Webgiornale 1-15 ottobre 2024

Inhaltsverzeichnis

1.     Von der Leyen: “Europa nostra stella polare”. La nuova Commissione. 1

2.     Commissione europea, Fitto vicepresidente alla Coesione. 1

3.     L’assassinio di Nasrallah e le incognite sul futuro del Medio Oriente: Israele, Iran e il nuovo equilibrio regionale. 1

4.     Europa: non c’è tempo da perdere. 1

5.     Il Presidente Mattarella in visita di Stato in Germania. 1

6.     Strage di Marzabotto, Mattarella e Steinmeier alla commemorazione per gli 80 anni dell'eccidio: “Mai più nazismi e fascismi”. 1

7.     La Spd vince in Brandeburgo: l’Afd cresce ma si ferma al 29%.. 1

8.     La SPD di Woidke batte l’AfD di estrema destra in Brandeburgo. 1

9.     La rimonta dei socialdemocratici nel Brandeburgo. 1

10.  Le ultime puntate della trasmissione Cosmo, ex-Radio Colonia. 1

11.  Francoforte. Onorificenza italiana al direttore del museo archeologico. 1

12.  L’Italia alla Transportation di Hannover 1

13.  Brevi di politica e di cronaca tedesca. 1

14.  Buchmesse. Informazioni del Consolato di Francoforte. 1

15.  Volkswagen accelera sui tagli: “Possibili 15mila licenziamenti e chiusura di 2-3 impianti”. 1

16.  Amburgo. L’8 ottobre incontro sul romanzo “Cassandra a Mogadiscio” di Igiaba Scego. 1

17.  Amburgo. All’IIC “Storie in valigia – Geschichtenkoffer” l’8 ottobre. 1

18.  Il francobollo dedicato all’Italia Ospite d’Onore alla Fiera del Libro di Francoforte 2024. 1

19.  Amburgo. Il 7 ottobre all’IIC il documentario “Mario Ceroli. Le forme della Meraviglia”. 1

20.  Monaco di Baviera. Oktoberfest: fino al 6 ottobre. 1

21.  In corso in Germania il Festival itinerante del cinema italiano. 1

22.  Israele promette altri attacchi contro Hezbollah in Libano. 1

23.  Le minacce nucleari di Medvedev. 1

24.  L’Italia che sarà. 1

25.  La mancanza di un vero ricambio della classe politica sottolinea “l’impasse” del nostro sistema e del governo. 1

26.  False amicizie? Consigli pratici per riconoscerle. 1

27.  Uno su tre. 1

28.  Referendum Cittadinanza: superato il mezzo milione di firme. Importante segnale sociale e politico. 1

29.  Coercizione economica: nuove prospettive nelle relazioni internazionali 1

30.  La proposta per l’Istituzione della Giornata degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi 1

31.  Le lettere inedite tra Primo Levi e i tedeschi: on line l’archivio privato. 1

32.  Chi decide?. 1

33.  Collezione Farnesina e Arte contemporanea italiana all’estero. 1

34.  “Partire, restare…e tornare. Italiani nel mondo. Cittadinanza, diritti, opportunità” alla Festa all’Unità. 1

35.  Italia futura. 1

36.  In Francia, i primi passi del nuovo governo, già sotto la minaccia della censura. 1

37.  Unaie: fondamentale lo ius sanguinis ma necessario il legame reale con l’Italia. 1

38.  Pubblicazioni. “Sulla porta del mondo – storie di emigranti italiani”. 1

39.  Il passato non ritorna. 1

40.  Donne, si laureano di più ma guadagnano di meno. Draghi: “Va contro la Costituzione”. 1

41.  Alla Camera conferenza stampa sulla valorizzazione della ristorazione italiana all’estero. 1

42.  Il paradosso della solitudine: sentirsi soli tra la folla. 1

43.  Generazioni 1

44.  Cgie. Commissione Europa: sfide per una effettiva cittadinanza europea. 1

45.  Un videogioco per promuovere il Made in Italy. 1

46.  Anagrafe e Aire: conclusa l’integrazione dei dati elettorali in ANPR. 1

47.  Il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero Vignali fa il punto sul Progetto Italea. 1

48.  Farnesina: Nuova guida alle notifiche all’estero in materia civile e commerciale. 1

 

 

1.     Steinmeier nennt Massaker in Marzabotto „Tage in der Hölle“. 1

2.     Rechtsextreme FPÖ gewinnt Parlamentswahl in Österreich. 1

3.     Staatsbesuch des Präsidenten Sergio Mattarella in Nordrhein-Westfalen. 1

4.     Migration: Auf Fakten statt Parteipolitik setzen. 1

5.     Papst warnt Europa von Brüssel aus vor Krieg. 1

6.     Rechnungshof kritisiert EU-Migrationsfonds. 1

7.     Frankfurt. Newsletter VERSO SUD und besondere italienische Filmvorführungen. 1

8.     Frieden durch Stärke. 1

9.     Das Märchen der Re-Nationalisierung. 1

10.  Polizeigewerkschaft. Neue Grenzkontrollen sind kaum wirksam.. 1

11.  Das Programm des Goethe-Instituts auf der Frankfurter Buchmesse 2024. 1

12.  Herzinfarkt, Schlaganfall, Herzstillstand: Warnzeichen erkennen und handeln. 1

13.  Lehrer fordern Medienbildung an Schulen gegen Rechtsruck. 1

14.  KI-Konferenz in Rom: Forscher und Vatikan fordern klare Regeln und ethische Grundlagen. 1

15.  Am Ziel vorbei 1

16.  Verwundete Stadt. Solingen ein Monat nach dem Attentat. 1

17.  Widersprüchlich, teils kontraproduktiv. 1

18.  Überstunden: Wann Steuern fällig sind und wann nicht 1

19.  Flüchtlingszahlen widerlegen Forderungen nach „nationalem Notstand“. 1

20.  Brandenburg-Wahl. SPD gewinnt, CDU verliert, AfD knapp zweiter. 1

21.  Gesundheitswirschaftkongress 2024 erfolgreich zu Ende gegangen. 1

22.  EBD kritisiert deutschen Grenzpopulismus und fordert Erhalt des Schengen-Raumes. 1

23.  Muslime nach den Anschlägen: Rückzug in die Unsichtbarkeit. 1

24.  Angriff auf die libanesische Gesellschaft als Ganze. 1

25.  Bundesverfassungsgericht. AfD hat keinen Anspruch auf Ausschussvorsitz. 1

26.  EU-Kommission. Rechte Entscheidung. 1

27.  Studie. Vorurteile in der Polizei stärker als in der Bevölkerung. 1

28.  Paradigmenwechsel. CSU will Arbeitsmöglichkeit für Flüchtlinge stärken. 1

29.  Neuer Tiefstand: Drei von fünf Deutschen sehr unzufrieden mit Bundesregierung. 1

30.  Starmer bei Meloni. Italiens Albanien-Modell statt Ruanda?. 1

31.  Iran. „Frauen erobern die Autonomie über ihren Körper zurück“. 1

32.  Studie. Willkommenskultur in Kommunen entscheidend für Integration. 1

33.  Bündnis will Abtreibungsfrage aus Strafrecht streichen. 1

34.  Studie. Brandmauer zu AfD in Kommunen hat Risse, steht aber. 1

35.  Schengen in Gefahr? Umstrittene Grenzkontrollen führen zu Verstimmungen. 1

 

 

 

Von der Leyen: “Europa nostra stella polare”. La nuova Commissione

 

La presidente della Commissione ha presentato a Strasburgo la distribuzione delle deleghe del futuro collegio. Ora i commissari designati sono attesi all'"esame" dell'Europarlamento. 11 le donne su 27 componenti, 6 vicepresidenti fra cui l'italiano Fitto - di Gianni Borsa

Sei vicepresidenti esecutivi, 11 donne su 27 componenti (il 40%), nuove deleghe (difesa, Mediterraneo, demografia, edilizia abitativa, salute degli animali), uno spostamento complessivo del collegio verso posizioni conservatrici forse anche in relazione agli esiti delle elezioni di giugno per il rinnovo dell’Europarlamento. Queste, in estrema sintesi, le linee che identificano la nuova versione della Commissione Ue guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen, la cui composizione è stata illustrata martedì 17 settembre a Strasburgo, prima alla Conferenza dei presidenti dell’Eurocamera e poi ai giornalisti presenti alla sessione plenaria. Secondo i Trattati, ora tutti i commissari saranno sottoposti alle audizioni (veri e propri esami) da parte delle commissioni parlamentari, dovendo dimostrare un’impronta “europeista”, competenza nella materia della propria delega, disponibilità al lavoro di squadra e capacità comunicativa.

Dal Green Deal alla difesa. “Le nostre priorità sono prosperità, sicurezza e democrazia, sullo sfondo della competitività e le transizioni verde e digitale”. E “come afferma il rapporto Draghi, serve più coordinamento tra le politiche comuni”. Così si è espressa Ursula von der Leyen presentando il collegio dei commissari. “Il messaggio fondamentale è che dobbiamo tutti collaborare. La nostra stella polare è l’interesse dell’Europa”. Parlando con i giornalisti Von der Leyen ha spiegato che la scorsa Commissione nasceva con la priorità assoluta del cambiamento climatico e del Green Deal: “Ora lo stesso problema sussiste, ma ci sono altre grandi priorità, fra cui la guerra, la sicurezza, la competitività”. Dal discorso di Von der Leyen e dal contenuto attribuito ai singoli portafogli emerge una sorta di programma di lavoro: non a caso la presidente ha sottolineato la necessità di “rafforzare la nostra sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia”. Ha parlato di economia “competitiva, decarbonizzata e circolare, con una transizione equa per tutti”. Tra gli impegni: progettare una strategia industriale audace con innovazione e investimenti al centro; rafforzare la coesione e le regioni europee; “sostenere le persone, le competenze e il nostro modello sociale”; “garantire che l’Europa possa affermare i propri interessi”.

Sei vicepresidenti. Ursula von der Leyen ha tenuto a elencare dapprima i vicepresidenti con le rispettive deleghe, per poi passare agli altri 20 commissari. Sottolineando fra l’altro che “venti Paesi volevano avere deleghe sull’economia…”. Quindi Teresa Ribera sarà vicepresidente esecutiva “per una transizione pulita, giusta e competitiva”. Sarà anche responsabile della politica sulla concorrenza. “Guiderà il lavoro per garantire che l’Europa rimanga sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi stabiliti nel Green Deal europeo”. Henna Virkkunen sarà vicepresidente esecutiva per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia. Sarà anche responsabile del portafoglio sulle tecnologie digitali e di frontiera. “Chiederò a Henna – ha precisato Von der Leyen – impegno anche per rafforzare le fondamenta della nostra democrazia, come lo stato di diritto, e proteggerla ovunque venga attaccata”. Stéphane Séjourné sarà il vicepresidente esecutivo per la prosperità e la strategia industriale. Terrà inoltre il portafoglio industria, Pmi e mercato unico. “Come già sapete, Kaja Kallas sarà il nostro Alto rappresentante per la politica estera e vicepresidente. Viviamo in un’epoca di rivalità geostrategiche e instabilità. La nostra politica estera e di sicurezza deve essere progettata tenendo presente questa realtà”. “Sono anche molto felice di affidare il ruolo di vicepresidente esecutivo per le persone, le competenze e la preparazione a Roxana Mînzatu. Avrà la responsabilità di competenze, istruzione e cultura, posti di lavoro di qualità e diritti sociali”, con un’attenzione particolare alla demografia. “Roxana guiderà in particolare un’Unione delle competenze e il Pilastro europeo dei diritti sociali”. Quindi Raffaele Fitto “sarà vicepresidente esecutivo per la coesione e le riforme. Sarà responsabile del portafoglio che si occupa di politica di coesione, sviluppo regionale e città. Faremo affidamento sulla sua vasta esperienza per contribuire a modernizzare e rafforzare le nostre politiche di coesione, investimento e crescita”. Von der Leyen ha ribadito le competenze di Fitto e ha affermato che “l’Italia è un Paese importante”. La nomina di Fitto – accolta dal governo italiano come un ottimo segnale (“l’Italia torna protagonista”) – ha innescato domande fra i giornalisti e qualche intervento di eurodeputati in relazione al fatto che il commissario italiano appartiene a un governo e a un partito che non hanno votato la fiducia alla stessa Von der Leyen.

Tutte le deleghe. Dopo aver dato risalto ai sei vicepresidenti, Ursula von der Leyen ha illustrato le deleghe degli altri 20 commissari. Maroš Šef?ovi? sarà commissario per il commercio e la sicurezza economica: “Si tratta di un nuovo portafoglio che include la politica doganale”. Von der Leyen ha poi aggiunto: “Gli ho inoltre affidato un secondo ruolo: Commissario per le relazioni interistituzionali e la trasparenza”. Anche Valdis Dombrovskis – altro decano della Commissione – avrà un doppio ruolo: commissario per l’economia e la produttività e per l’attuazione del programma e la semplificazione. Dubravka Šuica sarà commissario per il Mediterraneo. “Le affido questo nuovo ruolo. Sarà anche responsabile del più ampio vicinato meridionale”. Olivér Várhely sarà commissario per la salute e il benessere degli animali: “Sarà responsabile della creazione dell’Unione europea della salute e del proseguimento del lavoro per sconfiggere il cancro”. Wopke Hoekstra sarà commissario per il clima. Andrius Kubilius terrà il nuovo incarico per la difesa e lo spazio. Marta Kos (slovena, che attende ancora il via libera del suo parlamento) sarà commissario per l’allargamento. Jozef Síkela commissario per i partenariati internazionali; a Costas Kadis deleghe per la pesca e gli oceani; Maria Luís Albuquerque sarà commissario per i servizi finanziari e l’Unione per il risparmio e gli investimenti; Hadja Lahbib commissario per la preparazione e la gestione delle crisi. Ancora: Magnus Brunner commissario per gli affari interni e la migrazione; a Jessika Roswall delega per l’ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare competitiva; Piotr Serafin commissario per il bilancio, la lotta alle frodi e la pubblica amministrazione; Dan Jørgensen commissario per l’energia e l’edilizia abitativa; a Ekaterina Zaharieva vanno ricerca innovazione; a Michael McGrath incarico per democrazia, giustizia e stato di diritto; Apostolos Tzitzikostas sarà commissario per i trasporti e il turismo sostenibili; Christophe Hansen commissario per l’agricoltura e l’alimentazione; Glenn Micallef commissario per l’equità intergenerazionale, la cultura, la gioventù e lo sport. Sir 17

 

 

 

 

Commissione europea, Fitto vicepresidente alla Coesione

 

Un incarico di peso quello assegnato all'attuale ministro del governo Meloni, che tocca un ampio ventaglio di materie, unite dal filo conduttore dell’ascolto delle comunità locali e dell’ormai indissolubile trio ‘resilienza, sostenibilità e competitività’

Resilienza, sostenibilità, competitività e stretto contatto con le realtà locali. Sono le parole che appaiono con più frequenza nella lettera che Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha inviato a Raffaele Fitto, attuale ministro del governo Meloni, questa mattina designato ufficialmente vicepresidente esecutivo per la Coesione e le Riforme, con annesso (corposo) portafoglio della politica di coesione, dello sviluppo regionale e delle città.

Ma cosa significa in concreto il ruolo assegnato al ministro italiano, e di cosa si occuperà? Intanto va detto che si tratta di un incarico di peso che tocca un ampio ventaglio di materie, quasi a 360 gradi, unite dal filo conduttore dell’ascolto delle comunità locali e dell’ormai indissolubile trio ‘resilienza, sostenibilità e competitività’.

Il tutto declinato su quasi ogni aspetto della politica europea: dal green deal alla pesca, dall’edilizia popolare alla competitività, dai PNRR alla qualità della vita, Fitto insomma avrà un bel da fare. E un bel po’ di potere, quanto meno quello di incidere nelle future politiche della Commissione su parecchi fronti.

La lettera di von der Leyen a Fitto: cosa dovrà fare

Ma andiamo a vedere nel dettaglio i compiti che la presidente della Commissione ha assegnato a Fitto. Von der Leyen, che oggi ha presentato all’Europarlamento la propria squadra di governo, ha infatti inviato a ogni commissario e vicepresidente esecutivo (spariti i vicepresidenti ‘semplici’) una missiva di incarico in cui ha dettagliato per ciascuno di cosa si occuperà e cosa lei si aspetta che facciano.

E ha anche indicato la stella polare che dovrà guidare il lavoro della Commissione e dunque dei suoi componenti: “Lavorare insieme per l’Europa, lavorare più vicini agli europei”.

E proprio questo aspetto è un po’ il ‘succo’ dell’incarico assegnato a Fitto: coesione europea, infatti, vuol dire “avvicinare l’Europa ai cittadini e gli europei gli uni agli altri”. Un cappello molto vasto, che si declina a livello economico, sociale e territoriale, con l’obiettivo finale di sostenere lo sviluppo di regioni e città. Si parla tra le altre cose di posti di lavoro di qualità, di maggiore produttività, di innovazione e competitività, ma anche di transizione verde e digitale e di qualità della vita, che a sua volta di dirama in moltissimi aspetti che sono appunto ‘locali’.

Rientrano quindi nelle future competenze di Fitto le disparità e il miglioramento delle condizioni di vita degli europei, in particolare dopo il duro periodo della pandemia e delle crisi successive, “che hanno rischiato di aggravare le divergenze tra i cittadini, le regioni, i territori e le diverse parti delle nostre economie”, afferma von der Leyen.

Fitto perciò dovrà innanzitutto “garantire che l’Ue continui a sostenere riforme e investimenti duraturi che contribuiscano direttamente a rafforzare la crescita europea”. La nuova Commissione, infatti, ha l’ambizione di essere una “Commissione per gli investimenti”.

In questo senso, Fitto avrà la grossa responsabilità di proseguire sulla scia da una parte del NextGenerationEU, il piano per la ripresa concepito per rendere le economie dell’Ue più verdi, digitali e resilienti, arrivando “a una sua piena e riuscita attuazione”, e dall’altra delle riforme e degli investimenti previsti dai Piani nazionali per la ripresa e la resilienza entro il termine dispesa del 2026: “Una sfida significativa che richiederà sforzi coerenti da parte di tutti gli Stati membri e della Commissione”, sottolinea la lettera.

Per fare ciò, Fitto dovrà stare particolarmente attento a dialogare con le parti interessate e a coinvolgere le autorità regionali e locali, garantendo che le persone nelle regioni europee, che si tratti di città, comunità costiere o aree rurali, abbiano reali opportunità di promuovere la crescita e la produttività.

Fitto si occuperà anche del settore agricolo e alimentare, anche qui per rafforzarne la competitività, la resilienza e la sostenibilità, supportando gli agricoltori che ne abbiano bisogno e promuovendo allo stesso tempo risultati ambientali e sociali positivi. Il vicepresidente designato, qui più che mai, dovrà partire dal ‘terra-terra’, cioè dall’ascolto delle reali preoccupazioni delle persone nelle comunità rurali in modo da “riuscire a trovare soluzioni che facciano davvero la differenza”.

Lo stesso per il settore della pesca, che deve diventare più resiliente, sostenibile e competitivo sul mercato globale: Fitto dovrà dunque agire per promuovere un’economia blu basata su questi principi.

Ma dovrà occuparsi anche di mobilità sostenibile e di turismo, nell’ottica di collegare le diverse parti d’Europa e sostenere un mercato unico fiorente.

Non finisce qui: il vicepresidente designato dovrà assicurarsi, lavorando in partenariato, che l’Europa investa negli Stati membri, nelle regioni, nelle autorità locali e nei cittadini attraverso l’elaborazione di una politica di coesione e di crescita rafforzata e modernizzata, in modo da arrivare a una convergenza economica e sociale verso l’alto in tutta l’Unione e all’eliminazione delle disparità regionali.

Riguardo queste ultime, l’attuale ministro dovrà fornire soluzioni su misura alle sfide locali e aiutare le regioni a recuperare il ritardo, adattando le soluzioni alle singole situazioni. A tal proposito, Fitto dovrà contribuire al piano europeo per l’edilizia abitativa a prezzi accessibili, al piano di adattamento ai cambiamenti climatici e alla strategia europea di resilienza idrica, prestando particolare attenzione alle sfide specifiche di ogni realtà.

Quanto alle città, esplicitamene citate anche nel nome stesso della carica assegnata a Fitto, queste devono diventare motori dell’innovazione, della crescita e della competitività, e per fare ciò serve un’agenda politica ambiziosa – che rientra nelle future competenze di Fitto – con una visione chiara per il futuro, tenendo conto di questioni quali l’edilizia abitativa e l’azione per il clima, la digitalizzazione, la mobilità, l’inclusione sociale e l’uguaglianza.

Non vanno poi dimenticare né le isole né le regioni ultraperiferiche, che affrontano sfide economiche e sociali specifiche come l’alloggio, i trasporti, l’acqua e la gestione dei rifiuti.

Vdl dedica un accenno anche al sostegno che si aspetta da parte di Fitto alle regioni di confine orientali più colpite dall’aggressione russa, “per affrontare sfide specifiche e sostenerle nel riorientamento della loro economia locale”. Un compito che si inserisce in una riflessione sul futuro della politica di coesione in un’Unione più grande. A tal proposito, infatti, il vicepresidente designato dovrà contribuire anche alla revisione della politica pre-allargamento.

Vdl chiede un nuovo approccio e ‘ricorda’ il Rapporto Draghi

Revisione che già nelle premesse della propria lettera, comuni a tutti i membri del collegio designati, viene specificatamente citata, insieme all’importanza di raggiungere “gli obiettivi climatici concordati, in particolare quelli fissati per il 2030 e l’obiettivo della neutralità climatica per il 2050”. Un segno di quanto queste tematiche siano rilevanti per la presidente della Commissione.

Consapevole delle sfide future, vdl chiede ai nuovi commissari un cambio di passo, un nuovo approccio: “Le priorità che ho indicato negli orientamenti politici sono tutti collegati e si influenzeranno a vicenda”, specifica nella lettera, sottolineando l’importanza che tutti portino avanti una stretta collaborazione, unita alla trasparenza e allo scambio di informazioni sia all’interno del Collegio sia nei rapporti con le altre istituzioni europee, con quelle dei Paesi membri e con quelle delle varie realtà locali. La presidente chiede anche una maggiore presenza fisica all’Europarlamento e in loco, sul campo, nelle tante regioni diverse che compongono il mosaico europeo: “Vorrei che visitaste regolarmente gli Stati membri comprese le città, le zone rurali e le zone scarsamente popolate”, per poter ascoltare le reali esigenze delle persone e avvicinarle alle iniziative dell’Unione.

Infine un’ultima richiesta che riguarda tutti e che assume un po’ il sapore di una frecciatina considerando com’è andata con le candidature dei commissari da parte delle capitali: quella di avere una Commissione maggiormente rappresentativa delle persone: “Abbiamo fatto molti progressi in termini di equilibrio di genere in tutto il management, ma c’è chiaramente ancora molto da fare. Ogni gabinetto dovrebbe garantire l’equilibrio di genere e geografico”. Adnkronos 18

 

 

 

 

L’assassinio di Nasrallah e le incognite sul futuro del Medio Oriente: Israele, Iran e il nuovo equilibrio regionale

 

L’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah da parte di Israele offre l’occasione per trarre alcune conclusioni, necessariamente preliminari, su quanto sta accadendo nel Vicino Oriente e allo stesso tempo sollevare alcune questioni sul fosco futuro di quell’area.

La prima considerazione riguarda la determinazione del governo israeliano di infliggere quanto più danno possibile all’Iran e alla rete di suoi alleati in Libano, Siria, Iraq, Yemen e Palestina. Di questi, Hezbollah è di gran lunga il più importante. La relazione con l’Iran risale ai primi anni ’80, quando Hezbollah si formò in reazione alla brutale invasione israeliana del Libano. Hezbollah è anche la milizia pro-iraniana meglio armata – sostiene di poter contare su centomila combattenti (ma probabilmente sono meno della metà) e disporre di circa 120-200000 razzi missili balistici. È anche quello con più esperienza di lotta, avendo resistito alla seconda invasione israeliana del Libano nel 2006 e poi affiancato per anni a fianco il regime siriano nella sanguinosa repressione dell’opposizione. Soprattutto però Hezbollah controlla(va) il sud del Libano, dal quale poteva esercitare pressione e deterrenza su Israele.

Questa capacità è venuta meno visto che negli ultimi due mesi Israele ha eliminato quasi tutta la leadership di Hezbollah, colpito migliaia di obiettivi militari (essenzialmente depositi o postazioni di lancio di missili) e fatto esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie in dotazione, ferendo migliaia di miliziani. Se a questo si aggiunge l’assassinio del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran, il quadro è quello di un Iran frastornato e senza opzioni valide di risposta. Estendendo a dismisura l’argomento dell’auto-difesa, Israele non ha remore nel colpire i suoi nemici anche se questo comporta indiscriminate stragi di civili, com’è il caso a Gaza (41000 morti, di cui 16500 bambini, e 1,9 milioni di sfollati) e ora anche in Libano (più di mille morti e un milione di sfollati in una settimana).

La seconda conclusione riguarda l’estrema debolezza dell’Amministrazione Biden. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato l’attacco di Beirut mentre era a New York per l’Assemblea Generale dell’Onu, dove peraltro ha liquidato tutti i suoi critici come antisemiti (come da prassi nella retorica governativa e in generale di chi sostiene il progetto sionista). Parlando di fronte a quello stesso consesso, il presidente Usa Joe Biden aveva invocato la necessità di un cessate-il-fuoco a Gaza di una de-escalation in Libano. Usa e Francia avevano anzi frettolosamente messo insieme una proposta di tregua, che Netanyahu ha prontamente ignorato.

Si tratta dell’ennesimo episodio in cui Israele agisce in senso contrario a quanto caldeggiato dall’Amministrazione Biden e i suoi alleati europei, che da mesi spingono per un cessate-il-fuoco a Gaza, la liberazione degli ostaggi e il contenimento dell’escalation regionale. Netanyahu non si fa problemi perché la risposta dell’Amministrazione Biden è solitamente quella di protestare ‘ignoranza’ rispetto alle mosse di Israele e poi concordarvi ex post, com’è stato il caso anche per l’assassinio di Nasrallah. Nonostante la supposta frustrazione nei confronti di Netanyahu, Biden ha continuato a dare a Israele copertura diplomatica e miliardi di dollari in armi. Senza appoggio americano, diretto, indiretto o semplicemente passivo, Israele non si sarebbe mai lanciato in piani tanto ambiziosi.

Le conseguenze dell’assassinio di Nasrallah

Venendo ora alle questioni che l’assassinio di Nasrallah lascia aperte, la prima riguarda la situazione in Libano. Hezbollah è senza leadership e con un sistema di comunicazioni compromesso, però continua a contare su migliaia di aderenti e può quindi riorganizzarsi. Per prevenire questa eventualità, Israele può lanciare un’invasione di terra che lo porti nuovamente a controllare il territorio compreso fra il confine e il fiume Litani, qualche centinaio di chilometri a nord, in modo da mettere definitivamente in sicurezza gli abitanti di Israele settentrionale. Se l’offensiva di terra possa raggiungere questo obiettivo resta incerto. Dopotutto, un anno di operazioni militari ultra-intensive a Gaza non è servito a estirpare Hamas, un’organizzazione più debole e isolata di Hezbollah. Qualunque sia l’esito, l’invasione di terra avrebbe comunque un alto costo umano.

L’altra questione aperta riguarda la risposta dell’Iran. Vista la centralità del network di alleanze nella regione che Teheran chiama l’‘asse della resistenza’, la decimazione di Hamas e soprattutto l’indebolimento di Hezbollah implica una sostanziale riduzione dell’influenza iraniana nel Levante. Ci si è chiesti nei mesi scorsi come mai la Repubblica islamica, che ad aprile si era spinta a lanciare un attacco missilistico contro Israele in risposta al bombardamento israeliano del consolato iraniano di Damasco, sia rimasta inattiva negli ultimi mesi.

Un’ipotesi è che con un nuovo presidente che proviene dall’area riformista, Masoud Pezeshkian, l’Iran si fosse deciso per una forma di ‘pazienza strategica’, ovvero evitare l’escalation e lasciare che le uccisioni indiscriminate a Gaza ma anche in Cisgiordania e poi quest’altro attacco il Libano contribuissero a creare un fronte internazionale che ponesse freni a Israele. Se questa è la strategia, chiaramente non sta funzionando. Il governo israeliano, e in particolare Netanyahu, ha tutto l’interesse a continuare le operazioni militari e anzi a sfidare l’Iran a intervenire.

Per Netanyahu l’attacco al nord è vantaggioso sotto ogni rispetto: ha ristabilito la sua reputazione compromessa dal 7 ottobre, ha apparentemente rimosso una minaccia diretta a Israele, ha allargato la sua coalizione di governo in modo da renderlo meno dipendente dai suoi alleati estremisti e apertamente espansionisti. Un attacco diretto contro l’Iran completerebbe il quadro. Per l’Iran colpire Israele direttamente è un’opzione estremamente pericolosa, anche perché per Biden sarebbe difficile non unirsi alla risposta israeliana. Difficile quindi che a Teheran scelgano questa strada.

Un’altra opzione è rilanciare sul programma nucleare, abbandonando ogni pretesa che sia civile. Ma Netanyahu ha già detto che le centrali nucleari iraniane sono nel mirino, e gli Stati Uniti – la cui politica è quella di prevenire un Iran nucleare a tutti i costi – avrebbero una motivazione facile da vendere al pubblico per unirsi ai bombardamenti.

L’opzione più realistica per l’Iran è quella di incassare e cominciare a riorganizzare e rafforzare la sua rete di alleanze, a partire da Hezbollah stesso. Ma bisogna considerare che Israele potrebbe non concedergli questa chance. Uno scontro diretto, per quanto improbabile, non è quindi per niente da escludere. L’odore del sangue di una vittoria completa potrebbe essere irresistibile per Netanyahu.

Il futuro di Gaza e delle dinamiche regionali

L’ultima questione aperta riguarda Gaza. Netanyahu ha lanciato l’attacco a nord senza che le operazioni militari si fossero concluse o gli ostaggi liberati. La priorità per lui è degradare l’Iran e i suoi alleati e, dietro il paravento dell’auto-difesa, promuovere l’espansione israeliana a Gerusalemme Est e in Cisgiordania, dove non a caso le violenze e gli espropri di abitazioni e terre dei palestinesi sono aumentate (dal 7 ottobre gli israeliani hanno ucciso circa 700 persone di cui circa 160 bambini).

Quello a cui andiamo incontro è un Levante in cui Israele si sente paranoicamente sempre più a rischio esistenziale nonostante nel corso della storia (e grazie al sostegno americano) abbia degradato militarmente tutti i suoi nemici, alcuni dei quali sono stati poi ‘cooptati’ dalla diplomazia Usa (Egitto e Giordania prima, poi Emirati Arabi e in parte Arabia Saudita); un Israele che eserciterà una forma più o meno diretta di controllo militare sulla fascia a nord del confine con Libano e a Gaza (riservandosi il diritto di intervenire ad arbitrio); e un Israele che continuerà a radicarsi in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, consolidando così il decennale sistema di oppressione sistematica di milioni di persone in ultimo dettagliato dalla Corte internazionale di giustizia.

È senz’altro prematuro fare predizioni certe, eppure questo scenario sembra il più probabile alla luce del fatto che Israele non trova ostacoli militari nei suoi nemici e non trova opposizione diplomatica nei suoi amici. Washington e diverse capitali europee sono contrarie a ogni forma di pressione su Israele, e anzi continuano a riconoscergli un diritto all’autodifesa dall’interpretazione iper-estensiva che non riconoscerebbero a loro stessi. Riccardo Alcaro, AffInt 30

 

 

 

 

Europa: non c’è tempo da perdere

 

Il Parlamento europeo si è riunito in plenaria a Strasburgo. L’agenda politica comunitaria si è complicata soprattutto attorno alla definizione della futura Commissione von der Leyen. C’era anche attesa per un “confronto a distanza” tra le opposte visioni sull’Ue27 di Draghi e Orban, ma l’emergenza alluvioni non ha consentito al premier ungherese di raggiungere Strasburgo per illustrare la sua visione sul futuro dell’Unione - Gianni Borsa

Avrebbe dovuto essere la settimana del confronto, seppur a distanza, tra opposte visioni sull’Europa: invece, a causa delle tragiche alluvioni che hanno colpito l’Europa centro-orientale, il premier ungherese non ha potuto essere in questi giorni a Strasburgo per portare la sua idea di integrazione comunitaria. Sarebbe stato il contraltare dell’europeismo impersonato dall’ex presidente della Bce e del Consiglio italiano. Ma, appunto, il botta-e-risposta tra Viktor Orban e Mario Draghi non ha potuto svolgersi.

C’era grande attesa a Strasburgo per questo doppio dibattito in emiciclo. Draghi era chiamato a ripetere al Parlamento europeo i concetti-chiavi della sua Relazione sul futuro della competitività, già illustrata la settimana precedente alla stampa accreditata a Bruxelles. Niente di più distante, almeno nei riferimenti di fondo, e nella ferma volontà di rafforzare il processo verso l’unità europea, dalle posizioni da anni assunte dal governo Orban, più volte chiamato a rispondere – queste le accuse – di non rispettare i principi di democrazia e stato di diritto su cui si fonda la stessa Ue. Non a caso una delle primissime mosse di Orban, assunta la presidenza semestrale di turno del Consiglio Ue, è stata la visita a Vladimir Putin, che l’Ue27 considera nemico da quando ha dato l’assalto alla sovranità ucraina, sterminando la popolazione e radendo al suolo intere regioni del Paese.

Più volte Orban si è espresso contro una maggiore integrazione Ue: ci si chiede, quindi, se giunto alla guida del Consiglio Ue, continuerà a tenere questo atteggiamento o se il ruolo lo porterà a più miti consigli.

Ma la settimana europea, che ha visto riunirsi a Strasburgo l’Europarlamento per la sessione plenaria, assieme a rappresentanti della Commissione e dello stesso Consiglio, ha registrato altri intoppi. Il più eclatante dei quali è ruotato, lunedì 16 settembre, attorno alle inattese dimissioni da commissario designato (sarebbe stata una conferma) del francese Thierry Breton, il quale ha accusato la von der Leyen di aver fatto pressioni su Parigi perché Macron ritirasse il suo nome. Nei mesi scorsi lo scontro tra la presidente della Commissione e il commissario Breton aveva raggiunto toni imbarazzanti. Ora che von der Leyen si è liberata di un possibile ostacolo alla sua presidenza dovrà dimostrare equilibrio nella guida dell’esecutivo (anche su questo tema si erano registrate pesanti critiche nei mesi precedenti le elezioni dell’Eurocamera).

Si tratta, in tutti questi casi di segnali che non fanno bene alla politica europea. Le sfide in atto sono urgenti e gigantesche: la guerra in Ucraina non cessa; le instabilità e i conflitti internazionali si moltiplicano; la Cina prosegue la sua marcia economica e neocolonialista in ampie regioni del mondo; dietro l’angolo ci sono le elezioni presidenziali negli Usa… Da Strasburgo e Bruxelles servirebbero segnali di coesione, progetti per il futuro, volontà politica di procedere insieme. Tempo da perdere non ce n’è. Sir 21

 

 

 

Il Presidente Mattarella in visita di Stato in Germania

 

È iniziata giovedì 26 settembre, nel pomeriggio, la Visita di Stato in Germania del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Primo impegno in agenda la visita della mostra "Via in Italia! Con Liebermann a Venezia, Firenze e Roma" allestita a Villa Liebermann sul Wannsee di Berlino, insieme al Presidente della Repubblica federale di Germania Frank-Walter Steinmeier.

Venerdì 27 settembre, Mattarella è stato accolto dal Presidente Steinmeier con gli onori militari al Palazzo Bellevue. Seguiranno colloqui e una conferenza stampa dei due Capi di Stato.

Al termine, il Presidente ha deposto una corona presso il Monumento della Nuova Guardia. Successivamente è stato ricevuto al Reichstag dal Presidente del Bundestag, Bärbel Bas e, nel pomeriggio, ha incontrato il Cancelliere federale Olaf Scholz al Palazzo della Cancelleria.

In serata, a Palazzo Bellevue, si è tenuto il Pranzo di Stato in onore del Presidente Mattarella.

Il 28 settembre, il Presidente Steinmeier ha accompagnato il Presidente Mattarella a Bonn e Colonia. A Bonn hanno visitato il Campus delle Nazioni Unite e partecipato alla sessione conclusiva del seminario “La cooperazione tra Italia e Germania: un importante strumento per il contrasto al cambiamento climatico e la transizione energetica globale”.

Nel pomeriggio visita alla Cattedrale di Colonia, seguita da un incontro con la Sindaca di Colonia presso il Municipio. La visita di Stato si è conclusa con un pranzo su invito del Ministro Presidente del Land Nordreno-Vestfalia Hendrik Wüst nel Giardino Botanico.

Domenica 29 settembre, i due Capi di stato si sono recati a Marzabotto in occasione delle celebrazioni per l’80° anniversario degli eccidi di Monte Sole.

Queste le dichiarazioni alla stampa del Presidente Mattarella venerdì 27 a Berlino: “Sono molto grato al Presidente Steinmeier per l’accoglienza e per le parole che mi ha riservato. Sono lietissimo di essere a Berlino.

Abbiamo avuto in questi anni tante occasioni di incontro, sempre felicemente positivi, sempre di piena intesa. Ma questa è la mia prima visita di Stato in Germania,è questa la forma più alta della presenza, per sottolineare il grande rapporto che lega Germania e Italia.

La Germania per l’Italia non è soltanto un Paese co-fondatore dell’Unione, un alleato nella NATO, ma è un partner imprescindibile sotto ogni profilo della convivenza e delle relazioni.

Stiamo attraversando una fase di grande collaborazione bilaterale, di grande collaborazione in ambito governativo, in ambito istituzionale.

Come il Presidente Steinmeier ha poc’anzi rammentato, a novembre scorso è stato stilato, sottoscritto, il Piano d’azione che crea una cornice concreta di sviluppo, di collaborazione tra i nostri Paesi.

Le nostre economie sono strettamente connesse. Lo dimostrano sia il livello elevatissimo dell’interscambio, sia il livello degli investimenti diretti, reciprocamente in Germania e in Italia.

La nostra collaborazione abbraccia tanti settori e, vorrei sottolineare,soprattutto settori altamente tecnologici, cioè proiettati verso il futuro. Perché, in questo, Germania e Italia hanno finalità e interessi condivisi.

Come sottolineava poc’anzi il Presidente Steinmeier, per quanto riguarda la transizione energetica, che è un punto fondamentale per il futuro, per le nostreeconomie, per la vita della nostra società, per l’Europa.

Domani, nel polo delle Nazioni Unite, a Bonn, ci occuperemo dei problemi delcambiamento climatico, dei problemi, quindi, di come affrontare questi fenomeni con le terribili conseguenze che frequentemente registriamo ormai in Europa.

È evidente che una sfida di questo genere non può essere affrontata e vinta dai singoli Paesi, ma attraverso forti collaborazioni e solidarietà.

Naturalmente abbiamo registrato - e poc’anzi lo rammentava cortesemente ilPresidente Steinmeier - la grande collaborazione culturale, storicamente intensissima,tra Germania e Italia. E noi siamo riconoscenti, perché alla Buchmesse di Francoforte l’Italia è quest’anno ospite d’onore.

Domani a Colonia vedremo alcune radici di questa grande collaborazione culturale, di questa grande unità culturale tra Germania e Italia.

Vedremo anche lì - anche questo è stato ricordato dal Presidente Steinmeier - una grande comunità di origine italiana, che rappresenta la grande comunità italiana che vive in Germania: 900 mila italiani vivono oggi in Germania, eleggendola a proprio Paese.

E il nostro rapporto bilaterale si avvale anche, nella sua intensità, di queste presenze, di questo elemento di unione che intercorre tra di noi.

Vi abbiamo collaborato con il Presidente. E lo ringrazio per aver avuto inizialmente lui l’idea del premio per la collaborazione tra i Comuni tedeschi e italiani che, biennalmente, celebriamo con grandi risultati, nelle forme di collaborazione che i nostri Comuni, insieme, svolgono ed esercitano, non soltanto numerose, ma anche di alta qualità.

Ringrazio anche il Presidente per la scelta di venire con me a Marzabotto, alla fine di questa visita di Stato, per dimostrare, insieme, testimoniandolo per nuove generazioni, il dovere della memoria, ma anche la possibilità, praticata e di successo,di costruire un futuro di pace.

Abbiamo parlato - come ha ricordato il Presidente Steinmeier - della condizione dell’Unione europea. Vi sono nuovi vertici dell’Unione chiamati a una quantità di impegni, che non sono soltanto di ordinaria amministrazione nei vari settori - pur così importanti, ciascuno di essi - ma lo sono, anzitutto, perché occorre recuperare, da parte dei vertici dell’Unione - la fiducia dei cittadini, in maniera che si alzi anche la partecipazione elettorale, che quest’anno si è fermata poco sopra il 50%.

E, peraltro, quello è stato un grande esercizio di democrazia. Tutto il continente raccolto nell’Unione europea, chiamato al voto insieme, è stato un grande esempio di democrazia per il mondo.

Io credo che Germania e Italia, insieme, abbiano la capacità e la responsabilità di sollecitare per la crescita dell’Unione, perché affronti con efficacia le sfide che ha di fronte. Con una quantità di problemi e di scelte coraggiose che vanno messe in cantiere ed esaminate da tutti i Paesi in maniera aperta, con un dialogo costruttivo, sperando che tutti abbiano questo atteggiamento costruttivo. 

