, den Rechtsrahmen anzupassen. Doch auch bei den nächsten Überstellungen – Ende 2024 und im Januar 2025 – lehnten italienische Gerichte die Inhaftierung der insgesamt 73 Asylsuchenden in Albanien ab. Innerhalb weniger Tage wurden sie zurück nach Italien gebracht. Ende März 2025 kündigte Meloni schließlich an, dass die albanischen Einrichtungen künftig als Abschiebehaft-Zentren für Personen genutzt werden, deren Schutzanträge in Italien bereits abgelehnt wurden. Mit dieser Umstellung sind im April 40 Männer unterschiedlicher Nationalitäten in Albanien angekommen – alle waren zuvor rechtskräftig abgelehnt worden. Nach italienischem Recht können sie nun bis zu 18 Monate inhaftiert werden, bis ihre Abschiebung möglich ist. Erstmals verlegte damit ein EU-Mitgliedstaat abgelehnte Asylbewerber in ein Drittland, das weder Herkunfts- noch Transitstaat ist.  EU-Kommissionspräsidentin Ursula von der Leyen begrüßte den Pakt zwischen Italien und Albanien als Beispiel für „gerechte Aufgabenteilung“ zwischen der EU und Partnerstaaten.

Melonis Machterhalt hängt von der Migrationssteuerung ab. Mit dem Versprechen, die illegale Einwanderung an der Küste Italiens zu stoppen, hatte sie den Wahlkampf gewonnen – bisher aber keine sichtbaren Erfolge erzielt. Edi Rama könnte ihr zu einem erneuten Sieg verhelfen und sie ihm im Gegenzug sein Wahlversprechen verwirklichen lassen – den EU-Beitritt. Dieser wäre in der aktuellen Verfasstheit Albaniens alles andere als selbstverständlich, denn die institutionellen Schwächen des Landes sind gravierend. So war die Verhaftung des Bürgermeisters von Tirana im Februar ein sehr  schattiger Moment für die regierende Sozialistische Partei (SP). Erion Veliaj – Vorstandsmitglied der SP und Vertrauter Ramas – wurde von der Sonderstaatsanwaltschaft für Korruption und organisierte Kriminalität angeklagt und inhaftiert. Ihm werden Bestechungsannahme in neun Fällen, Geldwäsche und Verschleierung von Einkünften vorgeworfen. Berichte renommierter Organisationen belegen, dass Albanien ein „Hub“ der internationalen organisierten Kriminalität ist, auch hier ist die geografische Lage zentral.

Albaniens Zugang zur Adria und damit zum globalisierten maritimen Güterverkehr schafft die Voraussetzung für den illegalen Handel. Insbesondere Kokain aus Ecuador wird als Geldquelle der albanischen kriminellen Netzwerke identifiziert. Das Geld wird im Bausektor gewaschen, was in Form moderner und oft leerstehender Gebäude für die Bevölkerung sichtbar ist – und zu surrealen Immobilienpreisen führt. Auch Benzin und Lebensmittel sind teuer, die Löhne hingegen niedrig. Der aufblühende Tourismus ist zwar positiv für die Wirtschaft, führt aber auch zu steigenden Preisen und schafft kaum lokale Arbeitsplätze. Die soziale Absicherung bleibt schwach – ein entscheidender Indikator für die EU-Erweiterung, der bislang klar verfehlt wird. Hinzu kommt ein dramatischer Braindrain. Vor allem gut ausgebildete junge Menschen verlassen das Land – ein Verlust an menschlichem Kapital, der sich selbst verstärkt: Ohne Ärztinnen und Ärzte, Pflegekräfte und Fachkräfte sinkt die Lebensqualität weiter. Albanien mag politisch auf dem Weg nach Europa sein. Doch ökonomisch, sozial und rechtsstaatlich steht das Land vor einer Zerreißprobe – und damit auf wackligem Grund für einen glaubwürdigen EU-Beitritt.

Aber in Zeiten politischer Deals à la Trump verlieren innenpolitische Glaubwürdigkeit und rechtsstaatliche Standards zunehmend an Gewicht. Auch in Europa dominiert die Logik „eine Hand wäscht die andere“: Der Pakt zwischen Giorgia Meloni und Edi Rama folgt genau diesem Muster. Migration wird zum politischen Tauschmittel, internationale Normen werden dabei flexibel ausgelegt. Auch die neue deutsche Bundesregierung hat im Koalitionsvertrag zur EU-Erweiterung lediglich formuliert, dass eine Reform des Einstimmigkeitsprinzips Vorrang haben müsse. Wie diese Reform gelingen soll, wird jedoch nicht aufgezeigt. Für Albanien bleibt also nur, sich als lösungsorientierter Partner auf dem Feld der Migrationspolitik anzubieten, um so in die EU zu gelangen. Dass es dabei um Menschen geht und internationales Recht uminterpretiert wird, wird offensichtlich in Kauf genommen. Besonders bitter ist dabei die Ironie des albanischen Kurses: Ein Land, das selbst unter enormer Abwanderung leidet, nimmt nun andere Migranten auf – nicht aus humanitären Gründen, sondern aus geopolitischem Kalkül. Die Formel lautet dabei: Andere müssen raus aus der EU, damit wir rein können. IPG 20

 

 

 

 

 

Kriminalisierung von Seenotrettung

 

Italiens Verfassungsgericht prüft umstrittenes Gesetzes, das zivile Rettungsaktivitäten massiv bestraft

Berlin. Am 21. Mai wird das italienische Verfassungsgericht erstmals Argumente zur Verfassungsmäßigkeit eines Gesetzes prüfen, das Sanktionen gegen Seenotrettungsorganisationen vorsieht. Das berichteten heute Human Rights Watch (HRW) und das European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR). Beide Organisationen haben an diesem historischen Verfahren mitgewirkt und schriftliche Stellungnahmen zu den völkerrechtlichen Verpflichtungen Italiens eingereicht.

