Webgiornale 1-15 ottobre 2024
Von der Leyen: “Europa nostra stella polare”. La nuova Commissione
La presidente
della Commissione ha presentato a Strasburgo la distribuzione delle deleghe del
futuro collegio. Ora i commissari designati sono attesi all'"esame"
dell'Europarlamento. 11 le donne su 27 componenti, 6 vicepresidenti fra cui
l'italiano Fitto - di Gianni Borsa
Sei vicepresidenti
esecutivi, 11 donne su 27 componenti (il 40%), nuove deleghe (difesa,
Mediterraneo, demografia, edilizia abitativa, salute degli animali), uno
spostamento complessivo del collegio verso posizioni conservatrici forse anche in
relazione agli esiti delle elezioni di giugno per il rinnovo
dell’Europarlamento. Queste, in estrema sintesi, le linee che identificano la
nuova versione della Commissione Ue guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen,
la cui composizione è stata illustrata martedì 17 settembre a Strasburgo, prima
alla Conferenza dei presidenti dell’Eurocamera e poi ai giornalisti presenti
alla sessione plenaria. Secondo i Trattati, ora tutti i commissari saranno
sottoposti alle audizioni (veri e propri esami) da parte delle commissioni
parlamentari, dovendo dimostrare un’impronta “europeista”, competenza nella
materia della propria delega, disponibilità al lavoro di squadra e capacità
comunicativa.
Dal Green Deal
alla difesa. “Le nostre priorità sono prosperità, sicurezza e democrazia, sullo
sfondo della competitività e le transizioni verde e digitale”. E “come afferma
il rapporto Draghi, serve più coordinamento tra le politiche comuni”. Così si è
espressa Ursula von der Leyen presentando il collegio dei commissari. “Il messaggio
fondamentale è che dobbiamo tutti collaborare. La nostra stella polare è
l’interesse dell’Europa”. Parlando con i giornalisti Von der Leyen ha spiegato
che la scorsa Commissione nasceva con la priorità assoluta del cambiamento
climatico e del Green Deal: “Ora lo stesso problema sussiste, ma ci sono altre
grandi priorità, fra cui la guerra, la sicurezza, la competitività”. Dal
discorso di Von der Leyen e dal contenuto attribuito ai singoli portafogli
emerge una sorta di programma di lavoro: non a caso la presidente ha
sottolineato la necessità di “rafforzare la nostra sovranità tecnologica, la
sicurezza e la democrazia”. Ha parlato di economia “competitiva, decarbonizzata
e circolare, con una transizione equa per tutti”. Tra gli impegni: progettare una
strategia industriale audace con innovazione e investimenti al centro;
rafforzare la coesione e le regioni europee; “sostenere le persone, le
competenze e il nostro modello sociale”; “garantire che l’Europa possa
affermare i propri interessi”.
Sei vicepresidenti.
Ursula von der Leyen ha tenuto a elencare dapprima i vicepresidenti con le
rispettive deleghe, per poi passare agli altri 20 commissari. Sottolineando fra
l’altro che “venti Paesi volevano avere deleghe sull’economia…”. Quindi Teresa
Ribera sarà vicepresidente esecutiva “per una transizione pulita, giusta e
competitiva”. Sarà anche responsabile della politica sulla concorrenza.
“Guiderà il lavoro per garantire che l’Europa rimanga sulla buona strada per
raggiungere gli obiettivi stabiliti nel Green Deal europeo”. Henna Virkkunen
sarà vicepresidente esecutiva per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la
democrazia. Sarà anche responsabile del portafoglio sulle tecnologie digitali e
di frontiera. “Chiederò a Henna – ha precisato Von der Leyen – impegno anche
per rafforzare le fondamenta della nostra democrazia, come lo stato di diritto,
e proteggerla ovunque venga attaccata”. Stéphane Séjourné sarà il
vicepresidente esecutivo per la prosperità e la strategia industriale. Terrà
inoltre il portafoglio industria, Pmi e mercato unico. “Come già sapete, Kaja
Kallas sarà il nostro Alto rappresentante per la politica estera e
vicepresidente. Viviamo in un’epoca di rivalità geostrategiche e instabilità.
La nostra politica estera e di sicurezza deve essere progettata tenendo
presente questa realtà”. “Sono anche molto felice di affidare il ruolo di
vicepresidente esecutivo per le persone, le competenze e la preparazione a
Roxana Mînzatu. Avrà la responsabilità di competenze, istruzione e cultura,
posti di lavoro di qualità e diritti sociali”, con un’attenzione particolare
alla demografia. “Roxana guiderà in particolare un’Unione delle competenze e il
Pilastro europeo dei diritti sociali”. Quindi Raffaele Fitto “sarà
vicepresidente esecutivo per la coesione e le riforme. Sarà responsabile del
portafoglio che si occupa di politica di coesione, sviluppo regionale e città.
Faremo affidamento sulla sua vasta esperienza per contribuire a modernizzare e
rafforzare le nostre politiche di coesione, investimento e crescita”. Von der
Leyen ha ribadito le competenze di Fitto e ha affermato che “l’Italia è un
Paese importante”. La nomina di Fitto – accolta dal governo italiano come un
ottimo segnale (“l’Italia torna protagonista”) – ha innescato domande fra i
giornalisti e qualche intervento di eurodeputati in relazione al fatto che il
commissario italiano appartiene a un governo e a un partito che non hanno
votato la fiducia alla stessa Von der Leyen.
Tutte le deleghe.
Dopo aver dato risalto ai sei vicepresidenti, Ursula von der Leyen ha
illustrato le deleghe degli altri 20 commissari. Maroš Šef?ovi? sarà
commissario per il commercio e la sicurezza economica: “Si tratta di un nuovo
portafoglio che include la politica doganale”. Von der Leyen ha poi aggiunto:
“Gli ho inoltre affidato un secondo ruolo: Commissario per le relazioni
interistituzionali e la trasparenza”. Anche Valdis Dombrovskis – altro decano
della Commissione – avrà un doppio ruolo: commissario per l’economia e la
produttività e per l’attuazione del programma e la semplificazione. Dubravka
Šuica sarà commissario per il Mediterraneo. “Le affido questo nuovo ruolo. Sarà
anche responsabile del più ampio vicinato meridionale”. Olivér Várhely sarà
commissario per la salute e il benessere degli animali: “Sarà responsabile
della creazione dell’Unione europea della salute e del proseguimento del lavoro
per sconfiggere il cancro”. Wopke Hoekstra sarà commissario per il clima.
Andrius Kubilius terrà il nuovo incarico per la difesa e lo spazio. Marta Kos
(slovena, che attende ancora il via libera del suo parlamento) sarà commissario
per l’allargamento. Jozef Síkela commissario per i partenariati internazionali;
a Costas Kadis deleghe per la pesca e gli oceani; Maria Luís Albuquerque sarà
commissario per i servizi finanziari e l’Unione per il risparmio e gli
investimenti; Hadja Lahbib commissario per la preparazione e la gestione delle
crisi. Ancora: Magnus Brunner commissario per gli affari interni e la
migrazione; a Jessika Roswall delega per l’ambiente, la resilienza idrica e
un’economia circolare competitiva; Piotr Serafin commissario per il bilancio,
la lotta alle frodi e la pubblica amministrazione; Dan Jørgensen commissario
per l’energia e l’edilizia abitativa; a Ekaterina Zaharieva vanno ricerca
innovazione; a Michael McGrath incarico per democrazia, giustizia e stato di
diritto; Apostolos Tzitzikostas sarà commissario per i trasporti e il turismo
sostenibili; Christophe Hansen commissario per l’agricoltura e l’alimentazione;
Glenn Micallef commissario per l’equità intergenerazionale, la cultura, la
gioventù e lo sport. Sir 17
Commissione europea, Fitto vicepresidente alla Coesione
Un incarico di
peso quello assegnato all'attuale ministro del governo Meloni, che tocca un
ampio ventaglio di materie, unite dal filo conduttore dell’ascolto delle
comunità locali e dell’ormai indissolubile trio ‘resilienza, sostenibilità e
competitività’
Resilienza,
sostenibilità, competitività e stretto contatto con le realtà locali. Sono le
parole che appaiono con più frequenza nella lettera che Ursula von der Leyen,
presidente della Commissione europea, ha inviato a Raffaele Fitto, attuale
ministro del governo Meloni, questa mattina designato ufficialmente
vicepresidente esecutivo per la Coesione e le Riforme, con annesso (corposo)
portafoglio della politica di coesione, dello sviluppo regionale e delle città.
Ma cosa significa
in concreto il ruolo assegnato al ministro italiano, e di cosa si occuperà?
Intanto va detto che si tratta di un incarico di peso che tocca un ampio
ventaglio di materie, quasi a 360 gradi, unite dal filo conduttore dell’ascolto
delle comunità locali e dell’ormai indissolubile trio ‘resilienza,
sostenibilità e competitività’.
Il tutto declinato
su quasi ogni aspetto della politica europea: dal green deal alla pesca, dall’edilizia
popolare alla competitività, dai PNRR alla qualità della vita, Fitto insomma
avrà un bel da fare. E un bel po’ di potere, quanto meno quello di incidere
nelle future politiche della Commissione su parecchi fronti.
La lettera di von
der Leyen a Fitto: cosa dovrà fare
Ma andiamo a
vedere nel dettaglio i compiti che la presidente della Commissione ha assegnato
a Fitto. Von der Leyen, che oggi ha presentato all’Europarlamento la propria
squadra di governo, ha infatti inviato a ogni commissario e vicepresidente
esecutivo (spariti i vicepresidenti ‘semplici’) una missiva di incarico in cui
ha dettagliato per ciascuno di cosa si occuperà e cosa lei si aspetta che
facciano.
E ha anche
indicato la stella polare che dovrà guidare il lavoro della Commissione e
dunque dei suoi componenti: “Lavorare insieme per l’Europa, lavorare più vicini
agli europei”.
E proprio questo
aspetto è un po’ il ‘succo’ dell’incarico assegnato a Fitto: coesione europea,
infatti, vuol dire “avvicinare l’Europa ai cittadini e gli europei gli uni agli
altri”. Un cappello molto vasto, che si declina a livello economico, sociale e
territoriale, con l’obiettivo finale di sostenere lo sviluppo di regioni e
città. Si parla tra le altre cose di posti di lavoro di qualità, di maggiore
produttività, di innovazione e competitività, ma anche di transizione verde e
digitale e di qualità della vita, che a sua volta di dirama in moltissimi
aspetti che sono appunto ‘locali’.
Rientrano quindi
nelle future competenze di Fitto le disparità e il miglioramento delle
condizioni di vita degli europei, in particolare dopo il duro periodo della
pandemia e delle crisi successive, “che hanno rischiato di aggravare le
divergenze tra i cittadini, le regioni, i territori e le diverse parti delle
nostre economie”, afferma von der Leyen.
Fitto perciò dovrà
innanzitutto “garantire che l’Ue continui a sostenere riforme e investimenti
duraturi che contribuiscano direttamente a rafforzare la crescita europea”. La
nuova Commissione, infatti, ha l’ambizione di essere una “Commissione per gli
investimenti”.
In questo senso,
Fitto avrà la grossa responsabilità di proseguire sulla scia da una parte del
NextGenerationEU, il piano per la ripresa concepito per rendere le economie
dell’Ue più verdi, digitali e resilienti, arrivando “a una sua piena e riuscita
attuazione”, e dall’altra delle riforme e degli investimenti previsti dai Piani
nazionali per la ripresa e la resilienza entro il termine dispesa del 2026:
“Una sfida significativa che richiederà sforzi coerenti da parte di tutti gli
Stati membri e della Commissione”, sottolinea la lettera.
Per fare ciò,
Fitto dovrà stare particolarmente attento a dialogare con le parti interessate
e a coinvolgere le autorità regionali e locali, garantendo che le persone nelle
regioni europee, che si tratti di città, comunità costiere o aree rurali,
abbiano reali opportunità di promuovere la crescita e la produttività.
Fitto si occuperà
anche del settore agricolo e alimentare, anche qui per rafforzarne la
competitività, la resilienza e la sostenibilità, supportando gli agricoltori
che ne abbiano bisogno e promuovendo allo stesso tempo risultati ambientali e
sociali positivi. Il vicepresidente designato, qui più che mai, dovrà partire
dal ‘terra-terra’, cioè dall’ascolto delle reali preoccupazioni delle persone
nelle comunità rurali in modo da “riuscire a trovare soluzioni che facciano
davvero la differenza”.
Lo stesso per il
settore della pesca, che deve diventare più resiliente, sostenibile e
competitivo sul mercato globale: Fitto dovrà dunque agire per promuovere
un’economia blu basata su questi principi.
Ma dovrà occuparsi
anche di mobilità sostenibile e di turismo, nell’ottica di collegare le diverse
parti d’Europa e sostenere un mercato unico fiorente.
Non finisce qui:
il vicepresidente designato dovrà assicurarsi, lavorando in partenariato, che
l’Europa investa negli Stati membri, nelle regioni, nelle autorità locali e nei
cittadini attraverso l’elaborazione di una politica di coesione e di crescita
rafforzata e modernizzata, in modo da arrivare a una convergenza economica e
sociale verso l’alto in tutta l’Unione e all’eliminazione delle disparità
regionali.
Riguardo queste
ultime, l’attuale ministro dovrà fornire soluzioni su misura alle sfide locali
e aiutare le regioni a recuperare il ritardo, adattando le soluzioni alle
singole situazioni. A tal proposito, Fitto dovrà contribuire al piano europeo
per l’edilizia abitativa a prezzi accessibili, al piano di adattamento ai
cambiamenti climatici e alla strategia europea di resilienza idrica, prestando
particolare attenzione alle sfide specifiche di ogni realtà.
Quanto alle città,
esplicitamene citate anche nel nome stesso della carica assegnata a Fitto,
queste devono diventare motori dell’innovazione, della crescita e della
competitività, e per fare ciò serve un’agenda politica ambiziosa – che rientra
nelle future competenze di Fitto – con una visione chiara per il futuro,
tenendo conto di questioni quali l’edilizia abitativa e l’azione per il clima,
la digitalizzazione, la mobilità, l’inclusione sociale e l’uguaglianza.
Non vanno poi
dimenticare né le isole né le regioni ultraperiferiche, che affrontano sfide
economiche e sociali specifiche come l’alloggio, i trasporti, l’acqua e la
gestione dei rifiuti.
Vdl dedica un
accenno anche al sostegno che si aspetta da parte di Fitto alle regioni di
confine orientali più colpite dall’aggressione russa, “per affrontare sfide
specifiche e sostenerle nel riorientamento della loro economia locale”. Un
compito che si inserisce in una riflessione sul futuro della politica di
coesione in un’Unione più grande. A tal proposito, infatti, il vicepresidente
designato dovrà contribuire anche alla revisione della politica
pre-allargamento.
Vdl chiede un
nuovo approccio e ‘ricorda’ il Rapporto Draghi
Revisione che già
nelle premesse della propria lettera, comuni a tutti i membri del collegio
designati, viene specificatamente citata, insieme all’importanza di raggiungere
“gli obiettivi climatici concordati, in particolare quelli fissati per il 2030
e l’obiettivo della neutralità climatica per il 2050”. Un segno di quanto
queste tematiche siano rilevanti per la presidente della Commissione.
Consapevole delle
sfide future, vdl chiede ai nuovi commissari un cambio di passo, un nuovo
approccio: “Le priorità che ho indicato negli orientamenti politici sono tutti
collegati e si influenzeranno a vicenda”, specifica nella lettera,
sottolineando l’importanza che tutti portino avanti una stretta collaborazione,
unita alla trasparenza e allo scambio di informazioni sia all’interno del
Collegio sia nei rapporti con le altre istituzioni europee, con quelle dei
Paesi membri e con quelle delle varie realtà locali. La presidente chiede anche
una maggiore presenza fisica all’Europarlamento e in loco, sul campo, nelle
tante regioni diverse che compongono il mosaico europeo: “Vorrei che visitaste
regolarmente gli Stati membri comprese le città, le zone rurali e le zone
scarsamente popolate”, per poter ascoltare le reali esigenze delle persone e
avvicinarle alle iniziative dell’Unione.
Infine un’ultima
richiesta che riguarda tutti e che assume un po’ il sapore di una frecciatina
considerando com’è andata con le candidature dei commissari da parte delle
capitali: quella di avere una Commissione maggiormente rappresentativa delle
persone: “Abbiamo fatto molti progressi in termini di equilibrio di genere in
tutto il management, ma c’è chiaramente ancora molto da fare. Ogni gabinetto
dovrebbe garantire l’equilibrio di genere e geografico”. Adnkronos 18
L’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah da parte di Israele
offre l’occasione per trarre alcune conclusioni, necessariamente preliminari,
su quanto sta accadendo nel Vicino Oriente e allo stesso tempo sollevare alcune
questioni sul fosco futuro di quell’area.
La prima considerazione riguarda la determinazione del governo israeliano
di infliggere quanto più danno possibile all’Iran e alla rete di suoi alleati
in Libano, Siria, Iraq, Yemen e Palestina. Di questi, Hezbollah è di gran lunga
il più importante. La relazione con l’Iran risale ai primi anni ’80, quando
Hezbollah si formò in reazione alla brutale invasione israeliana del Libano.
Hezbollah è anche la milizia pro-iraniana meglio armata – sostiene di poter
contare su centomila combattenti (ma probabilmente sono meno della metà) e
disporre di circa 120-200000 razzi missili balistici. È anche quello con più
esperienza di lotta, avendo resistito alla seconda invasione israeliana del
Libano nel 2006 e poi affiancato per anni a fianco il regime siriano nella
sanguinosa repressione dell’opposizione. Soprattutto però Hezbollah
controlla(va) il sud del Libano, dal quale poteva esercitare pressione e
deterrenza su Israele.
Questa capacità è venuta meno visto che negli ultimi due mesi Israele ha
eliminato quasi tutta la leadership di Hezbollah, colpito migliaia di obiettivi
militari (essenzialmente depositi o postazioni di lancio di missili) e fatto
esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie in dotazione, ferendo
migliaia di miliziani. Se a questo si aggiunge l’assassinio del leader politico
di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran, il quadro è quello di un Iran frastornato
e senza opzioni valide di risposta. Estendendo a dismisura l’argomento
dell’auto-difesa, Israele non ha remore nel colpire i suoi nemici anche se
questo comporta indiscriminate stragi di civili, com’è il caso a Gaza (41000
morti, di cui 16500 bambini, e 1,9 milioni di sfollati) e ora anche in Libano
(più di mille morti e un milione di sfollati in una settimana).
La seconda conclusione riguarda l’estrema debolezza dell’Amministrazione
Biden. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato l’attacco di Beirut
mentre era a New York per l’Assemblea Generale dell’Onu, dove peraltro ha
liquidato tutti i suoi critici come antisemiti (come da prassi nella retorica
governativa e in generale di chi sostiene il progetto sionista). Parlando di
fronte a quello stesso consesso, il presidente Usa Joe Biden aveva invocato la
necessità di un cessate-il-fuoco a Gaza di una de-escalation in Libano. Usa e
Francia avevano anzi frettolosamente messo insieme una proposta di tregua, che
Netanyahu ha prontamente ignorato.
Si tratta dell’ennesimo episodio in cui Israele agisce in senso contrario a
quanto caldeggiato dall’Amministrazione Biden e i suoi alleati europei, che da
mesi spingono per un cessate-il-fuoco a Gaza, la liberazione degli ostaggi e il
contenimento dell’escalation regionale. Netanyahu non si fa problemi perché la
risposta dell’Amministrazione Biden è solitamente quella di protestare
‘ignoranza’ rispetto alle mosse di Israele e poi concordarvi ex post, com’è
stato il caso anche per l’assassinio di Nasrallah. Nonostante la supposta
frustrazione nei confronti di Netanyahu, Biden ha continuato a dare a Israele
copertura diplomatica e miliardi di dollari in armi. Senza appoggio americano,
diretto, indiretto o semplicemente passivo, Israele non si sarebbe mai lanciato
in piani tanto ambiziosi.
Le conseguenze dell’assassinio di Nasrallah
Venendo ora alle questioni che l’assassinio di Nasrallah lascia aperte, la
prima riguarda la situazione in Libano. Hezbollah è senza leadership e con un
sistema di comunicazioni compromesso, però continua a contare su migliaia di
aderenti e può quindi riorganizzarsi. Per prevenire questa eventualità, Israele
può lanciare un’invasione di terra che lo porti nuovamente a controllare il
territorio compreso fra il confine e il fiume Litani, qualche centinaio di
chilometri a nord, in modo da mettere definitivamente in sicurezza gli abitanti
di Israele settentrionale. Se l’offensiva di terra possa raggiungere questo
obiettivo resta incerto. Dopotutto, un anno di operazioni militari
ultra-intensive a Gaza non è servito a estirpare Hamas, un’organizzazione più
debole e isolata di Hezbollah. Qualunque sia l’esito, l’invasione di terra
avrebbe comunque un alto costo umano.
L’altra questione aperta riguarda la risposta dell’Iran. Vista la
centralità del network di alleanze nella regione che Teheran chiama l’‘asse
della resistenza’, la decimazione di Hamas e soprattutto l’indebolimento di
Hezbollah implica una sostanziale riduzione dell’influenza iraniana nel
Levante. Ci si è chiesti nei mesi scorsi come mai la Repubblica islamica, che
ad aprile si era spinta a lanciare un attacco missilistico contro Israele in
risposta al bombardamento israeliano del consolato iraniano di Damasco, sia
rimasta inattiva negli ultimi mesi.
Un’ipotesi è che con un nuovo presidente che proviene dall’area riformista,
Masoud Pezeshkian, l’Iran si fosse deciso per una forma di ‘pazienza
strategica’, ovvero evitare l’escalation e lasciare che le uccisioni
indiscriminate a Gaza ma anche in Cisgiordania e poi quest’altro attacco il
Libano contribuissero a creare un fronte internazionale che ponesse freni a
Israele. Se questa è la strategia, chiaramente non sta funzionando. Il governo
israeliano, e in particolare Netanyahu, ha tutto l’interesse a continuare le operazioni
militari e anzi a sfidare l’Iran a intervenire.
Per Netanyahu l’attacco al nord è vantaggioso sotto ogni rispetto: ha
ristabilito la sua reputazione compromessa dal 7 ottobre, ha apparentemente
rimosso una minaccia diretta a Israele, ha allargato la sua coalizione di
governo in modo da renderlo meno dipendente dai suoi alleati estremisti e
apertamente espansionisti. Un attacco diretto contro l’Iran completerebbe il
quadro. Per l’Iran colpire Israele direttamente è un’opzione estremamente
pericolosa, anche perché per Biden sarebbe difficile non unirsi alla risposta
israeliana. Difficile quindi che a Teheran scelgano questa strada.
Un’altra opzione è rilanciare sul programma nucleare, abbandonando ogni
pretesa che sia civile. Ma Netanyahu ha già detto che le centrali nucleari
iraniane sono nel mirino, e gli Stati Uniti – la cui politica è quella di
prevenire un Iran nucleare a tutti i costi – avrebbero una motivazione facile
da vendere al pubblico per unirsi ai bombardamenti.
L’opzione più realistica per l’Iran è quella di incassare e cominciare a
riorganizzare e rafforzare la sua rete di alleanze, a partire da Hezbollah
stesso. Ma bisogna considerare che Israele potrebbe non concedergli questa
chance. Uno scontro diretto, per quanto improbabile, non è quindi per niente da
escludere. L’odore del sangue di una vittoria completa potrebbe essere
irresistibile per Netanyahu.
Il futuro di Gaza e delle dinamiche regionali
L’ultima questione aperta riguarda Gaza. Netanyahu ha lanciato l’attacco a
nord senza che le operazioni militari si fossero concluse o gli ostaggi
liberati. La priorità per lui è degradare l’Iran e i suoi alleati e, dietro il
paravento dell’auto-difesa, promuovere l’espansione israeliana a Gerusalemme
Est e in Cisgiordania, dove non a caso le violenze e gli espropri di abitazioni
e terre dei palestinesi sono aumentate (dal 7 ottobre gli israeliani hanno
ucciso circa 700 persone di cui circa 160 bambini).
Quello a cui andiamo incontro è un Levante in cui Israele si sente
paranoicamente sempre più a rischio esistenziale nonostante nel corso della
storia (e grazie al sostegno americano) abbia degradato militarmente tutti i
suoi nemici, alcuni dei quali sono stati poi ‘cooptati’ dalla diplomazia Usa
(Egitto e Giordania prima, poi Emirati Arabi e in parte Arabia Saudita); un
Israele che eserciterà una forma più o meno diretta di controllo militare sulla
fascia a nord del confine con Libano e a Gaza (riservandosi il diritto di
intervenire ad arbitrio); e un Israele che continuerà a radicarsi in
Cisgiordania e a Gerusalemme Est, consolidando così il decennale sistema di
oppressione sistematica di milioni di persone in ultimo dettagliato dalla Corte
internazionale di giustizia.
È senz’altro prematuro fare predizioni certe, eppure questo scenario sembra
il più probabile alla luce del fatto che Israele non trova ostacoli militari
nei suoi nemici e non trova opposizione diplomatica nei suoi amici. Washington
e diverse capitali europee sono contrarie a ogni forma di pressione su Israele,
e anzi continuano a riconoscergli un diritto all’autodifesa
dall’interpretazione iper-estensiva che non riconoscerebbero a loro stessi.
Riccardo Alcaro, AffInt 30
Europa: non c’è tempo da perdere
Il Parlamento
europeo si è riunito in plenaria a Strasburgo. L’agenda politica comunitaria si
è complicata soprattutto attorno alla definizione della futura Commissione von
der Leyen. C’era anche attesa per un “confronto a distanza” tra le opposte
visioni sull’Ue27 di Draghi e Orban, ma l’emergenza alluvioni non ha consentito
al premier ungherese di raggiungere Strasburgo per illustrare la sua visione
sul futuro dell’Unione - Gianni Borsa
Avrebbe dovuto
essere la settimana del confronto, seppur a distanza, tra opposte visioni
sull’Europa: invece, a causa delle tragiche alluvioni che hanno colpito
l’Europa centro-orientale, il premier ungherese non ha potuto essere in questi
giorni a Strasburgo per portare la sua idea di integrazione comunitaria.
Sarebbe stato il contraltare dell’europeismo impersonato dall’ex presidente
della Bce e del Consiglio italiano. Ma, appunto, il botta-e-risposta tra Viktor
Orban e Mario Draghi non ha potuto svolgersi.
C’era grande
attesa a Strasburgo per questo doppio dibattito in emiciclo. Draghi era
chiamato a ripetere al Parlamento europeo i concetti-chiavi della sua Relazione
sul futuro della competitività, già illustrata la settimana precedente alla
stampa accreditata a Bruxelles. Niente di più distante, almeno nei riferimenti
di fondo, e nella ferma volontà di rafforzare il processo verso l’unità
europea, dalle posizioni da anni assunte dal governo Orban, più volte chiamato
a rispondere – queste le accuse – di non rispettare i principi di democrazia e
stato di diritto su cui si fonda la stessa Ue. Non a caso una delle primissime
mosse di Orban, assunta la presidenza semestrale di turno del Consiglio Ue, è
stata la visita a Vladimir Putin, che l’Ue27 considera nemico da quando ha dato
l’assalto alla sovranità ucraina, sterminando la popolazione e radendo al suolo
intere regioni del Paese.
Più volte Orban si
è espresso contro una maggiore integrazione Ue: ci si chiede, quindi, se giunto
alla guida del Consiglio Ue, continuerà a tenere questo atteggiamento o se il
ruolo lo porterà a più miti consigli.
Ma la settimana
europea, che ha visto riunirsi a Strasburgo l’Europarlamento per la sessione
plenaria, assieme a rappresentanti della Commissione e dello stesso Consiglio,
ha registrato altri intoppi. Il più eclatante dei quali è ruotato, lunedì 16
settembre, attorno alle inattese dimissioni da commissario designato (sarebbe
stata una conferma) del francese Thierry Breton, il quale ha accusato la von
der Leyen di aver fatto pressioni su Parigi perché Macron ritirasse il suo
nome. Nei mesi scorsi lo scontro tra la presidente della Commissione e il commissario
Breton aveva raggiunto toni imbarazzanti. Ora che von der Leyen si è liberata
di un possibile ostacolo alla sua presidenza dovrà dimostrare equilibrio nella
guida dell’esecutivo (anche su questo tema si erano registrate pesanti critiche
nei mesi precedenti le elezioni dell’Eurocamera).
Si tratta, in
tutti questi casi di segnali che non fanno bene alla politica europea. Le sfide
in atto sono urgenti e gigantesche: la guerra in Ucraina non cessa; le
instabilità e i conflitti internazionali si moltiplicano; la Cina prosegue la
sua marcia economica e neocolonialista in ampie regioni del mondo; dietro
l’angolo ci sono le elezioni presidenziali negli Usa… Da Strasburgo e Bruxelles
servirebbero segnali di coesione, progetti per il futuro, volontà politica di
procedere insieme. Tempo da perdere non ce n’è. Sir 21
Il Presidente Mattarella in visita di Stato in Germania
È iniziata giovedì
26 settembre, nel pomeriggio, la Visita di Stato in Germania del Presidente
della Repubblica, Sergio Mattarella.
Primo impegno in
agenda la visita della mostra "Via in Italia! Con Liebermann a Venezia,
Firenze e Roma" allestita a Villa Liebermann sul Wannsee di Berlino,
insieme al Presidente della Repubblica federale di Germania Frank-Walter
Steinmeier.
Venerdì 27
settembre, Mattarella è stato accolto dal Presidente Steinmeier con gli onori
militari al Palazzo Bellevue. Seguiranno colloqui e una conferenza stampa dei
due Capi di Stato.
Al termine, il
Presidente ha deposto una corona presso il Monumento della Nuova Guardia. Successivamente
è stato ricevuto al Reichstag dal Presidente del Bundestag, Bärbel Bas e, nel
pomeriggio, ha incontrato il Cancelliere federale Olaf Scholz al Palazzo della
Cancelleria.
In serata, a
Palazzo Bellevue, si è tenuto il Pranzo di Stato in onore del Presidente
Mattarella.
Il 28 settembre,
il Presidente Steinmeier ha accompagnato il Presidente Mattarella a Bonn e
Colonia. A Bonn hanno visitato il Campus delle Nazioni Unite e partecipato alla
sessione conclusiva del seminario “La cooperazione tra Italia e Germania: un
importante strumento per il contrasto al cambiamento climatico e la transizione
energetica globale”.
Nel pomeriggio
visita alla Cattedrale di Colonia, seguita da un incontro con la Sindaca di
Colonia presso il Municipio. La visita di Stato si è conclusa con un pranzo su
invito del Ministro Presidente del Land Nordreno-Vestfalia Hendrik Wüst nel
Giardino Botanico.
Domenica 29
settembre, i due Capi di stato si sono recati a Marzabotto in occasione delle
celebrazioni per l’80° anniversario degli eccidi di Monte Sole.
Queste le
dichiarazioni alla stampa del Presidente Mattarella venerdì 27 a Berlino: “Sono
molto grato al Presidente Steinmeier per l’accoglienza e per le parole che mi
ha riservato. Sono lietissimo di essere a Berlino.
Abbiamo avuto in
questi anni tante occasioni di incontro, sempre felicemente positivi, sempre di
piena intesa. Ma questa è la mia prima visita di Stato in Germania,è questa la
forma più alta della presenza, per sottolineare il grande rapporto che lega
Germania e Italia.
La Germania per
l’Italia non è soltanto un Paese co-fondatore dell’Unione, un alleato nella
NATO, ma è un partner imprescindibile sotto ogni profilo della convivenza e
delle relazioni.
Stiamo
attraversando una fase di grande collaborazione bilaterale, di grande
collaborazione in ambito governativo, in ambito istituzionale.
Come il Presidente
Steinmeier ha poc’anzi rammentato, a novembre scorso è stato stilato,
sottoscritto, il Piano d’azione che crea una cornice concreta di sviluppo, di
collaborazione tra i nostri Paesi.
Le nostre economie
sono strettamente connesse. Lo dimostrano sia il livello elevatissimo dell’interscambio,
sia il livello degli investimenti diretti, reciprocamente in Germania e in
Italia.
La nostra
collaborazione abbraccia tanti settori e, vorrei sottolineare,soprattutto
settori altamente tecnologici, cioè proiettati verso il futuro. Perché, in questo,
Germania e Italia hanno finalità e interessi condivisi.
Come sottolineava
poc’anzi il Presidente Steinmeier, per quanto riguarda la transizione
energetica, che è un punto fondamentale per il futuro, per le nostreeconomie,
per la vita della nostra società, per l’Europa.
Domani, nel polo
delle Nazioni Unite, a Bonn, ci occuperemo dei problemi delcambiamento
climatico, dei problemi, quindi, di come affrontare questi fenomeni con le
terribili conseguenze che frequentemente registriamo ormai in Europa.
È evidente che una
sfida di questo genere non può essere affrontata e vinta dai singoli Paesi, ma
attraverso forti collaborazioni e solidarietà.
Naturalmente
abbiamo registrato - e poc’anzi lo rammentava cortesemente ilPresidente
Steinmeier - la grande collaborazione culturale, storicamente intensissima,tra
Germania e Italia. E noi siamo riconoscenti, perché alla Buchmesse di
Francoforte l’Italia è quest’anno ospite d’onore.
Domani a Colonia
vedremo alcune radici di questa grande collaborazione culturale, di questa
grande unità culturale tra Germania e Italia.
Vedremo anche lì -
anche questo è stato ricordato dal Presidente Steinmeier - una grande comunità
di origine italiana, che rappresenta la grande comunità italiana che vive in
Germania: 900 mila italiani vivono oggi in Germania, eleggendola a proprio
Paese.
E il nostro
rapporto bilaterale si avvale anche, nella sua intensità, di queste presenze,
di questo elemento di unione che intercorre tra di noi.
Vi abbiamo
collaborato con il Presidente. E lo ringrazio per aver avuto inizialmente lui
l’idea del premio per la collaborazione tra i Comuni tedeschi e italiani che,
biennalmente, celebriamo con grandi risultati, nelle forme di collaborazione
che i nostri Comuni, insieme, svolgono ed esercitano, non soltanto numerose, ma
anche di alta qualità.
Ringrazio anche il
Presidente per la scelta di venire con me a Marzabotto, alla fine di questa
visita di Stato, per dimostrare, insieme, testimoniandolo per nuove
generazioni, il dovere della memoria, ma anche la possibilità, praticata e di
successo,di costruire un futuro di pace.
Abbiamo parlato -
come ha ricordato il Presidente Steinmeier - della condizione dell’Unione
europea. Vi sono nuovi vertici dell’Unione chiamati a una quantità di impegni,
che non sono soltanto di ordinaria amministrazione nei vari settori - pur così
importanti, ciascuno di essi - ma lo sono, anzitutto, perché occorre
recuperare, da parte dei vertici dell’Unione - la fiducia dei cittadini, in
maniera che si alzi anche la partecipazione elettorale, che quest’anno si è
fermata poco sopra il 50%.
E, peraltro,
quello è stato un grande esercizio di democrazia. Tutto il continente raccolto
nell’Unione europea, chiamato al voto insieme, è stato un grande esempio di
democrazia per il mondo.
Io credo che
Germania e Italia, insieme, abbiano la capacità e la responsabilità di
sollecitare per la crescita dell’Unione, perché affronti con efficacia le sfide
che ha di fronte. Con una quantità di problemi e di scelte coraggiose che vanno
messe in cantiere ed esaminate da tutti i Paesi in maniera aperta, con un
dialogo costruttivo, sperando che tutti abbiano questo atteggiamento
costruttivo.
Personalmente
credo che vi sia un’esigenza che riguarda essenzialmente tre punti. Il
completamento del sistema finanziario dell’Unione, che è, allo
stato,incompleto. Una grande moneta unica, di grande rilievo nel mondo, non può
che avere alle spalle un sistema finanziario completo, e non parziale.
La difesa comune
d’Europa, resa ineludibile dall’aggressione russa all’Ucraina.
E procedure
decisionali più snelle e più veloci, più capaci di dare risposte ai problemi
che nella comunità internazionale si presentano sempre veloci e richiedono
risposte veloci. Se l’Unione non fosse in grado di fornirle, le fornirebbero
altri protagonisti della vita internazionale, e verrebbe meno il contributo di
civiltà, di senso della pace, della convivenza pacifica, della solidarietà che
contrassegna Unione europea.
Come ha ricordato
il Presidente Steinmeier, abbiamo parlato dell’Ucraina.L’Italia ringrazia la
Germania per il sostegno così forte all’Ucraina.
Siamo,
naturalmente, alla ricerca di una conclusione di questa sconsiderata avventura
bellica iniziata dalla Russia, nella speranza che si possano trovare aperti
spiragli per negoziati e una soluzione di pace.
Ma la pace non
vuol dire sottomissione e abbandono dei principi della dignità di ogni Stato e
del diritto internazionale, né sottomissione alla prepotenza di chi pensa di
affermarsi con l’uso delle armi.
Per questo
difendere l’Ucraina, e aiutarla a difendersi, sostenerla - come stiamo facendo
- dal punto vista economico, finanziario, dal punto di vista delle prospettive
di ricostruzione, dal punto di vista umanitario, dal punto di vista militare, è
essenziale per difendere la pace ed evitare che a questa avventura sconsiderata
ne seguano altre che trascinerebbero il mondo in una condizione ingovernabile e
drammaticamente pericolosa.
Abbiamo parlato
anche di una quantità di altri temi di grande rilievo.
Abbiamo parlato
delle varie crisi che vi sono nel mondo, naturalmente di quella del Medio
Oriente, e degli allarmi che questo crea.
Siamo alla vigilia
dell’anniversario dell’efferato atto terroristico di Hamas contro inermi
cittadini israeliani, e stiamo vivendo in questi mesi le sofferenze drammatiche
di tanti civili a Gaza, e dei rischi di estensione del conflitto nell’ambito
mediorientale.
Ma non voglio
occupare il vostro tempo, e vorrei concludere ringraziando molto il Presidente
Steinmeier. La nostra personale amicizia, la nostra sintonia costante, riflette
il rapporto intenso, crescente che vi è tra Germania e Italia. Grazie
Presidente”. Dip 29
La cerimonia per ricordare il massacro nazifascista di Monte Sole che nel
1944 costo costò la vita a 770 civili. Il presidente tedesco: “Provo dolore e
vergogna”
Oggi il presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, si è recato insieme al
presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, e alla sua consorte, Elke
Büdenbender, a Marzabotto, per prendere parte alla commemorazione dell'80°
anniversario della strage delle SS naziste. La commemorazione delle vittime
della strage nazista a Marzabotto è «un dovere della memoria» e evidenzia la
possibilità di costruire «un futuro di pace - ha dichiarato Mattarella –.
Chiniamo il capo davanti alle vite spezzate, mai più nazismi e
fascismi». Steinmeier ha invece chiesto scusa per le vittime: «Provo
dolore e vergogna», ha detto. Il cardinale Matteo Zuppi ha infine
celebrato la messa in ricordo dei caduti: «Come è stato possibile che il
male si impossessasse così delle persone. Come è possibile arrivare a uccidere
innocenti ingiustamente, è una domanda inquietante».
La storia
Vittime di rastrellamenti, stanate in un territorio relativamente ampio,
fatto di piccoli borghi, parrocchie, osterie, empori: molte rimasero sepolte
per mesi e solo dopo la fine della guerra si fecero i conti con
l'orrore: la strage di Marzabotto, perpetrata dalle truppe naziste guidate
dal maggiore Walter Reder tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, causò la
morte di 770 civili tra cui donne, bambini e anziani nei territori
tra i comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno, nell'Appennino
bolognese. La strage di Monte Sole, spesso chiamata la strage di Marzabotto,
viene oggi ricordata come l'eccidio più efferato e di più vaste
proporzioni contro la popolazione civile che si è avuto nell'Europa Occidentale
durante la seconda guerra mondiale.
Terribili storie che si iscrivono in una fase delicata del conflitto
quando, nell'autunno del '44, le truppe alleate stavano risalendo la penisola
minacciando di sfondare la Linea Gotica, ovvero le difese nazifasciste
sull'appennino tosco -emiliano. La storia, un «massacro pianificato»,
ricorda fucilazioni, case incendiate, violenze atroci, anziani decapitati,
donne stuprate e uccise, bambini gettati vivi tra le fiamme. La vittima
più giovane, Valter Cardi, neonato di soli quattordici giorni. Ottanta anni
dopo, Marzabotto ha ricordato gli eccidi di Monte Sole in una commemorazione
solenne con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente
della Repubblica federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier. Per il nostro capo
dello Stato è la seconda visita a Marzabotto: nel 1992, da poco rieletto
parlamentare alla Camera, fu relatore ufficiale durante la commemorazione del
48^ anniversario degli eccidi.
Strage di Marzabotto, Mattarella alla commemorazione: "La memoria
richiama la responsabilità"
Il programma
A Marzabotto la cerimonia si è aperta alle 8.30 con il ricevimento
delle delegazioni; a seguire la messa nella chiesa parrocchiale celebrata dal
cardinale Matteo Maria Zuppi e la deposizione delle corone al Sacrario dei
Caduti. Alle 13.00, in Piazza Martiri delle Fosse Ardeatine, dopo i saluti
di Valter Cardi, presidente Comitato Onoranze caduti di Marzabotto e Valentina
Cuppi, sindaca di Marzabotto, c’è stato l’intervento di Mattarella e Steinmeier.
Sono trascorsi oltre vent'anni da quando un altro presidente della Repubblica
si è recato ufficialmente nei luoghi della strage nazifascista assieme a un
Presidente tedesco. Nel 2002, qualche giorno prima del 25 aprile, Johannes Rau,
il presidente tedesco, decise di salire a Monte Sole insieme a Carlo Azeglio
Ciampi, un gesto di riconciliazione a oltre cinquant'anni dall'eccidio. LS 29
La Spd vince in Brandeburgo: l’Afd cresce ma si ferma al 29%
Berlino – Sembra
un paradosso, ma non lo è. Nonostante Olaf Scholz, la Spd ha vinto le elezioni
in Brandeburgo. Al governatore uscente, Dietmar Woidke, che aveva intimato al
cancelliere di tenersi lontano dai suoi comizi, è riuscito sull’ultimo miglio
un clamoroso sorpasso sull’AfD, che era da mesi avanti in tutti i sondaggi. I
socialdemocratici vincono anche migliorando il loro risultato di cinque anni
fa: sfiorano il 31% contro il 26% del 2019. Anche l’ultradestra Afd migliora di
ben sei punti ma si ferma al 29%. La Cdu incassa uno dei peggiori risultati
della storia a un’elezione regionale, e finisce persino contro la ‘start up’
della politica tedesca, il partito di Sahra Wagenknecht (Bsw). I
cristianodemocratici si fermano al 12%, un punto e mezzo dietro la Bsw. E per i
conservatori è uno shock: il peggior risultato dalla caduta del muro di
Berlino. L’altra amara sorpresa di queste elezioni è il risultato dei Verdi:
non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 5%, finiscono fuori dal
parlamentino regionale.
Una vittoria
“nonostante” Scholz
Sono due i fattori
che hanno contribuito a mobilitare gli elettori progressisti: la minaccia che
il popolarissimo Woidke gettasse la spugna - il governatore aveva promesso di
“lasciare” se la Spd fosse arrivata seconda - ma soprattutto il suo monito al
cancelliere a tenersi lontano da tutti i suoi comizi. Scholz è stato trattato
come criptonite dall’uomo che ha guidato il land intorno a Berlino negli ultimi
undici anni, e non di rado l’ingegnere agrario sessantaduenne si è messo contro
la linea ufficiale del governo semaforo.
Woidke si è
battuto fino all’ultimo per ottenere sussidi per le miniere di lignite in
Lusazia - la regione da cui proviene - e si è opposto alla loro chiusura
anticipata. E ha regalato al land ottimi risultati economici anche al netto
dell’arrivo della Gigafactory Tesla a Gruenheide. E ora sta lottando per tenere
aperti i 66 ospedali del land, nonostante le minacce di tagli del suo collega
di partito, il ministro della Sanità Karl Lauterbach. Alla fine, la campagna
elettorale si è trasformata in un duello a due tra Woidke e l’Afd. Uno dei
manifesti più famosi recitava “se volete votare testa rapata, scegliete
Woidke”. Ma il convitato di pietra è rimasto sempre il cancelliere Scholz.
Il nodo delle
alleanze
Fino a domenica
mattina, quando si era detto “ottimista” sull’esito del voto, Woidke ha sperato
in una riedizione delle elezioni del 2019, quando aveva superato l’Afd
all’ultimo momento. E ha vinto la scommessa, anche grazie a una partecipazione
straordinaria al voto: l’affluenza è stata del 74%, ben 13 punti sopra al 2019.
A caldo, Woidke ha detto che “una cosa è chiara: abbiamo messo a segno un
recupero che non si era mai visto, in questo land”. Per formare un governo,
parlerà anzitutto con la Cdu, suo attuale alleato. Ma vista la disfatta dei
Verdi, Woidke ha già detto di non essere contrario a un’alleanza a tre con il
candidato del partito di Wagenknecht, Robert Crumbach. Un uomo che, prima di
bussare a gennaio alla porta della leader rossobruna, era stato per 40 anni un
membro della Spd. Tonia Mastrobuoni, LR 23
La SPD di Woidke batte l’AfD di estrema destra in Brandeburgo
I
socialdemocratici del cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno battuto di poco
l’AfD di estrema destra nelle elezioni statali di domenica 22 settembre nell’ex
area orientale comunista, una rara buona notizia per il suo partito.
La SPD di
centro-sinistra di Scholz ha ottenuto circa il 31% nello Stato di Brandeburgo
contro l’anti-immigrazione e filo-russa Alternativa per la Germania, che ha
ottenuto circa il 29%, secondo le proiezioni delle emittenti pubbliche. Il
risultato offre un po’ di tregua al governo di coalizione di Scholz, che è
sprofondato nei sondaggi di opinione a un anno dalle elezioni nazionali. Il
voto nel Brandeburgo è stato seguito con attenzione perché l’SPD di Scholz ha
governato in questa regione sin dalla riunificazione della Germania del 1990.
Il distretto elettorale del cancelliere si trova nella capitale Potsdam, fuori
Berlino.
L’AfD, che
inveisce contro i richiedenti asilo, il multiculturalismo, l’Islam e il governo
tripartito di Scholz, sperava di replicare il suo recente successo elettorale
nell’est. Tre settimane fa, ha stupito l’establishment politico vincendo il suo
primo voto parlamentare in assoluto – nello Stato orientale della Turingia – e
arrivando secondo nella vicina Sassonia. Nonostante il successo alle urne, è
improbabile che l’AfD prenda il potere in qualsiasi Stato, poiché tutti gli
altri partiti tradizionali hanno finora escluso di stringere un’alleanza di
governo con il partito.
Il premier della
SPD, Dietmar Woidke
Il popolare
premier della SPD del Brandeburgo, Dietmar Woidke, aveva mantenuto le distanze
dal collega di partito Scholz durante la campagna elettorale. In carica da
oltre un decennio, Woidke aveva anche lanciato una sfida agli elettori, dicendo
loro che si sarebbe dimesso in caso di vittoria dell’AfD.
L’AfD, che non è
riuscito nel suo intento di “mandare Woidke in pensione”, ha comunque salutato
la sua forte affermazione. Il co-leader del partito, Tino Chrupalla, ha
dichiarato di aver “preso una volta l’oro e due volte l’argento” in tre
elezioni tenutesi questo mese nell’est del Paese.
Un Woidke
visibilmente sollevato si è crogiolato negli applausi dei fedeli del partito,
festeggiando la vittoria di stretta misura in una corsa in cui solo poche
settimane fa il suo partito era in svantaggio rispetto all’AfD nei sondaggi di
opinione. L’obiettivo, ha detto, era quello di evitare che il Brandeburgo
venisse marchiato con un “grande timbro marrone”, il colore associato al
fascismo. Il messaggio sembra aver stimolato gli elettori, visto che
l’affluenza ha raggiunto il 74%.
Un’altra co-leader
dell’AfD, Alice Weidel, ha affermato che è ormai chiaro che “siamo la forza più
forte nell’est“, una regione che è ancora indietro rispetto alla Germania
occidentale in termini di occupazione e ricchezza. “È una tappa importante,
come si vedrà alle elezioni federali”, ha detto.
È improbabile che
Scholz tragga grande vantaggio dalla vittoria, ha dichiarato il sondaggista
Manfred Guellner al quotidiano Tagesspiegel, sostenendo che le elezioni erano
tutte incentrate su Woidke. “Woidke ha tutto ciò che manca a Olaf Scholz:
approvazione, simpatia, un atteggiamento con i piedi per terra, forza coesiva”,
ha detto Guellner. “Da questo punto di vista, Woidke è l’anti-Scholz”. La
rivista Der Spiegel è d’accordo. Mentre Scholz “deve essere piuttosto
sollevato” dal fatto che il successo del suo partito “porta stabilità”, il
cancelliere “non ha contribuito affatto a questo miracolo”, ha affermato.
Paura degli
attacchi
Il decennale AfD,
originariamente un partito di frangia euroscettico, ha a lungo alimentato i
timori dell’opinione pubblica nei confronti dell’immigrazione irregolare,
soprattutto dopo una serie di recenti attentati di sospetta matrice islamica.
La retorica dell’AfD ha messo sotto pressione Scholz e i suoi alleati di
governo, i Liberi Democratici e i Verdi, un partito ecologista che sembrava
destinato a essere espulso dalla legislatura statale. Le lotte all’interno del
governo nazionale hanno fatto crollare l’indice di gradimento di Scholz. Al
contrario, il ministro della Difesa Boris Pistorius, anch’egli
socialdemocratico, è spesso in cima ai sondaggi come politico più popolare in
Germania.
Nella lunga corsa
alle elezioni nazionali del settembre 2025, la scorsa settimana i conservatori
dell’opposizione dell’alleanza CDU-CSU hanno scelto il leader del loro partito
Friedrich Merz come candidato principale. Ma la CDU ha subito un duro colpo
anche nel Brandeburgo, ottenendo solo circa l’11%.
Un nuovo partito
di sinistra
Quest’anno è
emerso anche un secondo partito populista, l’Alleanza di sinistra Sahra
Wagenknecht (BSW), che ha ottenuto circa il 12% nel Brandeburgo. Originaria
dell’ex Germania dell’Est, Wagenknecht è un politico veterano dell’opposizione
e ospite frequente di talk show televisivi, che ha lasciato il partito di
sinistra Die Linke per formare il proprio movimento. Ha descritto la politica
del BSW come “sinistra-conservatrice”: una miscela di politiche economiche che
aiutano i lavoratori e i poveri e di posizioni culturali conservatrici, tra cui
la limitazione dell’immigrazione. Dopo aver ottenuto buoni risultati in tre
elezioni statali dell’est, il partito di Wagenknecht potrebbe ottenere un
potenziale ruolo di kingmaker, complicando il compito degli altri partiti che
si oppongono alle sue posizioni pro-Russia e anti-NATO. Adnkronos 23
La rimonta dei socialdemocratici nel Brandeburgo
Contro tutti i
sondaggi che lo davano sconfitto, l’SPD del Cancelliere Scholz ha vinto le
elezioni regionali nel Brandeburgo, l’unico Land dell’Est dove governa, anche
il più ricco economicamente e culturalmente, e feudo rosso dalla caduta del
muro di Berlino.
Risultato
inatteso, perché ottenuto dal partito di un Cancelliere indebolito e
costantemente criticato perché non sa comunicare, trascinare gli elettori, al
punto che ha dovuto affidare la campagna elettorale al governatore del
Brandeburgo, suo amico da tempo, Dietmar Woidke, nato nella D.D.R., agronomo,
molto popolare e al governo del Land da ben 11 anni.
La domanda che
molti si fanno, però, è se la rimonta dei socialdemocratici è opera del Cancelliere
o di altri; in questo caso, come già detto, del governatore che avrebbe
assicurato a Scholz la sopravvivenza, non sappiamo fino a quando.
Scholz non è
riuscito a conquistare i tedeschi e la crisi della SPD esiste da tempo e il
partito a livello nazionale ha la metà dei voti della CDU, il partito della
Merkel, al punto che, se si votasse ora, un terzo dei suoi deputati resterebbe
fuori dal Parlamento.
Questo alimenta
malumori crescenti nel partito, che si leggono sulla stampa ma sempre in forma
anonima; nessuno finora ha criticato apertamente il Cancelliere, anche perché
nulla in fondo è cambiato e i conflitti sono sempre presenti e possono
innescare una crisi da un momento all’altro.
Forse nella
risalita dell’SPD un po’ di merito ce l’ha anche Scholz: ha guidato una
coalizione difficile in un momento particolarmente complicato, tenendo insieme
due partiti, come i liberali e i verdi, che non hanno quasi nulla in comune,
mentre c’era la crisi energetica, il post-Covid e tutte difficoltà oggettive
che, però, il cancelliere non ha saputo comunicare al Paese.
Ultimamente, un
certo successo l’ha avuto decidendo la svolta sui migranti, ripristinando i
controlli ai confini della Germania. Successo tuttavia non in grado di quietare
dubbi e malumori all’interno del partito.
La persona in
grado di sostituire Scholz c’è ed è il Ministro della Difesa Boris Pistorius,
alla sua prima esperienza di governo, il più popolare tra tutti i politici
tedeschi, da molti accomunato all’ex cancelliere Helmut Schmidt.
Diversamente da
Scholz, Pistorius è molto diretto, parla liberamente, sa entusiasmare ed è un
realista, un socialdemocratico conservatore. Ma per defenestrare un leader
servono ribelli, che per il momento non ci sono. Solo nello scontento e
nell’indebolimento del governo qualcuno potrebbe farsi avanti per chiedere più
politica di sinistra e accusare i vertici dell’SPD di non saper risolvere le
difficoltà in cui da tempo versa il partito. Angela Casilli, de.it.press 27
Italia Ospite
d’Onore alla Buchmesse (16-20 ottobre). Il calendario degli incontri
Francoforte -
Novantuno autrici e autori italiani a confronto con esponenti della cultura di
lingua tedesca in più di 50 eventi del programma letterario, 19 “testimoni del
tempo” impegnati in 11 dibattiti sull’attualità e i grandi temi della nostra
epoca, 21 appuntamenti di un programma professionale che farà incontrare i
protagonisti del mondo del libro italiano e internazionale e a cui se ne
aggiungono altri 9 organizzati dalle Regioni.
L’Italia torna
Ospite d’Onore dopo 36 anni a Francoforte e svela il suo programma per la
settantaseiesima edizione della Buchmesse, dal 16 al 20 ottobre. Il calendario
degli appuntamenti è consultabile sul sito Italiafrancoforte2024.com, aie.it e
buchmesse.de.
L’Associazione
Italiana Editori (AIE) ha curato il programma letterario, che si svolgerà nel
Padiglione di Italia Ospite d’Onore firmato dallo studio Stefano Boeri
Interiors e collocato al Forum Level 1, con il coordinamento del commissario
straordinario del Governo Mauro Mazza. Due le sale degli incontri: Arena e
Caffè Letterario. Il programma professionale è organizzato da AIE con il
sostegno di Italia Ospite d’Onore 2024 alla Fiera del Libro di Francoforte e di
ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle
imprese italiane e si svolgerà, parallelamente a quello letterario, negli spazi
dello Stand collettivo italiano nel Padiglione 5.0. Lo Stand collettivo
italiano sarà inaugurato il 16 ottobre, a partire dalle 11.00, in un evento che
mette al centro il ruolo degli editori nella diffusione della cultura del libro
in Italia e la sua proiezione all’estero.
“Il programma
letterario riflette la ricchezza e la totale autonomia e pluralità
dell’editoria italiana”, ha sottolineato il presidente di AIE, Innocenzo
Cipolletta. “È stato definito in un confronto continuo con gli editori e gli
autori, con l’obiettivo di farci conoscere ancora di più e meglio all’estero.
Per questo, fin dall’inizio, abbiamo voluto che gli italiani si confrontassero
con noti scrittori e giornalisti tedeschi che modereranno larghissima parte
degli incontri. Il programma potrà inoltre essere arricchito di nuovi incontri
proposti da scrittori che ci hanno fatto richieste nei mesi scorsi e con cui
siamo in costante dialogo, in una logica di massima apertura. La stessa
apertura contraddistingue il programma professionale che, partendo
dall’esperienza italiana, la mette a confronto con le migliori voci
dell’editoria internazionale”.
Mauro Mazza si è
detto “particolarmente orgoglioso del programma che presentiamo per la
partecipazione dell'Italia come Ospite d'Onore alla Buchmesse di Francoforte.
Nel tempio dell'editoria mondiale portiamo un 'Dream Team' di autori e relatori
che sarà in grado di generare interesse, curiosità e dibattito sullo stato
della cultura italiana. Mi piace sottolineare la massima rappresentatività del
nostro programma, privo di qualsiasi gerarchia tra generi letterari e contraddistinto
da incontri aperti a opinioni, esperienze e generazioni diverse e talvolta
lontane tra loro. Ringrazio gli autori, proposti dagli editori, che hanno
accettato l'invito. Sono convinto, inoltre, che il contributo dei ‘testimoni
del tempo’ saprà arricchire ulteriormente la partecipazione dell'Italia alla
Buchmesse di Francoforte, permettendo di celebrare la nostra cultura in tutte
le sue sfaccettature".
IL PROGRAMMA
LETTERARIO
Il programma
letterario sarà un viaggio in ampiezza e profondità, che coinvolgerà la
narrativa e la saggistica, la poesia e i libri per ragazzi, i fumetti e il
romance, i classici intramontabili e le novità. A ogni tappa un incontro
diverso, speciale, studiato in modo da valorizzare gli autori, giocare con le
specificità dei loro libri, presentarli alla grande editoria internazionale
riunita a Francoforte e dialogare con lei, mantenendo un confronto sempre
aperto con il Paese ospitante attraverso le moderazioni affidate ad autorevoli
esponenti del panorama culturale tedesco.
L’incontro
inaugurale di mercoledì 16 ottobre è un dialogo sul filo della narrativa e
delle arti affidato alla scrittrice Susanna Tamaro e al filosofo Stefano Zecchi
(Arena, ore 10, La bellezza delle parole, modera il giornalista Luigi
Mascheroni), a cui seguirà una riflessione tra spiritualità e scienza con il
teologo Luigi Maria Epicoco e il fisico Carlo Rovelli (Arena, ore 11, La vita
ai tempi dell’apocalisse, modera il giornalista Nico Spuntoni).
Sono i primi
tasselli di un mosaico in cui il “tempo” avrà spesso un ruolo e un senso
determinante, scandito da interventi solisti come quelli di Ieri, oggi e
domani. Il tempo delle parole e le parole del nostro tempo, mini-ciclo affidato
a tre maestri di lungo corso della letteratura italiana: Claudio Magris (giovedì
17, Arena, ore 15), Alessandro Baricco (venerdì 18, Arena, ore 15) e Dacia
Maraini (sabato 19, Arena, ore 15). La macchina da scrivere del tempo è invece
un incontro a più voci con tre autori che viaggiando a ritroso nel tempo e
intrecciando magistralmente realtà e finzione hanno creato recenti fenomeni
letterari: Viola Ardone, Donatella Di Pietrantonio e Gian Marco Griffi (giovedì
17, Caffè Letterario, ore 15.30, modera Shelly Kupferberg, Deutschlandfuk
Kultur, RBB Kultur). Vincitrice del Premio Strega 2024, Di Pietrantonio tornerà
venerdì 18 alle 16 in Arena per un approfondimento sul Premio, L’importanza di
chiamarsi Strega, in dialogo con Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione
Bellonci moderati da Cristina Giordano, Cosmo/Westdeutscher Rundfunk. Infine
due appuntamenti – in chiusura di Fiera – assumeranno quasi la forma di
eccezionale parata finale di grandi figure del passato, in un valzer tra realtà
e invenzione letteraria, arte e storia: Chopin, Caravaggio e Leonardo Da Vinci
popoleranno Genio, passioni e misteri dell’arte e della musica (con Rita
Charbonnier, Luigi De Pascalis e Carlo Vecce, ore 10.30, Caffè Letterario,
modera Giulio Galoppo, Cosmo/Westdeutscher Rundfunk), mentre la dinastia
siciliana dei Florio, il “Re Sole” Luigi XIV e Maria Antonietta si
incontreranno in Il potere delle regine e dei leoni (con Stefania Auci e
Alessandra Necci, ore 11, Arena, modera Anna Vollmer, Frankfurter Allgemeine
Zeitung).
In altre
occasioni, il “tempo” lascerà il testimone e lo spunto di partenza allo
“spazio”, o meglio ai tanti spazi della scrittura e al modo in cui vengono
declinati dagli autori: dal confronto tra Paolo Cognetti e Nicola Lagioia, due
tra le identità più forti della letteratura italiana contemporanea (Ogni storia
è un luogo, sabato 19, Caffè Letterario, ore 15.30, modera Andreas Platthaus,
Frankfurter Allgemeine Zeitung), alle riflessioni sul “confine” tra due
scrittori che vi sono nati e cresciuti sopra (Mauro Covacich e Paolo Rumiz,
entrambi triestini) e che lo hanno spesso varcato nei loro libri (Abitare su
una linea, giovedì 17, ore 12.30, Caffè Letterario, Tilman Spreckelsen,
Frankfurter Allgemeine Zeitung), fino alle Città di mare e borghi antichi in
cui Vins Gallico e Sacha Naspini hanno ambientato molti romanzi (sabato 19, ore
10.30, Caffè Letterario, modera Giulio Galoppo ).
A volte la porta
attraverso cui si accederà al mondo della letteratura sarà laterale,
permettendo di osservare e scoprire l’editoria italiana da scorci inediti, come
accadrà mercoledì 16 ottobre con il confronto tra Antonio Franchini, Rosella
Postorino e Chiara Valerio, che oltre ad aver scritto alcuni dei romanzi più
importanti delle ultime stagioni letterarie conoscono il mondo editoriale da
molte altre prospettive, come editor, curatori di collane, collaboratori di
riviste letterarie e programmi radiofonici (Vivere i libri a 360 gradi , ore
16.30, Caffè Letterario, modera Karen Krüger, Frankfurter Allgemeine Zeitung).
Sarà il primo di una serie di incontri che, non senza ambizione, vogliono
esplorare il potere e le diverse facce della letteratura. Si andrà Alla ricerca
del grande romanzo europeo (e italiano) del XXI secolo con Vincenzo Latronico e
Gianluigi Simonetti (giovedì 17, ore 10.30, Caffè Letterario, modera Maike
Albath, Deutschlandfuk Kultur, Süddeutsche Zeitung, Die Zeit), rifletteremo su
alcuni dei poteri più “magici” della scrittura con Francesca Melandri e Fabio
Stassi (La letteratura che cura e non dimentica, giovedì 17, ore 11.30, Caffè
Letterario, modera Lothar Müller, Süddeutsche Zeitung) si cercherà il
miracoloso equilibrio Tra etica e felicità con il romanziere Gianrico
Carofiglio e il filosofo Emanuele Coccia (giovedì 17, ore 17.30, Caffè
Letterario, modera Cinzia Sciuto, MicroMega e NewsMavens). Guarderà a un
orizzonte vastissimo anche l’incontro di venerdì 18 tra Annalena Benini e
Melania Mazzucco: entrambe scrittrici, la prima anche direttrice del Salone
Internazionale del Libro di Torino (prima donna nella storia della
manifestazione) e la seconda appassionata esperta d’arte, ci racconteranno
Quello che le donne ci dicono. Il lato femminile nell’arte e nella letteratura
(ore 11.30, Caffè Letterario, modera Karen Krüger). La sintonia tra il respiro
del programma letterario e quello della società moderna non si fermerà nemmeno
di fronte alle sue ombre. La violenza di genere e il modo in cui la scrittura
affronta i lati oscuri della realtà saranno presenti negli incontri con Silvia
Avallone e Giulia Caminito (Quel genere di violenza, giovedì 17, ore 16.30,
Caffè Letterario, modera Karen Krüger) e con Ginevra Lamberti e Alice Urciuolo
(In questo mondo di orchi, mercoledì 16, ore 17.30, Caffè Letterario, modera
Maike Albath), mentre sentimenti e ossessioni, desideri e inquietudini della
contemporaneità saranno tra gli ingredienti nei dialoghi tra Marco Missiroli e
Valeria Parrella (Avere tutto e altri piccoli miracoli, venerdì 18, ore 14.30,
Caffè Letterario) e tra Maddalena Fingerle e Anna Giurickovic Dato (La fame, il
pudore e altri sentimenti senza confini, domenica 20, ore 11.30, Caffè Letterario,
modera Andreas Pfeifer, ORF Berlino).