Personalmente credo che vi sia un’esigenza che riguarda essenzialmente tre punti. Il completamento del sistema finanziario dell’Unione, che è, allo stato,incompleto. Una grande moneta unica, di grande rilievo nel mondo, non può che avere alle spalle un sistema finanziario completo, e non parziale.

La difesa comune d’Europa, resa ineludibile dall’aggressione russa all’Ucraina.

E procedure decisionali più snelle e più veloci, più capaci di dare risposte ai problemi che nella comunità internazionale si presentano sempre veloci e richiedono risposte veloci. Se l’Unione non fosse in grado di fornirle, le fornirebbero altri protagonisti della vita internazionale, e verrebbe meno il contributo di civiltà, di senso della pace, della convivenza pacifica, della solidarietà che contrassegna Unione europea.

Come ha ricordato il Presidente Steinmeier, abbiamo parlato dell’Ucraina.L’Italia ringrazia la Germania per il sostegno così forte all’Ucraina.

Siamo, naturalmente, alla ricerca di una conclusione di questa sconsiderata avventura bellica iniziata dalla Russia, nella speranza che si possano trovare aperti spiragli per negoziati e una soluzione di pace.

Ma la pace non vuol dire sottomissione e abbandono dei principi della dignità di ogni Stato e del diritto internazionale, né sottomissione alla prepotenza di chi pensa di affermarsi con l’uso delle armi.  

Per questo difendere l’Ucraina, e aiutarla a difendersi, sostenerla - come stiamo facendo - dal punto vista economico, finanziario, dal punto di vista delle prospettive di ricostruzione, dal punto di vista umanitario, dal punto di vista militare, è essenziale per difendere la pace ed evitare che a questa avventura sconsiderata ne seguano altre che trascinerebbero il mondo in una condizione ingovernabile e drammaticamente pericolosa.

Abbiamo parlato anche di una quantità di altri temi di grande rilievo.

Abbiamo parlato delle varie crisi che vi sono nel mondo, naturalmente di quella del Medio Oriente, e degli allarmi che questo crea.

Siamo alla vigilia dell’anniversario dell’efferato atto terroristico di Hamas contro inermi cittadini israeliani, e stiamo vivendo in questi mesi le sofferenze drammatiche di tanti civili a Gaza, e dei rischi di estensione del conflitto nell’ambito mediorientale.

Ma non voglio occupare il vostro tempo, e vorrei concludere ringraziando molto il Presidente Steinmeier. La nostra personale amicizia, la nostra sintonia costante, riflette il rapporto intenso, crescente che vi è tra Germania e Italia. Grazie Presidente”. Dip 29

 

 

 

 

Strage di Marzabotto, Mattarella e Steinmeier alla commemorazione per gli 80 anni dell'eccidio: “Mai più nazismi e fascismi”

 

La cerimonia per ricordare il massacro nazifascista di Monte Sole che nel 1944 costo costò la vita a 770 civili. Il presidente tedesco: “Provo dolore e vergogna”

Oggi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, si è recato insieme al presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, e alla sua consorte, Elke Büdenbender, a Marzabotto, per prendere parte alla commemorazione dell'80° anniversario della strage delle SS naziste. La commemorazione delle vittime della strage nazista a Marzabotto è «un dovere della memoria» e evidenzia la possibilità di costruire «un futuro di pace - ha dichiarato Mattarella –. Chiniamo il capo davanti alle vite spezzate, mai più nazismi e fascismi». Steinmeier ha invece chiesto scusa per le vittime: «Provo dolore e vergogna», ha detto. Il cardinale Matteo Zuppi ha infine celebrato la messa in ricordo dei caduti: «Come è stato possibile che il male si impossessasse così delle persone. Come è possibile arrivare a uccidere innocenti ingiustamente, è una domanda inquietante».

La storia

Vittime di rastrellamenti, stanate in un territorio relativamente ampio, fatto di piccoli borghi, parrocchie, osterie, empori: molte rimasero sepolte per mesi e solo dopo la fine della guerra si fecero i conti con l'orrore: la strage di Marzabotto, perpetrata dalle truppe naziste guidate dal maggiore Walter Reder tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, causò la morte di 770 civili tra cui donne, bambini e anziani nei territori tra i comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno, nell'Appennino bolognese. La strage di Monte Sole, spesso chiamata la strage di Marzabotto, viene oggi ricordata come l'eccidio più efferato e di più vaste proporzioni contro la popolazione civile che si è avuto nell'Europa Occidentale durante la seconda guerra mondiale.

Terribili storie che si iscrivono in una fase delicata del conflitto quando, nell'autunno del '44, le truppe alleate stavano risalendo la penisola minacciando di sfondare la Linea Gotica, ovvero le difese nazifasciste sull'appennino tosco -emiliano. La storia, un «massacro pianificato», ricorda fucilazioni, case incendiate, violenze atroci, anziani decapitati, donne stuprate e uccise, bambini gettati vivi tra le fiamme. La vittima più giovane, Valter Cardi, neonato di soli quattordici giorni. Ottanta anni dopo, Marzabotto ha ricordato gli eccidi di Monte Sole in una commemorazione solenne con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente della Repubblica federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier. Per il nostro capo dello Stato è la seconda visita a Marzabotto: nel 1992, da poco rieletto parlamentare alla Camera, fu relatore ufficiale durante la commemorazione del 48^ anniversario degli eccidi.

Strage di Marzabotto, Mattarella alla commemorazione: "La memoria richiama la responsabilità"

Il programma

A Marzabotto la cerimonia si è aperta alle 8.30 con il ricevimento delle delegazioni; a seguire la messa nella chiesa parrocchiale celebrata dal cardinale Matteo Maria Zuppi e la deposizione delle corone al Sacrario dei Caduti. Alle 13.00, in Piazza Martiri delle Fosse Ardeatine, dopo i saluti di Valter Cardi, presidente Comitato Onoranze caduti di Marzabotto e Valentina Cuppi, sindaca di Marzabotto, c’è stato l’intervento di Mattarella e Steinmeier. Sono trascorsi oltre vent'anni da quando un altro presidente della Repubblica si è recato ufficialmente nei luoghi della strage nazifascista assieme a un Presidente tedesco. Nel 2002, qualche giorno prima del 25 aprile, Johannes Rau, il presidente tedesco, decise di salire a Monte Sole insieme a Carlo Azeglio Ciampi, un gesto di riconciliazione a oltre cinquant'anni dall'eccidio. LS 29

 

 

 

La Spd vince in Brandeburgo: l’Afd cresce ma si ferma al 29%

 

Berlino – Sembra un paradosso, ma non lo è. Nonostante Olaf Scholz, la Spd ha vinto le elezioni in Brandeburgo. Al governatore uscente, Dietmar Woidke, che aveva intimato al cancelliere di tenersi lontano dai suoi comizi, è riuscito sull’ultimo miglio un clamoroso sorpasso sull’AfD, che era da mesi avanti in tutti i sondaggi. I socialdemocratici vincono anche migliorando il loro risultato di cinque anni fa: sfiorano il 31% contro il 26% del 2019. Anche l’ultradestra Afd migliora di ben sei punti ma si ferma al 29%. La Cdu incassa uno dei peggiori risultati della storia a un’elezione regionale, e finisce persino contro la ‘start up’ della politica tedesca, il partito di Sahra Wagenknecht (Bsw). I cristianodemocratici si fermano al 12%, un punto e mezzo dietro la Bsw. E per i conservatori è uno shock: il peggior risultato dalla caduta del muro di Berlino. L’altra amara sorpresa di queste elezioni è il risultato dei Verdi: non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 5%, finiscono fuori dal parlamentino regionale.

Una vittoria “nonostante” Scholz

Sono due i fattori che hanno contribuito a mobilitare gli elettori progressisti: la minaccia che il popolarissimo Woidke gettasse la spugna - il governatore aveva promesso di “lasciare” se la Spd fosse arrivata seconda - ma soprattutto il suo monito al cancelliere a tenersi lontano da tutti i suoi comizi. Scholz è stato trattato come criptonite dall’uomo che ha guidato il land intorno a Berlino negli ultimi undici anni, e non di rado l’ingegnere agrario sessantaduenne si è messo contro la linea ufficiale del governo semaforo.

Woidke si è battuto fino all’ultimo per ottenere sussidi per le miniere di lignite in Lusazia - la regione da cui proviene - e si è opposto alla loro chiusura anticipata. E ha regalato al land ottimi risultati economici anche al netto dell’arrivo della Gigafactory Tesla a Gruenheide. E ora sta lottando per tenere aperti i 66 ospedali del land, nonostante le minacce di tagli del suo collega di partito, il ministro della Sanità Karl Lauterbach. Alla fine, la campagna elettorale si è trasformata in un duello a due tra Woidke e l’Afd. Uno dei manifesti più famosi recitava “se volete votare testa rapata, scegliete Woidke”. Ma il convitato di pietra è rimasto sempre il cancelliere Scholz.

Il nodo delle alleanze

Fino a domenica mattina, quando si era detto “ottimista” sull’esito del voto, Woidke ha sperato in una riedizione delle elezioni del 2019, quando aveva superato l’Afd all’ultimo momento. E ha vinto la scommessa, anche grazie a una partecipazione straordinaria al voto: l’affluenza è stata del 74%, ben 13 punti sopra al 2019. A caldo, Woidke ha detto che “una cosa è chiara: abbiamo messo a segno un recupero che non si era mai visto, in questo land”. Per formare un governo, parlerà anzitutto con la Cdu, suo attuale alleato. Ma vista la disfatta dei Verdi, Woidke ha già detto di non essere contrario a un’alleanza a tre con il candidato del partito di Wagenknecht, Robert Crumbach. Un uomo che, prima di bussare a gennaio alla porta della leader rossobruna, era stato per 40 anni un membro della Spd. Tonia Mastrobuoni, LR 23

 

 

 

La SPD di Woidke batte l’AfD di estrema destra in Brandeburgo

 

I socialdemocratici del cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno battuto di poco l’AfD di estrema destra nelle elezioni statali di domenica 22 settembre nell’ex area orientale comunista, una rara buona notizia per il suo partito.

La SPD di centro-sinistra di Scholz ha ottenuto circa il 31% nello Stato di Brandeburgo contro l’anti-immigrazione e filo-russa Alternativa per la Germania, che ha ottenuto circa il 29%, secondo le proiezioni delle emittenti pubbliche. Il risultato offre un po’ di tregua al governo di coalizione di Scholz, che è sprofondato nei sondaggi di opinione a un anno dalle elezioni nazionali. Il voto nel Brandeburgo è stato seguito con attenzione perché l’SPD di Scholz ha governato in questa regione sin dalla riunificazione della Germania del 1990. Il distretto elettorale del cancelliere si trova nella capitale Potsdam, fuori Berlino.

L’AfD, che inveisce contro i richiedenti asilo, il multiculturalismo, l’Islam e il governo tripartito di Scholz, sperava di replicare il suo recente successo elettorale nell’est. Tre settimane fa, ha stupito l’establishment politico vincendo il suo primo voto parlamentare in assoluto – nello Stato orientale della Turingia – e arrivando secondo nella vicina Sassonia. Nonostante il successo alle urne, è improbabile che l’AfD prenda il potere in qualsiasi Stato, poiché tutti gli altri partiti tradizionali hanno finora escluso di stringere un’alleanza di governo con il partito.

Il premier della SPD, Dietmar Woidke

Il popolare premier della SPD del Brandeburgo, Dietmar Woidke, aveva mantenuto le distanze dal collega di partito Scholz durante la campagna elettorale. In carica da oltre un decennio, Woidke aveva anche lanciato una sfida agli elettori, dicendo loro che si sarebbe dimesso in caso di vittoria dell’AfD.

L’AfD, che non è riuscito nel suo intento di “mandare Woidke in pensione”, ha comunque salutato la sua forte affermazione. Il co-leader del partito, Tino Chrupalla, ha dichiarato di aver “preso una volta l’oro e due volte l’argento” in tre elezioni tenutesi questo mese nell’est del Paese.

Un Woidke visibilmente sollevato si è crogiolato negli applausi dei fedeli del partito, festeggiando la vittoria di stretta misura in una corsa in cui solo poche settimane fa il suo partito era in svantaggio rispetto all’AfD nei sondaggi di opinione. L’obiettivo, ha detto, era quello di evitare che il Brandeburgo venisse marchiato con un “grande timbro marrone”, il colore associato al fascismo. Il messaggio sembra aver stimolato gli elettori, visto che l’affluenza ha raggiunto il 74%.

Un’altra co-leader dell’AfD, Alice Weidel, ha affermato che è ormai chiaro che “siamo la forza più forte nell’est“, una regione che è ancora indietro rispetto alla Germania occidentale in termini di occupazione e ricchezza. “È una tappa importante, come si vedrà alle elezioni federali”, ha detto.

È improbabile che Scholz tragga grande vantaggio dalla vittoria, ha dichiarato il sondaggista Manfred Guellner al quotidiano Tagesspiegel, sostenendo che le elezioni erano tutte incentrate su Woidke. “Woidke ha tutto ciò che manca a Olaf Scholz: approvazione, simpatia, un atteggiamento con i piedi per terra, forza coesiva”, ha detto Guellner. “Da questo punto di vista, Woidke è l’anti-Scholz”. La rivista Der Spiegel è d’accordo. Mentre Scholz “deve essere piuttosto sollevato” dal fatto che il successo del suo partito “porta stabilità”, il cancelliere “non ha contribuito affatto a questo miracolo”, ha affermato.

Paura degli attacchi

Il decennale AfD, originariamente un partito di frangia euroscettico, ha a lungo alimentato i timori dell’opinione pubblica nei confronti dell’immigrazione irregolare, soprattutto dopo una serie di recenti attentati di sospetta matrice islamica. La retorica dell’AfD ha messo sotto pressione Scholz e i suoi alleati di governo, i Liberi Democratici e i Verdi, un partito ecologista che sembrava destinato a essere espulso dalla legislatura statale. Le lotte all’interno del governo nazionale hanno fatto crollare l’indice di gradimento di Scholz. Al contrario, il ministro della Difesa Boris Pistorius, anch’egli socialdemocratico, è spesso in cima ai sondaggi come politico più popolare in Germania.

Nella lunga corsa alle elezioni nazionali del settembre 2025, la scorsa settimana i conservatori dell’opposizione dell’alleanza CDU-CSU hanno scelto il leader del loro partito Friedrich Merz come candidato principale. Ma la CDU ha subito un duro colpo anche nel Brandeburgo, ottenendo solo circa l’11%.

Un nuovo partito di sinistra

Quest’anno è emerso anche un secondo partito populista, l’Alleanza di sinistra Sahra Wagenknecht (BSW), che ha ottenuto circa il 12% nel Brandeburgo. Originaria dell’ex Germania dell’Est, Wagenknecht è un politico veterano dell’opposizione e ospite frequente di talk show televisivi, che ha lasciato il partito di sinistra Die Linke per formare il proprio movimento. Ha descritto la politica del BSW come “sinistra-conservatrice”: una miscela di politiche economiche che aiutano i lavoratori e i poveri e di posizioni culturali conservatrici, tra cui la limitazione dell’immigrazione. Dopo aver ottenuto buoni risultati in tre elezioni statali dell’est, il partito di Wagenknecht potrebbe ottenere un potenziale ruolo di kingmaker, complicando il compito degli altri partiti che si oppongono alle sue posizioni pro-Russia e anti-NATO. Adnkronos 23

 

 

 

La rimonta dei socialdemocratici nel Brandeburgo

 

Contro tutti i sondaggi che lo davano sconfitto, l’SPD del Cancelliere Scholz ha vinto le elezioni regionali nel Brandeburgo, l’unico Land dell’Est dove governa, anche il più ricco economicamente e culturalmente, e feudo rosso dalla caduta del muro di Berlino.

 

Risultato inatteso, perché ottenuto dal partito di un Cancelliere indebolito e costantemente criticato perché non sa comunicare, trascinare gli elettori, al punto che ha dovuto affidare la campagna elettorale al governatore del Brandeburgo, suo amico da tempo, Dietmar Woidke, nato nella D.D.R., agronomo, molto popolare e al governo del Land da ben 11 anni.

 

La domanda che molti si fanno, però, è se la rimonta dei socialdemocratici è opera del Cancelliere o di altri; in questo caso, come già detto, del governatore che avrebbe assicurato a Scholz la sopravvivenza, non sappiamo fino a quando.

 

Scholz non è riuscito a conquistare i tedeschi e la crisi della SPD esiste da tempo e il partito a livello nazionale ha la metà dei voti della CDU, il partito della Merkel, al punto che, se si votasse ora, un terzo dei suoi deputati resterebbe fuori dal Parlamento.

 

Questo alimenta malumori crescenti nel partito, che si leggono sulla stampa ma sempre in forma anonima; nessuno finora ha criticato apertamente il Cancelliere, anche perché nulla in fondo è cambiato e i conflitti sono sempre presenti e possono innescare una crisi da un momento all’altro.

 

Forse nella risalita dell’SPD un po’ di merito ce l’ha anche Scholz: ha guidato una coalizione difficile in un momento particolarmente complicato, tenendo insieme due partiti, come i liberali e i verdi, che non hanno quasi nulla in comune, mentre c’era la crisi energetica, il post-Covid e tutte difficoltà oggettive che, però, il cancelliere non ha saputo comunicare al Paese.

 

Ultimamente, un certo successo l’ha avuto decidendo la svolta sui migranti, ripristinando i controlli ai confini della Germania. Successo tuttavia non in grado di quietare dubbi e malumori all’interno del partito.

La persona in grado di sostituire Scholz c’è ed è il Ministro della Difesa Boris Pistorius, alla sua prima esperienza di governo, il più popolare tra tutti i politici tedeschi, da molti accomunato all’ex cancelliere Helmut Schmidt.

Diversamente da Scholz, Pistorius è molto diretto, parla liberamente, sa entusiasmare ed è un realista, un socialdemocratico conservatore. Ma per defenestrare un leader servono ribelli, che per il momento non ci sono. Solo nello scontento e nell’indebolimento del governo qualcuno potrebbe farsi avanti per chiedere più politica di sinistra e accusare i vertici dell’SPD di non saper risolvere le difficoltà in cui da tempo versa il partito.  Angela Casilli, de.it.press 27

 

 

 

Italia Ospite d’Onore alla Buchmesse (16-20 ottobre). Il calendario degli incontri

 

Francoforte - Novantuno autrici e autori italiani a confronto con esponenti della cultura di lingua tedesca in più di 50 eventi del programma letterario, 19 “testimoni del tempo” impegnati in 11 dibattiti sull’attualità e i grandi temi della nostra epoca, 21 appuntamenti di un programma professionale che farà incontrare i protagonisti del mondo del libro italiano e internazionale e a cui se ne aggiungono altri 9 organizzati dalle Regioni.

L’Italia torna Ospite d’Onore dopo 36 anni a Francoforte e svela il suo programma per la settantaseiesima edizione della Buchmesse, dal 16 al 20 ottobre. Il calendario degli appuntamenti è consultabile sul sito Italiafrancoforte2024.com, aie.it e buchmesse.de.

L’Associazione Italiana Editori (AIE) ha curato il programma letterario, che si svolgerà nel Padiglione di Italia Ospite d’Onore firmato dallo studio Stefano Boeri Interiors e collocato al Forum Level 1, con il coordinamento del commissario straordinario del Governo Mauro Mazza. Due le sale degli incontri: Arena e Caffè Letterario. Il programma professionale è organizzato da AIE con il sostegno di Italia Ospite d’Onore 2024 alla Fiera del Libro di Francoforte e di ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane e si svolgerà, parallelamente a quello letterario, negli spazi dello Stand collettivo italiano nel Padiglione 5.0. Lo Stand collettivo italiano sarà inaugurato il 16 ottobre, a partire dalle 11.00, in un evento che mette al centro il ruolo degli editori nella diffusione della cultura del libro in Italia e la sua proiezione all’estero.

“Il programma letterario riflette la ricchezza e la totale autonomia e pluralità dell’editoria italiana”, ha sottolineato il presidente di AIE, Innocenzo Cipolletta. “È stato definito in un confronto continuo con gli editori e gli autori, con l’obiettivo di farci conoscere ancora di più e meglio all’estero. Per questo, fin dall’inizio, abbiamo voluto che gli italiani si confrontassero con noti scrittori e giornalisti tedeschi che modereranno larghissima parte degli incontri. Il programma potrà inoltre essere arricchito di nuovi incontri proposti da scrittori che ci hanno fatto richieste nei mesi scorsi e con cui siamo in costante dialogo, in una logica di massima apertura. La stessa apertura contraddistingue il programma professionale che, partendo dall’esperienza italiana, la mette a confronto con le migliori voci dell’editoria internazionale”.

Mauro Mazza si è detto “particolarmente orgoglioso del programma che presentiamo per la partecipazione dell'Italia come Ospite d'Onore alla Buchmesse di Francoforte. Nel tempio dell'editoria mondiale portiamo un 'Dream Team' di autori e relatori che sarà in grado di generare interesse, curiosità e dibattito sullo stato della cultura italiana. Mi piace sottolineare la massima rappresentatività del nostro programma, privo di qualsiasi gerarchia tra generi letterari e contraddistinto da incontri aperti a opinioni, esperienze e generazioni diverse e talvolta lontane tra loro. Ringrazio gli autori, proposti dagli editori, che hanno accettato l'invito. Sono convinto, inoltre, che il contributo dei ‘testimoni del tempo’ saprà arricchire ulteriormente la partecipazione dell'Italia alla Buchmesse di Francoforte, permettendo di celebrare la nostra cultura in tutte le sue sfaccettature".

IL PROGRAMMA LETTERARIO

Il programma letterario sarà un viaggio in ampiezza e profondità, che coinvolgerà la narrativa e la saggistica, la poesia e i libri per ragazzi, i fumetti e il romance, i classici intramontabili e le novità. A ogni tappa un incontro diverso, speciale, studiato in modo da valorizzare gli autori, giocare con le specificità dei loro libri, presentarli alla grande editoria internazionale riunita a Francoforte e dialogare con lei, mantenendo un confronto sempre aperto con il Paese ospitante attraverso le moderazioni affidate ad autorevoli esponenti del panorama culturale tedesco.

L’incontro inaugurale di mercoledì 16 ottobre è un dialogo sul filo della narrativa e delle arti affidato alla scrittrice Susanna Tamaro e al filosofo Stefano Zecchi (Arena, ore 10, La bellezza delle parole, modera il giornalista Luigi Mascheroni), a cui seguirà una riflessione tra spiritualità e scienza con il teologo Luigi Maria Epicoco e il fisico Carlo Rovelli (Arena, ore 11, La vita ai tempi dell’apocalisse, modera il giornalista Nico Spuntoni).

Sono i primi tasselli di un mosaico in cui il “tempo” avrà spesso un ruolo e un senso determinante, scandito da interventi solisti come quelli di Ieri, oggi e domani. Il tempo delle parole e le parole del nostro tempo, mini-ciclo affidato a tre maestri di lungo corso della letteratura italiana: Claudio Magris (giovedì 17, Arena, ore 15), Alessandro Baricco (venerdì 18, Arena, ore 15) e Dacia Maraini (sabato 19, Arena, ore 15). La macchina da scrivere del tempo è invece un incontro a più voci con tre autori che viaggiando a ritroso nel tempo e intrecciando magistralmente realtà e finzione hanno creato recenti fenomeni letterari: Viola Ardone, Donatella Di Pietrantonio e Gian Marco Griffi (giovedì 17, Caffè Letterario, ore 15.30, modera Shelly Kupferberg, Deutschlandfuk Kultur, RBB Kultur). Vincitrice del Premio Strega 2024, Di Pietrantonio tornerà venerdì 18 alle 16 in Arena per un approfondimento sul Premio, L’importanza di chiamarsi Strega, in dialogo con Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci moderati da Cristina Giordano, Cosmo/Westdeutscher Rundfunk. Infine due appuntamenti – in chiusura di Fiera – assumeranno quasi la forma di eccezionale parata finale di grandi figure del passato, in un valzer tra realtà e invenzione letteraria, arte e storia: Chopin, Caravaggio e Leonardo Da Vinci popoleranno Genio, passioni e misteri dell’arte e della musica (con Rita Charbonnier, Luigi De Pascalis e Carlo Vecce, ore 10.30, Caffè Letterario, modera Giulio Galoppo, Cosmo/Westdeutscher Rundfunk), mentre la dinastia siciliana dei Florio, il “Re Sole” Luigi XIV e Maria Antonietta si incontreranno in Il potere delle regine e dei leoni (con Stefania Auci e Alessandra Necci, ore 11, Arena, modera Anna Vollmer, Frankfurter Allgemeine Zeitung).

In altre occasioni, il “tempo” lascerà il testimone e lo spunto di partenza allo “spazio”, o meglio ai tanti spazi della scrittura e al modo in cui vengono declinati dagli autori: dal confronto tra Paolo Cognetti e Nicola Lagioia, due tra le identità più forti della letteratura italiana contemporanea (Ogni storia è un luogo, sabato 19, Caffè Letterario, ore 15.30, modera Andreas Platthaus, Frankfurter Allgemeine Zeitung), alle riflessioni sul “confine” tra due scrittori che vi sono nati e cresciuti sopra (Mauro Covacich e Paolo Rumiz, entrambi triestini) e che lo hanno spesso varcato nei loro libri (Abitare su una linea, giovedì 17, ore 12.30, Caffè Letterario, Tilman Spreckelsen, Frankfurter Allgemeine Zeitung), fino alle Città di mare e borghi antichi in cui Vins Gallico e Sacha Naspini hanno ambientato molti romanzi (sabato 19, ore 10.30, Caffè Letterario, modera Giulio Galoppo ).

A volte la porta attraverso cui si accederà al mondo della letteratura sarà laterale, permettendo di osservare e scoprire l’editoria italiana da scorci inediti, come accadrà mercoledì 16 ottobre con il confronto tra Antonio Franchini, Rosella Postorino e Chiara Valerio, che oltre ad aver scritto alcuni dei romanzi più importanti delle ultime stagioni letterarie conoscono il mondo editoriale da molte altre prospettive, come editor, curatori di collane, collaboratori di riviste letterarie e programmi radiofonici (Vivere i libri a 360 gradi , ore 16.30, Caffè Letterario, modera Karen Krüger, Frankfurter Allgemeine Zeitung). Sarà il primo di una serie di incontri che, non senza ambizione, vogliono esplorare il potere e le diverse facce della letteratura. Si andrà Alla ricerca del grande romanzo europeo (e italiano) del XXI secolo con Vincenzo Latronico e Gianluigi Simonetti (giovedì 17, ore 10.30, Caffè Letterario, modera Maike Albath, Deutschlandfuk Kultur, Süddeutsche Zeitung, Die Zeit), rifletteremo su alcuni dei poteri più “magici” della scrittura con Francesca Melandri e Fabio Stassi (La letteratura che cura e non dimentica, giovedì 17, ore 11.30, Caffè Letterario, modera Lothar Müller, Süddeutsche Zeitung) si cercherà il miracoloso equilibrio Tra etica e felicità con il romanziere Gianrico Carofiglio e il filosofo Emanuele Coccia (giovedì 17, ore 17.30, Caffè Letterario, modera Cinzia Sciuto, MicroMega e NewsMavens). Guarderà a un orizzonte vastissimo anche l’incontro di venerdì 18 tra Annalena Benini e Melania Mazzucco: entrambe scrittrici, la prima anche direttrice del Salone Internazionale del Libro di Torino (prima donna nella storia della manifestazione) e la seconda appassionata esperta d’arte, ci racconteranno Quello che le donne ci dicono. Il lato femminile nell’arte e nella letteratura (ore 11.30, Caffè Letterario, modera Karen Krüger). La sintonia tra il respiro del programma letterario e quello della società moderna non si fermerà nemmeno di fronte alle sue ombre. La violenza di genere e il modo in cui la scrittura affronta i lati oscuri della realtà saranno presenti negli incontri con Silvia Avallone e Giulia Caminito (Quel genere di violenza, giovedì 17, ore 16.30, Caffè Letterario, modera Karen Krüger) e con Ginevra Lamberti e Alice Urciuolo (In questo mondo di orchi, mercoledì 16, ore 17.30, Caffè Letterario, modera Maike Albath), mentre sentimenti e ossessioni, desideri e inquietudini della contemporaneità saranno tra gli ingredienti nei dialoghi tra Marco Missiroli e Valeria Parrella (Avere tutto e altri piccoli miracoli, venerdì 18, ore 14.30, Caffè Letterario) e tra Maddalena Fingerle e Anna Giurickovic Dato (La fame, il pudore e altri sentimenti senza confini, domenica 20, ore 11.30, Caffè Letterario, modera Andreas Pfeifer, ORF Berlino).

In un contesto internazionale come la Buchmesse non potevano poi mancare incontri che, assieme a quelli previsti nel programma professionale, si addentreranno nel reame della traduzione, lo strumento alla base della circolazione delle opere tra Paesi e lingue diverse ma anche uno specchio incantato in cui i testi giocano spesso a riflettersi, arricchirsi e modificarsi. Se ne parlerà molto al Caffè Letterario, in particolare venerdì 18 alle 16.30 con Marco Balzano e Paolo Nori (More in translation, modera Maike Albath) e la mattina successiva alle 11.30 con Daniele Mencarelli e la traduttrice dei suoi romanzi in Germania Annette Kopetzki (L’autore allo specchio).

Quello tra Italia e Germania sarà un dialogo che proseguirà in molti altri appuntamenti del programma letterario, spesso anche in modo diretto. Come in Andare a vivere a Berlino?, uno dei primissimi incontri del programma (mercoledì 16 ottobre, ore 11.30, Caffè Letterario, modera Maria Carolina Foi, Università degli Studi di Trieste) in cui la fascinazione della metropoli tedesca sugli scrittori italiani sarà raccontata da due autori che in passato l’hanno frequentata e a cui hanno anche dedicato dei libri, Andrea Bajani e Mario Desiati, prima di proseguire nel proprio cammino. Il tema del nomadismo letterario si arricchisce di altre sfumature che emergeranno nei giorni successivi come tratto comune a molte voci importanti della narrativa italiana del XXI secolo, intrecciandosi in modo affascinante con il cosmopolitismo e la ricerca di radici sempre in movimento, con il memoir e la ricostruzione storica: se ne troveranno tracce in Brooklyn, la Baviera, l’Italia: un mondo da raccontare con Claudia Durastanti e Helena Janeczek (venerdì 18, ore 12.30, Caffè Letterario, modera Markus Messling, Käte Hamburger Kolleg CUE) e La mia casa è dove scrivo con Olga Campofreda e Igiaba Scego (mercoledì 16, ore 15.30, Caffè Letterario, modera Shelly Kupferberg).

Uno sguardo intenso sarà rivolto anche alle radici della letteratura e alla riscoperta di quei classici (italiani e non) che, come sosteneva Calvino, non smettono mai di dire ciò che hanno da dire. Al compimento del suo centoventicinquesimo anno dalla prima pubblicazione, Il piacere di Gabriele D'Annunzio fornirà lo spunto per una riflessione Alla ricerca del Piacere perduto tra lo storico Giordano Bruno Guerri e lo scrittore Giuseppe Culicchia (mercoledì 16, ore 12.30, Caffè Letterario, modera Luciano Lanna), mentre Alessandro D’Avenia ci porterà ancora più indietro nel tempo, spiegando perché anche un testo con qualche millennio sulle spalle, l’Odissea di Omero, ci riguarda ancora da vicino (Classici oltre i con fini del tempo, giovedì 17 ottobre, ore 16, Arena). A un autore decisamente più recente, il maestro del giallo Andrea Camilleri, sarà dedicato un omaggio che coinciderà con i cinque anni dalla scomparsa e anticiperà il centenario dalla nascita nel 2025 (sabato 19, ore 17, Arena). E per restare in tema, il tributo al padre del commissario Montalbano sarà preceduto dagli incontri con due amatissimi esponenti del giallo e poliziesco del nuovo millennio, Maurizio de Giovanni e Antonio Manzini (Tutte le sfumature del krimi, sabato 19, a partire dalle 16, Arena). Prima ancora che dalla prosa, nella storia della letteratura italiana un ruolo determinante è stato giocato dalla poesia. L’eredità di Dante e Petrarca, Leopardi e Pascoli, Quasimodo e Montale, sarà rappresentata a Francoforte da due momenti speciali, entrambi verso l’ora del tramonto, in cui si materializzeranno i pensieri e i versi di alcuni tra i maggiori poeti italiani contemporanei: le Poesie d’amore e umanità su cui si confronteranno Vivian Lamarque e il filosofo e poeta tedesco Asmus Trautsch (venerdì 18, ore 17.30, Caffè Letterario) e le Poesie di mare e di collina di Giuseppe Conte e Davide Rondoni (sabato 19, ore 17.30, Caffè Letterario, modera il poeta e scrittore Pierfranco Bruni).

Due strisce di appuntamenti quotidiani all’Arena e al Caffè Letterario saranno riservate invece ad altrettanti settori che da diversi anni attraversano una notevole crescita all’interno dell’industria editoriale italiana, con evidenti effetti anche sulle traduzioni all’estero: i libri per ragazzi e i fumetti/graphic novels. Ai primi sarà affidato il compito di “aprire” l’Arena nelle giornate centrali della Buchmesse, da giovedì a sabato. Giovedì 17 alle 10 si parlerà dell’importanza formativa dei libri sulle giovani generazioni con Davide Calì, Beatrice Masini e Patrizia Rinaldi ( Leggere fa crescere, modera Marlene Zöhrer, Centro KiJuLit, kinderundJugendmedien.de); alla stessa ora venerdì 18 si andrà a caccia di Avventure, misteri & incantesimi: la formula segreta dei bestseller per ragazzi, con gli inventori di personaggi e serie lette da milioni di ragazzi in tutto il mondo: Pierdomenico Baccalario (Ulysses Moore), Elisabetta Dami (Geronimo Stilton) ed Elisabetta Gnone (W.I.T.C.H.) (modera Marlene Zöhrer). Sabato 19, sempre alle 10, sarà invece la volta di salire su Il tappeto volante della fantasia con Chiara Carminati, Davide Morosinotto e Marta Palazzesi (modera Anna Vollmer). Troveranno invece casa al Caffè Letterario i fumetti e le graphic novels, più o meno sempre a ridosso dell’ora di pranzo (prima o dopo). Si partirà mercoledì 16 con la coppia formata da Teresa Radice e Stefano Turconi (Due cuori e tante storie, ore 14.30, modera Paola Colombo, Cosmo/Westdeutscher Rundfunk), proseguendo giovedì 17 con l’incontro tra fantasy e ironia, carta e web con Luca Enoch e Pera Toons (Il fumetto e l’animazione tra carta e YouTube: due mondi comunicanti, ore 14.30, modera Tilman Spreckelsen, Frankfurter Allgemeine Zeitung), venerdì 18 con La grammatica della fantasia disegnata da Beatrice Alemagna e Olimpia Zagnoli (ore 15.30, modera Ursula Scheer, Frankfurter Allgemeine Zeitung), sabato 19 alle 14.30 con l'incontro Ogni cosa è illustrata con Lorenzo Mattotti (anche autore dell’immagine ufficiale della partecipazione dell’Italia a Francoforte) e Alessandro Sanna (che domenica alle 16 sarà poi protagonista della cerimonia di handover in cui l’Italia passerà il testimone alle Filippine, Ospite d’Onore alla Buchmesse 2025) moderati da Ursula Scheer. A chiudere lo spazio dedicato all’illustrazione, domenica alle 12.30, saranno due tra i maestri che più hanno contribuito a rinnovarla negli ultimi 40 anni, Igort e Milo Manara, che ci racconteranno Le donne e il mondo, la vita e l’avventura: come il fumetto (ri)disegna la realtà (modera Andreas Platthaus).

A Francoforte non mancheranno le campionesse di uno dei generi più popolari del nostro tempo, il nuovo “romance” che domina le classifiche di vendita in libreria spesso dietro la spinta di un’entusiasta conversazione online: da Kira Shell, attesa da un dialogo al Profumo di fiori e di baci con Cristina Caboni (venerdì 18, ore 10.30, Caffè Letterario, modera Paola Colombo) a Erin Doom e Felicia Kingsley che racconteranno come oggi Si scrive romance, si legge bestseller (sabato 19, ore 16.30, Caffè Letterario).

La saggistica sarà presente a Francoforte, attraversando e raccontando i mondi della politica, della scienza, della storia. Si parlerà di temi di grande attualità internazionale come Patria e nazione, destra e sinistra. Le ragioni di un dialogo con Alessandro Campi e Andrea Romano (giovedì 17, ore 12, Arena, modera il giornalista Tommaso Ricci) e i rapporti tra Russia ed Europa con Gennaro Malgieri e Luciano Mecacci (sabato 19, ore 11, Arena, modera il poeta e scrittore Pierfranco Bruni). Già protagonista nella giornata inaugurale, la scienza tornerà a esserlo venerdì 18 ottobre con il confronto tra il genetista Guido Barbujani e il divulgatore Massimo Sandal su La scienza del futuro: alla ricerca dell’equilibrio perfetto tra libertà e responsabilità (Arena, ore 17, modera il saggista e scrittore Stefan Klein) e sabato 19 con Di Genesi incerta, incontro ai confini tra fede e scienza, testi religiosi e riflessioni filosofiche, moderne ricerche in laboratorio e traduzioni da lingue antiche con lo scrittore Erri De Luca e il fisico Guido Tonelli (Caffè Letterario, ore 12.30, modera Stefan Klein). La Storia con la S maiuscola sarà invece affidata a due fuoriclasse della divulgazione come Alessandro Barbero e Aldo Cazzullo in Ti racconto una storia (venerdì 18, ore 12, Arena, modera lo storico Christoph Cornelissen) e al dialogo tra due autori, lei italiana e lui tedesco, che nei loro recenti libri hanno affrontato un tema simile: Marina Valensise e Uwe Wittstock in Sull’orlo dell’abisso. Artisti, scrittori e intellettuali prima della Seconda Guerra Mondiale (mercoledì 16, ore 16, Arena, modera Christiane Liermann Traniello, segretario generale di Villa Vigoni).

Nella striscia Discorso sul metodo, giovedì 17 e sabato 19 alle 14 in Arena, Loretta Cavaricci condurrà alcune interviste sulle abitudini di scrittura degli autori: tra regole e disciplina, talento e libertà, attrezzi del mestiere e piccole manie. Sempre la giornalista Rai modererà un appuntamento dedicato alla crescita dell’ascolto degli audiolibri in Italia (venerdì 18 alle 14 in Arena). Nei Reading al buio organizzati dalla Fondazione LIA nella Sala dedicata ad Aldo Manuzio del Padiglione Italiano, gli autori si alterneranno invece con lettori non vedenti o ipovedenti in una lettura a due voci dello stesso libro, in un format dedicato al tema dell’accessibilità digitale e dell’inclusione socio-culturale delle persone con disabilità visive.

La fotografia e l’illustrazione, infine, saranno protagoniste delle due mostre inaugurate il 16 ottobre nel Padiglione italiano: Scritto in faccia. 60 scrittrici e scrittori italiani del Novecento (a cura di Alberto Saibene da un'idea di The Italian Literary Agency, taglio del nastro alle 13 in Arena) e Matite giovani tra illustrazione e fumetto (a cura di Accademia Drosselmeier, organizzata da BolognaFiere/Bologna Children’s Book Fair e presentata alle 13.30 al Caffè Letterario).

TESTIMONI DEL TEMPO

La musica e il cinema, l’università e la tecnologia, la cultura e le radici, il turismo e l’Europa. Sono le direzioni verso cui guarderà il periscopio di “Testimoni del tempo”, il percorso di incontri e approfondimenti che accompagnerà il programma letterario nell’Arena, rendendo ancora più sfaccettato il viaggio nell’Italia Ospite d’Onore a Francoforte 2024.

L’apertura mercoledì 16 ottobre sarà all’insegna della musica, con la pianista Frida Bollani Magoni che racconterà la sua vita Tra note e parole (ore 12, modera il presidente del Centro per il libro e la lettura Adriano Monti Buzzetti). Alle 14 salirà in cattedra l’Università degli Studi di Napoli Federico II, che a giugno ha festeggiato il suo ottocentesimo compleanno. Il rettore dell’ateneo napoletano Matteo Lorito dialogherà con il presidente della Goethe-Universität di Francoforte Enrico Schleiff , partendo dal prestigioso anniversario per ragionare su passato, presente e futuro della formazione di alto livello nel continente (Tra Napoli e l’Europa, gli 800 anni della Federico II, modera Christiane Liermann Traniello). Quindi l’Arena accoglierà il suo artefice, l’architetto Stefano Boeri , ideatore del Padiglione dell’Italia Ospite d’Onore, che alle 15 presenterà La grande piazza dei libri e delle idee in dialogo con lo storico e critico dell’arte Giovanni Agosti (modera Luigi Mascheroni). Con l’ultimo appuntamento di giornata – il primo della sezione trasversale La cultura che unisce – si tornerà poi a viaggiare nel tempo, questa volta concentrandosi sulle tecnologie che hanno caratterizzato nei secoli la produzione e la distribuzione dei libri, dalle meraviglie tipografiche veneziane del Quattrocento alla rivoluzione digitale: in Da Manuzio all’ebook ne parleranno il diplomatico Umberto Vattani e il direttore generale di Treccani Massimo Bray (ore 17, modera il direttore del Centro per il libro e la lettura Luciano Lanna). In quest’occasione, alla presenza del presidente Adriano Monti Buzzetti, verrà anche presentato uno spot del Centro per il libro e la lettura per incentivare a leggere.