„Die Entscheidung des Verfassungsgerichts könnte weitreichende Auswirkungen auf Italiens maritime Politik und den Schutz der Menschenrechte an den Grenzen Europas und auf See haben“, sagte Judith Sunderland, stellvertretende Direktorin für Europa und Zentralasien bei HRW. „Unsere Organisationen haben sich an diesem Fall beteiligt, weil grundlegende Rechte und Prinzipien auf dem Spiel stehen – es geht darum, auf See Leben zu retten und Menschen vor traumatisierenden Übergriffen zu schützen.“

Im Mittelpunkt des Verfahrens stehen italienische Regierungsmaßnahmen, die Rettungskapazitäten im zentralen Mittelmeer – einer der tödlichsten Migrationsrouten der Welt – stark beschränken. Im Oktober 2024 wandte sich das Gericht in Brindisi mit drei Fragen an das Verfassungsgericht. Sie betreffen das sogenannte Piantedosi-Dekret. Es ermöglicht italienischen Behörden, Rettungsschiffe mit Geldstrafen zu belegen und festzusetzen. Als eine der zahlreichen Begründungen dafür führt das Dekret die angebliche Nichtbefolgung von Anweisungen der libyschen Küstenwache an.

Zu klären ist nun, ob Bestimmungen des Piantedosi-Dekrets gegen Grundsätze der italienischen Verfassung wie Verhältnismäßigkeit, Angemessenheit und Rechtsklarheit verstoßen. Gleichzeitig geht es um die Frage, ob sie verbindlichen völkerrechtlichen Verpflichtungen sowie dem EU-Recht entsprechen. Diese Einwände waren ursprünglich von der Nichtregierungsorganisation SOS MEDITERRANEE vorgebracht worden, in einer Klage gegen die mit dem Dekret begründete Festsetzung ihres Rettungsschiffs Ocean Viking durch italienische Behörden.

In separaten, vom Verfassungsgericht zugelassenen, Amicus Curiae-Stellungnahmen argumentieren HRW und ECCHR, dass die Verpflichtung von Rettungsschiffen, den Anweisungen der libyschen Küstenwache zu folgen, gegen den Grundsatz der Nichtzurückweisung verstößt. Dieser Grundpfeiler des Völkerrechts verbietet die Zurückführung von Personen an Orte, an denen ihnen ernsthafte Gefahren drohen. Libyen, wo Migrant*innen und Geflüchtete systematisch willkürlicher Inhaftierung, unmenschlichen Haftbedingungen, Folter, Misshandlung, Ausbeutung, Erpressung und sexueller Gewalt ausgesetzt sind, kann nicht als sicherer Ort für aus Seenot gerettete Menschen bezeichnet werden.

Das ECCHR argumentiert in seiner Stellungnahme, dass die Befolgung libyscher Such- und Rettungsanweisungen die Gefahr birgt, sich an Verbrechen gegen die Menschlichkeit, einschließlich Versklavung, zu beteiligen.

HRW betont in seinem Rechtsgutachten die eindeutig bewiesenen Misshandlungen von Migrant*innen in Libyen. Verbunden mit der Zusammenarbeit libyscher Küstenwachen-Einheiten und anderer Quasi-Sicherheitskräfte mit Schmugglergruppen folgt daraus, dass die libysche Küstenwache in Such- und Rettungsoperationen kein zuverlässiger Akteur mit Weisungsbefugnis sein kann.

Seit 2017 unterstützen Italien und die Europäische Union die libysche Küstenwache finanziell, technisch und operativ, obwohl immer wieder Berichte über ihre Beteiligung an Menschenrechtsverletzungen vorliegen. Im Jahr 2023 stellte die unabhängige Untersuchungsmission der Vereinten Nationen zu Libyen fest, dass „erhebliche Gründe zu der Annahme bestehen“, dass Migranten*innen und Geflüchtete in Libyen Opfer von Verbrechen gegen die Menschlichkeit sind, darunter Folter, Versklavung und willkürliche Inhaftierung.

Nach Angaben der Internationalen Organisation für Migration sind seit 2014 fast 32.000 Menschen bei dem Versuch, nach Europa zu gelangen, im Mittelmeer ums Leben gekommen oder verschwunden. Seit Libyen 2018 mit Unterstützung Italiens seine eigene Seerettungszone einrichtete, haben dortige Küstenwache-Einheiten mehr als 132.000 Menschen abgefangen und nach Libyen zurückgebracht.

„Humanitäre Rettungskräfte sollten nicht dafür bestraft werden, dass sie Befehle verweigern, die Verbrechen gegen die Menschlichkeit zur Folge hätten“, sagt Allison West, Senior Legal Advisor beim ECCHR. “Das Völkerrecht verpflichtet Italien, solche Menschenrechtsverletzungen zu verhindern, statt sie zu ermöglichen.“

Weitere Berichte von Human Rights Watch über Italien finden Sie hier:

https://www.hrw.org/de/europe/central-asia/italien  HRV 20

 

 

 

 

 

 

DAAD-Jahresbericht. Wissenschaftsaustausch trotzt weltweiter Unsicherheit. Positive Bilanz für 2024

 

Der Deutsche Akademische Austauschdienst (DAAD) hat heute in Bonn seinen Jahresbericht 2024 vorgestellt. DAAD-Präsident Prof. Dr. Joybrato Mukherjee hob die Rolle des akademischen Austauschs für die deutschen Hochschulen und die ungebrochene Attraktivität Deutschlands als Wissenschaftsstandort hervor. Trotz großer globaler Herausforderungen sei das Jahr 2024 für den DAAD erfolgreich verlaufen. Bonn. „Das vergangene Jahr war kein einfaches für den internationalen Wissenschaftsaustausch und den DAAD – und dennoch ein erfolgreiches“, erklärte Mukherjee bei der Vorstellung des Berichts. „Die geopolitische Lage hat sich verändert, Kooperationen mit China wurden herausfordernder und beratungsintensiver, Russlands Krieg gegen die Ukraine dauerte an und die erneute Wahl von Donald Trump zum US-Präsidenten war ein Signal für unabsehbare Entwicklungen in der Zukunft. Zugleich konnten wir im DAAD 104 Hochschulen Zusagen für die Förderung ihrer Fachkräfte-Projekte erteilen, gemeinsam mit Partnern ein EU-Programm für bedrohte Forschende ins Leben rufen und auf die Erfolge eines Vierteljahrhunderts Bologna-Reformen zurückblicken“, so der DAAD-Präsident.