In un contesto
internazionale come la Buchmesse non potevano poi mancare incontri che, assieme
a quelli previsti nel programma professionale, si addentreranno nel reame della
traduzione, lo strumento alla base della circolazione delle opere tra Paesi e
lingue diverse ma anche uno specchio incantato in cui i testi giocano spesso a
riflettersi, arricchirsi e modificarsi. Se ne parlerà molto al Caffè
Letterario, in particolare venerdì 18 alle 16.30 con Marco Balzano e Paolo Nori
(More in translation, modera Maike Albath) e la mattina successiva alle 11.30
con Daniele Mencarelli e la traduttrice dei suoi romanzi in Germania Annette
Kopetzki (L’autore allo specchio).
Quello tra Italia
e Germania sarà un dialogo che proseguirà in molti altri appuntamenti del
programma letterario, spesso anche in modo diretto. Come in Andare a vivere a
Berlino?, uno dei primissimi incontri del programma (mercoledì 16 ottobre, ore
11.30, Caffè Letterario, modera Maria Carolina Foi, Università degli Studi di
Trieste) in cui la fascinazione della metropoli tedesca sugli scrittori
italiani sarà raccontata da due autori che in passato l’hanno frequentata e a
cui hanno anche dedicato dei libri, Andrea Bajani e Mario Desiati, prima di
proseguire nel proprio cammino. Il tema del nomadismo letterario si arricchisce
di altre sfumature che emergeranno nei giorni successivi come tratto comune a
molte voci importanti della narrativa italiana del XXI secolo, intrecciandosi
in modo affascinante con il cosmopolitismo e la ricerca di radici sempre in
movimento, con il memoir e la ricostruzione storica: se ne troveranno tracce in
Brooklyn, la Baviera, l’Italia: un mondo da raccontare con Claudia Durastanti e
Helena Janeczek (venerdì 18, ore 12.30, Caffè Letterario, modera Markus
Messling, Käte Hamburger Kolleg CUE) e La mia casa è dove scrivo con Olga
Campofreda e Igiaba Scego (mercoledì 16, ore 15.30, Caffè Letterario, modera
Shelly Kupferberg).
Uno sguardo
intenso sarà rivolto anche alle radici della letteratura e alla riscoperta di
quei classici (italiani e non) che, come sosteneva Calvino, non smettono mai di
dire ciò che hanno da dire. Al compimento del suo centoventicinquesimo anno
dalla prima pubblicazione, Il piacere di Gabriele D'Annunzio fornirà lo spunto
per una riflessione Alla ricerca del Piacere perduto tra lo storico Giordano
Bruno Guerri e lo scrittore Giuseppe Culicchia (mercoledì 16, ore 12.30, Caffè
Letterario, modera Luciano Lanna), mentre Alessandro D’Avenia ci porterà ancora
più indietro nel tempo, spiegando perché anche un testo con qualche millennio
sulle spalle, l’Odissea di Omero, ci riguarda ancora da vicino (Classici oltre
i con fini del tempo, giovedì 17 ottobre, ore 16, Arena). A un autore
decisamente più recente, il maestro del giallo Andrea Camilleri, sarà dedicato
un omaggio che coinciderà con i cinque anni dalla scomparsa e anticiperà il
centenario dalla nascita nel 2025 (sabato 19, ore 17, Arena). E per restare in
tema, il tributo al padre del commissario Montalbano sarà preceduto dagli
incontri con due amatissimi esponenti del giallo e poliziesco del nuovo
millennio, Maurizio de Giovanni e Antonio Manzini (Tutte le sfumature del
krimi, sabato 19, a partire dalle 16, Arena). Prima ancora che dalla prosa,
nella storia della letteratura italiana un ruolo determinante è stato giocato
dalla poesia. L’eredità di Dante e Petrarca, Leopardi e Pascoli, Quasimodo e
Montale, sarà rappresentata a Francoforte da due momenti speciali, entrambi
verso l’ora del tramonto, in cui si materializzeranno i pensieri e i versi di
alcuni tra i maggiori poeti italiani contemporanei: le Poesie d’amore e umanità
su cui si confronteranno Vivian Lamarque e il filosofo e poeta tedesco Asmus
Trautsch (venerdì 18, ore 17.30, Caffè Letterario) e le Poesie di mare e di
collina di Giuseppe Conte e Davide Rondoni (sabato 19, ore 17.30, Caffè
Letterario, modera il poeta e scrittore Pierfranco Bruni).
Due strisce di
appuntamenti quotidiani all’Arena e al Caffè Letterario saranno riservate
invece ad altrettanti settori che da diversi anni attraversano una notevole
crescita all’interno dell’industria editoriale italiana, con evidenti effetti
anche sulle traduzioni all’estero: i libri per ragazzi e i fumetti/graphic
novels. Ai primi sarà affidato il compito di “aprire” l’Arena nelle giornate
centrali della Buchmesse, da giovedì a sabato. Giovedì 17 alle 10 si parlerà
dell’importanza formativa dei libri sulle giovani generazioni con Davide Calì,
Beatrice Masini e Patrizia Rinaldi ( Leggere fa crescere, modera Marlene
Zöhrer, Centro KiJuLit, kinderundJugendmedien.de); alla stessa ora venerdì 18
si andrà a caccia di Avventure, misteri & incantesimi: la formula segreta
dei bestseller per ragazzi, con gli inventori di personaggi e serie lette da
milioni di ragazzi in tutto il mondo: Pierdomenico Baccalario (Ulysses Moore),
Elisabetta Dami (Geronimo Stilton) ed Elisabetta Gnone (W.I.T.C.H.) (modera
Marlene Zöhrer). Sabato 19, sempre alle 10, sarà invece la volta di salire su
Il tappeto volante della fantasia con Chiara Carminati, Davide Morosinotto e
Marta Palazzesi (modera Anna Vollmer). Troveranno invece casa al Caffè
Letterario i fumetti e le graphic novels, più o meno sempre a ridosso dell’ora
di pranzo (prima o dopo). Si partirà mercoledì 16 con la coppia formata da
Teresa Radice e Stefano Turconi (Due cuori e tante storie, ore 14.30, modera
Paola Colombo, Cosmo/Westdeutscher Rundfunk), proseguendo giovedì 17 con
l’incontro tra fantasy e ironia, carta e web con Luca Enoch e Pera Toons (Il
fumetto e l’animazione tra carta e YouTube: due mondi comunicanti, ore 14.30,
modera Tilman Spreckelsen, Frankfurter Allgemeine Zeitung), venerdì 18 con La
grammatica della fantasia disegnata da Beatrice Alemagna e Olimpia Zagnoli (ore
15.30, modera Ursula Scheer, Frankfurter Allgemeine Zeitung), sabato 19 alle
14.30 con l'incontro Ogni cosa è illustrata con Lorenzo Mattotti (anche autore
dell’immagine ufficiale della partecipazione dell’Italia a Francoforte) e
Alessandro Sanna (che domenica alle 16 sarà poi protagonista della cerimonia di
handover in cui l’Italia passerà il testimone alle Filippine, Ospite d’Onore
alla Buchmesse 2025) moderati da Ursula Scheer. A chiudere lo spazio dedicato
all’illustrazione, domenica alle 12.30, saranno due tra i maestri che più hanno
contribuito a rinnovarla negli ultimi 40 anni, Igort e Milo Manara, che ci
racconteranno Le donne e il mondo, la vita e l’avventura: come il fumetto
(ri)disegna la realtà (modera Andreas Platthaus).
A Francoforte non
mancheranno le campionesse di uno dei generi più popolari del nostro tempo, il
nuovo “romance” che domina le classifiche di vendita in libreria spesso dietro
la spinta di un’entusiasta conversazione online: da Kira Shell, attesa da un
dialogo al Profumo di fiori e di baci con Cristina Caboni (venerdì 18, ore
10.30, Caffè Letterario, modera Paola Colombo) a Erin Doom e Felicia Kingsley
che racconteranno come oggi Si scrive romance, si legge bestseller (sabato 19,
ore 16.30, Caffè Letterario).
La saggistica sarà
presente a Francoforte, attraversando e raccontando i mondi della politica,
della scienza, della storia. Si parlerà di temi di grande attualità
internazionale come Patria e nazione, destra e sinistra. Le ragioni di un
dialogo con Alessandro Campi e Andrea Romano (giovedì 17, ore 12, Arena, modera
il giornalista Tommaso Ricci) e i rapporti tra Russia ed Europa con Gennaro
Malgieri e Luciano Mecacci (sabato 19, ore 11, Arena, modera il poeta e
scrittore Pierfranco Bruni). Già protagonista nella giornata inaugurale, la
scienza tornerà a esserlo venerdì 18 ottobre con il confronto tra il genetista
Guido Barbujani e il divulgatore Massimo Sandal su La scienza del futuro: alla
ricerca dell’equilibrio perfetto tra libertà e responsabilità (Arena, ore 17,
modera il saggista e scrittore Stefan Klein) e sabato 19 con Di Genesi incerta,
incontro ai confini tra fede e scienza, testi religiosi e riflessioni
filosofiche, moderne ricerche in laboratorio e traduzioni da lingue antiche con
lo scrittore Erri De Luca e il fisico Guido Tonelli (Caffè Letterario, ore
12.30, modera Stefan Klein). La Storia con la S maiuscola sarà invece affidata
a due fuoriclasse della divulgazione come Alessandro Barbero e Aldo Cazzullo in
Ti racconto una storia (venerdì 18, ore 12, Arena, modera lo storico Christoph
Cornelissen) e al dialogo tra due autori, lei italiana e lui tedesco, che nei
loro recenti libri hanno affrontato un tema simile: Marina Valensise e Uwe
Wittstock in Sull’orlo dell’abisso. Artisti, scrittori e intellettuali prima
della Seconda Guerra Mondiale (mercoledì 16, ore 16, Arena, modera Christiane
Liermann Traniello, segretario generale di Villa Vigoni).
Nella striscia
Discorso sul metodo, giovedì 17 e sabato 19 alle 14 in Arena, Loretta Cavaricci
condurrà alcune interviste sulle abitudini di scrittura degli autori: tra
regole e disciplina, talento e libertà, attrezzi del mestiere e piccole manie.
Sempre la giornalista Rai modererà un appuntamento dedicato alla crescita
dell’ascolto degli audiolibri in Italia (venerdì 18 alle 14 in Arena). Nei
Reading al buio organizzati dalla Fondazione LIA nella Sala dedicata ad Aldo
Manuzio del Padiglione Italiano, gli autori si alterneranno invece con lettori
non vedenti o ipovedenti in una lettura a due voci dello stesso libro, in un
format dedicato al tema dell’accessibilità digitale e dell’inclusione
socio-culturale delle persone con disabilità visive.
La fotografia e
l’illustrazione, infine, saranno protagoniste delle due mostre inaugurate il 16
ottobre nel Padiglione italiano: Scritto in faccia. 60 scrittrici e scrittori
italiani del Novecento (a cura di Alberto Saibene da un'idea di The Italian
Literary Agency, taglio del nastro alle 13 in Arena) e Matite giovani tra
illustrazione e fumetto (a cura di Accademia Drosselmeier, organizzata da BolognaFiere/Bologna
Children’s Book Fair e presentata alle 13.30 al Caffè Letterario).
TESTIMONI DEL
TEMPO
La musica e il
cinema, l’università e la tecnologia, la cultura e le radici, il turismo e
l’Europa. Sono le direzioni verso cui guarderà il periscopio di “Testimoni del
tempo”, il percorso di incontri e approfondimenti che accompagnerà il programma
letterario nell’Arena, rendendo ancora più sfaccettato il viaggio nell’Italia
Ospite d’Onore a Francoforte 2024.
L’apertura
mercoledì 16 ottobre sarà all’insegna della musica, con la pianista Frida
Bollani Magoni che racconterà la sua vita Tra note e parole (ore 12, modera il
presidente del Centro per il libro e la lettura Adriano Monti Buzzetti). Alle
14 salirà in cattedra l’Università degli Studi di Napoli Federico II, che a
giugno ha festeggiato il suo ottocentesimo compleanno. Il rettore dell’ateneo
napoletano Matteo Lorito dialogherà con il presidente della Goethe-Universität
di Francoforte Enrico Schleiff , partendo dal prestigioso anniversario per ragionare
su passato, presente e futuro della formazione di alto livello nel continente
(Tra Napoli e l’Europa, gli 800 anni della Federico II, modera Christiane
Liermann Traniello). Quindi l’Arena accoglierà il suo artefice, l’architetto
Stefano Boeri , ideatore del Padiglione dell’Italia Ospite d’Onore, che alle 15
presenterà La grande piazza dei libri e delle idee in dialogo con lo storico e
critico dell’arte Giovanni Agosti (modera Luigi Mascheroni). Con l’ultimo
appuntamento di giornata – il primo della sezione trasversale La cultura che
unisce – si tornerà poi a viaggiare nel tempo, questa volta concentrandosi
sulle tecnologie che hanno caratterizzato nei secoli la produzione e la
distribuzione dei libri, dalle meraviglie tipografiche veneziane del Quattrocento
alla rivoluzione digitale: in Da Manuzio all’ebook ne parleranno il diplomatico
Umberto Vattani e il direttore generale di Treccani Massimo Bray (ore 17,
modera il direttore del Centro per il libro e la lettura Luciano Lanna). In
quest’occasione, alla presenza del presidente Adriano Monti Buzzetti, verrà
anche presentato uno spot del Centro per il libro e la lettura per incentivare
a leggere.
Tra le eccellenze
della creatività italiana non manca il cinema. A Francoforte sarà rappresentato
dal regista (nonché apprezzato romanziere e clarinettista per passione) Pupi
Avati, che, già autore di un film su Dante Alighieri, si confronterà con
l’autrice e produttrice televisiva Simona Ercolani su cosa succede Quando la
parola si fa immagine (giovedì 17, ore 11, modera il giornalista Gianvito
Casadonte). Etica e culture politiche, pluralismo e intolleranza, fantasmi del
Novecento e prospettive del futuro saranno invece al centro dell’incontro I
doveri della cultura con Francesco Borgonovo, Giacomo Marramao e Marco Tarchi
(ore 17, modera Tommaso Ricci).
Un’altra voce che
mette l’Italia in rapporto con le persone di tutto il mondo è il turismo. A un
segmento molto particolare di questo settore strategico per l’economia
nazionale sarà dedicato Andata e ritorno: il turismo delle radici, un incontro
in cui il sociologo Riccardo Giumelli e il direttore generale per gli Italiani
all’Estero del Ministero degli Affari Esteri Luigi Maria Vignali affronteranno
la crescente importanza della riscoperta dell’Italia da parte dei discendenti
di quegli oltre 20 milioni di cittadini che nell’ultimo secolo e mezzo sono
partiti dal nostro paese per cercare fortuna all’estero (sabato 19 ottobre, ore
12).
Sempre in ambito
turismo, il 17 ottobre dalle 18 alle 21.30 si tiene la Cerimonia di
assegnazione del 30° Premio ENIT. Il premio giornalistico per la Destinazione
Italia. Con questo prestigioso riconoscimento ENIT premia ogni anno i migliori
contributi media in lingua tedesca sull’Italia come meta di viaggio. Il Premio
ENIT è organizzato con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia in Germania.
Le testimonianze
finali giocheranno di nuovo tra il passato, il presente e il futuro. La mattina
di domenica 20 ottobre si aprirà alle 10 con Vicini di casa, vicini di cultura,
l’incontro in cui il sindaco di Nova Gorica Samo Turel, il sindaco di Gorizia
Rodolfo Ziberna e il Vicepresidente e Assessore regionale alla cultura e allo
sport del Friuli Venezia Giulia Mario Anzil brinderanno all’imminente 2025,
anno in cui le due città condivideranno il ruolo di Capitale Europea della
Cultura. Quindi alle 12 si guarderà alla storia dell’Europa in La religione e
le radici, dialogo interconfessionale tra Rav Scialom Bahbout, già rabbino capo
di Napoli, Bologna e Venezia, e il patriarca di Venezia Monsignor Francesco
Moraglia moderati da Nico Spuntoni.
IL PROGRAMMA
PROFESSIONALE
Il programma
professionale si svolge nello Stand collettivo italiano al Padiglione 5.0 e
vedrà confrontarsi professionisti della filiera del libro, esperti dei temi
della lettura, studiosi dei consumi culturali internazionali, per un dibattito
che dalle eccellenze dell’editoria italiana, quarta in Europa per valore delle
vendite, si apre al mondo.
Si parte il 16
ottobre alle 11.30 con l’incontro 36 anni dopo. Il mercato del libro in Italia
oggi. Dopo il saluto del presidente di AIE Innocenzo Cipolletta e la
presentazione dei dati sull’editoria italiana del 2023/24 a confronto con
quelli del 1988, prima volta di Italia Ospite d’Onore, parleranno, moderati
dalla giornalista Karen Krüger (Frankfurter Allgemeine Zeitung), gli editori
Giovanni Hoepli (Hoepli Editore), Stefano Mauri (Gruppo editoriale Mauri
Spagnol) e Susanne Schüssler (Verlag Klaus Wagenbach).
Nello stesso
giorno, il Salone Internazionale del Libro di Torino presenta alle 9.00 allo
Zentrum Wort – Padiglione 4.1 (unico appuntamento fuori dalla collettiva), il
convegno annuale Dall’italiano al mondo in un'edizione speciale in
collaborazione con Frankfurter Buchmesse e AIE e con il sostegno di Italia
Ospite d’Onore 2024 alla Fiera del Libro di Francoforte e di ICE - Agenzia per
la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane. Il
progetto, curato da Ilide Carmignani e rivolto alle traduttrici e ai traduttori
dall’italiano a tutte le lingue del mondo, è nato nel 2021 con l'obiettivo di
presentare ogni anno una vasta selezione di libri italiani ancora da tradurre.
Ai temi delle
traduzioni e dell’internazionalizzazione sono dedicati molti incontri tra cui
L’editoria italiana va all’estero: non solo diritti, il 17 ottobre alle 12.30,
in collaborazione con ADALI, Associazione degli Agenti Letterari Italiani. Dopo
la presentazione dei dati sull’import export di diritti di traduzione,
interverranno, moderati da Porter Anderson (Publishing Perspectives), Fiammetta
Giorgi (Mondadori Libri), Sandro Ferri (Edizioni E/O), Andrea Ferro (Casalini
Libri), Roberto Gilodi ( Reiser Literary Agency/ ADALI).
Le nuove frontiere
tecnologiche sotto i riflettori il 17 ottobre alle 10.30 nell’incontro in
collaborazione con la Federazione degli editori europei (FEP), Intelligenza
artificiale: le nuove norme, le sfide e le opportunità di innovazione. Con la
moderazione di Maria Pallante (Association of American Publishers) e dopo il
saluto di Innocenzo Cipolletta (AIE) e Ricardo Franco Levi (FEP) intervengono
Quentin Deschandelliers (FEP), Elisabeth Crossick (RELX) e la scrittrice Chiara
Valerio.
La piccola e media
editoria in Italia e in Europa, organizzato in collaborazione con Più libri più
liberi – Fiera nazionale della Piccola e Media Editoria, vedrà confrontarsi il
17 ottobre alle 11.30 Lorenzo Armando (Lexis/AIE), Daniel Beskos (Mairisch
Verlag/Kurt Wolff Stiftung), Nicolas Filicic (Les Belles Lettres), Jordi Nadal
(Plataforma Editorial). Con la moderazione di Annamaria Malato (Più libri più
liberi).
Discuteranno de I
libri in piazza. Incontrare e conoscere gli scrittori nei festival letterari il
18 ottobre alle 11.30, Piergaetano Marchetti (Bookcity Milano), Gian Mario
Villalta (Pordenonelegge), Ruggero Cappuccio (Fondazione Campania dei Festival)
e Antonella Ferrara (TaoBuk Taormina Book Festival). Con la moderazione della
giornalista Cristina Giordano (Cosmo/Westdeutscher Rundfunk).
Al successo del
libro italiano all’estero, raccontato da editori italiani moderati e a
confronto con colleghi stranieri, sono poi dedicati tutta una serie di incontri
suddivisi per generi: la narrativa, la saggistica, l’editoria per bambini e
ragazzi, i libri d’arte e design, i libri di sport, il fumetto.
Al programma
professionale contribuiscono Provincia Autonoma di Bolzano e le Regioni
Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia e Veneto.
Tra gli altri
soggetti che hanno collaborato alla preparazione del programma con altri
appuntamenti ancora ci sono Accademia dell’Arcadia, Accademia della Crusca,
Associazione Italiana Biblioteche, Associazione Italiana Traduttori e
Interpreti, Associazione Librai Italiani – Confcommercio, Centro per il libro e
la lettura, Comune di Milano, Federazione carta e grafica, Fondazione Arnoldo e
Alberto Mondadori, Fondazione LIA-Libri Italiani Accessibili, StradeLab.
(aise/dip)
Le ultime puntate della trasmissione Cosmo, ex-Radio Colonia
27.09.2024. Vacanze fuori stagione e nuovi trend
Agnese Franceschini ci parla dei nuovi trend del turismo autunnale e fa un
bilancio della stagione che si è appena conclusa. Con Caterina Finelli, autrice
del podcast "Viaggio a 1.5x", parliamo invece di come evitare la
trappola dei "viaggi-clone". A Stefano Mazzotti, del Consorzio Rimini
Spiagge, è venuta l'idea della "spiaggia inclusiva", con lui parliamo
anche delle licenze balneari, tema su cui l'Italia è in rotta di collisione con
le istituzioni europee.
26.09.2024. Come funziona lo Jugendamt tedesco?
Facciamo chiarezza su un'istituzione tedesca che vigila sulla tutela dei
minori in Germania e interviene quando sorgono problemi familiari che rischiano
di mettere a repentaglio il benessere dei minori. Alessandro Bellardita,
giudice presso la pretura di Karlsruhe, ci illustra il funzionamento dello
Jugendamt. Con Luciana Martena, responsabile nazionale del Patronato
50&PiùEnasco, parliamo invece dei conflitti che sono sorti tra famiglie
italiane e Jugendamt.
https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/jugendamt-marinella-colombo-100.html
25.09.2024. La Commissione Ue rischia di essere ostaggio dei sovranismi
La nuova Commissione europea, per altri cinque anni sotto la guida di
Ursula von der Leyen e con una squadra di commissari che dovrà essere approvata
dal Parlamento, è lo specchio e la somma dei diversi interessi nazionali. Non
che in passato non fosse così, ma nell'attuale fase storica non sembra esserci
spazio per un comune disegno europeo, se non su pochissimi temi. In tempi di
sovranismi il sogno europeo è destinato a tramontare? Ne parliamo con Agnese
Franceschini e con Angela Mauro. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/nuova-commissione-europea-fitto-100.html
24.09.2024. Buchmesse: partito il conto alla rovescia
A tre settimane dalla Fiera del Libro di Francoforte, con l'Italia come
protagonista, raccontiamo l'atmosfera con cui la Germania si appresta ad
ospitare il mondo dell'editoria italiano. Cristina Giordano sugli ultimi
dettagli del programma. Intervista a Alessandra Ballesi-Hansen, editrice di
Nonsoloverlag. E infine Agnese Franceschini dà uno sguardo ai finalisti del
Deutscher Buchpreis, il premio letterario più importante in lingua tedesca.
23.09.2024. La Spd vince le elezioni in Brandeburgo, Afd è seconda
I socialdemocratici di Dietmar Woidke hanno superato il banco di prova
e sono primi in Brandeburgo, ma la Afd è a un punto di distanza e gli
alleati di governo sono indeboliti: i risultati e le reazioni politiche da
Agnese Franceschini. Abbiamo chiesto a Federico Quadrelli, della Spd di
Berlino, una valutazione del voto e delle sue ripercussioni sugli equilibri
politici a livello federale. Per combattere gli stereotipi sulla preponderanza
maschile nel voto all'estrema destra è nato il progetto "Männer gegen
Rechts" ne parliamo con uno degli iniziatori, Enrico Damme. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/elezioni-brandeburgo-spd-uomini-contro-nazi-100.html
20.09.2024. Sophia Loren e la Dolce vita nell'immaginario dei tedeschi
Oggi Sophia Loren compie 90 anni. Noi, oltre a ricostruire le tappe della
sua magnifica carriera di star del cinema internazionale con Cristina Giordano,
ci chiediamo da cosa nasca il fascino che ha esercitato ed esercita la
"Dolce vita" sugli stranieri e sui tedeschi in particolare. Dolce
vita di cui la Loren e Mastroianni su tutti sono stati i volti più rappresentativi
e gli ambasciatori nel mondo. In questa riflessione ci aiuta il giornalista e
scrittore Andreas Rossmann.
19.09.2024. Il ponte crollato a Dresda è la punta dell'iceberg. Solo per un
caso fortunato il crollo del ponte sull'Elba di Dresda non ha provocato
vittime: ma cos'è successo al Carolabrücke e quanti altri ponti in Germania
vanno ristrutturati? Ce ne parla Cristina Giordano, ma sentiamo anche le parole
di un ingegnere delle costruzioni tedesco. E viste le gravi alluvioni di questi
giorni in Europa centrale e anche in Italia, fenomeno sempre più intenso e
frequente, parliamo del loro impatto sulle infrastrutture con Francesco Ballio,
professore di idraulica. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/carolabruecke-ponte-dresda-crollo-ponti-italia100.html
18.09.2024. La paghetta ai figli, quali differenze tra Italia e Germania?
Non esiste una legge tedesca che obbliga la paghetta, ma viene vivamente
consigliata affinché il bambino possa imparare a gestire i soldi. Quanto deve
essere alta e cosa dicono gli studi sui ragazzi tedeschi? Ce ne parla Cristina
Giordano. Elena Berardo da Düsseldorf ci racconta come gestisce la paghetta dei
figli e differenze culturali con l’Italia. E infine raccontiamo cos’è la
«Taschengeldbörse», un progetto diffuso in Germania che fa incontrare giovani e
anziani, in cambio di un aiuto si riceve una piccola paghetta.
17.09.2024. Uno studio tedesco svela quanto è pericolosa la fast fashion
Secondo uno studio condotto dalla testata giornalistica Öko-Test, nei
vestiti della catena d'abbigliamento cinese Shein sarebbero presenti pericolose
sostanze tossiche. La collega Cristina Giordano approfondisce quest'ultimo atto
d'accusa contro i marchi di vestiti a basso costo. Con il sociologo della moda
Mauro Ferraresi parliamo non solo dei tanti problemi legati alla fast fashion
ma anche del grande ritorno della moda dei vestiti di seconda mano tra le
giovani generazioni.
16.09.2024. Da oggi controlli ai confini tedeschi
Scattano da oggi i controlli alle frontiere tedesche per motivi di lotta al
terrorismo e contenimento dell'immigrazione irregolare, ce ne parla Cristina
Giordano. Sono in molti a esprimere dubbi sull'efficacia di queste misure,
l’eurodeputata dei Verdi Alexandra Geese: «sarebbe più utile combattere la
radicalizzazione nei social». E sul tema controlli di polizia fanno discutere i
risultati di uno studio sulle discriminazioni delle forze dell'ordine verso gli
stranieri.
12.09.2024. Novità
per iscritti AIRE: sanzioni, IMU, codice fiscale
Non iscriversi
all'AIRE può costare caro. O così doveva essere dal primo gennaio 2024. Ma cosa
ne è stato della minaccia di sanzioni? Nel frattempo, si va verso l'esenzione
dall'IMU per tutti gli iscritti all'AIRE. Ci aggiorna Luciana Mella. Novità
anche sul fronte della richiesta del codice fiscale. Da luglio la si può fare
online, sul portale Fast It, come ci spiega Giulio Galoppo.
11.09.2024. È
giusto vietare l'uso dei cellulari nelle scuole?
Il divieto
assoluto deciso in Olanda rilancia il dibattito sull'uso dei cellulari anche nelle
scuole tedesche, mentre un nuovo studio dell'Università di Augusta fa chiarezza
sul tema come ci spiega Giulio Galoppo. I vostri interventi sull'uso degli
smartphone a scuola sulla nostra pagina facebook. Sui rischi dell'uso dei
cellulari in giovanissima età abbiamo chiesto il parere dello psicologo e
psicoterapeuta Giuseppe Lavenia.
10.09.2024. Il
contributo dei migranti all'economia tedesca
Dalla storica
accoglienza per il milionesimo Gastarbeiter esattamente sessant'anni fa al
dibattito di questi giorni che punta sulla chiusura dei confini,
l'atteggiamento nei confronti degli stranieri in Germania è cambiato: eppure
ieri come oggi sono fondamentali per l'economia tedesca, sottolinea Axel
Plünnecke dell'Istituto per l'economia IW. Con Giulio Galoppo parliamo del loro
contributo ieri e oggi, mentre Valeriia Molderf ci parla del difficile
riconoscimento dei medici ucraini.
09.09.2024. La
Volkswagen in crisi non esclude licenziamenti
Volkswagen rompe
il tabù della garanzia del posto di lavoro per i dipendenti e annuncia
licenziamenti e la chiusura di interi stabilimenti, ce ne parla Giulio Galoppo.
La perdita di competitività di VW è in realtà la spia della crisi dell'intero
settore economico europeo, un tema messo nero su bianco oggi da Mario Draghi a
Bruxelles, come sottolinea il giornalista economico Federico Fubini.
06.09.2024. La
Germania ha un problema di radicalizzazione islamista?
Dopo la strage di
Solingen e i mancati attentati di Monaco e di Linz, la società tedesca si
confronta con il problema della radicalizzazione e dell'estremismo islamico. Il
dibattito politico assume toni a tratti molto demagogici - anche da parte di
esponenti di partiti democratici - e le soluzioni proposte per limitare
l'immigrazione clandestina sono spesso impraticabili. Ne parliamo con Enzo
Savignano e con Lorenzo Liebetanz che cura un progetto in rete di prevenzione
della radicalizzazione.
05.09.2024.
Parliamo di Ausbildung, la formazione professionale tedesca
Molti giovani in
Germania scelgono di fare un'Ausbildung, la formazione professionale tedesca.
Ma quanto dura un percorso di formazione, come trovarlo e cos'altro bisogna
sapere? Ce ne parla Enzo Savignano. Stefan Brüggemann, esperto del tema alla
IHK Nord Westfalen, ha qualche consiglio e ci spiega quali sono i settori che
cercano più urgentemente apprendisti. Ascoltiamo poi l'esperienza di un
italiano che ha fatto un'Ausbildung dopo aver vissuto e lavorato alcuni anni in
Germania. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/ausbildung-formazione-duale-consigli-ricerca-mondo-lavoro-germania-100.html
04.09.2024.
Addetti alle pulizie in Germania: molti gli italiani
Il settore delle
pulizie in Germania ha problemi di personale, nonostante un salario minimo
orario più alto del salario minimo generale. Ma è un lavoro molto faticoso, da
svolgere spesso di notte o all'alba e con scarso riconoscimento sociale, quasi
"invisibile". Ne parliamo con Enzo Savignano, con Annachiara, che ci
racconta la sua esperienza personale, e con Gianpaolo Mosca del sindacato di
settore IG Bau, che chiede una paga migliore, anche per risolvere il problema
della carenza di addetti.
03.09.2024.
Germania, Paese di lavoratori in malattia. Nel 2023 il numero di giorni di
malattia cumulati dai lavoratori tedeschi ha toccato un picco storico: ognuno è
stato malato in media 15 giorni. Il dato è in costante aumento e c'è chi ha
calcolato che il fenomeno abbia causato perdite per almeno 25 miliardi solo nel
2023. Ma a cosa è dovuto questo aumento dei giorni di malattia e cosa si può
fare per limitarlo? Ne parliamo con il collega Enzo Savignano e con
l'economista Nicolas Ziebarth. Con Marco Marazza spostiamo poi lo sguardo
all'Italia.
02.09.2024.
L'estrema destra trionfa in Turingia ed è seconda in Sassonia
L'AfD di Björn
Höcke è primo partito in Turingia mentre in Sassonia l'estrema destra è a un
punto percentuale dalla CDU, che si aggiudica la maggioranza dei voti. Balzo in
avanti del neonato partito di Sahra Wagenknecht. I risultati in entrambi i
Länder e le reazioni politiche da Enzo Savignano. Una lettura del voto e del
difficile quadro delle alleanze da Tommaso Pedicini, caporedattore di Cosmo
italiano. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/turingia-sassonia-voto-100.html
Musica italiana
non stop. Il nostro web channel COSMO Italia inoltre ti offre due ore di musica
non stop, che puoi ascoltare 24 ore su 24 sulla nostra pagina internet, sulla app
di COSMO e su Spotify.
https://www1.wdr.de/radio/cosmo/channels/italia-channel-100.html
Ascolta COSMO
italiano. Podcast, streaming e radio:
https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/index.html
Nella app gratuita
di COSMO:
Seguici su
Facebook https://www.facebook.com/cosmoitalienisch Cosmo/de.it.press
Francoforte. Onorificenza italiana al direttore del museo archeologico
Quest’oggi a
Francoforte, alla presenza del Console Generale Massimo Darchini,
dell’assessore alla cultura della città di Francoforte Dr. Ina Hartwig, e del
‘ex Ministro alla Cultura del Land Assia. Dr. Karin Wolff, è stata consegnata
al Dr. Wolfgang David, direttore del Museo archeologico di
Francoforte, l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della
Stella d`Italia, un riconoscimento ed un attestato che il Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella conferisce a tutti coloro che hanno acquisito
particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e
collaborazione tra l'Italia e gli altri Paesi e nella promozione dei legami con
l'Italia.
Il Dottor
Wolfgang David, archeologo e saggista
con lunghe esperienze di studio e lavoro anche in Italia, si è contraddistinto negli ultimi anni a
Francoforte non soltanto per la sua profonda conoscenza del mondo preistorico,
protostorico ed etrusco del nostro Paese, bensì anche per aver organizzato
numerose mostre, seminari e simposi e dedicando una attenzione particolare ai
rapporti italo-tedeschi ed anche europei, coinvolgendo con grande entusiasmo e
professionalità musei e parchi archeologici italiani, dando modo agli amici
tedeschi e al pubblico internazionale di Francoforte di conoscere le eccellenze
archeologiche italiane, soprattutto in ambiti di ricerca meno noti al grande
pubblico.
Appena arrivato a
Francoforte nel 2018, aveva già promosso la mostra " Gli Dei degli
etruschi tra cielo e terrà", poi nonostante le difficoltà connesse
con la pandemia, dal 3 novembre 2021 al 10 aprile 2022, sempre in
collaborazione con il Consolato Generale d’Italia, il Dottor David ha
realizzato al Museo Archeologico di Francoforte sul Meno un’importante mostra
sulle ultime scoperte archeologiche nel sito di Vulci, dal titolo “Leoni,
sfingi e mani d’argento: lo splendore immortale delle famiglie etrusche di
Vulci”. Tale mostra, che ha avuto uno straordinario successo di pubblico, ha
portato a Francoforte i più bei reperti emersi dagli scavi degli ultimi anni
condotti nella città laziale di Vulci e del Parco del Colosseo.
Dal 3 novembre
2022 al 10 aprile 2023, sempre in collaborazione e col patrocinio del Consolato
Generale d’Italia, il Dottor David ha realizzato un’importante mostra sul culto
di Mitra nelle province dell’Impero Romano, dal titolo “Mitra: viaggio in un culto
romano”. Questa mostra ha esposto rilevanti reperti archeologici provenienti
anche da mitrei scavati in Italia ed anche nelle numerose province di altri
paesi europei dell’allora Impero Romano. Anche questa mostra ha avuto uno
straordinario successo di pubblico con più di diecimila visitatori.
Non da ultimo
questo prossimo 14 ottobre, durante la settimana della Fiera del Libro di
Francoforte, con l’Italia Paese Ospite d’Onore, si inaugurerà un’altra
interessante, ben organizzata e curata mostra voluta dal Dr. David, con reperti
provenienti da tantissimi musei italiani, dal titolo “Aenigma 2.0 - Chi può
decifrare l’enigmatico codice dell’Età del Bronzo?”.
Le tavolette
enigmatiche sono piccoli oggetti ovoidali appiattiti, raramente lunghi fino a 9
cm, realizzati in argilla cotta, che recano tipici motivi di varie impronte e
linee e sono definiti “oggetti in argilla a motivi” oppure oggetti enigmatici
perché il codice, i segni sopra rappresentati non sono stati ancora decifrati
dagli studiosi. In Italia, dove sono più comuni negli insediamenti
palafitticoli della regione del Lago di Garda, sono proprio denominati
tavolette o oggetti enigmatici.
Oggetti utilizzati
non per scopi di culto, che provengono da insediamenti, principalmente della
tarda eta del bronzo antico (ca. 1700–1500 a.C.), sono contraddistinti da
un’importante caratteristica comune negli insediamenti in cui sono stati
rinvenuti. Infatti queste “tavolette enigmatiche” e il loro rinvenimento su vie
di trasporto di importanza regionale, sovraregionale - in un esteso contesto
europeo continentale - rimandano ad ipotesi di lavoro quali quelle dell’uso
come sistema di pagamento o bolla di consegna o di scambio di merci a lunga
distanza.
Tuttavia, la
questione del loro vero significato rimane ancora irrisolta, ecco perché il
pubblico verrà invitato a decifrare il codice segreto che rimane veramente fino
ad adesso enigmatico.
Contribuiscono ad
arricchire le vetrine con i loro prestiti di oggetti e ritrovamenti, nonché i
pannelli esplicativi e il percorso multimediale pensato dal Dr. David, ben 12
musei italiani.
Per la sua
instancabile attività di promotore della ricerca e degli studi in ambito
archeologico dell’Italia in Germania e per il contributo eccezionale e di
altissimo livello alle ricerche e alla promozione delle più importanti scoperte
nei settori della protostoria, etruscologia e dello studio delle province
dell’Impero Romano, il Console Generale Darchini ha consegnato al Dr.
David, con una cerimonia tenutasi
proprio al museo archeologico di Francoforte, questa importante onorificenza italiana, ringraziando il
direttore e la città di Francoforte, a nome di tutta la comunità italiana, per la dedizione e l’impegno costante nello
sviluppo e implementazione concreta degli scambi culturali italo-tedeschi e
nell’organizzazione accurata e continua di mostre di così alto livello con i
partner istituzionali italiani, molto
apprezzate dal pubblico sia tedesco che italiano. Michele Santoriello,
de.it.press 18
L’Italia alla Transportation di Hannover
Hannover – Apre
oggi i battenti la IAA Transportation, manifestazione biennale di portata
internazionale che si caratterizza per essere una delle principali esposizioni
destinate al settore dei veicoli commerciali, trasporti, logistica e bus: è
l’evento nell’ambito del quale sono presentate le nuove tendenze della mobilità
e del trasporto merci, nel segno della sostenibilità e dell’impegno alla
riduzione delle emissioni a zero.
E’ in questo il
contesto altamente competitivo e realmente internazionale che 14 aziende
italiane espongono le proprie produzioni nell’ambito del padiglione ufficiale
italiano organizzato dall’ICE Agenzia, in collaborazione con ANFIA –
Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica. Variegata la
provenienza geografica delle aziende provenienti in massima parte da Regioni
del Nord Italia, ma con presenze anche da Campania e Umbria. L’offerta
produttiva spazia dalla robotica ai servizi di ingegneria per sistemi di
mobilità a gas fino agli ammortizzatori e ai serbatoi.
In base ai dati
forniti da ANFIA, nel primo mese del 2024, l’import di autoveicoli nuovi in
valore verso l’Italia risulta in crescita del 19,1% rispetto a gennaio del
2023. Sia il comparto dei veicoli industriali che il comparto delle autovetture
mostrano incrementi nelle importazioni (rispettivamente +55,7% e +14,5%). Anche
l’export in valore risulta in aumento rispetto a quello del primo mese del
2023, +5,2%, grazie al valore dei veicoli industriali, il quale, nel mese di
gennaio incrementa del 93,0%; le autovetture esportate, al contrario, sono in
calo del -15,4%. Il saldo è negativo per circa 1,6 miliardi di Euro per le
autovetture e positivo di circa 80 milioni per i veicoli industriali.
Mentre l’import di
autoveicoli ha origine quasi totalmente da paesi europei (l’89,0% del valore
totale importato), l’export con destinazione Europa rappresenta, nel gennaio
del 2024, il 66,5% del totale. Tra i paesi di destinazione extra europei, gli
Stati Uniti rimangono il primo mercato (17,3%), seguiti da Giappone (2,9%) e Cina
(1,3%).
Per quanto
riguarda il comparto della componentistica, nel periodo analizzato, cala
l’import, del 7,9%, mentre incrementa l’export, +3,0%, con un saldo positivo di
circa 0,6 miliardi di euro (era di 0,4 milioni nello stesso periodo del 2023). L’Europa
rappresenta l'81,4% del valore dell’import e l'81,7% del valore dell’export. Al
di fuori del continente europeo, la prima macroarea di origine è l’Asia, da cui
l’Italia importa il 10,4% di parti e componenti (in valore), mentre la prima
macroarea di destinazione dell’export è il Nord America: 8,3% del totale. Lo
Stato da cui importiamo e a cui esportiamo più componentistica automotive è la
Germania che, in entrambi i casi, rappresenta più del 20% del trade italiano.
Seguono, nell'ordine la Polonia e la Francia per quanto riguarda le
importazioni, e anche per i paesi di destinazione Francia e Polonia, in questo
ordine, completano la Top 3.
Per maggiori
informazioni: ICE Berlino, industrie.berlin@ice.it.
Ufficio Beni
Strumentali, sede di Roma, motoristica@ice.it. Ice/dip 17
Brevi di politica e di cronaca tedesca
Le elezioni
regionali in Brandeburgo
Il Brandeburgo
è l’unica “roccaforte rossa” rimasta in Germania: ha vinto l’SPD, che
dalla Riunificazione del 1990 governa ininterrottamente, anche se con alleati
diversi. Per i Cristiano-democratici, i Liberali e i Verdi, il cuore dell’ex
Prussia è sempre rimasto loro precluso. Dopo gli spaventosi risultati
dell’estrema destra dell’AfD in Turingia e Sassonia, domenica 22 settembre i
riflettori dei media internazionali sono stati puntati su un Land di soli 2,5
milioni di abitanti: al centro dell’attenzione il popolare governatore
dell’SPD, Dietmar Woidke con l'obiettivo dichiarato di fermare gli estremisti
di destra e tenerli lontani dal governo. Ciò sembra gli sia riuscito. Anche
perché per la campagna elettorale il governatore ha rinunciato a qualsiasi
sostegno da parte del suo impopolare compagno di partito Olaf Scholz,
conducendo la sua campagna in modo indipendente dal partito di governo.
Nel Brandeburgo,
come mostrano le analisi, molti elettori dell’area centro-democratica hanno
solidarizzato con il capo del governo in carica. L’SPD ne ha beneficiato
ottenendo circa il 31% delle preferenze. Con quasi il 12%, la CDU ha registrato
un risultato che ha suscitato amarezza. Se si sommano i voti per l’AfD, insieme
ai populisti di sinistra e al partito BSW filo-putiniano, circa il 44% degli
elettori del Brandeburgo ha votato per i partiti anti-sistema.
Brandeburgo: la
SPD vincitore senza partner di coalizione
Al momento, a
Potsdam, prevale l'incertezza sulla formazione di un governo in grado di avere
la maggioranza, proprio come è successo tre settimane fa in Turingia e
Sassonia. Perché l’SPD ha vinto le elezioni regionali nel Brandeburgo con il
30,9%, l’AfD è arrivata al secondo posto con il 29,2%. BSW, fondato solo pochi
mesi fa, è entrato in parlamento con il 13,5%, la CDU con il 12,1%. I Verdi, la
Sinistra e l’FDP non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 5%
per entrare nel Landtag. I Liberali, con solo lo 0,8% delle preferenze, non
erano presenti nemmeno nel precedente Landtag.
Con 44 seggi su 88
in parlamento regionale, a una coalizione costituita da SPD e CDU mancherebbe
un seggio per avere la maggioranza di governo. Nessuno degli altri tre partiti
vuole coalizzarsi con l’AfD. Stando così le cose, l’SPD potrà governare solo
con il BSW o con il BSW e la CDU. Nota bene: in futuro, esattamente la metà dei
seggi nel nuovo Landtag (AfD e BSW, il partito populista di sinistra) saranno
occupati da partiti filo-russi che sostengono la fine del sostegno all’Ucraina.
L’impatto delle
elezioni in Brandeburgo a Berlino
- Per il
Cancelliere in difficoltà, la vittoria elettorale dell’SPD nel Brandeburgo non
rappresenta un segno di ripresa. Al contrario: l’SPD regionale e il governatore
Woidke hanno condotto una campagna elettorale contro Berlino. Il Cancelliere
Scholz non è stato quindi persona gradita, e non c’è stato nessun incontro
congiunto con Woidke. Nel frattempo, il Segretario generale dell’SPD Kevin
Kühnert ha chiesto ai vertici dell’FDP, dopo le loro consultazioni sul
risultato delle elezioni regionali nel Brandeburgo, di rilasciare dichiarazioni
chiare sul futuro della coalizione semaforo. Ora è compito del vertice dell’FDP
fare chiarezza in merito. L’FDP ha ottenuto solo lo 0,8% dei voti alle elezioni
regionali di domenica scorsa nel Brandeburgo. Di conseguenza, ci sono state
richieste e riflessioni da parte dei Liberali in merito a una possibile uscita
dalla coalizione semaforo di governo, da qui l’appello di Kühnert: “Parto dal
presupposto che la collaborazione continuerà nella coalizione semaforo”. L’SPD
è comunque determinata a proseguire con la coalizione fino alla fine della
legislatura.
- I vertici dei
Verdi hanno rassegnato le dimissioni dopo la debacle elettorale. I due leader
del partito Ricarda Lang e Omid Nouripour e con loro l’intero direttivo hanno
rassegnato le dimissioni ieri. “Siamo giunti alla conclusione che è necessario
un nuovo inizio”, queste le parole del leader Nouripour a motivazione della
decisione. “Il risultato delle elezioni in Brandeburgo è una testimonianza
della più profonda crisi del nostro partito da un decennio a questa parte”.
L’elezione di un nuovo direttivo sarà quindi il punto di partenza per la
riorganizzazione strategica dei Verdi. La leader Lang ha aggiunto: “Non è il
momento di attaccarsi alla poltrona: è il momento di assumersi le proprie
responsabilità”. Sulla coalizione di governo il leader Omid Nouripour ha anche
aggiunto che “il mio cuore non è in questa coalizione”, interpretando le
intenzioni di molti dei suoi membri. La riorganizzazione del partito comunque
permetterà ai Verdi, in caso di elezioni anticipate, di farsi trovare
“preparati e fortemente motivati.” Nel Brandeburgo, i Verdi hanno raggiunto
solo il 4,1% delle preferenze, mancando così l’ingresso nel parlamento del
Land. In Turingia il partito era arrivato al 3,2%, in Sassonia al 5,1%.
- Il leader
dell’FDP e ministro delle Finanze Christian Lindner ha parlato di un imminente
“autunno delle decisioni”, aggiungendo a Berlino che “ora si tratta di compiere
progressi decisivi in tre aree tematiche”. Nella politica migratoria quindi non
dovrà esserci alcun ostruzionismo ideologico, “il successo economico della
Germania deve essere ripristinato e deve essere approvato un bilancio federale
in grado di veicolare una maggiore crescita, alleggerendo la pressione fiscale
sui cittadini e rispettando il freno all’indebitamento”. Il ministro si aspetta
che “vengano prese decisioni concrete entro il 21 dicembre.” Il leader dei
Liberali non vuole certo minimizzare i pessimi risultati dell’FDP nelle
elezioni regionali in Turingia, Sassonia e ora nel Brandeburgo, ma ha anche
fatto riferimento all’altrettanto pessimo risultato dei Verdi: “La gente è
stufa della coalizione semaforo”. Per l’FDP e i suoi elettori, la coalizione è
diventata tossica. Gli osservatori dubitano di quanto a lungo la strategia “con
un piede nel governo, con l’altro nell’opposizione” possa proseguire.
- L’AfD ha
accusato gli altri partiti di aver inscenato una campagna di odio nei suoi confronti,
compattandosi per “tenere l’AfD lontano dal potere”, ha dichiarato il leader
del partito Tino Chrupalla, ma “questo muro invalicabile contro l’AfD non
resterà in piedi ancora per molto”.
CDU-CSU verso le
elezioni del Bundestag
CDU-CSU hanno
archiviato rapidamente il capitolo riguardante il Brandeburgo. Invece, come
previsto, gli organi direttivi della CDU hanno approvato all’unanimità la
candidatura alla Cancelleria del leader del partito Friedrich Merz. Lo ha
annunciato il Segretario generale della CDU Carsten Linnemann: “È l’uomo giusto
al momento giusto”. In precedenza, il direttivo della CSU si era già schierato
a favore della candidatura del Presidente della CDU. Il leader Merz ha
accettato il compito e ora la CDU punta “a convincere i cittadini con argomenti
concreti.”
Nel frattempo, il
leader della CSU Markus Söder ha categoricamente respinto un’alleanza di
governo con i Verdi in caso di vittoria elettorale della CDU-CSU. Il
governatore bavarese ha accusato i Verdi di discriminare la Baviera dalla
capitale Berlino. Anche con il BSW di Sahra Wagenknecht (BSW) – Bündnis Sahra
Wagenknecht – il governatore Söder non immagina alcuna collaborazione a livello
nazionale. Fuori discussione quindi qualsiasi idea in merito. Il nodo centrale
riguarda infatti l’affidabilità della Germania in politica estera, per questo
il governatore Söder ha accusato il BSW di vicinanza eccessiva alla Russia: “È
impossibile pensare che il governo di Putin sieda al tavolo del governo
federale a Berlino”.
ONU: la Germania
porta il piano per il futuro all’Assemblea generale
È un successo
diplomatico per la Germania. Nonostante il blocco russo, l’Assemblea generale
delle Nazioni Unite ha adottato un patto di principi per il rinnovamento
dell’ordine internazionale, negoziato sotto la guida della Germania. Il
Cancelliere Olaf Scholz ha dichiarato a New York: “Il patto per il futuro
dovrebbe servirci da bussola. Come una bussola, il cui ago punta verso
collaborazione e partnership maggiori, anziché verso più conflitti e
divisioni.” Il patto per il futuro mette nero su bianco che “tutti i discorsi
riguardanti divisioni, polarizzazione e incertezza non rappresenteranno la fine
delle nostre Nazioni Unite”.
“Siamo tutti
consapevoli di quanto i nostri destini siano strettamente legati dalle sfide
globali che dobbiamo affrontare”, ha affermato il Cancelliere a New York. Nel
documento, i firmatari si impegnano, tra le altre cose, all’obiettivo di un
mondo libero dalle armi nucleari e a favore del disarmo. È inoltre prevista una
riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questa è una questione
che sta particolarmente a cuore alla Germania; Berlino spera infatti in un
seggio permanente nell’assemblea e Scholz, nel suo discorso in plenaria alle
Nazioni Unite, ha dichiarato: “Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
nella sua forma attuale è obsoleto”.
Germania:
viaggiare in treno diventa più costoso
Dal 2025, il
prezzo del Deutschlandticket passerà da 49 a 58 euro al mese. Lo hanno
concordato i ministri dei trasporti dei Länder. “L’accordo dimostra che i
Länder tengono fede al modello di successo del Deutschlandticket e vogliono
continuare a perfezionarlo”, si legge in una dichiarazione. “Con questo prezzo
riusciamo a mantenere il biglietto ancora attrattivo a livello economico e a
porre il finanziamento su basi più solide”.
Il
Deutschlandticket è considerato un successo con più di 13 milioni di utenti. È
stato introdotto nel maggio 2023 e consente di viaggiare liberamente su tutti i
treni regionali e sui trasporti pubblici di tutta la Germania. Tuttavia, le
ferrovie tedesche lamentano una complessiva mancanza di denaro data dai mancati
ricavi dei consueti abbonamenti mensili e dei singoli biglietti. I Länder, le
ferrovie tedesche e le compagnie di trasporto regionali, che in gran parte
appartengono a loro, non hanno nascosto il timore di subire sul lungo termine
forti perdite con questa tipologia di biglietto.
Luoghi in
Germania: Sankt Ottilien
Se volete fuggire
dal trambusto dell’Oktoberfest di Monaco, consigliamo un’escursione nella
abbazia di Sankt Ottilien, un’oasi di spiritualità benedettina a circa 50 km a
ovest della metropoli bavarese. Qui 80 monaci vivono e lavorano nel vasto
complesso con la sua basilica neogotica. Benedettini provenienti da tutto il
mondo vengono inoltre preparati nella scuola di alta formazione per missioni in
Paesi lontani, dove il ramo dell’Ordine di Sankt Ottilien vanta oltre 50
filiali, ospedali, scuole e monasteri.
Nel monastero ci
si può dedicare agli esercizi spirituali, alla preghiera e vivere un'esperienza
di vita monastica. L’ex abate erede, padre Jeremias Schröder (58), sta invece
facendo le valigie. È stato appena eletto dalla Conferenza degli Abati, tenuta
a Roma, nuovo abate primate della Confederazione mondiale Benedettina e in
futuro risiederà nella sede dell’Ordine sul colle Aventino.
Elezioni del
Bundestag 2025: CDU e CSU puntano tutto su Friedrich Merz
La CDU e la CSU, a
pochi giorni dalle elezioni regionali nel Brandeburgo, hanno nominato Friedrich
Merz, 67 anni, candidato alla Cancelleria alle elezioni del Bundestag in
settembre 2025, contro il Cancelliere in carica Olaf Scholz (SPD). Il
Presidente della CSU e governatore della Baviera Markus Söder, aveva dichiarato
la sua rinuncia, a sostegno di Merz. Per Merz, CDU-CSU sono attrezzate in
termini di contenuti, risorse umane e organizzazione in vista della prossima
campagna elettorale. La politica migratoria rimane un tema importante, “ma
dovrebbe essere risolta prima”. Con la nomina di Merz, i due partiti di
tradizione cristiana hanno evitato una lotta di potere interna, come quella che
tre anni fa divise CDU e CSU e portò alla sconfitta il candidato Armin Laschet,
pronto a succedere all’ex Cancelliera Angela Merkel. L’ultima parola spetta ora
agli organi di partito, anche se è considerato una formalità.
CDU e CSU non
hanno un sistema di primarie interne: di norma i due Presidenti decidono tra
loro gli Spitzenkandidat, (i candidati di punta). Questo processo a porte
chiuse è stato oggetto di critiche, suscitando tensioni tra i partiti alleati.
Questa volta, tuttavia, si è sottolineato che la proposta è già stata
concordata con le associazioni regionali. Adesso i due partiti sono “per la
prima volta di nuovo insieme”, queste le parole di elogio del leader della CSU
Söder. Soprattutto, “siamo di nuovo d’accordo sulla politica migratoria”,
avendo con ciò “rimarginato una ferita aperta nel 2015”. La CSU bavarese non
aveva mai nascosto le perplessità sulla “politica di benvenuto” per i migranti
dell’era Merkel. Inoltre, per Söder, i due leader politici sono uniti da
“fiducia e stima reciproche”, cosa che nel 2021 venne a meno. Il leader della
CSU si è quindi detto fiducioso: “Insieme ce la faremo”.
Pochi giorni
prima, anche il popolare governatore della Renania Settentrionale-Vestfalia,
Hendrik Wüst, aveva annunciato di non voler correre come candidato alla
Cancelleria e di sostenere invece la candidatura del leader della CDU Friedrich
Merz, considerando suo dovere “promuovere e salvaguardare l’unità”. Il
governatore del Land tedesco più popoloso e capo della più grande divisione
regionale della CDU è stato a lungo considerato un potenziale candidato alla
Cancelleria dei partiti alleati CDU e CSU e rappresenta una speranza per il
futuro dei Cristiano-democratici: un nome da tenere a mente.
Merz candidato
alla Cancelleria: la reazione degli altri partiti
La decisione di
CDU-CSU ha suscitato reazioni contrastanti tra gli altri partiti. Il Presidente
dell’SPD Klingbeil ha dichiarato che il suo partito era già convinto da mesi
che il candidato sarebbe stato Merz. L’SPD si dice “pronta e ben preparata per
la prossima campagna elettorale contro il leader dell’opposizione”. Il
Cancelliere Scholz ha reagito, affermando di ritenere Merz “un giusto
concorrente”.
Il Vicecancelliere
Robert Habeck (Verdi) ha dichiarato di preferire Merz a Söder. “Credo che Söder
non sarebbe stato un buon candidato e un buon Cancelliere per la Germania”, e
aggiunge, “spero solo che la campagna elettorale riguardi i piani del futuro e
non il passato”. Il leader dell’FDP e ministro delle Finanze, Lindner si è
congratulato con Merz, dicendo di essere “curioso di sapere se CDU-CSU
torneranno a una politica di riforme o se proseguiranno l’era Merkel”. L’FDP
spera quindi in una possibile coalizione con CDU-CSU dopo le prossime elezioni.
Chi è Friedrich
Merz
Friedrich Martin
Josef Merz, nato nel 1955 a Brilon, una piccola città dell’Hochsauerland (Alto
Sauerland, Land Renania settentrionale-Vestfalia), è cresciuto in una famiglia
di giuristi. Ancora oggi è orgoglioso del suo stretto legame con la sua terra
d’origine, una roccaforte cattolica dei Cristiano-democratici. Nel 1972 entrò a
soli 17 anni nella CDU. Merz ha studiato Giurisprudenza e ha lavorato come
avvocato. Nel 1989, a 27 anni, si è trasferito a Strasburgo per il mandato
quinquennale di deputato europeo. Successivamente si è candidato a deputato,
rimanendo fino al 2009 nel gruppo parlamentare del Bundestag, di cui era già
stato Presidente dal 2000 al 2002. Già allora era considerato un talento
ambizioso e fuori della norma. Dopo le elezioni federali del 2002, perse per
poco, l’allora nuova leader del partito della CDU Angela Merkel, con il
sostegno del suo collega della CSU Edmund Stoiber, gli strappò la presidenza
del gruppo parlamentare CDU-CSU, divenendo così la nuova leader
dell’opposizione. Una mossa che solo tre anni dopo le avrebbe spianato la
strada alla Cancelleria. A causa di questo, ancora oggi il loro rapporto
personale è considerato molto teso.
Nel 2009 Merz si è
ritirato dal parlamento passando alla finanza. Dal 2009 al 2019 Merz è stato
Presidente del Ponte Atlantico, un’associazione d’élite tedesco-americana, dal
2016 al 2020 è stato Presidente del Consiglio di vigilanza della filiale
tedesca di BlackRock, il più grande gestore patrimoniale del mondo. Dopo la
fine del mandato della Cancelleria Merkel, Merz ha fatto ritorno in politica. A
seguito delle lotte interne di potere, nel 2022 è stato eletto Presidente della
CDU e poco dopo Presidente del gruppo parlamentare CDU-CSU al Bundestag. Sin
dall’elezione a Cancelliere di Olaf Scholz, Friedrich Merz è stato uno dei
critici più severi del governo della coalizione semaforo. Friedrich Merz è
sposato dal 1981 con la giudice Charlotte Merz e ha tre figli. Nel 2005
Friedrich e Charlotte Merz hanno istituito una fondazione che sostiene i
giovani provenienti da famiglie socialmente svantaggiate nell’istruzione e
nella formazione.
Il Cremlino
manipola i tedeschi: ci sono le prove
Ora si hanno le
prove che, come si sospettava, le campagne di disinformazione in Germania
sembrano avere la regia del Cremlino. Lo dimostrano, secondo le ricerche dei
media, i documenti interni dell’azienda moscovita Social Design Agency (SDA).
In Germania, ad esempio, la disinformazione punta ad aumentare “la paura del
futuro” e rafforzare i partiti di destra. In un documento russo citato si legge
che l’AfD mira a ottenere un consenso del 20%: dato proveniente da un istituto
demoscopico i cui risultati pubblicati in tutta Europa sono considerati
affidabili. Una delle principali narrazioni delle campagne russe è
l’affermazione che il sostegno tedesco all’Ucraina è la causa della “più
profonda crisi economica e sociale della storia recente”. L’obiettivo è quindi
innescare l’impressione che la Germania “sia economicamente sull’orlo del
baratro.”
Il capo dell‘
“Ufficio per la protezione della Costituzione” (i servizi segreti interni
tedeschi), Thomas Haldenwang, ha messo in guardia dai pericoli della diffusione
di queste fake news, sostenendo che la Russia “agisce in modo pragmatico e
flessibile dal punto di vista tematico per sfruttare al meglio il potenziale di
divisione e gli argomenti di dibattito all’interno della società tedesca”.
L’autorità preposta “sta lavorando intensamente per identificare gli artefici
di questo lavoro distruttivo e impedire la destabilizzazione della nostra
democrazia”. Secondo i risultati delle ricerche, già circa dieci anni fa
l’amministrazione presidenziale russa ha identificato la Germania come
obiettivo prioritario nell’Europa centrale. Di conseguenza, a partire
dall’annessione della Crimea nel 2014, Mosca sta cercando con tutte le forze,
complice la disinformazione mirata, di allontanare la Germania dall’Alleanza
occidentale e di renderla sua sostenitrice. L’SDA è presumibilmente una delle
più grandi macchine di propaganda del Cremlino e dal 2023 è stata sanzionata
dall’Unione Europea a causa della diffusione di disinformazione.
La Germania cerca
nuovi partner in Asia centrale
Sullo sfondo
dell’invasione russa dell’Ucraina, la Germania ha concordato per la prima volta
un partenariato strategico con le cinque ex repubbliche sovietiche dell’Asia
centrale, con l’obiettivo di “consolidare e valorizzare” la cooperazione in
essere da 30 anni; come si legge in una dichiarazione congiunta recentemente
pubblicata a Berlino a seguito del primo vertice del Cancelliere Olaf Scholz
(SPD) con i capi di Stato di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan
e Uzbekistan. Il partenariato strategico si pone come priorità l’economia e
l’energia, il clima e l’ambiente, la cooperazione regionale e lo scambio
diretto tra i cittadini, temi che verranno affrontati nel contesto di
consultazioni periodiche. Il prossimo vertice è stato concordato dal
Cancelliere Scholz con i capi di Stato per il prossimo anno in Asia centrale. A
margine del vertice è stato anche firmato un memorandum d’intesa per un accordo
migratorio con il Kirghizistan, volto alla facilitazione di reclutamento di personale
qualificato e al rimpatrio di persone senza diritto di soggiorno dalla Germania
al Kirghizistan. Con l’Uzbekistan esiste già un memorandum d’intesa.
Dopo lo scoppio
della guerra in Ucraina i Paesi dell’Asia centrale hanno acquistato un
rinnovato interesse da parte della Germania per i loro giacimenti di materie
prime. Il Kazakistan, il Paese economicamente più forte della regione, fornisce
già petrolio alla raffineria di Schwedt, nel Brandeburgo, compensando così il
taglio delle forniture russe. Ma questo Paese dispone anche di uranio, minerale
di ferro, zinco, rame, oro ed è considerato un potenziale partner per la
produzione di idrogeno derivato da energie rinnovabili.