Tra le eccellenze della creatività italiana non manca il cinema. A Francoforte sarà rappresentato dal regista (nonché apprezzato romanziere e clarinettista per passione) Pupi Avati, che, già autore di un film su Dante Alighieri, si confronterà con l’autrice e produttrice televisiva Simona Ercolani su cosa succede Quando la parola si fa immagine (giovedì 17, ore 11, modera il giornalista Gianvito Casadonte). Etica e culture politiche, pluralismo e intolleranza, fantasmi del Novecento e prospettive del futuro saranno invece al centro dell’incontro I doveri della cultura con Francesco Borgonovo, Giacomo Marramao e Marco Tarchi (ore 17, modera Tommaso Ricci).

Un’altra voce che mette l’Italia in rapporto con le persone di tutto il mondo è il turismo. A un segmento molto particolare di questo settore strategico per l’economia nazionale sarà dedicato Andata e ritorno: il turismo delle radici, un incontro in cui il sociologo Riccardo Giumelli e il direttore generale per gli Italiani all’Estero del Ministero degli Affari Esteri Luigi Maria Vignali affronteranno la crescente importanza della riscoperta dell’Italia da parte dei discendenti di quegli oltre 20 milioni di cittadini che nell’ultimo secolo e mezzo sono partiti dal nostro paese per cercare fortuna all’estero (sabato 19 ottobre, ore 12).

Sempre in ambito turismo, il 17 ottobre dalle 18 alle 21.30 si tiene la Cerimonia di assegnazione del 30° Premio ENIT. Il premio giornalistico per la Destinazione Italia. Con questo prestigioso riconoscimento ENIT premia ogni anno i migliori contributi media in lingua tedesca sull’Italia come meta di viaggio. Il Premio ENIT è organizzato con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia in Germania.

Le testimonianze finali giocheranno di nuovo tra il passato, il presente e il futuro. La mattina di domenica 20 ottobre si aprirà alle 10 con Vicini di casa, vicini di cultura, l’incontro in cui il sindaco di Nova Gorica Samo Turel, il sindaco di Gorizia Rodolfo Ziberna e il Vicepresidente e Assessore regionale alla cultura e allo sport del Friuli Venezia Giulia Mario Anzil brinderanno all’imminente 2025, anno in cui le due città condivideranno il ruolo di Capitale Europea della Cultura. Quindi alle 12 si guarderà alla storia dell’Europa in La religione e le radici, dialogo interconfessionale tra Rav Scialom Bahbout, già rabbino capo di Napoli, Bologna e Venezia, e il patriarca di Venezia Monsignor Francesco Moraglia moderati da Nico Spuntoni.

IL PROGRAMMA PROFESSIONALE

Il programma professionale si svolge nello Stand collettivo italiano al Padiglione 5.0 e vedrà confrontarsi professionisti della filiera del libro, esperti dei temi della lettura, studiosi dei consumi culturali internazionali, per un dibattito che dalle eccellenze dell’editoria italiana, quarta in Europa per valore delle vendite, si apre al mondo.

Si parte il 16 ottobre alle 11.30 con l’incontro 36 anni dopo. Il mercato del libro in Italia oggi. Dopo il saluto del presidente di AIE Innocenzo Cipolletta e la presentazione dei dati sull’editoria italiana del 2023/24 a confronto con quelli del 1988, prima volta di Italia Ospite d’Onore, parleranno, moderati dalla giornalista Karen Krüger (Frankfurter Allgemeine Zeitung), gli editori Giovanni Hoepli (Hoepli Editore), Stefano Mauri (Gruppo editoriale Mauri Spagnol) e Susanne Schüssler (Verlag Klaus Wagenbach).

Nello stesso giorno, il Salone Internazionale del Libro di Torino presenta alle 9.00 allo Zentrum Wort – Padiglione 4.1 (unico appuntamento fuori dalla collettiva), il convegno annuale Dall’italiano al mondo in un'edizione speciale in collaborazione con Frankfurter Buchmesse e AIE e con il sostegno di Italia Ospite d’Onore 2024 alla Fiera del Libro di Francoforte e di ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane. Il progetto, curato da Ilide Carmignani e rivolto alle traduttrici e ai traduttori dall’italiano a tutte le lingue del mondo, è nato nel 2021 con l'obiettivo di presentare ogni anno una vasta selezione di libri italiani ancora da tradurre.

Ai temi delle traduzioni e dell’internazionalizzazione sono dedicati molti incontri tra cui L’editoria italiana va all’estero: non solo diritti, il 17 ottobre alle 12.30, in collaborazione con ADALI, Associazione degli Agenti Letterari Italiani. Dopo la presentazione dei dati sull’import export di diritti di traduzione, interverranno, moderati da Porter Anderson (Publishing Perspectives), Fiammetta Giorgi (Mondadori Libri), Sandro Ferri (Edizioni E/O), Andrea Ferro (Casalini Libri), Roberto Gilodi ( Reiser Literary Agency/ ADALI).

Le nuove frontiere tecnologiche sotto i riflettori il 17 ottobre alle 10.30 nell’incontro in collaborazione con la Federazione degli editori europei (FEP), Intelligenza artificiale: le nuove norme, le sfide e le opportunità di innovazione. Con la moderazione di Maria Pallante (Association of American Publishers) e dopo il saluto di Innocenzo Cipolletta (AIE) e Ricardo Franco Levi (FEP) intervengono Quentin Deschandelliers (FEP), Elisabeth Crossick (RELX) e la scrittrice Chiara Valerio.

La piccola e media editoria in Italia e in Europa, organizzato in collaborazione con Più libri più liberi – Fiera nazionale della Piccola e Media Editoria, vedrà confrontarsi il 17 ottobre alle 11.30 Lorenzo Armando (Lexis/AIE), Daniel Beskos (Mairisch Verlag/Kurt Wolff Stiftung), Nicolas Filicic (Les Belles Lettres), Jordi Nadal (Plataforma Editorial). Con la moderazione di Annamaria Malato (Più libri più liberi).

Discuteranno de I libri in piazza. Incontrare e conoscere gli scrittori nei festival letterari il 18 ottobre alle 11.30, Piergaetano Marchetti (Bookcity Milano), Gian Mario Villalta (Pordenonelegge), Ruggero Cappuccio (Fondazione Campania dei Festival) e Antonella Ferrara (TaoBuk Taormina Book Festival). Con la moderazione della giornalista Cristina Giordano (Cosmo/Westdeutscher Rundfunk).

Al successo del libro italiano all’estero, raccontato da editori italiani moderati e a confronto con colleghi stranieri, sono poi dedicati tutta una serie di incontri suddivisi per generi: la narrativa, la saggistica, l’editoria per bambini e ragazzi, i libri d’arte e design, i libri di sport, il fumetto.

Al programma professionale contribuiscono Provincia Autonoma di Bolzano e le Regioni Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia e Veneto.

Tra gli altri soggetti che hanno collaborato alla preparazione del programma con altri appuntamenti ancora ci sono Accademia dell’Arcadia, Accademia della Crusca, Associazione Italiana Biblioteche, Associazione Italiana Traduttori e Interpreti, Associazione Librai Italiani – Confcommercio, Centro per il libro e la lettura, Comune di Milano, Federazione carta e grafica, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Fondazione LIA-Libri Italiani Accessibili, StradeLab. (aise/dip)

 

 

 

 

Le ultime puntate della trasmissione Cosmo, ex-Radio Colonia

 

27.09.2024. Vacanze fuori stagione e nuovi trend

Agnese Franceschini ci parla dei nuovi trend del turismo autunnale e fa un bilancio della stagione che si è appena conclusa. Con Caterina Finelli, autrice del podcast "Viaggio a 1.5x", parliamo invece di come evitare la trappola dei "viaggi-clone". A Stefano Mazzotti, del Consorzio Rimini Spiagge, è venuta l'idea della "spiaggia inclusiva", con lui parliamo anche delle licenze balneari, tema su cui l'Italia è in rotta di collisione con le istituzioni europee.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/vacanze-fuori-stagione-nuovi-trend-germania-italia-100.html  

 

26.09.2024. Come funziona lo Jugendamt tedesco?

Facciamo chiarezza su un'istituzione tedesca che vigila sulla tutela dei minori in Germania e interviene quando sorgono problemi familiari che rischiano di mettere a repentaglio il benessere dei minori. Alessandro Bellardita, giudice presso la pretura di Karlsruhe, ci illustra il funzionamento dello Jugendamt. Con Luciana Martena, responsabile nazionale del Patronato 50&PiùEnasco, parliamo invece dei conflitti che sono sorti tra famiglie italiane e Jugendamt.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/jugendamt-marinella-colombo-100.html

 

25.09.2024. La Commissione Ue rischia di essere ostaggio dei sovranismi

La nuova Commissione europea, per altri cinque anni sotto la guida di Ursula von der Leyen e con una squadra di commissari che dovrà essere approvata dal Parlamento, è lo specchio e la somma dei diversi interessi nazionali. Non che in passato non fosse così, ma nell'attuale fase storica non sembra esserci spazio per un comune disegno europeo, se non su pochissimi temi. In tempi di sovranismi il sogno europeo è destinato a tramontare? Ne parliamo con Agnese Franceschini e con Angela Mauro. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/nuova-commissione-europea-fitto-100.html

 

24.09.2024. Buchmesse: partito il conto alla rovescia

A tre settimane dalla Fiera del Libro di Francoforte, con l'Italia come protagonista, raccontiamo l'atmosfera con cui la Germania si appresta ad ospitare il mondo dell'editoria italiano. Cristina Giordano sugli ultimi dettagli del programma. Intervista a Alessandra Ballesi-Hansen, editrice di Nonsoloverlag. E infine Agnese Franceschini dà uno sguardo ai finalisti del Deutscher Buchpreis, il premio letterario più importante in lingua tedesca.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/fiera-del-libro-francoforte-shortlist-100.html

 

23.09.2024. La Spd vince le elezioni in Brandeburgo, Afd è seconda

I socialdemocratici di Dietmar Woidke hanno superato il banco di prova e  sono primi in Brandeburgo, ma la Afd è a un punto di distanza e gli alleati di governo sono indeboliti: i risultati e le reazioni politiche da Agnese Franceschini. Abbiamo chiesto a Federico Quadrelli, della Spd di Berlino, una valutazione del voto e delle sue ripercussioni sugli equilibri politici a livello federale. Per combattere gli stereotipi sulla preponderanza maschile nel voto all'estrema destra è nato il progetto "Männer gegen Rechts" ne parliamo con uno degli iniziatori, Enrico Damme. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/elezioni-brandeburgo-spd-uomini-contro-nazi-100.html

 

20.09.2024. Sophia Loren e la Dolce vita nell'immaginario dei tedeschi

Oggi Sophia Loren compie 90 anni. Noi, oltre a ricostruire le tappe della sua magnifica carriera di star del cinema internazionale con Cristina Giordano, ci chiediamo da cosa nasca il fascino che ha esercitato ed esercita la "Dolce vita" sugli stranieri e sui tedeschi in particolare. Dolce vita di cui la Loren e Mastroianni su tutti sono stati i volti più rappresentativi e gli ambasciatori nel mondo. In questa riflessione ci aiuta il giornalista e scrittore Andreas Rossmann.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/sophia-loren-la-dolce-vita-immaginario-dei-tedeschi-100.html

 

19.09.2024. Il ponte crollato a Dresda è la punta dell'iceberg. Solo per un caso fortunato il crollo del ponte sull'Elba di Dresda non ha provocato vittime: ma cos'è successo al Carolabrücke e quanti altri ponti in Germania vanno ristrutturati? Ce ne parla Cristina Giordano, ma sentiamo anche le parole di un ingegnere delle costruzioni tedesco. E viste le gravi alluvioni di questi giorni in Europa centrale e anche in Italia, fenomeno sempre più intenso e frequente, parliamo del loro impatto sulle infrastrutture con Francesco Ballio, professore di idraulica. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/carolabruecke-ponte-dresda-crollo-ponti-italia100.html

 

18.09.2024. La paghetta ai figli, quali differenze tra Italia e Germania?

Non esiste una legge tedesca che obbliga la paghetta, ma viene vivamente consigliata affinché il bambino possa imparare a gestire i soldi. Quanto deve essere alta e cosa dicono gli studi sui ragazzi tedeschi? Ce ne parla Cristina Giordano. Elena Berardo da Düsseldorf ci racconta come gestisce la paghetta dei figli e differenze culturali con l’Italia. E infine raccontiamo cos’è la «Taschengeldbörse», un progetto diffuso in Germania che fa incontrare giovani e anziani, in cambio di un aiuto si riceve una piccola paghetta.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/paghetta-germania-taschengeld-100.html

 

17.09.2024. Uno studio tedesco svela quanto è pericolosa la fast fashion

Secondo uno studio condotto dalla testata giornalistica Öko-Test, nei vestiti della catena d'abbigliamento cinese Shein sarebbero presenti pericolose sostanze tossiche. La collega Cristina Giordano approfondisce quest'ultimo atto d'accusa contro i marchi di vestiti a basso costo. Con il sociologo della moda Mauro Ferraresi parliamo non solo dei tanti problemi legati alla fast fashion ma anche del grande ritorno della moda dei vestiti di seconda mano tra le giovani generazioni.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/fast-fashion-abiti-tossici-shein-studio-tedesco-100.html

 

16.09.2024. Da oggi controlli ai confini tedeschi

Scattano da oggi i controlli alle frontiere tedesche per motivi di lotta al terrorismo e contenimento dell'immigrazione irregolare, ce ne parla Cristina Giordano. Sono in molti a esprimere dubbi sull'efficacia di queste misure, l’eurodeputata dei Verdi Alexandra Geese: «sarebbe più utile combattere la radicalizzazione nei social». E sul tema controlli di polizia fanno discutere i risultati di uno studio sulle discriminazioni delle forze dell'ordine verso gli stranieri.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/chiusura-frontiere-germania-reazioni-100.html

 

12.09.2024. Novità per iscritti AIRE: sanzioni, IMU, codice fiscale

Non iscriversi all'AIRE può costare caro. O così doveva essere dal primo gennaio 2024. Ma cosa ne è stato della minaccia di sanzioni? Nel frattempo, si va verso l'esenzione dall'IMU per tutti gli iscritti all'AIRE. Ci aggiorna Luciana Mella. Novità anche sul fronte della richiesta del codice fiscale. Da luglio la si può fare online, sul portale Fast It, come ci spiega Giulio Galoppo.

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11.09.2024. È giusto vietare l'uso dei cellulari nelle scuole?

Il divieto assoluto deciso in Olanda rilancia il dibattito sull'uso dei cellulari anche nelle scuole tedesche, mentre un nuovo studio dell'Università di Augusta fa chiarezza sul tema come ci spiega Giulio Galoppo. I vostri interventi sull'uso degli smartphone a scuola sulla nostra pagina facebook. Sui rischi dell'uso dei cellulari in giovanissima età abbiamo chiesto il parere dello psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Lavenia.

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10.09.2024. Il contributo dei migranti all'economia tedesca

Dalla storica accoglienza per il milionesimo Gastarbeiter esattamente sessant'anni fa al dibattito di questi giorni che punta sulla chiusura dei confini, l'atteggiamento nei confronti degli stranieri in Germania è cambiato: eppure ieri come oggi sono fondamentali per l'economia tedesca, sottolinea Axel Plünnecke dell'Istituto per l'economia IW. Con Giulio Galoppo parliamo del loro contributo ieri e oggi, mentre Valeriia Molderf ci parla del difficile riconoscimento dei medici ucraini.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/gastarbeiter-lavoratore-ospite-migranti-germania-100.html

 

09.09.2024. La Volkswagen in crisi non esclude licenziamenti

Volkswagen rompe il tabù della garanzia del posto di lavoro per i dipendenti e annuncia licenziamenti e la chiusura di interi stabilimenti, ce ne parla Giulio Galoppo. La perdita di competitività di VW è in realtà la spia della crisi dell'intero settore economico europeo, un tema messo nero su bianco oggi da Mario Draghi a Bruxelles, come sottolinea il giornalista economico Federico Fubini.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/volkswagen-licenziamenti-germania-100.html

 

06.09.2024. La Germania ha un problema di radicalizzazione islamista?

Dopo la strage di Solingen e i mancati attentati di Monaco e di Linz, la società tedesca si confronta con il problema della radicalizzazione e dell'estremismo islamico. Il dibattito politico assume toni a tratti molto demagogici - anche da parte di esponenti di partiti democratici - e le soluzioni proposte per limitare l'immigrazione clandestina sono spesso impraticabili. Ne parliamo con Enzo Savignano e con Lorenzo Liebetanz che cura un progetto in rete di prevenzione della radicalizzazione.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/germania-problema-radicalizzazione-islamista-100.html

 

05.09.2024. Parliamo di Ausbildung, la formazione professionale tedesca

Molti giovani in Germania scelgono di fare un'Ausbildung, la formazione professionale tedesca. Ma quanto dura un percorso di formazione, come trovarlo e cos'altro bisogna sapere? Ce ne parla Enzo Savignano. Stefan Brüggemann, esperto del tema alla IHK Nord Westfalen, ha qualche consiglio e ci spiega quali sono i settori che cercano più urgentemente apprendisti. Ascoltiamo poi l'esperienza di un italiano che ha fatto un'Ausbildung dopo aver vissuto e lavorato alcuni anni in Germania. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/ausbildung-formazione-duale-consigli-ricerca-mondo-lavoro-germania-100.html

 

04.09.2024. Addetti alle pulizie in Germania: molti gli italiani

Il settore delle pulizie in Germania ha problemi di personale, nonostante un salario minimo orario più alto del salario minimo generale. Ma è un lavoro molto faticoso, da svolgere spesso di notte o all'alba e con scarso riconoscimento sociale, quasi "invisibile". Ne parliamo con Enzo Savignano, con Annachiara, che ci racconta la sua esperienza personale, e con Gianpaolo Mosca del sindacato di settore IG Bau, che chiede una paga migliore, anche per risolvere il problema della carenza di addetti.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/settore-pulizie-germania-100.html

 

03.09.2024. Germania, Paese di lavoratori in malattia. Nel 2023 il numero di giorni di malattia cumulati dai lavoratori tedeschi ha toccato un picco storico: ognuno è stato malato in media 15 giorni. Il dato è in costante aumento e c'è chi ha calcolato che il fenomeno abbia causato perdite per almeno 25 miliardi solo nel 2023. Ma a cosa è dovuto questo aumento dei giorni di malattia e cosa si può fare per limitarlo? Ne parliamo con il collega Enzo Savignano e con l'economista Nicolas Ziebarth. Con Marco Marazza spostiamo poi lo sguardo all'Italia.

https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/malattia-lavoro-germania-100.html

 

02.09.2024. L'estrema destra trionfa in Turingia ed è seconda in Sassonia

L'AfD di Björn Höcke è primo partito in Turingia mentre in Sassonia l'estrema destra è a un punto percentuale dalla CDU, che si aggiudica la maggioranza dei voti. Balzo in avanti del neonato partito di Sahra Wagenknecht. I risultati in entrambi i Länder e le reazioni politiche da Enzo Savignano. Una lettura del voto e del difficile quadro delle alleanze da Tommaso Pedicini, caporedattore di Cosmo italiano. https://www1.wdr.de/radio/cosmo/programm/sendungen/radio-colonia/il-tema/turingia-sassonia-voto-100.html

 

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Francoforte. Onorificenza italiana al direttore del museo archeologico

 

Quest’oggi a Francoforte, alla presenza del Console Generale Massimo Darchini, dell’assessore alla cultura della città di Francoforte Dr. Ina Hartwig, e del ‘ex Ministro alla Cultura del Land Assia. Dr. Karin Wolff, è stata consegnata al Dr. Wolfgang David, direttore del Museo archeologico di Francoforte, l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella d`Italia, un riconoscimento ed un attestato che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella conferisce a tutti coloro che hanno acquisito particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e collaborazione tra l'Italia e gli altri Paesi e nella promozione dei legami con l'Italia.

Il Dottor Wolfgang  David, archeologo e saggista con lunghe esperienze di studio e lavoro anche in Italia,  si è contraddistinto negli ultimi anni a Francoforte non soltanto per la sua profonda conoscenza del mondo preistorico, protostorico ed etrusco del nostro Paese, bensì anche per aver organizzato numerose mostre, seminari e simposi e dedicando una attenzione particolare ai rapporti italo-tedeschi ed anche europei, coinvolgendo con grande entusiasmo e professionalità musei e parchi archeologici italiani, dando modo agli amici tedeschi e al pubblico internazionale di Francoforte di conoscere le eccellenze archeologiche italiane, soprattutto in ambiti di ricerca meno noti al grande pubblico.

Appena arrivato a Francoforte nel 2018, aveva già promosso la mostra " Gli Dei degli etruschi tra cielo e terrà", poi  nonostante le difficoltà connesse con la pandemia, dal 3 novembre 2021 al 10 aprile 2022, sempre in collaborazione con il Consolato Generale d’Italia, il Dottor David ha realizzato al Museo Archeologico di Francoforte sul Meno un’importante mostra sulle ultime scoperte archeologiche nel sito di Vulci, dal titolo “Leoni, sfingi e mani d’argento: lo splendore immortale delle famiglie etrusche di Vulci”. Tale mostra, che ha avuto uno straordinario successo di pubblico, ha portato a Francoforte i più bei reperti emersi dagli scavi degli ultimi anni condotti nella città laziale di Vulci e del Parco del Colosseo.

Dal 3 novembre 2022 al 10 aprile 2023, sempre in collaborazione e col patrocinio del Consolato Generale d’Italia, il Dottor David ha realizzato un’importante mostra sul culto di Mitra nelle province dell’Impero Romano, dal titolo “Mitra: viaggio in un culto romano”. Questa mostra ha esposto rilevanti reperti archeologici provenienti anche da mitrei scavati in Italia ed anche nelle numerose province di altri paesi europei dell’allora Impero Romano. Anche questa mostra ha avuto uno straordinario successo di pubblico con più di diecimila visitatori.

Non da ultimo questo prossimo 14 ottobre, durante la settimana della Fiera del Libro di Francoforte, con l’Italia Paese Ospite d’Onore, si inaugurerà un’altra interessante, ben organizzata e curata mostra voluta dal Dr. David, con reperti provenienti da tantissimi musei italiani, dal titolo “Aenigma 2.0 - Chi può decifrare l’enigmatico codice dell’Età del Bronzo?”.

Le tavolette enigmatiche sono piccoli oggetti ovoidali appiattiti, raramente lunghi fino a 9 cm, realizzati in argilla cotta, che recano tipici motivi di varie impronte e linee e sono definiti “oggetti in argilla a motivi” oppure oggetti enigmatici perché il codice, i segni sopra rappresentati non sono stati ancora decifrati dagli studiosi. In Italia, dove sono più comuni negli insediamenti palafitticoli della regione del Lago di Garda, sono proprio denominati tavolette o oggetti enigmatici.

Oggetti utilizzati non per scopi di culto, che provengono da insediamenti, principalmente della tarda eta del bronzo antico (ca. 1700–1500 a.C.), sono contraddistinti da un’importante caratteristica comune negli insediamenti in cui sono stati rinvenuti. Infatti queste “tavolette enigmatiche” e il loro rinvenimento su vie di trasporto di importanza regionale, sovraregionale - in un esteso contesto europeo continentale - rimandano ad ipotesi di lavoro quali quelle dell’uso come sistema di pagamento o bolla di consegna o di scambio di merci a lunga distanza.

Tuttavia, la questione del loro vero significato rimane ancora irrisolta, ecco perché il pubblico verrà invitato a decifrare il codice segreto che rimane veramente fino ad adesso enigmatico.

Contribuiscono ad arricchire le vetrine con i loro prestiti di oggetti e ritrovamenti, nonché i pannelli esplicativi e il percorso multimediale pensato dal Dr. David, ben 12 musei italiani.

Per la sua instancabile attività di promotore della ricerca e degli studi in ambito archeologico dell’Italia in Germania e per il contributo eccezionale e di altissimo livello alle ricerche e alla promozione delle più importanti scoperte nei settori della protostoria, etruscologia e dello studio delle province dell’Impero Romano, il Console Generale Darchini ha consegnato al Dr. David,  con una cerimonia tenutasi proprio al museo archeologico di Francoforte, questa importante  onorificenza italiana, ringraziando il direttore e la città di Francoforte, a nome di tutta la comunità italiana,  per la dedizione e l’impegno costante nello sviluppo e implementazione concreta degli scambi culturali italo-tedeschi e nell’organizzazione accurata e continua di mostre di così alto livello con i partner istituzionali italiani,  molto apprezzate dal pubblico sia tedesco che italiano. Michele Santoriello, de.it.press 18

 

 

 

L’Italia alla Transportation di Hannover

 

Hannover – Apre oggi i battenti la IAA Transportation, manifestazione biennale di portata internazionale che si caratterizza per essere una delle principali esposizioni destinate al settore dei veicoli commerciali, trasporti, logistica e bus: è l’evento nell’ambito del quale sono presentate le nuove tendenze della mobilità e del trasporto merci, nel segno della sostenibilità e dell’impegno alla riduzione delle emissioni a zero.

E’ in questo il contesto altamente competitivo e realmente internazionale che 14 aziende italiane espongono le proprie produzioni nell’ambito del padiglione ufficiale italiano organizzato dall’ICE Agenzia, in collaborazione con ANFIA – Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica. Variegata la provenienza geografica delle aziende provenienti in massima parte da Regioni del Nord Italia, ma con presenze anche da Campania e Umbria. L’offerta produttiva spazia dalla robotica ai servizi di ingegneria per sistemi di mobilità a gas fino agli ammortizzatori e ai serbatoi.

In base ai dati forniti da ANFIA, nel primo mese del 2024, l’import di autoveicoli nuovi in valore verso l’Italia risulta in crescita del 19,1% rispetto a gennaio del 2023. Sia il comparto dei veicoli industriali che il comparto delle autovetture mostrano incrementi nelle importazioni (rispettivamente +55,7% e +14,5%). Anche l’export in valore risulta in aumento rispetto a quello del primo mese del 2023, +5,2%, grazie al valore dei veicoli industriali, il quale, nel mese di gennaio incrementa del 93,0%; le autovetture esportate, al contrario, sono in calo del -15,4%. Il saldo è negativo per circa 1,6 miliardi di Euro per le autovetture e positivo di circa 80 milioni per i veicoli industriali.

 

Mentre l’import di autoveicoli ha origine quasi totalmente da paesi europei (l’89,0% del valore totale importato), l’export con destinazione Europa rappresenta, nel gennaio del 2024, il 66,5% del totale. Tra i paesi di destinazione extra europei, gli Stati Uniti rimangono il primo mercato (17,3%), seguiti da Giappone (2,9%) e Cina (1,3%).

 

Per quanto riguarda il comparto della componentistica, nel periodo analizzato, cala l’import, del 7,9%, mentre incrementa l’export, +3,0%, con un saldo positivo di circa 0,6 miliardi di euro (era di 0,4 milioni nello stesso periodo del 2023). L’Europa rappresenta l'81,4% del valore dell’import e l'81,7% del valore dell’export. Al di fuori del continente europeo, la prima macroarea di origine è l’Asia, da cui l’Italia importa il 10,4% di parti e componenti (in valore), mentre la prima macroarea di destinazione dell’export è il Nord America: 8,3% del totale. Lo Stato da cui importiamo e a cui esportiamo più componentistica automotive è la Germania che, in entrambi i casi, rappresenta più del 20% del trade italiano. Seguono, nell'ordine la Polonia e la Francia per quanto riguarda le importazioni, e anche per i paesi di destinazione Francia e Polonia, in questo ordine, completano la Top 3.

Per maggiori informazioni: ICE Berlino, industrie.berlin@ice.it.

Ufficio Beni Strumentali, sede di Roma, motoristica@ice.it.  Ice/dip 17

 

 

 

 

Brevi di politica e di cronaca tedesca

 

Le elezioni regionali in Brandeburgo             

Il Brandeburgo è l’unica “roccaforte rossa” rimasta in Germania: ha vinto l’SPD, che dalla Riunificazione del 1990 governa ininterrottamente, anche se con alleati diversi. Per i Cristiano-democratici, i Liberali e i Verdi, il cuore dell’ex Prussia è sempre rimasto loro precluso. Dopo gli spaventosi risultati dell’estrema destra dell’AfD in Turingia e Sassonia, domenica 22 settembre i riflettori dei media internazionali sono stati puntati su un Land di soli 2,5 milioni di abitanti: al centro dell’attenzione il popolare governatore dell’SPD, Dietmar Woidke con l'obiettivo dichiarato di fermare gli estremisti di destra e tenerli lontani dal governo. Ciò sembra gli sia riuscito. Anche perché per la campagna elettorale il governatore ha rinunciato a qualsiasi sostegno da parte del suo impopolare compagno di partito Olaf Scholz, conducendo la sua campagna in modo indipendente dal partito di governo.

Nel Brandeburgo, come mostrano le analisi, molti elettori dell’area centro-democratica hanno solidarizzato con il capo del governo in carica. L’SPD ne ha beneficiato ottenendo circa il 31% delle preferenze. Con quasi il 12%, la CDU ha registrato un risultato che ha suscitato amarezza. Se si sommano i voti per l’AfD, insieme ai populisti di sinistra e al partito BSW filo-putiniano, circa il 44% degli elettori del Brandeburgo ha votato per i partiti anti-sistema.

 

Brandeburgo: la SPD vincitore senza partner di coalizione 

Al momento, a Potsdam, prevale l'incertezza sulla formazione di un governo in grado di avere la maggioranza, proprio come è successo tre settimane fa in Turingia e Sassonia. Perché l’SPD ha vinto le elezioni regionali nel Brandeburgo con il 30,9%, l’AfD è arrivata al secondo posto con il 29,2%. BSW, fondato solo pochi mesi fa, è entrato in parlamento con il 13,5%, la CDU con il 12,1%. I Verdi, la Sinistra e l’FDP non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 5% per entrare nel Landtag. I Liberali, con solo lo 0,8% delle preferenze, non erano presenti nemmeno nel precedente Landtag.

Con 44 seggi su 88 in parlamento regionale, a una coalizione costituita da SPD e CDU mancherebbe un seggio per avere la maggioranza di governo. Nessuno degli altri tre partiti vuole coalizzarsi con l’AfD. Stando così le cose, l’SPD potrà governare solo con il BSW o con il BSW e la CDU. Nota bene: in futuro, esattamente la metà dei seggi nel nuovo Landtag (AfD e BSW, il partito populista di sinistra) saranno occupati da partiti filo-russi che sostengono la fine del sostegno all’Ucraina.

 

L’impatto delle elezioni in Brandeburgo a Berlino

- Per il Cancelliere in difficoltà, la vittoria elettorale dell’SPD nel Brandeburgo non rappresenta un segno di ripresa. Al contrario: l’SPD regionale e il governatore Woidke hanno condotto una campagna elettorale contro Berlino. Il Cancelliere Scholz non è stato quindi persona gradita, e non c’è stato nessun incontro congiunto con Woidke. Nel frattempo, il Segretario generale dell’SPD Kevin Kühnert ha chiesto ai vertici dell’FDP, dopo le loro consultazioni sul risultato delle elezioni regionali nel Brandeburgo, di rilasciare dichiarazioni chiare sul futuro della coalizione semaforo. Ora è compito del vertice dell’FDP fare chiarezza in merito. L’FDP ha ottenuto solo lo 0,8% dei voti alle elezioni regionali di domenica scorsa nel Brandeburgo. Di conseguenza, ci sono state richieste e riflessioni da parte dei Liberali in merito a una possibile uscita dalla coalizione semaforo di governo, da qui l’appello di Kühnert: “Parto dal presupposto che la collaborazione continuerà nella coalizione semaforo”. L’SPD è comunque determinata a proseguire con la coalizione fino alla fine della legislatura.

 

- I vertici dei Verdi hanno rassegnato le dimissioni dopo la debacle elettorale. I due leader del partito Ricarda Lang e Omid Nouripour e con loro l’intero direttivo hanno rassegnato le dimissioni ieri. “Siamo giunti alla conclusione che è necessario un nuovo inizio”, queste le parole del leader Nouripour a motivazione della decisione. “Il risultato delle elezioni in Brandeburgo è una testimonianza della più profonda crisi del nostro partito da un decennio a questa parte”. L’elezione di un nuovo direttivo sarà quindi il punto di partenza per la riorganizzazione strategica dei Verdi. La leader Lang ha aggiunto: “Non è il momento di attaccarsi alla poltrona: è il momento di assumersi le proprie responsabilità”. Sulla coalizione di governo il leader Omid Nouripour ha anche aggiunto che “il mio cuore non è in questa coalizione”, interpretando le intenzioni di molti dei suoi membri. La riorganizzazione del partito comunque permetterà ai Verdi, in caso di elezioni anticipate, di farsi trovare “preparati e fortemente motivati.” Nel Brandeburgo, i Verdi hanno raggiunto solo il 4,1% delle preferenze, mancando così l’ingresso nel parlamento del Land. In Turingia il partito era arrivato al 3,2%, in Sassonia al 5,1%.

 

- Il leader dell’FDP e ministro delle Finanze Christian Lindner ha parlato di un imminente “autunno delle decisioni”, aggiungendo a Berlino che “ora si tratta di compiere progressi decisivi in tre aree tematiche”. Nella politica migratoria quindi non dovrà esserci alcun ostruzionismo ideologico, “il successo economico della Germania deve essere ripristinato e deve essere approvato un bilancio federale in grado di veicolare una maggiore crescita, alleggerendo la pressione fiscale sui cittadini e rispettando il freno all’indebitamento”. Il ministro si aspetta che “vengano prese decisioni concrete entro il 21 dicembre.” Il leader dei Liberali non vuole certo minimizzare i pessimi risultati dell’FDP nelle elezioni regionali in Turingia, Sassonia e ora nel Brandeburgo, ma ha anche fatto riferimento all’altrettanto pessimo risultato dei Verdi: “La gente è stufa della coalizione semaforo”. Per l’FDP e i suoi elettori, la coalizione è diventata tossica. Gli osservatori dubitano di quanto a lungo la strategia “con un piede nel governo, con l’altro nell’opposizione” possa proseguire. 

 

- L’AfD ha accusato gli altri partiti di aver inscenato una campagna di odio nei suoi confronti, compattandosi per “tenere l’AfD lontano dal potere”, ha dichiarato il leader del partito Tino Chrupalla, ma “questo muro invalicabile contro l’AfD non resterà in piedi ancora per molto”.

 

CDU-CSU verso le elezioni del Bundestag              

CDU-CSU hanno archiviato rapidamente il capitolo riguardante il Brandeburgo. Invece, come previsto, gli organi direttivi della CDU hanno approvato all’unanimità la candidatura alla Cancelleria del leader del partito Friedrich Merz. Lo ha annunciato il Segretario generale della CDU Carsten Linnemann: “È l’uomo giusto al momento giusto”. In precedenza, il direttivo della CSU si era già schierato a favore della candidatura del Presidente della CDU. Il leader Merz ha accettato il compito e ora la CDU punta “a convincere i cittadini con argomenti concreti.”

Nel frattempo, il leader della CSU Markus Söder ha categoricamente respinto un’alleanza di governo con i Verdi in caso di vittoria elettorale della CDU-CSU. Il governatore bavarese ha accusato i Verdi di discriminare la Baviera dalla capitale Berlino. Anche con il BSW di Sahra Wagenknecht (BSW) – Bündnis Sahra Wagenknecht – il governatore Söder non immagina alcuna collaborazione a livello nazionale. Fuori discussione quindi qualsiasi idea in merito. Il nodo centrale riguarda infatti l’affidabilità della Germania in politica estera, per questo il governatore Söder ha accusato il BSW di vicinanza eccessiva alla Russia: “È impossibile pensare che il governo di Putin sieda al tavolo del governo federale a Berlino”. 

 

ONU: la Germania porta il piano per il futuro all’Assemblea generale

È un successo diplomatico per la Germania. Nonostante il blocco russo, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato un patto di principi per il rinnovamento dell’ordine internazionale, negoziato sotto la guida della Germania. Il Cancelliere Olaf Scholz ha dichiarato a New York: “Il patto per il futuro dovrebbe servirci da bussola. Come una bussola, il cui ago punta verso collaborazione e partnership maggiori, anziché verso più conflitti e divisioni.” Il patto per il futuro mette nero su bianco che “tutti i discorsi riguardanti divisioni, polarizzazione e incertezza non rappresenteranno la fine delle nostre Nazioni Unite”.

“Siamo tutti consapevoli di quanto i nostri destini siano strettamente legati dalle sfide globali che dobbiamo affrontare”, ha affermato il Cancelliere a New York. Nel documento, i firmatari si impegnano, tra le altre cose, all’obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari e a favore del disarmo. È inoltre prevista una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Questa è una questione che sta particolarmente a cuore alla Germania; Berlino spera infatti in un seggio permanente nell’assemblea e Scholz, nel suo discorso in plenaria alle Nazioni Unite, ha dichiarato: “Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nella sua forma attuale è obsoleto”.

 

Germania: viaggiare in treno diventa più costoso

Dal 2025, il prezzo del Deutschlandticket passerà da 49 a 58 euro al mese. Lo hanno concordato i ministri dei trasporti dei Länder. “L’accordo dimostra che i Länder tengono fede al modello di successo del Deutschlandticket e vogliono continuare a perfezionarlo”, si legge in una dichiarazione. “Con questo prezzo riusciamo a mantenere il biglietto ancora attrattivo a livello economico e a porre il finanziamento su basi più solide”. 

Il Deutschlandticket è considerato un successo con più di 13 milioni di utenti. È stato introdotto nel maggio 2023 e consente di viaggiare liberamente su tutti i treni regionali e sui trasporti pubblici di tutta la Germania. Tuttavia, le ferrovie tedesche lamentano una complessiva mancanza di denaro data dai mancati ricavi dei consueti abbonamenti mensili e dei singoli biglietti. I Länder, le ferrovie tedesche e le compagnie di trasporto regionali, che in gran parte appartengono a loro, non hanno nascosto il timore di subire sul lungo termine forti perdite con questa tipologia di biglietto.

 

Luoghi in Germania: Sankt Ottilien                         

Se volete fuggire dal trambusto dell’Oktoberfest di Monaco, consigliamo un’escursione nella abbazia di Sankt Ottilien, un’oasi di spiritualità benedettina a circa 50 km a ovest della metropoli bavarese. Qui 80 monaci vivono e lavorano nel vasto complesso con la sua basilica neogotica. Benedettini provenienti da tutto il mondo vengono inoltre preparati nella scuola di alta formazione per missioni in Paesi lontani, dove il ramo dell’Ordine di Sankt Ottilien vanta oltre 50 filiali, ospedali, scuole e monasteri.

Nel monastero ci si può dedicare agli esercizi spirituali, alla preghiera e vivere un'esperienza di vita monastica. L’ex abate erede, padre Jeremias Schröder (58), sta invece facendo le valigie. È stato appena eletto dalla Conferenza degli Abati, tenuta a Roma, nuovo abate primate della Confederazione mondiale Benedettina e in futuro risiederà nella sede dell’Ordine sul colle Aventino.

 

Elezioni del Bundestag 2025: CDU e CSU puntano tutto su Friedrich Merz

La CDU e la CSU, a pochi giorni dalle elezioni regionali nel Brandeburgo, hanno nominato Friedrich Merz, 67 anni, candidato alla Cancelleria alle elezioni del Bundestag in settembre 2025, contro il Cancelliere in carica Olaf Scholz (SPD). Il Presidente della CSU e governatore della Baviera Markus Söder, aveva dichiarato la sua rinuncia, a sostegno di Merz. Per Merz, CDU-CSU sono attrezzate in termini di contenuti, risorse umane e organizzazione in vista della prossima campagna elettorale. La politica migratoria rimane un tema importante, “ma dovrebbe essere risolta prima”. Con la nomina di Merz, i due partiti di tradizione cristiana hanno evitato una lotta di potere interna, come quella che tre anni fa divise CDU e CSU e portò alla sconfitta il candidato Armin Laschet, pronto a succedere all’ex Cancelliera Angela Merkel. L’ultima parola spetta ora agli organi di partito, anche se è considerato una formalità. 

CDU e CSU non hanno un sistema di primarie interne: di norma i due Presidenti decidono tra loro gli Spitzenkandidat, (i candidati di punta). Questo processo a porte chiuse è stato oggetto di critiche, suscitando tensioni tra i partiti alleati. Questa volta, tuttavia, si è sottolineato che la proposta è già stata concordata con le associazioni regionali. Adesso i due partiti sono “per la prima volta di nuovo insieme”, queste le parole di elogio del leader della CSU Söder. Soprattutto, “siamo di nuovo d’accordo sulla politica migratoria”, avendo con ciò “rimarginato una ferita aperta nel 2015”. La CSU bavarese non aveva mai nascosto le perplessità sulla “politica di benvenuto” per i migranti dell’era Merkel. Inoltre, per Söder, i due leader politici sono uniti da “fiducia e stima reciproche”, cosa che nel 2021 venne a meno. Il leader della CSU si è quindi detto fiducioso: “Insieme ce la faremo”.