Deutschland bleibe in diesen Zeiten ein gefragtes Ziel für internationale Studierende und Forschende: Rund 400.000 Studierende und Promovierende sowie rund 75.000 Wissenschaftlerinnen und Wissenschaftler aus dem Ausland unterstrichen diesen Erfolg und seien ein Gewinn für den Wissenschaftsstandort. „Deutschland liegt damit weltweit bei internationalen Studierenden auf Rang 3, bei Wissenschaftlerinnen und Wissenschaftlern sogar auf Rang 2, übertroffen nur von den USA“, fügte Mukherjee hinzu.

Dem DAAD und seinen Mitgliedshochschulen sei es in dieser Lage erneut gelungen, den akademischen Austausch und die wissenschaftliche Zusammenarbeit auf hohem Niveau zu halten. „Das ist ein starkes Signal“, betonte er.

Stabile Förderzahlen in unruhigen Zeiten

Im Jahr 2024 unterstützte der DAAD weltweit 140.925 Studierende, Graduierte, Forschende und Hochschulbeschäftigte – ein Wert auf dem hohen Niveau des Vorjahres. Die meisten Geförderten erhielten finanzielle Unterstützung über das EU-Programm Erasmus+ (rund 50.200 Personen), gefolgt von Programmen finanziert vom Bundesforschungsministerium (BMFTR, 38.300 Personen), des Auswärtigen Amts (36.800 Personen) und des Bundesentwicklungsministeriums (BMZ, 14.700 Personen).

Insgesamt förderte der DAAD 73.394 Personen aus Deutschland und 67.531 aus dem Ausland. Die beliebtesten Zielländer von DAAD-Geförderten aus Deutschland waren Spanien, Frankreich und Italien. Die meisten internationalen Geförderten kamen aus der Ukraine, Indien und Ägypten. Der Frauenanteil lag bei 51?Prozent bei den ausländischen, und 60?Prozent bei den deutschen Geförderten.

China, Ukraine und Fachkräfteprogramm im Fokus

Anfang 2024 veröffentlichte der DAAD ein Strategiepapier zu China – angelehnt an die China-Strategie der Bundesregierung. Es benennt fünf Leitprinzipien für einen außenwissenschaftsrealpolitischen Umgang mit der aufstrebenden Wissenschaftssupermacht und gibt Hochschulen Leitlinien zur konkreten Umsetzung an die Hand.

Ein weiterer Schwerpunkt lag 2024 auf der Ukraine: Der DAAD verkündete die Förderung von zwei neuen Ukraine-Zentren in Deutschland, sammelte rund eine Million Euro an privaten Spenden für seine Ukraine-Projekte, eröffnete Ende August sein Büro in Kyjiw wieder und startete die Ausschreibung für ein neues Deutsch-Ukrainisches Hochschulnetzwerk (Die Auswahlergebnisse vom Mai 2025 finden Sie hier).

Gleichzeitig nahm die vom BMFTR geförderte DAAD-Fachkräfteinitiative Fahrt auf: Mit fast 12.000 Geförderten war sie 2024 bereits das teilnehmerstärkste Einzelprogramm des DAAD. Die Initiative soll internationale Studierende fit machen für den deutschen Arbeitsmarkt – und in Zusammenarbeit mit Hochschulen und Wirtschaft mehr internationalen Absolventinnen und Absolventen einen Karrierestart in Deutschland ermöglichen.

DAAD in Zahlen

2024 arbeiteten 1.220 Beschäftigte in Bonn, Berlin und 56 DAAD-Auslandsbüros für den akademischen Austausch. Etwa 350 Lektorinnen und Dozenten lehrten mit einer DAAD-Förderung an Hochschulen weltweit. Der DAAD-Haushalt lag im vergangenen Jahr bei rund 753 Millionen Euro. Seit 1950 hat der DAAD insgesamt 1,8 Millionen Studierende und Forschende aus Deutschland und 1,3 Millionen Menschen aus dem Ausland bei ihrer wissenschaftlichen Karriere unterstützt. Daad 20

 

 

 

 

„Report Globale Flucht 2025“. Migrationsexperten kritisieren nationalen Kurs deutscher Asylpolitik

 

Die Bundesregierung setzt in der Asylpolitik auf nationale Maßnahmen. Als „Alleingänge“ und „kontraproduktiv“ kritisieren das Migrationsforscher. Ihr „Report Globale Flucht 2025“ ist ein Plädoyer für internationale Zusammenarbeit.

Deutsche Migrationsexperten haben an die Bundesregierung appelliert, in der Flüchtlingspolitik auf einen Kurs der Abstimmung mit anderen Ländern zurückzukehren. Deutschland konzentriere sich aktuell auf Effekte, die in Deutschland ankommen, sagte der Bonner Wissenschaftler Benjamin Etzold am Montag bei der Vorstellung des „Reports Globale Flucht 2025“ in Berlin. Die menschenrechtlichen Konsequenzen der „Alleingänge“ würden dabei zu wenig bedacht, kritisierte der Forscher am Bonn International Centre for Conflict Studies. Echte Lösungen könnten nur in internationaler Zusammenarbeit gelingen.

Etzold legte gemeinsam mit Kolleginnen und Kollegen zum dritten Mal den vom Forschungsnetzwerk „Flucht und Flüchtlingsforschung“ erarbeiteten Report vor, der sich zum Ziel gesetzt hat, die Diskussion über Flucht und Migration zu versachlichen. Etzold sagte, die deutsche Flüchtlingspolitik stehe mit ihrer „nationalen Engführung“ wirklichen Lösungen im Weg. Die mangelnde internationale Verständigung führe etwa dazu, dass inzwischen viele Flüchtlinge in Lagern festgesetzt und „verwaltet“ würden. Wegen mangelnder Perspektive zögen diese Flüchtlinge weiter, auch nach Deutschland.

Konkret kritisierte er auch die Ankündigung der neuen Bundesregierung, legale Zugangswege nach Deutschland über humanitäre Aufnahmeprogramme oder den Familiennachzug beenden zu wollen. Dies alles sei „kontraproduktiv“, könne in der Folge sogar irregulärer Migration Vorschub leisten, die die Bundesregierung eigentlich bekämpfen will.