Luoghi da visitare
in Germania: Potsdam
Il capoluogo della
regione del Brandeburgo, il cuore dell’ex Prussia, che circonda la capitale
Berlino, si presenta come un tesoro della storia tedesca degli ultimi 400 anni.
La città di residenza della dinastia degli Hohenzollern, la casa reale di
Prussia, che nel 1871 divenne sede dell’Impero tedesco, è ricca di slanci e
contrasti significativi. Qui hanno avuto dimora i re soldati, che con i loro
eserciti portarono sotto il loro controllo gran parte della Germania
nord-orientale spingendosi fin nei Paesi Baltici, rendendo così il loro regno
una temuta potenza territoriale in Europa, ma anche re come Federico il Grande,
protagonista dell’epoca dell’Illuminismo, sovrano dedito all’arte e alla
musica, compositore egli stesso e re filosofo, famoso per le corrispondenze
epistolari con i principali filosofi del suo tempo.
I palazzi
sontuosi, le chiese e le ville della città verde con i suoi vasti parchi,
sottoposti a pesanti bombardamenti sotto la guerra, testimoniano il passaggio
di queste varie epoche. Il castello barocco di Sanssouci, il palazzo imperiale
della città, il caratteristico “Quartiere olandese” o la cattedrale di San
Nicola con la sua cupola sono mete irrinunciabili durante la visita. Kas 19
Buchmesse. Informazioni del Consolato di Francoforte
Italia è l'ospite
d'onore della Fiera del Libro 2024, e il mondo dell'editoria italiana e
numerosi autori italiani si presenteranno a Francoforte - in fiera e in vari
luoghi della città.
Italien ist Ehrengast der Buchmesse 2024, und die
italienische Verlagslandschaft und zahlreiche italienische Autor:innen werden
sich in Frankfurt präsentieren –sowohl auf der Messe als auch an verschiedenen
Orten in der Stadt.
Qui di seguito
trovate il link all'intera manifestazione, che funziona come un
calendario. Ogni giorno sono elencate le numerose
iniziative
Nachstehend finden Sie den Link zur gesamten Veranstaltung,
die wie ein Kalender funktioniert. Für jeden Tag sind die zahlreichen
Initiativen bzw. Lesungen oder Konzerte aufgelistet:
Link in italiano:
https://italiafrancoforte2024.com/it/eventi
Link auf Deutsch:
https://italiafrancoforte2024.com/de/eventi
Vi saranno
interessanti letture e incontri con scrittrici e scrittori italiani, anche
della nuova generazione, eventi di discussione in “Piazza Italia” su vari temi
e un proficuo scambio italo-tedesco.
Wir erwarten interessante Buchpräsentationen und Begegnungen
mit den italienischen Autor:innen, Diskussionsveranstaltungen auf der „Piazza
Italia“ zu verschiedenen Themen und einen fruchtbaren deutsch-italienischen
Austausch.
Vi saranno
interessanti letture e incontri con scrittrici e scrittori italiani, anche
della nuova generazione, eventi di discussione in “Piazza Italia” su vari temi
e un proficuo scambio italo-tedesco.
Der Eintritt zu allen unseren Veranstaltungen Außerhalb der
Messegeländes ist frei, während für die Events an der Buchmesse muss man
eine Eintrittskarte kaufen
Siamo lieti di invitarvi anche questi ulteriori eventi
gratuiti/ Wir freuen uns, Sie zu diesen kostenlosen weiteren Veranstaltungen
einladen zu dürfen:
11.10.2024, h 18:30 - INAUGURAZIONE -
Mostra al Frankfurter Kunstverein/Francoforte –
Kunstausstellung im Frankfurter Kunstverein
Steinernes Haus am Römerberg – Markt 44 – Frankfurt a.M.
” La presenza
dell’assenza – Das Anwesende des Abwesenden”
Maggiori
informazioni a questo link https://www.fkv.de/ausstellung/das-anwesende-des-abwesenden-materie-und-spuren-abdruecke-des-lebens-in-der-zeit/
Con il Patrocinio del Consolato Generale
d’Italia a Francoforte
###
Mostra fotografica/ Fotoausstellung im Kabinett der
Kunststiftung DZ BANK
04.September
24 – 28. Oktober 2024 “Pietro Donzelli – Aria di Napoli”
Entrata
libera/Eintritt Frei
(Platz der Republik – Entrata/Eingang: Cityhaus II –
Lunedì/Montag – fino a/bis – Venerdì/Freitag – dalle/ zwischen 11:00 –
19:00 h)
Link: Kunststiftung DZ BANK – Ausstellungen
https://consfrancoforte.esteri.it/it/news/dal_consolato/2024/09/mostra-fotografica-aria-di-napoli-presso-la-sala-espositiva-kabinett-della-fondazione-dz-bank/
Con il Patrocinio
del Consolato Generale d’Italia a Francoforte
###
Giovedì/Donnerstag 17.10 2024, h 18:15 – Foyer
Frankfurter Kunstverein (Markt 44, FFM) - Entrata libera/Eintritt Frei
“Il suono delle parole nella poesia italiana ed
europea” – “Der Klang der Worte in der italienischen und europäischen
Poesie“
Intervista, lettura scenica e intermezzi musicali –
Interview, szenische Lesung und musikalische Begleitung (in italiano e
tedesco – auf Deutsch und Italienisch)
Ospite/Gast:
Andrea Molesini (editore e autore/Verleger und Autor)
Moderazione: Dr. Marita Liebermann (Direttrice/Direktorin
Akademie Erbacher Hof – Mainz)
Musica eseguita
da/musikalische Begleitung: Marta Cametti
Ulteriori
informazioni in italiano e tedesco sull’evento qui
https://consfrancoforte.esteri.it/wp-content/uploads/2024/09/DEFDEF_-Intro_MolesiniEditore-IT_DEU.pdf
La casa editrice
Molesini Editore Venezia sarà ospite dal 17.10 al 19.10.2024 con un suo
stand negli spazi del Frankfurter Kunstverein di Francoforte
###
Domenica/Sonntag 20.10.2024 h 11:00 - Physikalischer
Verein Frankfurt -
(Robert-Mayer- Str. 2/FFM) - Entrata libera/ Eintritt frei/
Free admission
Modern Science
dialogues: a talk with Guido TONELLI (Book Fair – Guest of Honour 2024 Italy)
and Luciano REZZOLLA (Univ. J.W. Goethe/Frankfurt)
“Time, matter,
black holes: discoveries and new questions”
Introduction
and moderation: Paolo FERRI – (Event in English)
Ulteriori
informazioni in italiano qui e link all’evento
https://www.physikalischer-verein.de/veranstaltung/time-matter-black-holes-discoveries-and-new-questions-a-talk-with-guido-tonelli-and-luciano-rezzolla.html
In collaborazione
con/Mit: Physikalischer Verein FFM, Univ. J.W. Goethe/FFM, Club culturale
italiano ESOC-EUMETSAT- BECK Verlag, FELTRINELLI Editore, RIZZOLI Libri,
Editori LATERZA, RAFFAELLO CORTINA editore
Rimanete sempre sintonizzati con @Italyinffm/Bleiben Sie
immer auf dem Laufenden mit @Italyinffm. Consolato Generale d’Italia a Francoforte sul Meno
Volkswagen accelera sui tagli: “Possibili 15mila licenziamenti e chiusura
di 2-3 impianti”
Milano –
Volkswagen potrebbe alzare il tiro dei tagli, mirando a oltre 15mila posti di
lavoro e alla chiusura di impianti. E’ la notizia che rimbalza dal resoconto
degli analisti di Jefferies sulla casa automobilistica tedesca, già al centro
delle polemiche in casa per aver messo sul tavolo la prospettiva di una inedita
serrata di fabbriche in Germania.
Ora, sarebbe
emerso da un roadshow con la comunità finanziaria del Nord America, secondo
quanto riporta la Bloomberg, Volkswagen starebbe valutando di forzare la mano:
la casa automobilistica – rileva l’agenzia finanziaria – potrebbe chiudere gli
impianti senza bisogno di passare dall'approvazione del consiglio di
sorveglianza. Il prezzo da pagare sarebbero possibili accantonamenti per 4
miliardi di euro (4,4 miliardi di dollari) nel quarto trimestre.
In assenza di una
replica ufficiale dalla società, c’è il riferimento a quanto scrivono gli
analisti. La Reuters aggiunge altri brandelli del ragionamento degli analisti e
in particolare che – se la “logica di ridimensionare il marchio VW non è nuova,
lo sono il senso di urgenza e la determinazione del management nell'affrontare
la capacità in eccesso” e la struttura dei costi. Quel che hanno portato a casa
dal roadshow è che “non c’è un piano B ai tagli”.
Con il clima tra
parti già rovente, gli analisti aggiungono che "i sindacati dovrebbero
sentirsi sotto pressione per raggiungere nuovi accordi mentre VW sarà in grado
di forzare i licenziamenti". Certo, "c'è il rischio di
un'interruzione degli impianti, ma i sindacati possono scioperare solo sul tema
dei salari, non sulla chiusura degli impianti o sui licenziamenti se questi
ultimi non sono protetti contrattualmente". Secondo Jefferies, sul tavolo
c’è la chiusura di due o tre impianti, con un massimo di cinque siti tedeschi.
LR 18
Amburgo. L’8 ottobre incontro sul romanzo “Cassandra a Mogadiscio” di
Igiaba Scego
Amburgo – Martedì
8 ottobre alle ore 19:00 si terrà il secondo appuntamento autunnale del
Caffè letterario, gli incontri letterari italo-tedeschi dell’Istituto Italiano
di Cultura di Amburgo. Nell’incontro si parlerà del romanzo di Igiaba Scego,
scrittrice italiana di origini somale, “Cassandra a Mogadiscio, edito nel 2023
da Bompiani e tradotto in tedesco da Verena von Koskull per la Casa editrice S.
Fischer di Berlino, che lo ha pubblicato quest’anno con il titolo “Kassandra in
Mogadischu”. L’evento è organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di
Amburgo. La partecipazione all’incontro letterario è gratuita, ma è richiesta
l’iscrizione tramite il portale Eventbrite. Il libro di Igiaba Scego si
presenta come una lunga lettera che l’autrice indirizza all’amatissima nipote
Soraya, figlia di suo fratello, per raccontarle la Storia della Somalia, un Paese
che la guerra ha lasciato senza archivi e senza memoria. In Cassandra a
Mogadiscio il resoconto dei fatti storici si intreccia all’odissea della
famiglia Scego, dispersa tra i continenti, ma unita dal Jirro, da quel dolore
che può provare solo chi è stato costretto a lasciare la propria terra.
Igiaba Scego è
nata in Italia da genitori costretti dalla dittatura di Siad Barre a lasciare
la Somalia, dove il padre, arabo, ricopriva un ruolo politico di rilievo, per
iniziare una nuova vita di umiliazioni come immigrati nella Roma degli anni
Settanta.
Cassandra a
Mogadiscio, incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023, è la storia
di una sedicenne, che vive a Roma e il 31 dicembre 1990 si prepara per la sua
prima festa di Capodanno insieme ai compagni di classe, ignara del fatto che il
destino della sua famiglia e di tutta la Somalia sta per essere stravolto dallo
scoppio di una guerra civile. Ancora non sa che dovrà attendere quasi due anni
prima di poter riabbracciare la madre, hooyo, rimasta intrappolata a Mogadiscio
a causa dei combattimenti. Nell’angoscia dell’attesa, Igiaba deve affrontare il
Jirro, il dolore postraumatico che caratterizza l’intero popolo somalo e che in
lei assume la forma di un disturbo alimentare con cui cerca di addomesticare
l’insensatezza del conflitto e la lontananza della sua hooyo. Ma anche dopo il
ritorno in Italia della madre, il Jirro continuerà a tormentare Igiaba con un
glaucoma che rischia di privarla della vista. Solo l’alfabeto, quello usato per
comporre la lunga lettera indirizzata alla nipote, un esorcismo che evoca
insieme «bellezza condivisa» e «memoria salvata», riuscirà a placare il suo
dolore. In Cassandra a Mogadiscio il somalo, con le sue parole traslitterate
nell’alfabeto latino, si mescola all’italiano, che per la Somalia ha
rappresentato la lingua tirannica imposta dai colonizzatori, ma che diventa per
Igiaba Scego la lingua dell’intimità, l’«ancora di salvezza nel naufragio della
vita». La scrittura di Scego assume la forma di un flusso di pensieri in prima
persona in cui i ricordi personali si intrecciano alla storia della sua
famiglia e alla memoria collettiva del popolo somalo. L’opera è inoltre ricca
di numerosi riferimenti a libri, canzoni e film che rispecchiano il retroterra
culturale dell’autrice, tra cultura pop italiana, autori afrodiscendenti e
citazioni di opere portoghesi, spagnole e inglesi. Il romanzo è stato proposto
nel 2023 al Premio Strega da Jhumpa Lahiri con la seguente motivazione:
«La lingua italiana è sempre un personaggio cruciale nella narrativa di Igiaba
Scego. Come Primo Levi, Italo Svevo, a altri scrittori di confine che hanno
indagato e arricchito l’italiano per via della loro condizione ibrida, Scego,
di libro in libro, ha sempre scandagliato l’idioma della sua creatività con
massima attenzione. Scrivendo dalla prospettiva di chi conosce l’italiano da
dentro e da fuori, ne ha forgiato un linguaggio folgorante, urgente, tutto suo.
In Cassandra a Mogadiscio, il cui titolo già segnala un ponte fra mondi, tempi
e tradizioni, la politica e il personale si intrecciano, così come si
sovrappongono le diverse lingue e realtà dei personaggi. Colpiscono i temi
complessi e sempre più attuali dell’appartenenza, della famiglia diasporica,
della ricerca delle origini e dello sradicamento. Ma questo romanzo, con
intensità e autorevolezza, mette al centro la preminenza della parola: quella
che squarcia, che resiste, che restituisce. Questo libro ben equilibrato, anche
dirompente, sicuramente il libro più importante che esista, nella letteratura
italiana, sulla storia postcoloniale italo-somala, va letto per uscire dal
silenzio, dall’oblio e dalla rimozione che distorce la verità di quell’epoca, e
per far i conti con il razzismo non solo di una volta ma di oggi. Va letto per
rendere contemporanea e sempre rilevante la lotta secolare di donne che hanno
da dire ma sono condannate a non essere ascoltate. Sono le parole, dunque, di
questa Cassandra testarda ma tenera, vincente e accogliente, vispa e ironica,
che conquistano il lettore, e la sua potenza sta nel continuare a esprimersi
senza rabbia, solo con convinzione e con lucidità. In questa Cassandra,
crediamo. Gli incontri del “Caffè Letterario” sono dedicati agli appassionati
di letteratura italiana e si tengono in italiano e tedesco – generalmente una
volta al mese – e danno la possibilità a chi legge volentieri libri italiani di
incontrarsi per discutere su un libro letto a casa e scelto durante il
precedente incontro, scambiarsi opinioni, cercare nuove ispirazioni, decidendo
insieme i prossimi libri da leggere e discutere. Se siete quindi amanti dei
libri e alla ricerca di una nuova ispirazione oppure avete scoperto qualcosa
che vi interesserebbe leggere e volete parlarne insieme, allora non fatevi
sfuggire le occasioni degli incontri presso l’Istituto Italiano di Cultura di
Amburgo.
Il prossimo
incontro si terrà martedì 12 novembre alle ore 19:00. (Inform/dip 20)
Amburgo. All’IIC “Storie in valigia – Geschichtenkoffer” l’8 ottobre
Amburgo – Martedì
8 ottobre presso l’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo si terrà il secondo
appuntamento autunnale di “Filastrocche e Storie in valigia”, le letture
animate in italiano per bambini, a cura di Silvia Ferioli e Francesca Parenti.
Dalle ore 15:30 alle 16:30 sono invitati i bambini di età da 0 a 3 anni e dalle
ore 16:30 alle 17:30 è invece la volta dei bambini di età tra i 3 e i 7 anni.
Si prega di prenotare tramite questo link di Eventbrite:
Storie_Oktober_Piccoli.eventbrite.de (per bambini di età 0-3 anni);
Storie_Oktober_Grandi.eventbrite.de (per bambini di età 3-7 anni). Una volta al
mese la valigia piena di storie di Silvia e Francesca aspetta i bambini dai 0
ai 7 anni all’Istituto di Cultura di Amburgo per un meraviglioso viaggio sulle
ali della fantasia e fra le pagine di splendidi albi illustrati.
Con “Filastrocche
in Valigia”, ci si rivolge ad un pubblico di bambini fino ai 3 anni di età per
favorire l’apprendimento immersivo dell’italiano fin dalla primissima infanzia.
Per questa fascia di età si utilizzano fantasiose filastrocche, divertenti
canzoncine e i primi cartonati; uno spazio speciale è stato dedicato alla
coccola della lettura con i genitori. Al termine della prima mezz’ora c’è una
pausa per i bimbi con uno spuntino portato da casa, durante la quale i genitori
hanno la possibilità di consultare una bibliografia di libri per l’infanzia e
guide pratiche di supporto al bilinguismo e possono confrontarsi e scambiarsi
informazioni con le relatrici, gli altri genitori e lo staff dell’Istituto.
Dalle 16.30 iniziano invece le “Storie in Valigia” con il formato di lettura
animata accompagnata da un laboratorio creativo. Insieme a Silvia e a Francesca
i bambini hanno la possibilità di ammirare le prodezze di Hogard, draghetto
tutto cuore e aiutare il pericolosissimo coccodrillo Hugo a trovare nuovi
amici. Indagando poi per scoprire cosa possa mai farci un Rinofante sul tetto o
ancora andare alla ricerca del meraviglioso Cicciapelliccia e viaggiare fra gli
splendidi paesaggi di Bimba Landmann alla scoperta degli amici immaginari!
Silvia e Francesca riescono davvero a far sognare tutti i bambini con le più
belle storie di Gianni Rodari, Beatrice Alemagna e di tanti altri autori,
sapientemente illustrate da Alessandro Sanna, Marianna Balducci e altri grandi
illustratori per bambini e ragazzi del panorama italiano contemporaneo. Silvia
e Francesca propongono letture animate a due voci, con Kamishibai e altre
tecniche: storie in italiano avventurose, tenere, divertenti, esilaranti. Per
il giovane pubblico è un’occasione per incontrare nuovi amici fra le pagine dei
libri e sul simpatico tappetone, e per trovare storie che accomunano i piccoli
e i più grandicelli. Storie per ridere a crepapelle, storie per sognare ad
occhi aperti e storie per crescere forti e sicuri. Dopo la lettura, ispirati
dalla storia ed equipaggiati con carta, colori, colla e i materiali più
disparati, i bambini potranno creare paesaggi, personaggi e piccole opere
d’arte che ricorderanno loro il pomeriggio passato insieme. Silvia Ferioli è
architetta viaggiatrice con la passione della fotografia di viaggio e della
lettura. Divisa tra Milano e Amburgo, dalla nascita del suo bimbo ha viaggiato
insieme a lui e a tanti piccoli italo-amburghesi sulle pagine degli albi
illustrati più disparati, alla ricerca di storie sempre nuove. Ha frequentato
corsi di lettura ad alta voce dedicati a gruppi di lettura per l’infanzia e dal
2012 è attiva nella promozione alla lettura, inserendosi nel circuito
amburghese di “Gedichte für Wichte” come conduttrice di un gruppo di lettura
per bambini in lingua italiana. È una delle organizzatrici delle letture de “Il
Circolino dei Folletti”. Francesca Parenti è traduttrice e insegnante
d’italiano, appassionata di illustrazione e letteratura per l’infanzia. Grazie
ai suoi figli ha scoperto la lettura ad alta voce e quel magico legame che si
crea tra lettore e piccolo ascoltatore. Si è formata con corsi e workshop sui
temi del libro per l’infanzia e della lettura ad alta voce, iniziando a
dedicarsi ad attività legate alla promozione della lettura e del bilinguismo. È
stata fondatrice e organizzatrice del gruppo “L’Arca dei Cuccioli”.
Il prossimo
appuntamento si terrà il 12 novembre agli stessi orari. (Inform/dip 25)
Il francobollo dedicato all’Italia Ospite d’Onore alla Fiera del Libro di
Francoforte 2024
Si è tenuta a
Palazzo Piacentini la cerimonia di emissione e annullo filatelico del
francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “Le eccellenze del
sistema produttivo ed economico” dedicato all’Italia Ospite d’Onore alla
76esima Fiera del Libro di Francoforte 2024. All’evento di presentazione hanno
partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il
ministro della Cultura, Alessandro Giuli, il sottosegretario al Mimit, Fausta
Bergamotto, il responsabile Marketing della Filatelia di Poste Italiane,
Giacomo Pacchioni, il membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato, Flavia Scarpellini, il Commissario
straordinario del Governo per l’Italia Ospite d’Onore alla Buchmesse di
Francoforte, Mauro Mazza. Il francobollo, prodotto dall’Istituto Poligrafico e
Zecca dello Stato e distribuito da Poste Italiane, riproduce il logo realizzato
in occasione della partecipazione dell’Italia alla Fiera del Libro di
Francoforte 2024, composto dalle scritte “radici nel futuro”, “Italia Ospite
d’Onore 2024” e “Fiera del Libro di Francoforte” e dai due elementi figurativi:
un libro aperto in cui nasce un germoglio, sintesi compositiva rappresentativa
delle radici della cultura italiana proiettata nel futuro. Il foglietto
racchiude al centro un esemplare del francobollo, incastonato in un libro,
sorretto dai due tra i più illustri e rappresentativi scrittori italiani, sulla
sinistra Dante Alighieri e sulla destra Alessandro Manzoni. “Il piano
filatelico, nel valorizzare le eccellenze italiane in una memoria collettiva, è
un’attività culturale. In Italia più che in qualunque altro Paese del mondo la
produzione, l’impresa, l’innovazione, la scienza e la tecnologia sono coniugate
con la cultura del proprio paese e ne sonoespressione. E infatti il ministero
la considera un’eccellenza”, ha affermato il Ministro delle Imprese e del Made
in Italy Adolfo Urso. “La partecipazione dell’Italia alla Fiera del libro di
Francoforte come ospite d’onore è un riconoscimento significativo per il nostro
Paese. I numerosi eventi tematici consentiranno di raccontare la nostra nazione
ricomprendendo le differenti declinazioni del panorama culturale italiano”, ha
dichiarato il Sottosegretario Fausta Bergamotto. (Inform/dip)
Amburgo. Il 7 ottobre all’IIC il documentario “Mario Ceroli. Le forme
della Meraviglia”
Amburgo.In
occasione della XX edizione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI
– Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, l’Istituto Italiano di
Cultura di Amburgo in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di
Berlino e con Lilium Distribution, Film Art Digital, presenta per la prima
volta in Germania il documentario Mario Ceroli. Le forme della Meraviglia
(2024). Il film racconta la vita e la carriera di una delle personalità più
innovative dell’arte contemporanea italiana. Grande sperimentatore di
materiali, dal legno alla ceramica, dal vetro alla carta, dal bronzo al
tessuto, dal marmo al ghiaccio, Ceroli si distingue per un approccio originale
nei temi e nelle forme e per una straordinaria abilità tecnica, con cui
realizza anche ambienti, installazioni e scenografie per il teatro, il cinema e
la televisione. Il lavoro di Mario Ceroli coinvolge spazio, ambiente,
architettura, teatro, progetto. L’artista, abruzzese di nascita, ma romano da
sempre, ha conquistato una posizione di assoluta individualità inserendosi da
protagonista in quella vivace stagione nata negli anni Sessanta e definita pop
Italiano con cui i giovani artisti italiani rispondevano alla pop art
americana. La proiezione del documentario della durata di 53 min. proiettato in
lingua originale (italiano) con i sottotitoli in tedesco, avrà luogo lunedì 7
ottobre alle ore 19:00 presso la Sala Biblioteca dell’Istituto Italiano di
Cultura di Amburgo. Sarà presente il produttore esecutivo del documentario,
Alessandro Sansoni, che dialogherà con la Dr.ssa Francesca Bravi
dell’Università CAU di Kiel, la quale curerà – oltre alla moderazione – anche
la traduzione in consecutiva degli interventi sia del produttore sia del
pubblico presente in sala. La partecipazione all’evento è gratuita, ma è
richiesta la prenotazione tramite il portale Eventbrite. La
Giornata del Contemporaneo è un’iniziativa che dal 2005 porta l’arte
contemporanea al grande pubblico. Promossa da AMACI – Associazione dei Musei
d’Arte Contemporanea Italiani, la Giornata del Contemporaneo è realizzata con
il sostegno della Direzione Generale per la Creatività Contemporanea del
Ministero della Cultura (MiC) e con la collaborazione della Direzione Generale
per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e
della Cooperazione Internazionale (MAECI). L’autore del film “Mario Ceroli – Le
forme della meraviglia” Guido Talarico è editore, fotografo, regista,
giornalista, nonché appassionato d’arte, fondatore e direttore di Inside Art,
la propria casa editrice, presidente di Fondazione Patrimonio Italia e
fondatore e presidente del concorso Talent Prize, premio divenuto riferimento
per i talenti emergenti del contemporaneo. Tra i documentari d’artista di cui è
autore e regista, si ricordano La luce di Roma (2021), L’intuizione di Duchamp
(2021), Rembrandt, il capolavoro ritrovato (2022), Emilio Isgrò, come
cancellare l’inutile (2023) e Mario Ceroli: le Forme della Meraviglia (2024).
Laureato in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, Guido Talarico ha seguito le
missioni internazionali del Governo e della Presidenza della Repubblica (con il
Presidente Francesco Cossiga è a New York e a Washington alla Casa Bianca, con
il Presidente del Consiglio Ciriaco De Mita e il Ministro degli Esteri Giulio
Andreotti è a Gerusalemme. Più di recente è con il Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella in Camerun e in Mozambico). Docente a contratto della
Business School de “Il Sole 24 Ore”, nel 2014 affianca alla sua attività di
editore, quella di Vicepresidente di AdnKronos Group e Ceo di AdnKronos
Culturalia. Sempre nel 2015 da vita a IQDMedias. Negli anni ha curato
l’edizione di decine di cataloghi e libri d’arte tra i quali due volumi fotografici
monografici di Tommaso Le Pera dedicati uno a Shakesperare l’altro a
Pirandello. Nel 2017 fonda Africanmedias, nel 2018 Associated Medias. Nel 2016
ha edito, pubblicato da Rubbettino Editore, il saggio “Manuale semplice di arte
contemporanea”, nel 2022 pubblica invece “Talent Prize – Cento nomi da
ricordare”. E‘ stato autore e conduttore di IQOS ARTIME una serie di incontri
itineranti multimediali dedicati ai maestri del contemporaneo. E’ stato membro
del direttivo Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali). (Inform/dip 19)
Monaco di Baviera. Oktoberfest: fino al 6 ottobre
Birra, musica,
costumi tradizionali che sfilano per 7 chilometri e menu di specialità locali:
la kermesse di Monaco, fino al 6 ottobre, si prepara a battere il record di
affluenza. Lo scorso anno i visitatori sono stati 7,2 milioni - di Jeanne
Perego
Con il
tradizionale "O'zapft is!"(bavarese per “è spillata!) del sindaco di
Monaco, ha preso avvio sabato 21 settembre l’Oktoberfest 2024, edizione che gli
organizzatori sperano possa battere tutti i record di affluenza e consumo di
birra. Lo scorso anno la grande kermesse che si tiene sul Wiesn è stata
visitata da 7,2 milioni di persone che hanno consumato 6,5 milioni di litri di
birra. L’Oktoberfest 2024, che resterà aperta fino al 6 ottobre, sarà come
sempre una festa che combina il piacere di bere la speciale birra, mangiare
bene scegliendo tra i numerosi piatti della tradizione bavarese (ma non solo)
serviti nei tendoni e nelle stube, ma anche di presenziare a numerosi eventi.
Se, infatti, nelle tende l’intrattenimento è affidato a gruppi musicali di
vario tipo, con grande abbondanza di gruppi folk che celebrano l’Oktoberfest
soprattutto con le “sue” canzoni, all’esterno si può godere prima dell’apertura
della sfilata delle carrozze decorate in tema bavarese con cui gli “osti”( i
proprietari delle tende della birra) trasportano simbolicamente le botti della
bevanda bionda sul luogo dell’evento.
Per molti abitanti
di Monaco il momento clou dell’Oktoberfest è, però, il Trachten- und
Schützenzug, la parata dei costumi tradizionali e dei tiratori, che dal 1950 si
tiene la prima domenica dell'Oktoberfest. Il grande corteo che vede in scena
migliaia di partecipanti, prende avvio alle 10 del mattino: su un percorso di
quasi sette chilometri che va dalla Maximilianstrasse su cui si affacciano le
vetrine del lusso al Theresienwiese dove si tiene l’Oktoberfest, sfilano i
partecipanti che indossano con orgoglio i tradizionali costumi bavaresi, dirndl
per le donne e lederhosen (pantaloni in pelle) spesso riccamente ricamati per
gli uomini, salutando la folla ai bordi della strada. Non manca la musica,
tanta, tantissima musica eseguita da bande di ottoni, e non mancano neppure le
esibizioni di artisti acrobati. La parata è aperta dal simbolo di Monaco, il l
Münchner Kindl, seguono le carrozze su cui viaggiano il sindaco e altre
importanti figure politiche della città e del Land, come il governatore Markus
Söder con la moglie.
I partecipanti in
costume – ce ne sono anche in armatura da cavaliere - arrivano da tutta la
Baviera ma anche dall’estero, rappresentano gruppi organizzati di appassionati
di costumi tradizionali, associazioni di cacciatori e di tiratori a segno,
bande musicali e musicisti solisti. Anche domani saranno circa 9000 persone.
Nel secondo weekend d’apertura della sfavillante festa della birra, quindi
domenica prossima, in quello che è chiamato “il weekend degli italiani” per
l’enorme affluenza di visitatori che arrivano dal nostro Paese, si tiene il
grande concerto che alle 11 vede riuniti i musicisti di tutte le tende per
un’esibizione unica davanti alla monumentale statua della Bavaria al confine
del Theresienwiese.
Le bande suonano
le marce e le canzoni bavaresi più famose e popolari, dirette sempre da un
direttore speciale che sale sul podio per agitare la bacchetta, ovviamente in
costume bavarese, perché l’Oktoberfest è la sublimazione dell’orgoglio di
questo Land, è la celebrazione del senso di appartenenza e della sua unicità.
In genere il ruolo del direttore della singolare orchestra è ricoperto dal
sindaco di Monaco, ma in passato si sono avvicendate altre celebrità. Lo
spettacolare evento si conclude sempre con un lancio di palloncini colorati
mentre il pubblico canta a squarciagola l'inno bavarese.
Anche la funzione
religiosa ecumenica del primo mercoledì dell’Oktoberfest è tradizione: alle ore
9 del 25 settembre nel tendone Marstall si riuniranno per pregare, sotto la
guida di un sacerdote cattolico e un pastore protestante, gli operatori
dell’Oktoberfest, i proprietari delle tende, i musicisti e il pubblico che
vorrà partecipare. Spesso in questa occasione si tengono battesimi e cresime.
La celebrazione non interromperà lo scorrere la birra a fiumi nei tendoni, la
più forte è quella servita nella tenda Hofbräu: una birra con gradazione
alcolica del 6,3%. Intorno, senza soluzione di continuità, impazza la grande
festa che vede arrivare sui tavoli polli arrosto, stinchi di maiale, ma anche
piatti vegetariani e vegani ben studiati, che rappresentano uno dei trend di
sostenibilità che caratterizzano l’Oktoberfest 2024. LS 21
In corso in Germania il Festival itinerante del cinema italiano
C’è anche
quest’anno, per la 27esima volta, la rassegna CINEMA! ITALIA!, il Festival
itinerante del cinema italiano, che da settembre a dicembre porta nelle sale
tedesche alcuni esempi scelti di recenti pellicole italiane. Organizzata come
sempre dalla società Made in Italy, col sostegno del Ministero per i Beni e le
Attività Culturali e con il patrocinio dell’Ambasciata italiana di Berlino, la
kermesse prevede un programma di sei film, tutti in versione originale con
sottotitoli in tedesco.
La prima
proiezione è programmata, come da copione, ad Amburgo, al cinema Metropolis, il
giorno 14 settembre 2024. Alle ore 19.00 sarà proiettato Primadonna di Marta
Savina, con la regista presente in sala per la discussione con gli spettatori,
mentre la conclusione è prevista tre mesi dopo a Berlino, al cinema Babylon,
con la cerimonia di premiazione della pellicola vincitrice. Nel mezzo le sale
di ben 36 città tedesche, da Colonia a Heidelberg, da Monaco a Francoforte,
ospiteranno la proiezione dei film considerati il meglio della produzione
cinematografica nostrana.
L’importanza di
questa rassegna è data dal fatto che offre al pubblico tedesco l’opportunità
unica di godere di una serie di nuovi film italiani che altrimenti non
sarebbero mai stati proiettati sul grande schermo in Germania. Inoltre, CINEMA!
ITALIA! contribuisce a far sì che alcuni di questi film ricevano maggiore
attenzione e vengano regolarmente proiettati nei cinema tedeschi. La formula è
la medesima che è stata ampiamente collaudata nelle passate edizioni: il
pubblico è chiamato alla fine di ogni proiezione a compilare una cartolina
dando un voto al film visto. La pellicola più apprezzata dagli spettatori avrà
l’onore di essere distribuita nei circuiti cinematografici tedeschi.
I film i
quest’anno mescolano registi affermati e giovani esordienti, tematiche e generi
differenti così da fornire un’immagine attuale dell’Italia in tutta la sua
molteplicità e vitalità. I film di CINEMA! ITALIA! raccontano le ansie
individuali e collettive, ma allo stesso tempo mettono in scena la scelta dei
protagonisti di reagire e impegnarsi, superando ostacoli e incontrando
solidarietà inaspettate. Le pellicole di quest’anno sono centrate in
particolare sulla prospettiva femminile, visto che ben quattro film su sei sono
opere di registe donne. Si spazia dalla commedia al thriller poliziesco, dal
dramma psicologico a quello storico.
Nella pellicola
Come pecore in mezzo ai lupi la regista Lyda Patitucci racconta di Stefania
(interpretata da Isabella Aragonese), poliziotta dal carattere aspro e
apparentemente impenetrabile, segnato da un passato familiare doloroso.
Incaricata di infiltrarsi in una banda internazionale di rapinatori, scopre che
uno di loro è suo fratello Bruno, con il quale ha rotto i rapporti da tempo.
Bruno è appena uscito di prigione, non ha un soldo e vuole partecipare al nuovo
colpo per ricominciare una nuova vita insieme con sua figlia Marta. Dopo anni
lontani, Stefania e Bruno si ritrovano improvvisamente uno di fronte all’altra,
in ruoli opposti e obbligati a mantenere il segreto che li lega: vecchie ferite
riemergono e i due saranno costretti a compiere delle scelte che li metteranno
a dura prova.
Bianca (Barbara
Ronchi) è la protagonista di Dieci minuti di Maria Sole Tognazzi, per la
sceneggiatura di Francesca Archibugi, sulla base del romanzo di Chiara Gamberale
Per dieci minuti. Quando il marito improvvisamente la abbandona, dopo quasi
vent’anni di matrimonio, Bianca cade dalle nuvole: non si era mai accorta di
nulla, né dell’infelicità del suo compagno di vita, né della sua relazione con
un’altra donna. Bianca precipita in uno stato depressivo da cui cerca di
tirarla fuori una psicologa (Margherita Buy) dai modi burberi, che le propone
un esercizio: fare per dieci minuti ogni giorno una esperienza nuova, osando
quello che non aveva mai pensato di esser capace di fare. Bianca, dopo esser
stata licenziata dal giornale per cui lavorava, decide di mettersi alla prova
con esiti sorprendenti.
In Primadonna di
Marta Savina la protagonista si chiama Lia (Claudia Gusmano), ragazza di 21
anni nella Sicilia degli anni Sessanta. Lavora in campagna col padre, è bella,
caparbia e riservata, ma sa il fatto suo. Il suo sguardo fiero e sfuggente
attira le attenzioni del giovane Lorenzo Musicò, figlio del boss del paese.
Quando Lia lo rifiuta, l’ira di Lorenzo non tarda a scatenarsi e il ragazzo si
prende con la forza quello che reputa di sua proprietà. Ma Lia fa ciò che
nessuno si aspetterebbe mai: rifiuta il matrimonio con Lorenzo, come imporrebbe
la tradizione, e sfidando la legge che sta dalla parte dell’uomo aggressore,
denuncia Lorenzo.
Giovanni Veronesi
in Romeo è Giulietta racconta di Vittoria (Pilar Fogliati), attrice colpevole
di avere spacciato per proprio un testo teatrale e per questo accusata di
plagio. Federico Landi Porrini, un regista geniale ma intrattabile interpretato
da Segio Castellitto, ha disperatamente bisogno di un successo per tornare in
auge e spera di ottenerlo mettendo in scena un Romeo e Giulietta originale.
Invano Vittoria si presenta per la parte di Giulietta, ma viene respinta
malamente dal regista e allora decide di rendergli pan per focaccia,
travestendosi da uomo e proponendosi per il ruolo di Romeo. Inaspettatamente il
regista viene conquistato da quel Romeo sui generis e Vittoria tace l’inganno.
All’esordio come
regista, la nota attrice Margherita Buy presenta il film Volare in cui si
tratta della paura di volare che attanaglia Anna Bettini (interpretata dalla
stessa Margherita Buy), un’attrice di talento che potrebbe aspirare al successo
internazionale. Anche l’occasione della sua vita, un ruolo in un film coreano,
si sgretola miseramente di fronte al terrore di salire su un aereo. Così Anna
si ritrova a interpretare per la quinta stagione una popolare e un po’ insulsa
serie tv. Intanto l’amata figlia decide di studiare in una prestigiosa università
della California, e questo evento segna il punto di svolta. Quando la figlia
chiede ad Anna di accompagnarla in America e la madre acconsente, non resta
altro da fare che iscriversi a un corso per superare la paura di volare.
Il programma di
CINEMA! ITALIA! è completato da un omaggio al grande regista Federico Fellini e
all’attrice Giulietta Masina. Il film Giulietta degli spiriti, del 1965, è
stato il primo lungometraggio a colori del regista riminese. Vi racconta di
Giulietta, una signora dell’alta borghesia romana che trascorre le vacanze
estive in una lussuosa villa sul mare, dove, con il marito Giorgio e alcuni
amici, organizza una festa per celebrare il quindicesimo anniversario di
matrimonio. Il loro legame però vacilla: Giorgio coltiva un nuovo amore e
Giulietta sente il mondo entrare in crisi. Sua madre si preoccupa soltanto del
proprio aspetto, mentre le sorelle sono vacue e superficiali: Giulietta non ha
nessuno con cui confidarsi. Intanto un investigatore le fornisce le prove
inconfutabili del tradimento del marito. Alla ricerca di uno sfogo, Giulietta
cede dapprima alle lusinghe di una vicina, Susy, che la introduce in un mondo
di piacere, vizioso e falso, ma poi, con terrore, se ne ritrae e, finalmente,
trova la forza di lasciar uscire il marito dalla sua vita.
I film
dell’edizione 2024:
Primadonna – Das
Mädchen von morgen (2023) di Marta Savina
Come pecore in
mezzo ai lupi / Schaf unter Wölfen (2023) di Lyda Patitucci
Dieci minuti /
Zehn Minuten (2024) di Maria Sole Tognazzi
Romeo è Giulietta
/ Romeo ist Julia (2024) di Giovanni Veronesi
Volare / Fliegen
(2024) di Margherita Buy
Giulietta degli
spiriti / Julia und die Geister (1965) di Federico Fellini.
* Calendario delle
proiezioni
* • 26.09 – 02.10
Stoccarda
* • 26.09 – 02.10
Würzburg
* • 03.10 – 09.10
Wiesbaden
* • 03.10 – 09.10 Lich
* • 10.10 – 16.10 Brema
* • 05.10 – 16.10 Reutlingen
* • 10.10 – 16.10 Mannheim
* • 14.10 – 27.10 Augsburg
* • 17.10 – 30.10 Monaco
* • 31.10 – 06.11 Bonn
* • 31.10 – 06.11 Kiel
* • 07.11 – 13.11 Halle
* • 07.11 – 13.11 Darmstadt
* • 07.11 – 13.11 Karlsruhe
* • 14.11 – 20.11 Münster
* • 14.11 – 20.11
Lubecca
* • 14.11 – 20.11
Regensburg
* • 21.11 -27.11
Gottinga
* • 21.11 – 27.11
Bamberga
* • 21.11 – 27.11
Marburgo
* • 22.11 – 11.12
Francoforte
* • 28.11 – 04.12 Dresda
* • 28.11 – 04.12 Saarbrücken
* • 28.11 – 04.12 Norimberga
* • 28.11 – 08.12 Belefeld
* • 05.12 – 11.12 Friburgo
* • 05.12 – 11.12 Lipsia
* • 05.12 – 13.12
Kassel
* • 05.12 – 11.12
Heidelberg
* • 12.12 – 18.12
Hannover
* • 12.12 – 18.12
Berlino
(Gherardo Ugolini,
CdI sett)
Israele promette altri attacchi contro Hezbollah in Libano
Nonostante i
ripetuti appelli alla moderazione da parte della comunità internazionale,
l’escalation militare tra l’esercito israeliano e i potenti Hezbollah libanesi,
sostenuti dall’Iran, è proseguita senza sosta negli ultimi giorni, facendo
temere una spirale incontrollabile.
L’esercito
israeliano ha bombardato gli obiettivi di Hezbollah nel sud e nell’est del
Libano e ha dichiarato che altri attacchi sono in arrivo, avvertendo i libanesi
di stare alla larga nonostante gli appelli internazionali alla moderazione. I
bombardamenti israeliani hanno ucciso più di 180 persone e sono stati di gran
lunga i più letali in quasi un anno di scambi di fuoco ai margini della guerra
a Gaza. Israele ha dichiarato che sono stati presi di mira più di 300 siti di
Hezbollah in decine di attacchi. Gli attacchi hanno preso di mira il sud, in
particolare la periferia della città costiera di Tiro, e il Libano orientale,
rilasciando densi getti di fumo, secondo quanto riferito da corrispondenti e
testimoni dell’AFP.
In risposta,
Hezbollah ha dichiarato di aver preso di mira tre siti nel nord di Israele, tra
cui strutture di produzione militare. “In risposta agli attacchi nemici
israeliani che hanno preso di mira il sud e le aree della Bekaa”, i combattenti
di Hezbollah hanno bombardato due postazioni militari nel nord di Israele e i
“complessi industriali della difesa Rafael” a nord della città di Haifa, ha
dichiarato il gruppo in un comunicato. Hezbollah ha promesso di continuare ad
attaccare Israele “fino alla fine dell’aggressione a Gaza”.
Secondo un
funzionario locale, centinaia di libanesi sono fuggiti dalle zone bombardate in
preda al panico. Centinaia di auto che trasportavano famiglie sono rimaste
bloccate negli ingorghi a Saida, la principale città del sud, secondo i
fotografi dell’AFP. L’esercito ha aggiunto che stava ampliando la portata dei
suoi bombardamenti e che nuovi attacchi “su larga scala” avrebbero preso di
mira la valle della Bekaa, una roccaforte di Hezbollah nel Libano orientale.
L’esercito ha invitato i suoi abitanti a stare lontani dai depositi di armi del
movimento islamista, dopo aver rivolto lo stesso appello alla popolazione del
sud.
Il portavoce
militare israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha lanciato un appello
alla popolazione libanese, invitandola a evitare potenziali obiettivi legati a
Hezbollah, poiché gli attacchi “continueranno nel prossimo futuro”. Hagari ha
dichiarato che le forze armate israeliane “si impegneranno in attacchi (più)
estesi e precisi contro gli obiettivi terroristici che sono stati inseriti in
tutto il Libano”. Ha esortato i civili “ad allontanarsi immediatamente dal
pericolo per la propria sicurezza”.
Hezbollah, una
potente forza politica e militare in Libano, afferma di agire a “sostegno” di
Hamas. In vista dell’Assemblea generale annuale, il capo delle Nazioni Unite
Antonio Guterres ha messo in guardia dal rischio che il Libano diventi “un’altra
Gaza” e ha affermato che è “chiaro che entrambe le parti non sono interessate a
un cessate il fuoco”.
L’agenzia
ufficiale libanese National News Agency ha riferito di “più di 80 attacchi
aerei in mezz’ora”, che hanno colpito il Libano meridionale, nonché di “intensi
raid” nella Valle della Bekaa, a est, dove è stato ucciso un pastore. Hezbollah
ha dichiarato che uno dei suoi combattenti è stato ucciso, ma non ha fornito
dettagli. Il primo ministro libanese, Najib Mikati, ha denunciato “un piano per
distruggere” il suo Paese, dove gli ospedali sono stati messi in allerta nel
sud e nell’est per far fronte all’afflusso di feriti, mentre le scuole sono
state chiuse per due giorni in diverse regioni. Gli attacchi israeliani “su
località e villaggi del sud” hanno causato “182 morti e 727 feriti”, tra cui
“bambini, donne e soccorritori”, secondo il Ministero della Sanità libanese. Le
esplosioni intorno a Baalbek, nella parte orientale, hanno provocato lampi di
fuoco e hanno fatto salire il fumo in cielo.
Evacuare
rapidamente in Libano
La casalinga Wafaa
Ismail, 60 anni, del villaggio di Zawtar, nel sud del Libano, ha dichiarato:
“Dormiamo e ci svegliamo sotto i bombardamenti… Ecco cosa è diventata la nostra
vita”. I residenti e i media locali hanno detto che gli attacchi hanno colpito
anche la periferia della città costiera di Tiro. La NNA ha detto che i libanesi
hanno ricevuto messaggi telefonici da Israele che dicevano loro di “evacuare
rapidamente”.
Il primo ministro
israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele ha inferto “una serie
di colpi a Hezbollah che non avrebbe mai potuto immaginare”. Il vice capo di
Hezbollah, Naim Qassem, ha dichiarato che il gruppo si trova in una “nuova
fase, ovvero una resa dei conti aperta” con Israele, ed è pronto a “tutte le
possibilità militari”. Entrambi hanno parlato dopo che gli attacchi
missilistici sul nord di Israele hanno costretto gli israeliani a cercare
riparo e hanno causato danni nella zona di Haifa, una delle principali città
sulla costa settentrionale di Israele.
“Nessun Paese può
tollerare attacchi ai propri cittadini”, ha dichiarato Netanyahu, mentre
Israele rivolge la sua attenzione a Hezbollah. Dall’inizio degli scambi quasi
quotidiani al confine, in ottobre, centinaia di persone sono state uccise in
Libano, soprattutto combattenti, e decine in Israele e sulle alture del Golan
annesse. Decine di migliaia di persone da entrambe le parti sono fuggite dalle
loro case e i leader israeliani affermano che stanno cercando di garantire che
i loro cittadini possano tornare in sicurezza.
Un funzionario
militare israeliano, che non può essere ulteriormente identificato in base alle
regole militari, ha delineato gli obiettivi dell’operazione militare, che al
momento è solo una “campagna aerea”. Il primo obiettivo è “degradare le
minacce” di Hezbollah. Il secondo è quello di respingerli dal confine e
l’obiettivo finale è quello di distruggere le infrastrutture costruite vicino
al confine dalla Forza Radwan d’élite di Hezbollah.
Appello al cessate
il fuoco
Le potenze
mondiali hanno implorato entrambe le parti di ritirarsi dall’orlo di una guerra
totale. Il primo ministro libanese Najib Mikati ha esortato le Nazioni Unite e
i “Paesi influenti” a scoraggiare quello che ha definito il “piano distruttivo
di Israele che mira a distruggere villaggi e città libanesi”.
Il Presidente
degli Stati Uniti Joe Biden, il cui Paese è il principale fornitore di armi di
Israele, ha dichiarato che la sua amministrazione “farà tutto il possibile per
evitare che scoppi una guerra più ampia”. La Russia ha espresso “estrema
preoccupazione” per la minaccia di un’escalation. L’Unione Europea e la Gran
Bretagna hanno sottolineato la necessità di un cessate il fuoco e la Cina ha
esortato i propri cittadini a lasciare Israele.
Nonostante le
sofisticate difese aeree israeliane, i razzi di Hezbollah hanno raggiunto
Kiryat Bialik, vicino ad Haifa, lasciando un edificio in fiamme, un altro pieno
di schegge e veicoli inceneriti nel fine settimana.
Decimata la
leadership d’élite
Secondo gli
analisti, la settimana scorsa Hezbollah ha subito un duro colpo. Gli attacchi
mortali hanno preso di mira le sue comunicazioni e decimato la leadership della
sua unità d’élite, anche se la sua capacità di combattere non è stata
distrutta.
Un attacco aereo
israeliano nella roccaforte meridionale di Hezbollah a Beirut, venerdì 20
settembre, ha ucciso il comandante della Forza Radwan, Ibrahim Aqil. Il
ministero della Sanità libanese ha dichiarato che l’attacco ha ucciso 45
persone, tra cui molti civili e altri comandanti di Hezbollah. L’attacco di
Beirut è avvenuto dopo che le esplosioni coordinate di dispositivi di
comunicazione hanno ucciso 39 persone e ne hanno ferite quasi 3.000, con
Hezbollah che ha incolpato Israele. Hezbollah ha dichiarato di aver preso di
mira con razzi le strutture di produzione militare israeliane e una base aerea
nella zona di Haifa come “risposta iniziale”.
Il ministro degli
Esteri egiziano Badr Abdelatty ha dichiarato all’AFP che la tensione tra
Israele ed Hezbollah “influisce negativamente” sugli sforzi per il cessate il
fuoco a Gaza, in quanto c’è una “mancanza di volontà politica da parte
israeliana“. L’Egitto ha cercato per mesi, insieme al Qatar e agli Stati Uniti,
di mediare un cessate il fuoco.
L’attacco di Hamas
contro Israele del 7 ottobre ha provocato la morte di 1.205 persone, per lo più
civili, secondo un conteggio dell’AFP basato su dati ufficiali israeliani che
includono gli ostaggi uccisi in cattività. Dei 251 ostaggi sequestrati dai
militanti, 97 sono ancora detenuti a Gaza, tra cui 33 che secondo l’esercito
israeliano sono morti. L’offensiva militare di rappresaglia di Israele ha
ucciso almeno 41.431 persone a Gaza, la maggior parte delle quali civili,
secondo i dati forniti dal ministero della Sanità del territorio gestito da
Hamas. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto l’attendibilità delle cifre. AffInt
23
Le minacce nucleari di Medvedev
Sembra che all’ex Presidente russo Medvedev non sia stato affidato altro
incarico che quello di minacciare l’uso dell’arma nucleare nel contesto della
guerra in Ucraina: è dall’inizio del conflitto che non cessa di abbaiare e
impaurire il mondo evocando tale terribile opzione. Da ultimo, ha dichiarato
che Kyiv potrebbe essere trasformata in “una macchia grigia fusa” se venissero
meno le restrizioni sull’uso delle armi fornite dall’Occidente. È difficile
pensare a una minaccia più esplicita. Anche se Medvedev non ha in mano le
chiavi della politica strategica russa, egli riveste un incarico di relativo
rilievo nella nomenklatura moscovita essendo il numero due di Putin in seno al
Consiglio di Sicurezza della Federazione.
Visto il suo trascorso politico ed internazionale, egli non può non sapere
che le sue esternazioni costituiscono una violazione delle norme
internazionali. La norma più basilare infranta, come rilevato anche dalla
Presidente Meloni nel suo recente intervento all’ONU, è la stessa Carta delle
Nazioni Unite, che all’articolo 2 proibisce l’uso e la minaccia dell’uso della
forza contro l’integrità territoriale di un altro stato membro dell’ONU. La
Carta non parla espressamente di armi nucleari, che al momento della creazione
dell’ONU non esistevano, ma non è indubbio che la proibizione citata si estenda
anche alla minaccia nucleare. Ancora più esplicita, per quanto si riferisce
alla Russia, è la violazione del cosiddetto Memorandum di Budapest del 1994
(registrato come documento ufficiale dell’ONU) con cui Mosca si fece
addirittura garante, assieme a Usa e Regno Unito, dell’integrità territoriale e
indipendenza politica dell’Ucraina in cambio della rinuncia di quest’ultima
alle armi nucleari dell’ex Unione Sovietica dislocate sul proprio territorio.
Medvedev non può ignorare, inoltre, che il suo paese, insieme agli altri
quattro stati cui viene concesso di possedere l’arma nucleare (Cina,
Francia,Regno Unito, Usa), i cosiddetti N5, si impegnò nel 1995 a non impiegare
l’arma nucleare contro quegli stati che avevano rinunciato all’arma atomica ai
sensi del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP). Tra questi figura
anche l’Ucraina che, al momento dell’indipendenza, accettò, su insistenza della
Russia e degli stessi occidentali (i quali allora collaboravano amichevolmente
con Mosca), di rinunciare alle armi nucleari che si trovano sul proprio
territorio in cambio della garanzia che essa non sarebbe stata attaccata con
armi nucleari.
Le minacce di Medvedev di “asfaltare” un’intera capitale rappresentano
quindi una doppia violazione: quella della Carta dell’Onu e quella del diritto
umanitario. La comunità internazionale non può tollerare che la Russia, oltre a
impiegare la forza contro l’Ucraina, ricorra anche alla minaccia nucleare,
anch’essa una forma di impiego nucleare. È appena stata inaugurata la 79ma
sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU. L’Europa deve cogliere l’occasione
per riaffermare con forza durante questa sessione l’inammissibilità dell’uso e
della minaccia dell’uso dell’arma nucleare nella guerra in Ucraina e per
promuovere una condanna collettiva delle minacce nucleari che sono state
effettuate in tale contesto.
Carlo Trezza, AffInt 30
In Italia è
complicato vivere. Lo ammettiamo. Questa, in definitiva, è la risultante di una
situazione, non solo politica, che andrà avanti ancora per molto. Che cosa
accadrà nel Bel Paese? Tutti ci siamo resi conto che la “politica” dei partiti
è ben differente da quella “economica” che dovrebbe ridare linfa all’Italia.
Prima dell’estate, rivedere la situazione, nel suo complesso, rappresenterà,
quindi, una regola per tentare d’uscire da un ginepraio che ha spiazzato tutti.
Sempre che la Pace ritorni nel mondo. L’Italia ha un sistema economico “libero”
all’interno che, però, si presenta maggiormente esposto alla “speculazione”
internazionale. Altra nota: si dovrebbe tutelare maggiormente la produttività
con un criterio di più ampio mercato che, invece, resta “limitato”. Che certe
regole, da noi, non siano rispettate si evince anche dal numero di simboli
elettorali, che interferiscono nello scacchiere politico italiano. Anche se
qualcuno sarà ricusato, resteranno sempre troppi. Almeno per un Paese dove
vivere alla giornata, è sempre più difficile e far fronte ai propri impegni
spesso impossibile.
Oggi le imprese, piccole, medie e artigianali
chiudono i battenti per mancanza di richiesta e per un mercato che non tiene
più conto delle esigenze di chi vorrebbe andare avanti. I venti di guerra
favoriscono questa realtà. Non è lontano il giorno nel quale saranno le
“grandi” imprese a essere coinvolte. Vivere d’espedienti resta una regola.
Risparmiare è quasi impossibile. Fare delle previsioni nella Penisola rimane un
problema anche per gli economisti più considerati. Ne consegue che la ripresa
sarà lenta e con un’Italia diversa per necessità.
Per carità, non è nelle nostre corde fare
della filosofia disfattista, solo non si dovrebbe dimenticare che l’Italia è
parte di un’UE della quale ha accettato, nel bene e nel male, le regole. Il
bilancio pubblico è sempre più “pesante” e le iniziative private, quelle che
potrebbero offrire occupazione, sono intralciate da opercoli che fanno
preferire non “rischiare”. Certo è che i “lacci” economici potrebbero essere
districati politicamente solo se avremo le capacità d’impegnarci anche sotto il
profilo socio/economico. Giorgio Brignola, de.it.press
Ancora una volta,
dopo l’ennesimo scandalo politico, che questa volta ha coinvolto un ministro
del governo Meloni, chiaro segnale dell’impasse in cui è venuto a trovarsi di
recente l’Esecutivo, televisione e giornali sono tornati a parlare delle élites
immutabili, eterno problema del nostro Paese con due diverse analisi
dell’attuale quadro politico.
La prima si
sofferma sull’imborghesimento e sul conseguente distacco della sinistra dalla
sua base tradizionale; la seconda analizza il sentimento di ostilità e
malcelata rivolta di vasti strati dell’elettorato contro le élites,
identificate con la globalizzazione, il multiculturalismo, l’immigrazione, il
politicamente corretto. Entrambe le analisi evidenziano un sempre più diffuso
sentimento di avversione verso una ristretta cerchia di persone in grado di
condizionare la politica, che porta come riflesso condizionato al populismo.
I governi a forte
impronta popolare e quanti hanno soldi e potere naturalmente confliggono, ma la
storia che ha approfondito questo antagonismo ha anche chiarito come le moderne
società non possono funzionare senza questi gruppi di potere, definiti élites,
purché non siano del privilegio o della nascita, ma del merito.
Purtroppo non è il
caso del nostro Paese. Infatti negli ultimi trent’anni, complici tre fattori
come il ristagno economico, la cronica mancanza di sviluppo del Mezzogiorno, la
crisi sistematica del nostro sistema scolastico e universitario, aggravato oggi
come non mai dalla recente pandemia, nessun ricambio significativo c’è stato,
anzi le cosiddette élites, hanno manifestato un carattere sempre più
ereditario.
Ovunque il titolo
preferenziale per accedere al pubblico impiego o ad altri settori non è una
laurea o i meriti acquisiti nel campo lavorativo, ma l’appartenenza ad una
precisa classe sociale, quindi è un titolo ereditario-familiare. E ciò accade
nelle università, nella magistratura, nella diplomazia e via discorrendo.
Bisogna anche dire
che non sempre il merito è assente, ma è sempre più presente la possibilità di
affermarlo solo se le condizioni familiari di partenza lo consentono; sovente
esse sono il solo titolo preferenziale.
In questa disamina
va però ricordata l’antica avversione, tutta italiana, per la competizione e la
trasparenza, unita all’altrettanto antica disposizione a privilegiare le
relazioni sociali sulle competenze, a totale svantaggio degli strati
piccolo-borghesi e meno favoriti dal benessere, e a vantaggio, invece, degli
strati più alti della società consentendo ai più capaci e intelligenti di
guidare per oltre trent’anni il nostro Paese.
Il risultato non
ci conforta, perché sempre meno possiamo contare su quella risorsa
rappresentata dalla brillante genialità italiana, così spesso presente nella
nostra storia. Da quanto finora rilevato, deriva la natura sostanzialmente chiusa,
iperomogenea, autoreferenziale di questi gruppi di potere, con tre
caratteristiche che sono: a) l’età avanzata, b) la scarsa presenza di donne, c)
la provenienza ideologica di centro-sinistra, requisito indispensabile
quest’ultimo per essere ammessi ai vertici della politica.
In ultimo,
conformismo, carrierismo, ostilità ad ogni cambiamento, riluttanza a prendere
decisioni importanti o impopolari. In sintesi, ci troviamo di fronte ad
un’oligarchia vera e propria. E questo spiega il vasto sentimento di avversione
che oggi, come ieri, suscita in molti. Angela Casilli, dip 16
False amicizie? Consigli pratici per riconoscerle
Importanza
dell’amicizia e caratteristiche
L’amicizia svolge
un ruolo cruciale per il benessere psicologico dell’essere umano, in quanto
fornisce un contesto sicuro per esprimere le proprie emozioni e i propri
pensieri e soddisfa i bisogni fondamentali di connessione sociale, accettazione
e appartenenza.
Ci sono moltissime
tipologie di amicizia: di lunga data, di brevi periodi, profonde, superficiali,
per convenienza… ed esistono moltissime altre sfumature che possono connotare
il tipo di rapporto amichevole tra due persone.
Al di là delle
distinzioni, ogni amicizia è unica, poiché è costruita in base a una relazione
interpersonale tra due individui altrettanto unici.
Nelle amicizie
salutari, fiducia reciproca, affetto, sincerità e complicità rappresentano i
pilastri.
Un amico può
diventare un vero e proprio compagno di vita. L’intimità emotiva che si
instaura in una relazione con un amico offre una preziosa risorsa di supporto e
comprensione, soprattutto per i momenti di crisi e di stress, riducendo il
senso di solitudine e promuovendo l’autenticità e l’autostima.
Un amico può anche
fungere da “specchio emotivo”, aiutandoci a riflettere su ciò che ci succede e
convalidando le nostre esperienze.
Inoltre, un legame
sicuro e affidabile con un amico può contribuire allo sviluppo di abilità
sociali cruciali e di qualità personali come l’empatia e la capacità di
risolvere i conflitti in modo costruttivo.
Cos’è una falsa
amicizia?
Purtroppo, a volte
ci si imbatte in delle persone che si mostrano amiche ma in realtà non lo sono,
poiché nascondono degli interessi egoistici, opportunisti e manipolatori. In
questi casi, si parla di falsa amicizia, cioè una relazione superficiale che
manca di autenticità, interesse, e reciprocità genuina.
Le false amicizie
spesso sono motivate da un interesse personale piuttosto che da un vero legame emotivo.
Possono esserci addirittura dei tentativi di manipolazione, con l’uso di
comportamenti finalizzati a sfruttare, controllare o influenzare l’altro, per
ottenere un vantaggio personale.
Le false amicizie
possono comportare comportamenti davvero tossici come l’abuso emotivo, la
critica costante o il sabotaggio degli obiettivi personali, risultando
potenzialmente molto dannose per il benessere emotivo o psicologico di una
persona.
Insomma, non vi è
sincerità né supporto genuino, cose che ci aspetteremmo in una vera amicizia.
Perché le persone
sono false?
Nessuno nasce
falso, cattivo o manipolatore.
Secondo gli
esperti, lo sviluppo della personalità di una persona è influenzato dalla
genetica e ancor di più dall’ambiente. Lo psicoanalista e inglese Donald
Winnicott ha creato un’interessante teoria sul “Falso Sé”.
Il falso sé
sarebbe una struttura di personalità alternativa che una persona svilupperebbe
come risorsa per farsi accettare da chi gli sta intorno. Infatti, usando il
falso sé, si modifica il proprio comportamento allontanandosi dalla propria
autenticità solo per piacere agli altri.
Questo fenomeno si
verifica soprattutto quando i genitori non accettano il loro figlio per chi è
veramente, facendolo sentire costretto a adattarsi alle loro aspettative per
mantenere il loro affetto.
Dietro un falso
amico potrebbe esserci un meccanismo psicologico simile che ha influenzato la
sua personalità.
Inoltre, in
determinate famiglie o contesti sociali, viene considerato positivo essere
astuti nel manipolare le regole e gli altri allo scopo di ottenere ciò che si
desidera e spesso viene valorizzato il cinismo, utile per il successo e il
prestigio individuale, a discapito dei legami affettivi genuini.
Una tale mancanza
dei valori come la sincerità e la spontaneità potrebbe spingere una persona a
comportarsi in maniera non autentica e ad assumere il ruolo di “falso amico”.
Tipologia di false
amicizie
Possiamo
distinguere diversi tipi di false amicizie. Ecco le principali:
• Amicizie
opportunistiche: si basano sull’interesse personale di uno dei due individui.
Un esempio è quando una persona si avvicina ad un’altra per ottenere un favore
o per accrescere il suo status sociale, senza alcun interesse per il benessere
dell’altro.
• Amicizie
tossiche: in queste relazioni, il falso amico esercita un’influenza negativa
sull’altro, o entrambi lo fanno reciprocamente, utilizzando comportamenti
manipolativi, facendo critiche costanti, abusi emotivi o scenate di gelosia,
che possono minare l’autostima e il benessere personale dei coinvolti.