Pochi giorni prima, anche il popolare governatore della Renania Settentrionale-Vestfalia, Hendrik Wüst, aveva annunciato di non voler correre come candidato alla Cancelleria e di sostenere invece la candidatura del leader della CDU Friedrich Merz, considerando suo dovere “promuovere e salvaguardare l’unità”. Il governatore del Land tedesco più popoloso e capo della più grande divisione regionale della CDU è stato a lungo considerato un potenziale candidato alla Cancelleria dei partiti alleati CDU e CSU e rappresenta una speranza per il futuro dei Cristiano-democratici: un nome da tenere a mente.

 

Merz candidato alla Cancelleria: la reazione degli altri partiti 

La decisione di CDU-CSU ha suscitato reazioni contrastanti tra gli altri partiti. Il Presidente dell’SPD Klingbeil ha dichiarato che il suo partito era già convinto da mesi che il candidato sarebbe stato Merz. L’SPD si dice “pronta e ben preparata per la prossima campagna elettorale contro il leader dell’opposizione”. Il Cancelliere Scholz ha reagito, affermando di ritenere Merz “un giusto concorrente”. 

Il Vicecancelliere Robert Habeck (Verdi) ha dichiarato di preferire Merz a Söder. “Credo che Söder non sarebbe stato un buon candidato e un buon Cancelliere per la Germania”, e aggiunge, “spero solo che la campagna elettorale riguardi i piani del futuro e non il passato”. Il leader dell’FDP e ministro delle Finanze, Lindner si è congratulato con Merz, dicendo di essere “curioso di sapere se CDU-CSU torneranno a una politica di riforme o se proseguiranno l’era Merkel”. L’FDP spera quindi in una possibile coalizione con CDU-CSU dopo le prossime elezioni.

 

Chi è Friedrich Merz                                                     

Friedrich Martin Josef Merz, nato nel 1955 a Brilon, una piccola città dell’Hochsauerland (Alto Sauerland, Land Renania settentrionale-Vestfalia), è cresciuto in una famiglia di giuristi. Ancora oggi è orgoglioso del suo stretto legame con la sua terra d’origine, una roccaforte cattolica dei Cristiano-democratici. Nel 1972 entrò a soli 17 anni nella CDU. Merz ha studiato Giurisprudenza e ha lavorato come avvocato. Nel 1989, a 27 anni, si è trasferito a Strasburgo per il mandato quinquennale di deputato europeo. Successivamente si è candidato a deputato, rimanendo fino al 2009 nel gruppo parlamentare del Bundestag, di cui era già stato Presidente dal 2000 al 2002. Già allora era considerato un talento ambizioso e fuori della norma. Dopo le elezioni federali del 2002, perse per poco, l’allora nuova leader del partito della CDU Angela Merkel, con il sostegno del suo collega della CSU Edmund Stoiber, gli strappò la presidenza del gruppo parlamentare CDU-CSU, divenendo così la nuova leader dell’opposizione. Una mossa che solo tre anni dopo le avrebbe spianato la strada alla Cancelleria. A causa di questo, ancora oggi il loro rapporto personale è considerato molto teso.

Nel 2009 Merz si è ritirato dal parlamento passando alla finanza. Dal 2009 al 2019 Merz è stato Presidente del Ponte Atlantico, un’associazione d’élite tedesco-americana, dal 2016 al 2020 è stato Presidente del Consiglio di vigilanza della filiale tedesca di BlackRock, il più grande gestore patrimoniale del mondo. Dopo la fine del mandato della Cancelleria Merkel, Merz ha fatto ritorno in politica. A seguito delle lotte interne di potere, nel 2022 è stato eletto Presidente della CDU e poco dopo Presidente del gruppo parlamentare CDU-CSU al Bundestag. Sin dall’elezione a Cancelliere di Olaf Scholz, Friedrich Merz è stato uno dei critici più severi del governo della coalizione semaforo. Friedrich Merz è sposato dal 1981 con la giudice Charlotte Merz e ha tre figli. Nel 2005 Friedrich e Charlotte Merz hanno istituito una fondazione che sostiene i giovani provenienti da famiglie socialmente svantaggiate nell’istruzione e nella formazione.

 

Il Cremlino manipola i tedeschi: ci sono le prove

Ora si hanno le prove che, come si sospettava, le campagne di disinformazione in Germania sembrano avere la regia del Cremlino. Lo dimostrano, secondo le ricerche dei media, i documenti interni dell’azienda moscovita Social Design Agency (SDA). In Germania, ad esempio, la disinformazione punta ad aumentare “la paura del futuro” e rafforzare i partiti di destra. In un documento russo citato si legge che l’AfD mira a ottenere un consenso del 20%: dato proveniente da un istituto demoscopico i cui risultati pubblicati in tutta Europa sono considerati affidabili. Una delle principali narrazioni delle campagne russe è l’affermazione che il sostegno tedesco all’Ucraina è la causa della “più profonda crisi economica e sociale della storia recente”. L’obiettivo è quindi innescare l’impressione che la Germania “sia economicamente sull’orlo del baratro.”

Il capo dell‘ “Ufficio per la protezione della Costituzione” (i servizi segreti interni tedeschi), Thomas Haldenwang, ha messo in guardia dai pericoli della diffusione di queste fake news, sostenendo che la Russia “agisce in modo pragmatico e flessibile dal punto di vista tematico per sfruttare al meglio il potenziale di divisione e gli argomenti di dibattito all’interno della società tedesca”. L’autorità preposta “sta lavorando intensamente per identificare gli artefici di questo lavoro distruttivo e impedire la destabilizzazione della nostra democrazia”. Secondo i risultati delle ricerche, già circa dieci anni fa l’amministrazione presidenziale russa ha identificato la Germania come obiettivo prioritario nell’Europa centrale. Di conseguenza, a partire dall’annessione della Crimea nel 2014, Mosca sta cercando con tutte le forze, complice la disinformazione mirata, di allontanare la Germania dall’Alleanza occidentale e di renderla sua sostenitrice. L’SDA è presumibilmente una delle più grandi macchine di propaganda del Cremlino e dal 2023 è stata sanzionata dall’Unione Europea a causa della diffusione di disinformazione.

 

La Germania cerca nuovi partner in Asia centrale

Sullo sfondo dell’invasione russa dell’Ucraina, la Germania ha concordato per la prima volta un partenariato strategico con le cinque ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, con l’obiettivo di “consolidare e valorizzare” la cooperazione in essere da 30 anni; come si legge in una dichiarazione congiunta recentemente pubblicata a Berlino a seguito del primo vertice del Cancelliere Olaf Scholz (SPD) con i capi di Stato di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Il partenariato strategico si pone come priorità l’economia e l’energia, il clima e l’ambiente, la cooperazione regionale e lo scambio diretto tra i cittadini, temi che verranno affrontati nel contesto di consultazioni periodiche. Il prossimo vertice è stato concordato dal Cancelliere Scholz con i capi di Stato per il prossimo anno in Asia centrale. A margine del vertice è stato anche firmato un memorandum d’intesa per un accordo migratorio con il Kirghizistan, volto alla facilitazione di reclutamento di personale qualificato e al rimpatrio di persone senza diritto di soggiorno dalla Germania al Kirghizistan. Con l’Uzbekistan esiste già un memorandum d’intesa.

Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina i Paesi dell’Asia centrale hanno acquistato un rinnovato interesse da parte della Germania per i loro giacimenti di materie prime. Il Kazakistan, il Paese economicamente più forte della regione, fornisce già petrolio alla raffineria di Schwedt, nel Brandeburgo, compensando così il taglio delle forniture russe. Ma questo Paese dispone anche di uranio, minerale di ferro, zinco, rame, oro ed è considerato un potenziale partner per la produzione di idrogeno derivato da energie rinnovabili.

 

Luoghi da visitare in Germania: Potsdam             

Il capoluogo della regione del Brandeburgo, il cuore dell’ex Prussia, che circonda la capitale Berlino, si presenta come un tesoro della storia tedesca degli ultimi 400 anni. La città di residenza della dinastia degli Hohenzollern, la casa reale di Prussia, che nel 1871 divenne sede dell’Impero tedesco, è ricca di slanci e contrasti significativi. Qui hanno avuto dimora i re soldati, che con i loro eserciti portarono sotto il loro controllo gran parte della Germania nord-orientale spingendosi fin nei Paesi Baltici, rendendo così il loro regno una temuta potenza territoriale in Europa, ma anche re come Federico il Grande, protagonista dell’epoca dell’Illuminismo, sovrano dedito all’arte e alla musica, compositore egli stesso e re filosofo, famoso per le corrispondenze epistolari con i principali filosofi del suo tempo.

I palazzi sontuosi, le chiese e le ville della città verde con i suoi vasti parchi, sottoposti a pesanti bombardamenti sotto la guerra, testimoniano il passaggio di queste varie epoche. Il castello barocco di Sanssouci, il palazzo imperiale della città, il caratteristico “Quartiere olandese” o la cattedrale di San Nicola con la sua cupola sono mete irrinunciabili durante la visita. Kas 19

 

 

 

 

Buchmesse. Informazioni del Consolato di Francoforte

 

Italia è l'ospite d'onore della Fiera del Libro 2024, e il mondo dell'editoria italiana e numerosi autori italiani si presenteranno a Francoforte - in fiera e in vari luoghi della città.

Italien ist Ehrengast der Buchmesse 2024, und die italienische Verlagslandschaft und zahlreiche italienische Autor:innen werden sich in Frankfurt präsentieren –sowohl auf der Messe als auch an verschiedenen Orten in der Stadt.  

Qui di seguito trovate il link all'intera manifestazione, che funziona come un calendario. Ogni giorno sono elencate le numerose iniziative

Nachstehend finden Sie den Link zur gesamten Veranstaltung, die wie ein Kalender funktioniert. Für jeden Tag sind die zahlreichen Initiativen bzw. Lesungen oder Konzerte aufgelistet:

 

Link in italiano: https://italiafrancoforte2024.com/it/eventi

Link auf Deutsch: https://italiafrancoforte2024.com/de/eventi

Vi saranno interessanti letture e incontri con scrittrici e scrittori italiani, anche della nuova generazione, eventi di discussione in “Piazza Italia” su vari temi e un proficuo scambio italo-tedesco.

Wir erwarten interessante Buchpräsentationen und Begegnungen mit den italienischen Autor:innen, Diskussionsveranstaltungen auf der „Piazza Italia“ zu verschiedenen Themen und einen fruchtbaren deutsch-italienischen Austausch.

Vi saranno interessanti letture e incontri con scrittrici e scrittori italiani, anche della nuova generazione, eventi di discussione in “Piazza Italia” su vari temi e un proficuo scambio italo-tedesco.

Der Eintritt zu allen unseren Veranstaltungen Außerhalb der Messegeländes ist frei, während  für die Events an der Buchmesse muss man eine Eintrittskarte kaufen

 

Siamo lieti di invitarvi anche questi ulteriori eventi gratuiti/ Wir freuen uns, Sie zu diesen kostenlosen weiteren Veranstaltungen einladen zu dürfen:  

11.10.2024, h 18:30 - INAUGURAZIONE -

Mostra al Frankfurter Kunstverein/Francoforte – Kunstausstellung im Frankfurter Kunstverein

Steinernes Haus am Römerberg – Markt 44 – Frankfurt a.M.

” La presenza dell’assenza – Das Anwesende des Abwesenden”

 

Maggiori informazioni a questo link https://www.fkv.de/ausstellung/das-anwesende-des-abwesenden-materie-und-spuren-abdruecke-des-lebens-in-der-zeit/  Con il Patrocinio del Consolato Generale d’Italia a Francoforte

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Mostra fotografica/ Fotoausstellung im Kabinett der Kunststiftung DZ BANK

04.September  24 –  28. Oktober 2024 “Pietro Donzelli – Aria di Napoli”

 Entrata libera/Eintritt Frei

(Platz der Republik – Entrata/Eingang: Cityhaus II  – Lunedì/Montag – fino a/bis –  Venerdì/Freitag – dalle/ zwischen 11:00 – 19:00 h)

Link: Kunststiftung DZ BANK – Ausstellungen https://consfrancoforte.esteri.it/it/news/dal_consolato/2024/09/mostra-fotografica-aria-di-napoli-presso-la-sala-espositiva-kabinett-della-fondazione-dz-bank/ 

Con il Patrocinio del Consolato Generale d’Italia a Francoforte

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Giovedì/Donnerstag  17.10 2024, h 18:15  – Foyer Frankfurter Kunstverein (Markt 44, FFM) - Entrata libera/Eintritt Frei

“Il suono delle parole nella poesia italiana ed europea”  – “Der Klang der Worte in der italienischen und europäischen Poesie“

Intervista, lettura scenica e intermezzi musicali – Interview, szenische Lesung und musikalische Begleitung  (in italiano e tedesco – auf Deutsch und Italienisch)

Ospite/Gast: Andrea Molesini (editore e autore/Verleger und Autor)

Moderazione: Dr. Marita Liebermann (Direttrice/Direktorin Akademie Erbacher Hof – Mainz)

Musica eseguita da/musikalische Begleitung: Marta Cametti

Ulteriori informazioni in italiano e tedesco sull’evento qui https://consfrancoforte.esteri.it/wp-content/uploads/2024/09/DEFDEF_-Intro_MolesiniEditore-IT_DEU.pdf

La casa editrice Molesini Editore Venezia sarà ospite dal 17.10 al  19.10.2024 con un suo stand negli spazi del Frankfurter Kunstverein di Francoforte

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Domenica/Sonntag 20.10.2024 h 11:00  - Physikalischer Verein Frankfurt -

(Robert-Mayer- Str. 2/FFM) - Entrata libera/ Eintritt frei/ Free admission

Modern Science dialogues: a talk with Guido TONELLI (Book Fair – Guest of Honour 2024 Italy) and Luciano REZZOLLA (Univ. J.W. Goethe/Frankfurt)

“Time, matter, black holes: discoveries and new questions”

Introduction and moderation: Paolo FERRI  – (Event in English)

Ulteriori informazioni in italiano qui e link all’evento https://www.physikalischer-verein.de/veranstaltung/time-matter-black-holes-discoveries-and-new-questions-a-talk-with-guido-tonelli-and-luciano-rezzolla.html

In collaborazione con/Mit: Physikalischer Verein FFM, Univ. J.W. Goethe/FFM, Club culturale italiano ESOC-EUMETSAT- BECK Verlag, FELTRINELLI Editore, RIZZOLI Libri, Editori LATERZA, RAFFAELLO CORTINA editore

Rimanete sempre sintonizzati con @Italyinffm/Bleiben Sie immer auf dem Laufenden mit @Italyinffm. Consolato Generale d’Italia a Francoforte sul Meno

 

 

 

Volkswagen accelera sui tagli: “Possibili 15mila licenziamenti e chiusura di 2-3 impianti”

 

Milano – Volkswagen potrebbe alzare il tiro dei tagli, mirando a oltre 15mila posti di lavoro e alla chiusura di impianti. E’ la notizia che rimbalza dal resoconto degli analisti di Jefferies sulla casa automobilistica tedesca, già al centro delle polemiche in casa per aver messo sul tavolo la prospettiva di una inedita serrata di fabbriche in Germania.

Ora, sarebbe emerso da un roadshow con la comunità finanziaria del Nord America, secondo quanto riporta la Bloomberg, Volkswagen starebbe valutando di forzare la mano: la casa automobilistica – rileva l’agenzia finanziaria – potrebbe chiudere gli impianti senza bisogno di passare dall'approvazione del consiglio di sorveglianza. Il prezzo da pagare sarebbero possibili accantonamenti per 4 miliardi di euro (4,4 miliardi di dollari) nel quarto trimestre.

In assenza di una replica ufficiale dalla società, c’è il riferimento a quanto scrivono gli analisti. La Reuters aggiunge altri brandelli del ragionamento degli analisti e in particolare che – se la “logica di ridimensionare il marchio VW non è nuova, lo sono il senso di urgenza e la determinazione del management nell'affrontare la capacità in eccesso” e la struttura dei costi. Quel che hanno portato a casa dal roadshow è che “non c’è un piano B ai tagli”.

Con il clima tra parti già rovente, gli analisti aggiungono che "i sindacati dovrebbero sentirsi sotto pressione per raggiungere nuovi accordi mentre VW sarà in grado di forzare i licenziamenti". Certo, "c'è il rischio di un'interruzione degli impianti, ma i sindacati possono scioperare solo sul tema dei salari, non sulla chiusura degli impianti o sui licenziamenti se questi ultimi non sono protetti contrattualmente". Secondo Jefferies, sul tavolo c’è la chiusura di due o tre impianti, con un massimo di cinque siti tedeschi. LR 18

 

 

 

 

Amburgo. L’8 ottobre incontro sul romanzo “Cassandra a Mogadiscio” di Igiaba Scego

 

Amburgo – Martedì 8 ottobre alle ore 19:00 si terrà il secondo appuntamento autunnale del Caffè letterario, gli incontri letterari italo-tedeschi dell’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo. Nell’incontro si parlerà del romanzo di Igiaba Scego, scrittrice italiana di origini somale, “Cassandra a Mogadiscio, edito nel 2023 da Bompiani e tradotto in tedesco da Verena von Koskull per la Casa editrice S. Fischer di Berlino, che lo ha pubblicato quest’anno con il titolo “Kassandra in Mogadischu”. L’evento è organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo. La partecipazione all’incontro letterario è gratuita, ma è richiesta l’iscrizione tramite il portale Eventbrite. Il libro di Igiaba Scego si presenta come una lunga lettera che l’autrice indirizza all’amatissima nipote Soraya, figlia di suo fratello, per raccontarle la Storia della Somalia, un Paese che la guerra ha lasciato senza archivi e senza memoria. In Cassandra a Mogadiscio il resoconto dei fatti storici si intreccia all’odissea della famiglia Scego, dispersa tra i continenti, ma unita dal Jirro, da quel dolore che può provare solo chi è stato costretto a lasciare la propria terra.

Igiaba Scego è nata in Italia da genitori costretti dalla dittatura di Siad Barre a lasciare la Somalia, dove il padre, arabo, ricopriva un ruolo politico di rilievo, per iniziare una nuova vita di umiliazioni come immigrati nella Roma degli anni Settanta.

Cassandra a Mogadiscio, incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023, è la storia di una sedicenne, che vive a Roma e il 31 dicembre 1990 si prepara per la sua prima festa di Capodanno insieme ai compagni di classe, ignara del fatto che il destino della sua famiglia e di tutta la Somalia sta per essere stravolto dallo scoppio di una guerra civile. Ancora non sa che dovrà attendere quasi due anni prima di poter riabbracciare la madre, hooyo, rimasta intrappolata a Mogadiscio a causa dei combattimenti. Nell’angoscia dell’attesa, Igiaba deve affrontare il Jirro, il dolore postraumatico che caratterizza l’intero popolo somalo e che in lei assume la forma di un disturbo alimentare con cui cerca di addomesticare l’insensatezza del conflitto e la lontananza della sua hooyo. Ma anche dopo il ritorno in Italia della madre, il Jirro continuerà a tormentare Igiaba con un glaucoma che rischia di privarla della vista. Solo l’alfabeto, quello usato per comporre la lunga lettera indirizzata alla nipote, un esorcismo che evoca insieme «bellezza condivisa» e «memoria salvata», riuscirà a placare il suo dolore. In Cassandra a Mogadiscio il somalo, con le sue parole traslitterate nell’alfabeto latino, si mescola all’italiano, che per la Somalia ha rappresentato la lingua tirannica imposta dai colonizzatori, ma che diventa per Igiaba Scego la lingua dell’intimità, l’«ancora di salvezza nel naufragio della vita». La scrittura di Scego assume la forma di un flusso di pensieri in prima persona in cui i ricordi personali si intrecciano alla storia della sua famiglia e alla memoria collettiva del popolo somalo. L’opera è inoltre ricca di numerosi riferimenti a libri, canzoni e film che rispecchiano il retroterra culturale dell’autrice, tra cultura pop italiana, autori afrodiscendenti e citazioni di opere portoghesi, spagnole e inglesi. Il romanzo è stato proposto nel 2023 al Premio Strega da Jhumpa Lahiri  con la seguente motivazione: «La lingua italiana è sempre un personaggio cruciale nella narrativa di Igiaba Scego. Come Primo Levi, Italo Svevo, a altri scrittori di confine che hanno indagato e arricchito l’italiano per via della loro condizione ibrida, Scego, di libro in libro, ha sempre scandagliato l’idioma della sua creatività con massima attenzione. Scrivendo dalla prospettiva di chi conosce l’italiano da dentro e da fuori, ne ha forgiato un linguaggio folgorante, urgente, tutto suo. In Cassandra a Mogadiscio, il cui titolo già segnala un ponte fra mondi, tempi e tradizioni, la politica e il personale si intrecciano, così come si sovrappongono le diverse lingue e realtà dei personaggi. Colpiscono i temi complessi e sempre più attuali dell’appartenenza, della famiglia diasporica, della ricerca delle origini e dello sradicamento. Ma questo romanzo, con intensità e autorevolezza, mette al centro la preminenza della parola: quella che squarcia, che resiste, che restituisce. Questo libro ben equilibrato, anche dirompente, sicuramente il libro più importante che esista, nella letteratura italiana, sulla storia postcoloniale italo-somala, va letto per uscire dal silenzio, dall’oblio e dalla rimozione che distorce la verità di quell’epoca, e per far i conti con il razzismo non solo di una volta ma di oggi. Va letto per rendere contemporanea e sempre rilevante la lotta secolare di donne che hanno da dire ma sono condannate a non essere ascoltate. Sono le parole, dunque, di questa Cassandra testarda ma tenera, vincente e accogliente, vispa e ironica, che conquistano il lettore, e la sua potenza sta nel continuare a esprimersi senza rabbia, solo con convinzione e con lucidità. In questa Cassandra, crediamo. Gli incontri del “Caffè Letterario” sono dedicati agli appassionati di letteratura italiana e si tengono in italiano e tedesco – generalmente una volta al mese – e danno la possibilità a chi legge volentieri libri italiani di incontrarsi per discutere su un libro letto a casa e scelto durante il precedente incontro, scambiarsi opinioni, cercare nuove ispirazioni, decidendo insieme i prossimi libri da leggere e discutere. Se siete quindi amanti dei libri e alla ricerca di una nuova ispirazione oppure avete scoperto qualcosa che vi interesserebbe leggere e volete parlarne insieme, allora non fatevi sfuggire le occasioni degli incontri presso l’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo.

Il prossimo incontro si terrà martedì 12 novembre alle ore 19:00. (Inform/dip 20)

 

 

 

Amburgo. All’IIC “Storie in valigia – Geschichtenkoffer” l’8 ottobre

 

Amburgo – Martedì 8 ottobre presso l’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo si terrà il secondo appuntamento autunnale di “Filastrocche e Storie in valigia”, le letture animate in italiano per bambini, a cura di Silvia Ferioli e Francesca Parenti. Dalle ore 15:30 alle 16:30 sono invitati i bambini di età da 0 a 3 anni e dalle ore 16:30 alle 17:30 è invece la volta dei bambini di età tra i 3 e i 7 anni. Si prega di prenotare tramite questo link di Eventbrite: Storie_Oktober_Piccoli.eventbrite.de (per bambini di età 0-3 anni); Storie_Oktober_Grandi.eventbrite.de (per bambini di età 3-7 anni). Una volta al mese la valigia piena di storie di Silvia e Francesca aspetta i bambini dai 0 ai 7 anni all’Istituto di Cultura di Amburgo per un meraviglioso viaggio sulle ali della fantasia e fra le pagine di splendidi albi illustrati.

Con “Filastrocche in Valigia”, ci si rivolge ad un pubblico di bambini fino ai 3 anni di età per favorire l’apprendimento immersivo dell’italiano fin dalla primissima infanzia. Per questa fascia di età si utilizzano fantasiose filastrocche, divertenti canzoncine e i primi cartonati; uno spazio speciale è stato dedicato alla coccola della lettura con i genitori. Al termine della prima mezz’ora c’è una pausa per i bimbi con uno spuntino portato da casa, durante la quale i genitori hanno la possibilità di consultare una bibliografia di libri per l’infanzia e guide pratiche di supporto al bilinguismo e possono confrontarsi e scambiarsi informazioni con le relatrici, gli altri genitori e lo staff dell’Istituto. Dalle 16.30 iniziano invece le “Storie in Valigia” con il formato di lettura animata accompagnata da un laboratorio creativo. Insieme a Silvia e a Francesca i bambini hanno la possibilità di ammirare le prodezze di Hogard, draghetto tutto cuore e aiutare il pericolosissimo coccodrillo Hugo a trovare nuovi amici. Indagando poi per scoprire cosa possa mai farci un Rinofante sul tetto o ancora andare alla ricerca del meraviglioso Cicciapelliccia e viaggiare fra gli splendidi paesaggi di Bimba Landmann alla scoperta degli amici immaginari! Silvia e Francesca riescono davvero a far sognare tutti i bambini con le più belle storie di Gianni Rodari, Beatrice Alemagna e di tanti altri autori, sapientemente illustrate da Alessandro Sanna, Marianna Balducci e altri grandi illustratori per bambini e ragazzi del panorama italiano contemporaneo. Silvia e Francesca propongono letture animate a due voci, con Kamishibai e altre tecniche: storie in italiano avventurose, tenere, divertenti, esilaranti. Per il giovane pubblico è un’occasione per incontrare nuovi amici fra le pagine dei libri e sul simpatico tappetone, e per trovare storie che accomunano i piccoli e i più grandicelli. Storie per ridere a crepapelle, storie per sognare ad occhi aperti e storie per crescere forti e sicuri. Dopo la lettura, ispirati dalla storia ed equipaggiati con carta, colori, colla e i materiali più disparati, i bambini potranno creare paesaggi, personaggi e piccole opere d’arte che ricorderanno loro il pomeriggio passato insieme. Silvia Ferioli è architetta viaggiatrice con la passione della fotografia di viaggio e della lettura. Divisa tra Milano e Amburgo, dalla nascita del suo bimbo ha viaggiato insieme a lui e a tanti piccoli italo-amburghesi sulle pagine degli albi illustrati più disparati, alla ricerca di storie sempre nuove. Ha frequentato corsi di lettura ad alta voce dedicati a gruppi di lettura per l’infanzia e dal 2012 è attiva nella promozione alla lettura, inserendosi nel circuito amburghese di “Gedichte für Wichte” come conduttrice di un gruppo di lettura per bambini in lingua italiana. È una delle organizzatrici delle letture de “Il Circolino dei Folletti”. Francesca Parenti è traduttrice e insegnante d’italiano, appassionata di illustrazione e letteratura per l’infanzia. Grazie ai suoi figli ha scoperto la lettura ad alta voce e quel magico legame che si crea tra lettore e piccolo ascoltatore. Si è formata con corsi e workshop sui temi del libro per l’infanzia e della lettura ad alta voce, iniziando a dedicarsi ad attività legate alla promozione della lettura e del bilinguismo. È stata fondatrice e organizzatrice del gruppo “L’Arca dei Cuccioli”.

Il prossimo appuntamento si terrà il 12 novembre agli stessi orari. (Inform/dip 25)

 

 

 

Il francobollo dedicato all’Italia Ospite d’Onore alla Fiera del Libro di Francoforte 2024

 

Si è tenuta a Palazzo Piacentini la cerimonia di emissione e annullo filatelico del francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “Le eccellenze del sistema produttivo ed economico” dedicato all’Italia Ospite d’Onore alla 76esima Fiera del Libro di Francoforte 2024. All’evento di presentazione hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, il sottosegretario al Mimit, Fausta Bergamotto, il responsabile Marketing della Filatelia di Poste Italiane, Giacomo Pacchioni, il membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Flavia Scarpellini, il Commissario straordinario del Governo per l’Italia Ospite d’Onore alla Buchmesse di Francoforte, Mauro Mazza. Il francobollo, prodotto dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e distribuito da Poste Italiane, riproduce il logo realizzato in occasione della partecipazione dell’Italia alla Fiera del Libro di Francoforte 2024, composto dalle scritte “radici nel futuro”, “Italia Ospite d’Onore 2024” e “Fiera del Libro di Francoforte” e dai due elementi figurativi: un libro aperto in cui nasce un germoglio, sintesi compositiva rappresentativa delle radici della cultura italiana proiettata nel futuro. Il foglietto racchiude al centro un esemplare del francobollo, incastonato in un libro, sorretto dai due tra i più illustri e rappresentativi scrittori italiani, sulla sinistra Dante Alighieri e sulla destra Alessandro Manzoni. “Il piano filatelico, nel valorizzare le eccellenze italiane in una memoria collettiva, è un’attività culturale. In Italia più che in qualunque altro Paese del mondo la produzione, l’impresa, l’innovazione, la scienza e la tecnologia sono coniugate con la cultura del proprio paese e ne sonoespressione. E infatti il ministero la considera un’eccellenza”, ha affermato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. “La partecipazione dell’Italia alla Fiera del libro di Francoforte come ospite d’onore è un riconoscimento significativo per il nostro Paese. I numerosi eventi tematici consentiranno di raccontare la nostra nazione ricomprendendo le differenti declinazioni del panorama culturale italiano”, ha dichiarato il Sottosegretario Fausta Bergamotto. (Inform/dip)

 

 

 

Amburgo. Il 7 ottobre all’IIC il documentario “Mario Ceroli. Le forme della Meraviglia”

 

Amburgo.In occasione della XX edizione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, l’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Berlino e con Lilium Distribution, Film Art Digital, presenta per la prima volta in Germania il documentario Mario Ceroli. Le forme della Meraviglia (2024). Il film racconta la vita e la carriera di una delle personalità più innovative dell’arte contemporanea italiana. Grande sperimentatore di materiali, dal legno alla ceramica, dal vetro alla carta, dal bronzo al tessuto, dal marmo al ghiaccio, Ceroli si distingue per un approccio originale nei temi e nelle forme e per una straordinaria abilità tecnica, con cui realizza anche ambienti, installazioni e scenografie per il teatro, il cinema e la televisione. Il lavoro di Mario Ceroli coinvolge spazio, ambiente, architettura, teatro, progetto. L’artista, abruzzese di nascita, ma romano da sempre, ha conquistato una posizione di assoluta individualità inserendosi da protagonista in quella vivace stagione nata negli anni Sessanta e definita pop Italiano con cui i giovani artisti italiani rispondevano alla pop art americana. La proiezione del documentario della durata di 53 min. proiettato in lingua originale (italiano) con i sottotitoli in tedesco, avrà luogo lunedì 7 ottobre alle ore 19:00 presso la Sala Biblioteca dell’Istituto Italiano di Cultura di Amburgo. Sarà presente il produttore esecutivo del documentario, Alessandro Sansoni, che dialogherà con la Dr.ssa Francesca Bravi dell’Università CAU di Kiel, la quale curerà – oltre alla moderazione – anche la traduzione in consecutiva degli interventi sia del produttore sia del pubblico presente in sala. La partecipazione all’evento è gratuita, ma è richiesta la prenotazione tramite il portale Eventbrite.   La Giornata del Contemporaneo è un’iniziativa che dal 2005 porta l’arte contemporanea al grande pubblico. Promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, la Giornata del Contemporaneo è realizzata con il sostegno della Direzione Generale per la Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura (MiC) e con la collaborazione della Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). L’autore del film “Mario Ceroli – Le forme della meraviglia” Guido Talarico è editore, fotografo, regista, giornalista, nonché appassionato d’arte, fondatore e direttore di Inside Art, la propria casa editrice, presidente di Fondazione Patrimonio Italia e fondatore e presidente del concorso Talent Prize, premio divenuto riferimento per i talenti emergenti del contemporaneo. Tra i documentari d’artista di cui è autore e regista, si ricordano La luce di Roma (2021), L’intuizione di Duchamp (2021), Rembrandt, il capolavoro ritrovato (2022), Emilio Isgrò, come cancellare l’inutile (2023) e Mario Ceroli: le Forme della Meraviglia (2024). Laureato in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, Guido Talarico ha seguito le missioni internazionali del Governo e della Presidenza della Repubblica (con il Presidente Francesco Cossiga è a New York e a Washington alla Casa Bianca, con il Presidente del Consiglio Ciriaco De Mita e il Ministro degli Esteri Giulio Andreotti è a Gerusalemme. Più di recente è con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Camerun e in Mozambico). Docente a contratto della Business School de “Il Sole 24 Ore”, nel 2014 affianca alla sua attività di editore, quella di Vicepresidente di AdnKronos Group e Ceo di AdnKronos Culturalia. Sempre nel 2015 da vita a IQDMedias. Negli anni ha curato l’edizione di decine di cataloghi e libri d’arte tra i quali due volumi fotografici monografici di Tommaso Le Pera dedicati uno a Shakesperare l’altro a Pirandello. Nel 2017 fonda Africanmedias, nel 2018 Associated Medias. Nel 2016 ha edito, pubblicato da Rubbettino Editore, il saggio “Manuale semplice di arte contemporanea”, nel 2022 pubblica invece “Talent Prize – Cento nomi da ricordare”. E‘ stato autore e conduttore di IQOS ARTIME una serie di incontri itineranti multimediali dedicati ai maestri del contemporaneo. E’ stato membro del direttivo Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali). (Inform/dip 19)

 

 

 

Monaco di Baviera. Oktoberfest: fino al 6 ottobre

 

Birra, musica, costumi tradizionali che sfilano per 7 chilometri e menu di specialità locali: la kermesse di Monaco, fino al 6 ottobre, si prepara a battere il record di affluenza. Lo scorso anno i visitatori sono stati 7,2 milioni - di  Jeanne Perego

Con il tradizionale "O'zapft is!"(bavarese per “è spillata!) del sindaco di Monaco, ha preso avvio sabato 21 settembre l’Oktoberfest 2024, edizione che gli organizzatori sperano possa battere tutti i record di affluenza e consumo di birra. Lo scorso anno la grande kermesse che si tiene sul Wiesn è stata visitata da 7,2 milioni di persone che hanno consumato 6,5 milioni di litri di birra. L’Oktoberfest 2024, che resterà aperta fino al 6 ottobre, sarà come sempre una festa che combina il piacere di bere la speciale birra, mangiare bene scegliendo tra i numerosi piatti della tradizione bavarese (ma non solo) serviti nei tendoni e nelle stube, ma anche di presenziare a numerosi eventi. Se, infatti, nelle tende l’intrattenimento è affidato a gruppi musicali di vario tipo, con grande abbondanza di gruppi folk che celebrano l’Oktoberfest soprattutto con le “sue” canzoni, all’esterno si può godere prima dell’apertura della sfilata delle carrozze decorate in tema bavarese con cui gli “osti”( i proprietari delle tende della birra) trasportano simbolicamente le botti della bevanda bionda sul luogo dell’evento.

Per molti abitanti di Monaco il momento clou dell’Oktoberfest è, però, il Trachten- und Schützenzug, la parata dei costumi tradizionali e dei tiratori, che dal 1950 si tiene la prima domenica dell'Oktoberfest. Il grande corteo che vede in scena migliaia di partecipanti, prende avvio alle 10 del mattino: su un percorso di quasi sette chilometri che va dalla Maximilianstrasse su cui si affacciano le vetrine del lusso al Theresienwiese dove si tiene l’Oktoberfest, sfilano i partecipanti che indossano con orgoglio i tradizionali costumi bavaresi, dirndl per le donne e lederhosen (pantaloni in pelle) spesso riccamente ricamati per gli uomini, salutando la folla ai bordi della strada. Non manca la musica, tanta, tantissima musica eseguita da bande di ottoni, e non mancano neppure le esibizioni di artisti acrobati. La parata è aperta dal simbolo di Monaco, il l Münchner Kindl, seguono le carrozze su cui viaggiano il sindaco e altre importanti figure politiche della città e del Land, come il governatore Markus Söder con la moglie.

I partecipanti in costume – ce ne sono anche in armatura da cavaliere - arrivano da tutta la Baviera ma anche dall’estero, rappresentano gruppi organizzati di appassionati di costumi tradizionali, associazioni di cacciatori e di tiratori a segno, bande musicali e musicisti solisti. Anche domani saranno circa 9000 persone. Nel secondo weekend d’apertura della sfavillante festa della birra, quindi domenica prossima, in quello che è chiamato “il weekend degli italiani” per l’enorme affluenza di visitatori che arrivano dal nostro Paese, si tiene il grande concerto che alle 11 vede riuniti i musicisti di tutte le tende per un’esibizione unica davanti alla monumentale statua della Bavaria al confine del Theresienwiese.

Le bande suonano le marce e le canzoni bavaresi più famose e popolari, dirette sempre da un direttore speciale che sale sul podio per agitare la bacchetta, ovviamente in costume bavarese, perché l’Oktoberfest è la sublimazione dell’orgoglio di questo Land, è la celebrazione del senso di appartenenza e della sua unicità. In genere il ruolo del direttore della singolare orchestra è ricoperto dal sindaco di Monaco, ma in passato si sono avvicendate altre celebrità. Lo spettacolare evento si conclude sempre con un lancio di palloncini colorati mentre il pubblico canta a squarciagola l'inno bavarese.

Anche la funzione religiosa ecumenica del primo mercoledì dell’Oktoberfest è tradizione: alle ore 9 del 25 settembre nel tendone Marstall si riuniranno per pregare, sotto la guida di un sacerdote cattolico e un pastore protestante, gli operatori dell’Oktoberfest, i proprietari delle tende, i musicisti e il pubblico che vorrà partecipare. Spesso in questa occasione si tengono battesimi e cresime. La celebrazione non interromperà lo scorrere la birra a fiumi nei tendoni, la più forte è quella servita nella tenda Hofbräu: una birra con gradazione alcolica del 6,3%. Intorno, senza soluzione di continuità, impazza la grande festa che vede arrivare sui tavoli polli arrosto, stinchi di maiale, ma anche piatti vegetariani e vegani ben studiati, che rappresentano uno dei trend di sostenibilità che caratterizzano l’Oktoberfest 2024. LS 21

 

 

 

In corso in Germania il Festival itinerante del cinema italiano

 

C’è anche quest’anno, per la 27esima volta, la rassegna CINEMA! ITALIA!, il Festival itinerante del cinema italiano, che da settembre a dicembre porta nelle sale tedesche alcuni esempi scelti di recenti pellicole italiane. Organizzata come sempre dalla società Made in Italy, col sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con il patrocinio dell’Ambasciata italiana di Berlino, la kermesse prevede un programma di sei film, tutti in versione originale con sottotitoli in tedesco.

La prima proiezione è programmata, come da copione, ad Amburgo, al cinema Metropolis, il giorno 14 settembre 2024. Alle ore 19.00 sarà proiettato Primadonna di Marta Savina, con la regista presente in sala per la discussione con gli spettatori, mentre la conclusione è prevista tre mesi dopo a Berlino, al cinema Babylon, con la cerimonia di premiazione della pellicola vincitrice. Nel mezzo le sale di ben 36 città tedesche, da Colonia a Heidelberg, da Monaco a Francoforte, ospiteranno la proiezione dei film considerati il meglio della produzione cinematografica nostrana.

L’importanza di questa rassegna è data dal fatto che offre al pubblico tedesco l’opportunità unica di godere di una serie di nuovi film italiani che altrimenti non sarebbero mai stati proiettati sul grande schermo in Germania. Inoltre, CINEMA! ITALIA! contribuisce a far sì che alcuni di questi film ricevano maggiore attenzione e vengano regolarmente proiettati nei cinema tedeschi. La formula è la medesima che è stata ampiamente collaudata nelle passate edizioni: il pubblico è chiamato alla fine di ogni proiezione a compilare una cartolina dando un voto al film visto. La pellicola più apprezzata dagli spettatori avrà l’onore di essere distribuita nei circuiti cinematografici tedeschi.

I film i quest’anno mescolano registi affermati e giovani esordienti, tematiche e generi differenti così da fornire un’immagine attuale dell’Italia in tutta la sua molteplicità e vitalità. I film di CINEMA! ITALIA! raccontano le ansie individuali e collettive, ma allo stesso tempo mettono in scena la scelta dei protagonisti di reagire e impegnarsi, superando ostacoli e incontrando solidarietà inaspettate. Le pellicole di quest’anno sono centrate in particolare sulla prospettiva femminile, visto che ben quattro film su sei sono opere di registe donne. Si spazia dalla commedia al thriller poliziesco, dal dramma psicologico a quello storico.

Nella pellicola Come pecore in mezzo ai lupi la regista Lyda Patitucci racconta di Stefania (interpretata da Isabella Aragonese), poliziotta dal carattere aspro e apparentemente impenetrabile, segnato da un passato familiare doloroso. Incaricata di infiltrarsi in una banda internazionale di rapinatori, scopre che uno di loro è suo fratello Bruno, con il quale ha rotto i rapporti da tempo. Bruno è appena uscito di prigione, non ha un soldo e vuole partecipare al nuovo colpo per ricominciare una nuova vita insieme con sua figlia Marta. Dopo anni lontani, Stefania e Bruno si ritrovano improvvisamente uno di fronte all’altra, in ruoli opposti e obbligati a mantenere il segreto che li lega: vecchie ferite riemergono e i due saranno costretti a compiere delle scelte che li metteranno a dura prova.

Bianca (Barbara Ronchi) è la protagonista di Dieci minuti di Maria Sole Tognazzi, per la sceneggiatura di Francesca Archibugi, sulla base del romanzo di Chiara Gamberale Per dieci minuti. Quando il marito improvvisamente la abbandona, dopo quasi vent’anni di matrimonio, Bianca cade dalle nuvole: non si era mai accorta di nulla, né dell’infelicità del suo compagno di vita, né della sua relazione con un’altra donna. Bianca precipita in uno stato depressivo da cui cerca di tirarla fuori una psicologa (Margherita Buy) dai modi burberi, che le propone un esercizio: fare per dieci minuti ogni giorno una esperienza nuova, osando quello che non aveva mai pensato di esser capace di fare. Bianca, dopo esser stata licenziata dal giornale per cui lavorava, decide di mettersi alla prova con esiti sorprendenti.