Zurückweisung von Asylsuchenden: „Rechtsbruch“

Die Nürnberger Migrationsforscherin Petra Bendel verwies auf die von Bundesinnenminister Alexander Dobrindt (CSU) erlaubten Zurückweisungen Asylsuchender an den deutschen Grenzen, die sie als „Rechtsbruch“ vonseiten Deutschlands bezeichnete. Sie stünden im Widerspruch zum europäischen Dublin-Abkommen, dem Schengener Grenzkodex und der EU-Rückführungsrichtlinie. „EU-Recht hat Vorrang und ist bindend“, kritisierte sie. Werde das ignoriert, öffne man „Willkür Tür und Tor“, sagte sie.

Der Osnabrücker Wissenschaftler Franck Düvell erinnerte an die Geschichte. Die Verständigung auf eine globale Teilung der Verantwortung für Flüchtlinge sei eine Lehre aus dem Jahr 1938, als sich die internationale Staatengemeinschaft bei einer Konferenz nicht auf eine Aufnahme der von den Nazis verfolgten Juden habe einigen können. Ein „Rollback von dieser nationalen Verantwortung“ sei auch vor diesem Hintergrund „der falsche Weg“, sagte er.

Integration von Geflüchteten: Deutschland gut im Ländervergleich

Der Report, der Ende Mai als Buch erscheint, widmet sich in Beiträgen verschiedener Expertinnen und Experten der Situation in Flüchtlingslagern und an den Grenzen, macht historische Exkurse zur Entstehung des Asylrechts und blickt auf die Integration von Flüchtlingen in Deutschland. Die sei besser als oft angenommen, resümieren die Wissenschaftler. Im Ländervergleich stehe Deutschland gut da, sagte Bendel. Dies gelte vor allem für die Integration männlicher Geflüchteter in den Arbeitsmarkt.

Das Forschungsnetzwerk wird vom Bundesforschungsministerium gefördert. Die Wissenschaftler erhoffen sich, dass ihre Erkenntnisse in der Politik auch berücksichtigt werden. Die aktuellen Vorhaben im Koalitionsvertrag seien „wenig an Fakten und wissenschaftlichen Erkenntnissen orientiert“, sagte Etzold. Das zuständige Bundesinnenministerium kommentierte den Report am Montag nicht. Ein Sprecher kündigte aber an, man werde den Bericht lesen. (epd/mig 20)

 

 

 

 

 

Vatikan/UNO: Erneuerung und Zusammenarbeit

 

Zu einem erneuerten gemeinsamen Einsatz für Frieden und Gerechtigkeit in der Welt hat Kardinalstaatssekretär Pietro Parolin anlässlich der Wahl des neuen Papstes vor den Vereinten Nationen aufgerufen.

„Die Wahl eines neuen Papstes ist ein Anlass zur Erneuerung, nicht nur für die Katholiken, sondern für alle, die eine Welt mit mehr Gerechtigkeit, Solidarität und Frieden anstreben“, sagte der Kardinal am Montag bei einem Empfang in New York, der anlässlich der Wahl von Robert Francis Prevost zum neuen Papst ausgerichtet worden war. „Mögen wir gemeinsam dem Aufruf des Heiligen Vaters folgen und diejenigen werden, die Frieden säen, der die Geschichte überdauert, und nicht diejenigen, die Opfer säen“, betonte Parolin.

Diplomatie der Begegnung

„In einer Welt, die von Spaltung, Konflikten und drängenden globalen Problemen - vom Klimawandel bis zur Migration und künstlichen Intelligenz - geprägt ist, ruft uns Papst Leo zu einer Diplomatie der Begegnung auf“, führte der Kardinal laut Redetext aus. Dies sei eine Diplomatie, „die mit Demut zuhört, mit Mitgefühl handelt und vor allem das Gemeinwohl anstrebt“, so Parolin, der zu gemeinsamen Anstrengungen aufrief.

Zusammenarbeit

Der Heilige Stuhl verpflichte sich zur Zusammenarbeit mit den Vertretern der Nationen, „um die Menschenwürde zu fördern, die Schwachen zu schützen und Brücken zu bauen, wo sonst Misstrauen herrschen könnte“. Unerschütterlich werde der Heilige Stuhl dabei die Aufgabe der Vereinten Nationen unterstützen, „ein Forum zu sein, in dem die Staaten in einen Dialog treten, die Stimmen ihrer Völker zur Geltung bringen und Lösungen für die größten Herausforderungen der Menschheit erarbeiten“ können.

Frieden, Gerechtigkeit, Wahrheit

Die Vision von Leo XIV. stimme mit dem „edlen Streben“ nach Frieden und Gerechtigkeit der Vereinten Nationen überein, führte Parolin weiter aus. Ausdrücklich dankte Kardinalstaatssekretär Parolin den Staatenvertreter für ihr Wirken. Leo XIV. gebe einer Diplomatie den Vorzug, „die auf den Säulen des Friedens, der Gerechtigkeit und der Wahrheit beruht“. Der Heilige Stuhl, der sich der Wahrheit und der Gerechtigkeit verpflichtet fühle, werde so „auch weiterhin seine moralische Stimme zur Verteidigung der Armen und Bedürftigen und für das Streben nach Frieden und ganzheitlicher menschlicher Entwicklung erheben“.

Organisiert hatte den Empfang der Vatikanvertreter in New York, Erzbischof Gabriele Caccia. (vn 19)

 

 

 

 

 

Aktionstag gegen den Schmerz am 3. Juni 2025

 

Schmerz lass nach! – Hilfe und Beratung für Millionen BetroffeneInformationsveranstaltungen an rund 130 Standorten bundesweit +++ Kostenfreie Patientenhotline 0800 1818120 am 3. Juni geschaltet +++ Patientenflyer online verfügbar

Berlin – Wer ständig Scherzen hat, leidet oft doppelt: körperlich – und seelisch. Viele Betroffene fühlen sich allein gelassen. Genau das möchte der bundesweite Aktionstag gegen den Schmerz ändern: Am 3. Juni 2025 stehen wieder Patientinnen und Patienten mit chronischen Schmerzen sowie deren Angehörige im Mittelpunkt. Rund 130 Einrichtungen beteiligen sich mit Vorträgen, Beratungsangeboten und offenen Türen. Begleitet wird der Tag von einer kostenfreien Patientenhotline unter 0800 18 18 120, die zwischen 9:00 und 18:00 Uhr besetzt ist. Außerdem findet eine Online-Pressekonferenz statt. Das Programm und der Anmeldelink sind unten angefügt.