• Amicizie
competitive: sono caratterizzate da una costante competizione tra i due, aperta
o camuffata, dall’assenza di supporto reciproco e dall’invidia, soprattutto
negli aspetti riguardanti il raggiungimento di obiettivi e successi personali.
• Amicizie
superficiali: si caratterizzano per la mancanza di profondità emotiva e
condivisione sincera, per esempio quando non vengono dette delle informazioni
rilevanti al contesto o quando non c’è disponibilità per offrire supporto
emotivo.
• Amicizie
temporanee: si formano su basi circostanziali o superficiali, come ad esempio
essere compagni di scuola o colleghi di lavoro. Non si tratta di relazioni
necessariamente dannose, ma sicuramente non di vere amicizie, dato che una
volta che la situazione che ha dato origine all’amicizia cambia o finisce, il
rapporto si dissolve, mostrando un’assenza di connessione tra le persone
coinvolte.
Campanelli
d’allarme che ci fanno capire di essere di fronte ad un’amicizia falsa
Esistono diversi
campanelli d’allarme che possono segnalare dei comportamenti falsi,
permettendoci di capire che la persona che ci troviamo di fronte non è
totalmente sincera.
Se pensi di potere
avere a che fare con un falso amico, ecco gli elementi da ricercare per
confermarlo:
• Non si preoccupa
di te e quando hai bisogno cerca delle scuse per non esserci. È una persona
opportunista e concentrata solo su sé stessa e, sebbene possa essere presente
quando lui/lei stesso/a ha bisogno, tende a sparire quando mostri delle
debolezze o chiedi aiuto. Infatti, non si fa mai sentire, a meno che non
necessiti qualcosa che tu puoi dargli.
• È egocentrico/a.
Pensa che tutto il mondo ruoti attorno a lui/lei. Non riesce ad ascoltare né a
creare una connessione empatica. Inoltre, ama farsi desiderare, ricercando
costantemente attenzioni per soddisfare il proprio ego.
• Ti mette in
imbarazzo. Usa l’ironia e gli scherzi in modo pesante, sia in modo sottile, per
esempio facendo complimenti ambigui, sia umiliandoti apertamente, mettendoti in
ridicolo o deridendoti davanti agli altri, senza mai chiedere scusa anche se
vede che ti ha ferito.
• È invidioso e
critica sempre. Cerca di nascondere la sua invidia, ma non ti aiuta a
conquistare i tuoi traguardi e cerca persino di boicottare la tua felicità,
sentendosi in costante competizione con te. Mette in dubbio ogni tuo
comportamento, idea o scelta e ti critica per tutto, con un atteggiamento
sempre giudicante e mai costruttivo, e non si mostra mai felice per te,
cercando di sminuire la tua autostima.
• Non mantiene i segreti
e ti mette gli altri contro. Rivela le tue confidenze agli altri e le divulga
senza scrupoli, per spettegolare o creare litigi di proposito.
• Mostra
aggressività. Può essere aggressivo/a in modo esplicito o assumere un
atteggiamento passivo-aggressivo, facendoti sentire male in tutti i modi ma
senza dire chiaramente cosa è che lo infastidisce.
• Ti risucchia
tutte le energie e ti contagia con la sua energia. Prende per sé tutto lo
spazio e il tempo, senza preoccuparsi della tua capacità di ascolto e delle tue
necessità. Se è di mal umore, lo trasmette anche a te. Inoltre, esercita
pressioni per ogni cosa (per esempio, convincendoti in tutti i modi a fare,
dire o pensare qualcosa) al punto di lasciarti sfinito/a ogni volta che passate
del tempo insieme.
• Fa il/la
melodrammatico/a. È come una spirale negativa che risucchia tutto e tutti.
Trasforma ogni cosa in un dramma, come se volesse sempre vivere in una bolla di
negatività e portarvici dentro chiunque gli sia intorno.
• Sorride e fa
il/la sarcastico/a. Con il suo sorriso forzato e disonesto stampato in faccia,
cerca di compiacere gli altri usando l’espressione non verbale come una
strategia adattativa. Usa il sarcasmo e il cinismo con ironia, ma mai verso sé
stesso/a e sempre per sminuire gli altri.
• Non è coerente.
Non ha dei valori reali a cui attenersi e manca di coerenza, passando
velocemente da un contesto all’altro e da un’opinione all’altra, cercando di
mostrarsi capace in tutto e sempre presente, ma senza mai dedicarsi pienamente
ad alcuna causa o progetto.
• È superficiale,
materialista e non impara dai suoi errori. Si preoccupa solo di collezionare
oggetti, successi o conoscenze, per mostrare agli altri il suo valore. Bada
solo all’apparenza e non gli interessa migliorarsi come persona. Spesso, prova
rancore e si concentra sulla vendetta o sul senso di orgoglio superiorità, per
dimostrare che gli altri sono inferiori e falliti mentre lui/lei è perfetto/a.
Mancando di umiltà, non impara mai dai suoi errori, che sono sempre attribuiti
alla “colpa di qualcuno”.
Tutti questi campanelli
di allarme rivelano una persona con delle insicurezze profonde, che preferisce
non avere a che fare con le proprie debolezze. Si tratta di comportamenti
tipici di persone con tratti di personalità narcisistici o con disturbo di
personalità narcisistico.
È sicuramente
meglio stare alla larga da una persona con queste caratteristiche, visto che,
con moltissime tecniche, come il ricatto emotivo o la critica costante,
tratterà sempre di raggirarti per ottenere dei vantaggi personali.
Come scoprire se chi
ci è vicino è davvero nostro amico e consigli
Riconoscere e
allontanarsi da false amicizie può essere difficile ma è davvero importante per
il proprio benessere emotivo. Infatti, saper identificare la tossicità di
un’amicizia è la migliore arma di difesa contro i tentativi di manipolazione e
i potenziali danni psicologici.
Un amico autentico
è spontaneo, genuino e sincero. Una persona falsa cerca sempre di ottenere
qualcosa, è bugiarda, egocentrica e non offre un supporto sincero. Alcuni
possono essere bravi a fingere, adottando la maschera del buon amico e usando
strategie manipolative subdole.
Se hai dei dubbi
sul fatto che una persona che ti sta vicino sia davvero un amico, ricerca in
lui/lei i campanelli d’allarme elencati nel paragrafo precedente. Ti ha
dimostrato un sostegno sincero nei momenti di bisogno? Ha mai agito in maniera
non rispettosa? Capita che ti faccia sentire male o giudicato per i tuoi
comportamenti o scelte? Qualcosa ti dice che ha dei secondi fini personali?
Ascolta il tuo istinto e abbi fiducia in te stesso/a.
Gestire una
persona falsa non è facile. Se credi di avere a che fare con una persona di
questo tipo, cerca di rimanere lucido e distaccato. Non fidarti e non cadere
nella sua rete di bugie. Ascolta te stesso/a e metti al primo posto i tuoi
bisogni. A poco a poco, cerca delle nuove attività da fare senza quella persona
e lascia indietro quell’amicizia. Abbandonare le amicizie false è sempre la
strategia migliore per la propria salute mentale.
Se ti senti
intrappolato in una situazione con un falso amico da cui non riesci a uscire, o
non riesci a capire se una persona che ti sta accanto ti sta manipolando o no,
non esitare a cercare un supporto professionale con uno psicologo, che potrà
aiutarti a fare chiarezza sulla situazione, a mettere in primo piano i tuoi
bisogni più profondi e, se il caso, ad affrontare al meglio la fine di questa
“amicizia”. Claudia Bassanelli, CdI sett.
Inutile fare finta
di nulla. Il sentore di una crisi politica c’è. Nonostante la Pandemia e una
recessione economica assai grave. Le
poche, “esternazioni” non hanno contribuito a migliorare il processo involutivo
che ci coinvolge. Le polemiche, ora, non servono e potrebbero ricadere su chi
le utilizza. I problemi nazionali restano evidenti. Come a scrivere che la
politica nazionale è priva d’iniziative valide.
Ci sono, ancora, troppe incoerenze da
eliminare e concessioni da ridimensionare. Vivere nel Bel Paese è difficile.
A questo punto,
con molta obiettività, non siamo in grado di fare delle previsioni. Il
“cambiamento”, comunque, dovrà esserci. Il ventiduesimo anno del nuovo
millennio potrebbe essere quello della “rinascita” nazionale.
Anche il
“meccanismo” politico subirà modifiche. Gli effetti avranno il loro ruolo anche
su un’economia che ne ha estremo bisogno. Non c’è sfuggito che, accanto ad una
crisi economica più che evidente, s’è fatta strada uno scombussolamento dei
partiti che, per altro, era ipotizzabile. Entro fine anno, i nodi dovranno
arrivare al pettine. Il nostro “sistema” si basa su tre presupposti: Chiarezza,
Onestà e Programma. Almeno, se ne prediliga uno su tre.
Giorgio Brignola,
de.it.press
Referendum Cittadinanza: superato il mezzo milione di firme. Importante
segnale sociale e politico.
Lo straordinario
risultato delle 500mila firme raggiunte e superate oggi per la presentazione
del Referendum sulla Cittadinanza non segnala ancora un cambiamento di fase
nella considerazione dei diritti dei cittadini immigrati nel nostro paese: per
questo bisognerà attendere il risultato del voto nel 2025, dopo che la Consulta
si sarà espressa sulla sua ammissibilità.
Ma al momento
indica che il paese è nettamente più avanti di chi lo rappresenta, non solo
nella maggioranza di governo, ma anche tra le forze di opposizione.
La raccolta di
firme è iniziata in sordina, senza alcuna significativa presa di posizione a
favore, a parte ovviamente le numerose organizzazioni sociali e le poche e
piccole forze politiche che lo hanno sostenuto fin dall’inizio.
La raccolta di
firme è iniziata il 6 settembre. Dopo una settimana, l’11 settembre, le firme
registrate erano solo poco più di 14mila.
Oscurata dai media
e dalle tv, l’iniziativa sembrava praticamente fallita. Il confronto con
l’acquisizione di firme medie giornaliere con gli altri due referendum (quello
sul lavoro e quello sull’autonomia differenziata) dei mesi scorsi, non dava
adito a speranze.
Poi, nel fine
settimana del 14 e 15 settembre le firme sono raddoppiate e dal 16 si è
assistito ad una progressione incredibile di firme giornaliere acquisite,
passando da 35mila a 60mila e così via fino alle oltre 100mila firme degli
ultimi due giorni. Ciò è avvenuto in soli 8 giorni. Oggi, ad una settimana
dalla fine della raccolta prevista per il 30 settembre è stato superato il
fatidico traguardo del mezzo milione di firme necessarie.
Come è potuto
accadere?
La questione ha
una sua rilevanza sociale e politica di cui prendere atto e su cui ragionare.
La ritrosia a
prendere posizione e a sostenere il referendum anche da parte di diverse forze
e leader politici e anche da grandi forze sociali può avere avuto una serie di
ragioni: a molti è sembrato diciamo rischioso e forse velleitario lanciare il
referendum pur con uno strettissimo tempo a disposizione per concludere la
raccolta di firme. Altri lo hanno vissuto come inopportuno rispetto alla
discussione parlamentare sullo ius scholae, peraltro arenatosi come prevedibile
sul bagnasciuga agostano. Altri ancora, probabilmente, vi hanno visto un
intralcio rispetto al già nutrito programma referendario per il 2025 costituito
dai 4 referendum sul lavoro e quello sull’autonomia differenziata.
Tutte motivazioni
con una loro legittimità e, si può anche dire, giustificate da un certo
pessimismo che aleggia nella società alla luce dei drammi che viviamo in
diretta da oltre due anni, la cui durezza non fa prevedere nulla di buono per
il mondo e per il Paese.
Ma proprio per
tutto ciò, la risposta di base che si è innescata improvvisamente su questo
referendum, guidata da migliaia di piccole/medie organizzazioni e aggregazioni
sociali e da decine di migliaia di attivisti che si sono messi all’opera
autonomamente negli ultimi 8 giorni con la performance del superamento del
mezzo milioni di firme necessarie indica che nella società esistono forze
notevoli in grado di mobilitarsi intorno a questioni ormai mature che esigono
una risposta positiva, ora, senza rimandarle ad infaticabili discussioni di cui
sono piene da anni giornali e tv senza produrre alcunché, anzi peggiorando
ulteriormente il quadro, nella fattispecie, dell’integrazione di milioni di
nostri connazionali che risiedono e lavorano da anni in Italia con i loro figli
e le loro famiglie al seguito.
Il crescendo
incredibile di firme sulla piattaforma approntata solo 3 mesi fa dal Ministero
della giustizia – dopo anni di richieste – per rendere più moderna e
accessibile l’apposizione di firme per i referendum, ha poi convinto ad
esprimersi diversi dirigenti politici e opinion leader, tuttavia sempre con una
scarsissima copertura dei maggiori media. La tv pubblica ha cominciato a
pronunciare qualcosa, a produrre qualche servizio, solo nella giornata di ieri.
Quindi questo
risultato è patrimonio comune e diffuso di una autonomia sociale presente, che
nel corso dell’ultimo decennio ha avuto già altre occasioni significative di
espressione, ma che, in particolare con i governi Draghi e Meloni, si è voluto
mettere di nuovo a tacere.
Il timore delle
forze di opposizione che non hanno aderito a questa campagna referendaria e che
in alcuni casi hanno forse provato ad ostacolarla deve fare i conti con questa
realtà che riguarda questo referendum, ma può potenzialmente riguardare anche
altre vicende sociali e politiche di primario interesse con le quali, oltre a
quelle già citate, dovremmo fare probabilmente i conti nel prossimo futuro, dal
premierato, al cosiddetto Decreto Sicurezza (DDL 1660 già approvato alla Camera
e in attesa di essere approvato al Senato) che nelle intenzioni dovrebbero
completare l’opera di restaurazione molto cara a poteri interni ed esterni nel
clima di guerra in atto che si intende protrarre per i prossimi anni, contro la
volontà della grande maggioranza delle persone e del sentimento popolare di
quasi tutti gli italiani.
Abbiamo adesso un
risultato importante e un segnale rilevante a disposizione. Non osservarlo con
la dovuta attenzione o addirittura ignorarlo vorrebbe dire mancare di sintonia
con ciò che si dovrebbe o vorrebbe rappresentare.
La relazione tra
ciò che è prevalentemente sociale e ciò che mira ad una sua rappresentanza deve
essere biunivoco, non può più concepirsi come elemento strumentale, seppure con
le migliori intenzioni. Rodolfo Ricci, FIEI 25
Coercizione
economica: nuove prospettive nelle relazioni internazionali
Le crescenti
tensioni geopolitiche e il progressivo indebolimento del sistema multilaterale
internazionale fanno da sfondo a risorgenti protezionismi in campo commerciale.
Il pendolo della storia volge verso una deriva securitaria del commercio
internazionale, tassello di uno scenario già complicato da conflitti bellici e
tensioni geopolitiche. In tale contesto, l’interdipendenza economica, paradigma
della globalizzazione, delinea un fenomeno nuovo e dal perimetro incerto: la
coercizione economica.
Coercizione, in
generale, significa obbligare a fare o non fare una cosa, tramite la minaccia o
l’uso della forza. Il soggetto che la esercita impone la sua volontà su quello
che la subisce, non privandolo del tutto della libertà di agire, ma portandolo
forzatamente a scegliere tra alternative predefinite e opzioni ridotte. Tale
modus operandi può informare l’attività diplomatica di un Paese che attraverso
politiche aggressive e intimidatorie, mira alla realizzazione di un disegno di
politica estera. La coercizione economica può dunque rappresentare un aspetto
di una più ampia “diplomazia coercitiva”, manifestandosi nello specifico, nelle
relazioni economiche e commerciali tra Paesi, quando uno Stato sfrutta
dipendenze di natura economica per controvertere scelte sovrane di un altro. La
coercizione economica attiene dunque all’altra faccia della medaglia
dell’interdipendenza economica, non più promessa di un ordine internazionale fondato
sul liberalismo economico, ma catalizzatrice dell’assoggettamento del più
debole al più potente.
Questo fenomeno ha
suscitato l’interesse dell’accademia, la cui letteratura però presenta
importanti limiti. Tra questi, l’uso interscambiabile dei termini “coercizione
economica” e “sanzioni economiche”, considerati quali sinonimi. Si tratta in
realtà di due strumenti diversi, separati dalla legalità: le sanzioni sono
legittime e gli stati possono disporne in caso di gravi violazioni del diritto
internazionale, mentre la coercizione economica implica lo sfruttamento,
illegale, di interdipendenze economiche per influenzare le scelte sovrane di un
Paese.
Il secondo limite
riguarda un’evidente etichettatura selettiva del fenomeno nei confronti della
Cina, le cui politiche commerciali predatorie sono spesso citate come esempi di
coercizione economica e fungono quali punti di partenza per lo studio del
fenomeno per se. Se da un lato è innegabile che la Cina non sia estranea al
ricorso a politiche coercitive, facendo leva sulle dimensioni della sua
economia a livello globale, dall’altro concentrarsi esclusivamente su un Paese
restituisce un’immagine parziale e dunque soggetta al rischio della
strumentalizzazione.
In controtendenza
rispetto a chi indica Pechino come principale se non esclusivo responsabile del
fenomeno, si pone l’Unione europea, che con l’Anti Coercion Instrument (ACI) si
è dotata di uno strumento per schermare i 27 Stati membri da atti o minacce di
coercizione economica di Paesi terzi ispirandosi ad un approccio
country-neutral. A tal fine l’ACI prevede un paniere di misure, principalmente
commerciali, dal quale gli Stati membri possono attingere in modo proporzionale
e bilanciato per contrastare casi accertati di coercizione. Tuttavia, il regolamento
– ad oggi un unicum nel panorama legislativo – è stato concepito principalmente
quale strumento deterrente il cui successo sarà misurato più dal suo effetto
dissuasivo che dalla sua concreta attivazione.
La disamina dei
casi ad oggi considerati quali “coercizione economica”, resa possibile dalla
sistematizzazione presentata in un paper dell’OCSE, consente di individuare
alcuni elementi fondamentali del fenomeno. Un primo caso del 2010 vede
coinvolti Giappone e Cina in una disputa diplomatica, accesa dalla collisione
di un peschereccio cinese con la guardia costiera giapponese e la successiva
detenzione del capitano. A seguito dell’incidente, Pechino sarebbe ricorsa
all’utilizzo di restrizioni all’export di terre rare (REE) dirette a Tokyo per
esercitare pressione ai fini della risoluzione della disputa. Un altro caso
riguarda Russia e Moldavia e in particolare la reazione di Mosca alla
finalizzazione nel 2013 dell’Association Agreement tra Chisinau e Bruxelles.
Con l’intensificarsi dei negoziati il Cremlino ha progressivamente imposto
restrizioni commerciali ai prodotti moldavi con l’intento di scoraggiare Chisinau
dal firmare l’accordo e di dare un assaggio delle possibili ritorsioni che
questa avrebbe comportato. Un caso più recente vede coinvolte Cina, Lituania e,
indirettamente, Taiwan, che nel 2021 decise di aprire un Ufficio di
rappresentanza con il nome di “Taiwan Representative Office” a Vilnius,
suscitando l’irritazione di Pechino. In risposta, le Autorità cinesi hanno
cessato di fornire permessi per le importazioni di prodotti alimentari lituani
e iniziato a esercitare pressioni sugli investitori stranieri attivi in
Lituania.
La casistica
succitata, assieme ad altri casi noti tra i quali uno che riguarda Australia e
Cina, consente pertanto l’individuazione dei seguenti ricorrenti elementi:
l’imposizione di costi economici per ottenere concessioni politiche tramite
l’utilizzo di strumenti di politica commerciale; lo sfruttamento delle
dipendenze economiche per costringere uno Stato a tornare sui propri passi
rispetto a una scelta presa; la particolare vulnerabilità delle economie
“export-oriented” di piccole dimensioni rispetto ai giganti del commercio
internazionale.
La messa a fuoco
su alcuni elementi che paiono fondanti e caratterizzanti il fenomeno lascia
intuire una comprensione comunque ancora limitata del fenomeno e certamente
soggetta a diverse interpretazioni. Del resto, l’essenza stessa della
coercizione economica, che trova nell’arbitrarietà e nell’opacità un suo punto
di forza, ne complica l’analisi. La coercizione economica, nutrendosi
dell’interdipendenza del commercio tra Paesi, sembra rappresentare un cavallo
di Troia nel sistema del commercio internazionale basato sulle regole (GATT e
OMC) e sulla prevedibilità di azioni e contromisure.
Alla luce della
complessità del fenomeno e del difficile contesto internazionale nel quale esso
si colloca, se da un lato la ricerca sul tema può considerarsi in una fase
ancora embrionale, dall’altro seguirne gli sviluppi può rappresentare un’utile
lente per individuare possibili traiettorie di evoluzione dei rapporti
interstatuali, in un mondo sempre più caratterizzato da confrontazioni
economiche e sempre meno ordinato da architetture multilaterali.
Osservarne gli
sviluppi dunque, guardando ad esempio in Europa a se e quando verrà attivato il
meccanismo dell’ACI, potrà essere utile a saggiare lo stato di salute del
sistema commerciale internazionale, nonché fornire una utile bussola per tutti
coloro che, praticando o studiando le Relazioni Internazionali, si muoveranno
nel nuovo (dis)ordine globale.
Nico Frandi,
assistito da Matilde Fabrizio, AffInt. 17
ROMA – E’ stata
approvata della Camera dei Deputati la proposta di legge Mulè (FI) relativa
all’istituzione della “Giornata degli internati italiani nei campi di
concentramento tedeschi durante la seconda Guerra mondiale”. Il provvedimento
passa ora all’esame del Senato. Nel corso del dibattito il relatore Giorgio
Mulè (FI) ha spiegato come questa proposta di legge voglia istituire, per la
data del 20 settembre di ogni anno, la “Giornata degli internati italiani nei
campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale”. In
proposto il relatore ha ricordato come, nel periodo che va dalla crisi
dell’estate 1943 alla cessazione della guerra, circa 800.000 italiani, militari
e civili, vennero trasferiti, in maniera coatta, nel territorio del terzo
Reich, per essere impiegati, come forza lavoro, nell’economia bellica tedesca.
“Il gruppo più numeroso, oltre 650.000, è quello degli IMI, sigla che sta per
Internati Militari Italiani, la cui storia ha inizio l’8 settembre 1943, il
giorno dell’armistizio con le forze alleate annunciato da Pietro Badoglio, capo
del Governo pro tempore. Costretti a consegnare le armi, migliaia di soldati
vennero posti di fronte a una richiesta, a un bivio: continuare a collaborare
con le truppe tedesche e con la Repubblica di Salò, costituitasi il 23
settembre, dopo la liberazione di Benito Mussolini”, ha evidenziato Mulè
ricordando che a fronte di questa scelta forzata, solo una limitata parte di
soldati accettò di aderire alla Repubblica sociale ; alcuni riuscirono a
fuggire, altri vennero uccisi durante una serie di combattimenti. “Circa 50.000
soldati, tra coloro che non accettano la collaborazione, perdono la vita nel
corso della prigionia per malattie, denutrizione, esecuzioni e bombardamenti. È
una storia tragica, è una storia sulla quale è calato l’oblio, per tanto, per
troppo tempo e che riguarda una forma di resistenza, una resistenza senza armi,
una resistenza che venne fatta nel nome degli ideali di libertà e democrazia,
su cui si poggiano le fondamenta e i pilastri della Repubblica in cui viviamo”,
ha aggiunto Mulè facendo presente che furono ben 21 i campi di concentramento
dove arrivarono nell’estate del 1943 con la divisa estiva e dai quali uscirono
con la stessa identica divisa estiva. “Sottoposti a violenze fisiche e morali
inenarrabili, delle quali è conservata traccia negli archivi, destinati al
lavoro coatto a causa del loro rifiuto, fermo ed intransigente rifiuto, di
collaborare con lo Stato nazionalsocialista e con la Repubblica sociale
italiana. La scelta della giornata del 20 settembre è stata definita tenendo
conto che, proprio in questa data, nel 1943, la Germania nazista modificò
unilateralmente per volere del Führer, di Adolf Hitler, lo status dei militari
italiani, come forma di umiliazione estrema: da prigionieri di guerra in
internati militari, cioè gli Italienische Militärinternierte”, ha continuato
Mulè precisando che la Giornata ha lo scopo di onorare la memoria di tutti i
militari italiani uccisi a causa del rifiuto di collaborare con lo Stato
nazionalsocialista e con la Repubblica sociale italiana dopo l’armistizio. Le
celebrazioni dovrebbero prevedere il coinvolgimento degli organi competenti di
province ed enti territoriali di livello equivalente, che avranno la
possibilità di promuovere e organizzare iniziative e manifestazioni pubbliche,
cerimonie pubbliche per il conferimento della medaglia d’onore ai cittadini
italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti. Il
relatore ha inoltre spiegato che si potranno, inoltre, organizzare cerimonie
pubbliche per la deposizione di una corona commemorativa presso l’Altare della
Patria in Roma, nonché incontri, dibattiti, momenti comuni di ricordo e
riflessione, ricerche e pubblicazioni. Iniziative che hanno, nel loro complesso,
lo scopo di diffondere la conoscenza del valore storico, militare e morale
della vicenda degli internati italiani, nonché il ricordo delle sofferenze
indicibili ad essi inferte, in violazione di tutte le leggi di guerra e dei
diritti inalienabili della persona e quale atto di coercizione, affinché si
trasformino in un messaggio di pace rivolto soprattutto alle giovani
generazioni. Mulè ha anche rilevato come queste iniziative intendano essere
complementari con quelle previste per la Giornata mondiale di commemorazione in
memoria delle vittime dell’Olocausto, il 27 gennaio, e l’anniversario della
liberazione d’Italia, il 25 aprile. Nel provvedimento viene inoltre
disciplinata la partecipazione dell’Associazione nazionale reduci dalla
prigionia, dall’internamento e dalla Guerra di Liberazione – la ANRP che
proprio a Roma ha un museo “Vite di IMI”, che è già meta di pellegrinaggio
civico di decine di migliaia di studenti italiani e di nostri concittadini – e
dell’Associazione nazionale ex internati (ANEI). Le attività celebrative
stabiliscono che queste associazioni partecipano alle attività sulla base di un
protocollo d’intesa con i Ministeri dell’Istruzione, dell’Università, della
Cultura, della Difesa e dell’Interno. Dal punto di vista economico dal provvedimento
non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e le
amministrazioni interessate che provvedono pertanto a darvi attuazione con le
risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
(Inform/dip 22)
Le lettere inedite tra Primo Levi e i tedeschi: on line l’archivio privato
Ferrara. Attingere
dall'archivio privato di Primo Levi per studiare i carteggi scambiati con
interlocutori tedeschi e trarne un'inedita edizione open access online, ora
disponibile per la consultazione. E' il cuore del progetto The German Network:
Primo Levi's Correspondence With German Readers and Intellectuals (LeviNeT),
che ha portato alla creazione del portale www.levinet.eu, curato da Martina
Mengoni e Alice Gardoncini del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università
di Ferrara, che contiene l'edizione digitale italiana e inglese di una porzione
finora inedita dei carteggi di Primo Levi.
Il progetto,
inizialmente finanziato per una sede non italiana e successivamente approdato a
Ferrara, è stato selezionato su più di quattromila proposte e ha ottenuto il
finanziamento di oltre un milione di euro dell'European Research Council,
grazie al programma Erc Starting Grant. Il portale sarà presentato il 26
settembre nel corso della giornata di studi Primo Levi scrittore di lettere. Il
progetto LeviNeT, appuntamento che rientra nel cartellone di Aspettando la
Notte dei Ricercatori. "Si tratta delle corrispondenze di Levi con vari
interlocutori di lingua tedesca, iniziate con la traduzione in tedesco di Se
questo è un uomo, nel 1961 - spiega Mengoni - Un totale di circa 500 lettere
con oltre 50 interlocutori sarà pubblicato entro il 2027.
Per ora è online
il primo carteggio, quello con Hermann Langbein, ex deportato austriaco e
storico dei campi di concentramento, che Levi definì 'un uomo formidabile',
curato insieme alle colleghe Alice Gardoncini e Flavia Palma". Sul portale
sarà poi ricostruita la mappatura integrale del carteggio. Le lettere che si
presentano in quattro lingue - italiano, inglese, francese, tedesco - sono
trascritte, annotate e tradotte, in modo che tutte possano essere leggibili in
italiano e in inglese.
Oltre a timeline,
mappe e visualizzazioni grafiche, sono sviluppati itinerari tematici di
approfondimento, anch'essi in forma bilingue, sui temi, i protagonisti, gli
avvenimenti storici, le letture condivise, i progetti editoriali che emergono
dagli scambi. LR 27
D’illusioni non se
ne fa più nessuno. Anche perché mancano i motivi per poterle materializzare. La
crisi italiana non è solo di numeri, ma anche d’uomini. Non ci sono più
politici all’altezza del ruolo. Gli effetti sono così evidenti che non ci
permetteremo di differenziarli, neppure in piccola parte. Il fatto è che
nessuno ha l’abilità di fare la prima “mossa”. Non a caso, già si sono
profilati contrasti di percorso.
Prevedere come
progredirà l’Esecutivo appare impossibile; almeno per me. Gli indugi he
logorano, ancor più, l’orizzonte di un Paese che proprio non meriterebbe una
classe politica tanto “imprevedibile”. Il mio interrogativo d’apertura resta,
di conseguenza, in tutta la sua validità. Il rischio che anche questo 2024 sia
un anno di crisi socio/economica non è inverosimile. A giudicare il Paese,
incastonato in un’UE molto attenta ai fatti interni dei Paesi membri, saranno
gli eventi internazionali che l’Italia ha innescato senza, probabilmente, tener
debito conto che l’Europa Stellata mostra parametri di giudizio assai
differenti da quelli dei singoli Stati membri. Lieti di segnalare ogni segnale
in positivo. Giorgio Brignola, de.it.press
Collezione Farnesina e Arte contemporanea italiana all’estero
ROMA - Valorizzare
nel mondo l’arte contemporanea italiana e sostenere la crescita di artisti e
curatori: questi i principali obiettivi dell’Avviso pubblico con cui il
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale invita i
curatori attivi nel campo delle arti visive a inviare la propria manifestazione
d’interesse per il conferimento di un incarico di curatore di un progetto
espositivo.
La Collezione
Farnesina è la raccolta d’arte contemporanea del Ministero, nata per
sottolineare un preciso indirizzo progettuale che ha fatto della ricerca
artistica contemporanea un ambito d’intervento strategico della propria
politica culturale. Nel venticinquesimo anno della sua fondazione, il progetto
espositivo oggetto dell’Avviso pubblico è mirato proprio a promuovere le opere
presenti nella Collezione Farnesina e l’arte contemporanea italiana nel mondo.
I candidati sono
invitati a presentare un progetto espositivo curatoriale che risponda a una
serie di caratteristiche, tra le quali il carattere itinerante (con un minimo
di tre tappe espositive), l’originalità del concept, il coinvolgimento di
artisti italiani, la realizzazione di un catalogo cartaceo.
Le caratteristiche
del progetto così come i requisiti che i candidati devono possedere sono
indicati nel testo dell’Avviso disponibile qui.
La scadenza per la
presentazione delle candidature è il 31 ottobre 2024 (ore 12.00 italiane).
Il progetto
selezionato verrà realizzato ed esposto negli spazi messi a disposizione dalla
rete degli Istituti italiani di cultura nel mondo e/o da eventuali partner
locali.
Per ulteriori informazioni,
è possibile scrivere alla Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e
Culturale – Unità per il Coordinamento degli Istituti Italiani di Cultura,
all’indirizzo e-mail dgdp.unic.colfarnesina@esteri.it, inserendo nell’oggetto
del messaggio “Nome Cognome - Richiesta info Avviso Curatela CF MAECI 24”.
(aise/dip 16)
Reggio Emilia –
“Partire, restare…e tornare. Italiani nel mondo. Cittadinanza, diritti,
opportunità”: è il titolo dell’incontro che si è tenuto nei giorni scorsi alla
Festa Nazionale dell’Unità organizzata dal Pd a Reggio Emilia. La prima parte
del dibattito ha visto gli interventi di vari rappresentanti e parlamentari del
Pd e del mondo dell’associazionismo. Nella seconda parte dell’incontro ha preso
la parola Gianluca Lodetti (Cgie – CdP) che ha sottolineato come all’estero il
PD rappresenti una forza politica molto votata capace di portare in parlamento
diversi esponenti, ma si è anche interrogato sulla necessità di rendere
effettive alcune battaglie sugli italiani all’estero. “Ho sperimentato la
mancanza di una politica strutturata sugli italiani all’estero in tutti questi
anni; una politica che valorizzi questa parte essenziale del Paese oltre
confini facendola diventare davvero una regione d’Italia: questo non c’è
stato”, ha rilevato Lodetti sottolineando come continui a mancare questa
capacità di coinvolgere la comunità italiana all’estero e portarla nel
dibattito politico nazionale. “In questo modo ci perdiamo molto, questo
contributo sarebbe una fonte di opportunità: una nova linfa per la nostra
società”, ha aggiunto Lodetti. “Abbiamo avuto tanti cicli e tante possibilità,
giocando male queste opportunità”, ha precisato Lodetti ribadendo un connotato
preoccupante come quello dello spopolamento di intere fette di territorio
italiano. Dal punto di vista culturale, Lodetti ha poi segnalato la riduzione
delle risorse destinate agli enti che si occupano della promozione della lingua
e cultura italiana all’estero: “dobbiamo rafforzare il sistema di promozione
culturale e linguistica”, ha evidenziato Lodetti che sui servizi consolari e
sussidiarietà nell’ambito dei servizi ha invitato a un legame strutturale per
esempio tra i patronati all’estero e la Farnesina rispetto all’assistenza. Ha
poi preso la parola Matteo Bracciali (Presidente VII Commissione Tematica del
Cgie) che ha evidenziato la capacità del Pd in questi anni di saper fare rete,
provando a costruire un’attività e una visione comune. Bracciali ha invitato a
costruire reti di interlocutori intermedi rispetto alle istituzioni e
meccanismi di orientamento alla partenza all’estero dove le associazioni
possono svolgere un ruolo importante una volta giunti a destinazione. E’ stata
poi la volta del coordinatore nazionale Filef Pietro Lunetto che ha ricordato
come, oltre alla migrazione verso l’estero, vada sottolineata la consistenza
della migrazione interna, da sud verso nord, che ha toccato negli ultimi dodici
anni la cifra di 1 milione di persone come forse non si vedeva dalla fine degli
anni ’70. “Il mondo degli italiani all’estero negli ultimi trent’anni è
diventato più complesso di quello che era storicamente: agli emigrati storici e
italo-discendenti si è unita quella che dal 2008-2009 è la nuova emigrazione”,
ha spiegato Lunetto descrivendo una comunità molto complessa con problemi di
difficile risoluzione e che spesso è soggetta a una narrazione riduttiva.
“Migrare non è per tutti la stessa cosa”, ha aggiunto Lunetto spiegando che se
si ha già un bagaglio professionale o una professione da portarsi dietro con sé
è diverso dal dover lasciare la propria famiglia e trasferirsi in un altro
Paese per ricominciare sostanzialmente da zero. L’incontro è stato chiuso da
Luciano Vecchi, responsabile del Dipartimento Italiani all’Estero del Pd e
consigliere del Cgie, che ha parlato per il mondo dell’emigrazione dalle
“potenzialità enormi che potrebbero rispondere anche a necessità enormi” ma che
spesso restano inascoltate. Un’altra riflessione è andata sull’andamento
elettorale con un’analisi rispetto alle ultime elezioni europee, ricordando che
diversi italiani all’estero hanno optato per votare le liste locali del Paese
di nuova residenza.
(Inform/dip 22)
Non avremmo mai
immaginato che l’Italia potesse assumere l’assetto socio/politico nel quale
stiamo vivendo. Vivendo male; perché non lo riconosciamo come nostro.
Come non lo
riconoscono milioni d’italiani. Se far politica sul serio significa anche
interessarsi ai problemi degli altri, è evidente che parecchi nostri politici
hanno programmi diversi.
La crisi economica
s’è aggravata. Il fardello di problemi resta “pesante”. Di fatto, è l’immediato
futuro che ci preoccupa. Anche perché i motivi si evidenziano in modo
progressivo.
Del resto, le
incongruenze di questo nostro Paese non sono solo recenti. Il potere
legislativo, quindi il Parlamento, è sempre più polemico che costruttivo.
Il 2024 è iniziato
senza i presupposti di uno sbocco socio/politico sicuro. L’economia nazionale è
in recessione. Intanto, ripensiamo agli anni’ 60 quando, anche se con spirito
più partigiano, la partecipazione alla vita pubblica del Paese era una realtà
da conquistare quotidianamente. E’ passato più di sessant’anni d’allora. Sono
scomparsi partiti e altri sono “sorti” dalle loro ceneri.
Il tutto complicato da un rapporto di “forze”
instabile. Le precedenti Generazioni hanno lasciato il posto all’attuale. Il posto,
ma non, tuttavia, gli ideali. Proprio quelli nei quali avevamo riposto la
nostra fiducia. L’Italia “futura” resta un’incognita della quale non siamo in
grado di fare serie previsioni.
Giorgio Brignola,
de.it.press
In Francia, i primi passi del nuovo governo, già sotto la minaccia della
censura
Lunedì 23
settembre il nuovo governo francese muove i suoi primi passi, già criticato e
minacciato di censura, a due mesi e mezzo dalle elezioni parlamentari
anticipate che non hanno prodotto una maggioranza e hanno ritardato la stesura
del bilancio 2025.
Secondo il suo
entourage, il primo ministro Michel Barnier ha promesso un governo
“repubblicano, progressista ed europeo” ai suoi 39 ministri, riuniti lunedì 23
settembre per la prima volta in una “colazione di governo”. L’ex commissario
europeo per la Brexit ha chiesto ai suoi ministri, la maggior parte dei quali
proviene dalla destra e dal movimento liberale del presidente Emmanuel Macron,
di essere “modesti” e di avere “rispetto” per “tutti i partiti politici”, in un
momento in cui la sua squadra è già lacerata da tensioni.
I Macronisti erano
preoccupati per la presenza di ministri conservatori nel governo e hanno
chiesto garanzie sulla legislazione sociale, come l’aborto e il “matrimonio per
tutti” (eterosessuali e omosessuali). La “colazione di governo” si è svolta per
oltre due ore a Matignon, la residenza del primo ministro. I membri del governo
si sono poi recati nei rispettivi ministeri per le tradizionali cerimonie di
consegna. Si incontreranno nuovamente all’Eliseo per la prima riunione del
Consiglio dei ministri con il Capo dello Stato.
Ex commissario
europeo responsabile della Brexit, Barnier, nominato il 5 settembre da Macron,
nella serata di domenica 22 settembre in televisione ha invitato il suo governo
a lavorare con “la massima coesione” e “la massima fraternità”, a fronte delle
iniziali tensioni all’interno della sua squadra.
I preparativi per
la legge di bilancio
In un momento in
cui la preparazione del bilancio 2025, che ha già subito un ritardo senza
precedenti, è la priorità numero uno, Michel Barnier ha promesso di “non
aumentare la pressione fiscale su tutti i francesi”. Ma “i più ricchi devono
partecipare allo sforzo di solidarietà”, ha avvertito, senza commentare
direttamente la reintroduzione della tassa sul patrimonio (ISF), richiesta
dalla sinistra. “Gran parte del nostro debito è emesso sui mercati internazionali
ed esterni, e dobbiamo mantenere la credibilità della Francia”, ha aggiunto.
Come molti altri
membri dell’UE, la Francia è soggetta a una procedura per deficit eccessivo
imposta da Bruxelles. Barnier si è inoltre impegnato a “prendersi il tempo necessario
per migliorare” la tanto discussa riforma delle pensioni, senza fornire alcun
dettaglio.
Garanzie
insufficienti per la sinistra
Si tratta di
garanzie insufficienti per la sinistra, che ha già promesso di censurare il
nuovo esecutivo. La coalizione di sinistra del Nuovo Fronte Popolare (PFN), che
ha vinto le elezioni legislative del 30 giugno e del 7 luglio ma non ha
ottenuto la maggioranza, ha già previsto di presentare una mozione di censura.
Secondo il leader del Partito socialista Olivier Faure, il testo sarà
presentato dai socialisti (che fanno parte del PNF) dopo il discorso di
politica generale di Barnier del 1° ottobre. Il leader della sinistra radicale,
Jean-Luc Mélenchon, ha chiesto che questo “governo di perdenti”, che secondo
lui non ha “né legittimità né futuro”, venga “eliminato al più presto”.
Il nuovo
esecutivo, la cui composizione è stata svelata sabato 21 settembre, vede al
primo posto il partito del Presidente Macron, Renaissance, e in buona parte Les
Républicains (LR), partito di destra da cui proviene Barnier. Entrambi i
partiti hanno subito una forte flessione nelle elezioni legislative – innescate
dal controverso scioglimento dell’Assemblea Nazionale da parte di Macron – ,
ma, per avere successo, una mozione di censura deve ottenere i voti del
Rassemblement National (RN), il partito di estrema destra di Marine Le Pen,
cosa che lo stesso Faure ammette essere al momento improbabile.
Il vicepresidente
dell’RN, Sébastien Chenu, ha confermato che il suo partito non intende
censurare “prima di aver visto il bilancio”. “Faremo pressione su questo
governo” e “ci prenderemo le nostre responsabilità” se necessario, ha aggiunto
il deputato, il cui gruppo è arrivato terzo alle elezioni legislative dietro al
blocco centrista, dopo aver ottenuto guadagni significativi. AffInt 23
Unaie: fondamentale lo ius sanguinis ma necessario il legame reale con
l’Italia
ROMA - L'Italia,
con la sua lunga storia di emigrazione, si trova oggi di fronte a un fenomeno
di ritorno, almeno in senso burocratico, con decine di migliaia di discendenti
di emigrati italiani che richiedono la cittadinanza. Questo ha portato a un
dibattito acceso sulla questione dello ius sanguinis, il diritto di
cittadinanza basato sulla discendenza. A prendere posizione con fermezza è
stato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che in un’intervista
rilasciata al Corriere del Veneto ha messo in luce le problematiche legate a un
meccanismo che, se non regolamentato, rischia di appesantire il sistema
amministrativo e distorcere il senso di appartenenza all'Italia. Zaia, sempre
in questa intervista, ha sottolineato come molti dei richiedenti, discendenti
da emigrati veneti partiti alla fine dell'Ottocento o nel secondo dopoguerra,
spesso non abbiano alcun legame con l'Italia se non quello genealogico, non
parlando la lingua né conoscendo le leggi o la cultura del Paese. “Non possiamo
accettare che il nostro sistema amministrativo venga paralizzato da richieste
di persone che non hanno alcun interesse reale per l'Italia, se non quello di
ottenere un passaporto”, ha dichiarato Zaia, auspicando l'introduzione di
"requisiti minimi", come la conoscenza della lingua italiana e della
storia del Paese, per garantire che la cittadinanza venga concessa solo a chi
dimostri un vero legame con la nazione.
In questo contesto
si inserisce il commento di Oscar De Bona, presidente dell'UNAIE (Unione
Nazionale Associazioni Immigrati e Emigrati) e dell'Associazione Bellunesi nel
Mondo, che ha espresso il suo sostegno alle parole del governatore Zaia.
“Apprezzo profondamente la riflessione del presidente della Regione Veneto in
merito alle modifiche della legge sullo ius sanguinis” ha dichiarato De Bona
“modifiche che io stesso avevo proposto due anni fa al sottosegretario con
delega agli Italiani nel mondo Della Vedova e nel 2023 al sottosegretario,
sempre con la stessa delega, Silli, oltre ad averne condiviso la necessità con
l'ANCI Nazionale e Veneto. Mi auguro che, anche grazie all'intervento di Zaia,
si possa concretizzare quanto proposto”.
De Bona ha
sottolineato come sia fondamentale sostenere le rivendicazioni degli oriundi di
origine italiana, ma al contempo è necessario distinguere tra coloro che hanno
un vero interesse a mantenere un legame con la terra dei loro avi e chi vede la
cittadinanza solo come un’opportunità per ottenere diritti senza sentirsi parte
della comunità italiana. “Dobbiamo evitare che la cittadinanza italiana venga
vista come un documento da ottenere per avere vantaggi, siano essi legati alla
possibilità di viaggiare o all'accesso ai servizi sociali e sanitari”, ha
affermato.
Secondo De Bona,
l'introduzione di criteri come la conoscenza della lingua italiana e una vera
comprensione della storia e della cultura del Paese sono passi necessari per
preservare il valore della cittadinanza italiana. “La nostra cittadinanza non
può essere un diritto automatico, va meritata e sentita. I requisiti come la
conoscenza della lingua e della storia sono già richiesta da Paesi come la
Germania e l’Austria, non vedo perché non possa seguire questi esempi”, ha
aggiunto.
Il dibattito, che
si inserisce anche in un più ampio discorso sulla riforma della cittadinanza in
Italia, vede contrapporsi da una parte la tutela dei diritti degli emigrati e
dei loro discendenti, dall’altra l’esigenza di garantire che chi ottiene il
passaporto italiano abbia una reale connessione con il Paese e i suoi valori.
La riflessione di Luca Zaia e il sostegno di Oscar De Bona “potrebbero essere
un primo passo verso una riforma che renda il processo di acquisizione della
cittadinanza più equo e al tempo stesso più rigoroso”, ha concluso De Bona.
(aise/dip
23)
Pubblicazioni. “Sulla porta del mondo – storie di emigranti italiani”
“Dolorosa e
straziante è stata la spartenza” scriveva Tommaso Bordonaro, contadino
illetterato di un piccolo paese in provincia di Palermo, emigrato in America
nel 1947 all’età di 38 anni. “Spartenza” è una parola che deriva dal dialetto
siciliano. Indica il dividersi l’uno dall’altro con pena. La “spartenza” è
straziante, divide ciò che era unito e allontana. È sradicamento, sofferenza
del corpo e dell’anima, racchiude in sé tutta l’amarezza e la lacerazione di chi
è costretto a separarsi dagli affetti e dai luoghi familiari per partire verso
terre sconosciute e una vita piena di incognite. Se partire è un po’ morire,
“spartire” è peggio.
“Se Dante avesse
conosciuto ciò che erano le terze classi dei transatlantici nel 1885, per certo
ne avrebbe descritta una e l’avrebbe allogata nell’inferno e vi avrebbe
inchiodato i peccatori de’ più neri peccati – scriveva Edmondo De Amicis dopo
aver salpato da Genova nel 1884 per arrivare a Buenos Aires a bordo del
piroscafo Nord America, insieme a 1.600 emigranti italiani – O miseria errante
del mio paese, povero sangue spillato dalle arterie della mia patria, miei
fratelli laceri, mie sorelle senza pane”.
Storie di
emigrazione affiorano dagli album fotografici di ogni famiglia italiana, eppure
si tratta di ricordi spesso collettivamente rimossi.
Per aiutarci a
comprendere e sentire la realtà in cui viviamo, e poter quindi immaginare
insieme una società del futuro Luigi Dal Cin, insieme a Fondazione Migrantes,
ha voluto fornire ai giovani lettori un quadro esaustivo della storia
dell’emigrazione degli italiani nel mondo narrando, nel contempo, una storia
emblematica per ciascuna regione italiana. L’Italia è talmente variegata,
infatti, che ogni regione ha avuto motivi propri e destinazioni specifiche
d’emigrazione, e ha portato nel mondo la propria caratteristica cultura. Un
progetto che mancava nella scuola italiana, impegnata da tempo a valorizzare la
cultura di chi arriva nelle classi, a volte da lontano. Per un’integrazione accogliente,
Dal Cin ha portato l’attenzione anche all’altro piatto della bilancia,
all’altra faccia: se si comprende che anche la nostra storia di italiani è
fatta di generazioni che hanno vissuto la miseria e la fame e che, per
sopravvivere e mantenere i figli, sono emigrate anche molto lontano, e che se i
nostri alunni possono oggi acquisire a scuola strumenti per realizzare i propri
sogni è anche grazie al viaggio, al coraggio e ai sacrifici di chi un tempo è
emigrato, allora lo sguardo verso chi arriva può cambiare.
Poi è un attimo
percepire una connessione tra la nostra storia di emigranti e ogni migrazione
dei nostri tempi.
“Perché non c’era
qualche donna dal cuore tenero che si prendesse pena di tante miserie, di tante
lacrime? – scrive Ernestine Branche, emigrante valdostana, raccontando del suo
sbarco a New York nel 1912, ventiduenne – Erano considerati come
dell’immondizia umana, e le grida continuavano senza tregua”.
Sulla porta del
mondo – storie di emigrati italiani, di Luigi Dal Cin, illustrazioni di
Cristiano Lissoni, Terre di mezzo Editore, Milano, 2024, in collaborazione con
Fondazione Migrantes
Il volume verrà
presentato giovedì 3 ottobre 2024 ore 15-17 c/o la Sala del Refettorio
della Camera dei Deputati in via del Seminario, 76, Roma
(Migr/Dip 26)
Quando, nel
lontano 1961, abbiamo iniziato a occuparci dell’informazione per i Connazionali
all’estero, non avremmo mai immaginato che, in oltre 60 anni di militanza,
l’Italia potesse assumere l’assetto socio/politico nel quale, ora, si trova. I
“mali” del Paese sono stati individuati, ma non corretti in modo conveniente.
Ora, con la Meloni, l’opportunità si ripresenta. Lasciamola lavorare.
Questo Parlamento
ha ancora parecchi nodi da sciogliere. I mezzi per farlo, se ci sono, non li
abbiamo ancora compresi e non saranno le polemiche a dissipare le nostre
incertezze. Basta con i sacrifici a fondo perduto. Meno privilegi e fuori dalla
politica attiva chi non intende accettare regole comportamentali più rigorose.
Da questo Esecutivo ci attendiamo delle “garanzie”. Di stonature questa nostra
Italia ne ha subite anche troppe.
Messi da parte gli
indugi, facciamo nostro lo spirito dei Padri Fondatori della Repubblica. Questo
Potere Legislativo potrebbe dare l’esempio. Ovviamente, col tempo. Oltre le
polemiche, c’è l’Italia. Un Paese che non ha malinconia del passato, ma che non
lo dimentica. Il rischio, ora, è ipotecare il suo futuro. E’ necessario tornare
alla politica della quotidianità. Una posizione che avevamo condiviso, quando
nel Paese i pregiudizi erano anomalie di pochi. Sono passati 60 anni sul nostro
“fronte” dell’informazione, ma riteniamo d’aver conservato la nostra originaria
imparzialità. Almeno due generazioni hanno ceduto il posto all’attuale. Il
posto ma, forse, non gli ideali.
Giorgio Brignola,
de.it.press
Donne, si laureano di più ma guadagnano di meno. Draghi: “Va contro la
Costituzione”
A rilevarlo è
rapporto Ocse “Education at a Glance 2024” che ha evidenziato una delle
problematiche più rilevanti del mercato del lavoro nazionale
Le donne laureate
in Italia guadagnano circa la metà dei colleghi uomini. Per l’ex premier
italiano Mario Draghi, questo dato “va contro la Costituzione”. A rilevarlo è
rapporto Ocse “Education at a Glance 2024” che ha evidenziato una delle
problematiche più rilevanti del mercato del lavoro nazionale.
La disparità
salariale tra uomini e donne persiste nonostante si raggiunga un livello di
istruzione elevato.
Disparità
salariale: una situazione critica
Il rapporto Ocse
ha rivelato che le giovani donne italiane con un titolo di studio terziario
(laurea o titolo equivalente), nel 2023, hanno guadagnato, in media, il 58%
dello stipendio dei loro coetanei uomini.
Questo divario è
il più ampio tra tutti i Paesi Ocse, dove la media è dell’83%. Anche tra le
donne con un diploma di scuola secondaria, la disparità salariale rimane
significativa, con le donne che guadagnano l’85% del salario degli uomini.
Confronto con
altri Paesi
La disparità
salariale in Italia è significativamente superiore a quella di molti altri
Paesi dell’area Ocse. Ad esempio, in Francia e Spagna, le donne laureate
guadagnano rispettivamente il 75% e il 70% del salario degli uomini.
Nei Paesi nordici,
come la Norvegia e la Svezia, il divario si riduce ulteriormente, con le donne
che guadagnano circa l’87% del salario degli uomini, riflettendo politiche di
equità di genere più avanzate e un maggiore impegno nel colmare queste
differenze.
Il (non) peso
dell’educazione
Nonostante il
grave divario salariale, il sistema educativo italiano mostra alcuni segnali
positivi. Il rapporto Ocse ha evidenziato che tra il 2016 e il 2023, la
percentuale di giovani senza un diploma di scuola secondaria superiore è
diminuita dal 26% al 20%.
Anche la
partecipazione all’istruzione terziaria è aumentata, con il 95% dei bambini
iscritti all’istruzione prescolare un anno prima dell’inizio della scuola
primaria, un dato quasi in linea con la media, pari al 96%.
Tuttavia,
permangono squilibri significativi nell’accesso all’istruzione, specialmente
per i bambini provenienti da famiglie a basso reddito. Solo il 20% dei bambini
di età compresa tra 0 e 2 anni, appartenenti a famiglie con un reddito basso,
partecipa ad un percorso di formazione, rispetto al 49% dei bambini provenienti
da famiglie più abbienti. Questo crea un divario di 29 punti percentuali tra i
bambini di famiglie a basso reddito e quelli di famiglie più abbienti. Questo
divario è maggiore rispetto alla media Ocse, che è di 19 punti percentuali.
Donne e lavoro:
l’accesso al mercato
Oltre alla
disparità salariale, il rapporto ha sottolineato un’altra problematica
rilevante: il basso tasso di occupazione femminile, soprattutto tra le donne
con livelli di istruzione più bassi. Solo il 36% delle giovani donne senza un
diploma di scuola secondaria superiore è occupato, contro il 72% dei giovani
uomini. Anche se il tasso di occupazione migliora tra le donne laureate, con il
73% impiegato rispetto al 75% degli uomini.
Questi dati
mettono in luce la difficoltà delle donne italiane ad accedere a opportunità
lavorative paritarie, nonostante il vantaggio educativo. Inoltre, la
partecipazione femminile al mercato del lavoro è inferiore rispetto alla media
in molti settori, specialmente nelle aree scientifiche e tecnologiche, dove
solo il 21% delle donne italiane si iscrive a corsi di laurea in Stem, rispetto
al 1% degli uomini che scelgono il settore educativo, ad esempio.
Il ruolo del
settore pubblico
L’Italia investe
il 4% del proprio Pil nelle istituzioni educative, una percentuale inferiore
alla media Ocse (4,9%). Il rapporto evidenzia anche che la spesa media per
studente è di circa 12.760 euro, contro una media di 14.209. Questo dato
potrebbe spiegare in parte le difficoltà del sistema educativo italiano
nell’affrontare questioni cruciali come l’equità di genere e l’accesso
all’istruzione per le fasce più deboli.
Una delle
criticità riguarda il sottofinanziamento dell’istruzione prescolare:
l’investimento pubblico per l’istruzione infantile in Italia è diminuito
dell’11% tra il 2015 e il 2021, mentre la media Ocse ha visto un incremento del
9%. Questo disinvestimento potrebbe aggravare ulteriormente le disuguaglianze
di partenza tra bambini provenienti da contesti diversi.
Il corpo docente
invecchia
Il rapporto Ocse
ha messo inoltre in luce l’invecchiamento del corpo docente in Italia, dove il
53% degli insegnanti ha 50 anni o più, una percentuale superiore alla media del
37%. Questo invecchiamento rischia di influire negativamente sulla qualità
dell’insegnamento e sull’innovazione didattica, due fattori essenziali per
migliorare le opportunità di apprendimento, specialmente per le giovani donne
che cercano di competere in un mercato del lavoro caratterizzato da forti
disparità di genere.
Il rapporto
“Education at a Glance 2024” mostra quindi il quadro complesso del sistema
educativo e lavorativo italiano, in cui le disparità di genere, sia a livello
occupazionale che salariale, restano marcate nonostante i progressi
nell’istruzione. Le donne italiane, pur essendo più istruite dei loro colleghi
uomini, continuano a subire svantaggi economici e lavorativi significativi. È
chiaro che, oltre a un maggiore investimento nell’istruzione, sono necessarie
politiche strutturali mirate per colmare il divario di genere e garantire una
maggiore equità sia nel sistema educativo che nel mercato del lavoro.
L’ex premier
italiano Mario Draghi ha commentato la situazione affermando, in occasione
dell’evento “Il Tempo delle Donne” organizzato dal Corriere della Sera, che chi
assume pagando le donne meno degli uomini “Va contro la Costituzione. La
disparità salariale tra uomini e donne è una violazione dei principi
fondamentali di uguaglianza e giustizia sociale. È imperativo che il governo e
le istituzioni lavorino insieme per eliminare queste disuguaglianze e garantire
che ogni cittadino, indipendentemente dal genere, abbia le stesse opportunità
di successo e riconoscimento economico.” Adnkronos 16
Alla Camera conferenza stampa sulla valorizzazione della ristorazione
italiana all’estero
ROMA – Si è tenuto
alla Camera un incontro sulla valorizzazione della ristorazione italiana
all’estero d’eccellenza. La conferenza stampa, promossa dal deputato di
Fratelli d’Italia Andrea Volpi, è stata moderata dal rappresentante del centro
studi e ricerche di Federitaly Mario Orabona e ha visto gli interventi di Carlo
Verdone e Lamberto Scorzino, rispettivamente presidente e segretario nazionale
di Federitaly, nonché di Salvo Bendici, presidente dell’Associazione Nazionale
Famiglie degli Emigrati, e di Massimiliano Nicolini della Fondazione Olitec.
Nel suo intervento il deputato Volpi ha riferito di condividere la mission di
valorizzare le eccellenze italiane, essendo un obiettivo del Governo quello di
mettere in relazione gli addetti alla ristorazione e gli imprenditori
all’estero. Volpi ha ribadito la volontà di contrastare il cosiddetto “italian
sounding”. “Dietro ogni prodotto c’è una storia di un territorio”, ha
commentato Volpi evidenziando il lavoro svolto dal Ministero dell’Agricoltura.
“Certificare le filiere vuol dire dare un prodotto d’eccellenza e anche
sostenibile”, ha aggiunto Volpi ricordando che la cucina italiana è stata
candidata, per tutte queste ragioni, ad avere un riconoscimento Unesco. Carlo
Verdone ha spiegato che c’era bisogno di sottolineare la validità di un
rapporto con la madrepatria con i ristoratori spingendo all’utilizzo di
prodotti italiani. “Siamo la federazione che promuove e tutela il Made in Italy
nel mondo; quindi tutto rientra in questa azione molto forte di valorizzazione
delle nostre micro e piccole imprese”, ha spiegato Verdone sottolineando che la
nostra cultura culinaria è fortemente identitaria rispetto ai territori e alla
loro cultura. Verdone ha inoltre ribadito che produrre piatti tipici è
conservare quella tradizione dei nostri territori fortemente radicata nella
cultura del popolo. Lamberto Scorzino ha spiegato che, per ottenere il
riconoscimento d’eccellenza da parte della federazione, ci sono dei requisiti
specifici che i ristoratori devono rispettare. Tra i criteri ci sono: il menù,
gli ingredienti, le tecniche di cottura, il rispetto della lingua italiana,
prevalenza di vini italiani nella cantina, presenza di un minimo di membri
madrelingua italiana all’interno del personale. Massimiliano Nicolini ha
sottolineato come anche il mondo della tecnologia parli italiano, dai personal
computer ad alcuni algoritmi fino alla realtà immersiva: un mondo nel quale
spesso si assegnano meriti ad altri Paesi quando in realtà buona parte ha le
sue radici nella ricerca italiana. Salvo Bendici con una battuta ha menzionato
il noto film comico “Quo Vado” di Checco Zalone quando viene detto che non si
scrive il nome dell’Italia invano: questo per dare ricordare l’importanza di
questo percorso di valorizzazione dell’eccellenza italiana all’estero. Durante
l’evento, a Cinzia Tedesco è stato consegnato il titolo di ambasciatrice
Federitaly nel mondo: è stata scelta come madrina per questo progetto per la
sua attività artistica che ha contribuito a far conoscere nel mondo
l’eccellenza italiana nel campo della musica e del canto. Ne è stata
sottolineata soprattutto la capacità di reinterpretare le opere di Verdi e
Puccini in chiave jazz, che riscuotono un successo crescente. “Intendiamo
riconoscere e celebrarne il talento nella certezza che continuerà a portare
alto il nome dell’Italia, contribuendo a rafforzare l’immagine del nostro Paese
a livello internazionale”, è stato scritto nella motivazione del conferimento
del titolo. (Inform/dip 15)
Il paradosso della solitudine: sentirsi soli tra la folla
La solitudine non
è semplicemente l'assenza di compagnia fisica. È un'esperienza complessa, profondamente
personale e spesso fraintesa. Essere soli viene spesso visto come la radice
della solitudine, ma è il sentirsi soli anche quando si è circondati da persone
che rappresenta un paradosso più profondo e doloroso. Questa disconnessione
emotiva mette in evidenza l'essenza di cosa significhi essere umani e perché
abbiamo bisogno fondamentalmente di identità, riconoscimento e relazioni
significative.
Al centro, la
solitudine tra la folla è una forma di isolamento sociale che va oltre la
vicinanza fisica. Tocca i bisogni più profondi del cuore, quali appartenenza,
comprensione e connessione emotiva. Si può essere circondati da amici,
familiari e colleghi, ma provare comunque un senso profondo di solitudine se
mancano veri legami emotivi con loro. Questo tipo di disconnessione suggerisce
che la solitudine più dolorosa non si trova nella solitudine fisica, ma
nell'assenza di supporto e comprensione emotiva, anche tra molti.
Il bisogno umano
di Connessione Emotiva
Gli esseri umani
sono per natura esseri sociali. Fin dalla nascita cerchiamo connessioni, non
solo per sopravvivere ma anche per il benessere emotivo. Il dolore del sentirsi
soli tra la folla evidenzia una disconnessione fondamentale tra il nostro
ambiente sociale e i nostri bisogni emotivi. Quando ci sentiamo invisibili o
inascoltati da coloro che ci circondano, può portare a una sorta di solitudine
esistenziale, che mette in discussione il nostro stesso valore personale.
Questa forma di
solitudine mette alla prova la nostra capacità di formare legami sociali
significativi. Non è sufficiente essere circondati da persone; abbiamo bisogno
di una vera compagnia, ossia di relazioni in cui ci sentiamo apprezzati,
compresi e riconosciuti per chi siamo veramente. Il paradosso sorge quando
siamo circondati dagli altri, eppure ci sentiamo completamente isolati, come se
i nostri bisogni emotivi fossero invisibili a chi ci sta intorno.
Il ruolo
dell'Intelligenza Emotiva
La solitudine in
mezzo alla folla spesso indica una mancanza di intelligenza emotiva, sia a
livello personale che nel nostro ambiente sociale. L'intelligenza emotiva ci
permette di empatizzare, connetterci e costruire relazioni più profonde. Ci
aiuta anche a navigare nelle complessità delle interazioni umane. Quando
l'intelligenza emotiva manca, la comunicazione vacilla e la nostra capacità di
connetterci con gli altri a un livello significativo si riduce.
Quando ciò accade,
non importa quante persone siano fisicamente intorno a noi, possiamo comunque
sentirci isolati. L'assenza di vera comunicazione, comprensione ed empatia crea
un divario che la sola vicinanza fisica non può colmare. Ecco perché ci si può
sentire profondamente soli anche in compagnia di altri, perché non è la
presenza fisica che conta, ma quella emotiva.
Il contrasto tra
Solitudine e Isolamento
Esiste una sottile
ma importante distinzione tra essere soli e sentirsi soli. La solitudine può
essere un'esperienza pacifica e rigenerante. Ci permette di riflettere,
ricaricarci e riconnetterci con noi stessi. Al contrario, l’isolamento -
soprattutto quando vissuto in mezzo agli altri - è emotivamente estenuante. La
differenza fondamentale sta nel nostro stato emotivo. La solitudine è scelta,
mentre l’isolamento è subìto. La solitudine ci permette di godere della nostra
compagnia, ma l’isolamento in mezzo alla folla sottolinea il nostro bisogno di
connessioni significative che mancano.