In Primadonna di Marta Savina la protagonista si chiama Lia (Claudia Gusmano), ragazza di 21 anni nella Sicilia degli anni Sessanta. Lavora in campagna col padre, è bella, caparbia e riservata, ma sa il fatto suo. Il suo sguardo fiero e sfuggente attira le attenzioni del giovane Lorenzo Musicò, figlio del boss del paese. Quando Lia lo rifiuta, l’ira di Lorenzo non tarda a scatenarsi e il ragazzo si prende con la forza quello che reputa di sua proprietà. Ma Lia fa ciò che nessuno si aspetterebbe mai: rifiuta il matrimonio con Lorenzo, come imporrebbe la tradizione, e sfidando la legge che sta dalla parte dell’uomo aggressore, denuncia Lorenzo.

Giovanni Veronesi in Romeo è Giulietta racconta di Vittoria (Pilar Fogliati), attrice colpevole di avere spacciato per proprio un testo teatrale e per questo accusata di plagio. Federico Landi Porrini, un regista geniale ma intrattabile interpretato da Segio Castellitto, ha disperatamente bisogno di un successo per tornare in auge e spera di ottenerlo mettendo in scena un Romeo e Giulietta originale. Invano Vittoria si presenta per la parte di Giulietta, ma viene respinta malamente dal regista e allora decide di rendergli pan per focaccia, travestendosi da uomo e proponendosi per il ruolo di Romeo. Inaspettatamente il regista viene conquistato da quel Romeo sui generis e Vittoria tace l’inganno.

All’esordio come regista, la nota attrice Margherita Buy presenta il film Volare in cui si tratta della paura di volare che attanaglia Anna Bettini (interpretata dalla stessa Margherita Buy), un’attrice di talento che potrebbe aspirare al successo internazionale. Anche l’occasione della sua vita, un ruolo in un film coreano, si sgretola miseramente di fronte al terrore di salire su un aereo. Così Anna si ritrova a interpretare per la quinta stagione una popolare e un po’ insulsa serie tv. Intanto l’amata figlia decide di studiare in una prestigiosa università della California, e questo evento segna il punto di svolta. Quando la figlia chiede ad Anna di accompagnarla in America e la madre acconsente, non resta altro da fare che iscriversi a un corso per superare la paura di volare.

Il programma di CINEMA! ITALIA! è completato da un omaggio al grande regista Federico Fellini e all’attrice Giulietta Masina. Il film Giulietta degli spiriti, del 1965, è stato il primo lungometraggio a colori del regista riminese. Vi racconta di Giulietta, una signora dell’alta borghesia romana che trascorre le vacanze estive in una lussuosa villa sul mare, dove, con il marito Giorgio e alcuni amici, organizza una festa per celebrare il quindicesimo anniversario di matrimonio. Il loro legame però vacilla: Giorgio coltiva un nuovo amore e Giulietta sente il mondo entrare in crisi. Sua madre si preoccupa soltanto del proprio aspetto, mentre le sorelle sono vacue e superficiali: Giulietta non ha nessuno con cui confidarsi. Intanto un investigatore le fornisce le prove inconfutabili del tradimento del marito. Alla ricerca di uno sfogo, Giulietta cede dapprima alle lusinghe di una vicina, Susy, che la introduce in un mondo di piacere, vizioso e falso, ma poi, con terrore, se ne ritrae e, finalmente, trova la forza di lasciar uscire il marito dalla sua vita.

I film dell’edizione 2024:

Primadonna – Das Mädchen von morgen (2023) di Marta Savina

Come pecore in mezzo ai lupi / Schaf unter Wölfen (2023) di Lyda Patitucci

Dieci minuti / Zehn Minuten (2024) di Maria Sole Tognazzi

Romeo è Giulietta / Romeo ist Julia (2024) di Giovanni Veronesi

Volare / Fliegen (2024) di Margherita Buy

Giulietta degli spiriti / Julia und die Geister (1965) di Federico Fellini.

* Calendario delle proiezioni

* • 26.09 – 02.10 Stoccarda

* • 26.09 – 02.10 Würzburg

* • 03.10 – 09.10 Wiesbaden

* • 03.10 – 09.10 Lich

* • 10.10 – 16.10 Brema

* • 05.10 – 16.10 Reutlingen

* • 10.10 – 16.10 Mannheim

* • 14.10 – 27.10 Augsburg

* • 17.10 – 30.10 Monaco

* • 31.10 – 06.11 Bonn

* • 31.10 – 06.11 Kiel

* • 07.11 – 13.11 Halle

* • 07.11 – 13.11 Darmstadt

* • 07.11 – 13.11 Karlsruhe

* • 14.11 – 20.11 Münster

* • 14.11 – 20.11 Lubecca

* • 14.11 – 20.11 Regensburg

* • 21.11 -27.11 Gottinga

* • 21.11 – 27.11 Bamberga

* • 21.11 – 27.11 Marburgo

* • 22.11 – 11.12 Francoforte

* • 28.11 – 04.12 Dresda

* • 28.11 – 04.12 Saarbrücken

* • 28.11 – 04.12 Norimberga

* • 28.11 – 08.12 Belefeld

* • 05.12 – 11.12 Friburgo

* • 05.12 – 11.12 Lipsia

* • 05.12 – 13.12 Kassel

* • 05.12 – 11.12 Heidelberg

* • 12.12 – 18.12 Hannover

* • 12.12 – 18.12 Berlino

(Gherardo Ugolini, CdI sett)

 

 

 

 

 

Israele promette altri attacchi contro Hezbollah in Libano

 

Nonostante i ripetuti appelli alla moderazione da parte della comunità internazionale, l’escalation militare tra l’esercito israeliano e i potenti Hezbollah libanesi, sostenuti dall’Iran, è proseguita senza sosta negli ultimi giorni, facendo temere una spirale incontrollabile.

L’esercito israeliano ha bombardato gli obiettivi di Hezbollah nel sud e nell’est del Libano e ha dichiarato che altri attacchi sono in arrivo, avvertendo i libanesi di stare alla larga nonostante gli appelli internazionali alla moderazione. I bombardamenti israeliani hanno ucciso più di 180 persone e sono stati di gran lunga i più letali in quasi un anno di scambi di fuoco ai margini della guerra a Gaza. Israele ha dichiarato che sono stati presi di mira più di 300 siti di Hezbollah in decine di attacchi. Gli attacchi hanno preso di mira il sud, in particolare la periferia della città costiera di Tiro, e il Libano orientale, rilasciando densi getti di fumo, secondo quanto riferito da corrispondenti e testimoni dell’AFP.

In risposta, Hezbollah ha dichiarato di aver preso di mira tre siti nel nord di Israele, tra cui strutture di produzione militare. “In risposta agli attacchi nemici israeliani che hanno preso di mira il sud e le aree della Bekaa”, i combattenti di Hezbollah hanno bombardato due postazioni militari nel nord di Israele e i “complessi industriali della difesa Rafael” a nord della città di Haifa, ha dichiarato il gruppo in un comunicato. Hezbollah ha promesso di continuare ad attaccare Israele “fino alla fine dell’aggressione a Gaza”.

Secondo un funzionario locale, centinaia di libanesi sono fuggiti dalle zone bombardate in preda al panico. Centinaia di auto che trasportavano famiglie sono rimaste bloccate negli ingorghi a Saida, la principale città del sud, secondo i fotografi dell’AFP. L’esercito ha aggiunto che stava ampliando la portata dei suoi bombardamenti e che nuovi attacchi “su larga scala” avrebbero preso di mira la valle della Bekaa, una roccaforte di Hezbollah nel Libano orientale. L’esercito ha invitato i suoi abitanti a stare lontani dai depositi di armi del movimento islamista, dopo aver rivolto lo stesso appello alla popolazione del sud.

Il portavoce militare israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, ha lanciato un appello alla popolazione libanese, invitandola a evitare potenziali obiettivi legati a Hezbollah, poiché gli attacchi “continueranno nel prossimo futuro”. Hagari ha dichiarato che le forze armate israeliane “si impegneranno in attacchi (più) estesi e precisi contro gli obiettivi terroristici che sono stati inseriti in tutto il Libano”. Ha esortato i civili “ad allontanarsi immediatamente dal pericolo per la propria sicurezza”.

Hezbollah, una potente forza politica e militare in Libano, afferma di agire a “sostegno” di Hamas. In vista dell’Assemblea generale annuale, il capo delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha messo in guardia dal rischio che il Libano diventi “un’altra Gaza” e ha affermato che è “chiaro che entrambe le parti non sono interessate a un cessate il fuoco”.

L’agenzia ufficiale libanese National News Agency ha riferito di “più di 80 attacchi aerei in mezz’ora”, che hanno colpito il Libano meridionale, nonché di “intensi raid” nella Valle della Bekaa, a est, dove è stato ucciso un pastore. Hezbollah ha dichiarato che uno dei suoi combattenti è stato ucciso, ma non ha fornito dettagli. Il primo ministro libanese, Najib Mikati, ha denunciato “un piano per distruggere” il suo Paese, dove gli ospedali sono stati messi in allerta nel sud e nell’est per far fronte all’afflusso di feriti, mentre le scuole sono state chiuse per due giorni in diverse regioni. Gli attacchi israeliani “su località e villaggi del sud” hanno causato “182 morti e 727 feriti”, tra cui “bambini, donne e soccorritori”, secondo il Ministero della Sanità libanese. Le esplosioni intorno a Baalbek, nella parte orientale, hanno provocato lampi di fuoco e hanno fatto salire il fumo in cielo.

Evacuare rapidamente in Libano

La casalinga Wafaa Ismail, 60 anni, del villaggio di Zawtar, nel sud del Libano, ha dichiarato: “Dormiamo e ci svegliamo sotto i bombardamenti… Ecco cosa è diventata la nostra vita”. I residenti e i media locali hanno detto che gli attacchi hanno colpito anche la periferia della città costiera di Tiro. La NNA ha detto che i libanesi hanno ricevuto messaggi telefonici da Israele che dicevano loro di “evacuare rapidamente”.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele ha inferto “una serie di colpi a Hezbollah che non avrebbe mai potuto immaginare”. Il vice capo di Hezbollah, Naim Qassem, ha dichiarato che il gruppo si trova in una “nuova fase, ovvero una resa dei conti aperta” con Israele, ed è pronto a “tutte le possibilità militari”. Entrambi hanno parlato dopo che gli attacchi missilistici sul nord di Israele hanno costretto gli israeliani a cercare riparo e hanno causato danni nella zona di Haifa, una delle principali città sulla costa settentrionale di Israele.

“Nessun Paese può tollerare attacchi ai propri cittadini”, ha dichiarato Netanyahu, mentre Israele rivolge la sua attenzione a Hezbollah. Dall’inizio degli scambi quasi quotidiani al confine, in ottobre, centinaia di persone sono state uccise in Libano, soprattutto combattenti, e decine in Israele e sulle alture del Golan annesse. Decine di migliaia di persone da entrambe le parti sono fuggite dalle loro case e i leader israeliani affermano che stanno cercando di garantire che i loro cittadini possano tornare in sicurezza.

Un funzionario militare israeliano, che non può essere ulteriormente identificato in base alle regole militari, ha delineato gli obiettivi dell’operazione militare, che al momento è solo una “campagna aerea”. Il primo obiettivo è “degradare le minacce” di Hezbollah. Il secondo è quello di respingerli dal confine e l’obiettivo finale è quello di distruggere le infrastrutture costruite vicino al confine dalla Forza Radwan d’élite di Hezbollah.

Appello al cessate il fuoco

Le potenze mondiali hanno implorato entrambe le parti di ritirarsi dall’orlo di una guerra totale. Il primo ministro libanese Najib Mikati ha esortato le Nazioni Unite e i “Paesi influenti” a scoraggiare quello che ha definito il “piano distruttivo di Israele che mira a distruggere villaggi e città libanesi”.

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il cui Paese è il principale fornitore di armi di Israele, ha dichiarato che la sua amministrazione “farà tutto il possibile per evitare che scoppi una guerra più ampia”. La Russia ha espresso “estrema preoccupazione” per la minaccia di un’escalation. L’Unione Europea e la Gran Bretagna hanno sottolineato la necessità di un cessate il fuoco e la Cina ha esortato i propri cittadini a lasciare Israele.

Nonostante le sofisticate difese aeree israeliane, i razzi di Hezbollah hanno raggiunto Kiryat Bialik, vicino ad Haifa, lasciando un edificio in fiamme, un altro pieno di schegge e veicoli inceneriti nel fine settimana.

Decimata la leadership d’élite

Secondo gli analisti, la settimana scorsa Hezbollah ha subito un duro colpo. Gli attacchi mortali hanno preso di mira le sue comunicazioni e decimato la leadership della sua unità d’élite, anche se la sua capacità di combattere non è stata distrutta.

Un attacco aereo israeliano nella roccaforte meridionale di Hezbollah a Beirut, venerdì 20 settembre, ha ucciso il comandante della Forza Radwan, Ibrahim Aqil. Il ministero della Sanità libanese ha dichiarato che l’attacco ha ucciso 45 persone, tra cui molti civili e altri comandanti di Hezbollah. L’attacco di Beirut è avvenuto dopo che le esplosioni coordinate di dispositivi di comunicazione hanno ucciso 39 persone e ne hanno ferite quasi 3.000, con Hezbollah che ha incolpato Israele. Hezbollah ha dichiarato di aver preso di mira con razzi le strutture di produzione militare israeliane e una base aerea nella zona di Haifa come “risposta iniziale”.

Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha dichiarato all’AFP che la tensione tra Israele ed Hezbollah “influisce negativamente” sugli sforzi per il cessate il fuoco a Gaza, in quanto c’è una “mancanza di volontà politica da parte israeliana“. L’Egitto ha cercato per mesi, insieme al Qatar e agli Stati Uniti, di mediare un cessate il fuoco.

L’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre ha provocato la morte di 1.205 persone, per lo più civili, secondo un conteggio dell’AFP basato su dati ufficiali israeliani che includono gli ostaggi uccisi in cattività. Dei 251 ostaggi sequestrati dai militanti, 97 sono ancora detenuti a Gaza, tra cui 33 che secondo l’esercito israeliano sono morti. L’offensiva militare di rappresaglia di Israele ha ucciso almeno 41.431 persone a Gaza, la maggior parte delle quali civili, secondo i dati forniti dal ministero della Sanità del territorio gestito da Hamas. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto l’attendibilità delle cifre. AffInt 23

 

 

 

 

Le minacce nucleari di Medvedev

 

Sembra che all’ex Presidente russo Medvedev non sia stato affidato altro incarico che quello di minacciare l’uso dell’arma nucleare nel contesto della guerra in Ucraina: è dall’inizio del conflitto che non cessa di abbaiare e impaurire il mondo evocando tale terribile opzione. Da ultimo, ha dichiarato che Kyiv potrebbe essere trasformata in “una macchia grigia fusa” se venissero meno le restrizioni sull’uso delle armi fornite dall’Occidente. È difficile pensare a una minaccia più esplicita. Anche se Medvedev non ha in mano le chiavi della politica strategica russa, egli riveste un incarico di relativo rilievo nella nomenklatura moscovita essendo il numero due di Putin in seno al Consiglio di Sicurezza della Federazione.

Visto il suo trascorso politico ed internazionale, egli non può non sapere che le sue esternazioni costituiscono una violazione delle norme internazionali. La norma più basilare infranta, come rilevato anche dalla Presidente Meloni nel suo recente intervento all’ONU, è la stessa Carta delle Nazioni Unite, che all’articolo 2 proibisce l’uso e la minaccia dell’uso della forza contro l’integrità territoriale di un altro stato membro dell’ONU. La Carta non parla espressamente di armi nucleari, che al momento della creazione dell’ONU non esistevano, ma non è indubbio che la proibizione citata si estenda anche alla minaccia nucleare. Ancora più esplicita, per quanto si riferisce alla Russia, è la violazione del cosiddetto Memorandum di Budapest del 1994 (registrato come documento ufficiale dell’ONU) con cui Mosca si fece addirittura garante, assieme a Usa e Regno Unito, dell’integrità territoriale e indipendenza politica dell’Ucraina in cambio della rinuncia di quest’ultima alle armi nucleari dell’ex Unione Sovietica dislocate sul proprio territorio.

Medvedev non può ignorare, inoltre, che il suo paese, insieme agli altri quattro stati cui viene concesso di possedere l’arma nucleare (Cina, Francia,Regno Unito, Usa), i cosiddetti N5, si impegnò nel 1995 a non impiegare l’arma nucleare contro quegli stati che avevano rinunciato all’arma atomica ai sensi del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP). Tra questi figura anche l’Ucraina che, al momento dell’indipendenza, accettò, su insistenza della Russia e degli stessi occidentali (i quali allora collaboravano amichevolmente con Mosca), di rinunciare alle armi nucleari che si trovano sul proprio territorio in cambio della garanzia che essa non sarebbe stata attaccata con armi nucleari.

Le minacce di Medvedev di “asfaltare” un’intera capitale rappresentano quindi una doppia violazione: quella della Carta dell’Onu e quella del diritto umanitario. La comunità internazionale non può tollerare che la Russia, oltre a impiegare la forza contro l’Ucraina, ricorra anche alla minaccia nucleare, anch’essa una forma di impiego nucleare. È appena stata inaugurata la 79ma sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU. L’Europa deve cogliere l’occasione per riaffermare con forza durante questa sessione l’inammissibilità dell’uso e della minaccia dell’uso dell’arma nucleare nella guerra in Ucraina e per promuovere una condanna collettiva delle minacce nucleari che sono state effettuate in tale contesto.

Carlo Trezza, AffInt 30

 

 

 

L’Italia che sarà

 

In Italia è complicato vivere. Lo ammettiamo. Questa, in definitiva, è la risultante di una situazione, non solo politica, che andrà avanti ancora per molto. Che cosa accadrà nel Bel Paese? Tutti ci siamo resi conto che la “politica” dei partiti è ben differente da quella “economica” che dovrebbe ridare linfa all’Italia. Prima dell’estate, rivedere la situazione, nel suo complesso, rappresenterà, quindi, una regola per tentare d’uscire da un ginepraio che ha spiazzato tutti. Sempre che la Pace ritorni nel mondo. L’Italia ha un sistema economico “libero” all’interno che, però, si presenta maggiormente esposto alla “speculazione” internazionale. Altra nota: si dovrebbe tutelare maggiormente la produttività con un criterio di più ampio mercato che, invece, resta “limitato”. Che certe regole, da noi, non siano rispettate si evince anche dal numero di simboli elettorali, che interferiscono nello scacchiere politico italiano. Anche se qualcuno sarà ricusato, resteranno sempre troppi. Almeno per un Paese dove vivere alla giornata, è sempre più difficile e far fronte ai propri impegni spesso impossibile.

 

 Oggi le imprese, piccole, medie e artigianali chiudono i battenti per mancanza di richiesta e per un mercato che non tiene più conto delle esigenze di chi vorrebbe andare avanti. I venti di guerra favoriscono questa realtà. Non è lontano il giorno nel quale saranno le “grandi” imprese a essere coinvolte. Vivere d’espedienti resta una regola. Risparmiare è quasi impossibile. Fare delle previsioni nella Penisola rimane un problema anche per gli economisti più considerati. Ne consegue che la ripresa sarà lenta e con un’Italia diversa per necessità.

 

 Per carità, non è nelle nostre corde fare della filosofia disfattista, solo non si dovrebbe dimenticare che l’Italia è parte di un’UE della quale ha accettato, nel bene e nel male, le regole. Il bilancio pubblico è sempre più “pesante” e le iniziative private, quelle che potrebbero offrire occupazione, sono intralciate da opercoli che fanno preferire non “rischiare”. Certo è che i “lacci” economici potrebbero essere districati politicamente solo se avremo le capacità d’impegnarci anche sotto il profilo socio/economico. Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

 

La mancanza di un vero ricambio della classe politica sottolinea “l’impasse” del nostro sistema e del governo

 

Ancora una volta, dopo l’ennesimo scandalo politico, che questa volta ha coinvolto un ministro del governo Meloni, chiaro segnale dell’impasse in cui è venuto a trovarsi di recente l’Esecutivo, televisione e giornali sono tornati a parlare delle élites immutabili, eterno problema del nostro Paese con due diverse analisi dell’attuale quadro politico.

La prima si sofferma sull’imborghesimento e sul conseguente distacco della sinistra dalla sua base tradizionale; la seconda analizza il sentimento di ostilità e malcelata rivolta di vasti strati dell’elettorato contro le élites, identificate con la globalizzazione, il multiculturalismo, l’immigrazione, il politicamente corretto. Entrambe le analisi evidenziano un sempre più diffuso sentimento di avversione verso una ristretta cerchia di persone in grado di condizionare la politica, che porta come riflesso condizionato al populismo.

I governi a forte impronta popolare e quanti hanno soldi e potere naturalmente confliggono, ma la storia che ha approfondito questo antagonismo ha anche chiarito come le moderne società non possono funzionare senza questi gruppi di potere, definiti élites, purché non siano del privilegio o della nascita, ma del merito.

Purtroppo non è il caso del nostro Paese. Infatti negli ultimi trent’anni, complici tre fattori come il ristagno economico, la cronica mancanza di sviluppo del Mezzogiorno, la crisi sistematica del nostro sistema scolastico e universitario, aggravato oggi come non mai dalla recente pandemia, nessun ricambio significativo c’è stato, anzi le cosiddette élites, hanno manifestato un carattere sempre più ereditario.

Ovunque il titolo preferenziale per accedere al pubblico impiego o ad altri settori non è una laurea o i meriti acquisiti nel campo lavorativo, ma l’appartenenza ad una precisa classe sociale, quindi è un titolo ereditario-familiare. E ciò accade nelle università, nella magistratura, nella diplomazia e via discorrendo.

Bisogna anche dire che non sempre il merito è assente, ma è sempre più presente la possibilità di affermarlo solo se le condizioni familiari di partenza lo consentono; sovente esse sono il solo titolo preferenziale.

In questa disamina va però ricordata l’antica avversione, tutta italiana, per la competizione e la trasparenza, unita all’altrettanto antica disposizione a privilegiare le relazioni sociali sulle competenze, a totale svantaggio degli strati piccolo-borghesi e meno favoriti dal benessere, e a vantaggio, invece, degli strati più alti della società consentendo ai più capaci e intelligenti di guidare per oltre trent’anni il nostro Paese.

Il risultato non ci conforta, perché sempre meno possiamo contare su quella risorsa rappresentata dalla brillante genialità italiana, così spesso presente nella nostra storia. Da quanto finora rilevato, deriva la natura sostanzialmente chiusa, iperomogenea, autoreferenziale di questi gruppi di potere, con tre caratteristiche che sono: a) l’età avanzata, b) la scarsa presenza di donne, c) la provenienza ideologica di centro-sinistra, requisito indispensabile quest’ultimo per essere ammessi ai vertici della politica.

In ultimo, conformismo, carrierismo, ostilità ad ogni cambiamento, riluttanza a prendere decisioni importanti o impopolari. In sintesi, ci troviamo di fronte ad un’oligarchia vera e propria. E questo spiega il vasto sentimento di avversione che oggi, come ieri, suscita in molti. Angela Casilli, dip 16

 

 

 

 

False amicizie? Consigli pratici per riconoscerle

 

Importanza dell’amicizia e caratteristiche

L’amicizia svolge un ruolo cruciale per il benessere psicologico dell’essere umano, in quanto fornisce un contesto sicuro per esprimere le proprie emozioni e i propri pensieri e soddisfa i bisogni fondamentali di connessione sociale, accettazione e appartenenza.

Ci sono moltissime tipologie di amicizia: di lunga data, di brevi periodi, profonde, superficiali, per convenienza… ed esistono moltissime altre sfumature che possono connotare il tipo di rapporto amichevole tra due persone.

Al di là delle distinzioni, ogni amicizia è unica, poiché è costruita in base a una relazione interpersonale tra due individui altrettanto unici.

Nelle amicizie salutari, fiducia reciproca, affetto, sincerità e complicità rappresentano i pilastri.

Un amico può diventare un vero e proprio compagno di vita. L’intimità emotiva che si instaura in una relazione con un amico offre una preziosa risorsa di supporto e comprensione, soprattutto per i momenti di crisi e di stress, riducendo il senso di solitudine e promuovendo l’autenticità e l’autostima.

Un amico può anche fungere da “specchio emotivo”, aiutandoci a riflettere su ciò che ci succede e convalidando le nostre esperienze.

Inoltre, un legame sicuro e affidabile con un amico può contribuire allo sviluppo di abilità sociali cruciali e di qualità personali come l’empatia e la capacità di risolvere i conflitti in modo costruttivo.

Cos’è una falsa amicizia?

Purtroppo, a volte ci si imbatte in delle persone che si mostrano amiche ma in realtà non lo sono, poiché nascondono degli interessi egoistici, opportunisti e manipolatori. In questi casi, si parla di falsa amicizia, cioè una relazione superficiale che manca di autenticità, interesse, e reciprocità genuina.

Le false amicizie spesso sono motivate da un interesse personale piuttosto che da un vero legame emotivo. Possono esserci addirittura dei tentativi di manipolazione, con l’uso di comportamenti finalizzati a sfruttare, controllare o influenzare l’altro, per ottenere un vantaggio personale.

Le false amicizie possono comportare comportamenti davvero tossici come l’abuso emotivo, la critica costante o il sabotaggio degli obiettivi personali, risultando potenzialmente molto dannose per il benessere emotivo o psicologico di una persona.

Insomma, non vi è sincerità né supporto genuino, cose che ci aspetteremmo in una vera amicizia.

Perché le persone sono false?

Nessuno nasce falso, cattivo o manipolatore.

Secondo gli esperti, lo sviluppo della personalità di una persona è influenzato dalla genetica e ancor di più dall’ambiente. Lo psicoanalista e inglese Donald Winnicott ha creato un’interessante teoria sul “Falso Sé”.

Il falso sé sarebbe una struttura di personalità alternativa che una persona svilupperebbe come risorsa per farsi accettare da chi gli sta intorno. Infatti, usando il falso sé, si modifica il proprio comportamento allontanandosi dalla propria autenticità solo per piacere agli altri.

Questo fenomeno si verifica soprattutto quando i genitori non accettano il loro figlio per chi è veramente, facendolo sentire costretto a adattarsi alle loro aspettative per mantenere il loro affetto.

Dietro un falso amico potrebbe esserci un meccanismo psicologico simile che ha influenzato la sua personalità.

Inoltre, in determinate famiglie o contesti sociali, viene considerato positivo essere astuti nel manipolare le regole e gli altri allo scopo di ottenere ciò che si desidera e spesso viene valorizzato il cinismo, utile per il successo e il prestigio individuale, a discapito dei legami affettivi genuini.

Una tale mancanza dei valori come la sincerità e la spontaneità potrebbe spingere una persona a comportarsi in maniera non autentica e ad assumere il ruolo di “falso amico”.

Tipologia di false amicizie

Possiamo distinguere diversi tipi di false amicizie. Ecco le principali:

• Amicizie opportunistiche: si basano sull’interesse personale di uno dei due individui. Un esempio è quando una persona si avvicina ad un’altra per ottenere un favore o per accrescere il suo status sociale, senza alcun interesse per il benessere dell’altro.

• Amicizie tossiche: in queste relazioni, il falso amico esercita un’influenza negativa sull’altro, o entrambi lo fanno reciprocamente, utilizzando comportamenti manipolativi, facendo critiche costanti, abusi emotivi o scenate di gelosia, che possono minare l’autostima e il benessere personale dei coinvolti.

• Amicizie competitive: sono caratterizzate da una costante competizione tra i due, aperta o camuffata, dall’assenza di supporto reciproco e dall’invidia, soprattutto negli aspetti riguardanti il raggiungimento di obiettivi e successi personali.

• Amicizie superficiali: si caratterizzano per la mancanza di profondità emotiva e condivisione sincera, per esempio quando non vengono dette delle informazioni rilevanti al contesto o quando non c’è disponibilità per offrire supporto emotivo.

• Amicizie temporanee: si formano su basi circostanziali o superficiali, come ad esempio essere compagni di scuola o colleghi di lavoro. Non si tratta di relazioni necessariamente dannose, ma sicuramente non di vere amicizie, dato che una volta che la situazione che ha dato origine all’amicizia cambia o finisce, il rapporto si dissolve, mostrando un’assenza di connessione tra le persone coinvolte.

Campanelli d’allarme che ci fanno capire di essere di fronte ad un’amicizia falsa

Esistono diversi campanelli d’allarme che possono segnalare dei comportamenti falsi, permettendoci di capire che la persona che ci troviamo di fronte non è totalmente sincera.

Se pensi di potere avere a che fare con un falso amico, ecco gli elementi da ricercare per confermarlo:

• Non si preoccupa di te e quando hai bisogno cerca delle scuse per non esserci. È una persona opportunista e concentrata solo su sé stessa e, sebbene possa essere presente quando lui/lei stesso/a ha bisogno, tende a sparire quando mostri delle debolezze o chiedi aiuto. Infatti, non si fa mai sentire, a meno che non necessiti qualcosa che tu puoi dargli.

• È egocentrico/a. Pensa che tutto il mondo ruoti attorno a lui/lei. Non riesce ad ascoltare né a creare una connessione empatica. Inoltre, ama farsi desiderare, ricercando costantemente attenzioni per soddisfare il proprio ego.

• Ti mette in imbarazzo. Usa l’ironia e gli scherzi in modo pesante, sia in modo sottile, per esempio facendo complimenti ambigui, sia umiliandoti apertamente, mettendoti in ridicolo o deridendoti davanti agli altri, senza mai chiedere scusa anche se vede che ti ha ferito.

• È invidioso e critica sempre. Cerca di nascondere la sua invidia, ma non ti aiuta a conquistare i tuoi traguardi e cerca persino di boicottare la tua felicità, sentendosi in costante competizione con te. Mette in dubbio ogni tuo comportamento, idea o scelta e ti critica per tutto, con un atteggiamento sempre giudicante e mai costruttivo, e non si mostra mai felice per te, cercando di sminuire la tua autostima.

• Non mantiene i segreti e ti mette gli altri contro. Rivela le tue confidenze agli altri e le divulga senza scrupoli, per spettegolare o creare litigi di proposito.

• Mostra aggressività. Può essere aggressivo/a in modo esplicito o assumere un atteggiamento passivo-aggressivo, facendoti sentire male in tutti i modi ma senza dire chiaramente cosa è che lo infastidisce.

• Ti risucchia tutte le energie e ti contagia con la sua energia. Prende per sé tutto lo spazio e il tempo, senza preoccuparsi della tua capacità di ascolto e delle tue necessità. Se è di mal umore, lo trasmette anche a te. Inoltre, esercita pressioni per ogni cosa (per esempio, convincendoti in tutti i modi a fare, dire o pensare qualcosa) al punto di lasciarti sfinito/a ogni volta che passate del tempo insieme.

• Fa il/la melodrammatico/a. È come una spirale negativa che risucchia tutto e tutti. Trasforma ogni cosa in un dramma, come se volesse sempre vivere in una bolla di negatività e portarvici dentro chiunque gli sia intorno.

• Sorride e fa il/la sarcastico/a. Con il suo sorriso forzato e disonesto stampato in faccia, cerca di compiacere gli altri usando l’espressione non verbale come una strategia adattativa. Usa il sarcasmo e il cinismo con ironia, ma mai verso sé stesso/a e sempre per sminuire gli altri.

• Non è coerente. Non ha dei valori reali a cui attenersi e manca di coerenza, passando velocemente da un contesto all’altro e da un’opinione all’altra, cercando di mostrarsi capace in tutto e sempre presente, ma senza mai dedicarsi pienamente ad alcuna causa o progetto.

• È superficiale, materialista e non impara dai suoi errori. Si preoccupa solo di collezionare oggetti, successi o conoscenze, per mostrare agli altri il suo valore. Bada solo all’apparenza e non gli interessa migliorarsi come persona. Spesso, prova rancore e si concentra sulla vendetta o sul senso di orgoglio superiorità, per dimostrare che gli altri sono inferiori e falliti mentre lui/lei è perfetto/a. Mancando di umiltà, non impara mai dai suoi errori, che sono sempre attribuiti alla “colpa di qualcuno”.

Tutti questi campanelli di allarme rivelano una persona con delle insicurezze profonde, che preferisce non avere a che fare con le proprie debolezze. Si tratta di comportamenti tipici di persone con tratti di personalità narcisistici o con disturbo di personalità narcisistico.

È sicuramente meglio stare alla larga da una persona con queste caratteristiche, visto che, con moltissime tecniche, come il ricatto emotivo o la critica costante, tratterà sempre di raggirarti per ottenere dei vantaggi personali.

Come scoprire se chi ci è vicino è davvero nostro amico e consigli

Riconoscere e allontanarsi da false amicizie può essere difficile ma è davvero importante per il proprio benessere emotivo. Infatti, saper identificare la tossicità di un’amicizia è la migliore arma di difesa contro i tentativi di manipolazione e i potenziali danni psicologici.

Un amico autentico è spontaneo, genuino e sincero. Una persona falsa cerca sempre di ottenere qualcosa, è bugiarda, egocentrica e non offre un supporto sincero. Alcuni possono essere bravi a fingere, adottando la maschera del buon amico e usando strategie manipolative subdole.

Se hai dei dubbi sul fatto che una persona che ti sta vicino sia davvero un amico, ricerca in lui/lei i campanelli d’allarme elencati nel paragrafo precedente. Ti ha dimostrato un sostegno sincero nei momenti di bisogno? Ha mai agito in maniera non rispettosa? Capita che ti faccia sentire male o giudicato per i tuoi comportamenti o scelte? Qualcosa ti dice che ha dei secondi fini personali? Ascolta il tuo istinto e abbi fiducia in te stesso/a.

Gestire una persona falsa non è facile. Se credi di avere a che fare con una persona di questo tipo, cerca di rimanere lucido e distaccato. Non fidarti e non cadere nella sua rete di bugie. Ascolta te stesso/a e metti al primo posto i tuoi bisogni. A poco a poco, cerca delle nuove attività da fare senza quella persona e lascia indietro quell’amicizia. Abbandonare le amicizie false è sempre la strategia migliore per la propria salute mentale.

Se ti senti intrappolato in una situazione con un falso amico da cui non riesci a uscire, o non riesci a capire se una persona che ti sta accanto ti sta manipolando o no, non esitare a cercare un supporto professionale con uno psicologo, che potrà aiutarti a fare chiarezza sulla situazione, a mettere in primo piano i tuoi bisogni più profondi e, se il caso, ad affrontare al meglio la fine di questa “amicizia”. Claudia Bassanelli, CdI sett.

 

 

 

 

Uno su tre

 

Inutile fare finta di nulla. Il sentore di una crisi politica c’è. Nonostante la Pandemia e una recessione economica assai grave.  Le poche, “esternazioni” non hanno contribuito a migliorare il processo involutivo che ci coinvolge. Le polemiche, ora, non servono e potrebbero ricadere su chi le utilizza. I problemi nazionali restano evidenti. Come a scrivere che la politica nazionale è priva d’iniziative valide.

 

 Ci sono, ancora, troppe incoerenze da eliminare e concessioni da ridimensionare. Vivere nel Bel Paese è difficile.

A questo punto, con molta obiettività, non siamo in grado di fare delle previsioni. Il “cambiamento”, comunque, dovrà esserci. Il ventiduesimo anno del nuovo millennio potrebbe essere quello della “rinascita” nazionale.

 

Anche il “meccanismo” politico subirà modifiche. Gli effetti avranno il loro ruolo anche su un’economia che ne ha estremo bisogno. Non c’è sfuggito che, accanto ad una crisi economica più che evidente, s’è fatta strada uno scombussolamento dei partiti che, per altro, era ipotizzabile. Entro fine anno, i nodi dovranno arrivare al pettine. Il nostro “sistema” si basa su tre presupposti: Chiarezza, Onestà e Programma. Almeno, se ne prediliga uno su tre.

Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

 

Referendum Cittadinanza: superato il mezzo milione di firme. Importante segnale sociale e politico.

 

Lo straordinario risultato delle 500mila firme raggiunte e superate oggi per la presentazione del Referendum sulla Cittadinanza non segnala ancora un cambiamento di fase nella considerazione dei diritti dei cittadini immigrati nel nostro paese: per questo bisognerà attendere il risultato del voto nel 2025, dopo che la Consulta si sarà espressa sulla sua ammissibilità.

Ma al momento indica che il paese è nettamente più avanti di chi lo rappresenta, non solo nella maggioranza di governo, ma anche tra le forze di opposizione.

La raccolta di firme è iniziata in sordina, senza alcuna significativa presa di posizione a favore, a parte ovviamente le numerose organizzazioni sociali e le poche e piccole forze politiche che lo hanno sostenuto fin dall’inizio.

La raccolta di firme è iniziata il 6 settembre. Dopo una settimana, l’11 settembre, le firme registrate erano solo poco più di 14mila.

Oscurata dai media e dalle tv, l’iniziativa sembrava praticamente fallita. Il confronto con l’acquisizione di firme medie giornaliere con gli altri due referendum (quello sul lavoro e quello sull’autonomia differenziata) dei mesi scorsi, non dava adito a speranze.

Poi, nel fine settimana del 14 e 15 settembre le firme sono raddoppiate e dal 16 si è assistito ad una progressione incredibile di firme giornaliere acquisite, passando da 35mila a 60mila e così via fino alle oltre 100mila firme degli ultimi due giorni. Ciò è avvenuto in soli 8 giorni. Oggi, ad una settimana dalla fine della raccolta prevista per il 30 settembre è stato superato il fatidico traguardo del mezzo milione di firme necessarie.

Come è potuto accadere?

La questione ha una sua rilevanza sociale e politica di cui prendere atto e su cui ragionare.

La ritrosia a prendere posizione e a sostenere il referendum anche da parte di diverse forze e leader politici e anche da grandi forze sociali può avere avuto una serie di ragioni: a molti è sembrato diciamo rischioso e forse velleitario lanciare il referendum pur con uno strettissimo tempo a disposizione per concludere la raccolta di firme. Altri lo hanno vissuto come inopportuno rispetto alla discussione parlamentare sullo ius scholae, peraltro arenatosi come prevedibile sul bagnasciuga agostano. Altri ancora, probabilmente, vi hanno visto un intralcio rispetto al già nutrito programma referendario per il 2025 costituito dai 4 referendum sul lavoro e quello sull’autonomia differenziata.

Tutte motivazioni con una loro legittimità e, si può anche dire, giustificate da un certo pessimismo che aleggia nella società alla luce dei drammi che viviamo in diretta da oltre due anni, la cui durezza non fa prevedere nulla di buono per il mondo e per il Paese.

Ma proprio per tutto ciò, la risposta di base che si è innescata improvvisamente su questo referendum, guidata da migliaia di piccole/medie organizzazioni e aggregazioni sociali e da decine di migliaia di attivisti che si sono messi all’opera autonomamente negli ultimi 8 giorni con la performance del superamento del mezzo milioni di firme necessarie indica che nella società esistono forze notevoli in grado di mobilitarsi intorno a questioni ormai mature che esigono una risposta positiva, ora, senza rimandarle ad infaticabili discussioni di cui sono piene da anni giornali e tv senza produrre alcunché, anzi peggiorando ulteriormente il quadro, nella fattispecie, dell’integrazione di milioni di nostri connazionali che risiedono e lavorano da anni in Italia con i loro figli e le loro famiglie al seguito.

Il crescendo incredibile di firme sulla piattaforma approntata solo 3 mesi fa dal Ministero della giustizia – dopo anni di richieste – per rendere più moderna e accessibile l’apposizione di firme per i referendum, ha poi convinto ad esprimersi diversi dirigenti politici e opinion leader, tuttavia sempre con una scarsissima copertura dei maggiori media. La tv pubblica ha cominciato a pronunciare qualcosa, a produrre qualche servizio, solo nella giornata di ieri.

Quindi questo risultato è patrimonio comune e diffuso di una autonomia sociale presente, che nel corso dell’ultimo decennio ha avuto già altre occasioni significative di espressione, ma che, in particolare con i governi Draghi e Meloni, si è voluto mettere di nuovo a tacere.

Il timore delle forze di opposizione che non hanno aderito a questa campagna referendaria e che in alcuni casi hanno forse provato ad ostacolarla deve fare i conti con questa realtà che riguarda questo referendum, ma può potenzialmente riguardare anche altre vicende sociali e politiche di primario interesse con le quali, oltre a quelle già citate, dovremmo fare probabilmente i conti nel prossimo futuro, dal premierato, al cosiddetto Decreto Sicurezza (DDL 1660 già approvato alla Camera e in attesa di essere approvato al Senato) che nelle intenzioni dovrebbero completare l’opera di restaurazione molto cara a poteri interni ed esterni nel clima di guerra in atto che si intende protrarre per i prossimi anni, contro la volontà della grande maggioranza delle persone e del sentimento popolare di quasi tutti gli italiani.

Abbiamo adesso un risultato importante e un segnale rilevante a disposizione. Non osservarlo con la dovuta attenzione o addirittura ignorarlo vorrebbe dire mancare di sintonia con ciò che si dovrebbe o vorrebbe rappresentare.