Etwa 23 Millionen Deutsche berichten über chronische Schmerzen. Die Beschwerden gehen bei rund 6 Millionen Betroffenen sogar mit Einschränkungen im Alltag wie Ängsten, Schlafstörungen und sozialem Rückzug einher. Jährlich am ersten Dienstag im Juni ruft die Deutsche Schmerzgesellschaft e. V. Kliniken, ärztliche oder psychologische Praxen, schmerztherapeutische Einrichtungen, Apotheken sowie Pflegedienste, Heime und Physiotherapiepraxen auf, das Thema „Schmerz“ in den Fokus zu rücken. „Es ist wichtig, über die Entstehung von Schmerz aufzuklären und Betroffenen Wege daraus aufzuzeigen“, so Thomas Isenberg, Geschäftsführer der Deutschen Schmerzgesellschaft e. V. „Denn Schmerz wird häufig unterschätzt: Wird er nicht ernst genommen und behandelt, kann er sich schnell chronifizieren, zu einer großen Einschränkung im Alltag werden und die Lebensqualität erheblich mindern“, gibt Isenberg zu bedenken. Bei mehr als der Hälfte aller Menschen mit chronischen Schmerzen dauert es über 2 Jahre, bis sie eine wirksame Schmerzbehandlung erhalten.

Persönliche Beratung – wohnortnah und niederschwellig

„Ziel des Aktionstags ist es, Menschen mit chronischen Schmerzen konkrete Hilfe zu bieten – wohnortnah, niederschwellig und verständlich“, so Isenberg weiter. Vor Ort beraten Schmerzexpertinnen und -experten über moderne Therapieansätze wie multimodale Schmerztherapie, über neue Wege in der Physiotherapie oder psychologische Unterstützung. Eine Übersicht aller teilnehmenden Einrichtungen und Aktionen ist unter www.aktionstag-gegen-den-schmerz.de zu finden.

Hotline für Fragen und Orientierung

Parallel steht am Aktionstag von 9:00 bis 18:00 Uhr die kostenfreie telefonische Patientenhotline 0800 1818120 zur Verfügung. Wer anruft, erreicht erfahrene Fachleute, die aufklären, zuhören und Wege aus der Schmerzspirale aufzeigen. Sie geben Tipps zur besseren Behandlung und erklären, wie geeignete Therapieeinrichtungen gefunden werden können.

Gemeinsam gegen Schmerz – früher erkennen, besser behandeln

Laut Studien vergehen bei mehr als der Hälfte der Betroffenen über zwei Jahre bis zum Beginn einer wirksamen Behandlung. Dabei ist der frühe Beginn entscheidend: Je eher gezielt behandelt wird, desto geringer ist das Risiko, dass Schmerzen chronisch werden. Auch psychische Belastungen, übermäßiger Medikamentenkonsum oder Vermeidungsverhalten können zur Chronifizierung beitragen – und sollten in einer ganzheitlichen Schmerztherapie unbedingt berücksichtigt werden 

Online-Pressekonferenz: Neues aus der Schmerzversorgung

Am 3. Juni 2025 um 11:00 Uhr findet begleitend zum Aktionstag eine Online-Pressekonferenz statt. Hier sprechen Expertinnen und Experten aus Medizin, Pflege, Psychologie, Physiotherapie und Selbsthilfe über aktuelle Entwicklungen in der Schmerztherapie und erläutern, welche Strukturen für die Schmerzversorgung in Deutschland notwendig sind, um persönliches Leid zu verhindern oder zu reduzieren. GA 19

 

 

 

 

 

Asylpolitik. Merz: Italienisches Albanien-Modell eine Option für Deutschland

 

Italiens Rechtsregierung ist bislang mit dem Vorhaben gescheitert, Asylverfahren nach Albanien auszulagern. Für Kanzler Merz ist das Thema trotzdem nicht erledigt – trotz mehrerer Gerichtsentscheidungen gegen das italienische Albanien-Modell.

Bundeskanzler Friedrich Merz kann sich zur Eindämmung irregulärer Migration nach Europa auch Asylverfahren in Staaten außerhalb der EU vorstellen. Mit Blick auf den einstweiligen Stopp entsprechender Pläne Italiens durch die dortige Justiz sagte der CDU-Vorsitzende bei seinem Antrittsbesuch in Rom, er kenne die Entscheidungen der Gerichte. „Aber dies kann natürlich nach wie vor eine Option sein“, fügte er nach einem Treffen mit der rechtskonservativen Ministerpräsidentin Giorgia Meloni hinzu.

Die Koalition in Rom aus drei rechten und konservativen Parteien will Asylverfahren für im Mittelmeer aufgegriffene Migranten in Albanien abwickeln, was durch die Justiz jedoch mehrfach unterbunden wurde. Derzeit prüft der Europäische Gerichtshof, ob ein solcher Umgang mit Migranten mit europäischem Recht vereinbar ist. Die eigens errichteten Lager in dem Nicht-EU-Land Albanien stehen seit Monaten weitgehend leer. Bislang hat das Modell noch nie funktioniert.

Massive Kritik am Albanien-Modell

Rechtsexperten sowie Menschenrechtsorganisationen äußern seit Langem verfassungs- und menschenrechtliche Bedenken gegen die Auslagerung von Asylverfahren in Drittstaaten. Zentraler Kritikpunkt ist, dass Schutzsuchende dadurch faktisch vom Zugang zu einem fairen Asylverfahren in der EU ausgeschlossen werden könnten. Nach der Genfer Flüchtlingskonvention darf jedoch niemand in ein Verfahren verwiesen werden, bei dem unklar ist, ob dort die vollen Verfahrensrechte und der Schutz vor Zurückweisung gewährleistet sind. Auch das EU-Recht sieht vor, dass Geflüchtete innerhalb der EU Zugang zu einem rechtsstaatlichen Verfahren erhalten müssen. Die geplanten Lager in Albanien, so die Kritik, würden diesem Anspruch kaum gerecht werden – sie stünden unter italienischer Verwaltung, aber außerhalb des Geltungsbereichs europäischer Grundrechte.