Nella solitudine
possiamo trovare chiarezza, pace e conforto. Nell’isolamento, specialmente in
un gruppo, ci troviamo a desiderare quelle stesse connessioni che mancano,
rendendo l'esperienza ancora più dolorosa. Ci ricorda il bisogno umano non solo
di compagnia fisica, ma di relazioni che nutrano l'anima.
La Solitudine
Emotiva: la lotta nascosta
La solitudine
emotiva è forse la forma più estenuante di solitudine. Non si tratta del numero
di persone intorno a noi, ma della profondità della connessione che sentiamo -
o meglio, che non sentiamo - con loro. Quando ci manca una vera compagnia, i
nostri bisogni emotivi rimangono insoddisfatti, lasciandoci sentire isolati e
incompresi.
Questo tipo di
solitudine può sorgere in tutti gli aspetti della vita - al lavoro, nelle
amicizie, nei rapporti familiari -. Suggerisce una mancanza di realizzazione
emotiva, dove nonostante la presenza di persone, non sentiamo il supporto o la
comprensione che desideriamo. Questo vuoto emotivo è ciò che rende la
solitudine in mezzo alla folla così faticosa. Amplifica il nostro senso di
isolamento, ricordandoci le connessioni che ci mancano, piuttosto che quelle
che abbiamo.
L'importanza delle
vere Amicizie
Questo paradosso
della solitudine sottolinea l'importanza delle vere amicizie. Le interazioni
superficiali, o le relazioni basate sulla convenienza o sui guadagni materiali,
non possono colmare il vuoto emotivo che la solitudine crea. Le vere amicizie,
d'altra parte, offrono nutrimento emotivo. Forniscono un senso di appartenenza,
comprensione e supporto che va oltre la semplice presenza fisica.
Senza questi veri
legami, rischiamo di sperimentare una solitudine più profonda e più
significativa, che non può essere colmata semplicemente dalla presenza fisica
delle persone, ma solo da vere amicizie che nutrono l'anima. Sono questi legami
genuini che danno significato alla vita e ci aiutano a sentirci veramente
connessi in un mondo che può spesso sembrare isolante. Dr. Krishan Chand Sethi
(Poeta, scrittore, artista, studioso di Interazioni umane e Benessere emotivo)
dip 26
La Prima
Generazione (certa) di nostri Migranti ha completato la sua fase d’inserimento
nei Paesi ospiti nel 1930. Erano, quelli, gli anni tra i due conflitti mondiali
e il Vecchio Continente aveva aperto le sue frontiere per lavori che i locali
non intendevano più esercitare. La Seconda Generazione è finita nel 1970. In
tempi assai meno amari dei precedenti. L’intolleranza non era del tutto
debellata, ma la nostra Comunità già aveva iniziato quel percorso
d’integrazione che si sarebbe completato con l’affermarsi della nostra Terza
Generazione. Inquadrata col 1990.
Nata all’estero, sempre meno psicologicamente
italiana e molto bene assimilata con la società ospite. Questa fitta umanità
andrà a terminare il ciclo di monitoraggio quest’anno. Fuori d’Europa, il
processo d’integrazione è stato anche più rapido. Per l‘America meridionale è
normale scrivere già di Quarta Generazione. In pratica di cittadini, con
passaporto nazionale, che non parlano neppure bene la loro lingua originaria ed
hanno più interessi nel Paese che li ospita che nella lontana Italia.
I futuri cicli generazionali andranno a
perdere le tradizioni, la cultura, le usanze della Penisola e l’italianità
saranno più un senso di nostalgia del passato, che orgoglio d’origine. Ne
prendiamo atto; non potendo fare altrimenti. L’Italia dei Migranti nel Vecchio
Continente ha terminato la sua impresa storica. Ora sono tutti cittadini
europei.
Manca, però, anche
in questo 2024, un giusto peso politico, in pratica di rappresentatività, per
gli eletti nel Parlamento italiano dall’estero. Probabilmente, prima del
completarsi di questo ciclo generazione, il diritto di voto sarà modificato. Se
ciò si dovesse verificare, ovviamente con una nuova legge elettorale, il
concetto d’equità, a lungo cercato, potrebbe completarsi. Più che un auspicio
ci sembra una certezza. Giorgio Brignola, de.it.press
Cgie. Commissione Europa: sfide per una effettiva cittadinanza europea
ROMA - La tenuta
delle elezioni europee e la situazione critica degli enti gestori, sempre con
lo sguardo rivolto allo stato dei servizi consolari, sono stati i temi al
centro dell’attenzione della Commissione continentale Europa e Africa del Nord
del Cgie accanto al rinnovato impegno a rilanciare il progetto de
“L’Europa in movimento”, centrale per le numerose sfide legate alla mobilità e
a una effettiva cittadinanza europea, nonché all’esigenza di rappresentare le
collettività italiane in Africa del Nord, che da due Consiliature non ha potuto
esprimere suoi esponenti in seno al Consiglio Generale degli Italiani
all’Estero.
Nel corso della
riunione svoltasi a margine dell’Assemblea plenaria dello scorso giugno, la
Commissione ha tracciato un bilancio dell’attività svolta nel primo anno,
durante il quale è stata presieduta da Maria Chiara Prodi, poi eletta
Segretaria generale, e definito le direttrici per il resto della Consiliatura.
Dal 18 giugno 2024 la Commissione è guidata dal nuovo vicesegretario generale Giuseppe
Stabile.
Riguardo le
elezioni europee, diversi Consiglieri hanno sottolineato gli sforzi intrapresi
dai Parlamentari eletti all’estero, in particolare per garantire continuità di
partecipazione ai connazionali residenti nel Regno Unito a seguito della
Brexit, oggetto anche dell’analisi di un apposito gruppo di lavoro.
Il dibattito
intorno alla partecipazione alla vita politica rispetto allo status di
cittadino comunitario ha portato la Commissione a esprimersi unanimemente in
merito all’opportunità di mettere in discussione il principio che permette di
scegliere se votare per i candidati del Paese d’origine o di residenza.
Promuovere il voto per i candidati italiani rafforza la visione dei
connazionali emigrati come parte integrante della comunità civile italiana, ma
si sottolinea che votare per i soli candidati locali razionalizzerebbe i costi
e minimizzerebbe i rischi, oltre a rappresentare un segno concreto di
integrazione. Le liste transnazionali potrebbero infine porsi come risposta al
bisogno di rappresentanza della mobilità contemporanea.
L’analisi della
recente tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo ha posto in
evidenza una serie di criticità relative al voto per i candidati italiani:
innanzitutto la scadenza per esprimere l’opzione troppo anticipata rispetto
alla data delle consultazioni e peraltro non omogenea tra i vari Stati membri,
aspetto che ha inciso negativamente sulla partecipazione; la difficoltà di
raggiungere i seggi nelle circoscrizioni molto estese; la carenza di informazione
politica, le inefficienze rispetto alle modalità di invio dei cedolini e la
mancanza di controlli sull’espressione del voto da parte dei cittadini con
doppia nazionalità.
Per la Commissione
è “fondamentale” un confronto degli albi dei cittadini in mobilità a livello
europeo, nonché uno studio comparativo sui costi, sull’efficienza e sulle
criticità delle diverse modalità di voto, allo scopo di uniformarne il
meccanismo.
Si è poi
sottolineata l’importanza che il CGIE sia messo nelle condizioni di riunire le
Commissioni d’area sul territorio per favorire la comunicazione delle attività
svolte e far comprendere alle collettività italiane all’estero il suo
fondamentale ruolo. Allo scopo, diversi Consiglieri hanno evidenziato
l’opportunità di patrocinare eventi locali con il coinvolgimento anche dei
Com.It.Es.
In merito alla
promozione della lingua italiana all’estero, è stata evidenziata la situazione
di sofferenza degli enti gestori a causa dei tagli ai contributi (-45% delle
risorse in Germania), stigmatizzando l’assenza di tale importante tematica
dalla Relazione di Governo presentata al Comitato di Presidenza nel maggio
scorso. Secondo la Commissione è necessaria un’analisi che tenga conto delle
specificità territoriali in merito all’offerta dei corsi, utile per valutare
l’accesso effettivo al diritto all’insegnamento della lingua ai figli degli
emigranti; chiede inoltre, a fronte della nuova ripartizione dei finanziamenti,
che vengano forniti i dati relativi agli enti gestori che hanno richiesto un
contributo e a quanti invece vi hanno rinunciato. Contestato anche l’approccio
“a progetto” per l’attribuzione dei fondi, che non corrisponde alle necessità
di programmazione del percorso di studi e segnalati i numerosi casi di
responsabili degli enti costretti a esporsi a titolo personale con le banche
per garantire gli stipendi ai docenti, attesa l’attuale calendarizzazione del
contributo.
Secondo la
Commissione, trascurare i sempre più numerosi figli degli emigranti costituisce
una scelta miope poiché mantenere vivo il loro legame con l’Italia rappresenta
un investimento per il futuro del Paese.
Infine, è stata
evidenziata l’opportunità di approfittare dell’insediamento del nuovo
Parlamento e della Commissione UE per rappresentare in tali sedi le istanze
della Commissione continentale. La relazione completa è su
Un videogioco per promuovere il Made in Italy
ROMA - Nell’ambito
delle attività a supporto della formazione delle competenze digitali e dei
progetti legati alle tecnologie emergenti, in continuità con la prima edizione
di “Let’s Cyber Game”, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha
indetto “Italian Game 2025”, concorso nazionale dedicato all’ideazione e allo
sviluppo di un videogioco incentrato sulla promozione del Made in Italy.
Questa edizione,
che riprende la struttura e le modalità di svolgimento del precedente contest,
è rivolta agli studenti iscritti agli ITS Academy italiani, alle Università e
alle scuole di formazione specializzate nel settore del gaming, con l’obiettivo
di stimolarne l’autoimprenditorialità, sfruttando le potenzialità d’innovazione
del mercato.
La promozione, la
tutela e la valorizzazione delle eccellenze del Made in Italy sarà il tema
intorno al quale i team dei partecipanti dovranno ideare e sviluppare la
struttura del videogame che dovrà avere una valenza significativa a fini
didattici, formativi e di impatto sociale, promuovendo una esperienza immersiva
del giocatore.
I team che
intendono partecipare alla challenge nazionale dovranno presentare la propria
candidatura entro il 30 ottobre 2024, compilando l’apposito form online al link
https://www.mimit.gov.it/it/incentivi/italiangame2025
Il processo di
selezione dei progetti si svilupperà in diverse fasi: una fase preselettiva che
si concluderà nel mese di dicembre 2024, durante la quale i team dovranno
inviare un breve filmato con la demo del videogioco ideato e un documento che
metta in luce gli elementi innovativi e la spendibilità a fini didattici; una
fase finale che si concluderà a giugno 2025, che vedrà la proclamazione dei tre
migliori progetti vincitori a cui verranno consegnati premi del valore di
5.000, 10.000 e 15.000 euro.
I progetti che
accederanno alla fase finale saranno annunciati nel corso della manifestazione
“Rome Videogame Lab25”, in programma a gennaio 2025 presso l’Auditorium Parco
della Musica di Roma.
La cerimonia di
premiazione dei vincitori, invece, sarà organizzata a Firenze nell’ambito della
manifestazione “First Playable”, evento B2B di riferimento per l'industria dei
videogiochi in Italia.
Tutte le
candidature saranno esaminate da una commissione tecnica che terrà conto dei
parametri di creatività e originalità, qualità del gameplay e appetibilità del
gioco per il mercato, oltre alla promozione e la tutela delle opere e dei
prodotti italiani e la sensibilizzazione dei giovani verso professioni artigianali
e creative legate alle eccellenze delle manifatture.
Il contest è
realizzato in collaborazione con Invitalia. (aise/dip 9)
Anagrafe e Aire: conclusa l’integrazione dei dati elettorali in ANPR
ROMA - I dati
elettorali di tutti i cittadini italiani sono ora nell’Anagrafe Nazionale della
Popolazione Residente (ANPR), la banca dati gestita dal Viminale.
Un “traguardo
significativo per l’evoluzione digitale del Sistema Italia”, sottolinea il
Ministero dell’Interno, rimarcando il lavoro comune insieme al Dipartimento per
la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e
l’impegno di tutti i Comuni italiani.
L’integrazione
porterà “importanti i benefici”, sul fronte della semplificazione, sia per i
cittadini che per le pubbliche amministrazioni.
Grazie a questi
nuovi servizi, infatti, tutti i residenti in Italia e i cittadini italiani
residenti all’estero iscritti nelle liste elettorali potranno consultare la
propria posizione elettorale, e avranno la possibilità di conoscere, tra
l’altro, il Comune e la sezione presso cui recarsi in occasione delle
consultazioni elettorali.
Sarà inoltre
possibile richiedere e scaricare telematicamente il certificato di iscrizione
nelle liste elettorali o il certificato di godimento dei diritti politici.
Inoltre, i
cittadini comunitari, residenti in Italia e non ancora presenti nelle liste
elettorali del Comune di residenza, potranno richiederne l’iscrizione
direttamente online.
Per utilizzare i
servizi è necessario accedere all'Area riservata di ANPR, autenticandosi
tramite SPID, CIE, CNS o eIDAS. (aise/dip 26)
Il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero Vignali fa il punto sul
Progetto Italea
ROMA – Nella
puntata di “Casa Italia” di oggi si è parlato del progetto Italea per il
Turismo delle radici, con il Direttore Generale per gli Italiani all’estero e
Politiche migratorie Luigi Maria Vignali. “Intanto sono contento – ha esordito
il Direttore Generale rivolgendosi alla conduttrice del programma dopo la messa
in onda del servizio di presentazione del Progetto Italea – che abbiate
apprezzato il nome Italea, in effetti è molto significativo, perché la talea è
quell’arte botanica che si prefigge di far rifiorire le piante, anche a grande
distanza. In questo modo noi vogliamo rappresentare come dal tronco italiano
siano fiorite molte collettività in giro nel mondo, tanti rami con identità,
cultura e tradizioni però tipiche dell’Italia. Anche dal punto di vista pratico
il nome Italea non ha bisogno di essere tradotto ed è facilmente comprensibile,
il nastro che gira che abbiamo visto nel servizio rappresenta le collettività
italiane, che viaggiano e tornano, che si intrecciano, che portano ovunque la
nostra cultura ed i nostri valori”. “Abbiamo deciso di privilegiare nel
Progetto – ha poi spiegato Vignali – quel grande patrimonio di cultura tipica
italiana, delle tradizioni italiane, dall’enogastronomia, dell’artigianato,
delle produzioni folcloristiche e della musica. Abbiamo quindi tantissimo da dire,
da raccontare, cosa che potremmo fare in questo anno in particolare e che
stiamo già facendo”. Il Direttore Generale si è poi soffermato sulle
origini del Progetto : “Ci sono 80 milioni di italo discendenti nel mondo e su
questo punto siamo partiti già dal 2018, quando insieme all’Enit ed al
Ministero del Turismo abbiamo creato un tavolo di confronto per immaginare un
progetto volto a riportare in Italia tanti connazionali e italo discendenti,
che nel nostro Paese non erano mai stati e che volessero conoscere i luoghi di
origine e i borghi da dove partivano i loro antenati. In questo programma – ha
proseguito Vignali – abbiamo coinvolto attori istituzionali, privati e poi
siamo arrivati a Italea. Un progetto , che attenziona anche una dimensione
economica importante, perché abbiamo calcolato un indotto di 65 miliardi di
euro, dovuto appunto a questa grande collettività di italo discendenti nel
mondo. Ma, oltre al valore economico, vi è anche il dialogo con le nostre
comunità, la possibilità di farle tornare in Italia a riscoprire le loro
origini”. “ In questo ambito – ha continuato il Direttore Generale
-abbiamo messo insieme un programma di agevolazioni, anche con grandi
aziende, per i trasporti, per la spedizione di acquisti che si fanno qui in
Italia e per l’accoglienza, poi c’è questo partenariato con i comuni italiani,
fortemente voluto dal Ministro degli Esteri Tajani, che consente di preparare i
piccoli comuni e i borghi, che sono proprio le realtà in cui vanno i nostri
italo discendenti, i nostri italiani all’estero, ad accogliere i viaggiatori
delle radici con feste, tradizioni, con spazi messi a disposizione, o
anche ricerche genealogiche d’archivio. Insomma, tutta una serie di attività
culturali, in parte divertenti, in parte volte alla scoperta delle proprie
origini. Tutto questo è importante per la ripresa delle aree interne italiane e
per il ripopolamento, anche perché chi torna in Italia magari acquista anche
una casa, magari ci torna pure a vivere, ci porta gli amici stranieri e quindi
si creano tante opportunità”. Su richiesta della conduttrice Vignali ha poi
illustrato i prossimi appuntamenti del Progetto Italea: “A Buenos Aires tra
pochi giorni si terrà la fiera internazionale del turismo, è l’appuntamento più
importante dell’America latina per gli operatori turistici. Noi andremo in
questo contesto con il progetto Italea, con 10 gruppi regionali, e presenteremo
attività enogastronomiche, musicali, artigianali, insomma faremo una
presentazione molto importante, perché sono tanti gli italiani e italo
discendenti vivono in America latina. Vi sarà poi- ha aggiunto Vignali –
l’Australia che è un grande obiettivo del programma Italea, proprio perché la
distanza fa sì, che ci sia questa voglia di riscoprire le origini, di
riscoprire l’Italia. Saremo quindi a Melbourne a ‘Italian Festa’ all’inizio di
ottobre, ci andrò anche io proprio perché è un appuntamento di rilievo , ed
anche lì presenteremo tutte le attività della nostra cultura. A seguire – ha
segnalato infine il Direttore Generale – abbiamo New York che sarà uno dei
momenti più importanti di tutto l’anno, perché ci inseriremo nel programma di
festeggiamenti, che tradizionalmente si sviluppa attorno al Columbus Day, che
quest’anno sarà celebrato sicuramente lunedì 14 ottobre, con la sfilata tradizionale
sulla Fifth Avenue. Vi saranno una banda musicale, dei gruppi mascherati e 15
gruppi regionali. Sarà davvero una festa italiana, con il quale
continuare e rilanciare questo programma Italea”. (L.M.– Inform/dip 26)
Farnesina: Nuova guida alle notifiche all’estero in materia civile e
commerciale
ROMA – E’
disponibile l’edizione 2024 della Guida alle notifiche all’estero degli
atti giudiziari ed extra-giudiziali in materia civile e commerciale, curata
dalla Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie-
Unità per la tutela degli italiani all’estero e per la Cooperazione giudiziaria
internazionale Sezione IV. Il documento – consultabile al link: Guida notifiche
– consentirà ai cittadini e ai loro legali di verificare rapidamente le
modalità operative e le formalità richieste da ogni singolo Paese straniero per
la notifica degli atti, con l’obiettivo di facilitare e velocizzare l’iter
procedurale e migliorare la collaborazione tra Uffici giudiziari in Italia,
Autorità straniere e Rappresentanze diplomatico-consolari nel mondo. Grazie
alla nuova guida, cittadini e addetti ai lavori potranno contare su un nuovo
strumento versatile e dinamico, che sarà periodicamente aggiornato in stretta
collaborazione con le Ambasciate italiane all’estero, per un suo puntuale e
capillare utilizzo da parte di tutti gli interessati. Si legge nella
introduzione alla guida: “La disciplina delle notifiche all’estero è molto
complessa e le procedure previste sono il frutto della stratificazione di norme
contenute in fonti di rango diverso. In questo contesto la guida si propone
come strumento di orientamento e come ausilio essenziale e pratico per gli
addetti del settore e per la rete diplomatico – consolare. Questa edizione,
oltre a riportare gli strumenti normativi (nazionali, internazionali e
dell’U.E.) applicabili alle diverse fattispecie, illustra per singolo Paese,
grazie alle informazioni fornite dalla Rete diplomatico – consolare raccolte
dall’Unità per la Tutela degli italiani all’estero e della cooperazione
giudiziaria internazionale della Farnesina, le indicazioni procedurali e di
prassi che si sono rivelate di uso più frequente”. (Inform/dip
27)
Steinmeier nennt Massaker in
Marzabotto „Tage in der Hölle“
Das NS-Massaker im italienischen Marzabotto vor 80 Jahren
hat Bundespräsident Frank-Walter Steinmeier als „Tage in der Hölle“ bezeichnet.
Am Sonntag nahm er dort an einer Gedenkveranstaltung teil.
„Die SS-Männer
mordeten in jenen Tagen im Herbst 1944 wie in einem Blutrausch. Sie sperrten
die Menschen in Häusern ein und warfen Handgranaten hinein. Brannten Ställe,
Wohnhäuser, Kirchen, Kapellen nieder. Sie kannten kein Erbarmen, keine
Menschlichkeit, nicht einmal für Frauen, Priester, betagte Männer. Und auch
nicht für Kinder, so viele Kinder", sagte Steinmeier laut vorab
verbreitetem Redemanuskript am Sonntag bei einer Gedenkveranstaltung in
Marzabotto.
Das grausamste aller Verbrechen
Als die Deutschen abgezogen seien, seien 771 Menschen tot
gewesen, darunter mehr als 300 Frauen und über 200 Kinder, sogar Säuglinge.
„Das Massaker von Marzabotto war das grausamste aller Verbrechen, die deutsche
Truppen in Italien während des Zweiten Weltkrieges begangen haben“, betonte das
deutsche Staatsoberhaupt. Steinmeier bat im Namen Deutschlands um Vergebung.
Die Opfer und die Nachfahren hätten ein Recht auf Erinnerung. „Die ganze Gegend
hier am Monte Sole trägt bis heute tiefe, sichtbare Narben. Und ich weiß: Der
Schmerz ist noch größer, weil die meisten Verbrechen nie gesühnt wurden. Das
ist die zweite Schuld, die wir Deutschen auf uns geladen haben.“
Sich zu erinnern, damit nicht wieder geschehe, was einmal
geschehen sei, sei die Verantwortung vor der Geschichte, gerade für Deutsche.
„Und diese Verantwortung kennt keinen Schlussstrich", sagte der
Bundespräsident. „Europa hat nur dann eine friedliche Zukunft, wenn wir
Deutschen diese Verantwortung vor der Geschichte niemals vergessen und sie
verteidigen.“
Weg der Versöhnung und der Freundschaft
An Italiens Staatspräsidenten Sergio Mattarella gewandt
sagte Steinmeier: „Unsere beiden Länder wissen, dass die Demokratie, einmal
errungen, nie selbstverständlich ist. Wir wissen, dass Freiheit und Demokratie
geschützt und verteidigt werden müssen, dass überzogener Nationalismus zu Krieg
führt." Er betonte, dass der „Weg der Versöhnung und der Freundschaft“
weitergegangen werden müsse.
Rund um den 29. September töteten Einheiten von SS und
Wehrmacht Hunderte Zivilisten und zerstörten fast alle Häuser in der Region um
Marzabotto. Die Deutschen hatten das Morden als Strafaktion gegen Partisanen
der Gruppe „Stella Rossa“ (Roter Stern) bezeichnet. Wie auch andere
Kriegsverbrechen belastete Marzabotto lange das Verhältnis zwischen Deutschland
und Italien. (kna 29)
Rechtsextreme FPÖ gewinnt
Parlamentswahl in Österreich
Die Umfragen kennen seit einem Jahr nur einen Sieger: die
FPÖ. Die Demoskopen hatten recht. Aber der Triumph der Rechtsextremisten trägt
sie wohl nicht ins Kanzleramt. Die Partei fordert Rückführung von Migranten und
Homogenität statt Diversität.
Die rechte FPÖ wird laut Hochrechnung erstmals bei einer
Parlamentswahl stärkste politische Kraft in Österreich. Die Rechtspopulisten
kamen auf 29,1 Prozent der Stimmen und lagen somit deutlich vor der
konservativen Kanzlerpartei ÖVP, wie aus Daten im Auftrag des ORF hervorgeht.
Für die FPÖ bedeutet dies ein Plus von 13 Prozentpunkten gegenüber 2019.
Die konservative ÖVP von Kanzler Karl Nehammer erhielt den
Daten zufolge 26,2 Prozent (minus 11,2 Prozentpunkte). Laut Hochrechnung
stimmten 20,4 Prozent der Wähler für die sozialdemokratische SPÖ. Damit liegt
die SPÖ im Bereich ihres Rekordtiefs von 21,2 Prozent von 2019. Die Grünen
können den Angaben zufolge mit 8,6 Prozent (minus 5,3 Prozentpunkte) rechnen,
die liberalen Neos mit 8,8 Prozent – das wäre ein kleines Plus. Die
Hochrechnung des Foresight Instituts wurde im Auftrag des Senders ORF erstellt.
Die Bierpartei und die kommunistische KPÖ scheitern
voraussichtlich an der Vier-Prozent-Hürde. Insgesamt waren knapp 6,4 Millionen
Bürger aufgerufen, ein neues Parlament zu wählen. Zuletzt wurde das Land von
einer Koalition aus ÖVP und Grünen regiert.
Die deutlichen Zugewinne der FPÖ liegen im europaweiten
Rechtstrend. Quer durch Europa haben rechte Parteien Zulauf bekommen, etwa in
den Niederlanden Geert Wilders und seine rechtsradikale Partei für die Freiheit
(PVV), die italienische Rechtspartei Fratelli d’Italia (Brüder Italiens) mit
Giorgia Meloni an der Spitze oder das rechtsnationale Rassemblement National
(RN) mit Marine Le Pen in Frankreich. In Deutschland erzielte die AfD große
Erfolge bei den Landtagswahlen in Sachsen, Thüringen und Brandenburg.
FPÖ fordert Rückführung von Migranten
Für die Rechtspopulisten unter ihrem Parteichef Herbert
Kickl wäre der Sieg bei der Nationalratswahl ihr bisher größter Triumph. Die
ÖVP hatte bis zuletzt darauf gehofft, die FPÖ auf der Zielgeraden noch zu
überholen. Kanzler Nehammer versuchte, sich als verantwortungsvolle Alternative
zu Kickl zu positionieren.
In ihrem Wahlprogramm hatte die FPÖ unter dem Motto „Festung
Österreich – Festung Freiheit“ für eine extrem restriktive Migrationspolitik
geworben. Die Partei fordert eine Rückführung von Migranten in ihre
Heimatländer und wünscht sich als Gegenentwurf zur international vielfach
angestrebten Diversität „Homogenität“ in der Gesellschaft. Außenpolitisch sieht
die FPÖ die EU äußerst kritisch. Gegenüber Russland fährt sie trotz des
Ukraine-Kriegs einen eher wohlwollenden Kurs und sieht kein Problem in der
Abhängigkeit Österreichs von russischem Gas.
Hohe Hürden vor Kanzlerschaft von Kickl
Trotz des Siegs dürfte es für Kickl sehr schwer werden,
nächster Kanzler zu werden. Alle Parteien lehnen bisher eine Zusammenarbeit mit
dem 55-Jährigen ab, unter dessen Ägide die FPÖ zum Beispiel ihre einstige Distanz
zu den als rechtsextrem eingestuften Identitären aufgegeben hat.
Bundespräsident Alexander Van der Bellen muss den Auftrag zur Regierungsbildung
nicht zwingend der stimmenstärksten Partei übertragen. Der ehemalige
Grünen-Chef hat immer wieder seine Kritik an politischen Positionen der FPÖ in
Sachen EU und Migration deutlich gemacht.
So gilt es als wahrscheinlich, dass Kanzler Nehammer den
Auftrag bekommt, eine Regierungskoalition zu schmieden. Als Koalitionspartner
bietet sich aus Sicht der ÖVP inhaltlich zwar die FPÖ an, aber der
Regierungschef hat mehrfach und nachdrücklich klargemacht, dass er eine
Zusammenarbeit mit Kickl ausschließt. „Kickl ist nicht in der Lage,
Regierungsverantwortung zu tragen.“ Nehammer hatte auch angekündigt, keine
Koalitionsverhandlungen mit dem FPÖ-Chef zu führen.
Die Alternative zur FPÖ ist die SPÖ. Allerdings gilt ein
Bündnis als schwierig, weil SPÖ-Chef Andreas Babler die Sozialdemokraten mit
Forderungen wie der nach einer 32-Stunden-Woche weit nach links gerückt hat. Ob
sich Babler angesichts des Ergebnisses im Amt halten kann, ist eine der sich
nun aufdrängenden Fragen.
FPÖ ganz rechts
Die Freiheitliche Partei Österreichs wurde 1955 gegründet.
In den Jahren nach dem Zweiten Weltkrieg warben mehrere Parteien, darunter die
sozialdemokratische SPÖ und die konservative ÖVP, um die Stimmen der vielen
ehemaligen Nationalsozialisten. Besonders galt dies jedoch für die FPÖ, die
sich im sogenannten nationalliberalen politischen Lager positionierte. Der
erste FPÖ-Chef war ein ehemaliger hochrangiger SS-Offizier und NS-Politiker.
Sein Nachfolger hatte ebenfalls eine SS-Vergangenheit.
Die Partei errang jahrzehntelang nur einstellige
Wahlergebnisse und wenige Sitze im Parlament. Das änderte sich, als Jörg Haider
1986 den Vorsitz der FPÖ übernahm. Er führte sie bei der Wahl 1999 zu einem
Rekordergebnis von 27 Prozent. Haider starb 2008 bei einem Autounfall. Seine
populistischen Positionen gegen Migration prägen die Partei bis heute.
Die Rechten regierten in den 80er Jahren mit der SPÖ, Anfang
der 2000er mit der ÖVP. Eine neue Koalition von Konservativen und Rechten unter
ÖVP-Kanzler Sebastian Kurz zerbrach 2019, als beide Parteien im Zuge der
Ibiza-Affäre unter Korruptionsverdacht gerieten. (dpa/mig 29)
Staatsbesuch des Präsidenten Sergio
Mattarella in Nordrhein-Westfalen
Am Samstag, 28. September 2024, besuchen der Präsident der
Italienischen Republik, S.E. Sergio Mattarella, und Frau Laura Mattarella
Nordrhein-Westfalen. Gemeinsam mit Ministerpräsident Hendrik Wüst, der
stellvertretenden Ministerpräsidentin Mona Neubaur, dem italienischen
Außenminister Antonio Tajani und Bundespräsident Frank-Walter Steinmeier wird
es verschiedene Termine in Bonn und Köln geben. Unter anderem stehen die
Teilnahme an einer Klimakonferenz der Vereinten Nationen in Bonn sowie Besuche
in der Hohen Domkirche zu Köln und ein Austausch mit Vertreterinnen und
Vertretern der italienischen Gemeinschaft im Historischen Rathaus Köln auf dem
Programm. Am Abend findet ein Abendessen auf Einladung von Ministerpräsident
Hendrik Wüst in der Flora Köln statt.
Im Rahmen des Staatsbesuchs kamen Präsident Mattarella,
Außenminister Tajani, Ministerpräsident Wüst und Europaminister und Chef der
Staatskanzlei des Landes Nordrhein-Westfalen Nathanael Liminski zu einem
bilateralen Gespräch zusammen. Themen waren unter anderem die aktuellen
europäischen Herausforderungen, insbesondere bei der Migration.
Ministerpräsident Hendrik Wüst: „Präsident Mattarella ist
ein durch und durch überzeugter Europäer. In einer Zeit, in der wir mehr denn
je in Europa zusammenstehen müssen, verleiht Präsident Mattarella diesem
Zusammenhalt in Italien seine starke Stimme. Insbesondere die aktuellen
europäischen Herausforderungen wie die Migration, die Wahrung der Inneren
Sicherheit und die Zukunftsfähigkeit der Wirtschaft einen unsere beiden Länder.
Dass Präsident Mattarella im Rahmen seines Staatsbesuchs auch nach Nordrhein-Westfalen
kommt, ist uns deshalb eine große Freude. Denn mit Italien sind wir in
besonderer Weise verbunden. Zahlreiche Menschen in Nordrhein-Westfalen haben
italienische Wurzeln, unsere zivilgesellschaftlichen und wirtschaftlichen
Beziehungen sind eng. Es geht vor allem darum, einen Beitrag zur
deutsch-italienischen Freundschaft und zum Zusammenhalt in Europa zu leisten.
Die Regionalpartnerschaft mit der italienischen Region Piemont bekräftigt
dies.“
Stellvertretende Ministerpräsidentin Mona Neubaur: „Italien
und Nordrhein-Westfalen sind langjährige Partner. Unsere Länder sind
gesellschaftlich und wirtschaftlich durch unzählige Kontakte eng miteinander
verbunden. Jeder vierte in Deutschland lebende Italiener ist bei uns in
Nordrhein-Westfalen zu Hause. Rund 600 italienische Unternehmen beschäftigen
insgesamt rund 24.000 Menschen in Nordrhein-Westfalen. Diese Nähe haben wir
auch der jahrelangen aktiven Zuwanderungspolitik zu verdanken, die zurückgeht
auf die Anwerbeabkommen in den Fünfziger-Jahren. Das ist eine echte
Erfolgsgeschichte für die Menschen in unserem Land und unsere Wirtschaft. Wir
freuen uns daher sehr, dass mit dem Besuch des italienischen Staatspräsidenten
S.E. Sergio Mattarella und seiner Tochter Laura Mattarella die Beziehungen
zwischen Nordrhein-Westfalen und Italien weiter vertieft werden. Uns verbinden
auch die Herausforderungen, etwa bei der Transformation der Wirtschaft und
unseres Energiesystems, bei denen wir in einem wirtschaftlichen starken und
freien Europa zusammen Lösungen finden und voneinander profitieren.“
Beziehungen Nordrhein-Westfalen und Italien
Italien ist für Nordrhein-Westfalen ein wichtiger
Handelspartner (Platz sieben). Besonderer Fokus liegt dabei auf dem Ausbau der
Regionalpartnerschaft mit Piemont, insbesondere bei den Zukunftsthemen
Künstliche Intelligenz, Wasserstoff und autonomes Fahren. Ministerpräsident
Wüst war zuletzt im vergangenen Jahr zum Gespräch mit Außenminister Antonio
Tajani in Italien. Wirtschaftsministerin Neubaur besuchte im Frühjahr dieses
Jahres Mailand und Turin. Anfang September war eine piemontesische
Fachdelegation zum Thema autonomes Fahren in Nordrhein-Westfalen zu Gast.
Insgesamt leben über 140.000 italienischstämmige Menschen in
Nordrhein-Westfalen.
Sergio Mattarella ist seit dem 3. Februar 2015 der zwölfte
Präsident der Italienischen Republik. Es ist der erste Staatsbesuch des
Präsidenten in Nordrhein-Westfalen. Land.nrw 28
Migration: Auf Fakten statt
Parteipolitik setzen
Migranten sollen bereits an der Grenze überprüft werden, ob
sie Aussicht auf Asyl haben. Dazu kann sich die Ampel nicht durchringen. FDP
und Grüne erklären: Dies widerspreche EU-Recht. Den Bürgern werden
entscheidende Informationen vorenthalten. von Eckhard Bieger
Deutschland gefährdet das Geschäft der Schleuser:
1.Migranten bezahlen einen hohen Preis, um in die EU zu
kommen. Deutschland bietet sich wegen seiner offenen Grenzen an. Für die
Schleuser ist der Auftrag erfüllt, wenn ihr Auftraggeber deutschen Boden
betritt. Gelingt Ihnen das nicht, bekommen Sie kaum noch Aufträge. Das Geschäft
lohnt sich bei etwa € 10.000 Honorar. Konsequenz: Die Chance, die Vorteile des
deutschen Rechts- und Sozialstaates sind weiterhin käuflich
2.Entscheidend ist die Einreise deshalb, weil die Migranten
die Vorteile des Rechtsstaates in Anspruch nehmen. Dessen Gerichte handeln
nicht nur für Staatsbürger, sondern für jeden innerhalb des deutsche
Staatsgebiets. Dieser Sachverhalt wird von den Parteien nicht in die Diskussion
gebracht und von den Journalisten nicht recherchiert. Die Bürger bekommen nicht
erklärt, worin der erhebliche rechtliche Unterschied zwischen Überprüfung vor
Grenzübertritt und Einreise besteht. Die Migranten erhalten einen
Rechtsanspruch und Rechtsanwälte vertreten sie.
3.Die Migranten dürften nach dem Dubliner Übereinkommen gar
nicht an der deutschen Grenze ankommen. Sie müssten in den Ländern überprüft
werden, in denen sie das Gebiet der EU erreichen. Diese Länder an den
Außengrenzen können diese Last nicht alleine schultern. Deshalb ist
verständlich, dass sie Migranten an das Land weiterleiten, das seine Grenzen am
meisten offenhält.
4.Das Dubliner Abkommen ist ein Vertrag, der fast
sittenwidrig ist. Polen, Ungarn, Griechenland, Malta, Italien, Spanien u.a.
Staaten sollen die Last allein tragen. Frontex, die EU-Agentur für Grenz- und
Küstenwache, hat eigene Kräfte für den Einsatz an den EU-Außengrenzen, kann
aber offensichtlich den immer noch wachsenden Migrationsstrom nicht steuern.
Die Vereinbarung von Dublin kann offensichtlich von den
Ländern an der EU-Außengrenzen nicht alleine bewältigt werden. Nichte zuletzt
deshalb, weil Deutschland wegen seiner im Vergleich hohen Sozialleistungen
immer noch eine Ausstrahlung hat und es deshalb das Geschäft der Schleuser
massiv unterstützt. Deutschland ist daher mehr als z.B. Griechenland oder
Italien in der Pflicht, das Dubliner Abkommen für diese u.a. Länder gerechter
zu gestalten. Am ehesten würde Deutschland diese Länder entlasten, wenn es die
Zuwanderer nicht die Migranten bevorzugt.
ungerecht gegenüber den Fachkräften, die in Deutschland
arbeiten wollen
5.Diese Praxis verhindert, dass diejenigen, die wirklich als
Asylsuchende die Hilfe eines reichen Staates verdienen, mit Wirtschaftsflüchtlingen
in einen Topf geworfen werden und ihnen die notwendige Anerkennung, hier sein
zu dürfen, vorenthalten wird.
6.Mit in den Topf sind auch die die ausländischen Fachkräfte
geraten, die mit einem Arbeitsvertrag und Grundkenntnissen der deutschen
Sprache nach Deutschland kommen. Diese mussten in ihrem Heimatland einen
Sprachtest bestehen, die von Schleusern Gebrachten „können“ Deutsch lernen.
Müssen sie nicht, denn sie bekommen das Geld ohne zu arbeite, was sich die
ausländischen Fachkräfte erst verdienen müssen.
7.Das Deutschland für Wirtschaftsflüchtlinge so anziehend
ist und damit für die übrige EU-Länder zum Problem wird, zeigt folgende
Regelung: Migranten, die eigentlich ausgewiesen werden sollen, erhalten nach 36
Monaten Bürgergeld. Da eine Abschiebung kaum gelingt, muss man nur Geduld
haben, um wie deutsche Sozialhilfeempfänger finanziert zu werden.
Man kann also nach Deutschland kommen, um dort auf Kosten
der dort arbeitenden Menschen, auch derjenigen, die aus dem Ausland zugewandert
sind. Wenn man arbeiten will und damit Steuern- und Renten- und
Krankenkassenbeiträge bezahlt, stößt man auf hohe Hürden, die man nur
überwinden kann, wenn man mit Deutschkenntnisse und eine entsprechende
Ausbildung vorweisen kann. Insofern beutet Deutschland ärmere Länder aus, denn
diese haben die Ausbildung der Fachkräfte finanziert.
Grenzkontrolle oder Sozialleistungen
Die Abweisung bereits an der Grenze, ohne dass Migranten das
Rechtsgebiet Deutschland betreten, klingt logisch, würde aber nur bedeuten,
dass die Staaten, die durch Dublin bereits überfordert sind, diese Personen
wieder aufnehmen müssten. Eine Grenzkontrolle ist auch deshalb nicht wirksam,
weil die Schleuser die Schlupflöcher kennen.
Abwehrend ist der Entzug der Sozialleistungen. Wer
abgewiesen ist, bekommt. Griechenland und die Niederlange stellen für
abgelehnten Asylbewerbern Zahlungen ein. Nur wer ausreist, bekommt noch Geld.
Migranten sind eigentlich Touristen
Die Schleuser preisen Deutschland als ein Paradies an, in
das man sich für 10.000 Euro bringen lassen kann. Es ist deshalb verständlich,
dass sie Ansprüche wie Touristen stellen, die für ihr Geld etwas erwarten.
Damit erzeugen sie die Animositäten, die sich dann auch gegen ausländische
Fachkräfte und Asylanten wenden. Da die Bürger zwischen Migranten und
Fachkräften nicht unterscheiden können, erschwert das die Integration der
Fachkräfte, die hier arbeiten und nicht von Sozialhilfe leben wollen.
Andere belasten
Wer soll eigentlich die Integration leisten. Es sind doch
das Küchenpersonal, die Reinigungsdienste, die Erzieherinnen, die Lehrer und
Lehrerinnen, die Nachbarn, die Sportvereine und Kirchengemeinden. Das sind wohl
nicht die Wähler der Grünen. Zwar trifft deren gehobene Schicht in Firmen mit
Standorten in der ganzen Welt auf Afrikaner, Lateinamerikaner und Asiaten.
Diese sind allerdings gut ausgebildet und kommen bereits als Mitglied eines
deutschen Unternehmens in die Zentrale. Diese müssen selten Deutsch lernen,
weil die deutschen Kollegen und Kolleginnen sehr gut Englisch sprechen.
Zahlen: 2024 lebten nach Aussage der Bundesregierung 3,48
Millionen Flüchtlinge in Deutschland, 60.000 mehr als 2023. Zu ihnen gehören
die Flüchtlinge aus der Ukraine u.a. Kriegsgebieten, die nur eine
Aufenthaltsgenehmigung haben. 226.882 müssen ausreisen, werden aber meist nicht
von ihren Herkunftsländern wieder aufgenommen. Etwa 30% der deutschen
Bevölkerung sind Migranten oder Kinder von Migranten 2023 wurden um die 315.915
Asylanträge gestellt
Sozialleistungen des Bundes
Direkte Zahlungen an Migranten 2023 11,2 Milliarden
Zahlungen an andere Länder gegen Ursachen der Migration 9,2 Milliarden
Unterstützung der Kommunen 3,9 Milliarden Zahlungen für Integration, z.B.
Sprachkurse 3 Milliarden hinzukommen die Aufwendungen der Kommunen für Wohnraum
u.a. Weitere Daten finden sich im Internet
Eckhard Bieger S.J., Jan Dorau, Dieter Reuss Kath.de 28
Papst warnt Europa von Brüssel aus
vor Krieg
Papst Franziskus hat Europa von Brüssel aus aufgefordert,
„die Gefahr, die Schande und die Absurdität des Krieges abzuwehren“. Wer
Grenzen und Verträge verletze und auf Waffengewalt setze, der öffne „die Büchse
der Pandora“. Breiten Raum nahm in der Ansprache des Kirchenoberhauptes auch
die nötige Aufarbeitung und Prävention von Missbrauch ein. Stefan von Kempis
und Christine Seuss – Vatikanstadt
In Schloss Laeken vor den Toren der belgischen Hauptstadt
hielt Franziskus, der auch Träger des Aachener Karlspreises für Verdienste um
die europäische Einigung ist, eine Ansprache vor Spitzenvertretern von Staat
und Gesellschaft. Dabei lobte er Belgien, das an der Schnittstelle zwischen dem
deutschen und französischen Sprachraum, zwischen dem Kontinent und den
britischen Inseln, zwischen Nord- und Südeuropa liege, als eine Art „Synthese
Europas“ und „Brücke“.
„Ein Ort, an dem man lernt, die eigene Identität nicht zu
einem Götzen oder zu einer Barriere zu machen, sondern zu einem
gastfreundlichen Raum, von dem aus man aufbricht und zu dem man zurückkehrt, wo
wertvolle Begegnungen gefördert werden, wo gemeinsam nach neuem Ausgleich
gesucht wird und wo man zu neuen Schlussfolgerungen gelangt. Eine Brücke, die
den Handel fördert, die Kulturen miteinander in Austausch bringt und zum Dialog
führt. Eine Brücke also, die unverzichtbar ist, um Frieden zu schaffen und
Krieg zu vermeiden.“
Auf die teilweise verbrecherische Kolonialvergangenheit
Belgiens und den Zank der einzelnen Sprachgruppen ging der Gast aus Rom nicht
weiter ein. Stattdessen fokussierte er auf Belgiens Rolle für ein
Zusammenwachsen Europas nach dem Zweiten Weltkrieg. Der kleine Staat erinnere
daran, wie wertvoll friedlicher Ausgleich und Dialog seien und habe in diesem
historischen Moment eine „sehr wichtige Rolle":
„Die Eintracht und der Frieden sind nämlich keine
Errungenschaft, die man ein für alle Mal erlangt, sondern eine beständige
Aufgabe und Mission… In diesem Sinne ist Belgien für das Gedächtnis des
europäischen Kontinents wertvoller denn je. Dieses liefert nämlich
unwiderlegbare Argumente für die Entwicklung eines beständigen und prompten
kulturellen, sozialen und politischen Handelns, das sowohl mutig als auch
umsichtig ist und eine Zukunft ausschließt, in der das Konzept und die Praxis
des Krieges wieder zu einer wählbaren Option werden – mit katastrophalen
Folgen.“
Neu in die Zukunft investieren
Europa solle aus seiner Geschichte lernen, „neu in die
Zukunft investieren“ und sich dem Leben öffnen, „um den demografischen Winter
und die Hölle des Krieges zu besiegen“, rief der Papst. Die Kirche helfe gerne
bei dieser Aufgabe – auch wenn sie die Botschaft des Evangeliums auch selbst
nicht immer gänzlich verstehe und lebe. Damit kam Franziskus auf „schmerzhafte
Gegenzeugnisse“ zu sprechen, die Katholiken in Belgien in den letzten
Jahrzehnten leider gegeben hätten.
„Ich denke dabei an die dramatischen Ereignisse des
Kindesmissbrauchs, einer Geißel, gegen die die Kirche mit Entschiedenheit und
Entschlossenheit vorgeht, indem sie den Leidtragenden zuhört und sie begleitet
und in der ganzen Welt umfassende Präventionsprogramme realisiert", so
Franziskus, der an dieser Stelle direkt auf ein Thema einging, das auch seine
Gastgeber in ihren Begrüßungsworten deutlich angesprochen hatten.
Die Schande des Missbrauchs
Wie wichtig ihm dies war, konnte man auch der Tatsache
entnehmen, dass Franziskus sein vorbereitetes Redemanuskript beiseitelegte und
mit deutlichen Worten forderte, missbräuchliches Handeln mit Demut als Schande
anzuerkennen und sich nicht hinter Statistiken zu verstecken, die vielleicht
nahelegten, dass der Großteil an Missbrauchsfällen in der Familie oder in
Sportvereinen geschehe:
„Aber nur ein Fall reicht aus, um sich zu schämen. In der
Kirche müssen wir dafür um Vergebung bitten, andere müssen ihrerseits um
Vergebung bitten. Das ist u n s e r e Schande und u n s e r e
Demütigung.",
In diesem Zusammenhang ging er auch auf die
‚Zwangsadoptionen‘ der 50er bis 70er Jahre ein, deren Aufdeckung Belgien in den
letzten Jahren nachhaltig erschütterte. Dieses Phänomen mache ihn sehr traurig,
so Franziskus: „In diesen schwierigen Geschichten vermischte sich die bittere
Folge einer Straftat, eines Verbrechens mit dem, was leider das Ergebnis einer
Geisteshaltung war, die in allen Gesellschaftsschichten verbreitet war…“
Kirchliche Beihilfe zu Zwangsadoptionen
Um das „negative Stigma“ zu beseitigen, das unverheiratete
Mütter in jenen Tagen getroffen habe, seien gesellschaftliche Akteure,
„einschließlich der Kirche“, oft der Meinung gewesen, dass es zum Wohl von
Mutter und Kind besser sei, das Kind zur Adoption freizugeben, referierte
Franziskus.
„Als Nachfolger des Apostels Petrus bitte ich den Herrn,
dass die Kirche stets in ihrem Innern die Kraft findet, Klarheit zu schaffen
und sich nicht der vorherrschenden Kultur anzupassen, auch wenn diese Kultur –
auf manipulative Weise – dazu Werte bemüht, die aus dem Evangelium abgeleitet
sind, um daraus jedoch unangemessene Schlüsse zu ziehen, die in schwerwiegender
Weise zu Leid und Ausgrenzung führen.“
Mahnende Begrüßungsworte
König Philippe hatte den Papst in seiner Begrüßungsrede auf
die Skandale um Missbrauch und Zwangsadoptionen angesprochen. „Wir kennen die
Bemühungen der belgischen Kirche, das Irreparable zu ‚reparieren‘; diese
Bemühungen müssen entschlossen und unermüdlich fortgesetzt werden.“ Die
Bischöfe des Landes hatten erst jüngst erneut für die Praxis von Adoptionen um
Vergebung gebeten, bei denen Ordensfrauen anonym durch nichtehelich schwangere
Frauen zur Welt gebrachte Kinder an zahlende Eltern vermittelten.
Ansonsten lobte der königliche Gastgeber seinen Besucher als
„Pilger, der eine universelle Botschaft des Friedens, der Versöhnung und der
Gerechtigkeit mit sich bringt“ und erwähnte den heiligen Missionar Damian de
Veuster, der 1889 in Hawaii an den Folgen einer Lepra-Erkrankung starb, die er
sich bei seinem unermüdlichen Dienst für die Erkrankten selbst zugezogen hatte.
Insgesamt hatte die belgische Kirche - auch wegen der Kolonialvergangenheit des
Landes - eine wichtige Rolle in der Mission gespielt.
Vertrauen erschüttert
Nicht sehr samtpfötig verhielt sich hingegen Ministerpräsident
Alexander De Croo in seiner Begrüßungsrede an Franziskus. Die Skandale hätten
das Vertrauen der Belgier zur katholischen Kirche schwer erschüttert, so der
flämische Liberale, der seit vier Jahren die Regierung führt. Vertuschung sei
inakzeptabel, Worte reichten heute nicht mehr aus, konkrete Schritte seien
nötig.
„Die Opfer müssen gehört werden und einen zentralen Platz
einnehmen. Sie haben ein Recht auf die Wahrheit. Es muss Gerechtigkeit
herrschen; das ist nicht nur eine moralische Verpflichtung, sondern auch ein
grundlegender Schritt zur Wiederherstellung des Vertrauens. Die Menschenwürde
steht an erster Stelle, nicht die Interessen der Institution! Um in die Zukunft
blicken zu können, muss die Kirche ihre Vergangenheit klären.“
Und noch etwas gab der Ministerpräsident dem Papst mit auf
den Weg: „Die Belgier laden Sie ein, über die Herausforderungen der modernen
Gesellschaft nachzudenken.“ Franziskus applaudierte höflich nach dieser Rede.
Der Papst hält sich bis Sonntag in Belgien auf, dann wird er nach Rom
zurückkehren. (vn 27)
Rechnungshof kritisiert
EU-Migrationsfonds
Mit einem Budget von fünf Milliarden Euro soll ein Fonds der
EU Fluchtursachen in Afrika bekämpfen. Der EU-Rechnungshof stellt dem Vorhaben
nun ein schlechtes Zeugnis aus – auch weil Menschenrechtsverletzungen nicht
entgegengewirkt werde.
Der Europäische Rechnungshof hat dem EU-Migrationsfonds für
Afrika ein schlechtes Zeugnis ausgestellt. Die Mittel des Fonds in Höhe von
fünf Milliarden Euro würden „nach dem Gießkannenprinzip verteilt“, kritisierte
der Rechnungshof am Mittwoch in einem in Luxemburg vorgestellten Bericht. Es
ist bereits die zweite Rüge durch die EU-Prüfer. Diese hatten dem Fonds schon
2018 attestiert, Gelder nicht gezielt genug einzusetzen, um die Ursachen von
Instabilität, irregulärer Migration und Vertreibung auf dem afrikanischen
Kontinent zu bekämpfen.
Der Fonds (EUTF Afrika) wurde 2015 als Reaktion auf die
Migrationskrise eingerichtet. Er zielt darauf ab, Krisen in der Sahelzone, am
Horn von Afrika und in Nordafrika zu bewältigen und damit Fluchtursachen zu
bekämpfen, etwa durch die Schaffung von Beschäftigungsperspektiven.
Der Fonds sei grundsätzlich „ein sinnvolles Instrument“,
sagte Bettina Jakobsen, Mitglied des Europäischen Rechnungshofes. Aber „eine
breit gestreute Unterstützung ohne strategische Ausrichtung ist nicht wirksam
genug“, ergänzte sie. Aktuell ließe sich fast alles durch den Fonds fördern,
auch etwa eine Radiostation. Die EU-Kommission müsse künftig mehr tun, um zu
zeigen, dass sie die Gelder der Steuerzahler nachhaltig einsetze.
Keine nachhaltige Fluchtursachenbekämpfung
Die zur Überwachung der Projekte verwendeten Indikatoren
zeigten auch nicht, ob deren Ergebnisse nachhaltig dazu beigetragen haben,
Fluchtursachen zu bekämpfen. Daher könne die EU-Kommission nach wie vor nicht
beurteilen, durch welche Maßnahmen irreguläre Migration und Vertreibung in
Afrika am besten eingedämmt werden können, erläutern die Prüfer in ihrem
Bericht.
Ziel des Migrationsfonds sei es gewesen, die Förderung nach
wissenschaftlichen Kriterien auszurichten, erklärte der Rechnungshof. Mehr als
100 Forschungsberichte seien daher finanziert worden. Diese hätten auch
wertvolle Informationen über die Ursachen von Konflikten, Flucht und
Vertreibung geliefert. Der Großteil der Berichte sei allerdings erst
veröffentlicht worden, nachdem bereits fast alle Mittel zugewiesen wurden. Der
Fonds läuft 2025 aus.
Kampf gegen Menschenrechtsverletzungen nicht entschlossen
Laut den Prüfern wird auch dem Risiko von
Menschenrechtsverletzungen bei den von der EU geförderten Programmen nicht
entschlossen genug begegnet. Weil die Kommission über keine formellen Verfahren
für die Meldung, Erfassung und Weiterverfolgung von Verdachtsfällen verfüge,
seien die Prüfer „nicht in der Lage zu bestätigen, dass alle Vorwürfe
weiterverfolgt wurden“. Aus Mitteln des Fonds seien etwa Auffanglager für
Migranten in Libyen finanziert worden, doch die Behörden des nordafrikanischen
Landes hätten den EU-Prüfern den Zugang verwehrt.
Die EU-Prüfer fordern die Kommission auf, künftig Gebiete
und Empfänger stärker faktenbasiert auszuwählen sowie Risiken für
Menschenrechtsverletzungen besser zu identifizieren und entsprechende
Vorsorgemaßnahmen zu ergreifen. Die EU hat mit den Mitteln aus dem Fonds 27
Länder bei 248 Programmen unterstützt. (epd/mig 27)
Frankfurt. Newsletter VERSO SUD und
besondere italienische Filmvorführungen
Liebe Freundinnen und Freunde des italienischen Kinos,
die Vorbereitungen für die 30. Ausgabe von Verso Sud laufen
auf Hochtouren und Sie sollten sich den Termin schon einmal fest vormerken -
von 22.11. bis 4.12.2024 findet das Festival diesmal statt und wie gewohnt
werden Sie in diesem Newsletter rechtzeitig vorher über das Programm und den
Beginn des Vorverkaufs informiert.
Die Hommage des Festivals ist in diesem Jahr Marcello
Mastroianni zum 100. Geburtstag gewidmet. Aber weil das Werk dieses
Jahrhundertschauspielers enorm umfangreich ist, wird ein erster Teil der
Retrospektive bereits im Oktober anlässlich des Gastlandes Italien der
Frankfurter Buchmesse zu sehen sein.
Bereits morgen, Di. 1.10. um 20:30 Uhr, geht es mit DOMENICA
D'AGOSTO (Ein Sonntag im August, 1950) los, in dem Mastroianni seinen
ersten längeren Leinwandauftritt hatte. Am Mi. 2.10. um 18 Uhr folgt GIORNI
D'AMORE (Tage der Liebe, 1954) mit Mastroianni an der Seite von Marina
Vlady, am Do. 3.10. um 20:30 Uhr der Komödien-Klassiker PECCATO CHE SIA UNA
CANAGLIA (Schade, daß du eine Kanaille bist, 1954) mit Sophia Loren und
Vittorio De Sica und am Fr. 4.10. um 20:30 Uhr der eindrucksvolle Krimi
L'ASSASSINO (Trauen Sie Alfredo einen Mord zu?, 1961) von Elio Petri.
Nach dem LUCAS-Filmfestival geht es ab 13.10. mit
Wiederholungen und zusätzlichen Filmen weiter: LA NOTTE (Die Nacht, 1961) von
Michelangelo Antonioni mit Jeanne Moreau und Monica Vitta, OTTO E
MEZZO (Achteinhalb, 1963) von Federico Fellini mit Anouk Aimée und
Claudia Cardinale, FANTASMA D'AMORE (Die zwei Gesichter einer Frau, 1981),
der einzige gemeinsame Film von Mastroianni und Romy Schneider, und jenseits
von Italien mit O MELISSOKOMOS (Der Bienenzüchter, 1986) des großen
griechischen Regisseurs Theo Angelopoulos.
Eine Übersicht aller insgesamt acht Mastroianni-Filme in 15
Vorführungen im Oktober finden Sie hier:
Außerdem ist im Oktober zur Buchmesse am Mi. 16.10. Mario
Monicellis UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO mit einer Lesung aus der
Romanvorlage zu sehen und in der Folgewoche am Fr. 25.10. beim Filmclub Treppe
41 der italienische Klassiker PADRE PADRONE von den Taviani-Brüdern zu
sehen.
Im November geht es dann bei Verso Sud mit vielen weiteren
Mastroianni-Filmen weiter - nutzen Sie diese Gelegenheit, die Vielseitigkeit
eines der ganz großen Schauspieler des italienischen und internationalen Kinos
in bekannten und weniger bekannten Filmen auf der großen Leinwand zu erleben,
natürlich in der italienischen Originalfassung mit entweder deutschen oder
englischen Untertiteln.
Wir wünschen Ihnen schöne Kinoabende in diesem kalten
Herbst!
Verso Sud/dip
Die Ukraine kämpft für ihre Freiheit. Doch um einen
dauerhaften Frieden zu sichern, braucht sie internationale Unterstützung und
Sicherheitsgarantien. Anders Fogh Rasmussen & Andriy Yermak
Der russische Präsident Wladimir Putin bestreitet das Recht
der Ukraine auf Souveränität und ist seit 2014 zweimal in das Land eingefallen.
Glücklicherweise wurden seine Bemühungen, das Land zu unterjochen, durch den
Mut des ukrainischen Volkes vereitelt. Nach zweieinhalb Jahren erbitterter
Verteidigung ihrer Heimat ist mehr als deutlich geworden, dass sich die
Ukrainer der russischen Tyrannei niemals unterwerfen werden. Trotz ihrer
Widerstandskraft geht Putins brutaler Angriffskrieg weiter. Sollten die
Verbündeten der Ukraine nicht die nötige Entschlossenheit zeigen, könnte sich
der Konflikt über Jahre hinziehen und die Stabilität in Europa gefährden. Zudem
bedroht ein zunehmend militaristisches Russland nicht nur die Ukraine, sondern
die ganze Welt – mit potenziell katastrophalen Folgen. Russlands Krieg hat
bereits weltweit Schockwellen ausgelöst, die Energie- und Lebensmittelpreise in
die Höhe getrieben und die nukleare Sicherheit gefährdet.
Durch die Verletzung grundlegender Prinzipien des
Völkerrechts hat Russland die globale Ordnung ins Wanken gebracht. Um den
Frieden zu sichern, müssen die Verbündeten der Ukraine Putin zu verstehen
geben, dass er die Bedingungen für ein Kriegsende nicht diktieren kann. Das
lässt sich erreichen, indem weltweit Unterstützer für ein Friedensabkommen
gewonnen werden, das auf den Grundprinzipien des Völkerrechts beruht, das die
Position der Ukraine auf dem Schlachtfeld stärkt, das ihr langfristige
Sicherheitsgarantien gewährt und das einen klaren Weg zum NATO-Beitritt
aufzeigt.
Während Putin darauf abzielt, den Krieg in die Länge zu
ziehen, bemüht sich der ukrainische Präsident Wolodymyr Selenskyj aktiv um
einen dauerhaften Frieden. In diesem Sommer versammelte er Vertreter aus mehr
als 90 Ländern in der Schweiz, um für seine Zehn-Punkte-Friedensformel zu
werben, die neben dem vollständigen Rückzug Russlands auch die Stärkung der
nuklearen Sicherheit und die Bewältigung der Umweltauswirkungen des Konflikts
vorsieht. Globaler Druck wird entscheidend sein, um eine Einigung zu erzielen.
Allerdings erfordert ein dauerhafter Frieden auch starke Sicherheitsgarantien.
Da Russland wiederholt durch seine Verstöße gegen
internationale Abkommen und durch großflächige Kriegsverbrechen seine
Missachtung für das Völkerrecht und die grundlegenden Menschenrechte unter
Beweis gestellt hat, kann der Frieden nicht allein auf Putins Versprechen
beruhen. Der Ausgang des Krieges wird davon abhängen, inwieweit die Ukraine in
der Lage ist, sich selbst zu verteidigen. Die unmittelbare Priorität besteht
darin, die Position der Ukraine auf dem Schlachtfeld zu stärken. Da russische
Raketen und Drohnen weiterhin Zivilisten im ganzen Land töten, wobei die
meisten Angriffe von russischem Gebiet ausgehen, hat die Ukraine jedes Recht,
Langstreckenwaffen einzusetzen, um diese Ziele zu treffen, und in Russland
einzudringen, um weitere Angriffe zu verhindern. Schränkt man die Möglichkeiten
der Ukraine hierzu ein, benachteiligt sie das im Kampf massiv.
Die ukrainischen Streitkräfte haben wiederholt bewiesen,
dass sie die vom Westen gelieferten Waffen wirksam und verantwortungsbewusst
einsetzen können. Es ist an der Zeit, dass die Verbündeten alle verbleibenden
Beschränkungen in Bezug auf die gelieferten Waffentypen und die Art ihres
Einsatzes aufheben. Neben der sofortigen Unterstützung müssen sich die
Verbündeten jedoch auch dazu verpflichten, der Ukraine so lange wie nötig
militärische Ausrüstung und finanzielle Mittel zur Verfügung zu stellen. Die
Ukraine hat im Rahmen des von uns mitverfassten Kiewer Sicherheitspakts bereits
langfristige Sicherheitsgarantien von mehr als 30 Ländern erhalten. Jetzt ist
es an der Zeit zu beweisen, dass diese Garantien Substanz haben.
In den kommenden Monaten werden wir uns darauf
konzentrieren, sicherzustellen, dass die Garantien halten, was sie versprechen.
Das bedeutet, ihre Umsetzung zu überwachen, aufkommende Bedrohungen zu bewerten
und sicherzustellen, inwieweit die Sicherheitsbedürfnisse der Ukraine mit der
umfassenderen Verteidigungsstrategie Europas im Einklang stehen.
Um zu verhindern, dass Putin einen Frieden zu seinen
Bedingungen diktiert, braucht es mehr als nur Sicherheitsgarantien. Die
Verbündeten der Ukraine sollten ihre Unterstützung ausweiten, indem sie
beispielsweise ukrainische Streitkräfte im Land ausbilden und zivile
Auftragnehmer oder spezialisierte Militärteams zur Reparatur beschädigter
Ausrüstung vor Ort entsenden. Nachbarstaaten könnten einen erweiterten
Luftverteidigungsschild über der Westukraine errichten, um ankommende russische
Raketen und Drohnen abzufangen und so das Leben der Zivilbevölkerung zu
schützen und es der Ukraine zu ermöglichen, ihre Luftverteidigungssysteme
wieder an die Front zu verlegen.