La relazione tra ciò che è prevalentemente sociale e ciò che mira ad una sua rappresentanza deve essere biunivoco, non può più concepirsi come elemento strumentale, seppure con le migliori intenzioni. Rodolfo Ricci, FIEI 25

 

 

 

 

Coercizione economica: nuove prospettive nelle relazioni internazionali

 

Le crescenti tensioni geopolitiche e il progressivo indebolimento del sistema multilaterale internazionale fanno da sfondo a risorgenti protezionismi in campo commerciale. Il pendolo della storia volge verso una deriva securitaria del commercio internazionale, tassello di uno scenario già complicato da conflitti bellici e tensioni geopolitiche. In tale contesto, l’interdipendenza economica, paradigma della globalizzazione, delinea un fenomeno nuovo e dal perimetro incerto: la coercizione economica.

Coercizione, in generale, significa obbligare a fare o non fare una cosa, tramite la minaccia o l’uso della forza. Il soggetto che la esercita impone la sua volontà su quello che la subisce, non privandolo del tutto della libertà di agire, ma portandolo forzatamente a scegliere tra alternative predefinite e opzioni ridotte. Tale modus operandi può informare l’attività diplomatica di un Paese che attraverso politiche aggressive e intimidatorie, mira alla realizzazione di un disegno di politica estera. La coercizione economica può dunque rappresentare un aspetto di una più ampia “diplomazia coercitiva”, manifestandosi nello specifico, nelle relazioni economiche e commerciali tra Paesi, quando uno Stato sfrutta dipendenze di natura economica per controvertere scelte sovrane di un altro. La coercizione economica attiene dunque all’altra faccia della medaglia dell’interdipendenza economica, non più promessa di un ordine internazionale fondato sul liberalismo economico, ma catalizzatrice dell’assoggettamento del più debole al più potente.

Questo fenomeno ha suscitato l’interesse dell’accademia, la cui letteratura però presenta importanti limiti. Tra questi, l’uso interscambiabile dei termini “coercizione economica” e “sanzioni economiche”, considerati quali sinonimi. Si tratta in realtà di due strumenti diversi, separati dalla legalità: le sanzioni sono legittime e gli stati possono disporne in caso di gravi violazioni del diritto internazionale, mentre la coercizione economica implica lo sfruttamento, illegale, di interdipendenze economiche per influenzare le scelte sovrane di un Paese.

Il secondo limite riguarda un’evidente etichettatura selettiva del fenomeno nei confronti della Cina, le cui politiche commerciali predatorie sono spesso citate come esempi di coercizione economica e fungono quali punti di partenza per lo studio del fenomeno per se. Se da un lato è innegabile che la Cina non sia estranea al ricorso a politiche coercitive, facendo leva sulle dimensioni della sua economia a livello globale, dall’altro concentrarsi esclusivamente su un Paese restituisce un’immagine parziale e dunque soggetta al rischio della strumentalizzazione.

In controtendenza rispetto a chi indica Pechino come principale se non esclusivo responsabile del fenomeno, si pone l’Unione europea, che con l’Anti Coercion Instrument (ACI) si è dotata di uno strumento per schermare i 27 Stati membri da atti o minacce di coercizione economica di Paesi terzi ispirandosi ad un approccio country-neutral. A tal fine l’ACI prevede un paniere di misure, principalmente commerciali, dal quale gli Stati membri possono attingere in modo proporzionale e bilanciato per contrastare casi accertati di coercizione. Tuttavia, il regolamento – ad oggi un unicum nel panorama legislativo – è stato concepito principalmente quale strumento deterrente il cui successo sarà misurato più dal suo effetto dissuasivo che dalla sua concreta attivazione.

La disamina dei casi ad oggi considerati quali “coercizione economica”, resa possibile dalla sistematizzazione presentata in un paper dell’OCSE, consente di individuare alcuni elementi fondamentali del fenomeno. Un primo caso del 2010 vede coinvolti Giappone e Cina in una disputa diplomatica, accesa dalla collisione di un peschereccio cinese con la guardia costiera giapponese e la successiva detenzione del capitano. A seguito dell’incidente, Pechino sarebbe ricorsa all’utilizzo di restrizioni all’export di terre rare (REE) dirette a Tokyo per esercitare pressione ai fini della risoluzione della disputa. Un altro caso riguarda Russia e Moldavia e in particolare la reazione di Mosca alla finalizzazione nel 2013 dell’Association Agreement tra Chisinau e Bruxelles. Con l’intensificarsi dei negoziati il Cremlino ha progressivamente imposto restrizioni commerciali ai prodotti moldavi con l’intento di scoraggiare Chisinau dal firmare l’accordo e di dare un assaggio delle possibili ritorsioni che questa avrebbe comportato. Un caso più recente vede coinvolte Cina, Lituania e, indirettamente, Taiwan, che nel 2021 decise di aprire un Ufficio di rappresentanza con il nome di “Taiwan Representative Office” a Vilnius, suscitando l’irritazione di Pechino. In risposta, le Autorità cinesi hanno cessato di fornire permessi per le importazioni di prodotti alimentari lituani e iniziato a esercitare pressioni sugli investitori stranieri attivi in Lituania.

La casistica succitata, assieme ad altri casi noti tra i quali uno che riguarda Australia e Cina, consente pertanto l’individuazione dei seguenti ricorrenti elementi: l’imposizione di costi economici per ottenere concessioni politiche tramite l’utilizzo di strumenti di politica commerciale; lo sfruttamento delle dipendenze economiche per costringere uno Stato a tornare sui propri passi rispetto a una scelta presa; la particolare vulnerabilità delle economie “export-oriented” di piccole dimensioni rispetto ai giganti del commercio internazionale.

La messa a fuoco su alcuni elementi che paiono fondanti e caratterizzanti il fenomeno lascia intuire una comprensione comunque ancora limitata del fenomeno e certamente soggetta a diverse interpretazioni. Del resto, l’essenza stessa della coercizione economica, che trova nell’arbitrarietà e nell’opacità un suo punto di forza, ne complica l’analisi. La coercizione economica, nutrendosi dell’interdipendenza del commercio tra Paesi, sembra rappresentare un cavallo di Troia nel sistema del commercio internazionale basato sulle regole (GATT e OMC) e sulla prevedibilità di azioni e contromisure.

Alla luce della complessità del fenomeno e del difficile contesto internazionale nel quale esso si colloca, se da un lato la ricerca sul tema può considerarsi in una fase ancora embrionale, dall’altro seguirne gli sviluppi può rappresentare un’utile lente per individuare possibili traiettorie di evoluzione dei rapporti interstatuali, in un mondo sempre più caratterizzato da confrontazioni economiche e sempre meno ordinato da architetture multilaterali.

Osservarne gli sviluppi dunque, guardando ad esempio in Europa a se e quando verrà attivato il meccanismo dell’ACI, potrà essere utile a saggiare lo stato di salute del sistema commerciale internazionale, nonché fornire una utile bussola per tutti coloro che, praticando o studiando le Relazioni Internazionali, si muoveranno nel nuovo (dis)ordine globale.

Nico Frandi, assistito da Matilde Fabrizio, AffInt. 17

 

 

 

 

La proposta per l’Istituzione della Giornata degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi

 

ROMA – E’ stata approvata della Camera dei Deputati la proposta di legge Mulè (FI) relativa all’istituzione della “Giornata degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda Guerra mondiale”. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato. Nel corso del dibattito il relatore Giorgio Mulè (FI) ha spiegato come questa proposta di legge voglia istituire, per la data del 20 settembre di ogni anno, la “Giornata degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi durante la seconda guerra mondiale”. In proposto il relatore ha ricordato come, nel periodo che va dalla crisi dell’estate 1943 alla cessazione della guerra, circa 800.000 italiani, militari e civili, vennero trasferiti, in maniera coatta, nel territorio del terzo Reich, per essere impiegati, come forza lavoro, nell’economia bellica tedesca. “Il gruppo più numeroso, oltre 650.000, è quello degli IMI, sigla che sta per Internati Militari Italiani, la cui storia ha inizio l’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio con le forze alleate annunciato da Pietro Badoglio, capo del Governo pro tempore. Costretti a consegnare le armi, migliaia di soldati vennero posti di fronte a una richiesta, a un bivio: continuare a collaborare con le truppe tedesche e con la Repubblica di Salò, costituitasi il 23 settembre, dopo la liberazione di Benito Mussolini”, ha evidenziato Mulè ricordando che a fronte di questa scelta forzata, solo una limitata parte di soldati accettò di aderire alla Repubblica sociale ; alcuni riuscirono a fuggire, altri vennero uccisi durante una serie di combattimenti. “Circa 50.000 soldati, tra coloro che non accettano la collaborazione, perdono la vita nel corso della prigionia per malattie, denutrizione, esecuzioni e bombardamenti. È una storia tragica, è una storia sulla quale è calato l’oblio, per tanto, per troppo tempo e che riguarda una forma di resistenza, una resistenza senza armi, una resistenza che venne fatta nel nome degli ideali di libertà e democrazia, su cui si poggiano le fondamenta e i pilastri della Repubblica in cui viviamo”, ha aggiunto Mulè facendo presente che furono ben 21 i campi di concentramento dove arrivarono nell’estate del 1943 con la divisa estiva e dai quali uscirono con la stessa identica divisa estiva. “Sottoposti a violenze fisiche e morali inenarrabili, delle quali è conservata traccia negli archivi, destinati al lavoro coatto a causa del loro rifiuto, fermo ed intransigente rifiuto, di collaborare con lo Stato nazionalsocialista e con la Repubblica sociale italiana. La scelta della giornata del 20 settembre è stata definita tenendo conto che, proprio in questa data, nel 1943, la Germania nazista modificò unilateralmente per volere del Führer, di Adolf Hitler, lo status dei militari italiani, come forma di umiliazione estrema: da prigionieri di guerra in internati militari, cioè gli Italienische Militärinternierte”, ha continuato Mulè precisando che la Giornata ha lo scopo di onorare la memoria di tutti i militari italiani uccisi a causa del rifiuto di collaborare con lo Stato nazionalsocialista e con la Repubblica sociale italiana dopo l’armistizio. Le celebrazioni dovrebbero prevedere il coinvolgimento degli organi competenti di province ed enti territoriali di livello equivalente, che avranno la possibilità di promuovere e organizzare iniziative e manifestazioni pubbliche, cerimonie pubbliche per il conferimento della medaglia d’onore ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti.  Il relatore ha inoltre spiegato che si potranno, inoltre, organizzare cerimonie pubbliche per la deposizione di una corona commemorativa presso l’Altare della Patria in Roma, nonché incontri, dibattiti, momenti comuni di ricordo e riflessione, ricerche e pubblicazioni. Iniziative che hanno, nel loro complesso, lo scopo di diffondere la conoscenza del valore storico, militare e morale della vicenda degli internati italiani, nonché il ricordo delle sofferenze indicibili ad essi inferte, in violazione di tutte le leggi di guerra e dei diritti inalienabili della persona e quale atto di coercizione, affinché si trasformino in un messaggio di pace rivolto soprattutto alle giovani generazioni. Mulè ha anche rilevato come queste iniziative intendano essere complementari con quelle previste per la Giornata mondiale di commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto, il 27 gennaio, e l’anniversario della liberazione d’Italia, il 25 aprile. Nel provvedimento viene inoltre disciplinata la partecipazione dell’Associazione nazionale reduci dalla prigionia, dall’internamento e dalla Guerra di Liberazione – la ANRP che proprio a Roma ha un museo “Vite di IMI”, che è già meta di pellegrinaggio civico di decine di migliaia di studenti italiani e di nostri concittadini – e dell’Associazione nazionale ex internati (ANEI). Le attività celebrative stabiliscono che queste associazioni partecipano alle attività sulla base di un protocollo d’intesa con i Ministeri dell’Istruzione, dell’Università, della Cultura, della Difesa e dell’Interno. Dal punto di vista economico dal provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e le amministrazioni interessate che provvedono pertanto a darvi attuazione con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. (Inform/dip 22)

 

 

 

Le lettere inedite tra Primo Levi e i tedeschi: on line l’archivio privato

 

Ferrara. Attingere dall'archivio privato di Primo Levi per studiare i carteggi scambiati con interlocutori tedeschi e trarne un'inedita edizione open access online, ora disponibile per la consultazione. E' il cuore del progetto The German Network: Primo Levi's Correspondence With German Readers and Intellectuals (LeviNeT), che ha portato alla creazione del portale www.levinet.eu, curato da Martina Mengoni e Alice Gardoncini del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Ferrara, che contiene l'edizione digitale italiana e inglese di una porzione finora inedita dei carteggi di Primo Levi.

Il progetto, inizialmente finanziato per una sede non italiana e successivamente approdato a Ferrara, è stato selezionato su più di quattromila proposte e ha ottenuto il finanziamento di oltre un milione di euro dell'European Research Council, grazie al programma Erc Starting Grant. Il portale sarà presentato il 26 settembre nel corso della giornata di studi Primo Levi scrittore di lettere. Il progetto LeviNeT, appuntamento che rientra nel cartellone di Aspettando la Notte dei Ricercatori. "Si tratta delle corrispondenze di Levi con vari interlocutori di lingua tedesca, iniziate con la traduzione in tedesco di Se questo è un uomo, nel 1961 - spiega Mengoni - Un totale di circa 500 lettere con oltre 50 interlocutori sarà pubblicato entro il 2027.

Per ora è online il primo carteggio, quello con Hermann Langbein, ex deportato austriaco e storico dei campi di concentramento, che Levi definì 'un uomo formidabile', curato insieme alle colleghe Alice Gardoncini e Flavia Palma". Sul portale sarà poi ricostruita la mappatura integrale del carteggio. Le lettere che si presentano in quattro lingue - italiano, inglese, francese, tedesco - sono trascritte, annotate e tradotte, in modo che tutte possano essere leggibili in italiano e in inglese.

Oltre a timeline, mappe e visualizzazioni grafiche, sono sviluppati itinerari tematici di approfondimento, anch'essi in forma bilingue, sui temi, i protagonisti, gli avvenimenti storici, le letture condivise, i progetti editoriali che emergono dagli scambi.  LR 27

 

 

 

 

Chi decide?

 

D’illusioni non se ne fa più nessuno. Anche perché mancano i motivi per poterle materializzare. La crisi italiana non è solo di numeri, ma anche d’uomini. Non ci sono più politici all’altezza del ruolo. Gli effetti sono così evidenti che non ci permetteremo di differenziarli, neppure in piccola parte. Il fatto è che nessuno ha l’abilità di fare la prima “mossa”. Non a caso, già si sono profilati contrasti di percorso.

 

Prevedere come progredirà l’Esecutivo appare impossibile; almeno per me. Gli indugi he logorano, ancor più, l’orizzonte di un Paese che proprio non meriterebbe una classe politica tanto “imprevedibile”. Il mio interrogativo d’apertura resta, di conseguenza, in tutta la sua validità. Il rischio che anche questo 2024 sia un anno di crisi socio/economica non è inverosimile. A giudicare il Paese, incastonato in un’UE molto attenta ai fatti interni dei Paesi membri, saranno gli eventi internazionali che l’Italia ha innescato senza, probabilmente, tener debito conto che l’Europa Stellata mostra parametri di giudizio assai differenti da quelli dei singoli Stati membri. Lieti di segnalare ogni segnale in positivo. Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

Collezione Farnesina e Arte contemporanea italiana all’estero

 

ROMA - Valorizzare nel mondo l’arte contemporanea italiana e sostenere la crescita di artisti e curatori: questi i principali obiettivi dell’Avviso pubblico con cui il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale invita i curatori attivi nel campo delle arti visive a inviare la propria manifestazione d’interesse per il conferimento di un incarico di curatore di un progetto espositivo.

La Collezione Farnesina è la raccolta d’arte contemporanea del Ministero, nata per sottolineare un preciso indirizzo progettuale che ha fatto della ricerca artistica contemporanea un ambito d’intervento strategico della propria politica culturale. Nel venticinquesimo anno della sua fondazione, il progetto espositivo oggetto dell’Avviso pubblico è mirato proprio a promuovere le opere presenti nella Collezione Farnesina e l’arte contemporanea italiana nel mondo.

I candidati sono invitati a presentare un progetto espositivo curatoriale che risponda a una serie di caratteristiche, tra le quali il carattere itinerante (con un minimo di tre tappe espositive), l’originalità del concept, il coinvolgimento di artisti italiani, la realizzazione di un catalogo cartaceo.

Le caratteristiche del progetto così come i requisiti che i candidati devono possedere sono indicati nel testo dell’Avviso disponibile qui.

La scadenza per la presentazione delle candidature è il 31 ottobre 2024 (ore 12.00 italiane).

Il progetto selezionato verrà realizzato ed esposto negli spazi messi a disposizione dalla rete degli Istituti italiani di cultura nel mondo e/o da eventuali partner locali.

Per ulteriori informazioni, è possibile scrivere alla Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale – Unità per il Coordinamento degli Istituti Italiani di Cultura, all’indirizzo e-mail dgdp.unic.colfarnesina@esteri.it, inserendo nell’oggetto del messaggio “Nome Cognome - Richiesta info Avviso Curatela CF MAECI 24”. (aise/dip 16)

 

 

 

“Partire, restare…e tornare. Italiani nel mondo. Cittadinanza, diritti, opportunità” alla Festa all’Unità

 

Reggio Emilia – “Partire, restare…e tornare. Italiani nel mondo. Cittadinanza, diritti, opportunità”: è il titolo dell’incontro che si è tenuto nei giorni scorsi alla Festa Nazionale dell’Unità organizzata dal Pd a Reggio Emilia. La prima parte del dibattito ha visto gli interventi di vari rappresentanti e parlamentari del Pd e del mondo dell’associazionismo. Nella seconda parte dell’incontro ha preso la parola Gianluca Lodetti (Cgie – CdP) che ha sottolineato come all’estero il PD rappresenti una forza politica molto votata capace di portare in parlamento diversi esponenti, ma si è anche interrogato sulla necessità di rendere effettive alcune battaglie sugli italiani all’estero. “Ho sperimentato la mancanza di una politica strutturata sugli italiani all’estero in tutti questi anni; una politica che valorizzi questa parte essenziale del Paese oltre confini facendola diventare davvero una regione d’Italia: questo non c’è stato”, ha rilevato Lodetti sottolineando come continui a mancare questa capacità di coinvolgere la comunità italiana all’estero e portarla nel dibattito politico nazionale. “In questo modo ci perdiamo molto, questo contributo sarebbe una fonte di opportunità: una nova linfa per la nostra società”, ha aggiunto Lodetti. “Abbiamo avuto tanti cicli e tante possibilità, giocando male queste opportunità”, ha precisato Lodetti ribadendo un connotato preoccupante come quello dello spopolamento di intere fette di territorio italiano. Dal punto di vista culturale, Lodetti ha poi segnalato la riduzione delle risorse destinate agli enti che si occupano della promozione della lingua e cultura italiana all’estero: “dobbiamo rafforzare il sistema di promozione culturale e linguistica”, ha evidenziato Lodetti che sui servizi consolari e sussidiarietà nell’ambito dei servizi ha invitato a un legame strutturale per esempio tra i patronati all’estero e la Farnesina rispetto all’assistenza. Ha poi preso la parola Matteo Bracciali (Presidente VII Commissione Tematica del Cgie) che ha evidenziato la capacità del Pd in questi anni di saper fare rete, provando a costruire un’attività e una visione comune. Bracciali ha invitato a costruire reti di interlocutori intermedi rispetto alle istituzioni e meccanismi di orientamento alla partenza all’estero dove le associazioni possono svolgere un ruolo importante una volta giunti a destinazione. E’ stata poi la volta del coordinatore nazionale Filef Pietro Lunetto che ha ricordato come, oltre alla migrazione verso l’estero, vada sottolineata la consistenza della migrazione interna, da sud verso nord, che ha toccato negli ultimi dodici anni la cifra di 1 milione di persone come forse non si vedeva dalla fine degli anni ’70. “Il mondo degli italiani all’estero negli ultimi trent’anni è diventato più complesso di quello che era storicamente: agli emigrati storici e italo-discendenti si è unita quella che dal 2008-2009 è la nuova emigrazione”, ha spiegato Lunetto descrivendo una comunità molto complessa con problemi di difficile risoluzione e che spesso è soggetta a una narrazione riduttiva. “Migrare non è per tutti la stessa cosa”, ha aggiunto Lunetto spiegando che se si ha già un bagaglio professionale o una professione da portarsi dietro con sé è diverso dal dover lasciare la propria famiglia e trasferirsi in un altro Paese per ricominciare sostanzialmente da zero. L’incontro è stato chiuso da Luciano Vecchi, responsabile del Dipartimento Italiani all’Estero del Pd e consigliere del Cgie,  che ha parlato per il mondo dell’emigrazione dalle “potenzialità enormi che potrebbero rispondere anche a necessità enormi” ma che spesso restano inascoltate. Un’altra riflessione è andata sull’andamento elettorale con un’analisi rispetto alle ultime elezioni europee, ricordando che diversi italiani all’estero hanno optato per votare le liste locali del Paese di nuova residenza.

(Inform/dip 22)

 

 

 

 

Italia futura

 

Non avremmo mai immaginato che l’Italia potesse assumere l’assetto socio/politico nel quale stiamo vivendo. Vivendo male; perché non lo riconosciamo come nostro.

Come non lo riconoscono milioni d’italiani. Se far politica sul serio significa anche interessarsi ai problemi degli altri, è evidente che parecchi nostri politici hanno programmi diversi.

 

La crisi economica s’è aggravata. Il fardello di problemi resta “pesante”. Di fatto, è l’immediato futuro che ci preoccupa. Anche perché i motivi si evidenziano in modo progressivo.

Del resto, le incongruenze di questo nostro Paese non sono solo recenti. Il potere legislativo, quindi il Parlamento, è sempre più polemico che costruttivo.

 

Il 2024 è iniziato senza i presupposti di uno sbocco socio/politico sicuro. L’economia nazionale è in recessione. Intanto, ripensiamo agli anni’ 60 quando, anche se con spirito più partigiano, la partecipazione alla vita pubblica del Paese era una realtà da conquistare quotidianamente. E’ passato più di sessant’anni d’allora. Sono scomparsi partiti e altri sono “sorti” dalle loro ceneri.

 

 Il tutto complicato da un rapporto di “forze” instabile. Le precedenti Generazioni hanno lasciato il posto all’attuale. Il posto, ma non, tuttavia, gli ideali. Proprio quelli nei quali avevamo riposto la nostra fiducia. L’Italia “futura” resta un’incognita della quale non siamo in grado di fare serie previsioni.

Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

 

In Francia, i primi passi del nuovo governo, già sotto la minaccia della censura

 

Lunedì 23 settembre il nuovo governo francese muove i suoi primi passi, già criticato e minacciato di censura, a due mesi e mezzo dalle elezioni parlamentari anticipate che non hanno prodotto una maggioranza e hanno ritardato la stesura del bilancio 2025.

Secondo il suo entourage, il primo ministro Michel Barnier ha promesso un governo “repubblicano, progressista ed europeo” ai suoi 39 ministri, riuniti lunedì 23 settembre per la prima volta in una “colazione di governo”. L’ex commissario europeo per la Brexit ha chiesto ai suoi ministri, la maggior parte dei quali proviene dalla destra e dal movimento liberale del presidente Emmanuel Macron, di essere “modesti” e di avere “rispetto” per “tutti i partiti politici”, in un momento in cui la sua squadra è già lacerata da tensioni.

I Macronisti erano preoccupati per la presenza di ministri conservatori nel governo e hanno chiesto garanzie sulla legislazione sociale, come l’aborto e il “matrimonio per tutti” (eterosessuali e omosessuali). La “colazione di governo” si è svolta per oltre due ore a Matignon, la residenza del primo ministro. I membri del governo si sono poi recati nei rispettivi ministeri per le tradizionali cerimonie di consegna. Si incontreranno nuovamente all’Eliseo per la prima riunione del Consiglio dei ministri con il Capo dello Stato.

Ex commissario europeo responsabile della Brexit, Barnier, nominato il 5 settembre da Macron, nella serata di domenica 22 settembre in televisione ha invitato il suo governo a lavorare con “la massima coesione” e “la massima fraternità”, a fronte delle iniziali tensioni all’interno della sua squadra.

I preparativi per la legge di bilancio

In un momento in cui la preparazione del bilancio 2025, che ha già subito un ritardo senza precedenti, è la priorità numero uno, Michel Barnier ha promesso di “non aumentare la pressione fiscale su tutti i francesi”. Ma “i più ricchi devono partecipare allo sforzo di solidarietà”, ha avvertito, senza commentare direttamente la reintroduzione della tassa sul patrimonio (ISF), richiesta dalla sinistra. “Gran parte del nostro debito è emesso sui mercati internazionali ed esterni, e dobbiamo mantenere la credibilità della Francia”, ha aggiunto.

Come molti altri membri dell’UE, la Francia è soggetta a una procedura per deficit eccessivo imposta da Bruxelles. Barnier si è inoltre impegnato a “prendersi il tempo necessario per migliorare” la tanto discussa riforma delle pensioni, senza fornire alcun dettaglio.

Garanzie insufficienti per la sinistra

Si tratta di garanzie insufficienti per la sinistra, che ha già promesso di censurare il nuovo esecutivo. La coalizione di sinistra del Nuovo Fronte Popolare (PFN), che ha vinto le elezioni legislative del 30 giugno e del 7 luglio ma non ha ottenuto la maggioranza, ha già previsto di presentare una mozione di censura. Secondo il leader del Partito socialista Olivier Faure, il testo sarà presentato dai socialisti (che fanno parte del PNF) dopo il discorso di politica generale di Barnier del 1° ottobre. Il leader della sinistra radicale, Jean-Luc Mélenchon, ha chiesto che questo “governo di perdenti”, che secondo lui non ha “né legittimità né futuro”, venga “eliminato al più presto”.

Il nuovo esecutivo, la cui composizione è stata svelata sabato 21 settembre, vede al primo posto il partito del Presidente Macron, Renaissance, e in buona parte Les Républicains (LR), partito di destra da cui proviene Barnier. Entrambi i partiti hanno subito una forte flessione nelle elezioni legislative – innescate dal controverso scioglimento dell’Assemblea Nazionale da parte di Macron – , ma, per avere successo, una mozione di censura deve ottenere i voti del Rassemblement National (RN), il partito di estrema destra di Marine Le Pen, cosa che lo stesso Faure ammette essere al momento improbabile.

Il vicepresidente dell’RN, Sébastien Chenu, ha confermato che il suo partito non intende censurare “prima di aver visto il bilancio”. “Faremo pressione su questo governo” e “ci prenderemo le nostre responsabilità” se necessario, ha aggiunto il deputato, il cui gruppo è arrivato terzo alle elezioni legislative dietro al blocco centrista, dopo aver ottenuto guadagni significativi. AffInt 23

 

 

 

Unaie: fondamentale lo ius sanguinis ma necessario il legame reale con l’Italia

 

ROMA - L'Italia, con la sua lunga storia di emigrazione, si trova oggi di fronte a un fenomeno di ritorno, almeno in senso burocratico, con decine di migliaia di discendenti di emigrati italiani che richiedono la cittadinanza. Questo ha portato a un dibattito acceso sulla questione dello ius sanguinis, il diritto di cittadinanza basato sulla discendenza. A prendere posizione con fermezza è stato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che in un’intervista rilasciata al Corriere del Veneto ha messo in luce le problematiche legate a un meccanismo che, se non regolamentato, rischia di appesantire il sistema amministrativo e distorcere il senso di appartenenza all'Italia. Zaia, sempre in questa intervista, ha sottolineato come molti dei richiedenti, discendenti da emigrati veneti partiti alla fine dell'Ottocento o nel secondo dopoguerra, spesso non abbiano alcun legame con l'Italia se non quello genealogico, non parlando la lingua né conoscendo le leggi o la cultura del Paese. “Non possiamo accettare che il nostro sistema amministrativo venga paralizzato da richieste di persone che non hanno alcun interesse reale per l'Italia, se non quello di ottenere un passaporto”, ha dichiarato Zaia, auspicando l'introduzione di "requisiti minimi", come la conoscenza della lingua italiana e della storia del Paese, per garantire che la cittadinanza venga concessa solo a chi dimostri un vero legame con la nazione.

In questo contesto si inserisce il commento di Oscar De Bona, presidente dell'UNAIE (Unione Nazionale Associazioni Immigrati e Emigrati) e dell'Associazione Bellunesi nel Mondo, che ha espresso il suo sostegno alle parole del governatore Zaia. “Apprezzo profondamente la riflessione del presidente della Regione Veneto in merito alle modifiche della legge sullo ius sanguinis” ha dichiarato De Bona “modifiche che io stesso avevo proposto due anni fa al sottosegretario con delega agli Italiani nel mondo Della Vedova e nel 2023 al sottosegretario, sempre con la stessa delega, Silli, oltre ad averne condiviso la necessità con l'ANCI Nazionale e Veneto. Mi auguro che, anche grazie all'intervento di Zaia, si possa concretizzare quanto proposto”.

De Bona ha sottolineato come sia fondamentale sostenere le rivendicazioni degli oriundi di origine italiana, ma al contempo è necessario distinguere tra coloro che hanno un vero interesse a mantenere un legame con la terra dei loro avi e chi vede la cittadinanza solo come un’opportunità per ottenere diritti senza sentirsi parte della comunità italiana. “Dobbiamo evitare che la cittadinanza italiana venga vista come un documento da ottenere per avere vantaggi, siano essi legati alla possibilità di viaggiare o all'accesso ai servizi sociali e sanitari”, ha affermato.

Secondo De Bona, l'introduzione di criteri come la conoscenza della lingua italiana e una vera comprensione della storia e della cultura del Paese sono passi necessari per preservare il valore della cittadinanza italiana. “La nostra cittadinanza non può essere un diritto automatico, va meritata e sentita. I requisiti come la conoscenza della lingua e della storia sono già richiesta da Paesi come la Germania e l’Austria, non vedo perché non possa seguire questi esempi”, ha aggiunto.

Il dibattito, che si inserisce anche in un più ampio discorso sulla riforma della cittadinanza in Italia, vede contrapporsi da una parte la tutela dei diritti degli emigrati e dei loro discendenti, dall’altra l’esigenza di garantire che chi ottiene il passaporto italiano abbia una reale connessione con il Paese e i suoi valori. La riflessione di Luca Zaia e il sostegno di Oscar De Bona “potrebbero essere un primo passo verso una riforma che renda il processo di acquisizione della cittadinanza più equo e al tempo stesso più rigoroso”, ha concluso De Bona.

(aise/dip 23) 

 

 

 

Pubblicazioni. “Sulla porta del mondo – storie di emigranti italiani”

 

“Dolorosa e straziante è stata la spartenza” scriveva Tommaso Bordonaro, contadino illetterato di un piccolo paese in provincia di Palermo, emigrato in America nel 1947 all’età di 38 anni. “Spartenza” è una parola che deriva dal dialetto siciliano. Indica il dividersi l’uno dall’altro con pena. La “spartenza” è straziante, divide ciò che era unito e allontana. È sradicamento, sofferenza del corpo e dell’anima, racchiude in sé tutta l’amarezza e la lacerazione di chi è costretto a separarsi dagli affetti e dai luoghi familiari per partire verso terre sconosciute e una vita piena di incognite. Se partire è un po’ morire, “spartire” è peggio.

“Se Dante avesse conosciuto ciò che erano le terze classi dei transatlantici nel 1885, per certo ne avrebbe descritta una e l’avrebbe allogata nell’inferno e vi avrebbe inchiodato i peccatori de’ più neri peccati – scriveva Edmondo De Amicis dopo aver salpato da Genova nel 1884 per arrivare a Buenos Aires a bordo del piroscafo Nord America, insieme a 1.600 emigranti italiani – O miseria errante del mio paese, povero sangue spillato dalle arterie della mia patria, miei fratelli laceri, mie sorelle senza pane”.

Storie di emigrazione affiorano dagli album fotografici di ogni famiglia italiana, eppure si tratta di ricordi spesso collettivamente rimossi.

Per aiutarci a comprendere e sentire la realtà in cui viviamo, e poter quindi immaginare insieme una società del futuro Luigi Dal Cin, insieme a Fondazione Migrantes, ha voluto fornire ai giovani lettori un quadro esaustivo della storia dell’emigrazione degli italiani nel mondo narrando, nel contempo, una storia emblematica per ciascuna regione italiana. L’Italia è talmente variegata, infatti, che ogni regione ha avuto motivi propri e destinazioni specifiche d’emigrazione, e ha portato nel mondo la propria caratteristica cultura. Un progetto che mancava nella scuola italiana, impegnata da tempo a valorizzare la cultura di chi arriva nelle classi, a volte da lontano. Per un’integrazione accogliente, Dal Cin ha portato l’attenzione anche all’altro piatto della bilancia, all’altra faccia: se si comprende che anche la nostra storia di italiani è fatta di generazioni che hanno vissuto la miseria e la fame e che, per sopravvivere e mantenere i figli, sono emigrate anche molto lontano, e che se i nostri alunni possono oggi acquisire a scuola strumenti per realizzare i propri sogni è anche grazie al viaggio, al coraggio e ai sacrifici di chi un tempo è emigrato, allora lo sguardo verso chi arriva può cambiare.

Poi è un attimo percepire una connessione tra la nostra storia di emigranti e ogni migrazione dei nostri tempi.

“Perché non c’era qualche donna dal cuore tenero che si prendesse pena di tante miserie, di tante lacrime? – scrive Ernestine Branche, emigrante valdostana, raccontando del suo sbarco a New York nel 1912, ventiduenne – Erano considerati come dell’immondizia umana, e le grida continuavano senza tregua”.

Sulla porta del mondo – storie di emigrati italiani, di Luigi Dal Cin, illustrazioni di Cristiano Lissoni, Terre di mezzo Editore, Milano, 2024, in collaborazione con Fondazione Migrantes

Il volume verrà presentato giovedì 3 ottobre 2024 ore 15-17 c/o la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati in via del Seminario, 76, Roma

(Migr/Dip 26)

 

 

 

 

Il passato non ritorna

 

Quando, nel lontano 1961, abbiamo iniziato a occuparci dell’informazione per i Connazionali all’estero, non avremmo mai immaginato che, in oltre 60 anni di militanza, l’Italia potesse assumere l’assetto socio/politico nel quale, ora, si trova. I “mali” del Paese sono stati individuati, ma non corretti in modo conveniente. Ora, con la Meloni, l’opportunità si ripresenta. Lasciamola lavorare.

 

Questo Parlamento ha ancora parecchi nodi da sciogliere. I mezzi per farlo, se ci sono, non li abbiamo ancora compresi e non saranno le polemiche a dissipare le nostre incertezze. Basta con i sacrifici a fondo perduto. Meno privilegi e fuori dalla politica attiva chi non intende accettare regole comportamentali più rigorose. Da questo Esecutivo ci attendiamo delle “garanzie”. Di stonature questa nostra Italia ne ha subite anche troppe.

 

Messi da parte gli indugi, facciamo nostro lo spirito dei Padri Fondatori della Repubblica. Questo Potere Legislativo potrebbe dare l’esempio. Ovviamente, col tempo. Oltre le polemiche, c’è l’Italia. Un Paese che non ha malinconia del passato, ma che non lo dimentica. Il rischio, ora, è ipotecare il suo futuro. E’ necessario tornare alla politica della quotidianità. Una posizione che avevamo condiviso, quando nel Paese i pregiudizi erano anomalie di pochi. Sono passati 60 anni sul nostro “fronte” dell’informazione, ma riteniamo d’aver conservato la nostra originaria imparzialità. Almeno due generazioni hanno ceduto il posto all’attuale. Il posto ma, forse, non gli ideali.

Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

 

Donne, si laureano di più ma guadagnano di meno. Draghi: “Va contro la Costituzione”

 

A rilevarlo è rapporto Ocse “Education at a Glance 2024” che ha evidenziato una delle problematiche più rilevanti del mercato del lavoro nazionale

Le donne laureate in Italia guadagnano circa la metà dei colleghi uomini. Per l’ex premier italiano Mario Draghi, questo dato “va contro la Costituzione”. A rilevarlo è rapporto Ocse “Education at a Glance 2024” che ha evidenziato una delle problematiche più rilevanti del mercato del lavoro nazionale.

La disparità salariale tra uomini e donne persiste nonostante si raggiunga un livello di istruzione elevato.

Disparità salariale: una situazione critica

Il rapporto Ocse ha rivelato che le giovani donne italiane con un titolo di studio terziario (laurea o titolo equivalente), nel 2023, hanno guadagnato, in media, il 58% dello stipendio dei loro coetanei uomini.

Questo divario è il più ampio tra tutti i Paesi Ocse, dove la media è dell’83%. Anche tra le donne con un diploma di scuola secondaria, la disparità salariale rimane significativa, con le donne che guadagnano l’85% del salario degli uomini.

Confronto con altri Paesi

La disparità salariale in Italia è significativamente superiore a quella di molti altri Paesi dell’area Ocse. Ad esempio, in Francia e Spagna, le donne laureate guadagnano rispettivamente il 75% e il 70% del salario degli uomini.

Nei Paesi nordici, come la Norvegia e la Svezia, il divario si riduce ulteriormente, con le donne che guadagnano circa l’87% del salario degli uomini, riflettendo politiche di equità di genere più avanzate e un maggiore impegno nel colmare queste differenze.

Il (non) peso dell’educazione

Nonostante il grave divario salariale, il sistema educativo italiano mostra alcuni segnali positivi. Il rapporto Ocse ha evidenziato che tra il 2016 e il 2023, la percentuale di giovani senza un diploma di scuola secondaria superiore è diminuita dal 26% al 20%.

Anche la partecipazione all’istruzione terziaria è aumentata, con il 95% dei bambini iscritti all’istruzione prescolare un anno prima dell’inizio della scuola primaria, un dato quasi in linea con la media, pari al 96%.

Tuttavia, permangono squilibri significativi nell’accesso all’istruzione, specialmente per i bambini provenienti da famiglie a basso reddito. Solo il 20% dei bambini di età compresa tra 0 e 2 anni, appartenenti a famiglie con un reddito basso, partecipa ad un percorso di formazione, rispetto al 49% dei bambini provenienti da famiglie più abbienti. Questo crea un divario di 29 punti percentuali tra i bambini di famiglie a basso reddito e quelli di famiglie più abbienti. Questo divario è maggiore rispetto alla media Ocse, che è di 19 punti percentuali.

Donne e lavoro: l’accesso al mercato

Oltre alla disparità salariale, il rapporto ha sottolineato un’altra problematica rilevante: il basso tasso di occupazione femminile, soprattutto tra le donne con livelli di istruzione più bassi. Solo il 36% delle giovani donne senza un diploma di scuola secondaria superiore è occupato, contro il 72% dei giovani uomini. Anche se il tasso di occupazione migliora tra le donne laureate, con il 73% impiegato rispetto al 75% degli uomini.

Questi dati mettono in luce la difficoltà delle donne italiane ad accedere a opportunità lavorative paritarie, nonostante il vantaggio educativo. Inoltre, la partecipazione femminile al mercato del lavoro è inferiore rispetto alla media in molti settori, specialmente nelle aree scientifiche e tecnologiche, dove solo il 21% delle donne italiane si iscrive a corsi di laurea in Stem, rispetto al 1% degli uomini che scelgono il settore educativo, ad esempio.

Il ruolo del settore pubblico

L’Italia investe il 4% del proprio Pil nelle istituzioni educative, una percentuale inferiore alla media Ocse (4,9%). Il rapporto evidenzia anche che la spesa media per studente è di circa 12.760 euro, contro una media di 14.209. Questo dato potrebbe spiegare in parte le difficoltà del sistema educativo italiano nell’affrontare questioni cruciali come l’equità di genere e l’accesso all’istruzione per le fasce più deboli.

Una delle criticità riguarda il sottofinanziamento dell’istruzione prescolare: l’investimento pubblico per l’istruzione infantile in Italia è diminuito dell’11% tra il 2015 e il 2021, mentre la media Ocse ha visto un incremento del 9%. Questo disinvestimento potrebbe aggravare ulteriormente le disuguaglianze di partenza tra bambini provenienti da contesti diversi.

Il corpo docente invecchia

Il rapporto Ocse ha messo inoltre in luce l’invecchiamento del corpo docente in Italia, dove il 53% degli insegnanti ha 50 anni o più, una percentuale superiore alla media del 37%. Questo invecchiamento rischia di influire negativamente sulla qualità dell’insegnamento e sull’innovazione didattica, due fattori essenziali per migliorare le opportunità di apprendimento, specialmente per le giovani donne che cercano di competere in un mercato del lavoro caratterizzato da forti disparità di genere.

Il rapporto “Education at a Glance 2024” mostra quindi il quadro complesso del sistema educativo e lavorativo italiano, in cui le disparità di genere, sia a livello occupazionale che salariale, restano marcate nonostante i progressi nell’istruzione. Le donne italiane, pur essendo più istruite dei loro colleghi uomini, continuano a subire svantaggi economici e lavorativi significativi. È chiaro che, oltre a un maggiore investimento nell’istruzione, sono necessarie politiche strutturali mirate per colmare il divario di genere e garantire una maggiore equità sia nel sistema educativo che nel mercato del lavoro.