Menschenrechtsorganisationen werfen der italienischen Regierung zudem Symbolpolitik auf dem Rücken besonders schutzbedürftiger Menschen vor. Ministerpräsidentin Meloni versuche, mit derlei populistischen Maßnahmen Handlungsfähigkeit zu demonstrieren. Statt tragfähiger Lösungen für Fluchtursachen und gerechte Verfahren werde ein repressives Signal gesetzt, das nicht zuletzt der innenpolitischen Profilierung diene. Die weitgehende Leere der Lager in Albanien spreche dabei für sich.

Merz: „Wir werden nicht mehr auf der Bremse stehen“

Merz sagte, man werde die Auslagerung von Asylverfahren trotz der Erfahrungen in Italien prüfen. Das sei „sicherlich nicht die Lösung des Problems“. „Es ist ein Beitrag, um das Problem kleiner zu machen.“

Merz pochte zudem darauf, die europäische Asylreform rasch umzusetzen und die Zusammenarbeit in der EU bei der Bekämpfung irregulärer Migration auszuweiten. „Wir werden nicht mehr auf der Bremse stehen, wenn es jetzt um die Lösung der Probleme in der Europäischen Union geht.“ (dpa/mig 19)

 

 

 

 

 

Bevölkerung offen für Pflichtversicherung gegen Klimaschäden

 

München – Die gesellschaftliche Akzeptanz für eine verpflichtende Elementarschadenversicherung in Deutschland ist größer als angenommen. Das zeigt eine neue Studie des ifo Instituts. „Vor allem aus Gründen der Fairness sind viele Haushalte bereit, ein solidarisches Versicherungssystem mitzutragen – selbst dann, wenn sie selbst kaum direkt davon profitieren würden“, sagt ifo Expertin Marie-Theres von Schickfus.

Knapp die Hälfte der Haushalte (39?Prozent Zustimmung, 34?Prozent neutral) befürwortete eine Pflichtversicherung, ohne dass sie dazu spezifische Informationen bekam. Durch gezielte Information über die reale Höhe staatlicher Hilfen – bis zu 80?Prozent der Schäden nach der Flut wurden öffentlich kompensiert – stieg die Zustimmung weiter an. Besonders stark fiel der Effekt bei bislang nicht versicherten Haushalten in Gebieten aus, in denen das Risiko von Überflutungen gering ist. Hier zeigte sich eine neue Haltung der Bevölkerung: Eine allgemeine Pflichtversicherung wurde als fairer und gesellschaftlich kosteneffizienter empfunden als staatliche Ad-hoc-Hilfen.

„Die Bevölkerung erkennt zunehmend, dass eine privatwirtschaftlich organisierte Pflichtversicherung nicht nur ökonomisch effizienter, sondern auch gerechter ist“, sagt ifo Forscherin von Schickfus. „Das eröffnet Handlungsspielraum für eine politische Neuordnung der Katastrophenvorsorge.“

Die 2021er Flutkatastrophe richtete Schäden in Höhe von über 40 Milliarden Euro an – nur etwa die Hälfte der Wohngebäude war damals versichert. Dies zeigte, wie lückenhaft für die finanzielle Vorsorge für klimabedingte Schäden bisher war. Vor diesem Hintergrund befragten die Forschenden über 8.000 Haushalte und 639 Unternehmen zu ihren Erwartungen gegenüber staatlicher Hilfe sowie zu ihrer Haltung zu einer Pflichtversicherung. Die Erkenntnisse aus Deutschland könnten auch für andere europäische Länder nützlich sein, denn im Schnitt sind europaweit nur 15 Prozent der klimabedingten Schäden versichert, in Deutschland sind es immerhin 25 Prozent.

„In Zeiten wachsender Extremwetterrisiken könnte ein verpflichtendes Versicherungssystem ein sinnvoller Schritt hin zu einem vorsorgenden Schutz vor den Auswirkungen des Klimawandels sein und staatliche Haushalte entlasten. Eine stärkere Berücksichtigung von Klimarisiken bei Investitionsentscheidungen setzt allerdings voraus, lokale Risiken in den Versicherungsprämien adäquat einzupreisen“, sagt Karen Pittel, Leiterin des ifo Zentrums Energie, Klima und Ressourcen. Auch eine offene Diskussion über staatliche und private Anpassungsmaßnahmen im Rahmen des Klimawandels hält sie für sinnvoll.

Ifo 19

 

 

 

 

 

Bundeskanzler Merz: Vatikan als Friedensvermittler

 

Mehr als 150 diplomatische Delegationen und Kirchenvertreter aus aller Welt sind zur Amtseinführung von Papst Leo XIV. nach Rom gereist. Das Kirchenoberhaupt grüßte die Delegationen im Anschluss im Petersdom. Staatschefs und Politiker sprachen im Anschluss von einem „erhebenden Augenblick“ und betonten die diplomatische Vermittlerrolle des Heiligen Stuhls – auch die Vertreter aus dem deutschsprachigen Raum. Birgit Pottler – Vatikanstadt

Mehr als 150 diplomatische, ökumenische und religiöse Delegationen aus aller Welt sind zur Amtseinführung von Papst Leo XIV. nach Rom gereist. Das Kirchenoberhaupt grüßte die Delegationen im Anschluss im Petersdom. Staatschefs und Politiker sprachen im Anschluss von einem „erhebenden Augenblick“ und betonten die diplomatische Vermittlerrolle des Heiligen Stuhls – auch die Vertreter aus dem deutschsprachigen Raum.

Bundeskanzler Friedrich Merz stand an der Spitze der deutschen Delegation, zu der Politiker verschiedener Parteien sowie Kirchenvertreter gehörten.