Jeder dieser Schritte wird die Position der Ukraine in
künftigen Verhandlungen zweifellos stärken. Letztlich jedoch kann Frieden und
Sicherheit in Europa langfristig nur durch die Aufnahme der Ukraine in die NATO
gewährleistet werden. Die Ukraine in der Grauzone zwischen Russland und dem
Bündnis zu belassen, würde nur zu weiterer Instabilität, Aggression und Gewalt
führen. Die NATO-Staaten müssen entschlossen handeln und der Ukraine einen Weg
zur Mitgliedschaft anbieten. Auch wenn das nicht bedeutet, dass die Ukraine dem
Bündnis von heute auf morgen beitreten wird, wäre eine solche Zusage ein
deutliches Signal an Putin, dass sein Krieg den letztlichen Beitritt der
Ukraine nicht verhindern kann.
Angesichts von Putins stark militarisierten und zunehmend
revanchistischen Russlands müssen die Ukraine und ihre Verbündeten die alte
römische Maxime si vis pacem, para bellum beherzigen: „Wenn du Frieden willst,
bereite dich auf Krieg vor“. Das ukrainische Volk hat in den vergangenen
zweieinhalb Jahren seine unerschütterliche Entschlossenheit bewiesen, seine
Freiheit zu verteidigen. Doch um einen dauerhaften Frieden zu erreichen, muss
die internationale Gemeinschaft den Mut und die Kraft aufbringen, diesen
Frieden zu unterstützen und zu bewahren. PS/IPG 26
Hanns-Seidel-Stiftung unterstützt München gegen
Antisemitismus
Markus Ferber: "Der Kampf gegen Antisemitismus ist eine
gesamtgesellschaftliche Aufgabe."
München – Die Gedenkveranstaltungen 365 Tage – München gegen
Antisemitismus findet am 6. Oktober 2024 um 16:00 Uhr in München statt. Ziel
der Veranstalter ist es, die größte Demonstration gegen Antisemitismus in
Deutschland zu organisieren.
Zur Veranstaltung am Münchner Odeonsplatz erwarten die
Veranstalter u.a. als Rednerinnen und Redner: Dr. Markus Söder,
Bayerischer Ministerpräsident, Dr. Josef Schuster, Präsident des Zentralrats
der Juden in Deutschland und die Schauspielerin Uschi Glas.
Zur breiten Allianz der mitwirkenden Organisationen zählt
auch die Hanns-Seidel-Stiftung. Der Stiftungsvorsitzende Markus Ferber, MdEP
wird selbst an der Gedenkveranstaltung teilnehmen: "Antisemitismus ist
eine der ältesten und gefährlichsten Form des Hasses, die unser
gesellschaftliches Miteinander bedroht. Aus unserer historischen und sozialen
Verantwortung heraus ist es entscheidend, dass wir zusammenstehen und klare
Zeichen gegen jede Form von Judenfeindschaft, Judenhass, Diskriminierung und
Hassverbrechen setzen. Ich möchte mich solidarisch mit der jüdischen
Gemeinschaft zeigen und mit meiner Teilnahme aktiv ein Zeichen gegen
Antisemitismus setzen. Der Kampf gegen Antisemitismus ist eine
gesamtgesellschaftliche Aufgabe".
Die Öffentlichkeit ist aufgefordert sich an der
solidarischen Aktion zum Gedenken an die Opfer des Terrorangriffs vom 7.
Oktober 2023 zu beteiligen, als über 200 Menschen aus 25 Nationen nach Gaza
entführt wurden und dort teils noch immer als Geiseln festgehalten werden.
Insgesamt wurden auf israelischer Seite über 1.200 Menschen ermordet und über
5.000 verletzt.
Die Gedenkveranstaltung beginnt mit einer Versammlung am
Odeonsplatz, gefolgt von Keynote-Reden und einem 18-minütigen Fußmarsch durch
München. 18 Minuten sind symbolisch, die Zahl 18 steht im Hebräischen für
„Chai“, was „Leben“ bedeutet. Mit jedem Schritt setzen die Teilnehmenden ein
Zeichen für das Leben der Geiseln, das Leben der Menschen, die unter Gewalt
leiden, und das Leben hier in München und Bayern, gemeinsam gegen Hass und
Antisemitismus.
Die Veranstaltung steht unter der Schirmherrschaft von
Charlotte Knobloch, Präsidentin der Israelitischen Kultusgemeinde München und
Oberbayern, sowie Dieter Reiter, Oberbürgermeister der Landeshauptstadt
München. HSS 26
Das Märchen der Re-Nationalisierung
In einer immer komplexeren Welt ist mehr Multilateralismus
unabdingbar – die G20 sollte dabei eine treibende Kraft sein. Markus Engels
Es eint Donald Trump mit Boris Johnson („We will take back
control“) und anderen nationalen Populisten, wenn sie die Rückeroberung
nationaler Souveränität als Lösung für innenpolitische Probleme versprechen.
Auch wenn bereits vielfach nachgewiesen ist, dass eine Re-Nationalisierung
weder gut funktioniert noch die erhofften Wohlstandsgewinne bringt, scheint
diese populistische Forderung ein Dauerbrenner in nationalen Wahlkämpfen zu
sein – selbst bei Regionalwahlen, obschon Regionalregierungen nahezu keinen
Einfluss auf Globalisierungsprozesse haben. Die Haltung „Ich regle das
national!“ ist wohl verführerischer als der Fakt, dass weder innere noch äußere
Sicherheit im nationalen Alleingang gewährleistet werden können, auch
Migrationsbewegungen kaum regional kontrollierbar sind. Das gilt auch für
Energiesicherheit, Gesundheitsvorsorge, den Kampf gegen den Klimawandel,
Wohlstandsmehrung und die Versorgung der Bevölkerung mit zentralen Gütern und
Dienstleistungen.
In Anlehnung an das dänische Märchen „Des Kaisers neue
Kleider“ aus dem frühen 19. Jahrhundert muss man wohl unermüdlich auf die
irreführende Polemik von Problemlösungen durch Re-Nationalisierung hinweisen,
wenn der nationale Mainstream in vielen Ländern nationalistisch zu blinken
beginnt: Denn es ist wie beim Kaiser im Märchen, der keine Kleider trägt. Jeder
sieht es, aber nur ein unschuldiges Kind traut sich, es auszusprechen.
Re-Nationalisierung führt eher zur Vergrößerung von Problemen und nicht zu
deren Lösung. Wer glaubt, dass man sich abkoppeln sollte von Weltwissen und
Kultur, einem internationalen Arbeitsmarkt und globalen Handelsströmen, der
denkt auch, dass man beim Verstecken-Spielen am besten die Augen zuhält, um
nicht gefunden zu werden.
Dass das keine theoretische Debatte ist, konnte zuletzt in
England besichtigt werden, wo es nach dem Brexit nicht etwa mehr Unabhängigkeit
und Wohlstand gibt, sondern im Gegenteil: London versinkt immer mehr in einem
ökonomischen Chaos, das sich negativ auf Arbeitsplätze, Kaufkraft, die Kultur
und letztlich auf die politische Stimmung im Land auswirkt. Entgegen allen
Versprechungen, die in der Brexit-Kampagne gegeben wurden, leidet auch das
Gesundheitssystem unter der britischen Re-Nationalisierung. Ein kurzer Blick
zum Beispiel auf das deutsche Gesundheitssystem sollte genügen: Es sind
vielfach Menschen mit Migrationshintergrund, die in Krankenhäusern, Altenheimen
und Pflegeeinrichtungen arbeiten, weil ohne sie der Bedarf kaum gedeckt werden
kann.
Wenn man sich allein vergegenwärtigt, dass ein Auto aus mehr
als 10 000 einzelnen Bauteilen besteht, die in einer Vielzahl von Ländern
produziert werden, dass eine moderne Volkswirtschaft abhängig ist von Menschen
und ihrem Wissen auf der ganzen Welt, kann dieses negative Resultat des Brexits
nicht überraschen, ja, es war sogar im Vorfeld absehbar. Multilateralismus und
internationaler Austausch führen zu einer Win-Win-Situation, während eine
Rückkehr zum Nationalismus zu einem machtpolitischen Nullsummenspiel oder sogar
zu einem Regress in der gesamtgesellschaftlichen Entwicklung führt.
Wie schon in der zweiten Hälfte des 20. Jahrhundert ist eine
globale Interdependenz analytischer Kern für Souveränität, es geht also um
„verschränkte Souveränität“. Dieser Befund sollte auch in Wahlkämpfen ehrlich
benannt werden – und er muss institutionelle Konsequenzen haben. Denn die
Wahrheit ist: Die Herausforderungen mit oft heftigen Ausschlägen in den
Nationalstaaten und Regionen sind im 21. Jahrhundert ursächlich oft global.
Darum müssen multilaterale Strukturen dort gestärkt werden, wo die
entscheidenden Spieler zur Lösung der globalen Probleme zusammensitzen.
Jeder ehrliche Wahlkämpfer sollte die begrenzte nationale
Lösungskompetenz eingestehen und den anspruchsvollen Weg des Multilateralismus
verdeutlichen, beziehungsweise seinen Vorsatz, wie das Erreichen einer
internationalen Lösung befördert werden kann. Me first ist dabei offensichtlich
kein tragfähiges Konzept – es funktioniert noch nicht einmal in kleinen
sozialen Gruppen, die keiner Gewaltherrschaft unterworfen sind.
Auch wenn es bereits ein UN-System gibt, das an vielen
Stellen tagtäglich gute Arbeit leistet und trotzdem oft unberechtigt harsch
kritisiert wird, sollte – in Ergänzung – das G20-System gestärkt werden, um
Armutsüberwindung, Bekämpfung des Klimawandels, Regulierung der digitalen Welt,
fairen Handel und Migrationsregulierung effektiv im Sinne eines globalen
Gemeinwohls zu beschleunigen. Die G20 haben in den letzten Jahren vieles
unternommen, um ihre globale Akzeptanz zu erhöhen, auch indem sie inhaltlich
sachgerechte Vorschläge vorgebracht haben. Zwar besteht die „Group of 20“ auch
nach der Aufnahme der Afrikanischen Union nur aus 21 Mitgliedern und ist damit
weit entfernt von der nahezu universellen Repräsentanz der UN; aber auch die
Vereinten Nationen sind in ihrem wichtigsten Gremium, dem Sicherheitsrat, völlig
anachronistisch und wenig repräsentativ zusammengesetzt.
Die Regierungen der G20 repräsentieren nahezu zwei Drittel
der Weltbevölkerung, vier Fünftel des globalen Bruttosozialprodukts und alle
Kontinente sind vertreten: Selbst die Zivilgesellschaften sind über sogenannte
engagement groups eingebunden, etwa weltweit führende Thinktanks,
Gewerkschaften, Frauen- und Jugendverbände, Wirtschaftsvertreter und Kommunen.
Gleichzeitig können die G20 immer noch effizient arbeiten, sind gut koordiniert
und bei politischen Vorschlägen oft innovativ.
Aber nicht nur der allgemeine, institutionelle Aufbau der
G20 beeindruckt. Die Vielzahl fundierter Vorschläge etwa zur besseren
Finanzierung nationaler Haushalte, zur Regulierung der internationalen
Migration und des digitalen Zeitalters oder zum Kampf gegen den Klimawandel
lässt wünschen, dass Regierungen, Parlamente und Medien intensiver aus dem
Füllhorn der problemorientierten Lösungsvorschläge schöpfen. Wenn aber mehr von
den interessanten Vorschlägen aus den G20 in den nationalen Hauptstädten und
den Öffentlichkeiten ankommen soll, muss das System an einigen Stellen
reformiert werden.
In mindestens drei Bereichen ist der Reformbedarf
offensichtlich: Erstens müssen die G20 vom Beratungs- zum Beschlussgremium
werden. Bislang sind die G20 ein informelles Gremium, das keine
rechtsverbindlichen Beschlüsse fasst. Allerdings drängt bei vielen globalen
Herausforderungen offensichtlich die Zeit, sodass es kaum noch zu vermitteln
ist, warum es vieler Umwege bedarf, um zu einer rechtsverbindlichen Regulierung
zu kommen, wenn sich die G20-Mitglieder bereits auf ein Vorgehen verständigt
haben. Das bedeutet konkret, dass die G20 in eine internationale Organisation
überführt werden sollte – ähnlich wie die KSZE in den 1990er Jahren zur OSZE
wurde.
Zweitens, die Repräsentanz der G20 muss weiter verbessert
werden. Auch wenn durch die Aufnahme neuer Mitglieder und durch die regelmäßige
Einladung von Gästen die G20 wichtige Schritte zur besseren Repräsentanz
unternommen hat, könnte zum Beispiel durch die Mitgliedschaft der Staaten, die
am stärksten vom Klimawandel betroffen sind, ein deutliches Zeichen gesetzt
werden, dass die Verursacher von Krisen die Betroffenen bei der Lösung
einbeziehen. Auch gilt es, die Einbeziehung der zivilgesellschaftlichen Gruppen
festzuschreiben und ihre Partizipation zu ermöglichen. Das mag finanzielle
Implikationen haben. Ob die nationalen Parlamente und das Europaparlament die
G20 institutionell begleiten wollen, werden sie selbst entscheiden müssen.
Parlamentarische Versammlungen von anderen internationalen Organisationen
könnten als Beispiel dienen. Diese stärken inhaltlich und durch bessere
Repräsentanz schon jetzt die Regierungsorganisationen.
Drittens, die Organisation der G20 muss verstetigt und
professionalisiert werden. Bislang obliegt es der jährlich wechselnden
G20-Präsidentschaft, ihre Prioritäten zu benennen und die entsprechenden
Sitzungen vorzubereiten. Länder, die eine funktionierende Administration und
eine lebendige Zivilgesellschaft besitzen, können eine G20-Präsidentschaft
kompetent und zielorientiert durchführen. Das ist aber nicht immer
gewährleistet. Deshalb sollte ein permanentes Sekretariat die unzähligen
G20-Sitzungen vorbereiten, also Prioritäten, Beschlussvorlagen und
Tagesordnungen entwerfen, die Einhaltung der Beschlüsse überwachen und die
stetige Einbeziehung der Zivilgesellschaft sicherstellen.
Mitte November findet in Rio de Janeiro der nächste
G20-Gipfel unter brasilianischer Präsidentschaft statt. Es ist höchste Zeit,
dem Multilateralismus im Sinne einer Weltinnenpolitik einen kräftigen Schub zu
verleihen. Die G20 zu stärken, könnte angesichts der immer sichtbarer werdenden
Spaltung der Welt das notwendige Signal hierfür sein. IPG 26
Polizeigewerkschaft. Neue
Grenzkontrollen sind kaum wirksam
Seit gut einer Woche finden an den deutschen Grenzen mehr
Kontrollen statt, um gegen irreguläre Migration vorzugehen. Das Zwischenfazit
der Polizeigewerkschaft fällt bescheiden aus. Die Maßnahme wirke nicht einmal
abschreckend.
Die neuen Grenzkontrollen haben nach Ansicht der
Gewerkschaft der Polizei (GdP) bisher kaum zur Begrenzung sogenannter
„illegaler“ Migration beigetragen. „Festzustellen bleibt, dass die Aufgriffe
von unerlaubten Menschen sowie Schleusern relativ gering ist“, sagte der
GdP-Vorsitzende Andreas Roßkopf dem Redaktionsnetzwerk Deutschland. Folglich
habe es an der Westgrenze auch nur eine geringe Zahl an Zurückweisungen
gegeben.
Seit vergangener Woche werden an sämtlichen deutschen
Grenzen Kontrollen durchgeführt, um die Zahl unerlaubt Einreisender
einzudämmen. Neu sind die Kontrollen an den Landgrenzen zu Dänemark, Belgien,
den Niederlanden und Luxemburg. An den Grenzen zu Polen, Tschechien, Österreich
und der Schweiz wird schon länger kontrolliert, auch an der Grenze zu Frankreich
gab es wegen der Olympischen Spiele bereits Kontrollen. Die Maßnahme ist
zunächst auf sechs Monate befristet.
Kontrollstellen werden einfach umfahren
Roßkopf sagte, Kontrollstellen und Hauptstraßen würden seit
Beginn der Maßnahme schlicht umfahren. Der Polizei fehle es zudem an der
Ausstattung, um als moderne Fahndungspolizei arbeiten zu können. „Die
Versäumnisse in diesem Bereich in den letzten Jahren fallen uns jetzt auf die
Füße.“
Eine abschreckende Wirkung der Maßnahmen sei bisher
ebenfalls nicht zu erkennen. „Die Weiterleitung von Schutz- und Asylsuchenden
an das Bundesamt für Migration und Flüchtlinge im Landesinneren bleiben
weiterhin hoch“, so Roßkopf. (dpa/mig 26)
Das Programm des Goethe-Instituts
auf der Frankfurter Buchmesse 2024
Vom 16. bis 20. Oktober treffen sich in Frankfurt
Literaturbegeisterte und Fachvertreter*innen im Rahmen der diesjährigen
Buchmesse. Das Goethe-Institut ist mit Programmpunkten zu ukrainischer
Literatur, zum Gastland Italien sowie zum Thema Übersetzungsförderung auch 2024
auf der Frankfurter Buchmesse vertreten.
Gleich zwei runde Geburtstage feiert die
Übersetzungsförderung des Goethe-Instituts in diesem Jahr: Seit seiner
Einführung vor 50 Jahren hat das Übersetzungsförderungsprogramm des
Goethe-Instituts die Veröffentlichung von mehr als 7.000 deutschsprachigen
Büchern in 45 Sprachen ermöglicht. Daneben besteht das Litrix-Programm des
Goethe-Instituts seit zwei Jahrzehnten: Es bietet finanzielle Anreize zur
Übersetzung jüngst erschienener deutschsprachiger Literatur in wechselnde
Schwerpunktsprachen - aktuell Italienisch. Im Rahmen der Frankfurter Buchmesse,
deren diesjähriger Ehrengast Italien ist, werden die beiden Jubiläen in der
Übersetzungsförderung des Goethe-Instituts gefeiert: Die Schriftstellerin
Charlotte Gneuß, deren Debütroman "Gittersee" auf der Longlist des
Deutschen Buchpreises 2023 stand, spricht mit ihren Übersetzerinnen Merete
Franz und Silvia Albesano über die literarische Auseinandersetzung mit der DDR
und über Herausforderungen, die im Übersetzungsprozess auftreten, etwa bei der
Vermittlung historischer Stoffe an ein internationales Publikum. Moderiert wird
das Gespräch von der Journalistin, Moderatorin und Autorin Shelly Kupferberg
(18. Oktober um 16 Uhr). "Gittersee" wurde im Rahmen der
Übersetzungsförderung des Goethe-Instituts unter anderem ins Norwegische und
ins Italienische übersetzt. Weitere Informationen zur Veranstaltung hier: https://www.goethe.de/de/uun/ver.cfm?fuseaction=events.detail&event_id=26050727
Gastland Italien
Anlässlich des italienischen Ehrengastauftritts auf der
Frankfurter Buchmesse wird es auf Einladung der Schweizer Kulturstiftung Pro
Helvetia einen LiteraturParade-Aperitivo im Zeichen des deutsch- und
italienischsprachigen Literaturaustausches geben. Die Veranstaltung, an der
auch das Goethe-Institut beteiligt ist, findet im Nachklang des Programms
"LiteraturParade" statt, mit dem sich deutschsprachige Literatur im
Mai 2024 auf der Internationalen Buchmesse in Turin präsentiert hat. Zum
Aperitivo lesen Charlotte Gneuß, Shelly Kupferberg, Vincenzo Latronico, Marko
Miladinovi? und Igiaba Scego aus ihren Werken (17. Oktober um 16:30 Uhr).
Das Goethe-Institut in Neapel kuratiert für den Stand der
Region Kampanien (Halle 3.1 G 704) darüber hinaus ein Programm, das Begegnungen
zwischen süditalienischen Autor*innen, ihren Übersetzer*innen sowie ihren
deutschen Verleger*innen schafft. Das Programm wird in Zusammenarbeit mit der
Fondazione Campania dei Festival präsentiert und von der Region Kampanien und
dem Goethe-Institut finanziert, mit dem Ziel, den Dialog zwischen deutschen und
unabhängigen Verlagen aus Kampanien zu fördern. Im Gespräch mit den
italienischen Krimi-Autor*innen Patrizia Rinaldi (17. Oktober um 14:30 Uhr) und
Maurizio de Giovanni (19. Oktober um 12 Uhr) steht das Thema "Giallo di
Napoli" - Krimi aus Neapel - im Mittelpunkt. Diskutiert wird unter anderem
über den Erfolg der italienischen Kriminalliteratur auf dem deutschen
Buchmarkt.
Weitere Informationen zu Italien als Ehrengastland auf der
Frankfurter Buchmesse hier: https://www.goethe.de/ins/it/de/kul/lit/bub/26010713.html
Der Stand der Ukraine
Das Goethe-Institut in der Ukraine organisiert auch in
diesem Jahr das Ukraine-Programm der Frankfurter Buchmesse, gemeinsam mit
seinen Partnern, dem Ukrainischen Buchinstitut, dem Mystetskyi Arsenal und dem
Ukrainischen Institut, mit Unterstützung durch die Bundeszentrale für
politische Bildung. Zu den Höhepunkten der Veranstaltungsreihe mit dem Titel
"Reclaiming the Voice" zählen Buchvorstellungen der
Schriftstellerinnen Sofia Andruchowytsch, Olena Stiazhkina und Tamara Horikha
Zernja, Vorträge über die Krim und Charkiw sowie eine Podiumsdiskussion mit dem
Filmregisseur, Kriegsreporter und Oscar-Preisträger Mstyslav Chernov und den
Schriftsteller*innen Tanja Maljarchuk, Yevheniya Kuznetsova und Oleksandr Mykhed.
Ebenfalls Teil des Programms ist ein Gedenkabend für im Krieg verstorbene
ukrainische Schriftsteller*innen. Ein Höhepunkt ist die Diskussion zwischen der
polnisch-amerikanischen Historikerin und Publizistin Anne Applebaum und dem
Diplomaten und vormaligen Außenminister der Ukraine Dmytro Kuleba über Europa
nach dem Krieg im Frankfurter Pavillon. Anne Applebaum wird am 20. Oktober, dem
letzten Tag der Frankfurter Buchmesse, mit dem renommierten Friedenspreis des
Deutschen Buchhandels ausgezeichnet.
Weiterführende Informationen zum Ukraine-Programm hier: https://www.goethe.de/ins/ua/de/ver.cfm?event_id=26018642
Das Goethe-Institut ist das weltweit tätige Kulturinstitut
der Bundesrepublik Deutschland. Mit derzeit 151 Instituten in 98 Ländern
fördert es die Kenntnis der deutschen Sprache, pflegt die internationale
kulturelle Zusammenarbeit und vermittelt ein aktuelles Deutschlandbild. Durch
Kooperationen mit Partnereinrichtungen an zahlreichen weiteren Orten verfügt
das Goethe-Institut insgesamt über rund 1.000 Anlaufstellen weltweit. www.goethe.de
de.it.press 25
Herzinfarkt, Schlaganfall,
Herzstillstand: Warnzeichen erkennen und handeln
Weltherztag: Herz- und Gefäßkomplikationen sind die
Haupttodesursache in Deutschland und verursachen viele Tausend Fälle schwerer
Invalidität. Die Deutsche Herzstiftung, der Bundesverband niedergelassener
Kardiologen (BNK) und die ABDA – Bundesvereinigung Deutscher Apothekerverbände
sensibilisieren für die Kenntnis der Warnzeichen und die Therapie
schwerwiegender Herz- und Gefäßereignisse.
(Frankfurt a. M./München/Berlin) Betroffene erleben ihn
häufig schockartig wie aus heiterem Himmel mit plötzlich einsetzenden stark
brennenden Schmerzen hinter dem Brustbein, die länger als fünf Minuten
andauern. Fatalerweise kann er sich jedoch auch unspezifisch bemerkbar machen:
mit Schmerzen im Oberbauch, oft mit Magenschmerzen verwechselt (häufiger bei
Frauen), oder unerklärlicher Übelkeit. Die Rede ist vom akuten Herzinfarkt.
„Jährlich sterben rund 47.000 Menschen daran, ein Großteil darunter außerhalb
von Kliniken, auch weil Warnzeichen nicht oder zu spät erkannt wurden und so
eine Notfallversorgung zu spät oder gar nicht erfolgen konnte“, berichtet Prof.
Dr. Thomas Voigtländer, Vorstandsvorsitzender der Deutschen Herzstiftung und
Kardiologe in Frankfurt am Main. Denn beim Herzinfarkt zählt jede Minute bis
zur medizinischen Behandlung in der Klinik. Genauso zeitkritisch wie der
Herzinfarkt sind andere schwere Herz- und Gefäßereignisse wie Schlaganfall und
Herzstillstand. Ebenso ist eine schnelle medizinische Versorgung bei einer
Bluthochdruckkrise oder einer entgleisten sogenannten dekompensierten
Herzinsuffizienz (Herzschwäche) erforderlich. „Lebensbedrohliche kardiovaskuläre
Ereignisse machen sich meistens Tage bis Wochen vor dem Notfall durch
Warnzeichen oder Vorboten bemerkbar. Die Kenntnis der Warnzeichen und der
Risikofaktoren, die dazu führen, kann entscheidend zum Überleben der Patienten
beitragen und gravierende Folgeschäden minimieren“, betont der
Herzstiftungs-Vorsitzende.
Unter dem Motto „Warnzeichen erkennen und handeln“ startet
deshalb die Deutsche Herzstiftung gemeinsam mit dem Bundesverband der
Niedergelassenen Kardiologen (BNK) und der ABDA – Bundesvereinigung Deutscher
Apothekerverbände zum Weltherztag (29.9.) eine bundesweite Aufklärungsaktion
mit Info-Paketen zum Anfordern
unter www.herzstiftung.de/weltherztag Ziel der Aktion ist es,
möglichst viele Betroffene und auch herzgesunde Menschen über Herz-Kreislauf-Erkrankungen
und die Warnzeichen für ein schweres kardiovaskuläres Ereignis
aufzuklären.
Millionen Frauen und Männer leiden in Deutschland an
Herz-Kreislauf-Erkrankungen. Allein Bluthochdruck haben über 20 Millionen
Menschen in Deutschland, an Durchblutungsstörungen des Herzens wegen verengter
Herzkranzgefäße, der koronaren Herzkrankheit (KHK), leiden rund fünf Millionen
und an Herzschwäche bis zu vier Millionen Menschen.
Bewusstsein für Herzkrankheiten, Symptome und Therapien
schärfen
„Die Warnzeichen eines akuten Herz-Kreislauf-Ereignisses
sowie die typischen Anzeichen, die auf die Verschlechterung eines
Krankheitsverlaufs deuten, zu erkennen, und dann rechtzeitig zu handeln, kann
für unsere Herzpatientinnen und Herzpatienten lebensrettend sein. Wird etwa
eine Herzschwäche erst spät diagnostiziert, sind die Behandlungsaussichten
deutlich schlechter. Denn es gilt auch, unsere Patientinnen und Patienten vor
schmerzlichen Einbußen an Lebensqualität zu bewahren“, betont der Kardiologe
Dr. Norbert Smetak, Bundesvorsitzender des BNK mit eigener Arztpraxis. „Mit
dieser gemeinsamen bundesweiten Aktion wollen wir das Bewusstsein der
Betroffenen für ihre Herzkrankheit, die Symptome und Therapiemöglichkeiten
schärfen.“ Der BNK ist ein Zusammenschluss von über 1.200 niedergelassenen
Fachärztinnen und Fachärzten mit dem Schwerpunkt Kardiologie in ganz
Deutschland.
Bluthochdruck als einer der Hauptrisikofaktoren für
Herzinfarkt und Schlaganfall ist aufgrund seiner meist schleichenden
Symptomatik („leiser Killer“) besonders gefährlich, wenn er unerkannt und
unbehandelt bleibt oder unzureichend behandelt wird. „Wir tragen in den
Apotheken dazu bei, Patientinnen und Patienten mit erhöhten Blutdruckwerten zu
identifizieren und ihnen eine zeitnahe ärztliche Untersuchung anzuraten“,
betont Gabriele Regina Overwiening, Präsidentin der ABDA. „Es gibt zudem
Betroffene, die zwar bereits behandelt werden, aber gar nicht merken, dass ihr
Blutdruck nicht gut eingestellt ist.“ Die Überprüfung der Blutdruckeinstellung
können Apotheken im Rahmen der pharmazeutischen Dienstleistung ,Standardisierte
Risikoerfassung hoher Blutdruck‘ einmal pro Jahr bei Hochdruckpatientinnen
und -patienten mit einer Beratung in Abhängigkeit der gemessenen
Blutdruckwerte anbieten. „Bei einer aktuellen Auswertung dieser Dienstleistung
in Apotheken lagen bei mehr als der Hälfte der Patientinnen und Patienten die
Blutdruckwerte oberhalb des therapeutischen Zielbereichs“, so Overwiening. Die
altersabhängigen Empfehlungen zur Bewertung der gemessenen Blutdruckwerte in
der Apotheke wurden gemeinsam von der ABDA und der Deutschen Gesellschaft für
Kardiologie – Herz- und Kreislaufforschung (DGK) entwickelt. Die ABDA ist die
Spitzenorganisation aller Apothekerinnen und Apotheker in Deutschland.
Infos unter: https://www.abda.de/pharmazeutische-dienstleistungen/bluthochdruck/
Häufige Symptome von Herzkrankheiten
Beschwerden wie Schmerzen in der Brust – in der Regel direkt
hinter dem Brustbein – stehen ganz oben auf der Liste der häufigsten Anzeichen
von Herzkrankheiten. Diese werden oft als Gefühl der Enge, des Drucks oder der
Beklemmung beschrieben. Atemnot (Dyspnoe), die nicht nur bei Aktivität, sondern
auch in Ruhe oder im Schlaf auftritt, kann ebenfalls auf Störungen des Herzens
oder des Kreislaufsystems deuten. Ebenso kann eine ungewöhnliche, nicht
erklärbare Übelkeit verbunden mit ausgeprägtem Schwächegefühl ein Zeichen für
ein akutes Herzproblem sein. „Bei diesen Symptomen sollte man umgehend einen
Arzt für eine Abklärung aufsuchen“, betont Prof. Voigtländer. Dies gelte auch
für folgende Symptome, die auf Herzprobleme hinweisen können:
* unregelmäßiger Herzschlag
* sehr schneller Puls in Ruhe
* Schwindel oder Ohnmacht (kurze Bewusstlosigkeit)
* Schwellungen (Ödeme) in den Beinen, an Knöcheln und Füßen
* Aszites (Flüssigkeitseinlagerung im Bauchraum)
* Müdigkeit oder unerklärliche Schwäche
Warnzeichen für lebensbedrohliche Herz- und
Gefäßereignisse
Bei Warnzeichen für lebensbedrohliche Herz- und
Gefäßkomplikationen zählt jede Minute bis zur medizinischen Notfallversorgung.
Bei Verdacht auf Herzinfarkt und Schlaganfall sowie bei Herzstillstand ist
sofort der Rettungsdienst mit der Notrufnummer 112 zu alarmieren. Bei einer
Entgleisung der Herzschwäche und bei einer Bluthochdruckkrise ist umgehend ein
Arzt aufzusuchen.
Herzinfarkt: Jede Minute zählt – „Time is Muscle“
Zeitverluste beim Herzinfarkt durch zögerliches Verhalten
der Betroffenen und Angehörigen sind fatal. Zum einen führt der Infarkt im
Herzmuskelareal des verschlossenen Herzkranzgefäßes zum Absterben von Herzmuskelgewebe.
Wenn der Infarkt nicht unverzüglich behandelt wird („Time is Muscle“) und viel
Gewebe zerstört ist, droht eine ausgeprägte Herzschwäche. Zum anderen kann der
Infarkt jederzeit in bösartige Herzrhythmusstörungen übergehen. Dieses
Kammerflimmern (über 300 Schläge/Minute) führt innerhalb weniger Sekunden zum
Herzstillstand. „Herzinfarkte ereignen sich meistens zu Hause, nur ein über den
Notruf 112 herbeigerufenes Rettungsteam mit einem Defibrillator kann dann das
flimmernde Herz wieder in seinen normalen Rhythmus bringen. Der Patient muss
anschließend sofort in die nächstgelegene Klinik zur Infarktversorgung“,
erklärt der Herzstiftungs-Vorsitzende Prof. Voigtländer. Beim Herzinfarkt sind
typische Beschwerden:
* plötzlich einsetzende starke Schmerzen, die länger als
fünf Minuten in Ruhe anhalten und die überwiegend im Brustkorb oder häufig auch
ausschließlich hinter dem Brustbein auftreten
* Schmerzen, die in Körperteile wie Arme (meist links),
Oberbauch, Rücken, Hals, Kiefer oder Schulterblätter ausstrahlen
* ein massives Engegefühl, heftiger Druck oder ein sehr
starkes Einschnürungsgefühl im Brustkorb („Elefant auf der Brust“)
* heftiges Brennen im Brustkorb. (Achtung:
Verwechslungsgefahr mit Sodbrennen!)
* Vor allem Frauen verspüren eher ein Engegefühl und der
Brustschmerz strahlt vorrangig in den Rücken und den Oberbauch aus. (Achtung:
Verwechslungsgefahr mit Magenschmerzen!)
Weitere Infos zum Herzinfarkt sind
unter https://herzstiftung.de/herzinfarkt abrufbar, Infos zur Ersten
Hilfe bei Herzinfarkt
unter https://herzstiftung.de/herzinfarkt-erste-hilfe
Plötzlicher Herztod: Auf welche Warnzeichen und
Risikofaktoren achten?
Oft – aber nicht in allen Fällen – ist der unerwartete
Herzstillstand direkte Folge gefährlicher Herzrhythmusstörungen aus der Herzkammer.
Bei einem Großteil (80 Prozent) der Betroffenen liegt eine KHK vor, die im weit
fortgeschrittenen Stadium einen Herzinfarkt auslöst, der wiederum das Entstehen
von Kammerflimmern begünstigen kann. Weitere Risikofaktoren sind
Herzmuskelerkrankungen (Kardiomyopathien), angeborene Herzfehler oder Störungen
der Erregungsleitung des Herzens oder eine Herzinsuffizienz. Oft gibt es zwar
tatsächlich kein Warnsignal. Doch bei immerhin etwa jedem zweiten Betroffenen
treten Tage bis Stunden vor dem plötzlichen Herztod typische Vorboten
auf:
* Brustschmerzen (Angina pectoris) und/oder Luftnot
* Herzrasen mit Einschränkung der Belastbarkeit
* hartnäckiges Herzstolpern
* kurze Bewusstlosigkeit (Synkope)
* Schwindelanfälle mit drohender Bewusstlosigkeit
* stark erhöhter Blutdruck auch ohne akute Belastung
* Krampfanfälle (nicht einer das Herz betreffenden
Ursache zuzuordnen)
Bei einem plötzlichen Herzstillstand ist nach Absetzen des
Notrufs 112 eine sofortige Herzdruckmassage bis zum Eintreffen des Rettungsdienstes
lebensentscheidend. „Hier kommt es auf das schnelle Handeln der Ersthelfer an.
Aus Angst vor Fehlern nur zu warten, bis der Notarzt kommt, bedeutet meist den
Tod für die betroffene Person“, warnt Voigtländer. Was bei Herzstillstand zu
tun ist, erläutert die Herzstiftung
unter https://herzstiftung.de/wiederbelebung Über den plötzlichen
Herztod bei jungen Menschen informiert die
Seite https://herzstiftung.de/junge-herzen-retten
Schlaganfall: Jede Minute zählt – „Time is Brain“
Schlaganfall und Herzinfarkt haben die gleichen
Risikofaktoren wie Übergewicht, Bluthochdruck, Rauchen und Diabetes. Zudem
begünstigt ein krankes Herz einen Hirninfarkt. Insbesondere Vorhofflimmern
führt häufig zu Blutgerinnseln, die sich im linken Vorhof bilden, ins Gehirn
gespült werden und dort einen Schlaganfall verursachen. Die wichtigsten
Warnzeichen eines Schlaganfalls können mit dem Akronym FAST (englisch für
„schnell“) zusammengefasst werden. Sie lassen sich leicht überprüfen:
* F – Face (Gesicht): Einseitiges Herabhängen des Gesichts:
Bitten Sie die Person zu lächeln. Hängt ein Mundwinkel herab?
* A – Arms (Arme): Schwäche in einem Arm: Bitten Sie
die Person, beide Arme zu heben. Sinkt ein Arm nach unten?
* S – Speech (Sprache): Sprachprobleme: Ist die Sprache
der Person undeutlich oder schwer verständlich? Kann die Person einfache Sätze
wiederholen?
* T – Time (Zeit): Zeit ist entscheidend: Wenn eine der
oben genannten Symptome beobachtet wird, rufen Sie sofort den Notruf 112 an.
Weitere Infos zum
Schlaganfall: https://herzstiftung.de/schlaganfall
Entgleiste Herzschwäche: Warnzeichen erkennen und
Klinikeinweisung vermeiden
Eine Herzschwäche (Herzinsuffizienz) ist eine Erkrankung des
Herzens, die zunehmend die Leistungsfähigkeit einschränkt. Gefahr droht, wenn
sich die Herzleistung plötzlich verschlechtert und es dem Herzen nicht
gelingt, die verminderte Pumpleistung auszugleichen (Dekompensation der
Herzschwäche). Bei den folgenden Anzeichen sollten Betroffene daher unbedingt
einen Arzt aufsuchen:
* ungewöhnliche Atemnot bereits bei leichter Belastung
* merkliche Abnahme der Leistungsfähigkeit etwa beim
Treppensteigen und Bergangehen
* neu auftretende oder sich verschlimmernde Schwellungen an
Knöcheln, Unterschenkeln (Flüssigkeitseinlagerung: Ödeme)
* deutliche und schnelle Zunahme des Gewichts (z.B. 2 Kilo
in 2 Tagen) oder des Bauchumfangs
Zusätzlich zu den genannten Beschwerden können folgende
Symptome auftreten:
* beschleunigter Puls und Herzrasen
* erhöhte Atemfrequenz
* Hustenattacken
* Rasselgeräusche beim Atmen
* kalte Finger, Füße und Beine,
* nächtlicher Harndrang
* Schlafstörungen und Schwindelgefühl.
Bestimmte Symptome wie Leistungseinschränkung, Atemnot unter
Belastung können allerdings von Betroffenen auch als Zeichen einer allgemeinen
Schwäche – ohne kardiale Zuordnung – interpretiert werden. „Diese Symptome auf
eine altersbedingte oder allgemein körperliche Schwäche zu beziehen, verstellt
den Blick auf die Herzerkrankung als tatsächliche Symptomursache und erschwert die
rechtzeitige adäquate Behandlung“, berichtet der BNK-Bundesvorsitzende Dr.
Smetak. „Wer herzkrank ist, sollte daher immer gut über die Symptome, die
Begleiterkrankungen und Therapiemöglichkeiten informiert sein.“
Weitere Infos zur Entgleisung bei Herzschwäche: https://herzstiftung.de/herztagebuch und https://herzstiftung.de/herzinsuffizienz-symptome
Plötzlicher Bluthochdruck: Wann gefährlich und ein Fall für
den Notarzt (112)?
Eine Bluthochdruckkrise (oder hypertensive Krise) ist ein
ernsthafter medizinischer Zustand, bei dem der Blutdruck extrem hoch wird (über
180/100 mmHg). Wenn keine ernsthaften Symptome vorliegen, kann man sich kurz
hinlegen und nach etwa 15 bis 30 Minuten den Blutdruck erneut messen. Ist er
dann nicht merklich gesunken und es liegen keine weiteren Beschwerden vor,
sollte ein Arzt aufgesucht werden, der langsam mit Medikamenten den Blutdruck
senkt. Sind allerdings zusätzliche Beschwerden vorhanden, drohen akut
lebensbedrohliche Komplikationen. Dann sollte stets der Notarzt unter 112
gerufen werden. Kritisch sind Situationen, in denen zu dem plötzlichen hohen
Bluthochdruck mindestens eines der folgenden Symptome auftritt
(Bluthochdrucknotfall):
* Brustschmerzen (Schmerzen, Brennen oder ein starkes
Druckgefühl)
* Atemnot
* starkes Schwindelgefühl (eventuell mit starken
Kopfschmerzen verbunden)
* Seh- oder Sprechstörungen (neurologische Ausfälle)
* Übelkeit
* Erbrechen
* Nasenbluten
* Benommenheit
* Krampfanfälle
* Lähmungserscheinungen
Nicht nur Patienten mit Herzerkrankung sollten ihre
Blutdruckwerte im Blick haben. Spätestens ab 40 Jahren ist die Kontrolle
generell wichtig, wenigstens einmal im Jahr. „Etwa jeder fünfte Erwachsene
mit Bluthochdruck weiß nichts von seinem Risikofaktor für Herzinfarkt und
Schlaganfall. Wir tragen in den Apotheken durch Aufklärung und Blutdruckmess-Angebote
mit dazu bei, unbehandelte Hochdruckpatienten zu identifizieren“, betont
ABDA-Präsidentin Overwiening.
Die Herzstiftung informiert über den plötzlichen
Bluthochdruck unter: https://herzstiftung.de/bluthochdruckkrise
Herzkrankheiten immer behandeln
Herzerkrankungen sind vor allem gefährlich, wenn sie
unentdeckt oder unbehandelt bleiben. Deshalb raten Herzstiftung, BNK und
ABDA zu regelmäßigen ärztlichen Kontrollen. Symptome wie Brustschmerzen oder
Risikofaktoren wie Bluthochdruck sind eindeutige Warnsignale. Doch auch
Beschwerden wie eine schnelle Ermüdbarkeit sollten nicht vorschnell auf Alter
oder Stress geschoben, sondern ernst genommen und zeitnah medizinisch geklärt
werden. Nur so können therapeutische Maßnahmen eingeleitet und schwerwiegende
Folgen wie Herzinfarkt, Schlaganfall, Herzschwäche oder plötzlicher Herztod
verhindert werden. (wi/Online-Red.) GA 25
Lehrer fordern Medienbildung an
Schulen gegen Rechtsruck
Viele junge Wähler machen bei der AfD ihr Kreuz. Soziale
Medien spielen dabei eine wichtige Rolle. Im Netz hat die AfD die größte
Reichweite - mit großem Abstand zu allen anderen Parteien. Das ruft
Bildungsexperten auf den Plan.
Nach dem Wahlerfolg der AfD bei Jungwählern in Brandenburg
fordern Lehrerverbände eine bessere Medienbildung an deutschen Schulen.
„Soziale Medien können gerade zu Beginn einer Radikalisierung wie ein
Katalysator wirken“, sagte der Bundesvorsitzende des Verbandes Bildung und
Erziehung (VBE), Gerhard Brand, dem Redaktionsnetzwerk Deutschland (RND). Junge
Leute gerieten „schnell in einem Sumpf aus gefährlicher Weltanschauung und Selbstbestätigung“.
Die Medienbildung an Schulen, aber auch durch Eltern, sei hier gefragt, solche
Mechanismen zu erklären und davor zu warnen, sich zu einseitig zu informieren.
Brand mahnte dazu aber auch eine bessere Ausstattung der
Schulen an. „Wenn aber in zehn Prozent der deutschen Schulen noch immer keine
Klassensätze an digitalen Endgeräten vorhanden sind und der Digitalpakt 2.0
momentan noch in der Schwebe steckt, brauchen wir uns nicht wundern, wenn
Schule das nicht leisten kann“, kritisierte der Verbandschef.
„Soziale Medien begünstigen häufig Extreme“, sagte auch die
Bundesvorsitzende des Deutschen Philologenverbands, Susanne Lin-Klitzing, dem
RND. Es sei unerlässlich, dass Medienbildung an Schulen eine wichtige Rolle
spiele und Schüler befähigt würden, Informationen kritisch zu hinterfragen.
Dafür müssten die Lehrkräfte entsprechend geschult werden. Für Weiter- und
Fortbildung stehe ihnen allerdings zu wenig Zeit und Geld zur Verfügung,
kritisierte die Verbandschefin.
Aktuelle Politik für junge Leute „sehr weit weg“
Der Präsident der Bundeszentrale für politische Bildung,
Thomas Krüger, beklagte eine „fehlende politischen Kommunikation auf Augenhöhe“
gerade in sozialen Medien. Nur der AfD gelinge es, Jugendliche in den Medien zu
adressieren, sagte er dem Redaktionsnetzwerk. Krüger forderte einen
„nachhaltigen Fokus auf die Interessen der jungen Generation in Deutschland
sowie eine offensive Jugend- und Bildungspolitik“.
Die Vielzahl von Krisen und Problemen wie Kriege,
Energieknappheit, Inflation oder Klimawandel, stimmten die Jugendlichen in
ihrem Allgemeinbefinden ernster und besorgter denn je, konstatierte Krüger. Es
herrscht zudem eine „beträchtliche Verunsicherung unter jungen Menschen durch
die schwer einzuschätzende Migrationsdynamik und die dadurch angestoßene
Zunahme von Rassismus und Diskriminierung“. Viele junge Menschen erlebten die
aktuelle Politik „als sehr weit weg“, stellte der Leiter der Bundeszentrale
fest.
(dpa/mig 25)
KI-Konferenz in Rom: Forscher und
Vatikan fordern klare Regeln und ethische Grundlagen
Bei einer hochkarätig besetzten Konferenz in Rom haben sich
Forscher und Kirchenvertreter über die Chancen und Risiken von Künstlicher
Intelligenz und die nötigen gesetzlichen Regelungen dafür ausgetauscht.
Angekündigt wurde im Vorfeld des kommenden AI-Action-Summits in Paris auch eine
Vatikan-Beobachtungsstelle zu KI. Christine Seuss - Vatikanstadt
Bei der Konferenz am Montag, die durch die Deutsche und
Französische Botschaft beim Heiligen Stuhl in Zusammenarbeit mit dem Dikasterium
für Kultur und Bildung sowie der Päpstlichen Akademie für die Wissenschaften
organisiert wurde, und ein hochkarätiges Podium von Experten am internationalen
Sitz des Jesuitenordens zusammenführte, begrüßten die anwesenden Gäste und
Vertreter aus Politik und Wissenschaft eine klare Regulierung von Künstlicher
Intelligenz.
Ihrer Erfahrung nach hätten Einzelpersonen und Gruppen, die
sich mit Künstlicher Intelligenz befassten, zunächst „gute Absichten“, so
Nobelpreisträgerin Frances Hamilton Arnold, die auch US-Präsident Biden im
Zusammenhang mit Künstlicher Intelligenz berät. Schwierig werde es dann, wenn
Firmen mit der Absicht auf Gewinne ins Spiel kämen. Doch der Nutzen von KI, vor
allem in den Bereichen Hungerbekämpfung, Bekämpfung von Folgen des Klimawandels
generell in der Wissenschaft oder bei medizinischen Anwendungen, überwögen die
positiven Auswirkungen, so die amerikanische Biochemikerin und
Chemieingenieurin. In den USA gibt es derzeit noch kein allgemein geltendes
KI-Gesetz, entsprechende Vorschläge werden seit geraumer Zeit im Kongress
diskutiert.
Erstes umfassendes KI-Gesetz der Welt
Der Chefberater der Generaldirektion Justiz und Verbraucher
der Europäischen Kommission, Paul Nemitz, wies in seinem Redebeitrag darauf
hin, dass die EU mit ihrer KI-Verordnung vom Mai 2024, dem ersten umfassenden
KI-Gesetz der Welt, einen Präzedenzfall geschaffen habe. Mit dem Regelwerk wird
unter anderem die Nutzung von Technologien wie Videoüberwachung oder
Spracherkennung geregelt. Klare Kennzeichnung von KI-Anwendungsbereichen sei
nicht nur eine Frage der Demokratie, sondern auch der Menschenwürde, denn ein
Nutzer müsse sich darüber im Klaren sein, wo er auf ein anderes menschliches
Gegenüber oder eine Maschine treffe, so Nemitz. Die EU habe darüber hinaus eine
lange Tradition von Gesetzgebung im Technologie-Bereich, so beispielsweise bei
der Regulierung in der Autoherstellung oder beim Hausbau. Was die Wissenschaft
betreffe, bleibe diese davon unangetastet, schließlich greife die Gesetzgebung
erst dann, wenn ein Produkt auf den Markt gebracht werde.
Die Katholische Kirche nehme jedenfalls ihre Verantwortung
wahr, bei der Diskussion um Künstliche Intelligenz den Menschen ins Zentrum zu
rücken. Entgegen aller beruhigender Aussagen im Vorfeld müsse man nämlich auch
feststellen, dass die durch künstliche Intelligenz verlorenen Arbeitsplätze
derzeit nicht mit gleichwertigen Alternativen für die betroffenen Arbeitnehmer
ersetzt worden seien, so Nemitz. Insgesamt sei es wichtig, dass die Demokratie
ihren Primat über die Macht der Technologiekonzerne behaupte und bewahre,
gerate sie doch mit den negativen Folgen von unkontrollierter KI wie Fake News
und Wahlbeeinflussung potentiell selbst in Gefahr.
Weltweit akzeptierte Regulierungsbehörde
Für eine weltweit akzeptierte Regulierungsbehörde von KI,
die bei deren Missbrauch gegebenenfalls eingreifen könne, plädierte der
britische KI-Forscher und Neurowissenschaftler Demis Hassabis, der sich eigener
Aussage nach seit 30 Jahren mit KI beschäftigt. 2024 erhielt er für seine
Verdienste auf dem Feld der künstlichen Intelligenz den Ritterschlag der
britischen Krone. Europa müsste seine Überlegungen und Regulierungsansätze in
die internationale Debatte einspeisen, so der Mitbegründer und CEO des
Technologiekonzerns DeepMind, der mittlerweile von Google übernommen wurde, in
der Diskussion.
Wie bei allen Neuerungen würden zwar Fehler gemacht werden,
doch gelte es, mit der Entwicklung der Technologien Schritt zu halten und die
Regelwerke entsprechend kontinuierlich anzupassen. Letztlich sehe man aber erst
nach der Fertigstellung der Systeme, welche Konsequenzen man sich wirklich
erwarten könne, so Hassabis, der in diesem Zusammenhang auch auf das Internet
verweist. Es gelte, nach dem Beispiel der Internationalen Atombehörde IAEA auf
eine weltweit verpflichtende Regulierungsbehörde von Künstlicher Intelligenz
hinzuarbeiten, die für alle Akteure, auch Russland oder China, gelten müsse.
Einen angstbefreiten Ansatz bei der Behandlung des Themas
wünscht sich der deutsche Mathematiker, Physiker und Informatiker Bernhard
Schölkopf vom Max Planck-Institut in Tübingen, wo er die Abteilung für
Empirische Interferenz leitet. Letztlich übersteige es das menschliche
Auffassungsvermögen, zu erkennen, wenn ein aktueller Epochenwandel stattfinde.
Auch er sieht eine Regulierung der Systeme als notwendig an, doch dürfe man
sich davon auch nicht allzu viel erwarten. Letztlich liege es in der
Verantwortung des Einzelnen, wie er mit den Möglichkeiten der immer mächtigeren
Technologie umgehe. Seine persönliche Arbeit sehe er darin, die positiven
Anwendungsmöglichkeiten von Künstlicher Intelligenz zum Tragen zu bringen.
Ethische Auswirkungen
Den Menschen und die ethischen Auswirkungen von Künstlicher
Intelligenz in den Mittelpunkt der Überlegungen zu stellen, forderte in seinem
Beitrag der Priester Eric Solobir, der mit seinem Think Tank Human Technology
Foundation unter anderem Unternehmen bei der Umsetzung von KI-Maßnahmen nach
ethischen Standards berät. Die Technologie müsse sich daran messen lassen,
inwieweit sie die Handlungsfähigkeit der Menschen in positivem Sinne erweitere.
Solobir ist einer der führenden Köpfe hinter der bei der Konferenz
angekündigten Initiative einer Vatikan-Beobachtungsstelle für KI-Fragen.
Vatikan-Stimme einbringen
Diese Initiative solle die Stimme des Heiligen Stuhls auch
auf Arbeitsebene in die Debatten einbringen, erläuterte Florence Mangin, die
Französische Botschafterin beim Heiligen Stuhl. Die Beobachtungsstelle wurde
mit Blick auf den kommenden KI-Gipfel in Paris im Februar 2025 aus der Taufe
gehoben. Bei dem Internationalen Gipfeltreffen auf französische Einladung, der
an die Arbeiten früherer Treffen in Korea und Großbritannien anknüpft,
erhofften sich die Veranstalter einen umfassenden Blick auf die KI-Thematik,
der über reine Sicherheitsaspekte hinausgehe, so Mangin. Insbesondere gehe es
darum, konkrete Handlungsempfehlungen und Initiativen auf den Weg zu bringen.
Die neue Beobachtungsstelle in Rom solle somit eine
Plattform dafür anbieten, um im Vorfeld des Gipfels mit den verschiedenen am
Heiligen Stuhl involvierten Stellen sowie internationalen Vertretern aus
Wissenschaft und Zivilgesellschaft zum Themenkomplex Ethik und Künstliche
Intelligenz zu arbeiten. Paul Tighe, Sekretär der Kultursektion im Dikasterium
für Kultur und Bildung werde den Vatikan in der Steuerungsgruppe der
Beobachtungsstelle vertreten, kündigte sie an. (vn 24)
Der Bundestag arbeitet an einer Resolution zur Bekämpfung
von Antisemitismus. Doch israelische Menschenrechtsorganisationen warnen vor
dem Entwurf. Jessica Montell
Seit dem Massaker, das die Hamas am 7. Oktober im
vergangenen Jahr an der israelischen Bevölkerung verübt hat, erleben wir eine
massive Zunahme antisemitischer Rhetorik und antisemitischer Vorfälle. Das ist
eine beunruhigende und gefährliche Entwicklung – weltweit und auch in
Deutschland. Die deutsche Regierung hat eine moralische Verpflichtung, dieser
Entwicklung entgegenzuwirken. Deshalb ist es notwendig und begrüßenswert, wenn
die Bundesregierung und der Bundestag klar und entschieden auf diese
Entwicklung reagieren und eindeutig Stellung beziehen.
Im Bundestag arbeiten die Partner der Ampelkoalition
gemeinsam mit der CDU/CSU-Fraktion seit Monaten an einer Resolution zur
Bekämpfung des Antisemitismus in Deutschland. Frühere Fassungen dieser
Resolution haben nicht nur bei Rechtswissenschaftlern und Kunstschaffenden,
sondern auch bei Menschenrechtsorganisationen wie der unsrigen heftige Kritik
hervorgerufen. Ein veröffentlichter Entwurf dieser Entschließung löst bei mir
und bei anderen israelischen Menschenrechtsorganisationen Besorgnis aus, weil
er eine repressive Stoßrichtung hat und für Spaltung sorgt. Das liegt vor allem
daran, dass er Antisemitismus mit Kritik an Israel verwechselt. Als jüdische
Israelin, die sich aktiv in der israelischen Zivilgesellschaft engagiert und
sich berechtigt und in der Pflicht sieht, die eigene Regierung zu kritisieren,
weise ich diese Gleichsetzung mit Nachdruck zurück.
Diese Verquickung von Antisemitismus und Israelkritik ist so
weit gefasst, dass sie sogar auf Juden und Israelis in Deutschland zutrifft,
die zum Beispiel die Behandlung der Palästinenser durch die israelische
Regierung kritisieren. Jüdische Vertreter des öffentlichen Lebens in
Deutschland sahen sich veranlasst, in einem offenen Brief den
Resolutionsentwurf zu kritisieren, der paradoxerweise der Vielfalt des
jüdischen Lebens in Deutschland womöglich schadet, statt sie zu schützen.
Der Kern des Problems ist, dass die Resolution auf der
umstrittenen Antisemitismus-Arbeitsdefinition der Internationalen Allianz zum
Holocaustgedenken (International Holocaust Remembrance Alliance, IHRA) aufbaut.
Sie macht diese Definition zum entscheidenden Maßstab für die Regulierung und
Zuweisung öffentlicher Mittel – mit weitreichenden nachteiligen Folgen für
Wissenschaft, Kunst und Zivilgesellschaft in Deutschland, aber auch für die
Arbeit und Zusammenarbeit zwischen deutschen Organisationen und ihren
ausländischen Partnern vor Ort. Bundestag und Bundesregierung haben sich 2017
die IHRA-Definition zu eigen gemacht. In der Folge wurde diese Definition
Gegenstand heftiger Kontroversen und wird in der Wissenschaft intensiv
diskutiert. Führende internationale Antisemitismusforscher (darunter viele
Israelis) haben Alternativdefinitionen erarbeitet – unter anderem die
Jerusalemer Erklärung zum Antisemitismus. Daher stellt sich die Frage: Wieso
ergreift der Bundestag in einem wissenschaftlichen Streit Partei für eine
Seite? Warum ist der Entwurf nicht offen für Entwicklungen in der akademischen
Diskussion und geht auf andere Definitionen gar nicht ein?
Die Sorge über die Auswirkungen, die sich durch die
Verwendung der Antisemitismus-Definition der IHRA ergeben können, ist
keineswegs bloße Theorie. In den vergangenen Jahren haben wir erlebt, dass
diese Definition taktisch genutzt wird, um Zwang auszuüben. Die israelische
Regierung setzt sie als Waffe ein, um öffentlich artikulierten Widerspruch
gegen ihre rechtswidrige und schädliche Politik zum Schweigen zu bringen. Die
Liste derer, die wegen ihrer Äußerungen zur Palästinenserpolitik der
israelischen Regierung oder ihres Verhaltens gegenüber dieser Politik als
Antisemiten abgestempelt wurden, ist sehr lang und umfasst sogar den Internationalen
Strafgerichtshof (IStGH), dessen Chefankläger Karim Khan und die Vereinten
Nationen. Kürzlich schmähte Israels Außenminister Israel Katz den
EU-Außenbeauftragten und spanischen Sozialisten Josep Borrell als „Antisemiten
und Israelhasser“ und warf ihm vor, er führe „eine Hasskampagne gegen Israel,
die Erinnerungen an die schlimmsten Antisemiten der Geschichte weckt“. Diverse
Gruppen, die sich international schützend vor die israelische Regierung stellen
und Kritik an ihrer Menschenrechtsbilanz zum Schweigen bringen wollen, nutzen
die IHRA-Definition fortwährend und in zynischer Weise. Mithilfe dieser
Definition haben sie Mitglieder des Irischen Parlaments als Antisemiten
gebrandmarkt, weil sie einen Boykott von Erzeugnissen aus den Siedlungsgebieten
ins Spiel gebracht hatten; sie haben die Regierungen der Niederlande und
Schwedens antisemitisch genannt, weil sie palästinensische
Menschenrechtsorganisationen finanziell unterstützen; und sie haben dem
Europäischen Gerichtshof Antisemitismus vorgeworfen, nachdem er geurteilt
hatte, dass Produkte aus israelischen Siedlungsgebieten als solche
gekennzeichnet werden müssen.
In Israel nutzen rechte Parlamentarier die Definition der
IHRA, um etablierte Menschenrechtsgruppen und zivilgesellschaftliche Organisationen
zu delegitimieren und sie nach Möglichkeit von ihren internationalen
Finanzierungsquellen abzuschneiden. Im März 2023 bezeichnete der
Likud-Abgeordnete Ariel Kellner zum Beispiel Breaking the Silence als
„antisemitische Organisation“, die „Soldatinnen und Soldaten der israelischen
Streitkräfte verunglimpft und als Nazis darstellt“. Und weiter: „Mal lässt sie
die Ritualmordlegende wiederaufleben, mal misst sie moralisch mit zweierlei
Maß. Beides fällt unter die internationale Definition von Antisemitismus.“ Breaking
the Silence ist eine gemeinnützige israelische Organisation, die Übergriffe im
Zusammenhang mit der israelischen Besetzung der Palästinensergebiete aufdeckt
und das Ziel hat, die Besatzung zu beenden. Alle Beschäftigten und Mitglieder der
Organisation sind ehemalige israelische Soldaten (und Juden). Wie lächerlich es
ist, eine solche Organisation als antisemitisch zu bezeichnen, liegt auf der
Hand. Allen sollte klar sein, dass hier ein israelisches Regierungsmitglied auf
zynische Weise versucht, die Organisation mit möglichst niederträchtigen
Anschuldigungen zu diskreditieren. Allein die Tatsache, dass der
Knesset-Abgeordnete Ariel Kellner sich zur Untermauerung dieser Anschuldigungen
auf die „internationale Definition von Antisemitismus“ berufen kann, zeigt
deutlich, wie problematisch diese Definition ist.
Die Kernaufgabe von Menschenrechtsorganisationen in aller
Welt wird mitunter auf das Naming and Shaming verkürzt – also darauf,
Menschenrechtsverletzungen zu dokumentieren und öffentlich anzuprangern, um
Aufmerksamkeit zu erregen und die Verantwortlichen zu zwingen, diese
Rechtsverstöße abzustellen. Diese Arbeit ist überall auf der Welt notwendig und
wichtig. Im israelisch-palästinensischen Kontext ist sie essenzieller als je
zuvor vor dem Hintergrund, dass seit elf Monaten in Gaza ein brutaler Krieg
geführt wird, dass in Israel eine ultranationalistische Regierung an der Macht
ist und Extremisten die Annexion des Westjordanlands und die Zwangsenteignung
der dort lebenden Palästinenser vorantreiben.
Damit sie ihre Arbeit machen können, müssen sich
Menschenrechts-Organisationen frei äußern können, zumal sie mitunter sehr
schwerwiegende Vorwürfe erheben. Das heißt nicht, dass wir unsererseits gegen
Kritik abgeschirmt werden müssen. Das lässt natürlich genügend Raum, um unsere
Erkenntnisse infrage zu stellen und mit unseren Bewertungen nicht einverstanden
zu sein. Fakten können unzutreffend sein. Interpretationen können ihre
Schwachstellen haben. Manche mögen uns für fehlgeleitet oder naiv halten. Das
alles ist legitim. Aber die Meinungsabweichungen in diesen Fragen als
antisemitisch abzustempeln, ist unverantwortlich und darf nicht sein. Mit
solchen politisch motivierten Anschuldigungen sollen diejenigen, die Missstände
zur Sprache bringen, zum Schweigen gebracht werden, damit man sich mit der
eigentlichen Kritik nicht auseinandersetzen muss. Durch diese Anschuldigungen
gerät der Begriff „antisemitisch“ zur Farce – und das schadet den aufrichtigen
Bemühungen, den ganz realen Antisemitismus zu bekämpfen.
Aus diesen Gründen warnen 15 israelische
Menschenrechtsgruppen und zivilgesellschaftliche Organisationen – meine
Organisation HaMoked ist eine von ihnen – in einer gemeinsamen Erklärung vor
der Resolution, über die der Bundestag derzeit berät. Bei dieser Warnung geht
es unter anderem auch um unsere Möglichkeiten, unsere Kernaufgabe mit deutscher
Unterstützung wahrzunehmen: Wir befürchten, dass die Resolution des Bundestags,
sollte sie auf der Grundlage des Entwurfs verabschiedet werden, instrumentalisiert
wird, um die finanzielle Unterstützung aus Deutschland für unsere
Menschenrechtsarbeit unter Beschuss zu nehmen und einzuschränken und im
weiteren Sinne unserer Zusammenarbeit mit der deutschen Zivilgesellschaft die
Grundlage zu entziehen. Dies würde Schmutzkampagnen befeuern und die vielen
komplexen Herausforderungen, die wir in der aktuellen Eskalationssituation
ohnehin schon zu bewältigen haben, noch weiter verschärfen.