L’ex premier italiano Mario Draghi ha commentato la situazione affermando, in occasione dell’evento “Il Tempo delle Donne” organizzato dal Corriere della Sera, che chi assume pagando le donne meno degli uomini “Va contro la Costituzione. La disparità salariale tra uomini e donne è una violazione dei principi fondamentali di uguaglianza e giustizia sociale. È imperativo che il governo e le istituzioni lavorino insieme per eliminare queste disuguaglianze e garantire che ogni cittadino, indipendentemente dal genere, abbia le stesse opportunità di successo e riconoscimento economico.” Adnkronos 16

 

 

 

 

Alla Camera conferenza stampa sulla valorizzazione della ristorazione italiana all’estero

 

ROMA – Si è tenuto alla Camera un incontro sulla valorizzazione della ristorazione italiana all’estero d’eccellenza. La conferenza stampa, promossa dal deputato di Fratelli d’Italia Andrea Volpi, è stata moderata dal rappresentante del centro studi e ricerche di Federitaly Mario Orabona e ha visto gli interventi di Carlo Verdone e Lamberto Scorzino, rispettivamente presidente e segretario nazionale di Federitaly, nonché di Salvo Bendici, presidente dell’Associazione Nazionale Famiglie degli Emigrati, e di Massimiliano Nicolini della Fondazione Olitec. Nel suo intervento il deputato Volpi ha riferito di condividere la mission di valorizzare le eccellenze italiane, essendo un obiettivo del Governo quello di mettere in relazione gli addetti alla ristorazione e gli imprenditori all’estero. Volpi ha ribadito la volontà di contrastare il cosiddetto “italian sounding”. “Dietro ogni prodotto c’è una storia di un territorio”, ha commentato Volpi evidenziando il lavoro svolto dal Ministero dell’Agricoltura. “Certificare le filiere vuol dire dare un prodotto d’eccellenza e anche sostenibile”, ha aggiunto Volpi ricordando che la cucina italiana è stata candidata, per tutte queste ragioni, ad avere un riconoscimento Unesco. Carlo Verdone ha spiegato che c’era bisogno di sottolineare la validità di un rapporto con la madrepatria con i ristoratori spingendo all’utilizzo di prodotti italiani. “Siamo la federazione che promuove e tutela il Made in Italy nel mondo; quindi tutto rientra in questa azione molto forte di valorizzazione delle nostre micro e piccole imprese”, ha spiegato Verdone sottolineando che la nostra cultura culinaria è fortemente identitaria rispetto ai territori e alla loro cultura. Verdone ha inoltre ribadito che produrre piatti tipici è conservare quella tradizione dei nostri territori fortemente radicata nella cultura del popolo. Lamberto Scorzino ha spiegato che, per ottenere il riconoscimento d’eccellenza da parte della federazione, ci sono dei requisiti specifici che i ristoratori devono rispettare. Tra i criteri ci sono: il menù, gli ingredienti, le tecniche di cottura, il rispetto della lingua italiana, prevalenza di vini italiani nella cantina, presenza di un minimo di membri madrelingua italiana all’interno del personale. Massimiliano Nicolini ha sottolineato come anche il mondo della tecnologia parli italiano, dai personal computer ad alcuni algoritmi fino alla realtà immersiva: un mondo nel quale spesso si assegnano meriti ad altri Paesi quando in realtà buona parte ha le sue radici nella ricerca italiana. Salvo Bendici con una battuta ha menzionato il noto film comico “Quo Vado” di Checco Zalone quando viene detto che non si scrive il nome dell’Italia invano: questo per dare ricordare l’importanza di questo percorso di valorizzazione dell’eccellenza italiana all’estero. Durante l’evento, a Cinzia Tedesco è stato consegnato il titolo di ambasciatrice Federitaly nel mondo: è stata scelta come madrina per questo progetto per la sua attività artistica che ha contribuito a far conoscere nel mondo l’eccellenza italiana nel campo della musica e del canto. Ne è stata sottolineata soprattutto la capacità di reinterpretare le opere di Verdi e Puccini in chiave jazz, che riscuotono un successo crescente. “Intendiamo riconoscere e celebrarne il talento nella certezza che continuerà a portare alto il nome dell’Italia, contribuendo a rafforzare l’immagine del nostro Paese a livello internazionale”, è stato scritto nella motivazione del conferimento del titolo. (Inform/dip 15)

 

 

 

 

Il paradosso della solitudine: sentirsi soli tra la folla

 

La solitudine non è semplicemente l'assenza di compagnia fisica. È un'esperienza complessa, profondamente personale e spesso fraintesa. Essere soli viene spesso visto come la radice della solitudine, ma è il sentirsi soli anche quando si è circondati da persone che rappresenta un paradosso più profondo e doloroso. Questa disconnessione emotiva mette in evidenza l'essenza di cosa significhi essere umani e perché abbiamo bisogno fondamentalmente di identità, riconoscimento e relazioni significative.

 

Al centro, la solitudine tra la folla è una forma di isolamento sociale che va oltre la vicinanza fisica. Tocca i bisogni più profondi del cuore, quali appartenenza, comprensione e connessione emotiva. Si può essere circondati da amici, familiari e colleghi, ma provare comunque un senso profondo di solitudine se mancano veri legami emotivi con loro. Questo tipo di disconnessione suggerisce che la solitudine più dolorosa non si trova nella solitudine fisica, ma nell'assenza di supporto e comprensione emotiva, anche tra molti.

 

Il bisogno umano di Connessione Emotiva

Gli esseri umani sono per natura esseri sociali. Fin dalla nascita cerchiamo connessioni, non solo per sopravvivere ma anche per il benessere emotivo. Il dolore del sentirsi soli tra la folla evidenzia una disconnessione fondamentale tra il nostro ambiente sociale e i nostri bisogni emotivi. Quando ci sentiamo invisibili o inascoltati da coloro che ci circondano, può portare a una sorta di solitudine esistenziale, che mette in discussione il nostro stesso valore personale.

 

Questa forma di solitudine mette alla prova la nostra capacità di formare legami sociali significativi. Non è sufficiente essere circondati da persone; abbiamo bisogno di una vera compagnia, ossia di relazioni in cui ci sentiamo apprezzati, compresi e riconosciuti per chi siamo veramente. Il paradosso sorge quando siamo circondati dagli altri, eppure ci sentiamo completamente isolati, come se i nostri bisogni emotivi fossero invisibili a chi ci sta intorno.

 

Il ruolo dell'Intelligenza Emotiva

La solitudine in mezzo alla folla spesso indica una mancanza di intelligenza emotiva, sia a livello personale che nel nostro ambiente sociale. L'intelligenza emotiva ci permette di empatizzare, connetterci e costruire relazioni più profonde. Ci aiuta anche a navigare nelle complessità delle interazioni umane. Quando l'intelligenza emotiva manca, la comunicazione vacilla e la nostra capacità di connetterci con gli altri a un livello significativo si riduce.

 

Quando ciò accade, non importa quante persone siano fisicamente intorno a noi, possiamo comunque sentirci isolati. L'assenza di vera comunicazione, comprensione ed empatia crea un divario che la sola vicinanza fisica non può colmare. Ecco perché ci si può sentire profondamente soli anche in compagnia di altri, perché non è la presenza fisica che conta, ma quella emotiva.

 

Il contrasto tra Solitudine e Isolamento

Esiste una sottile ma importante distinzione tra essere soli e sentirsi soli. La solitudine può essere un'esperienza pacifica e rigenerante. Ci permette di riflettere, ricaricarci e riconnetterci con noi stessi. Al contrario, l’isolamento - soprattutto quando vissuto in mezzo agli altri - è emotivamente estenuante. La differenza fondamentale sta nel nostro stato emotivo. La solitudine è scelta, mentre l’isolamento è subìto. La solitudine ci permette di godere della nostra compagnia, ma l’isolamento in mezzo alla folla sottolinea il nostro bisogno di connessioni significative che mancano.

 

Nella solitudine possiamo trovare chiarezza, pace e conforto. Nell’isolamento, specialmente in un gruppo, ci troviamo a desiderare quelle stesse connessioni che mancano, rendendo l'esperienza ancora più dolorosa. Ci ricorda il bisogno umano non solo di compagnia fisica, ma di relazioni che nutrano l'anima.

 

La Solitudine Emotiva: la lotta nascosta

La solitudine emotiva è forse la forma più estenuante di solitudine. Non si tratta del numero di persone intorno a noi, ma della profondità della connessione che sentiamo - o meglio, che non sentiamo - con loro. Quando ci manca una vera compagnia, i nostri bisogni emotivi rimangono insoddisfatti, lasciandoci sentire isolati e incompresi.

 

Questo tipo di solitudine può sorgere in tutti gli aspetti della vita - al lavoro, nelle amicizie, nei rapporti familiari -. Suggerisce una mancanza di realizzazione emotiva, dove nonostante la presenza di persone, non sentiamo il supporto o la comprensione che desideriamo. Questo vuoto emotivo è ciò che rende la solitudine in mezzo alla folla così faticosa. Amplifica il nostro senso di isolamento, ricordandoci le connessioni che ci mancano, piuttosto che quelle che abbiamo.

 

L'importanza delle vere Amicizie

Questo paradosso della solitudine sottolinea l'importanza delle vere amicizie. Le interazioni superficiali, o le relazioni basate sulla convenienza o sui guadagni materiali, non possono colmare il vuoto emotivo che la solitudine crea. Le vere amicizie, d'altra parte, offrono nutrimento emotivo. Forniscono un senso di appartenenza, comprensione e supporto che va oltre la semplice presenza fisica.

 

Senza questi veri legami, rischiamo di sperimentare una solitudine più profonda e più significativa, che non può essere colmata semplicemente dalla presenza fisica delle persone, ma solo da vere amicizie che nutrono l'anima. Sono questi legami genuini che danno significato alla vita e ci aiutano a sentirci veramente connessi in un mondo che può spesso sembrare isolante. Dr. Krishan Chand Sethi (Poeta, scrittore, artista, studioso di Interazioni umane e Benessere emotivo) dip 26

 

 

 

 

Generazioni

 

La Prima Generazione (certa) di nostri Migranti ha completato la sua fase d’inserimento nei Paesi ospiti nel 1930. Erano, quelli, gli anni tra i due conflitti mondiali e il Vecchio Continente aveva aperto le sue frontiere per lavori che i locali non intendevano più esercitare. La Seconda Generazione è finita nel 1970. In tempi assai meno amari dei precedenti. L’intolleranza non era del tutto debellata, ma la nostra Comunità già aveva iniziato quel percorso d’integrazione che si sarebbe completato con l’affermarsi della nostra Terza Generazione. Inquadrata col 1990.

 Nata all’estero, sempre meno psicologicamente italiana e molto bene assimilata con la società ospite. Questa fitta umanità andrà a terminare il ciclo di monitoraggio quest’anno. Fuori d’Europa, il processo d’integrazione è stato anche più rapido. Per l‘America meridionale è normale scrivere già di Quarta Generazione. In pratica di cittadini, con passaporto nazionale, che non parlano neppure bene la loro lingua originaria ed hanno più interessi nel Paese che li ospita che nella lontana Italia.

 I futuri cicli generazionali andranno a perdere le tradizioni, la cultura, le usanze della Penisola e l’italianità saranno più un senso di nostalgia del passato, che orgoglio d’origine. Ne prendiamo atto; non potendo fare altrimenti. L’Italia dei Migranti nel Vecchio Continente ha terminato la sua impresa storica. Ora sono tutti cittadini europei.

Manca, però, anche in questo 2024, un giusto peso politico, in pratica di rappresentatività, per gli eletti nel Parlamento italiano dall’estero. Probabilmente, prima del completarsi di questo ciclo generazione, il diritto di voto sarà modificato. Se ciò si dovesse verificare, ovviamente con una nuova legge elettorale, il concetto d’equità, a lungo cercato, potrebbe completarsi. Più che un auspicio ci sembra una certezza. Giorgio Brignola, de.it.press

 

 

 

Cgie. Commissione Europa: sfide per una effettiva cittadinanza europea

 

ROMA - La tenuta delle elezioni europee e la situazione critica degli enti gestori, sempre con lo sguardo rivolto allo stato dei servizi consolari, sono stati i temi al centro dell’attenzione della Commissione continentale Europa e Africa del Nord del Cgie accanto al rinnovato impegno a rilanciare il progetto de “L’Europa in movimento”, centrale per le numerose sfide legate alla mobilità e a una effettiva cittadinanza europea, nonché all’esigenza di rappresentare le collettività italiane in Africa del Nord, che da due Consiliature non ha potuto esprimere suoi esponenti in seno al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero.

Nel corso della riunione svoltasi a margine dell’Assemblea plenaria dello scorso giugno, la Commissione ha tracciato un bilancio dell’attività svolta nel primo anno, durante il quale è stata presieduta da Maria Chiara Prodi, poi eletta Segretaria generale, e definito le direttrici per il resto della Consiliatura. Dal 18 giugno 2024 la Commissione è guidata dal nuovo vicesegretario generale Giuseppe Stabile.

Riguardo le elezioni europee, diversi Consiglieri hanno sottolineato gli sforzi intrapresi dai Parlamentari eletti all’estero, in particolare per garantire continuità di partecipazione ai connazionali residenti nel Regno Unito a seguito della Brexit, oggetto anche dell’analisi di un apposito gruppo di lavoro.

Il dibattito intorno alla partecipazione alla vita politica rispetto allo status di cittadino comunitario ha portato la Commissione a esprimersi unanimemente in merito all’opportunità di mettere in discussione il principio che permette di scegliere se votare per i candidati del Paese d’origine o di residenza. Promuovere il voto per i candidati italiani rafforza la visione dei connazionali emigrati come parte integrante della comunità civile italiana, ma si sottolinea che votare per i soli candidati locali razionalizzerebbe i costi e minimizzerebbe i rischi, oltre a rappresentare un segno concreto di integrazione. Le liste transnazionali potrebbero infine porsi come risposta al bisogno di rappresentanza della mobilità contemporanea.

L’analisi della recente tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo ha posto in evidenza una serie di criticità relative al voto per i candidati italiani: innanzitutto la scadenza per esprimere l’opzione troppo anticipata rispetto alla data delle consultazioni e peraltro non omogenea tra i vari Stati membri, aspetto che ha inciso negativamente sulla partecipazione; la difficoltà di raggiungere i seggi nelle circoscrizioni molto estese; la carenza di informazione politica, le inefficienze rispetto alle modalità di invio dei cedolini e la mancanza di controlli sull’espressione del voto da parte dei cittadini con doppia nazionalità.

Per la Commissione è “fondamentale” un confronto degli albi dei cittadini in mobilità a livello europeo, nonché uno studio comparativo sui costi, sull’efficienza e sulle criticità delle diverse modalità di voto, allo scopo di uniformarne il meccanismo.

Si è poi sottolineata l’importanza che il CGIE sia messo nelle condizioni di riunire le Commissioni d’area sul territorio per favorire la comunicazione delle attività svolte e far comprendere alle collettività italiane all’estero il suo fondamentale ruolo. Allo scopo, diversi Consiglieri hanno evidenziato l’opportunità di patrocinare eventi locali con il coinvolgimento anche dei Com.It.Es.

In merito alla promozione della lingua italiana all’estero, è stata evidenziata la situazione di sofferenza degli enti gestori a causa dei tagli ai contributi (-45% delle risorse in Germania), stigmatizzando l’assenza di tale importante tematica dalla Relazione di Governo presentata al Comitato di Presidenza nel maggio scorso. Secondo la Commissione è necessaria un’analisi che tenga conto delle specificità territoriali in merito all’offerta dei corsi, utile per valutare l’accesso effettivo al diritto all’insegnamento della lingua ai figli degli emigranti; chiede inoltre, a fronte della nuova ripartizione dei finanziamenti, che vengano forniti i dati relativi agli enti gestori che hanno richiesto un contributo e a quanti invece vi hanno rinunciato. Contestato anche l’approccio “a progetto” per l’attribuzione dei fondi, che non corrisponde alle necessità di programmazione del percorso di studi e segnalati i numerosi casi di responsabili degli enti costretti a esporsi a titolo personale con le banche per garantire gli stipendi ai docenti, attesa l’attuale calendarizzazione del contributo.

Secondo la Commissione, trascurare i sempre più numerosi figli degli emigranti costituisce una scelta miope poiché mantenere vivo il loro legame con l’Italia rappresenta un investimento per il futuro del Paese.

Infine, è stata evidenziata l’opportunità di approfittare dell’insediamento del nuovo Parlamento e della Commissione UE per rappresentare in tali sedi le istanze della Commissione continentale. La relazione completa è su  

https://www.cgieonline.it/wp-content/uploads/2024/08/Relazione-Commissione-Europa-e-Africa-del-Nord-17-06-24.pdf  aise/dip 6

 

 

 

 

Un videogioco per promuovere il Made in Italy

 

ROMA - Nell’ambito delle attività a supporto della formazione delle competenze digitali e dei progetti legati alle tecnologie emergenti, in continuità con la prima edizione di “Let’s Cyber Game”, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha indetto “Italian Game 2025”, concorso nazionale dedicato all’ideazione e allo sviluppo di un videogioco incentrato sulla promozione del Made in Italy.

Questa edizione, che riprende la struttura e le modalità di svolgimento del precedente contest, è rivolta agli studenti iscritti agli ITS Academy italiani, alle Università e alle scuole di formazione specializzate nel settore del gaming, con l’obiettivo di stimolarne l’autoimprenditorialità, sfruttando le potenzialità d’innovazione del mercato.

La promozione, la tutela e la valorizzazione delle eccellenze del Made in Italy sarà il tema intorno al quale i team dei partecipanti dovranno ideare e sviluppare la struttura del videogame che dovrà avere una valenza significativa a fini didattici, formativi e di impatto sociale, promuovendo una esperienza immersiva del giocatore.

I team che intendono partecipare alla challenge nazionale dovranno presentare la propria candidatura entro il 30 ottobre 2024, compilando l’apposito form online al link https://www.mimit.gov.it/it/incentivi/italiangame2025

Il processo di selezione dei progetti si svilupperà in diverse fasi: una fase preselettiva che si concluderà nel mese di dicembre 2024, durante la quale i team dovranno inviare un breve filmato con la demo del videogioco ideato e un documento che metta in luce gli elementi innovativi e la spendibilità a fini didattici; una fase finale che si concluderà a giugno 2025, che vedrà la proclamazione dei tre migliori progetti vincitori a cui verranno consegnati premi del valore di 5.000, 10.000 e 15.000 euro.

I progetti che accederanno alla fase finale saranno annunciati nel corso della manifestazione “Rome Videogame Lab25”, in programma a gennaio 2025 presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma.

La cerimonia di premiazione dei vincitori, invece, sarà organizzata a Firenze nell’ambito della manifestazione “First Playable”, evento B2B di riferimento per l'industria dei videogiochi in Italia.

Tutte le candidature saranno esaminate da una commissione tecnica che terrà conto dei parametri di creatività e originalità, qualità del gameplay e appetibilità del gioco per il mercato, oltre alla promozione e la tutela delle opere e dei prodotti italiani e la sensibilizzazione dei giovani verso professioni artigianali e creative legate alle eccellenze delle manifatture.

Il contest è realizzato in collaborazione con Invitalia. (aise/dip 9) 

 

 

 

Anagrafe e Aire: conclusa l’integrazione dei dati elettorali in ANPR

 

ROMA - I dati elettorali di tutti i cittadini italiani sono ora nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), la banca dati gestita dal Viminale.

Un “traguardo significativo per l’evoluzione digitale del Sistema Italia”, sottolinea il Ministero dell’Interno, rimarcando il lavoro comune insieme al Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’impegno di tutti i Comuni italiani.

L’integrazione porterà “importanti i benefici”, sul fronte della semplificazione, sia per i cittadini che per le pubbliche amministrazioni.

Grazie a questi nuovi servizi, infatti, tutti i residenti in Italia e i cittadini italiani residenti all’estero iscritti nelle liste elettorali potranno consultare la propria posizione elettorale, e avranno la possibilità di conoscere, tra l’altro, il Comune e la sezione presso cui recarsi in occasione delle consultazioni elettorali.

Sarà inoltre possibile richiedere e scaricare telematicamente il certificato di iscrizione nelle liste elettorali o il certificato di godimento dei diritti politici.

Inoltre, i cittadini comunitari, residenti in Italia e non ancora presenti nelle liste elettorali del Comune di residenza, potranno richiederne l’iscrizione direttamente online.

Per utilizzare i servizi è necessario accedere all'Area riservata di ANPR, autenticandosi tramite SPID, CIE, CNS o eIDAS. (aise/dip 26)

 

 

 

 

Il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero Vignali fa il punto sul Progetto Italea

 

ROMA – Nella puntata di “Casa Italia” di oggi si è parlato del progetto Italea per il Turismo delle radici, con il Direttore Generale per gli Italiani all’estero e Politiche migratorie Luigi Maria Vignali. “Intanto sono contento – ha esordito il Direttore Generale rivolgendosi alla conduttrice del programma dopo la messa in onda del servizio di presentazione del Progetto Italea – che abbiate apprezzato il nome Italea, in effetti è molto significativo, perché la talea è quell’arte botanica che si prefigge di far rifiorire le piante, anche a grande distanza. In questo modo noi vogliamo rappresentare come dal tronco italiano siano fiorite molte collettività in giro nel mondo, tanti rami con identità, cultura e tradizioni però tipiche dell’Italia. Anche dal punto di vista pratico il nome Italea non ha bisogno di essere tradotto ed è facilmente comprensibile, il nastro che gira che abbiamo visto nel servizio rappresenta le collettività italiane, che viaggiano e tornano, che si intrecciano, che portano ovunque la nostra cultura ed i nostri valori”. “Abbiamo deciso di privilegiare nel Progetto – ha poi spiegato Vignali – quel grande patrimonio di cultura tipica italiana, delle tradizioni italiane, dall’enogastronomia, dell’artigianato, delle produzioni folcloristiche e della musica. Abbiamo quindi tantissimo da dire, da raccontare, cosa che potremmo fare in questo anno in particolare e che stiamo già facendo”.  Il Direttore Generale si è poi soffermato sulle origini del Progetto : “Ci sono 80 milioni di italo discendenti nel mondo e su questo punto siamo partiti già dal 2018, quando insieme all’Enit ed al Ministero del Turismo abbiamo creato un tavolo di confronto per immaginare un progetto volto a riportare in Italia tanti connazionali e italo discendenti, che nel nostro Paese non erano mai stati e che volessero conoscere i luoghi di origine e i borghi da dove partivano i loro antenati. In questo programma – ha proseguito Vignali – abbiamo coinvolto attori istituzionali, privati e poi siamo arrivati a Italea. Un progetto , che attenziona anche una dimensione economica importante, perché abbiamo calcolato un indotto di 65 miliardi di euro, dovuto appunto a questa grande collettività di italo discendenti nel mondo. Ma, oltre al valore economico, vi è anche il dialogo con le nostre comunità, la possibilità di farle tornare in Italia a riscoprire le loro origini”. “ In questo ambito –  ha continuato il Direttore Generale -abbiamo messo insieme un programma  di agevolazioni, anche con grandi aziende, per i trasporti, per la spedizione di acquisti che si fanno qui in Italia e per l’accoglienza, poi c’è questo partenariato con i comuni italiani, fortemente voluto dal Ministro degli Esteri Tajani, che consente di preparare i piccoli comuni e i borghi, che sono proprio le realtà in cui vanno i nostri italo discendenti, i nostri italiani all’estero, ad accogliere i viaggiatori delle radici  con feste, tradizioni, con spazi messi a disposizione, o anche ricerche genealogiche d’archivio. Insomma, tutta una serie di attività culturali, in parte divertenti, in parte volte alla scoperta delle proprie origini. Tutto questo è importante per la ripresa delle aree interne italiane e per il ripopolamento, anche perché chi torna in Italia magari acquista anche una casa, magari ci torna pure a vivere, ci porta gli amici stranieri e quindi si creano tante opportunità”. Su richiesta della conduttrice Vignali ha poi illustrato i prossimi appuntamenti del Progetto Italea: “A Buenos Aires tra pochi giorni si terrà la fiera internazionale del turismo, è l’appuntamento più importante dell’America latina per gli operatori turistici. Noi andremo in questo contesto con il progetto Italea, con 10 gruppi regionali, e presenteremo attività enogastronomiche, musicali, artigianali, insomma faremo una presentazione molto importante, perché sono tanti gli italiani e italo discendenti vivono in America latina. Vi sarà poi- ha aggiunto Vignali – l’Australia che è un grande obiettivo del programma Italea, proprio perché la distanza fa sì, che ci sia questa voglia di riscoprire le origini, di riscoprire l’Italia. Saremo quindi a Melbourne a ‘Italian Festa’ all’inizio di ottobre, ci andrò anche io proprio perché è un appuntamento di rilievo , ed anche lì presenteremo tutte le attività della nostra cultura. A seguire – ha segnalato infine il Direttore Generale – abbiamo New York che sarà uno dei momenti più importanti di tutto l’anno, perché ci inseriremo nel programma di festeggiamenti, che tradizionalmente si sviluppa attorno al Columbus Day, che quest’anno sarà celebrato sicuramente lunedì 14 ottobre, con la sfilata tradizionale sulla Fifth Avenue. Vi saranno una banda musicale, dei gruppi mascherati e 15 gruppi regionali.  Sarà davvero una festa italiana, con il quale continuare e rilanciare questo programma Italea”. (L.M.– Inform/dip 26)

 

 

 

Farnesina: Nuova guida alle notifiche all’estero in materia civile e commerciale

 

ROMA – E’ disponibile l’edizione 2024 della Guida alle notifiche all’estero degli atti giudiziari ed extra-giudiziali in materia civile e commerciale, curata dalla Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie- Unità per la tutela degli italiani all’estero e per la Cooperazione giudiziaria internazionale Sezione IV. Il documento – consultabile al link: Guida notifiche – consentirà ai cittadini e ai loro legali di verificare rapidamente le modalità operative e le formalità richieste da ogni singolo Paese straniero per la notifica degli atti, con l’obiettivo di facilitare e velocizzare l’iter procedurale e migliorare la collaborazione tra Uffici giudiziari in Italia, Autorità straniere e Rappresentanze diplomatico-consolari nel mondo. Grazie alla nuova guida, cittadini e addetti ai lavori potranno contare su un nuovo strumento versatile e dinamico, che sarà periodicamente aggiornato in stretta collaborazione con le Ambasciate italiane all’estero, per un suo puntuale e capillare utilizzo da parte di tutti gli interessati. Si legge nella introduzione alla guida: “La disciplina delle notifiche all’estero è molto complessa e le procedure previste sono il frutto della stratificazione di norme contenute in fonti di rango diverso. In questo contesto la guida si propone come strumento di orientamento e come ausilio essenziale e pratico per gli addetti del settore e per la rete diplomatico – consolare. Questa edizione, oltre a riportare gli strumenti normativi (nazionali, internazionali e dell’U.E.) applicabili alle diverse fattispecie, illustra per singolo Paese, grazie alle informazioni fornite dalla Rete diplomatico – consolare raccolte dall’Unità per la Tutela degli italiani all’estero e della cooperazione giudiziaria internazionale della Farnesina, le indicazioni procedurali e di prassi che si sono rivelate di uso più frequente”.  (Inform/dip 27)

 

 

 

 

Steinmeier nennt Massaker in Marzabotto „Tage in der Hölle“

 

Das NS-Massaker im italienischen Marzabotto vor 80 Jahren hat Bundespräsident Frank-Walter Steinmeier als „Tage in der Hölle“ bezeichnet. Am Sonntag nahm er dort an einer Gedenkveranstaltung teil.

 „Die SS-Männer mordeten in jenen Tagen im Herbst 1944 wie in einem Blutrausch. Sie sperrten die Menschen in Häusern ein und warfen Handgranaten hinein. Brannten Ställe, Wohnhäuser, Kirchen, Kapellen nieder. Sie kannten kein Erbarmen, keine Menschlichkeit, nicht einmal für Frauen, Priester, betagte Männer. Und auch nicht für Kinder, so viele Kinder", sagte Steinmeier laut vorab verbreitetem Redemanuskript am Sonntag bei einer Gedenkveranstaltung in Marzabotto.

Das grausamste aller Verbrechen

Als die Deutschen abgezogen seien, seien 771 Menschen tot gewesen, darunter mehr als 300 Frauen und über 200 Kinder, sogar Säuglinge. „Das Massaker von Marzabotto war das grausamste aller Verbrechen, die deutsche Truppen in Italien während des Zweiten Weltkrieges begangen haben“, betonte das deutsche Staatsoberhaupt. Steinmeier bat im Namen Deutschlands um Vergebung. Die Opfer und die Nachfahren hätten ein Recht auf Erinnerung. „Die ganze Gegend hier am Monte Sole trägt bis heute tiefe, sichtbare Narben. Und ich weiß: Der Schmerz ist noch größer, weil die meisten Verbrechen nie gesühnt wurden. Das ist die zweite Schuld, die wir Deutschen auf uns geladen haben.“

Sich zu erinnern, damit nicht wieder geschehe, was einmal geschehen sei, sei die Verantwortung vor der Geschichte, gerade für Deutsche. „Und diese Verantwortung kennt keinen Schlussstrich", sagte der Bundespräsident. „Europa hat nur dann eine friedliche Zukunft, wenn wir Deutschen diese Verantwortung vor der Geschichte niemals vergessen und sie verteidigen.“

Weg der Versöhnung und der Freundschaft

An Italiens Staatspräsidenten Sergio Mattarella gewandt sagte Steinmeier: „Unsere beiden Länder wissen, dass die Demokratie, einmal errungen, nie selbstverständlich ist. Wir wissen, dass Freiheit und Demokratie geschützt und verteidigt werden müssen, dass überzogener Nationalismus zu Krieg führt." Er betonte, dass der „Weg der Versöhnung und der Freundschaft“ weitergegangen werden müsse.

Rund um den 29. September töteten Einheiten von SS und Wehrmacht Hunderte Zivilisten und zerstörten fast alle Häuser in der Region um Marzabotto. Die Deutschen hatten das Morden als Strafaktion gegen Partisanen der Gruppe „Stella Rossa“ (Roter Stern) bezeichnet. Wie auch andere Kriegsverbrechen belastete Marzabotto lange das Verhältnis zwischen Deutschland und Italien. (kna 29)

 

 

 

 

Rechtsextreme FPÖ gewinnt Parlamentswahl in Österreich

 

Die Umfragen kennen seit einem Jahr nur einen Sieger: die FPÖ. Die Demoskopen hatten recht. Aber der Triumph der Rechtsextremisten trägt sie wohl nicht ins Kanzleramt. Die Partei fordert Rückführung von Migranten und Homogenität statt Diversität.

Die rechte FPÖ wird laut Hochrechnung erstmals bei einer Parlamentswahl stärkste politische Kraft in Österreich. Die Rechtspopulisten kamen auf 29,1 Prozent der Stimmen und lagen somit deutlich vor der konservativen Kanzlerpartei ÖVP, wie aus Daten im Auftrag des ORF hervorgeht. Für die FPÖ bedeutet dies ein Plus von 13 Prozentpunkten gegenüber 2019.

Die konservative ÖVP von Kanzler Karl Nehammer erhielt den Daten zufolge 26,2 Prozent (minus 11,2 Prozentpunkte). Laut Hochrechnung stimmten 20,4 Prozent der Wähler für die sozialdemokratische SPÖ. Damit liegt die SPÖ im Bereich ihres Rekordtiefs von 21,2 Prozent von 2019. Die Grünen können den Angaben zufolge mit 8,6 Prozent (minus 5,3 Prozentpunkte) rechnen, die liberalen Neos mit 8,8 Prozent – das wäre ein kleines Plus. Die Hochrechnung des Foresight Instituts wurde im Auftrag des Senders ORF erstellt.

Die Bierpartei und die kommunistische KPÖ scheitern voraussichtlich an der Vier-Prozent-Hürde. Insgesamt waren knapp 6,4 Millionen Bürger aufgerufen, ein neues Parlament zu wählen. Zuletzt wurde das Land von einer Koalition aus ÖVP und Grünen regiert.

Die deutlichen Zugewinne der FPÖ liegen im europaweiten Rechtstrend. Quer durch Europa haben rechte Parteien Zulauf bekommen, etwa in den Niederlanden Geert Wilders und seine rechtsradikale Partei für die Freiheit (PVV), die italienische Rechtspartei Fratelli d’Italia (Brüder Italiens) mit Giorgia Meloni an der Spitze oder das rechtsnationale Rassemblement National (RN) mit Marine Le Pen in Frankreich. In Deutschland erzielte die AfD große Erfolge bei den Landtagswahlen in Sachsen, Thüringen und Brandenburg.

FPÖ fordert Rückführung von Migranten

Für die Rechtspopulisten unter ihrem Parteichef Herbert Kickl wäre der Sieg bei der Nationalratswahl ihr bisher größter Triumph. Die ÖVP hatte bis zuletzt darauf gehofft, die FPÖ auf der Zielgeraden noch zu überholen. Kanzler Nehammer versuchte, sich als verantwortungsvolle Alternative zu Kickl zu positionieren.

In ihrem Wahlprogramm hatte die FPÖ unter dem Motto „Festung Österreich – Festung Freiheit“ für eine extrem restriktive Migrationspolitik geworben. Die Partei fordert eine Rückführung von Migranten in ihre Heimatländer und wünscht sich als Gegenentwurf zur international vielfach angestrebten Diversität „Homogenität“ in der Gesellschaft. Außenpolitisch sieht die FPÖ die EU äußerst kritisch. Gegenüber Russland fährt sie trotz des Ukraine-Kriegs einen eher wohlwollenden Kurs und sieht kein Problem in der Abhängigkeit Österreichs von russischem Gas.

Hohe Hürden vor Kanzlerschaft von Kickl

Trotz des Siegs dürfte es für Kickl sehr schwer werden, nächster Kanzler zu werden. Alle Parteien lehnen bisher eine Zusammenarbeit mit dem 55-Jährigen ab, unter dessen Ägide die FPÖ zum Beispiel ihre einstige Distanz zu den als rechtsextrem eingestuften Identitären aufgegeben hat. Bundespräsident Alexander Van der Bellen muss den Auftrag zur Regierungsbildung nicht zwingend der stimmenstärksten Partei übertragen. Der ehemalige Grünen-Chef hat immer wieder seine Kritik an politischen Positionen der FPÖ in Sachen EU und Migration deutlich gemacht.

So gilt es als wahrscheinlich, dass Kanzler Nehammer den Auftrag bekommt, eine Regierungskoalition zu schmieden. Als Koalitionspartner bietet sich aus Sicht der ÖVP inhaltlich zwar die FPÖ an, aber der Regierungschef hat mehrfach und nachdrücklich klargemacht, dass er eine Zusammenarbeit mit Kickl ausschließt. „Kickl ist nicht in der Lage, Regierungsverantwortung zu tragen.“ Nehammer hatte auch angekündigt, keine Koalitionsverhandlungen mit dem FPÖ-Chef zu führen.

Die Alternative zur FPÖ ist die SPÖ. Allerdings gilt ein Bündnis als schwierig, weil SPÖ-Chef Andreas Babler die Sozialdemokraten mit Forderungen wie der nach einer 32-Stunden-Woche weit nach links gerückt hat. Ob sich Babler angesichts des Ergebnisses im Amt halten kann, ist eine der sich nun aufdrängenden Fragen.

FPÖ ganz rechts

Die Freiheitliche Partei Österreichs wurde 1955 gegründet. In den Jahren nach dem Zweiten Weltkrieg warben mehrere Parteien, darunter die sozialdemokratische SPÖ und die konservative ÖVP, um die Stimmen der vielen ehemaligen Nationalsozialisten. Besonders galt dies jedoch für die FPÖ, die sich im sogenannten nationalliberalen politischen Lager positionierte. Der erste FPÖ-Chef war ein ehemaliger hochrangiger SS-Offizier und NS-Politiker. Sein Nachfolger hatte ebenfalls eine SS-Vergangenheit.

Die Partei errang jahrzehntelang nur einstellige Wahlergebnisse und wenige Sitze im Parlament. Das änderte sich, als Jörg Haider 1986 den Vorsitz der FPÖ übernahm. Er führte sie bei der Wahl 1999 zu einem Rekordergebnis von 27 Prozent. Haider starb 2008 bei einem Autounfall. Seine populistischen Positionen gegen Migration prägen die Partei bis heute.

Die Rechten regierten in den 80er Jahren mit der SPÖ, Anfang der 2000er mit der ÖVP. Eine neue Koalition von Konservativen und Rechten unter ÖVP-Kanzler Sebastian Kurz zerbrach 2019, als beide Parteien im Zuge der Ibiza-Affäre unter Korruptionsverdacht gerieten. (dpa/mig 29)

 

 

 

 

Staatsbesuch des Präsidenten Sergio Mattarella in Nordrhein-Westfalen

 

Am Samstag, 28. September 2024, besuchen der Präsident der Italienischen Republik, S.E. Sergio Mattarella, und Frau Laura Mattarella Nordrhein-Westfalen. Gemeinsam mit Ministerpräsident Hendrik Wüst, der stellvertretenden Ministerpräsidentin Mona Neubaur, dem italienischen Außenminister Antonio Tajani und Bundespräsident Frank-Walter Steinmeier wird es verschiedene Termine in Bonn und Köln geben. Unter anderem stehen die Teilnahme an einer Klimakonferenz der Vereinten Nationen in Bonn sowie Besuche in der Hohen Domkirche zu Köln und ein Austausch mit Vertreterinnen und Vertretern der italienischen Gemeinschaft im Historischen Rathaus Köln auf dem Programm. Am Abend findet ein Abendessen auf Einladung von Ministerpräsident Hendrik Wüst in der Flora Köln statt.

Im Rahmen des Staatsbesuchs kamen Präsident Mattarella, Außenminister Tajani, Ministerpräsident Wüst und Europaminister und Chef der Staatskanzlei des Landes Nordrhein-Westfalen Nathanael Liminski zu einem bilateralen Gespräch zusammen. Themen waren unter anderem die aktuellen europäischen Herausforderungen, insbesondere bei der Migration.

Ministerpräsident Hendrik Wüst: „Präsident Mattarella ist ein durch und durch überzeugter Europäer. In einer Zeit, in der wir mehr denn je in Europa zusammenstehen müssen, verleiht Präsident Mattarella diesem Zusammenhalt in Italien seine starke Stimme. Insbesondere die aktuellen europäischen Herausforderungen wie die Migration, die Wahrung der Inneren Sicherheit und die Zukunftsfähigkeit der Wirtschaft einen unsere beiden Länder. Dass Präsident Mattarella im Rahmen seines Staatsbesuchs auch nach Nordrhein-Westfalen kommt, ist uns deshalb eine große Freude. Denn mit Italien sind wir in besonderer Weise verbunden. Zahlreiche Menschen in Nordrhein-Westfalen haben italienische Wurzeln, unsere zivilgesellschaftlichen und wirtschaftlichen Beziehungen sind eng. Es geht vor allem darum, einen Beitrag zur deutsch-italienischen Freundschaft und zum Zusammenhalt in Europa zu leisten. Die Regionalpartnerschaft mit der italienischen Region Piemont bekräftigt dies.“

Stellvertretende Ministerpräsidentin Mona Neubaur: „Italien und Nordrhein-Westfalen sind langjährige Partner. Unsere Länder sind gesellschaftlich und wirtschaftlich durch unzählige Kontakte eng miteinander verbunden. Jeder vierte in Deutschland lebende Italiener ist bei uns in Nordrhein-Westfalen zu Hause. Rund 600 italienische Unternehmen beschäftigen insgesamt rund 24.000 Menschen in Nordrhein-Westfalen. Diese Nähe haben wir auch der jahrelangen aktiven Zuwanderungspolitik zu verdanken, die zurückgeht auf die Anwerbeabkommen in den Fünfziger-Jahren. Das ist eine echte Erfolgsgeschichte für die Menschen in unserem Land und unsere Wirtschaft. Wir freuen uns daher sehr, dass mit dem Besuch des italienischen Staatspräsidenten S.E. Sergio Mattarella und seiner Tochter Laura Mattarella die Beziehungen zwischen Nordrhein-Westfalen und Italien weiter vertieft werden. Uns verbinden auch die Herausforderungen, etwa bei der Transformation der Wirtschaft und unseres Energiesystems, bei denen wir in einem wirtschaftlichen starken und freien Europa zusammen Lösungen finden und voneinander profitieren.“

Beziehungen Nordrhein-Westfalen und Italien

Italien ist für Nordrhein-Westfalen ein wichtiger Handelspartner (Platz sieben). Besonderer Fokus liegt dabei auf dem Ausbau der Regionalpartnerschaft mit Piemont, insbesondere bei den Zukunftsthemen Künstliche Intelligenz, Wasserstoff und autonomes Fahren. Ministerpräsident Wüst war zuletzt im vergangenen Jahr zum Gespräch mit Außenminister Antonio Tajani in Italien. Wirtschaftsministerin Neubaur besuchte im Frühjahr dieses Jahres Mailand und Turin. Anfang September war eine piemontesische Fachdelegation zum Thema autonomes Fahren in Nordrhein-Westfalen zu Gast. Insgesamt leben über 140.000 italienischstämmige Menschen in Nordrhein-Westfalen.