Vatikan als Friedensvermittler

Merz unterstrich: „Es ist eine gute Tradition, dass die katholische Kirche und der Vatikan sich immer wieder als Friedensvermittler und auch als Orte solcher Gespräche anbieten. Diese Gespräche haben hier stattgefunden. Ich hatte Gelegenheit, mit Präsident Selinskyj längere Zeit zu sprechen, als wir in den Petersdom hineingegangen sind.“

Unweit des Petersdoms bestätigte der Bundeskanzler die Absprache der Staats- und Regierungschefs von Deutschland, Frankreich und Großbritannien, vor dem für Montag geplanten Telefonat zwischen den Präsidenten Donald Trump (USA) und Wladimir Putin (Russland) mit dem US-Präsidenten Kontakt aufzunehmen. „Wir können nur hoffen, dass es jetzt weitere Fortschritte gibt. Mein fester Eindruck ist, dass sowohl die Europäer als auch die Amerikaner fest entschlossen sind, zusammen, aber auch zielorientiert dafür zu sorgen, dass dieser schreckliche Krieg bald aufhört.“

Themen für globale Kirche

Friedrich Merz würdigte die Aussagen von Papst Leo XIV. zur Soziallehre und verwies dabei auf Ausbeutung von Ressourcen und Herausforderungen in der globalen Welt. „Ich fühle mich mit dem, was wir soziale Marktwirtschaft in Deutschland nennen, damit nur sehr begrenzt angesprochen. … Das alles sind Themen, die für die große, globale katholische Kirche Themen sein müssen, und deswegen ist das sicherlich voll und ganz richtig, dass er das getan hat.“

In seinem Statement vor Journalisten unterstrich der deutsche Bundeskanzler die guten Verbindungen zum Vatikan. „Wir alle wünschen nicht nur der katholischen Kirche ein gutes Gedeihen, sondern wir wünschen vor allem dem neuen Papst Leo XIV. eine gute und glückliche Hand in dem, was er für diese große Kirche in den nächsten Jahren tun wird.“

Ort der Zusammenarbeit

Die Pressebegegnung fand auf dem Gelände des Campo Santo Teutonico statt. Der Gebäudekomplex liegt innerhalb der Vatikanmauern, aber auf italienischem Staatsgebiet, mit mehreren Einrichtungen. Dazu gehört ein deutscher Friedhof mit Kirche, eine Erzbruderschaft, ein deutschsprachiges Priesterkolleg, das Römische Institut der Görres-Gesellschaft sowie ein Wissenschafts- und Tagungsbereich.

„Dies ist ein Ort der jahrhundertelangen Begegnung zwischen Deutschland und dem Heiligen Stuhl“, sagte Merz. „Die Bundesrepublik Deutschland wird diesen Platz hier auch in den nächsten Jahren weiter unterstützen, weil es ein wichtiger Ort der Begegnung ist, ein Ort des Glaubens, ein Ort der Begegnung und ein Ort der Zusammenarbeit hier im Vatikan.“ (vn 18)

 

 

 

 

 

Appell an Bundesregierung. Familiennachzug verbessern statt stoppen

 

Hilfswerke appellieren an die Bundesregierung, den Familiennachzug für Geflüchtete weiter zu gewähren. Die Aussetzung hätte demzufolge einen hohen menschlichen Preis und brächte kaum Entlastung für Kommunen.

Zahlreiche Hilfs- und Menschenrechtsorganisationen haben zum Tag der Familie am Donnerstag an die Bundesregierung appelliert, die Möglichkeit zum Familiennachzug für Geflüchtete zu erhalten. „Familiennachzug ist eine planbare, integrationsfördernde und rechtssichere Möglichkeit, um Schutzsuchende aus Kriegs- und Krisengebieten aufzunehmen“, heißt es in einem am Donnerstag verbreiteten Aufruf der Verbände. Statt den Familiennachzug noch weiter einzuschränken als bereits geschehen, sollte die neue Bundesregierung von Kanzler Friedrich Merz (CDU) die Legislaturperiode nutzen, den Familiennachzug effizienter zu gestalten.

Initiiert haben den Aufruf das International Rescue Committee, Save the Children und Terre des Hommes. Zu den 31 Mitunterzeichnern gehören unter anderen die kirchlichen Wohlfahrtsverbände Diakonie und Caritas sowie Amnesty International Deutschland, der Paritätische Gesamtverband und Pro Asyl. Auch die Evangelische Kirche in Deutschland (EKD) forderte am Donnerstag großzügige Regelungen beim Familiennachzug.

Im Koalitionsvertrag haben CDU/CSU und SPD vereinbart, den Familiennachzug zu Flüchtlingen mit subsidiärem Schutzstatus für zwei Jahre auszusetzen. Derzeit gibt es für diese Gruppe ein Kontingent. Bis zu 1.000 enge Angehörige von in Deutschland anerkannten Schutzsuchenden dürfen darüber kommen.

Aussetzung führt zu schmerzhaften Trennungen von Familien

Die Aussetzung des Familiennachzugs führe zu langjährigen und schmerzhaften Trennungen von Familienmitgliedern, hieß es im Aufruf. Die Trennung von den Eltern und Geschwistern könne bei Kindern erhebliche psychische Belastungen und Traumata verursachen, die langfristige Auswirkungen auf sie und das Familiengefüge nach sich ziehen könnten. Vom Aussetzen des Familiennachzugs wären insbesondere Frauen und Kinder betroffen, die allein in Konfliktregionen zurückbleiben oder sich auf gefährliche Fluchtrouten begeben müssten.

„Ein Aussetzen hätte einen erheblichen menschlichen Preis, jedoch keine signifikanten Auswirkungen auf die Auslastung der Kommunen“, hieß es weiter. Erfahrungen mit dem Aussetzen der Nachzugsmöglichkeit seit 2016 zeigten, dass das weder Gerichte noch Behörden entlaste, sondern zu „erheblicher Mehrbelastung durch unzählige Eilverfahren und Verfahren zur Aufnahme im Einzelfall“ führe. Zudem gehörten der Wert von Familie sowie der Schutz von Kindern „zum Fundament unserer Gesellschaft“. Völker- und Europarecht sowie das Grundgesetz schützten das Recht auf Familie und definierten das Kindeswohl als vorrangig.