Wie wir in unserer Erklärung betonen, begrüßen wir, dass die
Bundesregierung sich ausdrücklich zur Bekämpfung des Antisemitismus bekennt,
und ermutigen den Bundestag, eine auf Inklusivität und Universalität abzielende
Resolution zu verabschieden. Wir ermuntern ihn, eine Resolution zu
verabschieden, die unserer Menschenrechtsarbeit nicht potenziell schadet,
sondern sie schützt und unterstützt. Alle Versuche, auf Basis der
IHRA-Definition finanzielle Zuwendungen an Bedingungen zu knüpfen, sollten aus
dieser Resolution gestrichen werden – und der Kampf gegen Antisemitismus sollte
inklusiv und in einen universellen Kampf gegen Rassismus in jeglicher Form
eingebettet werden. IPG 24
Verwundete Stadt. Solingen ein
Monat nach dem Attentat
Einen Monat nach dem Anschlag von Solingen findet die Stadt
nur langsam zum Alltag zurück. Viele Fragen sind noch offen, die Ermittler
hüllen sich in Schweigen, die Trauer bleibt. Grenzkontrollen und
Sicherheitspakete sind schon in Kraft. Ein Rückblick nach drei Landtagswahlen.
Von Frank Christiansen und Yuriko Wahl-Immel
Einige Blumensträuße sind verwelkt, andere gerade erst
abgelegt und noch ganz frisch. Auch ein Meer von Grablichtern hat sich
angesammelt auf dem Fronhof in Solingen. Hier hatte vor einem Monat ein
mutmaßlich islamistischer Terrorist mit einem Messer drei Menschen getötet und
acht verletzt. Auf Schildern und Schleifen steht „Frieden“ und „Wir halten
zusammen“ oder auch „Wir Syrer sagen: Frieden und Menschlichkeit für Solingen“.
Immer wieder kommen Menschen, verharren einen Moment, einige falten die Hände,
schütteln den Kopf, gedenken still.
„Meine Tochter war live dabei, sie hat alles vom Fenster aus
gesehen, auch den Täter. Sie beansprucht nun psychologische Hilfe“, sagt eine
63 Jahre alte Solingerin. Viele trauten sich noch immer nicht in die
Innenstadt, schildert ihre Bekannte. Zwei Erzieherinnen, die in der Nähe
arbeiten, berichten: „Schon um 7.00 Uhr stehen hier die Menschen und trauern.“
Der Schock sei längst nicht verarbeitet.
Politische Folgen: Grenzkontrollen, Sicherheitspakete
Vier Wochen nach dem Terroranschlag sind Sicherheitspakete
geschnürt, Grenzkontrollen angelaufen und erstmals seit Jahren Abschiebungen
nach Afghanistan erfolgt. Dass es einem Radikalen irgendwann wieder gelingen
würde, einen Anschlag zu begehen, hatten Sicherheitsexperten erwartet. Und dann
geschah es eine kurz vor den Landtagswahlen in Thüringen, Sachsen und
Brandenburg – ausgerechnet in der bergischen Stadt. Experten gehen davon aus,
dass die der Tat folgende Migrationsdebatte der AfD in die Hände gespielt hat.
Die Rechtsextremisten konnten ihre Stimmanteile bei allen drei Landtagswahlen
deutlich erhöhen.
Solingen bemüht sich nach den rechtsextremistischen Morden
1993 seit Jahrzehnten vorbildlich um Integration. Nicht zufällig trug das Fest
zur 650-Jahr-Feier der Stadt den Namen „Festival der Vielfalt“. „Warum immer
Solingen?“, fragte Oberbürgermeister Tim Kurzbach (SPD) nach der Tat. „Es ist
nicht gerecht, was uns in Solingen widerfährt.“
Tatverdächtiger kein frommer Muslim
Viele Fragen rund um die Tat, das Motiv und den mutmaßlichen
Täter sind auch vier Wochen danach noch offen. Der Syrer Issa Al H. (26) sitzt
weiter in Untersuchungshaft. In dem ARD/ZDF-Magazin „Strg F“ beschreiben ihn
seine Mitbewohner aus dem Wohnheim als verschlossen und ständig auf sein
Smartphone starrend. Auf sie habe er depressiv gewirkt, psychisch krank, aber
nicht wie ein fanatischer Islamist: Er habe geraucht und im Ramadan nicht
gefastet. Das widerlegt die Annahme, Islamisten seien besonders religiöse
Menschen. Experten zufolge ist sogar oft das Gegenteil der Fall. Die Täter
seien nicht von ihrem vermeintlichen Glauben getrieben, sondern von
verschwörerischen Weltbildern.
Ein einstiger Zimmergenosse sagte dem Magazin, dass er
selbst vor der Terrormiliz IS und vor dem Krieg aus Syrien geflohen sei. Und
nun müsse er damit klarkommen, dass er in Solingen wohl ein Zimmer mit einem
IS-Mann geteilt habe. Ob dem so ist, werden die Ermittler allerdings noch
herausfinden müssen. Ein anderer Bewohner berichtet, Issa Al. H. habe ihm
erzählt, dass er in Syrien nach Anschlägen des IS mit einer Decke Leichenteile
eingesammelt habe.
Bei den Ermittlungen steht auch das Messer im Fokus
Zum Stand der Ermittlungen hüllt sich die Bundesanwaltschaft
seit Wochen in Schweigen. Aus Sicherheitskreisen heißt es, dass das als
Tatwaffe sichergestellte Messer dem Syrer inzwischen zweifelsfrei zugeordnet
werden könne. An dem Messer seien nicht nur Blutspuren der Opfer, sondern auch
DNA des 26-Jährigen gesichert worden. Zudem fand sich die passende Verpackung
eines Messersets in seinem Zimmer.
Ein wohl absichtlich beschädigtes Handy, das auf einer Wiese
gefunden wurde, habe inzwischen trotz des Schadens ausgelesen werden können.
Nach einem zweiten Handy wird noch öffentlich gefahndet. Auch das
Bekennervideo, dass der IS über seinen Propagandakanal verbreitet hatte, stamme
vom 26-Jährigen, seien sich die Ermittler sicher. Es war unweit der Solinger
Flüchtlingsunterkunft aufgenommen worden, in der Issa Al H. gewohnt hatte.
Die Ermittler interessieren sich besonders für das
sogenannte Nachtat-Verhalten: Wo war der 26-Jährige in den Stunden bis zur
Festnahme? Verbunden damit ist die Frage: Gab es Mitwisser oder gar Helfer?
Konsequenzen für Solingens Titel „Klingenstadt“?
Ein Messerattentat ausgerechnet in der „Klingenstadt“
Solingen – und doch werde man an diesem Titel festhalten, heißt es aus dem
Rathaus. Solingen stehe nun einmal in aller Welt für eine jahrhundertealte
Tradition und Erfahrung bei der Herstellung von Klingen. Die Industriestadt sei
damit die weltweit einzige Stadt, deren Name zugleich ein geschützter
Markenbegriff ist. Diskutiert werde allerdings der Name des Ehrenpreises der
Stadt: „Die Schärfste Klinge“. Die Debatte darüber beginne gerade erst – auch
über den Umgang mit Symbolen, Wegweisern und Logos.
Für viele Menschen in der Stadt geht es aber vor allem ums
Begreifen und Verarbeiten. „Die Trauer ist sehr groß und natürlich sind Ängste
noch da nach so einer schlimmen Tat“, berichtet die 63-jährige Solingerin.
Neben ihr legt eine Dame Blumen nieder. Sie habe eine der getöteten Personen
gekannt, erzählt sie – und fragt: „Was ist das bloß für eine Welt?“ (dpa/mig
24)
Widersprüchlich, teils
kontraproduktiv
Der UN-Zukunftspakt verpasst es, die größten Probleme der
Welt anzugehen. Vier Punkte stechen besonders hervor. Albert Denk &
Gabriele Köhler
Was kommt raus, wenn Vertreterinnen und Vertreter von 193
Staaten die Bedürfnisse und Interessen von heute und zukünftig lebenden
Menschen weltweit in Einklang bringen möchten? Kurz gesagt: ein
widersprüchlicher Text mit teils kontraproduktiven Vorschlägen. Das Anliegen
des UN-Zukunftspakts, allen Menschen heute wie in Zukunft gleichermaßen gerecht
zu werden, ignoriert die Ursachen von zunehmenden sozial-ökologischen Krisen,
etwa der Erderhitzung und ihrer massiven Folgen. Die Krisen werden zudem durch
extreme Ungleichverteilungen an Einkommen, Vermögen, materiellen Ressourcen und
Sorgearbeitszeit begünstigt.
Trotzdem werden mit dem Zukunftspakt ungleiche Betroffenheiten,
Ressourcen, Verantwortungen und Verursachungen weitestgehend verwischt. Es
allen recht machen zu wollen und niemanden durch zielgruppenspezifische
Regulierung auf der Grundlage der Menschenrechte benachteiligen zu wollen,
führt letztendlich zum Erhalt des Status quo. Statt Gleichmachung bräuchte es
ein Abkommen im Sinne einer Gleichstellung aller Menschen, dem Schutz
Benachteiligter und der natürlichen Umwelt, welcher durch eine globale
Regulierungsinstanz hergestellt würde.
Ein wesentlicher Impuls für den Pakt war der Aufschrei
junger Menschen. Die Initiative des Zukunftspakts wurde unter anderem von
Jugendbewegungen wie Fridays for Future mitgetragen. Hierin zeigt sich auch der
Wunsch nach politischen Handlungen über staatliche Souveränitäten hinaus.
Bezeichnend ist, dass Greta Thunberg sich inzwischen primär um den nächsten
Klimastreik auf der Straße statt um den UN-Verhandlungsprozess kümmert.
Inhaltlich baut der Pakt teilweise auf der UN-Agenda 2030 mit ihren 17 Zielen
für nachhaltige Entwicklung auf, teilweise ergänzt er diese.
Bis zuletzt opponierten 20 Staaten gegen die Textentwürfe
(darunter Ägypten, Bolivien, China, Iran, Pakistan, Russland, Syrien und
Venezuela). Diese Gruppe lehnt etwa eine aktive Rolle von
zivilgesellschaftlichen Akteuren ab. Zentrale Streitpunkte bei den
Verhandlungen waren Klima, Abrüstung, die internationale Finanzarchitektur,
Geschlechtergerechtigkeit und Menschenrechte. Das Niveau der Verhandlungen ist
daran zu erkennen, dass es bereits als Erfolg gilt, dass Menschenrechte als
Grundprinzip im Pakt benannt werden. Anhand von vier Aspekten werden
nachfolgend die Leerstellen und Widersprüche aufgezeigt.
Erstens: Mit dem Fokus auf Armut vernebeln die Vereinten
Nationen die zugrunde liegenden Probleme wie etwa die extreme
Ungleichverteilung von Bewegungsfreiheiten, Einkommen und Vermögen. Armut sei
laut dem UN-Pakt die größte Krise der Menschheit. Jedoch bleiben entscheidende
Regulierungsmaßnahmen außen vor. Um beispielsweise eine globale
Bewegungsfreiheit für alle Menschen und die Umverteilung von Vermögen weltweit
voranzutreiben, bräuchte es zunächst eine globale Regulierungsinstanz frei von
zwischenstaatlichen, insbesondere von nicht-demokratischen Einflussnahmen.
Eine erste Forderung zur Vermögensbesteuerung von
Einzelpersonen findet sich bereits im Text (Aktion 4:23). Hier sind Initiativen
wie die internationale Milliardärssteuer von Gabriel Zucman anschlussfähig, mit
der Gelder etwa auf die Bereiche Bildung, Ernährung, Gesundheit und Klimaschutz
umverteilt werden könnten. Auch ein Schuldenschnitt wird nicht im Pakt erwähnt,
obwohl inzwischen 54 Staaten mehr als zehn Prozent ihres Haushalts für
Schuldenrückzahlungen aufbringen müssen. Im Pakt wird lediglich auf Bemühungen
um Umschuldungen verwiesen. Bei diesem Ansatz wird etwa die natürliche Umwelt
für den Treibhausgas-Handel in Wert gesetzt und so getan, als hätten jene Flächen
zuvor nicht bereits Treibhausgase eingespart und könnten sie demnach neue
Treibhausgase einsparen.
Zweitens: Der Pakt behandelt umfänglich ökologische Aspekte,
obwohl entscheidende Probleme wie nötige Maßnahmen nicht adressiert
werden. Es wird allen voran auf den vieldeutigen, oftmals
widersprüchlichen Begriff der Nachhaltigkeit rekurriert, sodass selbst jene
Personengruppen und Unternehmen, die die Umwelt zerstören, sich als
„nachhaltig“ positionieren können. Die konfligierenden Bedürfnisse und Interessen
von auf der einen Seite überkonsumierenden Menschen, wie die Mehrheit im
Globalen Norden, und auf der anderen Seite der Mehrheit der Weltbevölkerung
werden nicht herausgearbeitet. Die ökologische Schuld müsste auf globaler Ebene
erfasst und aufgearbeitet werden.
Die Umsetzung bestehender Verträge zur Regulierung und
Kontrolle planetar verträglicher Konsum- und Produktionsweisen, etwa das
Klimaabkommen von Paris, stockt. Das 1,5-Grad-Ziel ist bereits gescheitert.
Sanktionsmöglichkeiten gibt es nicht. Zudem wird im Pakt vielfach auf
Lösungsansätze verwiesen, die auf neue Technologien vertrauen. Diese vergrößern
jedoch meist die Probleme, sodass es einer weltweiten Regulierung dieser
technologischen Ansätze bedarf. Das Vorgehen von transnationalen Konzernen
führt vielfach zur Auslagerung von Umweltschäden in wirtschaftlich schwächere
Länder. Dies basiert auf einem Machtgefälle zwischen Staaten und einem daraus
resultierenden ungleichen wie unfairen Wettbewerb. Eine global gerechte Agenda
müsste diese systemischen Fehlstrukturen angehen. Das leistet der Zukunftspakt
nicht.
Drittens: Der Text problematisiert nicht die Ausgrenzung von
Menschen durch Staatsgrenzen. Grenzen behindern Migration und machen
die Flucht aus bewaffneten oder strukturellen Konflikten, vor
Naturkatastrophen oder vor akuter Armut lebensgefährlich. Sie verweigern damit
Arbeits-, Freiheits- und Sozialrechte, die seit der Allgemeinen Erklärung der
Menschenrechte von 1948 eigentlich eine selbstverständliche
Selbstverpflichtung aller Staaten sind. Das Recht auf Asyl steht nicht mal im
Zukunftspakt, und Migration wird auf „reguläre“ Migration verkürzt.
Viertens: Verhandlungen bei den Vereinten Nationen sind
gekennzeichnet von einem umfassenden Repräsentationsproblem. Viele
Delegierte vertreten die Interessen autoritärer Machthaber in ihren Ländern
oder repräsentieren lediglich die Oberschicht. Man kennt sich noch von den
Eliteuniversitäten. Einige Delegationen sprechen nur für einen kleinen,
bessergestellten Teil der Weltgesellschaft.
Im Gegensatz zu diesen Netzwerken werden in mehreren Ländern
Verteidigerinnen und Verteidiger von Menschenrechten politisch unterdrückt und
verfolgt, sodass sie auch an den UN-Verhandlungen nicht teilnehmen können.
Außerdem fehlt im Zukunftspakt eine Politik für ältere Menschen etwa mit Blick
auf die massiven Herausforderungen bei Staatsausgaben und Care-Arbeit, die
bereits heute bestehen und sich in den kommenden Jahrzehnten weiter zuspitzen
könnten. Die LGBTIQ-Community existiert im Text gar nicht. Dieser ist rein binär
ausgelegt. Dabei sind die Auswirkungen von Machtasymmetrien, politischer
Unterdrückung, Ausbeutung und Umweltzerstörung für diese Gruppe besonders
gravierend.
Der Zukunftspakt ist ein Spiegelbild widersprüchlicher
Interessen, welches aufgrund der Gleichmachung einem Recht der Stärkeren
gleicht. Nationale Souveränitäten, privatwirtschaftliche Gewinninteressen und
eine wachstumsgetriebene Bedürfnisgenerierung konkurrieren mit globalen
Gemeinwohlinteressen. Dieser ungleiche Wettbewerb der Rechte und Interessen von
gegenwärtig und zukünftig lebenden Menschen wird von den selbst sehr ungleichen
Mitgliedstaaten ausgespielt. Die Vereinten Nationen müssten im Kern eine
ausdifferenzierte, menschen- wie naturrechtsbasierte Regulierung zum Schutz vor
ausbeuterischen wie umweltzerstörenden Handlungen anleiten und garantieren. IPG
24
Überstunden: Wann Steuern fällig
sind und wann nicht
Länger arbeiten als im Vertrag vereinbart: Millionen von
Arbeitnehmerinnen und Arbeitnehmern in Deutschland leisten regelmäßig Überstunden.
Nach aktueller Rechtslage gilt: Werden Überstunden ausbezahlt, sind darauf
Steuern und Sozialversicherungsabgaben fällig. Das könnte sich aber ändern. Wie
das Geld bei ausbezahlten Überstunden versteuert wird und in welchen Fällen
keine Steuern gezahlt werden müssen, zeigt der Lohnsteuerhilfeverein Vereinigte
Lohnsteuerhilfe e. V. (VLH) an drei Beispielen.
Überstunden gehören für viele zum Alltag
Knapp 4,6 Millionen Arbeitnehmende haben im vergangenen Jahr
Überstunden geleistet. Das entsprach einem Anteil von 12 Prozent der insgesamt
39,3 Millionen Arbeitnehmenden in Deutschland, wie das Statistische Bundesamt
(Destatis) im August 2024 mitteilte. Dabei variierte der Umfang der Mehrarbeit
zwischen durchschnittlich weniger als 5 Stunden pro Woche (40 Prozent der
Befragten), weniger als 10 Stunden pro Woche (70 Prozent, darin sind diejenigen
mit weniger als 5 Überstunden enthalten) und mindestens 15 Stunden pro Woche
(19 Prozent).
Für 20 Prozent der Arbeitnehmenden handelte es sich laut
Statistik um unbezahlte Überstunden, während 17 Prozent für die Mehrarbeit
entlohnt wurden. Der Rest der Befragten durfte ein Arbeitszeitkonto für die
geleistete Mehrarbeit nutzen. Das heißt, sie konnten die Überstunden zu einem
späteren Zeitpunkt abbauen. Wobei teilweise auch eine Kombination der drei
Formen genutzt wurde – also teilweise unbezahlte und teils bezahlte Mehrarbeit
sowie ein Arbeitszeitkonto für einen weiteren Teil der geleisteten Überstunden.
Übrigens: Das Bundesarbeitsgericht hat 2022
entschieden, dass Arbeitgebende verpflichtet sind, sämtliche Arbeitszeiten
ihrer Beschäftigten zu erfassen.
Vergütung oder Freizeitausgleich für Überstunden
Kein Lohn und kein Zeitausgleich für Mehrarbeit – damit
fahren Arbeitnehmende natürlich am schlechtesten. Und erlaubt ist das auch nur,
wenn es explizit und rechtlich sauber im Arbeitsvertrag oder Tarifvertrag
vereinbart ist. Grundsätzlich können Arbeitnehmende per Vertrag und in
Notfällen dazu verpflichtet sein, Überstunden zu leisten. Normalerweise müssen
Arbeitgebende diese dann aber entweder vergüten oder Freizeitausgleich dafür
gewähren. Wird die Mehrarbeit entlohnt, fallen sowohl auf Überstunden als auch
auf Überstundenzuschläge die üblichen Steuern und Sozialversicherungsbeiträge
an.
Zumindest ist das nach jetzigem Stand der Fall. Aber: Die
Bundesregierung hat in diesem Jahr Pläne vorgestellt, nach denen Zuschläge für
Mehrarbeit, die über die tariflich vereinbarte Vollarbeitszeit hinausgeht,
künftig steuerfrei bleiben sollen. Zudem sollen auf die Zuschläge keine Sozialabgaben
fällig werden, also keine Beiträge in die Kranken-, Pflege- Renten- und
Arbeitslosenversicherung. Im Herbst soll darüber im Bundestag beraten werden.
1. Beispiel: Bezahlte Überstunden nach aktueller Rechtslage
Ein Arbeitnehmer macht regelmäßig Überstunden. Dank der
Arbeitszeiterfassung wissen er und sein Arbeitgeber stets, wie viele Stunden
Mehrarbeit er geleistet hat. Den Lohn für diese zusätzlichen Stunden bekommt er
monatlich zusammen mit seinem normalen Gehalt ausbezahlt. Dadurch erhöht sich sein
Monatsbruttogehalt – und somit erhöhen sich auch die Lohnsteuer und, soweit die
Beitragsbemessungsgrenzen noch nicht erreicht sind, auch die Sozialabgaben, die
ihm vom Bruttogehalt abgezogen werden.
Rechenbeispiel: Das monatliche Gehalt des Arbeitnehmers
beträgt 3.000 Euro brutto bei einer 40-Stunden-Woche. Das ergibt laut der
4,35-Formel – diese geht von 4,35 Wochen Arbeitszeit pro Monat aus – einen
Stundenlohn von rund 17,24 Euro (40 Stunden mal 4,35 = 174; 3.000 Euro geteilt
durch 174 = 17,24 Euro). Er leistet im September 15 Überstunden, das sind dann
zusätzliche 258,60 Euro (15 mal 17,24). Sein Arbeitgeber zahlt einen
Überstundenzuschlag von 30 Prozent, das sind weitere 77,58 Euro (30 Prozent von
258,60 Euro). Somit erhöht sich sein Bruttogehalt im August von 3.000 Euro auf
3.336,18 Euro.
Ohne Überstunden läge der Nettolohn des Arbeitnehmers
(kinderlos, Steuerklasse I, keine Kirchensteuer, 1,7 Prozent Zusatzbeitrag zur
gesetzlichen Krankenkasse) abzüglich Lohnsteuer (322,08 Euro) und
Sozialversicherung (613,50 Euro) bei 2.064,42 Euro. Mit den 15 Überstunden
liegt sein Nettolohn abzüglich Lohnsteuer (399,91 Euro) und Sozialabgaben
(682,25 Euro) bei 2.254,02 Euro. Er bekommt somit für die Überstunden 189,60
Euro netto.
2. Beispiel: Zeitausgleich für Überstunden
Es geht auch ohne Rechnerei: Eine Arbeitnehmerin macht
regelmäßig Überstunden, hat mit ihrem Arbeitgeber aber vereinbart, dass diese
nicht ausbezahlt werden. Stattdessen werden sie in Freizeit umgewandelt. Die
Arbeitnehmerin sammelt also Überstunden per Zeiterfassung auf ihrem
Arbeitszeitkonto an und kann diese in Absprache mit dem Arbeitgeber abbauen.
Dazu kann sie je nach Vereinbarung einzelne Stunden oder auch ganze Tage frei
nehmen, ohne dafür Urlaub opfern zu müssen. Steuern fallen in diesem Fall keine
an, denn ein Freizeitausgleich für Mehrarbeit ist sowohl steuerfrei als auch
sozialabgabenfrei.
3. Beispiel: Lebensarbeitszeitkonto für Überstunden
Eine weitere Möglichkeit ist ein sogenanntes
Lebensarbeitszeitkonto. Auf einem solchen Konto können nach Absprache mit der
Arbeitgeberin oder dem Arbeitgeber Überstunden gesammelt werden, um sie zu
einem späteren Zeitpunkt für längere Freistellungsphasen zu nutzen. Das kann
eine Elternzeit sein, ein Vorruhestand oder auch ein sogenanntes Sabbatical
(berufliche Auszeit für Familie, Reisen oder Fortbildungen). Die auf einem
Lebensarbeitszeitkonto gesammelte Zeit kann man sich unter bestimmten
Voraussetzungen und in Absprache mit dem Chef oder der Chefin aber auch zu
einem späteren Zeitpunkt auf einen Schlag ausbezahlen lassen. Dann wiederum
werden Steuern und Sozialabgaben fällig.
Hinweis in eigener Sache: Lohnsteuerhilfevereine dürfen
zum Thema Arbeitsrecht nicht beratend tätig werden. Ob beispielsweise
Überstunden korrekt versteuert wurden oder ob den Betroffenen möglicherweise
eine Steuerrückerstattung zusteht oder eine Steuernachzahlung droht, gehört
aber auf jeden Fall zur Beratungsbefugnis von Lohnsteuerhilfevereinen.
Die VLH: Größter Lohnsteuerhilfeverein Deutschlands
Der Lohnsteuerhilfeverein Vereinigte Lohnsteuerhilfe e. V.
(VLH) ist mit mehr als einer Million Mitgliedern und bundesweit rund 3.000
Beratungsstellen Deutschlands größter Lohnsteuerhilfeverein. Gegründet im Jahr
1972, stellt die VLH außerdem die meisten nach DIN 77700 zertifizierten
Beraterinnen und Berater.
Die VLH erstellt für ihre Mitglieder die
Einkommensteuererklärung, beantragt sämtliche Steuerermäßigungen, prüft den
Steuerbescheid und einiges mehr im Rahmen der Beratungsbefugnis nach § 4 Nr. 11
StBerG. GA 23
Flüchtlingszahlen widerlegen
Forderungen nach „nationalem Notstand“
Ende Juni lebten so viel Geflüchtete wie noch nie in
Deutschland. Der Anstieg erfolgt jedoch nicht aufgrund „irregulärer“
Einwanderung, sondern hauptsächlich aufgrund der Fluchtbewegung aus der
Ukraine. Die Zahl der Ausreisepflichtigen geht sogar zurück. Linke spricht von
Panikmache.
Die Zahl der in Deutschland lebenden Flüchtlinge hat einen
neuen Höchststand erreicht, wächst aber inzwischen langsamer an. Ausweislich
des Ausländerzentralregisters lebten Ende des ersten Halbjahres 2024 rund 3,48
Millionen Geflüchtete im Land, wie aus der Antwort der Bundesregierung auf eine
kleine Anfrage der Linken im Bundestag hervorgeht, über die zuerst die „Neue
Osnabrücker Zeitung“ berichtete und die auch dem MiGAZIN vorliegt. Der starke
Anstieg in den vergangenen Jahren ist vor allem auf die Flucht aus der Ukraine
zurückzuführen. Ein Drittel (1,18 Millionen) der in Deutschland lebenden Flüchtlinge
sind Ukrainer.
Die Zahl der Flüchtlinge insgesamt stieg im ersten Halbjahr
verhältnismäßig schwach – um 60.000 – an, hauptsächlich Menschen aus der
Ukraine. Der Anstieg lag unterhalb der Zahl der Asylanträge. Von Januar bis
Ende Juni wurden laut Statistik des Bundesamts für Migration und Flüchtlinge
(Bamf) 120.000 Asylerstanträge gestellt. Das bedeutet, dass es in dem Zeitraum
entsprechend viele Ausreisen, Abschiebungen oder Statuswechsel, etwa durch
Einbürgerungen, gegeben haben muss. Insgesamt ist in diesem Jahr auch die Zahl
der Asylanträge verglichen mit dem Vorjahr um ein gutes Fünftel zurückgegangen.
Weniger Ausreisepflichtige in Deutschland
Die Berechnungen der Linken auf Grundlage der Daten der
Bundesregierung berücksichtigen alle Menschen unabhängig von ihrem
Aufenthaltstitel, die derzeit aus humanitären Gründen in Deutschland Schutz
suchen, von Asylsuchenden über anerkannte Flüchtlinge bis hin zu geduldeten
Personen. Neben den 1,18 Millionen ukrainischen Geflüchteten leben demnach rund
1,6 Millionen weitere Flüchtlinge mit gesichertem Aufenthalt in Deutschland.
Nur eine Minderheit – rund eine halbe Million Menschen – hat einen
ungesicherten Status, weil sie sich zum Zeitpunkt der Abfrage noch im Verfahren
befanden oder nur eine Duldung haben.
Laut Statistik geht auch die Zahl der Ausreisepflichtigen
zurück. Sie lag Ende Juni bei 226.882. Das waren 15.760 weniger als noch Ende
2023. Die überwiegende Mehrheit – gut 80 Prozent – dieser Menschen haben eine
Duldung, weil sie etwa mit Blick auf die Situation in ihrem Herkunftsland nicht
abgeschoben werden können. Vergleichsweise klein ist die Gruppe der abgelehnten
Asylbewerber, die keine Duldung haben und damit abgeschoben werden können. Sie
lag Mitte des Jahres bei 17.583 Personen.
Bünger: kein nationaler Notstand
Die fluchtpolitische Sprecherin der Linken-Gruppe im
Bundestag, Clara Bünger, kritisierte angesichts dieser Zahlen die
Migrationsdebatte in Deutschland. Es gebe keinen Grund für „Panikmache“. Viele
Geflüchtete lebten schon seit Jahrzehnten in Deutschland. Rund 3,5 Millionen
machten „gerade einmal vier Prozent der Bevölkerung“ aus, sagte Bünger. Diese
Zahl stehe „im klaren Widerspruch zur irreführenden Darstellung eines
angeblichen ’nationalen Notstands’“, sagte sie mit Verweis auf die Forderung
der Union, über die Ausrufung einer Notlage Flüchtlinge an den Grenzen
zurückzuweisen.
„Statt verhetzender Abschiebedebatten brauchen wir
Diskussionen über wirksame Bleiberechtsregelungen auch für diese Menschen.
Anstatt permanenten Abschiebungs- und Angstszenarien sollten wir uns darauf
konzentrieren, wie die Integration und Arbeitsmarktbeteiligung der Menschen,
die hier Schutz suchen, gelingen kann. Sie sind Teil dieser Gesellschaft und
genau so sollten wir ihnen begegnen. Es muss endlich damit aufgehört werden,
eine kleine Gruppe von Menschen für alle Probleme in Deutschland verantwortlich
zu machen!“, so Bünger. (epd/mig 23)
Brandenburg-Wahl. SPD gewinnt, CDU
verliert, AfD knapp zweiter
Eine Aufholjagd mit gutem Ausgang für die SPD: Sie schlägt
die AfD knapp. Für die Ampel-Parteien Grüne und FDP ist es ein bitterer Abend –
schwarz sieht auch die CDU. Die Zivilgesellschaft ist besorgt. Der
migrationsfeindliche Wahlkampf habe Rechtsextremen in Folge ein historisches
Wahlergebnis beschert. Von Lena Klimpel und Torsten Holtz
Bei der Landtagswahl in Brandenburg hat sich die SPD von
Ministerpräsident Dietmar Woidke knapp gegen die AfD behauptet und ist erneut
stärkste Kraft geworden. Nach Hochrechnungen von ARD und ZDF folgen dahinter
das neue Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW) und die CDU. Grüne, Linke, FDP und
BVB/Freie Wähler bleiben unter der Fünf-Prozent-Hürde und sind wahrscheinlich
nicht im Landtag vertreten. Woidke könnte damit nach elf Jahren im Amt
weiterregieren. Seit der letzten Wahl 2019 führt er eine Koalition mit CDU und
Grünen.
Nach dem vorläufigen amtlichen Ergebnis erreicht die SPD
30,9 Prozent (2019: 26,2 Prozent). Die vom Verfassungsschutz als
rechtsextremistischer Verdachtsfall eingestufte AfD, die in Umfragen lange vorn
gelegen hatte, kam auf 29,2 Prozent. Auf Rang drei landete das erstmals
angetretene Bündnis Sahra Wagenknecht mit 13,5 Prozent, die CDU erzielte nur
12,1 Prozent. Grüne, Linke, FDP und Freie Wähler scheiterten an der
Fünf-Prozent-Hürde und gewannen auch kein Direktmandat, das ihnen zum Einzug in
den Landtag verholfen hätte.
Die Wahlbeteiligung lag mit 72,9 Prozent so hoch wie noch
nie bei Landtagswahlen in Brandenburg. Zur Stimmabgabe aufgerufen waren rund
2,1 Millionen Menschen – das sind weniger Wahlberechtigte als in Berlin.
Die SPD kommt auf 32 Mandate im Landtag (2019: 25), die AfD
auf 30 (23). Das BSW erhält demnach 14 Sitze, die CDU 12 (15). Für eine
Mehrheit braucht es 45 Sitze.
Gemäß dem vorläufigen amtlichen Ergebnis hat die AfD künftig
mehr als ein Drittel der Landtagssitze und damit eine sogenannte
Sperrminorität. Damit kann sie im Landesparlament Entscheidungen und Wahlen
blockieren, die eine Zweidrittelmehrheit erfordern, zum Beispiel die Wahl von
Verfassungsrichtern. Verfassungsänderungen sind nur mit einer solchen
qualifizierten Mehrheit möglich. Auch bei der Landtagswahl in Thüringen vor
drei Wochen hatte die AfD eine Sperrminorität errungen.
Brandenburg ist seit 1990 SPD-regiert
Die SPD kann nach zuletzt schlechten Ergebnissen bei der
Europawahl und den Landtagswahlen in Thüringen und Sachsen nun etwas aufatmen –
auch im Bund. Kanzler Olaf Scholz (SPD) darf auf leichten Rückenwind für den
Wahlkampf im Bund hoffen. „Ist doch super, dass wir gewonnen haben“, sagte er
während seines Besuchs in New York. „Ich habe es gespürt, dass da was
passiert.“ SPD-Chef Lars Klingbeil und auch Spitzenkandidat Woidke stellten
sich angesichts des Erfolgs hinter Scholz als Kanzlerkandidaten für die
Bundestagswahl 2025.
Seit der Wiedervereinigung 1990 haben die Sozialdemokraten
in Brandenburg durchgängig den Ministerpräsidenten gestellt. Im Wahlkampf
setzte der 62-jährige Amtsinhaber Woidke bewusst nicht auf große gemeinsame
Auftritte mit Scholz – wohl auch wegen der schlechten Umfragewerte der Berliner
Ampel-Koalition.
Schwierige Regierungsbildung
Vor der Wahl hatte Woidke angekündigt, dass er nur dann
weiter Regierungsverantwortung tragen will, wenn die SPD stärkste Kraft wird –
das hat er nun geschafft. Eine Fortsetzung der Koalition aus SPD, CDU und
Grünen, die seit 2019 regiert, ist aber nicht möglich.
Die SPD hatte unmittelbar vor der Wahl in den Umfragen
deutlich zugelegt. „Wir haben eine Aufholjagd hingelegt, wie es sie in der
Geschichte unseres Landes noch niemals gegeben hat“, sagte Woidkes mit Blick
auf die lange vorn liegende AfD. Wie so oft in der Geschichte seien es Sozialdemokraten
gewesen, „die Extremisten auf ihrem Weg zur Macht gestoppt haben“. Woidke
kündigte an, zuerst mit der CDU über die Bildung einer Regierungskoalition zu
sprechen.
Der Generalsekretär der Bundes-CDU, Carsten Linnemann,
sprach von einer „bitteren Niederlage“. Woidke habe mit seiner
Rücktrittsdrohung alles auf eine Karte gesetzt – und gewonnen. „So sieht
Glaubwürdigkeit aus.“ Der CDU-Spitzenkandidat Jan Redmann will nach der
Wahlschlappe nicht vom Landesvorsitz zurücktreten. „Das wäre das ganz falsche
Signal“, sagte er.
Linke-Spitzenkandidat Sebastian Walter nannte das Ergebnis
seiner Partei „desaströs“. Viele Menschen hätten die SPD „nicht aus
Überzeugung“ gewählt, sondern wegen des „Panikwahlkampfs des
Ministerpräsidenten“ gegen die AfD.
Warnung vor wachsender Demokratiefeindlichkeit
Von der Zivilgesellschaft werden die Wahlergebnisse der AfD
mit Sorge betrachtet. Der Präsident des Zentralrates der Juden in Deutschland,
Josef Schuster, erklärte am Sonntagabend, auch die Brandenburg-Wahl habe
gezeigt, wie polarisiert die Gesellschaft sei. „Wenn erneut fast ein Drittel
der Wähler eine zerstörerische politische Partei wie die AfD an der Macht sehen
will und eine populistische Kraft wie das BSW wieder zweistellig wird, dann
darf uns das nicht unberührt lassen“, sagte Schuster. Das Internationale
Auschwitz Komitee erklärte, in Brandenburg hätten jetzt vor allem die
demokratischen Parteien die gemeinsame Aufgabe, die Hetze der AfD zu entlarven
und Bürgerinnen und Bürger für die Demokratie zurückzugewinnen.
Die Türkische Gemeinde in Deutschland (TGD) sieht den Erfolg
der AfD vor allem im Misserfolg der demokratischen Parteien. „Seit Monaten wird
eine verantwortungslose Debatte über Migration geführt, die am Ende nur der AfD
hilft“, kritisiert TGD-Bundesvorsitzender Gökay Sofuo?lu. Die Migrations- und
Asylpolitik der Bundesregierung schaffe es nicht, der AfD den Wind aus den
Segeln zu nehmen. Ganz im Gegenteil: „Sie macht immer mehr eine Politik, die
Menschen mit Migrationsgeschichte unter Generalverdacht stellt und gleichzeitig
die AfD und ihren Wählern in ihrer Haltung bestätigt“, so Sofuo?lu.
Die Berliner Amadeu Antonio Stiftung erklärte auf der
Plattform X, der erneute migrationsfeindliche Wahlkampf habe die AfD gestärkt
und den Rechtsextremen bereits zum dritten Mal in Folge ein historisches
Wahlergebnis beschert. Dass Schlimmeres verhindert wurde, sei unter anderem der
Zivilgesellschaft zu verdanken. Die Demokratiefeindlichkeit mache auch vor dem
Westen keinen Halt, warnte die Stiftung: „Wenn wir uns die bisherige
Entwicklung der Zustimmung für die AfD im Osten anschauen und die
Radikalisierung nicht gebremst wird, werden wir in drei Jahren auch in ganz
Deutschland ostdeutsche Verhältnisse haben.“
Der Flüchtlingsrat Brandenburg kritisierte, der Wahlkampf in
Brandenburg habe die aufgeheizte Stimmung im Land gegenüber Migranten immer
weiter auf die Spitze getrieben. Das Nacheifern rechtsextremer Positionen im
Wahlkampf habe auch dazu geführt, dass geflüchtete Menschen für alle
Herausforderungen und Probleme als Sündenböcke deklariert und unter
Generalverdacht gestellt werden.
Landtag in Potsdam hat maximal 110 Sitze
Die AfD hat trotz ihres guten Abschneidens keine Aussicht
auf eine Regierungsbeteiligung: Keine andere Partei will mit ihr
zusammenarbeiten. Bundesparteichef Tino Chrupalla sagte, man habe das Ziel
verpasst, Woidke „in die Rente zu schicken“. Doch seien die ostdeutschen Wahlen
in Thüringen, Sachsen und jetzt Brandenburg erfolgreich verlaufen: „Wir haben
einmal Gold und zweimal Silber geholt.“ Das Erstarken der AfD schürt auch im
Ausland Sorgen vor einem Rechtsruck in Deutschland, etwa bei EU- und
Nato-Partnern.
FDP-Vize Wolfgang Kubicki sagte zum schlechten Abschneiden
seiner Partei und auch der Grünen: „Die Menschen sind mit der Ampel fertig.“ Er
gibt der Regierungskoalition im Bund nur noch zwei bis drei Wochen für die
Lösung grundlegender Probleme in der Wirtschafts- und Migrationspolitik.
Ansonsten ergebe es für die FDP keinen Sinn mehr, „an dieser Koalition weiter
mitzuwirken“, sagte Kubicki. (dpa/epd/mig 23)
Gesundheitswirschaftkongress 2024
erfolgreich zu Ende gegangen
„Die Gesundheitswirtschaft steht ohne Zweifel vor großen
Herausforderungen, es bieten sich ihr aber auch große Chancen.“ Dieses Fazit
hat am heutigen 19. September 2024 Gesundheitsunternehmer und
Kongresspräsident Prof. Heinz Lohmann zum Abschluss des
GESUNDHEITSWIRTSCHAFTSKONGRESSES 2024 in Hamburg gezogen. Mehr als
1.000 Managerinnen und Manager sowie Unternehmerinnen und Unternehmer aus
allen Bereichen der Branche haben zuvor in rund 50 Sessions ihr Wissen und
ihre Positionen eingebracht. Mitgewirkt haben dabei 280 Referentinnen und
Referenten.
Weitgehend einig sei man sich gewesen, so Prof. Lohmann,
dass die Entwicklungen in der Medizintechnik, der Gentechnologie und der digitalen
Medizin schon heute ermöglichten, Diagnostik und Therapie in ganz anderer Weise
zu betreiben als noch vor zwei, drei Jahrzehnten. In vielen chirurgischen
Fächern sei ein Großteil der Interventionen für die Patientinnen und Patienten
deutlich weniger belastend. Auch in den Fächern der Inneren Medizin könne schon
heute individueller behandelt werden. Nebenwirkungen könnten verringert und
Therapieerfolge gesteigert werden. Mit der fortschreitenden Digitalisierung
werde sich dieser Prozess in den kommenden Jahren noch dramatisch
beschleunigen.
Aus der individuellen Erfahrungswissenschaft, bei der die
einzelnen Ärztinnen und Ärzte im Lauf ihres Berufslebens zunehmend Wissen
generierten, werde mehr und mehr eine kollektive Erfahrungswissenschaft, bei
der die systematische Auswertung weltweit gesammelter Daten Muster erkennen
ließe, die auf der Basis digitaler Workflow-Technologien allen Behandlerinnen
und Behandlern zur Verfügung gestellt werden könnten. Künstliche Intelligenz
könne dabei zur Beschleunigung und Präzisierung der Verfahren entscheidend
beitragen. Vorboten dieser Entwicklung seien die Erfolge, die sich aktuell in
der Prädiktiven Medizin einstellen.
Der Wandel verändere nicht nur grundlegend die Arbeitsweisen
in der Medizin, sondern auch die Orte, an denen Patientinnen und Patienten
behandelt werden könnten. Sie reichten künftig von hoch spezialisierten
Kliniken zur Versorgung mit komplexer Medizin bis hin zur eigenen Wohnung.
Analoge und digitale Medizin verschränkten sich zusehends im Interesse der
Patientinnen und Patienten.
Prof. Lohmann abschließend: „Angesichts eines solchen
Szenarios wird schnell klar, moderne Medizin lässt sich künftig nicht mehr in
den überkommenen Institutionen betreiben. Die Akteurinnen und Akteure erleben
die Beschränkungen, die sich aus diesen Verwerfungen ergeben, in ihrer
täglichen Arbeit. Mit großem persönlichen Einsatz sind viele von ihnen bemüht,
negative Auswirkungen für die Patientinnen und Patienten zu verhindern und das
System durch Improvisation am Laufen zu halten. Das ist zutiefst unbefriedigend
und wird mittelfristig den Zusammenbruch der Versorgung nicht verhindern
können, zumal viele weitere Belastungen wie Fachkräftemangel, Inflationsfolgen
und Investitionsstaus hinzukommen. Deshalb haben sich die Verantwortlichen der
Branche beim GESUNDHEITSWIRTSCHAFTSKONGRESS 2024 hier in Hamburg über Lösungen
für diese Herausforderungen ausgetauscht und verständigt, um den Wandel aktiv
gestalten zu können.“ GH 20
EBD kritisiert deutschen
Grenzpopulismus und fordert Erhalt des Schengen-Raumes
Mit den seit Montag eingeführten Grenzkontrollen an allen
deutschen Grenzen verletzt die Bundesregierung den freien Schengenraum eines
vereinten Europas. Gleichzeitig sugerieren die Grenzkontrollen der Bevölkerung
nur Sicherheit vor, was die Grenzkontrollen in Realität gar nicht leisten
können. Eine fast 3.900 km lange Grenze zu kontrollieren würde nur
funktionieren, wenn wieder Mauern und Zäune errichtet werden. Zu dieser
Thematik hat die Europäische Bewegung Deutschland e.V. (EBD) eine klare
Position, die auch durch eine aktuelle Umfrage in dieser Woche unter ihren
Mitgliedsorganisationen bestätigt worden ist:
Dazu sagt die Präsidentin der Europäischen Bewegung
Deutschland e.V. (EBD)
Dr. Linn Selle:
"Die Kontrollen an allen deutschen Grenzen sind
Grenzpopulismus und ein Einknicken vor den nationalistisch-autoritären Parteien
AfD und BSW. Es sind gefährliche nationale Alleingänge und Scheinlösungen, die
der Bevölkerung Aktionismus vorgaukelt, ohne nennenswerte Auswirkung auf die
terroristische Bedrohungslage. Stattdessen brauchen wir einen europäischen
Reflex und die konsequente Umsetzung bereits getroffener europäischer Lösungen
und kein europarechtlich fragwürdiges Handeln der Bundesregierung."
EBD-Generalsekretär Bernd Hüttemann:
"Eine konsequente Umsetzung des Gemeinsamen
Europäischen Asylsystem (GEAS) und damit Einhaltung eines kontrollfreien
Schengen-Raums nutzt überproportional dem Binnenland Deutschland. Vereine,
Wirtschaft, Wohlfahrtsverbände und Gewerkschaften in unserer Mitgliedschaft
betonen schon seit Sommer 2015, dass deshalb Deutschland eine besondere
Verantwortung gegenüber den Ländern hat, die an der Außengrenze liegen. Mängel
in der Umsetzung von Recht zwischen Bund, Ländern und Kommunen dürfen nicht auf
Kosten der europäischen Solidarität gehen. Offene Grenzen nutzen der Wirtschaft
und den Menschen in den Grenzregionen Deutschlands."
Zur Einführung von Binnengrenzkontrollen hat die EBD eine
Umfrage unter unseren 239 Mitgliedsorganisationen durchgeführt, die die
bisherige Positionierung der EBD bestätigt hat. Unsere Mitgliedschaft bestätigt
uns, dass im Eintreten für Sicherheit bedeutende europäische Freiheiten nicht
leichtfertig aufgegeben werden dürfen. Die Art und Weise wie die seit dieser
Woche eingeführten Grenzkontrollen durchgeführt werden, trägt kaum zur
Verbesserung der terroristischen Bedrohungslage bei und hat gleichzeitig viele
Menschen und Unternehmen insbesondere in den Grenzregionen sowie unsere
Nachbarländer stark verunsichert. Strikte Grenzkontrollen würden vermeintlich
die terroristische Bedrohungslage verbessern, würden aber einen massiven
Kollateralschaden mit langen Staus, Wartezeiten und damit Chaos im Alltag der
Menschen, für Lieferungen von Nahrungsmitteln und Waren und damit auch für alle
Unternehmen bedeuten.
Deshalb fordern wir von der Politik das fortschreitende
Aushöhlen von Schengen zu stoppen.
Die Wahrung des inneren Kerns, der Schengen-Errungenschaft
ist ein bedeutender Teil der europäischen Integrationslandschaft. Diese wird
seit längerer Zeit durch befristete Grenzkontrollen immer häufiger in Frage
gestellt. Diese Maßnahmen stellen die Grundfreiheiten Europas in Frage und
gefährden Wirtschaftswachstum, grenzüberschreitenden Handel, Beschäftigung und
Wohlstand. Wir fordern die Mitgliedstaaten und besonders die deutsche
Bundesregierung daher auf, das permanente Aushöhlen von Schengen zu unterbinden,
Grenzkontrollen im Schengen-Raum einzustellen und ebenso gegen immer noch
existierende Grenzen in den Köpfen vieler Menschen vorzugehen.
Nicht rechtmäßige Grenzschließungen sollte die Europäische
Kommission mit einem Vertragsverletzungsverfahren konsequent verfolgen. Auf die
bewährten Lösungen wie Green Lanes oder das digitale Covid-Zertifikat sollte
die EU mit Vorausblick auf künftige Krisen aufbauen. EBD 20
Muslime nach den Anschlägen:
Rückzug in die Unsichtbarkeit
Rund die Hälfte der Menschen in Deutschland haben Vorbehalte
gegenüber Muslimen. Das zeigen Studien. Islamistisch motivierte Terrorakte
verstärken die Ablehnung, beobachten Experten. Viele könnten nicht zwischen
Islam und Islamismus unterscheiden. Von Irene Esmann
Die tödliche Messerattacke von Mannheim, der Anschlag von
Solingen mit drei Toten und der versuchte Terrorakt unlängst in München: Alles
Taten vermeintlich im Namen des Islam. "Für Muslime in Deutschland ist es
immer wieder ein Schlag ins Gesicht", sagt Annika, angesprochen auf die
jüngsten Terrorakte durch mutmaßliche Islamisten. Annika ist Muslimin und lebt
in Oberbayern. "Es ist nicht nur ein Angriff auf die Menschen, die Opfer
dieser Attacken werden, es ist ein Angriff auf die Religion selber. Das sind
für mich keine Muslime."
Islamistische Anschläge: "Das sind keine Muslime"
Annika ist Mitte 30. Sie möchte aus Angst vor Anfeindungen
anonym bleiben. Vor fast zehn Jahren entschied sie sich zum Islam zu
konvertieren. Nach ein paar Jahren beschloss sie auch ein Kopftuch zu tragen:
"Eigentlich war das Kopftuch für mich eine Erinnerung im Alltag an meine
Religion, meine Werte."
Doch Annika merkt, dass das Kopftuch komische Blicke und
Ablehnung erzeugt. Sie hat das Gefühl, nicht mehr als Teil der
Mehrheitsgesellschaft akzeptiert zu werden, obwohl sie in Deutschland geboren
und aufgewachsen ist.
Islamistische Anschläge bestärken Muslimfeindlichkeit
Annikas Gefühl belegen Studien: Der
"Religionsmonitor" der Bertelsmann-Stiftung fragt regelmäßig die
Einstellung gegenüber Muslimen ab. Das Ergebnis: Mehr als die Hälfte der
Menschen in Deutschland haben große Vorbehalte gegenüber Muslimen.
"Antimuslimische Vorbehalte haben sich festgesetzt in
der Gesellschaft", sagt die Soziologin und Islamwissenschaftlerin Yasemin
El-Menouar von der Bertelsmann-Stiftung. Sie ist auch Mitglied im Unabhängigen
Expertenkreis Muslimfeindlichkeit der Bundesregierung. Islamistisch motivierte
Anschlagsversuche vor allem aber Terrorakte wie der von Solingen verstärken
Muslimfeindlichkeit ihrer Erfahrung nach zwar nicht quantitativ, aber:
"Wenn so etwas passiert, dann fühlen sich viele in ihrer
Muslimfeindlichkeit bestärkt und äußern das eher, reagieren mit Hass und Hetze
in den Medien. Wir sehen also eher eine Eskalation", beobachtet die
Islamwissenschaftlerin.
Aus Gedanken können Worte und Taten werden. Auf Anfrage des
Bayerischen Rundfunks teilt das Bayerische Landeskriminalamt mit: Die Zahl der
angezeigten, verfolgten und als dezidiert islamfeindlich identifizierten
Straftaten sind im Freistaat leicht angestiegen. 2017 registrierten die
Behörden 133, im vergangenen Jahr 171 Delikte. Deutlich weniger waren es in den
Corona-Jahren. Für die vergangenen Wochen, also für den Zeitraum nach dem
Anschlag von Solingen, liegen noch keine Zahlen vor.
Offizielle Zahlen sind nur die Spitze des Eisbergs
Nach Einschätzung von Soziologin Yasemin El-Menouar sind die
absoluten Zahlen in den Kriminalstatistiken ohnehin nur die Spitze des
Eisbergs, man müsse mindestens mit dem Zehnfachen rechnen: "Wir gehen
davon aus, dass muslimfeindliche Straftaten erst mal gar nicht als solche
erkannt werden, dass sie häufig in der Kategorie 'fremdenfeindlich' landen. Und
wir sehen, dass nur jeder zehnte Vorfall gemeldet wird."
Laut dem Leipziger Religionssoziologen Gert Pickel sind
Muslime die Bevölkerungsgruppe, die neben Sinti und Roma am meisten abgelehnt
wird. Bei Muslimfeindlichkeit sei das Grundproblem, dass die breite Bevölkerung
nach wie vor den Unterschied zwischen Islamismus und Islam nicht verstanden
habe und alle Muslime in Sippenhaft nehme für islamistische Taten Einzelner.
Das führe zu einer fragwürdigen öffentlichen Debatte: "Die Trennung
zwischen muslimisch und islamistisch wird aufgehoben und es werden Rückschlüsse
gezogen wie: Man müsste alle ausweisen. Insofern ist jede Tat für die
muslimische Community ein großes Problem", sagt Gert Pickel.
Ergebnis: Rückzug in die Unsichtbarkeit
Annika sagt, ihr mache das politische und gesellschaftliche
Klima seit längerer Zeit große Sorgen. Schon Ende des vergangenen Jahres zog
sie deshalb Konsequenzen: "Mein Unsicherheitsgefühl hat am Ende dazu
geführt, dass ich mein Kopftuch nicht mehr trage." Es ist der Rückzug in
die Unsichtbarkeit. Für Religionssoziologe Gert Pickel ist das ein bekanntes
Phänomen. Ein anderes Phänomen: Einzelne Muslime radikalisieren sich - oder
werden zumindest anfälliger für radikale Inhalte, gerade aufgrund von
Ausgrenzung und Diskriminierung. BR 20
Angriff auf die libanesische
Gesellschaft als Ganze
Die explodierenden Pager und Funkgeräte trafen nicht nur die
Hisbollah. Die Menschen im Libanon sind bis ins Mark erschüttert. Merin Abbass
In dieser Woche erlebte der Libanon einen der größten
Anschläge der vergangenen Jahre. Explodierende Pager und Funkgeräte haben in
verschiedenen Regionen des Landes zu bisher 37 Toten und mehr als 2 900
Verwundeten geführt. Unter den Opfern sind nicht nur Funktionäre der
pro-iranischen Terrororganisation Hisbollah, wie es in vielen westlichen Medien
gern berichtet wird, sondern auch Zivilistinnen und Zivilisten, darunter Kinder
sowie medizinisches Personal, die sich in der Nähe der Pager oder Funkgeräte
aufhielten. Zwei Tage wurde der Libanon von den dramatischen Anschlägen
heimgesucht. Gerade als der erste Schock mit den blutigen Szenen vom Dienstag
nachließ, erschütterte eine zweite Runde die Hauptstadt und weitere Regionen
des Landes. Bilder von Explosionen auf Trauerfeiern für Personen, die am Tag
vorher gestorben waren, dominierten die Nachrichten.
Alle Hinweise führen zum israelischen Geheimdienst Mossad.
Auch wenn sich die israelische Regierung wie in ähnlichen Fällen nicht
öffentlich zu diesen Anschlägen äußert. Aber der Fall hat auch
grenzüberschreitende Auswirkungen: Von Taiwan über Ungarn bis Japan versuchen
Analysten herauszufinden, wie, wo und zu welchem Zeitpunkt die Pager- und
Walkie-Talkie-Geräte manipuliert wurden. Die Botschaft, die Israel
offensichtlich zu vermitteln versucht, lautet: Nirgendwo ist man sicher.
Am Dienstagnachmittag brachten hunderte Krankenwagen
Verletzte und Tote zu den überfüllten Krankenhäusern im ganzen Land. Das
Militär versuchte vergeblich, die Straßen von Beirut und anderen Städten
leerzuräumen, damit die Krankenwagen durch die engen, überfüllten Straßen
kommen. Dem bereits kurz vor dem Kollaps stehenden Gesundheitssystem droht nun
die völlige Überlastung. Der Libanon ist im Kriegszustand. Elf Monate war der
Krieg auf den Süden des Landes beschränkt, aber nun erreichte er – sichtbar für
alle – die Straßen von Beirut und Saida.
Die für Resilienz bekannte libanesische Gesellschaft
verspürt nun Panik. Die Anschläge und die Art der Ausführung haben die
Libanesinnen und Libanesen schockiert. Viele fühlen sich an den 4. August 2020
erinnert, als an einem Sommernachmittag Tonnen von Ammoniumnitrat am Hafen von
Beirut explodierten und zu katastrophalen Zuständen in der Stadt führten. Es
ist das erste Mal seit dem Beginn des Krieges in Gaza und dem darauf folgenden
Angriff der Hisbollah auf Israel am 8. Oktober 2023, dass alle Libanesen Angst
haben. Alle fühlen, dass der Krieg jeden treffen kann und niemand sicher ist,
egal ob Christ, Sunnit, Schiit oder Hisbollah-Anhänger.
Die präzise Vorbereitung und Durchführung demonstrieren die
technische Überlegenheit der israelischen Geheimdienste und der Armee gegenüber
der schiitischen, pro-iranischen Hisbollah-Miliz, die zwar über 100 000 Kämpfer
und ein sehr gut bestücktes Raketenarsenal besitzt, aber bei weitem nicht über
ähnliche technische Möglichkeiten verfügt. Der Anschlag offenbarte somit die
Schwäche und Verwundbarkeit der vom Iran militärisch unterstützten Hisbollah.
Vielen stellt sich die Frage, wie es sein kann, dass Tausende solche Pager ins
Land eingeführt werden und in Umlauf kommen konnten, ohne dass mögliche
Manipulationen bemerkt wurden.
Militärisch war der Angriff wohl ein Erfolg für Israel und seine
Geheimdienste, moralisch und aus einer Perspektive des internationalen Rechts
ist die Aktion aber fraglich. Die internationale Gemeinschaft stellt die Frage
nach der Rechtmäßigkeit dieser Angriffe. Selbst wenn Israel beabsichtigte,
Hisbollah-Mitglieder ins Visier zu nehmen, konnte es nicht wissen, wer bei den
Tausenden von Explosionen verletzt oder getötet werden würde. Schließlich
konnte sie die Weitergabe der mit Sprengstoff manipulierten Pager nicht mehr
kontrollieren. In der Tat wurden bei den Angriffen viele Zivilistinnen und
Zivilisten getötet oder verletzt. Israel hat hiermit die bisher zwischen den
Konfliktparteien informell respektierten Kampfregeln massiv verletzt – mit
unabsehbaren Konsequenzen.
Das landesweite Ausmaß der Anschläge bedeutet auch, dass die
Libanesen überall besorgt sind, dass ähnliche Anschläge stattfinden könnten.
Sie fragen sich, ob möglicherweise ihre Telefone, Laptops und andere technische
Geräte betroffen sein könnten. Dies stellt eine weitere Episode psychologischen
Schadens dar und verstärkt die Traumata, die viele Menschen im Libanon haben.
Schließlich wurden die Schrecken der vielen Kriege der Vergangenheit bisher
nicht aufgearbeitet und die dramatischen Szenen der Hafenexplosion sind vielen
Libanesinnen und Libanesen noch gegenwärtig. Die Anschläge lösen auch große
Angst bei den Zivilistinnen und Zivilisten aus, weil hier zu Recht angenommen
wird, dass sie einen Vorlauf für eine umfassende Invasion oder eine Ausweitung
der Kämpfe mit Israel darstellen könnten. Vor allem die Aussagen von
israelischer Seite schüren zusätzliche Angst.
Doch bei allen negativen und nicht zu unterschätzenden
Folgen dieser furchtbaren Angriffe lässt sich auch ein Gefühl der Einigung der
libanesischen Bevölkerung beobachten. Aus humanitärer Sicht wurde durch die
zahlreichen – religionsübergreifenden – Blutspenden Solidarität gezeigt.
Krankenhäuser haben im ganzen Land Verletzte aufgenommen, auch diejenigen in
den christlich dominierten Vierteln und Regionen des Landes. Die Solidarität
darf aber nicht falsch verstanden werden: Es ist eine Solidarität mit den
Menschen, den Verwundeten – und nicht mit der Hisbollah. Es ist dezidiert keine
politische Solidarität. Dennoch werden die Anschläge der letzten Tage als
Angriff auf die libanesische Gesellschaft als Ganze empfunden und nicht nur auf
die Hisbollah innerhalb der fragmentierten Gesellschaft. In Zeiten des Krieges
haben die Menschen immer zusammengestanden. Dieses Phänomen ist nicht neu,
schließlich erlebt die zusätzlich unter der Wirtschaftskrise leidende
libanesische Gesellschaft nun den siebten Krieg mit dem südlichen Nachbarn.
In politischer und strategischer Hinsicht dagegen sind viele
Libanesinnen und Libanesen nicht mehr von der Vorgehensweise der Hisbollah in
diesem Krieg überzeugt. In den Straßen Beiruts wird schon darüber diskutiert,
welche Initiativen notwendig wären, um den sinnlosen Krieg zu beenden. Viele
sind davon überzeugt, dass es trotz ihrer Ablehnung des Vorgehens der Hisbollah
wichtig ist, dass die internationale Gemeinschaft Kommunikationswege mit der
Hisbollah aufrechterhält oder neu sucht. Gleichzeitig muss der Druck auf Israel
erhöht werden, keine neue Front zu eröffnen und bei ihren Angriffen auf den
Libanon dem Schutz der Zivilisten absoluten Vorrang einzuräumen. Zentral für
die Beruhigung ist ein Waffenstillstand im Gazastreifen, dies hat
Hisbollah-Führer Hassan Nasrallah nochmals unterstrichen. Ohne ein Ende der
Kampfhandlungen in Gaza wird es auf absehbare Zeit nicht zu einer Beruhigung im
Libanon kommen. Die gepeinigte Gesellschaft des Libanon wünscht sich nichts
mehr als dies. IPG 20
Bundesverfassungsgericht. AfD hat
keinen Anspruch auf Ausschussvorsitz
Der Kampf gegen die AfD wird nicht nur bei Wahlen geführt,
sondern auch in Parlamenten – und jetzt auch vor dem Bundesverfassungsgericht.
Die AfD meinte, bei der Verteilung von Chefposten in Bundestagsausschüssen
ungerecht behandelt worden zu sein – und scheiterte gleich doppelt. Von
Jacqueline Melcher und Susanne Kupke
Mit dem Eis wurde es nichts für die Zehntklässler eines
Gymnasiums aus dem rheinland-pfälzischen Germersheim. Das hatte der
AfD-Politiker Stephan Brandner versprochen – für den Fall, dass er vor dem
höchsten deutschen Gericht gewinnt. Doch an einen Erfolg glaubt er im Foyer des
Bundesverfassungsgerichts kurz vor dem Urteil selbst nicht mehr.
Wenige Minuten später die Gewissheit: Die AfD scheitert in
Karlsruhe mit zwei Organklagen, ihr Recht auf Vorsitzposten in
Bundestagsausschüssen feststellen zu lassen. Sowohl die Wahlen zur Bestimmung
der Ausschussvorsitze als auch die Abwahl Brandners vom Vorsitz des
Rechtsausschusses bewegten sich im Rahmen der Geschäftsordnungsautonomie des
Bundestags, sagte die Vorsitzende Richterin des Zweiten Senats, Doris König.
In der aktuellen Legislaturperiode hatten Kandidaten der AfD
bei Wahlen zum Vorsitz von drei Bundestagsausschüssen die erforderliche
Mehrheit verpasst – und damit keinen Ausschussvorsitz bekommen, obwohl der
Fraktion nach ihrer Stärke drei Posten zustehen würden. Die AfD sah ihre Rechte
auf Gleichbehandlung als Fraktion, auf effektive Opposition und auf faire und
loyale Anwendung der Geschäftsordnung des Deutschen Bundestags verletzt und
wandte sich mit einer Organklage an den Senat in Karlsruhe (Az. 2 BvE 10/21).
Der übliche Weg
Nach der Geschäftsordnung des Bundestags bestimmen die
Ausschüsse ihre Vorsitzenden und deren Stellvertreter „nach den Vereinbarungen
im Ältestenrat“. Faktisch gibt es ein unter den Fraktionen abgesprochenes
Verfahren, das sich nach der Stärke der einzelnen Fraktionen richtet. Durch sie
wird eine Reihenfolge festgelegt, nach der die Fraktionen Zugriff auf
Ausschussvorsitze haben. Fraktionen dürfen selbst entscheiden, in welchem der
noch freien Ausschüsse sie Vorsitzende stellen. An die AfD waren so der Innen-
und der Gesundheitsausschuss sowie der Ausschuss für Entwicklungszusammenarbeit
gefallen.
Eine Wahl der Vorsitzenden durch den Ausschuss ist unüblich.
Normalerweise wird die Personalentscheidung durch die anderen Fraktionen akzeptiert.