„Familien geben Geborgenheit und Halt“

Das Verbändebündnis machte auch Verbesserungsvorschläge: Wartezeiten an den Auslandsvertretungen sollten verkürzt und digitale Anträge ermöglicht werden. Minderjährige Geschwister, die zurzeit „mit hohen Hürden“ beim Familiennachzug konfrontiert seien, müssen dem Appell zufolge ein Nachzugsrecht haben.

Der EKD-Flüchtlingsbeauftragte Christian Stäblein erklärte, wer mit seinen Nächsten in Sicherheit leben dürfe, finde schneller Halt, lerne die Sprache leichter und könne sich besser integrieren. „Familien geben Geborgenheit und Halt. Daran erinnert uns der Internationale Tag der Familie“, sagte der Berliner Bischof.

EKD: „Eltern und Kinder gehören zusammen“

Stäblein unterstrich: „Als evangelische Kirche sagen wir klar und unmissverständlich: Eltern und Kinder gehören zusammen.“ Es sei ein Gebot der Nächstenliebe, dass alle Menschen, gerade auch Geflüchtete und subsidiär Schutzberechtigte, nicht über Jahre hinweg von ihren engsten Angehörigen getrennt blieben. Es brauche „großzügige Regelungen beim Familiennachzug“ für eine Gesellschaft, die menschlich bleiben wolle und sich an christliche Werte erinnere, forderte der Bischof.

Der Internationale Tag der Familie wird jährlich am 15. Mai begangen. Dieser Aktionstag wurde von den Vereinten Nationen mit einer Resolution im Jahr 1993 eingeführt und im Jahr 1994 erstmalig gefeiert. (dpa/mig 15)

 

 

 

 

 

Afrika: Bischöfe werfen EU Ausnutzung vor

 

Europäische und afrikanische Bischöfe werfen der EU vor, Afrika als „Müllhalde" für eigene ökologische Ziele zu missbrauchen. „Wir sind besonders beunruhigt über die zunehmende Nutzung afrikanischer Gebiete als Standort für Europas Ressourcenbedarf und Klimaziele", heißt es in einer an diesem Donnerstag veröffentlichten Erklärung. Verfasser sind die katholische EU-Bischofskommission (COMECE) und das afrikanische Pendant SECAM.

Anlass für die gemeinsame Stellungnahme ist das Außenministertreffen zwischen der Afrikanischen Union und der EU am 21. Mai. In ihrem Schreiben äußern die Bischöfe Unmut und Besorgnis: Man beobachte eine „tiefgreifende Verschiebung der europäischen Prioritäten", bei der geopolitische und wirtschaftliche Interessen im Vordergrund stünden. Trotz lobenswerter Absichten hinter einigen Entwicklungsprojekten falle Europa allzu oft in alte Muster zurück: Interessen europäischer Unternehmen und eigene strategische Ziele würden höher gewichtet als die Bedürfnisse der afrikanischen Bevölkerung.

„Das ist keine Partnerschaft. Das ist keine Gerechtigkeit“

„Land, Wasser, Saatgut und Mineralien - die Grundlagen des Lebens - scheinen wieder einmal als Waren für ausländische Profite behandelt zu werden und nicht als Gemeingüter", kritisieren die Bischöfe. Afrika werde aufgefordert, seine Ökosysteme und Gemeinschaften zu opfern, um Europa zu helfen, die eigenen Klimaziele zu erreichen. Als Beispiel werden unter anderem „massive Landgeschäfte" genannt, die „angeblich grünen Energieprojekten" dienten. Zugleich würden giftige Abfälle aus der industriellen Landwirtschaft auf den afrikanischen Kontinent verlagert, und der Hunger nehme zu. „Das ist keine Partnerschaft. Das ist keine Gerechtigkeit", so die Erklärung der Bischöfe. Für eine echte Partnerschaft auf Augenhöhe müsse die EU auf die Stimmen der afrikanischen Gesellschaft hören. (pm/kap/kna 15)

 

 

 

 

 

Der italienische Film VERMIGLIO kommt ins Kino!

 

Sehr geehrte Damen und Herren,

ein verschneites Bergdorf in Trentino-Südtirol, drei Schwestern, ein fremder Soldat – und eine Regisseurin, die aus leisen Tönen großes Kino macht. 

Vermiglio, Maura Delperos zweiter Spielfilm, war in Italien ein überraschender Programmkino-Erfolg und wurde gerade erst zum großen Sieger bei der Verleihung der italienischen Filmpreise "David di Donatello" 2025: mit sieben Auszeichnungen, darunter Bester Film und Beste Regie. Maura Delpero selbst schreibt Geschichte als erste Frau, die den Preis für die Beste Regie erhält, und als dritte Preisträgerin überhaupt in der Königskategorie "Bester Film".

Der Film ist ein Hochgenuss für alle Freund*innen des italienischen Kinos und der Berglandschaft des Trentino und geht auch auf regionale Besonderheiten wie den ladinischen Dialekt ein. Maura Delpero stammt selbst aus der Gegend, sie erzählt mit ethnografischer Genauigkeit und filmischer Zärtlichkeit eine Reflexion über Herkunft, Zugehörigkeit und Veränderung. > zum internationalen Trailer

Am 24. Juli kommt der Film deutschlandweit ins Kino.

An vielen Orten wird auch die italienische Originalfassung mit deutschen Untertiteln zu sehen sein.

Machen Sie mit uns zusammen Ihre italienische Community auf den Film aufmerksam!  Dafür bestehen verschiedene Möglichkeiten: wir stellen Kinokarten für eine Verlosung in Ihren Social Media Kanälen bereit, liefern Ihnen Texte und Hintergründe für Ihren Newsletter, Pressematerial für eine Rezension in Ihrer Mitgliederzeitung und vieles mehr.

Für eine Veranstaltung mit Filmgespräch im Kino vermitteln wir gerne den Kontakt zu den Kinos vor Ort und stellen Flyer, Plakate und Online Material zur Verfügung.

Melden Sie sich mit Ihrer Idee bei: Julia Arika, Piffl Medien, arika@pifflmedien.de,  Tel 030 29361624. Dip 26