Dies war zu Beginn der laufenden Wahlperiode aber dort anders, wo die AfD den
Vorsitzenden stellen sollte. Hier verlangten die anderen Ausschussmitglieder
eine Wahl, bei der sie dann den AfD-Kandidaten durchfallen ließen. Derzeit
leiten die Vize-Vorsitzenden die betroffenen Ausschüsse.
Autonomie des Bundestags
Die Fraktionen seien zwar gleich und entsprechend ihrer
Stärke zu behandeln, betonte Verfassungsrichterin König bei der
Urteilsverkündung. Die Mitwirkungsbefugnis erstrecke sich dabei auch auf die
Bundestagsausschüsse – grundsätzlich müsse jeder Ausschuss ein verkleinertes
Abbild des Plenums sein. Dieser Grundsatz der Spiegelbildlichkeit gelte aber
nicht für Gremien und Funktionen lediglich organisatorischer Art, wie es ein
Ausschussvorsitz sei.
Gestaltung, Auslegung und Anwendung der Geschäftsordnung des
Bundestags unterliegen nur einer eingeschränkten verfassungsgerichtlichen
Kontrolle, so das Gericht. „Bei der Gestaltung seiner inneren Organisation und
des Geschäftsgangs kommt ihm ein weiter Spielraum zu.“ Die Ausgestaltung des
Besetzungsverfahrens sei eine innere Angelegenheit des Parlaments, die dieses
im Rahmen der verfassungsmäßigen Ordnung autonom regeln könne. Mit der Wahl von
Ausschussvorsitzenden werde der Grundsatz einer fairen und loyalen Auslegung
der Geschäftsordnung des Bundestags gewahrt.
Abwahl von Brandner rechtmäßig
Erfolglos blieb auch die Klage gegen die Abwahl des
damaligen Rechtsausschuss-Vorsitzenden Stephan Brandner im November 2019 (Az. 2
BvE 1/20). Nach mehreren Eklats hatten in der letzten Legislaturperiode alle
Ausschussmitglieder mit Ausnahme der AfD-Abgeordneten für dessen Abberufung
gestimmt – ein einmaliger Vorgang in der Geschichte des Bundestags.
Dass der Ausschuss selbst für eine etwaige Abwahl zuständig
war, sei vertretbar, urteilte der Senat. Sie sei zudem nicht willkürlich
erfolgt. Vor dem Hintergrund einer Reihe von Vorfällen hätte die Mehrheit der
Ausschussmitglieder das Vertrauen in den Vorsitzenden und seine Fähigkeiten
verloren, sodass eine effektive Zusammenarbeit im Ausschuss aus ihrer Sicht
nicht mehr möglich gewesen sei. Vertrauen sei aber wichtig für eine effiziente
Ausschussarbeit. Die Entscheidung des Senats erging einstimmig.
Aufatmen bei Bundestagsmehrheit
Der parlamentarische Geschäftsführer der SPD-Bundestagsfraktion,
Johannes Fechner, sprach nach dem Urteil von einem guten Tag für den
Parlamentarismus. Er kündigte zugleich an, dass die Regierungsfraktionen eine
Präzisierung der Geschäftsordnung des Bundestags vorschlagen. „Danach sollen
künftig sowohl die Vorsitzenden von Ausschüssen, aber auch die Schriftführer im
Präsidium des Deutschen Bundestages nach klaren Regeln abgewählt werden
können.“
Das Gericht habe die Geschäftsordnungsautonomie des
Bundestags als Kernbereich der Parlamentsautonomie gestärkt, meinte Elisabeth
Winkelmeier-Becker (CDU), die Vorsitzende des Rechtsausschusses. „Der Bundestag
kann seine inneren Angelegenheiten, also auch die der Besetzung
organisatorischer Funktionen in eigener Verantwortung regeln.“ Die Abwahl
Brandners sei nach einer Reihe von Vorfällen, unter anderem wegen Tweets zum
rechtsextremistischen Anschlag von Halle, zulässig gewesen. Stephan Thomae von
der FDP betonte: „Ausschussvorsitzende sind auf das Vertrauen des Ausschusses
angewiesen, deshalb ist es auch möglich, sie abzuwählen.“
Anwaltsverein begrüßt Richterspruch
Der Vize-Vorsitzende des Entwicklungsausschusses, Christoph
Hoffmann, hält eine Besetzung seines Ausschusses mit einem Vorsitzenden aus der
AfD „unseren Partnern im globalen Süden nur schwer erklärbar“. Die
Entwicklungszusammenarbeit sei eine Art Visitenkarte Deutschlands. „Wenn diese
Visitenkarte einen Politiker mit völkischen oder rassistischen Tendenzen
ausweist, wäre das mehr als problematisch, ja schädlich für unser Land.“
Der mit seiner Klage gegen die Abwahl unterlegene
AfD-Politiker Brandner sprach von einem „schwarzen Tag für den
Parlamentarismus“. Es sei um eine Verhinderung der AfD gegangen. Zugleich
würden die Rechte der Opposition erheblich geschwächt. Die Mehrheit könne
diktieren. Doch das sei für die jetzige Mehrheit ein Pyrrhussieg: „Mehrheiten
können sich ändern.“
Die Hauptgeschäftsführerin des Deutschen Anwaltvereins,
Sylvia Ruge, begrüßte den Karlsruher Richterspruch. Ausschüsse müssten selbst
die Möglichkeit haben, ihre Vorsitzenden zu wählen und auch abzuwählen, wenn
diese sich für ihre Position disqualifizieren. „Dass das
Bundesverfassungsgericht dieses Recht gestärkt hat, ist ein wichtiges Zeichen.“
(epd/mig 20)
EU-Kommission. Rechte Entscheidung
Mit Raffaele Fitto als Vizekommissionspräsidenten
positioniert Meloni einen Vertrauten in Brüssel. Der Rechtsruck hilft auch von
der Leyen. Gregor Fitzi
Die neue EU-Kommission steht und soll sich bald dem Votum
des Europäischen Parlaments stellen. Ihre Zusammenstellung zeugt vom Wandel des
politischen Feldes auf kontinentaler Ebene. Diesmal war es besonders schwierig,
ein Gleichgewicht der europäischen Mächte herzustellen, denn unterschiedliche
und widersprüchliche Anforderungen an die neue EU-Kommission wollten erfüllt
werden. Deutschlands und Frankreichs Regierungen stecken in einer tiefen Krise,
stellen dafür umso mehr klare Anforderungen. Spanien hat an Gewicht gewonnen
und möchte mehr Einfluss ausüben. Nach dem Ende der rechtskonservativen
PiS-Regierung ist Polen unter der Führung des ehemaligen Präsidenten des
Europäischen Rates Donald Tusk wieder zu beachten. Die geopolitischen
Spannungen in Osteuropa verlangen ihren Zoll. Italien als drittstärkste
Volkswirtschaft der EU verlangt jedoch auch seinen Anteil am europäischen Machtkuchen.
Die Frage war also: Wie will von der Leyen die verschiedenen Ansprüche unter
einen Hut bringen?
2019 war Ursula von der Leyen leise, sich fast schon
entschuldigend angetreten – sie war für den Posten nicht vorgesehen gewesen und
musste zuerst nach einer geeigneten Mehrheit im Parlament suchen. Sie wollte
allen gefallen, die Grünen mit ins Boot holen und damit auch den Green Deal
schmieden. Nun hat von der Leyen beschlossen, ihren Stil zu ändern, um aus dem
Kommissionsdilemma herauszukommen. Statt sich in Diplomatie zu üben, wird jetzt
gezielt getreten – vor allem in Richtung der Linken. Das ist das Zeichen des
neuen Selbstbewusstseins der Europäischen Volkspartei (EVP). Mit von der Leyen
als Kandidatin für eine zweite Amtszeit als EU-Kommissionspräsidentin hat sie
bei der Europawahl hinzugewonnen und stellt die stärkste Fraktion im
EU-Parlament. Die konservative Fraktion malt sich zudem aus, dass die CDU in
einem knappen Jahr Deutschland regieren wird, das europäische Schwergewicht.
Von der Leyen und die EVP hoffen, dass die Konservativen in Europa wieder
dominant werden.
Auf dieses Hegemonieprojekt hat vor allem Manfred Weber, der
Fraktionsvorsitzende der EVP im EU-Parlament, in den letzten Jahren intensiv
hingearbeitet. Musste die EVP bislang bedeutende Kompromisse eingehen, um mit
Sozialdemokraten und Grünen zu regieren, wäre „mit der Unterstützung“ der
europäischen Rechten eine ganz andere Politik möglich. Für Weber war der
Rechtsruck bei der Europawahl im Juni 2024 somit eine Chance, neue Optionen auszutesten.
Eine Kooperation mit der Alternative für Deutschland (AfD) ist bislang tabu.
Einerseits, da Webers Partei CSU historisch keine Konkurrenz rechts von sich
duldet. Andererseits, weil die AfD in absehbarer Zeit bundesweit als gesichert
rechtsextremistisch eingestuft werden und in ein Verbotsverfahren geraten
könnte. Also: Finger weg.
Die Zersplitterung des rechten Spektrums im EU-Parlament
bietet allerdings andere Machtoptionen. So haben sich Marine Le Pen und die
spanische Vox-Partei nicht nur von der AfD als „zu rechtsextremistisch“
distanziert und sie aus ihrer Fraktion Patrioten für Europa rausgehalten. Sie
haben sich auch gegen Melonis „reformistischen Kurs“ ausgesprochen und mit ihr
gebrochen. Mit den Europäischen Konservativen und Reformern (EKR) bleibt somit
Meloni in der Mitte der Furt stehen. Die ist mit immerhin 78 Europaabgeordneten
aus 18 Ländern die viertgrößte Fraktion im EU-Parlament. Werden die
Bauchschmerzen der Mitte-links-Alliierten bei bestimmten Gesetzentwürfen
zukünftig allzu stark, könnte bei Gelegenheit die EKR als Kompensation zum
Einsatz kommen.
Von der Leyen hat sich entschieden, dieses Blatt zu spielen.
Die Bedingung dafür war allerdings, dass Italiens Regierung nicht nur einen
Posten in der Kommission bekommt, der dem demografischen und ökonomischen
Gewicht des Landes Respekt zollt, sondern auch den prestigeträchtigen Posten
eines Vizepräsidenten. Gesagt, getan. Die Mitglieder der Von-der-Leyen-Mehrheit
im EU-Parlament müssen nun die Kröte schlucken. Die Testphase der Kooperation
mit Meloni soll als Blaupause für den zukünftigen Aufbau einer
Mitte-rechts-Koalition auf europäischer Ebene dienen.
Die Bedeutung des Projekts einer europäischen
Mitte-rechts-Koalition haben die Kandidatinnen und Kandidaten von Melonis
Partei Fratelli d’Italia lautstark während der gesamten EU-Wahlkampagne
propagiert. Nun wird der Plan wenigstens zum Teil umgesetzt. Das ist Balsam auf
den Wunden der gegenwärtigen Regierungschefin in Rom. Denn Meloni brauchte
dringend ein Erfolgserlebnis. In den letzten Monaten war der Konflikt zwischen
den drei regierenden Parteien – Melonis Fratelli d’Italia, Matteo Salvinis Lega
und den Erben Berlusconis von der Forza Italia – eskaliert. Ihr ungeschriebener
Koalitionsvertrag bestand darin, dass jede Partei ihr Prestigeprojekt
durchsetzt: die Fratelli d’Italia den Umbau Italiens zu einem präsidentiellen
Regierungssystem; die Lega das sogenannte Autonomie-Gesetz, einen substantiellen
Abbau des italienischen Länderfinanzausgleichs, damit die Steuergelder aus den
industriestarken Regionen Norditaliens nicht auf das gesamte Land umverteilt
werden; und Forza Italia eine Justizreform, die die demokratische
Gewaltenteilung beendet und die judikative der exekutiven Gewalt unterordnet.
Da die Lega in Umfragen immer schlechter abschnitt, war
Salvini vorgeprescht und hat durchgesetzt, dass zuerst sein Autonomie-Projekt
durch das Parlament gebracht werden soll. Dieses Vorhaben hat nicht nur die
Opposition wiederbelebt, die eine sehr erfolgreiche Unterschriftensammlung für
ein Referendum gegen das Gesetz gestartet hat. Eine Verfassungsklage der
Regionen, die einen Nachteil von der neuen Regelung erwarten, sorgt zudem für
Verzögerung und Streit zwischen den rechten Partnern. Nicht zuletzt sorgt auch
ein Machtkampf zwischen Meloni und dem Medienimperium von Berlusconis Erben für
andauernden Ärger. Die Fernsehkanäle der Familie haben zahlreiche Mitarbeiter
aufgenommen, die nach der Wahl Melonis und den von ihr angestoßenen Säuberungen
der öffentlich-rechtlichen Fernsehsender hinausgedrängt wurden und die nun
zahlreiche persönliche Skandale aus dem engsten Umfeld der Premierministerin
ausschlachten.
Inmitten dieser Trümmerlandschaft, in der sich Opposition
und Gewerkschaften angesichts der Engpässe des kommenden Haushaltsgesetzes für
die Herbstschlacht rüsten, ist von der Leyens Wahl von Raffaele Fitto zum
Kommissar für Regionalförderung und Reformen sowie zum Vizepräsidenten der
Kommission ein Lichtblick für Meloni. Er steht sinnbildlich für die zukünftigen
Mehrheiten auf EU-Ebene, die sich Meloni und von der Leyen wünschen. Wie sein
Vater vor ihm war Fitto Abgeordneter der Democrazia Cristiana, der
italienischen Christdemokraten. Danach war er lange Zeit Mitglied und
Abgeordneter von Berlusconis Partei. Als der seine Partei ab 2014 für eine
Mitte-links-Regierung mit dem Partito Democratico öffnete, trat Fitto aus ihr
aus und gesellte sich mit seiner Gruppierung zur neugegründeten
Rechtsaußen-Partei von Giorgia Meloni. Fitto verkörpert den Rechtsruck, der
Europa unter von der Leyen und Meloni bevorsteht. IPG 20
Studie. Vorurteile in der Polizei
stärker als in der Bevölkerung
Wie verhält sich die Polizei? Wie verbreitet sind
Vorurteile, etwa gegenüber Asylbewerbern? Der Abschlussbericht zu einer großen
Studie, die 2021 in Angriff genommen wurde, liegt jetzt vor. Die Ergebnisse
sind beunruhigend. Auch innerhalb der Polizei gibt es massive Probleme. Von
Anne-Béatrice Clasmann
Etwa jeder dritte Polizeibeamte hat im Dienst binnen eines
Jahres rassistische Äußerungen von Kollegen wahrgenommen. Das geht aus dem
Abschlussbericht einer von der Bundesregierung beauftragten großangelegten
Studie zum Alltag und zu den Einstellungen bei der Polizei hervor. Bei zwei
zeitlich versetzten Online-Befragungen gaben einmal 67 Prozent der
Teilnehmenden an, solche Äußerungen im zurückliegenden Jahr nie gehört zu
haben. Bei der zweiten Befragung waren es 68 Prozent. Die Wissenschaftler
hatten die Polizeibeamten aus Bund und Ländern nach ihren Beobachtungen sowohl
zum Umgang von Kollegen mit Bürgern als auch mit anderen Polizisten und
Polizistinnen gefragt.
Sexistische Äußerungen im Jahr vor der Befragung fielen laut
Studie etwas mehr als 40 Prozent der teilnehmenden Polizistinnen und Polizisten
auf. Zehn Prozent von ihnen gaben an, dies sei binnen eines Jahres in mehr als
zehn Fällen vorgekommen. Drei Prozent der Befragten berichteten, sie hätten im
zurückliegenden Jahr korruptes Verhalten von Kollegen beobachtet. Aus dem
Ergebnis der Online-Befragung lässt sich die Zahl der Vorfälle nicht direkt
ableiten, da das Fehlverhalten eines Beamten womöglich von mehreren seiner
Kollegen beobachtet wird.
Die Befragten, denen rassistische Äußerungen, Sexismus oder
korruptes Verhalten aufgefallen war, unternahmen dagegen persönlich meist
nichts, heißt es in der Studie. Sexuelle Übergriffe wurden von den Befragten
mit etwa zehn Prozent am häufigsten angezeigt. Die Autoren der Studie weisen
allerdings darauf hin, dass eine individuelle Reaktion nicht bedeutet, dass das
Delikt nicht angezeigt worden ist, da die Anzeige auch durch Dritte erfolgen
könne. Auch war lediglich nach dem eigenen Verhalten bei der letztmaligen
Beobachtung eines solchen Vorfalls gefragt worden.
Muslimfeindlichkeit hat zugenommen
Die Deutsche Hochschule der Polizei fragte für die Studie
auch nach der Einstellung der Beamten in Bezug auf Minderheiten und
Autoritarismus. Im Abschlussbericht heißt es dazu: „Man findet wenige Hinweise
auf radikale Positionen, aber einige Eindrücke, die auf Verunsicherungen und
uneindeutige Positionen schließen lassen.“ Auch zeigen die Studienergebnisse,
dass problematische Einstellungen zugenommen haben: Beispielsweise stellten die
Forscherinnen und Forscher bei der ersten Erhebung zwischen November 2021 und
Oktober 2022 bei elf Prozent der Befragten Muslimfeindlichkeit fest. Bei der
zweiten Befragung, die zwischen November 2023 und März 2024 lief, waren es 17
Prozent. Ein Anstieg war auch zu beobachten bei Chauvinismus und Autoritarismus.
Die Ablehnung von Asylsuchenden stieg demnach von 30 Prozent auf 42 Prozent.
„Es gibt null Toleranz gegenüber Rechtsextremismus,
Rassismus und anderen Formen von Menschenfeindlichkeit“, kommentierte
Bundesinnenministerin Nancy Faeser (SPD) die Ergebnisse der Studie, die ihr
Amtsvorgänger Horst Seehofer (CSU) in Auftrag gegeben hatte. Sie fügte hinzu:
„Wir wollen eine transparente Fehlerkultur stärken und der Entstehung und
Verfestigung von Vorurteilen und Diskriminierungen konsequent entgegentreten.“
Die Ministerin betonte gleichzeitig, Polizeibeamtinnen und
Polizeibeamte seien Tag und Nacht unter schwierigen, manchmal
lebensgefährlichen Bedingungen im Einsatz. Sie verteidigten Rechtsstaat und
Demokratie und verdienten dafür Respekt und Wertschätzung.
Zu viel Bürokratie wird als Belastung empfunden
Als motivierend in ihrem Berufsalltag erleben deutsche
Polizisten laut der Studie Erlebnisse, die mit Kollegialität, Erfolgen und
erfahrener Wertschätzung für die eigene Arbeit zu tun haben. Belastende
Faktoren sind demnach schwierige Fälle wie Todesermittlungen oder Straftaten
gegen Kinder. Aber auch empfundener Personalmangel, viel Bürokratie und
„Vergeblichkeitserfahren“, etwa mit Blick auf Ergebnisse von Strafverfahren,
sind laut dem Bericht häufig Anlass für Frustration.
„Deutlich wird, dass der Personalmangel in der Polizei keine
gewerkschaftliche Erfindung ist, sondern diesen unsere Kolleginnen und Kollegen
jeden Tag an ihren vielfältigen Arbeitsplätzen hautnah erleben“, sagte der
Bundesvorsitzende der Gewerkschaft der Polizei (GdP), Jochen Kopelke. Mangelnde
Personalressourcen führten zu steigenden Belastungen und erhöhten
Krankenständen. „Wie dringend eine Stärkung der gesamten Rechtsstaatskette ist,
zeigen teils ernüchternde Sichtweisen auf die Wirksamkeit der eigenen Arbeit.“
Verfahrenseinstellungen aus Personalnot senkten die Motivation der
Beschäftigten. „Das muss ein baldiges Ende haben“, forderte Kopelke.
Er vermisse außerdem einen ganzheitlichen,
wissenschaftlichen Ansatz, was das zunehmende Risiko von Polizeibeschäftigten,
Opfer aggressiver Angriffe zu werden, betrifft, kritisierte der
Gewerkschaftsvorsitzende. Konsequente und harte Strafen allein seien hier nicht
ausreichend. (dpa/mig 20)
Paradigmenwechsel. CSU will
Arbeitsmöglichkeit für Flüchtlinge stärken
Die CSU-Landtagsfraktion will die Aufnahme von Arbeit für
Flüchtlinge verbessern – ein Paradigmenwechsel? Bisher stand die Partei einer
Arbeitsaufnahme von Asylbewerbern skeptisch gegenüber. Die SPD fordert
langfristige Perspektiven statt gemeinnütziger Arbeit.
Asylbewerber in Bayern sollen nach dem Willen der CSU
künftig einfacher und schneller eine Arbeit aufnehmen können. Es sollen mehr
Möglichkeiten für gemeinnützige Arbeit geschaffen werden, sagte
Ministerpräsident Markus Söder bei der Fraktionsklausur im oberfränkischen
Kloster Banz nach Angaben von Teilnehmern. Der Schritt bedeutet einen
Paradigmenwechsel – bisher standen führende Innenpolitiker der CSU einer
verstärkten Arbeitsaufnahme von Asylbewerbern skeptisch gegenüber.
Nach drei Monaten im Land soll gemeinnützige Arbeit für
Asylbewerber verpflichtend werden – oder eine Tätigkeit auf dem Arbeitsmarkt
aufgenommen werden. Bisher scheitert dies nicht zuletzt an deutlich zu wenigen
Möglichkeiten für gemeinnützige Arbeit in den Kommunen – aber auch an der
Praxis der Ausländerbehörden bei der Vergabe von Arbeitserlaubnissen.
Für 75.000 Menschen stünden derzeit in Bayern nur 3.000
solcher Arbeitsplätze zur Verfügung. Söder will nun bei Einrichtungen des
Freistaats Bayern innerhalb kurzer Zeit 5.000 solcher Arbeitsplätze definieren
– etwa in Kantinen bayerischer Behörden oder in staatlichen Gärten.
Langes Warten auf Arbeitserlaubnis
Die Aufnahme einer gemeinnützigen Arbeit ist nach
gegenwärtiger Rechtslage für Flüchtlinge jederzeit möglich. Eine Erlaubnis zur
Aufnahme einer entlohnten Arbeit stellen die Ausländerbehörden frühestens nach
drei Monaten auf der Grundlage von Einzelfallprüfungen aus – jedoch in der
Regel nur bei einer günstigen Bleibeperspektive. Für Menschen, die in
Aufnahmeeinrichtungen leben, ist die Wartezeit in der Regel länger.
Ein Problem stellen die sogenannten Dublin-Bescheide dar –
also die Fälle, in denen Asylbewerber in ein anderes Mitgliedsland der EU
überstellt werden müssen. In diesen Fällen wird in der Regel keine
Arbeitserlaubnis erteilt – da die Ausreise ja bevorsteht. Auch bei Menschen,
die aus einem sogenannten sicheren Herkunftsland kommen, wird eine günstige
Bleibeperspektive in der Regel nicht angenommen.
SPD fordert langfristige Perspektiven
Jedoch sind die Menschen tatsächlich zum Teil viele Monate
in Deutschland, weil das Empfängerland eine Aufnahme verweigert und dann
gegebenenfalls doch ein Asylverfahren in Deutschland gestartet werden muss. In
dieser Phase besteht in der Regel keine Arbeitsmöglichkeit.
Der SPD-Fraktionschef im Landtag, Holger Grießhammer,
forderte langfristige Perspektiven für Geflüchtete. „Wir müssen dafür sorgen,
dass Geflüchtete langfristig ihren Lebensunterhalt bestreiten können, denn
Arbeit ist der Schlüssel für Integration!“, betonte er. Gemeinnützige Arbeit
helfe nicht. Die Ausländerbehörden müssten ihre Prioritäten anders setzen und
die Arbeitserlaubnisse schneller bewilligen. (dpa/mig 19)
Neuer Tiefstand: Drei von fünf
Deutschen sehr unzufrieden mit Bundesregierung
Hamburg – Nach den Wahlen in Sachsen und Thüringen verliert
die Ampelregierung weiter an Rückhalt in der Bevölkerung. Das geht aus einer
aktuellen Umfrage des Markt- und Meinungsforschungsinstituts Ipsos hervor. Auch
Bundeskanzler Olaf Scholz (SPD) verliert im September deutlich an Zustimmung.
Mit der Arbeit von Vizekanzler Habeck (Grüne) und Finanzminister Lindner (FDP)
sind ebenfalls immer weniger Deutsche zufrieden. Insgesamt muss fast das gesamte
Bundeskabinett Popularitätseinbußen hinnehmen. Lediglich Verteidigungsminister
Pistorius (SPD) gewinnt im Vergleich zur letzten Erhebung leicht an
Popularität, Außenministerin Baerbock (Grüne) stagniert auf niedrigem Niveau.
Zufriedenheitswerte im Sinkflug
Die Zufriedenheit mit der Arbeit der Regierung ist im
Vergleich zur letzten Ipsos-Umfrage im Juli stark gesunken (-10 Punkte). 62
Prozent der Deutschen sind mit der Regierungsarbeit sehr unzufrieden, nur noch
eine kleine Minderheit von 6 Prozent äußert sich sehr zufrieden. Damit liegt
der Zufriedenheitswert im September bei -56, ein neuer Tiefstand seit Bestehen
der Ampelkoalition. Auch die Unzufriedenheit mit Olaf Scholz nimmt weiter zu.
Der Regierungschef verliert 7 Punkte und liegt nun bei einem Nettowert von -48.
Nicht einmal jeder Zehnte (9 %) bewertet die Arbeit von Scholz sehr positiv,
mehr als die Hälfte (57 %) der Befragten ist dagegen sehr unzufrieden. Damit
schneidet der Kanzler zwar noch etwas besser ab als die Bundesregierung
insgesamt, bewegt sich aber ebenfalls auf sehr niedrigem Niveau.
Lindner mit deutlichen Verlusten, auch Habecks Ansehen sinkt
Der größte Verlierer unter den Kabinettsmitgliedern ist
Finanzminister Christian Lindner. Lindner verliert im Vergleich zur letzten
Umfrage 10 Punkte bei der Nettozufriedenheit, die nun wie bei Scholz bei -48
liegt. Im Juli konnte der FDP-Chef noch einen Zufriedenheitszuwachs von 6
Punkten verbuchen. Eine Mehrheit von 56 Prozent zeigt sich sehr unzufrieden mit
Lindners Arbeit, nur 8 Prozent sind aktuell sehr zufrieden mit ihm. Auch
Wirtschaftsminister Robert Habeck büßt in der Gunst der Befragten deutlich ein.
Er verliert in den letzten zwei Monaten 7 Punkte auf der Beliebtheitsskala,
seine Nettozufriedenheit liegt bei -46. Zwar liegt der Anteil der sehr
Zufriedenen bei Habeck mit 12 Prozent etwas höher als bei Lindner, doch
polarisiert Habeck stärker und ein noch größerer Anteil (58 %) der Deutschen
ist mit seiner Leistung sehr unzufrieden.
Nur Pistorius und Baerbock ohne Einbußen
Neben den Genannten verzeichnen auch fast alle anderen
Ministerinnen und Minister der Ampelregierung Zufriedenheitsverluste. Ausnahmen
bilden lediglich Verteidigungsminister Boris Pistorius und Außenministerin
Annalena Baerbock. Pistorius kann seinen Wert um einen Punkt auf +2 steigern.
Damit bleibt er mit deutlichem Abstand der beliebteste Bundesminister und zudem
der einzige mit einem positiven Zufriedenheitswert. Knapp ein Drittel (30 %)
der Deutschen ist mit der Arbeit des Verteidigungsministers sehr zufrieden, 28
Prozent sind sehr unzufrieden. Außenministerin Baerbock stagniert dagegen bei
einem negativen Wert von -41. 14 Prozent der Deutschen sind mit ihrer Arbeit
sehr zufrieden, 55 Prozent sehr unzufrieden. Ipsos 18
Starmer bei Meloni. Italiens
Albanien-Modell statt Ruanda?
Den Plan zur Abschiebung von Asylbewerbern nach Ruanda hat
der neue britische Premier gestoppt. Aber er steht unter Druck, die Überfahrten
über die tödliche Route über den Ärmelkanal zu stoppen. Vorbild könnte Italiens
Albanien-Modell sein. Aber auch dort hakt es.
Italien und Großbritannien wollen sich im Kampf gegen
unerwünschte Einwanderung enger abstimmen. Die rechte Ministerpräsidentin
Giorgia Meloni empfing dazu den neuen sozialdemokratischen Premierminister Keir
Starmer erstmals in Rom. Dabei ging es auch um ein Migrationsabkommen zwischen
Italien und Albanien, das die Auslagerung von Asylverfahren in das Balkanland
außerhalb der EU vorsieht.
Starmer hatte das Vorhaben vor seinem Besuch „sehr
interessant“ genannt. Nun betonte er, der Fokus müsse auf Strafen für
Menschenschmuggler sowie Vorbeugung liegen. Italiens Rechts-Regierung ist mit
der Umsetzung ihrer Albanien-Pläne erheblich in Verzug. Auch
Bundesinnenministerin Nancy Faeser hatte das Vorhaben Italiens in Albanien als
„interessantes Modell“ bezeichnet.
Neue Einrichtung soll Menschenschmuggler stoppen
Starmer hatte bei seinem Antrittsbesuch den Chef der neuen
zentralen Grenzschutzeinheit dabei, Martin Hewitt. Das „Border Security
Command“ soll Geheimdienste, Grenzschutz und Polizei koordinieren sowie mit
europäischen Behörden zusammenarbeiten, um die irreguläre Einreise in kleinen
Booten aus Frankreich über den Ärmelkanal zu stoppen. Immer wieder kommt es
dabei zu tödlichen Zwischenfällen.
Bei dem Versuch, den Ärmelkanal von Frankreich nach
Großbritannien zu überqueren, waren am Wochenende erneut mehrere Menschen ums
Leben gekommen. Wie französische Medien unter Berufung auf Polizeikreise
berichteten, sollen dabei acht Flüchtlinge ertrunken sein. Mehrere Personen
seien verletzt worden, darunter eine schwer. Das Boot sei nahe an der Küste
gekentert. Erst Anfang September kamen zwölf Menschen im Ärmelkanal ums Leben.
Insgesamt starben auf der Route in diesem Jahr laut der britischen
Nachrichtenagentur knapp 40 Menschen. Der Ärmelkanal ist in den vergangenen
Jahren zu einer viel genutzten Migrationsroute geworden.
Starmer zum Albanien-Modell: „Sehr, sehr anders“
Italien wiederum ist jedes Jahr erstes Ziel von
Zehntausenden Flüchtlingen, die übers Mittelmeer nach Europa kommen. Auch dabei
kommt es immer wieder zu tödlichen Katastrophen.
Starmer hatte nach seinem Wahlsieg das umstrittene Vorhaben
der konservativen Vorgängerregierung gestoppt, irreguläre Migranten ohne
Rücksicht auf ihre Herkunft nach Ruanda abzuschieben. Seitdem drängen
Unionspolitiker, die in Ruanda freigewordenen Kapazitäten für Abschiebungen aus
Deutschland zu nutzen.
Die britische Innenministerin Yvette Cooper indes verwies
nun auf die italienische Vereinbarung mit Albanien, die „sehr, sehr anders“ sei.
Geplant sind Aufnahmezentren für Menschen, in denen Asylanträge geprüft werden.
Bei Erfolg können die Migranten nach Italien einreisen, ansonsten müssen sie in
ihre Heimat zurück. Beim Ruanda-Plan konnten Migranten Asyl in dem
ostafrikanischen Land beantragen, aber sollte keine Erlaubnis erhalten, nach
Großbritannien zu kommen.
Italien bei Umsetzung eigener Pläne im Verzug
Allerdings liegen die italienischen Behörden bei der
Umsetzung des Vorhabens inzwischen deutlich hinter den eigenen Zeitplänen.
Einen konkreten Termin, wann die geplanten Aufnahmezentren in Albanien in
Betrieb gehen, gibt es immer noch nicht. Ursprünglich hätte dies schon im Mai
geschehen sollen.
Meloni sagte nun: „Ich hätte es vorgezogen, wenn es früher
begonnen hätte. Aber die Augen der Welt sind auf diese Initiative gerichtet.
Wenn es ein paar Tage länger dauert, macht mir das nichts aus.“ Der Kampf gegen
irreguläre Migration übers Mittelmeer gehörte zu den wichtigsten Versprechen,
mit denen die Vorsitzende der Rechtspartei Fratelli d’Italia (Brüder Italiens)
im Herbst 2022 die Wahlen gewann. Mit „irreguläre“ Migration sind zumeist
Einreisen von Asylsuchenden gemeint, die mangels legaler Fluchtwege Grenzen
ohne gültige Dokumente passieren. (dpa/mig 18)
Iran. „Frauen erobern die Autonomie
über ihren Körper zurück“
Der Mord an Jina Mahsa Amini löste vor zwei Jahren die
„Frau, Leben, Freiheit“-Bewegung aus. Sussan Tahmasebi über die Veränderung im
Iran seither. Die Fragen stellte Hanna Voss.
Vor zwei Jahren starb die 22-jährige kurdische Iranerin Jina
Mahsa Amini im Gewahrsam der Sittenpolizei. Ihr Tod löste eine der größten
Protestwellen seit Gründung der Islamischen Republik 1979 aus. Die Bewegung
Frau, Leben, Freiheit wurde von den Sicherheitsorganen brutal unterdrückt, hat
aber tiefe Spuren in dem Land hinterlassen. Was hat sich nach ihrer Wahrnehmung
verändert, seit die Bewegung sich vor zwei Jahren formierte?
Die Frau, Leben, Freiheit-Demonstrationen waren der bisher
größte landesweite Protest, bei dem vor allem für Frauenrechte gekämpft wurde,
und der erste, der lange durchgehalten wird. In den vergangenen Jahrzehnten gab
es auch schon Proteste für die Rechte von Frauen, aber sie haben nie diese
Größenordnung erreicht. Woman, Life, Freedom hat deutlich gezeigt, wie stark in
der iranischen Bevölkerung das Bewusstsein für Frauenrechte ausgeprägt ist –
vor allem wenn es um körperliche Selbstbestimmung und Unversehrtheit geht.
Anfangs standen bei den Protesten die Frauenrechte im Fokus, aber sehr schnell
wurden weit umfassendere Grundrechte und Freiheiten eingefordert. Wir haben
gesehen, dass Normalbürgerinnen und -bürger bereit sind, für diese
Veränderungen zu kämpfen.
Ein zentrales Thema der Proteste war die Hidschab-Pflicht.
Hier sehen wir im Straßenbild der iranischen Städte tatsächlich große
Veränderungen. Frauen erobern die Autonomie über ihren Körper zurück, indem sie
einfach beschließen, kein Kopftuch zu tragen. Das ist zwar gesetzlich weiterhin
verboten, aber sie machen es trotzdem – auf der Straße, in Einkaufszentren, in
ihren Autos. Damit nehmen sie große Risiken auf sich. Doch sie sind fest
entschlossen, ihre neu entdeckte Freiheit und die Selbstbestimmung über ihren
Körper offen zu zeigen. Auch in eher ländlichen Gebieten sind Frauen dabei, die
roten Linien zu verschieben und sich über das hinwegzusetzen, was die
Regierung, aber auch die Kultur und die Tradition ihnen aufzwingen. Sie kleiden
sich freier und sprechen häufiger im Familienkreis und anderen
gesellschaftlichen Zusammenhängen über ihre Rechte auf körperliche Selbstbestimmung.
Aber bringt die Bewegung auch strukturelle, rechtliche
Fortschritte? Riskieren Frauen weiterhin Haftstrafen und Schlimmeres, wenn sie
sich nicht an die Hidschab-Vorschriften halten?
Ja – und ich würde keinen Unterschied machen zwischen dem,
was auf dem Papier steht, und dem, was real vollstreckt wird. Die
Diskriminierung von Frauen ist im iranischen Recht verankert. Sie äußert sich
darin, dass der Hidschab vorgeschrieben ist und die Hidschab-Pflicht im
öffentlichen Raum mit Gewalt durchgesetzt wird. Wenn Frauen sich dem
widersetzen, machen sie das so sichtbar wie möglich – mit ihren Körpern. Dafür
zahlen sie einen hohen Preis. Jina Mahsa Amini war leider nicht die letzte
Frau, die wegen des Hidschab Gewalt erfahren hat. Es gibt weiterhin Fälle, in
denen Frauen ebenso wie Mahsa verhaftet und brutal zusammengeschlagen werden.
Es gibt auch weitere Todesfälle durch Gewalteinwirkung. Das neue „Hidschab- und
Keuschheitsgesetz“ ist noch nicht in Kraft, aber viele darin vorgesehene
Maßnahmen werden bereits umgesetzt. Die Repressalien, Geldbußen und Haftstrafen
gegen Frauen, die sich nicht an die vorgeschriebene Kleiderordnung halten,
werden verschärft. Auch Ladenbesitzer, Taxifahrer und Arbeitgeber müssen
Bußgelder zahlen, wenn sie Frauen ohne Hidschab bedienen, befördern oder
beschäftigen. Regelmäßig werden auch Autos beschlagnahmt, in denen Frauen ohne
Hidschab unterwegs sind.
Führt die Frau, Leben, Freiheit-Bewegung also ungewollt zu
noch rigideren Maßnahmen und damit zu einem Rückschritt?
Das ist genau die Angst, die Frauen und speziell die Frauen
im Iran immer haben müssen – dass sie mit ihrem Handeln noch schärfere
Reaktionen provozieren. Diesen Backlash erleben wir vielerorts in der ganzen
Welt, sobald Frauen mehr Rechte einfordern. Mit diesem Phänomen sind die Frauen
im Iran sehr vertraut: Wenn sie weiterkämpfen, müssen sie andauernd mit
Bumerang-Effekten rechnen.
Die Repressalien halten die Frauen aber nicht davon ab, die
Grenzen des Machbaren kontinuierlich zu verschieben. Sie bestehen auf ihren Forderungen
und halten dem Druck stand. Bevor die Woman Life Freedom-Bewegung sich
formierte, wurde in Regierungskreisen über sittenwidrige oder „falsche“
Hidschabs diskutiert. Inzwischen gibt es so viele Frauen, die sich in der
Öffentlichkeit kleiden, wie sie wollen, und den Hidschab weglassen, dass die
politische und gesellschaftliche Debatte sich verschiebt und diesem Wandel
Rechnung trägt.
Bleiben wir beim Thema Politik: Was dürfen wir in Sachen
Frauenrechte von der neuen Regierung von Massud Peseschkian erwarten?
Einer der Erfolge der Frau, Leben, Freiheit-Bewegung ist,
dass sie die Forderungen von Frauen, aber auch von ethnischen Minderheiten zum
zentralen Thema in der iranischen Gesellschaft gemacht hat. In jedem iranischen
Wahlkampf sind die Frauenrechte Thema – aber nur an der Oberfläche. Das war
diesmal nicht anders. Peseschkian hat zwar die Frauenrechte hervorgehoben, aber
was er macht, wenn er im Amt ist, weiß niemand genau. Klar ist bislang nur:
Peseschkian strebt Verhandlungen über eine Aufhebung der Sanktionen an, weil er
die iranische Bevölkerung wirtschaftlich entlasten will. Wenn die
wirtschaftliche Situation sich verbessert, wirkt sich das auch positiv auf das
Leben von Frauen aus, aber das allein bietet noch keine Gewähr dafür, dass die
Diskriminierung ein Ende hat. Dadurch könnte sich allerdings die Chance
ergeben, dass die Staatengemeinschaft und die Vereinten Nationen den
langjährigen Gleichberechtigungsforderungen der iranischen Frauen mehr
Nachdruck verleihen und sie stärker in den Blickpunkt rücken.
Trotzdem ist die jetzige Situation sicher besser, als wenn
der Hardliner Dschalili die Stichwahl gewonnen hätte?
Im ersten Wahlgang war die Wahlbeteiligung extrem niedrig.
Das war ein deutliches Signal an die iranische Führung und hat ihr gezeigt, wie
unzufrieden die Iranerinnen und Iraner mit dem Status quo sind. Bei der
Stichwahl war die Wahlbeteiligung höher, aber immer noch sehr, sehr niedrig.
Ich kenne viele, die bei der Stichwahl für Peseschkian gestimmt haben, um einen
Sieg des Hardliners Dschalili zu verhindern, weil sie in diesem Fall noch mehr
negative Auswirkungen auf ihren Lebensalltag befürchteten.
Seit Jahrzehnten versuchen iranische Frauen zu verhindern,
dass ihre Rechte noch mehr beschnitten werden. Sie versuchen, das Erreichte zu
verteidigen und auf mehr Rechte zu drängen. Das erklärt, warum sie sich dieses
Mal entschieden haben, zur Wahl zu gehen. Wenn Peseschkian die Frauen wirklich
unterstützen will, müsste er etwas gegen die seit Langem bestehende
Diskriminierung von Frauen unternehmen, die Teil des Systems ist und weit
darüber hinausgeht, dass sie den Hidschab tragen müssen und der Staat sich in
jeden Aspekt ihres Lebens einmischt. Obwohl sie so diskriminiert werden, haben
die Iranerinnen mit ihrem Durchhaltevermögen und ihrem Engagement
gesellschaftlich viel erreicht. Es ist offensichtlich, dass sie den Status quo
nicht länger hinnehmen werden.
Was sagt das alles über die unterschiedlichen Facetten der
iranischen Gesellschaft aus – über die städtische Bevölkerung im Gegensatz zu
den Menschen auf dem Land, über die verschiedenen Klassen und über die
ethnischen und religiösen Minderheiten?
Es zeigt uns, dass die iranische Gesellschaft viel weiter
ist als die bestehenden Gesetze. Das iranische Recht hinkt hinter den
gesellschaftlichen Normen und der Kultur weit hinterher. Diese Diskrepanz wurde
im Zuge der Proteste deutlich sichtbar, denn demonstriert wurde auch in
kleineren Städten und in ländlichen Regionen, obwohl es dort konservativer,
traditioneller und religiöser zugeht. Im Idealfall sollten Gesetze gerade beim
Thema Frauenrechte und Diskriminierung vorangehen, sodass die
gesellschaftlichen Einstellungen in der Folge nachziehen, aber im Iran ist das
krasse Gegenteil der Fall.
Wie wirkt sich das auf die Zivilgesellschaft aus, die in den
Monaten nach Aminis Tod zu Tausenden auf die Straße ging?
Hier liegt ein Teil des Problems. Wir haben eine höchst
lebhafte und progressive Zivilgesellschaft. Dazu gehören Aktivistinnen und
Aktivisten ebenso wie normale Bürgerinnen und Bürger und die überaus aktive
Frauenrechtsbewegung. Das alles existiert aber in einer extrem geschlossenen
Gesellschaft. Es gibt keine Räume, in denen sie sich organisieren und
weiterentwickeln kann – alles passiert dezentral in kleinen geheimen Zirkeln.
Das hat es zwar der Frau, Leben, Freiheit-Bewegung ermöglicht, große
Protestveranstaltungen abzuhalten, die für den Staatsapparat schwer zu
kontrollieren waren, aber es verhindert gleichzeitig, dass die Bewegung sich dauerhaft
etablieren und die nötige Infrastruktur und Organisation aufbauen kann. Es gibt
keine Räume, in denen diese Art von gesellschaftlicher und politischer Arbeit
frei und sicher stattfinden kann.
Jina Mahsa Amini war eine kurdische Iranerin. Im Iran erfahren
ethnische und religiöse Minderheiten oft noch brutalere Gewalt. Hat sich das in
den vergangenen Jahren verstärkt?
Ja. Nachdem Mahsa Amini im Gewahrsam gestorben war, waren
die Proteste bekanntlich nirgendwo so breit und ausdauernd wie in den kurdischen
und belutschischen Gebieten. Dementsprechend hatten die Kurden und Belutschen
während der Proteste am meisten zu leiden. Rund 50 Prozent der Menschen, die
bei den Protesten getötet wurden, gehörten einer dieser beiden Volksgruppen an.
Auch die Zahl der Verhafteten war in diesen Gruppen hoch. Diese ethnischen
Gemeinschaften erfahren nach wie vor in unterschiedlicher Form staatliche
Diskriminierung und immensen Druck. Selbst jetzt, im Vorfeld des zweiten
Jahrestages gibt es Repressalien gegen diejenigen, die den Mut haben, den Mund
aufzumachen und sich zu organisieren, und die versuchen, die Erinnerung an die
Proteste wachzuhalten oder Gedenkveranstaltungen abzuhalten. Das betrifft die
kurdischen und belutschischen Volksgruppen in besonderem Maß.
In den vergangenen zwei Jahren ist auch die Zahl der Kurden
und Belutschen, die hingerichtet wurden, massiv gestiegen. Kürzlich wurden zwei
Aktivistinnen, die zu einer ethnischen Minderheit gehören, zum Tode verurteilt:
Sharifeh Mohammadi und Pakhshan Azizi. Durch diese permanenten Signale sollen
die Angehörigen dieser Volksgruppen abschreckt werden, damit sie nicht
protestieren und keine abweichenden Meinungen bekunden. Dabei spielt übrigens
auch eine besondere Rolle, dass die Frau, Leben, Freiheit-Bewegung im Wesentlichen
aus der kurdischen Frauenrechtsbewegung hervorging.
Welche Rolle kann die engagierte iranische Diaspora dabei
übernehmen?
Die Diaspora kann eine wichtige Rolle spielen, aber wir
haben schon viele Versuche erlebt, die fehlgeschlagen sind, und Koalitionen,
die schnell zerbrachen. Das zeigt: Die Veränderung muss im Iran selbst
passieren. Die internationale Gemeinschaft einschließlich der Iranerinnen und
Iraner im Exil kann die Menschen im Land unterstützen und sollte das auch tun,
aber wir dürfen nicht vergessen: Die Hauptakteure und diejenigen, die
Veränderungen bewirken können, sind die Menschen, die im Iran leben.
Und was sollte die internationale Gemeinschaft unternehmen?
Die internationale Gemeinschaft muss in Menschenrechtsfragen
einen konsequenten Kurs fahren und einfordern, dass alle Staaten die
Menschenrechte ihrer Bürgerinnen und Bürger achten und alle im gleichen Maß zur
Rechenschaft ziehen. Andernfalls setzt sie ihre Glaubwürdigkeit in
Menschenrechtsfragen aufs Spiel. Die internationale Gemeinschaft und
insbesondere die Vereinten Nationen sollten Druck auf den Iran ausüben und ihn
dazu bringen, die Hinrichtungen zu stoppen und insbesondere die beiden
Aktivistinnen Sharifeh Mohammad und Pakhshan Azizi zu verschonen, die in der
Todeszelle sitzen. Sie sollten ihre Verhandlungsmöglichkeiten nutzen und diese
Fälle und überhaupt die hohe Zahl der Hinrichtungen zur Sprache bringen – und
auf die Freilassung von Menschenrechtlerinnen und Menschenrechtlern dringen,
die derzeit Haftstrafen verbüßen. Das gilt besonders für diejenigen, die im
Gefolge der Frau, Leben, Freiheit-Bewegung inhaftiert worden sind. Außerdem
können ausländische Staaten Menschen, die wegen ihres Engagements für die
Menschenrechte aus dem Iran fliehen mussten, Zuflucht bieten. IPG 17
Studie. Willkommenskultur in
Kommunen entscheidend für Integration
Seit dem Anschlag in Solingen ist der Migrationsdiskurs zu
einer Sicherheitsdebatte rund um Grenzschutz und Abschiebung verkommen. Eine
neue Studie mahnt Willkommenskultur gegenüber Migranten an. Die Integration sei
eine dauerhafte Aufgabe.
Angesichts von rechtspopulistischen Wahlerfolgen mahnt ein
wissenschaftlicher Bericht eine Willkommenskultur gegenüber Migranten an.
„Einwanderung und Integration müssen keine Krisen auslösen, sondern können die
Gesellschaft bereichern“, fasste Co-Autorin Magdalena Nowicka die Ergebnisse
einer Untersuchung zusammen. Es handelt sich um eine Studie des Deutschen
Zentrums für Integrations- und Migrationsforschung (DeZIM).
Das Zentrum erhob zwischen Mai 2023 und März 2024 in
Interviews und Hintergrundgesprächen Daten in elf deutschen Kommunen.
Inhaltlich geht es um Erfahrungen, Herausforderungen, gelungene Praxisbeispiele
und Strategien der Kommunen. Um Menschen aufnehmen und integrieren zu können,
sei eine positive Haltung gegenüber Migration und Integration Zugewanderter
entscheidend, heißt es in dem Bericht laut Mitteilung weiter.
Der Bericht benennt aber auch Engpässe bei den Themen
Wohnen, Kinderbetreuung, Bildung und Gesundheitsversorgung. Sie erschwerten die
Ankunft der Zugewanderten ebenso wie das Leben der bereits im Ort lebenden
Menschen. Integrationsarbeit brauche nicht nur spezifische Angebote für
Neuzugewanderte, sondern eine funktionierende soziale Infrastruktur für alle,
heißt es.
Mahnung: Diskurs konstruktiv und faktenbasiert führen
Um Kommunen für herausfordernde Zeiten zu wappnen, sollten
sie nach Darstellung von Hauptautorin Nora Ratzmann in ruhigeren Phasen
belastbare Netzwerke schaffen. Der Bericht empfiehlt dafür eine enge
Zusammenarbeit von Verwaltung und Zivilgesellschaft sowie das Einbinden von
migrantischen Organisationen.
Info & Download: Der DeZIM-Bericht "Chancen statt
„Krise“. Resiliente Kommunen im Kontext von Migration, Integration und
Teilhabe" kann kostenfrei heruntergeladen werden.
Um den Download-Link zu sehen, loggen Sie sich bitte über
Steady ein. Falls Sie MiGAZIN noch nicht abonniert haben, können Sie sich hier
anmelden.
Aber auch Empfehlungen in Richtung Bund und Länder richten
die Studienautoren: „Der politische Diskurs zu Flucht, Migration und
Integration sollte konstruktiv, faktenbasiert und lösungsorientiert geführt
werden“, heißt es in der Studie. Integration solle als „dauerhafte (staatlich
finanzierte) Aufgabe“ verstanden werden. (epd/mig 17)
Bündnis will Abtreibungsfrage aus
Strafrecht streichen
Ein bundesweites Bündnis feministischer und
gesundheitspolitischer Initiativen will sich dafür einsetzen, dass die
Abtreibungsfrage nicht länger im Strafrecht geregelt wird.
Dazu startet sie an diesem Montag eine Kampagne mit dem
Titel „Abtreibung legalisieren - jetzt!“ Geplant sind demnach eine zwölfwöchige
Kampagne mit bundesweiten Aktionswochen sowie zwei Demonstrationen am 7.
Dezember in Berlin und Karlsruhe.
Nach derzeit geltendem Recht ist ein Schwangerschaftsabbruch
rechtswidrig, bleibt aber bis zur zwölften Schwangerschaftswoche straffrei,
wenn vor dem Eingriff eine Beratung stattgefunden hat und ein Beratungsschein
ausgestellt wurde. Zwischen Beratung und Eingriff müssen mindestens drei Tage
vergehen.
Kirche für Beibehaltung jetziger Regelungen
Eine von der Bundesregierung eingesetzte Kommission
empfiehlt eine Liberalisierung der Abtreibungsgesetzgebung. Danach setzt sich
das Gremium für eine legale Abtreibung bis zur zwölften Woche ein. Ob es zu
einer entsprechenden Gesetzesinitiative im Bundestag noch vor den Wahlen im
September 2025 kommt, ist derzeit ungewiss. Teile der FDP sowie Union und AfD
sind für die Beibehaltung der derzeit geltenden Regelungen. Auch die katholische
Kirche setzt sich dafür ein. (kna 16)
Studie. Brandmauer zu AfD in
Kommunen hat Risse, steht aber
Immer wieder ist von einer Brandmauer die Rede, wenn
Parteien ihre Absage an eine Zusammenarbeit mit der AfD betonen. Forscher haben
nun untersucht, wie fest die Mauer in den Ost-Kommunen steht.
Die viel zitierte Brandmauer der etablierten Parteien zur
AfD hat laut einer Studie in den Kommunen zwar Risse bekommen, steht aber
weitgehend. Zu diesem Ergebnis kommt das Wissenschaftszentrum Berlin (WZB) in
der Untersuchung über das Abstimmungsverhalten in Kommunalparlamenten
ostdeutscher Bundesländer. Der Begriff Brandmauer meint die Absage etablierter
Parteien an jede Zusammenarbeit mit der AfD.
Die Studie wurde am Samstag publik gemacht. „Insgesamt ist die
Brandmauer weitaus stabiler, als vielfach vermutet wird“, sagte der Co-Autor
der Studie, Wolfgang Schroeder, dazu der „Süddeutschen Zeitung“. „Die
Normalisierungstaktik der AfD funktioniert nicht.“
Schroeder und seine Kollegen Daniel Ziblatt und Florian
Borchert nahmen 2.452 Sitzungen der Parlamente in Landkreisen und kreisfreien
Städten von Mitte 2019 bis Mitte 2024 in allen ostdeutschen Bundesländern unter
die Lupe. Dort stellte die AfD 2.348 Anträge. Demnach erhielt sie in rund 80
Prozent der Fälle keinerlei Unterstützung. In rund 20 Prozent (484 Fälle) wurde
nachgewiesen, dass inhaltlich mit der AfD kooperiert wurde. In etwa 10 Prozent
(244 Fälle) kam es zu einer Kooperation, bei der mindestens fünf
Nicht-AfD-Abgeordnete der AfD zustimmten.
„Die Kommunalpolitik ist geprägt von der Suche nach Konsens.
Da sind 20 Prozent Zustimmung nicht viel“, erklärte Schroeder. Die Zustimmung
zu AfD-Vorhaben sei im Laufe der Jahre nicht mehr geworden. Die Zahlen seien
sogar etwas zurückgegangen.
Erhebliche regionale Unterschiede – Thüringen Schlusslicht
Der Studie zufolge macht es auch einen großen Unterschied,
ob die AfD ihren Antrag etwa zu Verkehrsfragen stellte (recht hohe Zustimmung
der anderen) oder zu Asyl, Migration oder Sicherheit (niedrige Zustimmung).
„Die Kommunalpolitiker in den Kreistagen und kreisfreien Städten können
offenbar gut unterscheiden, an welchen Stellen sie ausnahmsweise mit der AfD
stimmen und wo nicht“, sagte Schroeder.
Regional fanden die Forscher erhebliche Unterschiede. Die
meiste Kooperation gebe es nicht unbedingt in Regionen mit der stärksten
AfD-Präsenz. Die höchste Kooperationsrate wurde laut Studie in Sachsen-Anhalt
registriert, wo 27,0 Prozent der AfD-Anträge Unterstützung anderer Parteien
fanden. In Sachsen wurde der zweithöchste Wert mit 22,4 Prozent gemessen. Es
folgen Mecklenburg-Vorpommern mit 19,4 Prozent und Brandenburg mit 18,3 Prozent
sowie Thüringen mit 16,0 Prozent. Die Forscher konstatierten ferner in
ländlichen Regionen eine höhere Zustimmungsrate zu AfD-Anträgen als in Städten.
In Einzelfällen gehörten zu den Kooperierenden auch
Abgeordnete von Splitterparteien wie beispielsweise der rechtsextremen Die
Heimat (Ex-NPD). In den meisten Fällen konnte aber nicht bestimmt werden,
welche Partei mit der AfD kooperierte, da Abstimmungsergebnisse auf Kreisebene
nicht nach Fraktionen festgehalten werden. (dpa/mig 16)
Schengen in Gefahr? Umstrittene
Grenzkontrollen führen zu Verstimmungen
Schengen steht für ein grenzenloses Europa. Die
angekündigten Grenzkontrollen kommen in den betroffenen Regionen gar nicht gut
an. Faeser weist Kritik zurück. Doch auch Wissenschaftler und Polizisten
bezweifeln die Maßnahme. Ist Schengen in Gefahr?
Jim Krier hält von den angekündigten Kontrollen an den
deutschen Grenzen ab diesem Montag gar nichts. „Es ist verrückt“, sagt der
Luxemburger. Er war im Juni 1985 in Schengen als Gemeinderatsmitglied dabei,
als auf dem Schiff „MS Princesse Marie-Astrid“ das Abkommen für ein Europa ohne
Grenzkontrollen unterzeichnet wurde. „Die guten Dinge werden wieder
zurückgedreht. Das ist sehr, sehr schlimm“, sagte der 73-Jährige in Schengen.
Michel Gloden ist Bürgermeister des symbolträchtigen
luxemburgischen Ortes im Dreiländereck zu Deutschland und Frankreich, dessen
Name für eine der größten Errungenschaften der Europäischen Union steht:
grenzenloses Reisen. „Es ist klar, dass wir keine Grenzkontrollen begrüßen“,
sagte er. „Wir haben so viele Pendler, den lokalen Handel in Luxemburg oder in
Deutschland. Und das wird alles beeinträchtigt.“ Heute gehören 29 Länder mit
rund 420 Millionen Menschen zum Schengen-Raum.
Faeser verspricht: keine langen Staus an Grenzen
Der 52-Jährige hofft, dass die Kontrollen möglichst wenig
das tägliche Leben in der Grenzregion beeinflussen. Bei den zuletzt
angeordneten Kontrollen auf deutscher Seite während der Fußball-EM im Sommer
habe es teils kilometerlange Staus gegeben. „Da haben Pendler den ganzen Tag in
Luxemburg gearbeitet, fahren abends nach Deutschland nach Hause und stehen eine
Stunde im Stau.“ Mehr als 50.000 deutsche Grenzgänger arbeiten in Luxemburg.
Bundesinnenministerin Nancy Faeser (SPD) hat ab diesen
Montag (16. September) für zunächst sechs Monate Kontrollen an allen deutschen
Landgrenzen angeordnet. Ein Ziel ist, die Zahl unerlaubter Einreisen von
Migranten einzudämmen. Kritik gegen die Anordnung wies Faeser zurück. Lange
Warteschlangen an den Grenzen werde es durch stichprobenartige Kontrollen nicht
geben. Sie versprach: „Keine langen Staus, sondern smarte Kontrollen, so wie
die aktuelle Lage es erfordert.“
Migrationsforscher erwartet keinen Rückgang der
Asylbewerberzahlen
Der Migrationsforscher Gerald Knaus erwartet von den Grenzkontrollen
keinen spürbaren Rückgang der Asylbewerberzahlen. „Wer erwartet, dass die
Grenzkontrollen dazu führen werden, dass irreguläre Migration zurückgeht, der
weckt eine Erwartung, die ist unerfüllbar“, sagte der Mitinitiator des
Flüchtlingsabkommens mit der Türkei im Deutschlandfunk. Viele EU-Länder hätten
schon sehr lange Grenzkontrollen, etwa Frankreich und Österreich. Aber: „Es hat
die Zahl der Asylanträge überhaupt nicht reduziert“, erklärte Knaus.
Grenzkontrollen seien auch kein Mittel, um etwa Terror zu verhindern, denn
viele der Täter hätten sich erst in Deutschland radikalisiert.
Möglich wäre das nach seinen Worten nur mit radikalen
Maßnahmen wie einem totalen Ende des kontrollfreien Reise- und Warenverkehrs
zwischen den Mitgliedstaaten des entsprechenden Schengener Abkommens. „Wenn die
Idee tatsächlich die ist, wir stoppen jede irreguläre Migration an den
deutschen Grenzen: Das geht nur dauerhaft mit einem Ende von Schengen. Dafür
braucht man dann auch Zäune an der grünen Grenze.“
Kritik von Jean-Claude Juncker
Jean-Claude Juncker hält ebenfalls nichts vom Vorhaben. „Ich
bin kein Freund von Grenzkontrollen, weil sie mit massiven Unannehmlichkeiten
für die Pendler verbunden sind“, sagte der frühere EU-Kommissionspräsident.
„Wenn es Kontrollen geben muss, dann wären mobile statt stationäre Kontrollen
nicht an der Grenze, sondern im Hinterland weniger schwierig für Betroffene“,
mahnt der Luxemburger.
„Dass man jetzt ohne viel Federlesen die Errungenschaft der
europäischen Integration zur Disposition stellt, das macht mich schon besorgt.“
Es dürfe nicht sein, „dass man wieder in den Köpfen und in den Herzen der
Menschen Grenzen entstehen lässt“.
„Wenn man von Grenzkontrollen hört, dann verbindet man
gleich noch mal die Situation mit Corona“, sagte Ralf Uhlenbruch, Bürgermeister
der saarländischen Gemeinde Perl auf der gegenüberliegenden Moselseite von
Schengen. Im Frühjahr 2020 hatte Deutschland zur Eindämmung des Coronavirus
etliche Grenzübergänge zu Frankreich und Luxemburg geschlossen. So etwas dürfte
sich nie wiederholen, sagte er.
Gelebtes Europa im Kleinen
Es gebe täglich Tausende Pendler, die aus Perl nach
Luxemburg zur Arbeit führen. Viele Kinder aus Frankreich und Luxemburg kämen
nach Perl zur Schule. Und auch zum Einkaufen und Tanken geht es täglich über
Grenzen. „Es ist etwas anderes, wenn ich hier im Dreiländereck eine Kontrolle
mache als in Gebieten, in denen Lebensräume und Bildungssystem nicht so
aufeinander abgestimmt sind“, beklagt der Perler Bürgermeister.
Seit Oktober 2023 gibt es in Deutschland stationäre
Kontrollen an den Grenzen zu Polen, Tschechien und der Schweiz. An der
deutsch-österreichischen Landgrenze wird schon seit September 2015
kontrolliert. Die neuen Kontrollen direkt an der Grenze betreffen die
Landgrenzen zu Dänemark, Belgien, den Niederlanden und Luxemburg.
Gewerkschaft der Polizei warnt vor Überlastung
Die Gewerkschaft der Polizei zweifelt an der Umsetzbarkeit
zusätzlichen Grenzkontrollen. „Die Bundespolizei ist bis Montagfrüh damit
beschäftigt, Kräfte zusammenzuziehen“, sagte der Vorsitzende der Gewerkschaft
für den Bereich Bundespolizei, Andreas Roßkopf, dem „RedaktionsNetzwerk
Deutschland“. „Das ist noch nicht zu Ende gestrickt.“ Unter anderem hänge das
damit zusammen, dass Faeser Ankündigung überraschend gekommen sei.
Der Polizeibeauftragte des Bundes, Uli Grötsch (SPD),
bezeichnete die zusätzlichen Grenzkontrollen als große Herausforderung. Zu den
bereits kontrollierten 2.400 Kilometern kämen 1.200 Kilometer hinzu, sagte
Grötsch im „Interview der Woche“ des Deutschlandfunks. Dazu sei dringend mehr
Personal nötig, betonte er. Zudem müsse dafür gesorgt werden, dass die
Polizisten im Winter etwa bei Kontrollen auf Autobahnparkplätzen entsprechend
ausgerüstet seien.
Schengen nicht in Gefahr
Auch andere Länder im Schengenraum führen Grenzkontrollen
durch. Bürgermeister Gloden sieht „Schengen“ dennoch nicht gefährdet. „Die
Menschen erkennen doch, dass das Leben in Europa mit dieser Errungenschaft
viel, viel leichter ist.“ Aus der ganzen Welt kämen Menschen nach Schengen. „Es
gibt nur ein Dorf, das bekannter ist als Schengen – und das ist Bethlehem“,
sagt er. Die Leute, die etwa aus Afrika nach Schengen kämen, würden sagen: „Ihr
habt keine Ahnung, was für ein Glück Ihr habt! Einfach so über Grenzen zu
reisen.“
2025 wird in Schengen groß gefeiert – zum 40-jährigen
Bestehen des Abkommens. Am 14. Juni 1985 hatten Deutschland, Frankreich,
Luxemburg, Belgien und die Niederlande an Bord des Schiffes den schrittweisen
Abbau der Grenzkontrollen vereinbart. Heute gehören 29 Länder zum Schengen-Raum.
(dpa/epd/mig 16)