Sergio Mattarella ist seit dem 3. Februar 2015 der zwölfte Präsident der Italienischen Republik. Es ist der erste Staatsbesuch des Präsidenten in Nordrhein-Westfalen. Land.nrw 28

 

 

 

 

Migration: Auf Fakten statt Parteipolitik setzen

 

Migranten sollen bereits an der Grenze überprüft werden, ob sie Aussicht auf Asyl haben. Dazu kann sich die Ampel nicht durchringen. FDP und Grüne erklären: Dies widerspreche EU-Recht. Den Bürgern werden entscheidende Informationen vorenthalten. von Eckhard Bieger

 

Deutschland gefährdet das Geschäft der Schleuser:

1.Migranten bezahlen einen hohen Preis, um in die EU zu kommen. Deutschland bietet sich wegen seiner offenen Grenzen an. Für die Schleuser ist der Auftrag erfüllt, wenn ihr Auftraggeber deutschen Boden betritt. Gelingt Ihnen das nicht, bekommen Sie kaum noch Aufträge. Das Geschäft lohnt sich bei etwa € 10.000 Honorar. Konsequenz: Die Chance, die Vorteile des deutschen Rechts- und Sozialstaates sind weiterhin käuflich

2.Entscheidend ist die Einreise deshalb, weil die Migranten die Vorteile des Rechtsstaates in Anspruch nehmen. Dessen Gerichte handeln nicht nur für Staatsbürger, sondern für jeden innerhalb des deutsche Staatsgebiets. Dieser Sachverhalt wird von den Parteien nicht in die Diskussion gebracht und von den Journalisten nicht recherchiert. Die Bürger bekommen nicht erklärt, worin der erhebliche rechtliche Unterschied zwischen Überprüfung vor Grenzübertritt und Einreise besteht. Die Migranten erhalten einen Rechtsanspruch und Rechtsanwälte vertreten sie.

3.Die Migranten dürften nach dem Dubliner Übereinkommen gar nicht an der deutschen Grenze ankommen. Sie müssten in den Ländern überprüft werden, in denen sie das Gebiet der EU erreichen. Diese Länder an den Außengrenzen können diese Last nicht alleine schultern. Deshalb ist verständlich, dass sie Migranten an das Land weiterleiten, das seine Grenzen am meisten offenhält.

4.Das Dubliner Abkommen ist ein Vertrag, der fast sittenwidrig ist. Polen, Ungarn, Griechenland, Malta, Italien, Spanien u.a. Staaten sollen die Last allein tragen. Frontex, die EU-Agentur für Grenz- und Küstenwache, hat eigene Kräfte für den Einsatz an den EU-Außengrenzen, kann aber offensichtlich den immer noch wachsenden Migrationsstrom nicht steuern.

Die Vereinbarung von Dublin kann offensichtlich von den Ländern an der EU-Außengrenzen nicht alleine bewältigt werden. Nichte zuletzt deshalb, weil Deutschland wegen seiner im Vergleich hohen Sozialleistungen immer noch eine Ausstrahlung hat und es deshalb das Geschäft der Schleuser massiv unterstützt. Deutschland ist daher mehr als z.B. Griechenland oder Italien in der Pflicht, das Dubliner Abkommen für diese u.a. Länder gerechter zu gestalten. Am ehesten würde Deutschland diese Länder entlasten, wenn es die Zuwanderer nicht die Migranten bevorzugt.

ungerecht gegenüber den Fachkräften, die in Deutschland arbeiten wollen

5.Diese Praxis verhindert, dass diejenigen, die wirklich als Asylsuchende die Hilfe eines reichen Staates verdienen, mit Wirtschaftsflüchtlingen in einen Topf geworfen werden und ihnen die notwendige Anerkennung, hier sein zu dürfen, vorenthalten wird.

6.Mit in den Topf sind auch die die ausländischen Fachkräfte geraten, die mit einem Arbeitsvertrag und Grundkenntnissen der deutschen Sprache nach Deutschland kommen. Diese mussten in ihrem Heimatland einen Sprachtest bestehen, die von Schleusern Gebrachten „können“ Deutsch lernen. Müssen sie nicht, denn sie bekommen das Geld ohne zu arbeite, was sich die ausländischen Fachkräfte erst verdienen müssen.

7.Das Deutschland für Wirtschaftsflüchtlinge so anziehend ist und damit für die übrige EU-Länder zum Problem wird, zeigt folgende Regelung: Migranten, die eigentlich ausgewiesen werden sollen, erhalten nach 36 Monaten Bürgergeld. Da eine Abschiebung kaum gelingt, muss man nur Geduld haben, um wie deutsche Sozialhilfeempfänger finanziert zu werden.

Man kann also nach Deutschland kommen, um dort auf Kosten der dort arbeitenden Menschen, auch derjenigen, die aus dem Ausland zugewandert sind. Wenn man arbeiten will und damit Steuern- und Renten- und Krankenkassenbeiträge bezahlt, stößt man auf hohe Hürden, die man nur überwinden kann, wenn man mit Deutschkenntnisse und eine entsprechende Ausbildung vorweisen kann. Insofern beutet Deutschland ärmere Länder aus, denn diese haben die Ausbildung der Fachkräfte finanziert.

Grenzkontrolle oder Sozialleistungen

Die Abweisung bereits an der Grenze, ohne dass Migranten das Rechtsgebiet Deutschland betreten, klingt logisch, würde aber nur bedeuten, dass die Staaten, die durch Dublin bereits überfordert sind, diese Personen wieder aufnehmen müssten. Eine Grenzkontrolle ist auch deshalb nicht wirksam, weil die Schleuser die Schlupflöcher kennen.

Abwehrend ist der Entzug der Sozialleistungen. Wer abgewiesen ist, bekommt. Griechenland und die Niederlange stellen für abgelehnten Asylbewerbern Zahlungen ein. Nur wer ausreist, bekommt noch Geld.

Migranten sind eigentlich Touristen

Die Schleuser preisen Deutschland als ein Paradies an, in das man sich für 10.000 Euro bringen lassen kann. Es ist deshalb verständlich, dass sie Ansprüche wie Touristen stellen, die für ihr Geld etwas erwarten. Damit erzeugen sie die Animositäten, die sich dann auch gegen ausländische Fachkräfte und Asylanten wenden. Da die Bürger zwischen Migranten und Fachkräften nicht unterscheiden können, erschwert das die Integration der Fachkräfte, die hier arbeiten und nicht von Sozialhilfe leben wollen.

Andere belasten

Wer soll eigentlich die Integration leisten. Es sind doch das Küchenpersonal, die Reinigungsdienste, die Erzieherinnen, die Lehrer und Lehrerinnen, die Nachbarn, die Sportvereine und Kirchengemeinden. Das sind wohl nicht die Wähler der Grünen. Zwar trifft deren gehobene Schicht in Firmen mit Standorten in der ganzen Welt auf Afrikaner, Lateinamerikaner und Asiaten. Diese sind allerdings gut ausgebildet und kommen bereits als Mitglied eines deutschen Unternehmens in die Zentrale. Diese müssen selten Deutsch lernen, weil die deutschen Kollegen und Kolleginnen sehr gut Englisch sprechen.

Zahlen: 2024 lebten nach Aussage der Bundesregierung 3,48 Millionen Flüchtlinge in Deutschland, 60.000 mehr als 2023. Zu ihnen gehören die Flüchtlinge aus der Ukraine u.a. Kriegsgebieten, die nur eine Aufenthaltsgenehmigung haben. 226.882 müssen ausreisen, werden aber meist nicht von ihren Herkunftsländern wieder aufgenommen. Etwa 30% der deutschen Bevölkerung sind Migranten oder Kinder von Migranten 2023 wurden um die 315.915 Asylanträge gestellt

Sozialleistungen des Bundes

Direkte Zahlungen an Migranten 2023 11,2 Milliarden Zahlungen an andere Länder gegen Ursachen der Migration 9,2 Milliarden Unterstützung der Kommunen 3,9 Milliarden Zahlungen für Integration, z.B. Sprachkurse 3 Milliarden hinzukommen die Aufwendungen der Kommunen für Wohnraum u.a. Weitere Daten finden sich im Internet

Eckhard Bieger S.J., Jan Dorau, Dieter Reuss Kath.de 28

 

 

 

 

Papst warnt Europa von Brüssel aus vor Krieg

 

Papst Franziskus hat Europa von Brüssel aus aufgefordert, „die Gefahr, die Schande und die Absurdität des Krieges abzuwehren“. Wer Grenzen und Verträge verletze und auf Waffengewalt setze, der öffne „die Büchse der Pandora“. Breiten Raum nahm in der Ansprache des Kirchenoberhauptes auch die nötige Aufarbeitung und Prävention von Missbrauch ein. Stefan von Kempis und Christine Seuss – Vatikanstadt

 

In Schloss Laeken vor den Toren der belgischen Hauptstadt hielt Franziskus, der auch Träger des Aachener Karlspreises für Verdienste um die europäische Einigung ist, eine Ansprache vor Spitzenvertretern von Staat und Gesellschaft. Dabei lobte er Belgien, das an der Schnittstelle zwischen dem deutschen und französischen Sprachraum, zwischen dem Kontinent und den britischen Inseln, zwischen Nord- und Südeuropa liege, als eine Art „Synthese Europas“ und „Brücke“.

„Ein Ort, an dem man lernt, die eigene Identität nicht zu einem Götzen oder zu einer Barriere zu machen, sondern zu einem gastfreundlichen Raum, von dem aus man aufbricht und zu dem man zurückkehrt, wo wertvolle Begegnungen gefördert werden, wo gemeinsam nach neuem Ausgleich gesucht wird und wo man zu neuen Schlussfolgerungen gelangt. Eine Brücke, die den Handel fördert, die Kulturen miteinander in Austausch bringt und zum Dialog führt. Eine Brücke also, die unverzichtbar ist, um Frieden zu schaffen und Krieg zu vermeiden.“

Auf die teilweise verbrecherische Kolonialvergangenheit Belgiens und den Zank der einzelnen Sprachgruppen ging der Gast aus Rom nicht weiter ein. Stattdessen fokussierte er auf Belgiens Rolle für ein Zusammenwachsen Europas nach dem Zweiten Weltkrieg. Der kleine Staat erinnere daran, wie wertvoll friedlicher Ausgleich und Dialog seien und habe in diesem historischen Moment eine „sehr wichtige Rolle":

„Die Eintracht und der Frieden sind nämlich keine Errungenschaft, die man ein für alle Mal erlangt, sondern eine beständige Aufgabe und Mission… In diesem Sinne ist Belgien für das Gedächtnis des europäischen Kontinents wertvoller denn je. Dieses liefert nämlich unwiderlegbare Argumente für die Entwicklung eines beständigen und prompten kulturellen, sozialen und politischen Handelns, das sowohl mutig als auch umsichtig ist und eine Zukunft ausschließt, in der das Konzept und die Praxis des Krieges wieder zu einer wählbaren Option werden – mit katastrophalen Folgen.“

Neu in die Zukunft investieren

Europa solle aus seiner Geschichte lernen, „neu in die Zukunft investieren“ und sich dem Leben öffnen, „um den demografischen Winter und die Hölle des Krieges zu besiegen“, rief der Papst. Die Kirche helfe gerne bei dieser Aufgabe – auch wenn sie die Botschaft des Evangeliums auch selbst nicht immer gänzlich verstehe und lebe. Damit kam Franziskus auf „schmerzhafte Gegenzeugnisse“ zu sprechen, die Katholiken in Belgien in den letzten Jahrzehnten leider gegeben hätten.

„Ich denke dabei an die dramatischen Ereignisse des Kindesmissbrauchs, einer Geißel, gegen die die Kirche mit Entschiedenheit und Entschlossenheit vorgeht, indem sie den Leidtragenden zuhört und sie begleitet und in der ganzen Welt umfassende Präventionsprogramme realisiert", so Franziskus, der an dieser Stelle direkt auf ein Thema einging, das auch seine Gastgeber in ihren Begrüßungsworten deutlich angesprochen hatten. 

Die Schande des Missbrauchs

Wie wichtig ihm dies war, konnte man auch der Tatsache entnehmen, dass Franziskus sein vorbereitetes Redemanuskript beiseitelegte und mit deutlichen Worten forderte, missbräuchliches Handeln mit Demut als Schande anzuerkennen und sich nicht hinter Statistiken zu verstecken, die vielleicht nahelegten, dass der Großteil an Missbrauchsfällen in der Familie oder in Sportvereinen geschehe: 

„Aber nur ein Fall reicht aus, um sich zu schämen. In der Kirche müssen wir dafür um Vergebung bitten, andere müssen ihrerseits um Vergebung bitten. Das ist u n s e r e Schande und u n s e r e Demütigung.",

In diesem Zusammenhang ging er auch auf die ‚Zwangsadoptionen‘ der 50er bis 70er Jahre ein, deren Aufdeckung Belgien in den letzten Jahren nachhaltig erschütterte. Dieses Phänomen mache ihn sehr traurig, so Franziskus: „In diesen schwierigen Geschichten vermischte sich die bittere Folge einer Straftat, eines Verbrechens mit dem, was leider das Ergebnis einer Geisteshaltung war, die in allen Gesellschaftsschichten verbreitet war…“

Kirchliche Beihilfe zu Zwangsadoptionen

Um das „negative Stigma“ zu beseitigen, das unverheiratete Mütter in jenen Tagen getroffen habe, seien gesellschaftliche Akteure, „einschließlich der Kirche“, oft der Meinung gewesen, dass es zum Wohl von Mutter und Kind besser sei, das Kind zur Adoption freizugeben, referierte Franziskus. 

„Als Nachfolger des Apostels Petrus bitte ich den Herrn, dass die Kirche stets in ihrem Innern die Kraft findet, Klarheit zu schaffen und sich nicht der vorherrschenden Kultur anzupassen, auch wenn diese Kultur – auf manipulative Weise – dazu Werte bemüht, die aus dem Evangelium abgeleitet sind, um daraus jedoch unangemessene Schlüsse zu ziehen, die in schwerwiegender Weise zu Leid und Ausgrenzung führen.“

Mahnende Begrüßungsworte

König Philippe hatte den Papst in seiner Begrüßungsrede auf die Skandale um Missbrauch und Zwangsadoptionen angesprochen. „Wir kennen die Bemühungen der belgischen Kirche, das Irreparable zu ‚reparieren‘; diese Bemühungen müssen entschlossen und unermüdlich fortgesetzt werden.“ Die Bischöfe des Landes hatten erst jüngst erneut für die Praxis von Adoptionen um Vergebung gebeten, bei denen Ordensfrauen anonym durch nichtehelich schwangere Frauen zur Welt gebrachte Kinder an zahlende Eltern vermittelten.

Ansonsten lobte der königliche Gastgeber seinen Besucher als „Pilger, der eine universelle Botschaft des Friedens, der Versöhnung und der Gerechtigkeit mit sich bringt“ und erwähnte den heiligen Missionar Damian de Veuster, der 1889 in Hawaii an den Folgen einer Lepra-Erkrankung starb, die er sich bei seinem unermüdlichen Dienst für die Erkrankten selbst zugezogen hatte. Insgesamt hatte die belgische Kirche - auch wegen der Kolonialvergangenheit des Landes - eine wichtige Rolle in der Mission gespielt.

Vertrauen erschüttert

Nicht sehr samtpfötig verhielt sich hingegen Ministerpräsident Alexander De Croo in seiner Begrüßungsrede an Franziskus. Die Skandale hätten das Vertrauen der Belgier zur katholischen Kirche schwer erschüttert, so der flämische Liberale, der seit vier Jahren die Regierung führt. Vertuschung sei inakzeptabel, Worte reichten heute nicht mehr aus, konkrete Schritte seien nötig.

„Die Opfer müssen gehört werden und einen zentralen Platz einnehmen. Sie haben ein Recht auf die Wahrheit. Es muss Gerechtigkeit herrschen; das ist nicht nur eine moralische Verpflichtung, sondern auch ein grundlegender Schritt zur Wiederherstellung des Vertrauens. Die Menschenwürde steht an erster Stelle, nicht die Interessen der Institution! Um in die Zukunft blicken zu können, muss die Kirche ihre Vergangenheit klären.“

Und noch etwas gab der Ministerpräsident dem Papst mit auf den Weg: „Die Belgier laden Sie ein, über die Herausforderungen der modernen Gesellschaft nachzudenken.“ Franziskus applaudierte höflich nach dieser Rede. Der Papst hält sich bis Sonntag in Belgien auf, dann wird er nach Rom zurückkehren. (vn 27)

 

 

 

 

Rechnungshof kritisiert EU-Migrationsfonds

 

Mit einem Budget von fünf Milliarden Euro soll ein Fonds der EU Fluchtursachen in Afrika bekämpfen. Der EU-Rechnungshof stellt dem Vorhaben nun ein schlechtes Zeugnis aus – auch weil Menschenrechtsverletzungen nicht entgegengewirkt werde.

Der Europäische Rechnungshof hat dem EU-Migrationsfonds für Afrika ein schlechtes Zeugnis ausgestellt. Die Mittel des Fonds in Höhe von fünf Milliarden Euro würden „nach dem Gießkannenprinzip verteilt“, kritisierte der Rechnungshof am Mittwoch in einem in Luxemburg vorgestellten Bericht. Es ist bereits die zweite Rüge durch die EU-Prüfer. Diese hatten dem Fonds schon 2018 attestiert, Gelder nicht gezielt genug einzusetzen, um die Ursachen von Instabilität, irregulärer Migration und Vertreibung auf dem afrikanischen Kontinent zu bekämpfen.

Der Fonds (EUTF Afrika) wurde 2015 als Reaktion auf die Migrationskrise eingerichtet. Er zielt darauf ab, Krisen in der Sahelzone, am Horn von Afrika und in Nordafrika zu bewältigen und damit Fluchtursachen zu bekämpfen, etwa durch die Schaffung von Beschäftigungsperspektiven.

Der Fonds sei grundsätzlich „ein sinnvolles Instrument“, sagte Bettina Jakobsen, Mitglied des Europäischen Rechnungshofes. Aber „eine breit gestreute Unterstützung ohne strategische Ausrichtung ist nicht wirksam genug“, ergänzte sie. Aktuell ließe sich fast alles durch den Fonds fördern, auch etwa eine Radiostation. Die EU-Kommission müsse künftig mehr tun, um zu zeigen, dass sie die Gelder der Steuerzahler nachhaltig einsetze.

Keine nachhaltige Fluchtursachenbekämpfung

Die zur Überwachung der Projekte verwendeten Indikatoren zeigten auch nicht, ob deren Ergebnisse nachhaltig dazu beigetragen haben, Fluchtursachen zu bekämpfen. Daher könne die EU-Kommission nach wie vor nicht beurteilen, durch welche Maßnahmen irreguläre Migration und Vertreibung in Afrika am besten eingedämmt werden können, erläutern die Prüfer in ihrem Bericht.

Ziel des Migrationsfonds sei es gewesen, die Förderung nach wissenschaftlichen Kriterien auszurichten, erklärte der Rechnungshof. Mehr als 100 Forschungsberichte seien daher finanziert worden. Diese hätten auch wertvolle Informationen über die Ursachen von Konflikten, Flucht und Vertreibung geliefert. Der Großteil der Berichte sei allerdings erst veröffentlicht worden, nachdem bereits fast alle Mittel zugewiesen wurden. Der Fonds läuft 2025 aus.

Kampf gegen Menschenrechtsverletzungen nicht entschlossen

Laut den Prüfern wird auch dem Risiko von Menschenrechtsverletzungen bei den von der EU geförderten Programmen nicht entschlossen genug begegnet. Weil die Kommission über keine formellen Verfahren für die Meldung, Erfassung und Weiterverfolgung von Verdachtsfällen verfüge, seien die Prüfer „nicht in der Lage zu bestätigen, dass alle Vorwürfe weiterverfolgt wurden“. Aus Mitteln des Fonds seien etwa Auffanglager für Migranten in Libyen finanziert worden, doch die Behörden des nordafrikanischen Landes hätten den EU-Prüfern den Zugang verwehrt.

Die EU-Prüfer fordern die Kommission auf, künftig Gebiete und Empfänger stärker faktenbasiert auszuwählen sowie Risiken für Menschenrechtsverletzungen besser zu identifizieren und entsprechende Vorsorgemaßnahmen zu ergreifen. Die EU hat mit den Mitteln aus dem Fonds 27 Länder bei 248 Programmen unterstützt. (epd/mig 27)

 

 

 

 

Frankfurt. Newsletter VERSO SUD und besondere italienische Filmvorführungen

 

Liebe Freundinnen und Freunde des italienischen Kinos,

die Vorbereitungen für die 30. Ausgabe von Verso Sud laufen auf Hochtouren und Sie sollten sich den Termin schon einmal fest vormerken - von 22.11. bis 4.12.2024 findet das Festival diesmal statt und wie gewohnt werden Sie in diesem Newsletter rechtzeitig vorher über das Programm und den Beginn des Vorverkaufs informiert.

Die Hommage des Festivals ist in diesem Jahr Marcello Mastroianni zum 100. Geburtstag gewidmet. Aber weil das Werk dieses Jahrhundertschauspielers enorm umfangreich ist, wird ein erster Teil der Retrospektive bereits im Oktober anlässlich des Gastlandes Italien der Frankfurter Buchmesse zu sehen sein.

Bereits morgen, Di. 1.10. um 20:30 Uhr, geht es mit DOMENICA D'AGOSTO (Ein Sonntag im August, 1950) los, in dem Mastroianni seinen ersten längeren Leinwandauftritt hatte. Am Mi. 2.10. um 18 Uhr folgt GIORNI D'AMORE (Tage der Liebe, 1954) mit Mastroianni an der Seite von Marina Vlady, am Do. 3.10. um 20:30 Uhr der Komödien-Klassiker PECCATO CHE SIA UNA CANAGLIA (Schade, daß du eine Kanaille bist, 1954) mit Sophia Loren und Vittorio De Sica und am Fr. 4.10. um 20:30 Uhr der eindrucksvolle Krimi L'ASSASSINO (Trauen Sie Alfredo einen Mord zu?, 1961) von Elio Petri.

Nach dem LUCAS-Filmfestival geht es ab 13.10. mit Wiederholungen und zusätzlichen Filmen weiter: LA NOTTE (Die Nacht, 1961) von Michelangelo Antonioni mit Jeanne Moreau und Monica Vitta, OTTO E MEZZO (Achteinhalb, 1963) von Federico Fellini mit Anouk Aimée und Claudia Cardinale, FANTASMA D'AMORE (Die zwei Gesichter einer Frau, 1981), der einzige gemeinsame Film von Mastroianni und Romy Schneider, und jenseits von Italien mit O MELISSOKOMOS (Der Bienenzüchter, 1986) des großen griechischen Regisseurs Theo Angelopoulos.

Eine Übersicht aller insgesamt acht Mastroianni-Filme in 15 Vorführungen im Oktober finden Sie hier:

https://www.dff.film/kino/kinoprogramm/filmreihen-specials-oktober-2024/hommage-marcello-mastroianni-oktober-2024/

Außerdem ist im Oktober zur Buchmesse am Mi. 16.10. Mario Monicellis UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO mit einer Lesung aus der Romanvorlage zu sehen und in der Folgewoche am Fr. 25.10. beim Filmclub Treppe 41 der italienische Klassiker PADRE PADRONE von den Taviani-Brüdern zu sehen.

Im November geht es dann bei Verso Sud mit vielen weiteren Mastroianni-Filmen weiter - nutzen Sie diese Gelegenheit, die Vielseitigkeit eines der ganz großen Schauspieler des italienischen und internationalen Kinos in bekannten und weniger bekannten Filmen auf der großen Leinwand zu erleben, natürlich in der italienischen Originalfassung mit entweder deutschen oder englischen Untertiteln.

Wir wünschen Ihnen schöne Kinoabende in diesem kalten Herbst!

Verso Sud/dip

 

 

 

 

Frieden durch Stärke

 

Die Ukraine kämpft für ihre Freiheit. Doch um einen dauerhaften Frieden zu sichern, braucht sie internationale Unterstützung und Sicherheitsgarantien. Anders Fogh Rasmussen & Andriy Yermak

 

Der russische Präsident Wladimir Putin bestreitet das Recht der Ukraine auf Souveränität und ist seit 2014 zweimal in das Land eingefallen. Glücklicherweise wurden seine Bemühungen, das Land zu unterjochen, durch den Mut des ukrainischen Volkes vereitelt. Nach zweieinhalb Jahren erbitterter Verteidigung ihrer Heimat ist mehr als deutlich geworden, dass sich die Ukrainer der russischen Tyrannei niemals unterwerfen werden. Trotz ihrer Widerstandskraft geht Putins brutaler Angriffskrieg weiter. Sollten die Verbündeten der Ukraine nicht die nötige Entschlossenheit zeigen, könnte sich der Konflikt über Jahre hinziehen und die Stabilität in Europa gefährden. Zudem bedroht ein zunehmend militaristisches Russland nicht nur die Ukraine, sondern die ganze Welt – mit potenziell katastrophalen Folgen. Russlands Krieg hat bereits weltweit Schockwellen ausgelöst, die Energie- und Lebensmittelpreise in die Höhe getrieben und die nukleare Sicherheit gefährdet.

Durch die Verletzung grundlegender Prinzipien des Völkerrechts hat Russland die globale Ordnung ins Wanken gebracht. Um den Frieden zu sichern, müssen die Verbündeten der Ukraine Putin zu verstehen geben, dass er die Bedingungen für ein Kriegsende nicht diktieren kann. Das lässt sich erreichen, indem weltweit Unterstützer für ein Friedensabkommen gewonnen werden, das auf den Grundprinzipien des Völkerrechts beruht, das die Position der Ukraine auf dem Schlachtfeld stärkt, das ihr langfristige Sicherheitsgarantien gewährt und das einen klaren Weg zum NATO-Beitritt aufzeigt.

Während Putin darauf abzielt, den Krieg in die Länge zu ziehen, bemüht sich der ukrainische Präsident Wolodymyr Selenskyj aktiv um einen dauerhaften Frieden. In diesem Sommer versammelte er Vertreter aus mehr als 90 Ländern in der Schweiz, um für seine Zehn-Punkte-Friedensformel zu werben, die neben dem vollständigen Rückzug Russlands auch die Stärkung der nuklearen Sicherheit und die Bewältigung der Umweltauswirkungen des Konflikts vorsieht. Globaler Druck wird entscheidend sein, um eine Einigung zu erzielen. Allerdings erfordert ein dauerhafter Frieden auch starke Sicherheitsgarantien.

Da Russland wiederholt durch seine Verstöße gegen internationale Abkommen und durch großflächige Kriegsverbrechen seine Missachtung für das Völkerrecht und die grundlegenden Menschenrechte unter Beweis gestellt hat, kann der Frieden nicht allein auf Putins Versprechen beruhen. Der Ausgang des Krieges wird davon abhängen, inwieweit die Ukraine in der Lage ist, sich selbst zu verteidigen. Die unmittelbare Priorität besteht darin, die Position der Ukraine auf dem Schlachtfeld zu stärken. Da russische Raketen und Drohnen weiterhin Zivilisten im ganzen Land töten, wobei die meisten Angriffe von russischem Gebiet ausgehen, hat die Ukraine jedes Recht, Langstreckenwaffen einzusetzen, um diese Ziele zu treffen, und in Russland einzudringen, um weitere Angriffe zu verhindern. Schränkt man die Möglichkeiten der Ukraine hierzu ein, benachteiligt sie das im Kampf massiv.

Die ukrainischen Streitkräfte haben wiederholt bewiesen, dass sie die vom Westen gelieferten Waffen wirksam und verantwortungsbewusst einsetzen können. Es ist an der Zeit, dass die Verbündeten alle verbleibenden Beschränkungen in Bezug auf die gelieferten Waffentypen und die Art ihres Einsatzes aufheben. Neben der sofortigen Unterstützung müssen sich die Verbündeten jedoch auch dazu verpflichten, der Ukraine so lange wie nötig militärische Ausrüstung und finanzielle Mittel zur Verfügung zu stellen. Die Ukraine hat im Rahmen des von uns mitverfassten Kiewer Sicherheitspakts bereits langfristige Sicherheitsgarantien von mehr als 30 Ländern erhalten. Jetzt ist es an der Zeit zu beweisen, dass diese Garantien Substanz haben.

In den kommenden Monaten werden wir uns darauf konzentrieren, sicherzustellen, dass die Garantien halten, was sie versprechen. Das bedeutet, ihre Umsetzung zu überwachen, aufkommende Bedrohungen zu bewerten und sicherzustellen, inwieweit die Sicherheitsbedürfnisse der Ukraine mit der umfassenderen Verteidigungsstrategie Europas im Einklang stehen.

Um zu verhindern, dass Putin einen Frieden zu seinen Bedingungen diktiert, braucht es mehr als nur Sicherheitsgarantien. Die Verbündeten der Ukraine sollten ihre Unterstützung ausweiten, indem sie beispielsweise ukrainische Streitkräfte im Land ausbilden und zivile Auftragnehmer oder spezialisierte Militärteams zur Reparatur beschädigter Ausrüstung vor Ort entsenden. Nachbarstaaten könnten einen erweiterten Luftverteidigungsschild über der Westukraine errichten, um ankommende russische Raketen und Drohnen abzufangen und so das Leben der Zivilbevölkerung zu schützen und es der Ukraine zu ermöglichen, ihre Luftverteidigungssysteme wieder an die Front zu verlegen.

Jeder dieser Schritte wird die Position der Ukraine in künftigen Verhandlungen zweifellos stärken. Letztlich jedoch kann Frieden und Sicherheit in Europa langfristig nur durch die Aufnahme der Ukraine in die NATO gewährleistet werden. Die Ukraine in der Grauzone zwischen Russland und dem Bündnis zu belassen, würde nur zu weiterer Instabilität, Aggression und Gewalt führen. Die NATO-Staaten müssen entschlossen handeln und der Ukraine einen Weg zur Mitgliedschaft anbieten. Auch wenn das nicht bedeutet, dass die Ukraine dem Bündnis von heute auf morgen beitreten wird, wäre eine solche Zusage ein deutliches Signal an Putin, dass sein Krieg den letztlichen Beitritt der Ukraine nicht verhindern kann.

Angesichts von Putins stark militarisierten und zunehmend revanchistischen Russlands müssen die Ukraine und ihre Verbündeten die alte römische Maxime si vis pacem, para bellum beherzigen: „Wenn du Frieden willst, bereite dich auf Krieg vor“. Das ukrainische Volk hat in den vergangenen zweieinhalb Jahren seine unerschütterliche Entschlossenheit bewiesen, seine Freiheit zu verteidigen. Doch um einen dauerhaften Frieden zu erreichen, muss die internationale Gemeinschaft den Mut und die Kraft aufbringen, diesen Frieden zu unterstützen und zu bewahren. PS/IPG 26

Hanns-Seidel-Stiftung unterstützt München gegen Antisemitismus

Markus Ferber: "Der Kampf gegen Antisemitismus ist eine gesamtgesellschaftliche Aufgabe."

 

München – Die Gedenkveranstaltungen 365 Tage – München gegen Antisemitismus findet am 6. Oktober 2024 um 16:00 Uhr in München statt. Ziel der Veranstalter ist es, die größte Demonstration gegen Antisemitismus in Deutschland zu organisieren. 

Zur Veranstaltung am Münchner Odeonsplatz erwarten die Veranstalter u.a. als Rednerinnen und Redner: Dr. Markus Söder, Bayerischer Ministerpräsident, Dr. Josef Schuster, Präsident des Zentralrats der Juden in Deutschland und die Schauspielerin Uschi Glas.

Zur breiten Allianz der mitwirkenden Organisationen zählt auch die Hanns-Seidel-Stiftung. Der Stiftungsvorsitzende Markus Ferber, MdEP wird selbst an der Gedenkveranstaltung teilnehmen: "Antisemitismus ist eine der ältesten und gefährlichsten Form des Hasses, die unser gesellschaftliches Miteinander bedroht. Aus unserer historischen und sozialen Verantwortung heraus ist es entscheidend, dass wir zusammenstehen und klare Zeichen gegen jede Form von Judenfeindschaft, Judenhass, Diskriminierung und Hassverbrechen setzen. Ich möchte mich solidarisch mit der jüdischen Gemeinschaft zeigen und mit meiner Teilnahme aktiv ein Zeichen gegen Antisemitismus setzen. Der Kampf gegen Antisemitismus ist eine gesamtgesellschaftliche Aufgabe".

Die Öffentlichkeit ist aufgefordert sich an der solidarischen Aktion zum Gedenken an die Opfer des Terrorangriffs vom 7. Oktober 2023 zu beteiligen, als über 200 Menschen aus 25 Nationen nach Gaza entführt wurden und dort teils noch immer als Geiseln festgehalten werden. Insgesamt wurden auf israelischer Seite über 1.200 Menschen ermordet und über 5.000 verletzt. 

Die Gedenkveranstaltung beginnt mit einer Versammlung am Odeonsplatz, gefolgt von Keynote-Reden und einem 18-minütigen Fußmarsch durch München. 18 Minuten sind symbolisch, die Zahl 18 steht im Hebräischen für „Chai“, was „Leben“ bedeutet. Mit jedem Schritt setzen die Teilnehmenden ein Zeichen für das Leben der Geiseln, das Leben der Menschen, die unter Gewalt leiden, und das Leben hier in München und Bayern, gemeinsam gegen Hass und Antisemitismus.

Die Veranstaltung steht unter der Schirmherrschaft von Charlotte Knobloch, Präsidentin der Israelitischen Kultusgemeinde München und Oberbayern, sowie Dieter Reiter, Oberbürgermeister der Landeshauptstadt München. HSS 26

 

 

 

 

Das Märchen der Re-Nationalisierung

 

In einer immer komplexeren Welt ist mehr Multilateralismus unabdingbar – die G20 sollte dabei eine treibende Kraft sein. Markus Engels

Es eint Donald Trump mit Boris Johnson („We will take back control“) und anderen nationalen Populisten, wenn sie die Rückeroberung nationaler Souveränität als Lösung für innenpolitische Probleme versprechen. Auch wenn bereits vielfach nachgewiesen ist, dass eine Re-Nationalisierung weder gut funktioniert noch die erhofften Wohlstandsgewinne bringt, scheint diese populistische Forderung ein Dauerbrenner in nationalen Wahlkämpfen zu sein – selbst bei Regionalwahlen, obschon Regionalregierungen nahezu keinen Einfluss auf Globalisierungsprozesse haben. Die Haltung „Ich regle das national!“ ist wohl verführerischer als der Fakt, dass weder innere noch äußere Sicherheit im nationalen Alleingang gewährleistet werden können, auch Migrationsbewegungen kaum regional kontrollierbar sind. Das gilt auch für Energiesicherheit, Gesundheitsvorsorge, den Kampf gegen den Klimawandel, Wohlstandsmehrung und die Versorgung der Bevölkerung mit zentralen Gütern und Dienstleistungen.

In Anlehnung an das dänische Märchen „Des Kaisers neue Kleider“ aus dem frühen 19. Jahrhundert muss man wohl unermüdlich auf die irreführende Polemik von Problemlösungen durch Re-Nationalisierung hinweisen, wenn der nationale Mainstream in vielen Ländern nationalistisch zu blinken beginnt: Denn es ist wie beim Kaiser im Märchen, der keine Kleider trägt. Jeder sieht es, aber nur ein unschuldiges Kind traut sich, es auszusprechen. Re-Nationalisierung führt eher zur Vergrößerung von Problemen und nicht zu deren Lösung. Wer glaubt, dass man sich abkoppeln sollte von Weltwissen und Kultur, einem internationalen Arbeitsmarkt und globalen Handelsströmen, der denkt auch, dass man beim Verstecken-Spielen am besten die Augen zuhält, um nicht gefunden zu werden.

Dass das keine theoretische Debatte ist, konnte zuletzt in England besichtigt werden, wo es nach dem Brexit nicht etwa mehr Unabhängigkeit und Wohlstand gibt, sondern im Gegenteil: London versinkt immer mehr in einem ökonomischen Chaos, das sich negativ auf Arbeitsplätze, Kaufkraft, die Kultur und letztlich auf die politische Stimmung im Land auswirkt. Entgegen allen Versprechungen, die in der Brexit-Kampagne gegeben wurden, leidet auch das Gesundheitssystem unter der britischen Re-Nationalisierung. Ein kurzer Blick zum Beispiel auf das deutsche Gesundheitssystem sollte genügen: Es sind vielfach Menschen mit Migrationshintergrund, die in Krankenhäusern, Altenheimen und Pflegeeinrichtungen arbeiten, weil ohne sie der Bedarf kaum gedeckt werden kann.

Wenn man sich allein vergegenwärtigt, dass ein Auto aus mehr als 10 000 einzelnen Bauteilen besteht, die in einer Vielzahl von Ländern produziert werden, dass eine moderne Volkswirtschaft abhängig ist von Menschen und ihrem Wissen auf der ganzen Welt, kann dieses negative Resultat des Brexits nicht überraschen, ja, es war sogar im Vorfeld absehbar. Multilateralismus und internationaler Austausch führen zu einer Win-Win-Situation, während eine Rückkehr zum Nationalismus zu einem machtpolitischen Nullsummenspiel oder sogar zu einem Regress in der gesamtgesellschaftlichen Entwicklung führt.

Wie schon in der zweiten Hälfte des 20. Jahrhundert ist eine globale Interdependenz analytischer Kern für Souveränität, es geht also um „verschränkte Souveränität“. Dieser Befund sollte auch in Wahlkämpfen ehrlich benannt werden – und er muss institutionelle Konsequenzen haben. Denn die Wahrheit ist: Die Herausforderungen mit oft heftigen Ausschlägen in den Nationalstaaten und Regionen sind im 21. Jahrhundert ursächlich oft global. Darum müssen multilaterale Strukturen dort gestärkt werden, wo die entscheidenden Spieler zur Lösung der globalen Probleme zusammensitzen.

Jeder ehrliche Wahlkämpfer sollte die begrenzte nationale Lösungskompetenz eingestehen und den anspruchsvollen Weg des Multilateralismus verdeutlichen, beziehungsweise seinen Vorsatz, wie das Erreichen einer internationalen Lösung befördert werden kann. Me first ist dabei offensichtlich kein tragfähiges Konzept – es funktioniert noch nicht einmal in kleinen sozialen Gruppen, die keiner Gewaltherrschaft unterworfen sind.

Auch wenn es bereits ein UN-System gibt, das an vielen Stellen tagtäglich gute Arbeit leistet und trotzdem oft unberechtigt harsch kritisiert wird, sollte – in Ergänzung – das G20-System gestärkt werden, um Armutsüberwindung, Bekämpfung des Klimawandels, Regulierung der digitalen Welt, fairen Handel und Migrationsregulierung effektiv im Sinne eines globalen Gemeinwohls zu beschleunigen. Die G20 haben in den letzten Jahren vieles unternommen, um ihre globale Akzeptanz zu erhöhen, auch indem sie inhaltlich sachgerechte Vorschläge vorgebracht haben. Zwar besteht die „Group of 20“ auch nach der Aufnahme der Afrikanischen Union nur aus 21 Mitgliedern und ist damit weit entfernt von der nahezu universellen Repräsentanz der UN; aber auch die Vereinten Nationen sind in ihrem wichtigsten Gremium, dem Sicherheitsrat, völlig anachronistisch und wenig repräsentativ zusammengesetzt.

Die Regierungen der G20 repräsentieren nahezu zwei Drittel der Weltbevölkerung, vier Fünftel des globalen Bruttosozialprodukts und alle Kontinente sind vertreten: Selbst die Zivilgesellschaften sind über sogenannte engagement groups eingebunden, etwa weltweit führende Thinktanks, Gewerkschaften, Frauen- und Jugendverbände, Wirtschaftsvertreter und Kommunen. Gleichzeitig können die G20 immer noch effizient arbeiten, sind gut koordiniert und bei politischen Vorschlägen oft innovativ.

Aber nicht nur der allgemeine, institutionelle Aufbau der G20 beeindruckt. Die Vielzahl fundierter Vorschläge etwa zur besseren Finanzierung nationaler Haushalte, zur Regulierung der internationalen Migration und des digitalen Zeitalters oder zum Kampf gegen den Klimawandel lässt wünschen, dass Regierungen, Parlamente und Medien intensiver aus dem Füllhorn der problemorientierten Lösungsvorschläge schöpfen. Wenn aber mehr von den interessanten Vorschlägen aus den G20 in den nationalen Hauptstädten und den Öffentlichkeiten ankommen soll, muss das System an einigen Stellen reformiert werden.

In mindestens drei Bereichen ist der Reformbedarf offensichtlich: Erstens müssen die G20 vom Beratungs- zum Beschlussgremium werden. Bislang sind die G20 ein informelles Gremium, das keine rechtsverbindlichen Beschlüsse fasst. Allerdings drängt bei vielen globalen Herausforderungen offensichtlich die Zeit, sodass es kaum noch zu vermitteln ist, warum es vieler Umwege bedarf, um zu einer rechtsverbindlichen Regulierung zu kommen, wenn sich die G20-Mitglieder bereits auf ein Vorgehen verständigt haben. Das bedeutet konkret, dass die G20 in eine internationale Organisation überführt werden sollte – ähnlich wie die KSZE in den 1990er Jahren zur OSZE wurde.

Zweitens, die Repräsentanz der G20 muss weiter verbessert werden. Auch wenn durch die Aufnahme neuer Mitglieder und durch die regelmäßige Einladung von Gästen die G20 wichtige Schritte zur besseren Repräsentanz unternommen hat, könnte zum Beispiel durch die Mitgliedschaft der Staaten, die am stärksten vom Klimawandel betroffen sind, ein deutliches Zeichen gesetzt werden, dass die Verursacher von Krisen die Betroffenen bei der Lösung einbeziehen. Auch gilt es, die Einbeziehung der zivilgesellschaftlichen Gruppen festzuschreiben und ihre Partizipation zu ermöglichen. Das mag finanzielle Implikationen haben. Ob die nationalen Parlamente und das Europaparlament die G20 institutionell begleiten wollen, werden sie selbst entscheiden müssen. Parlamentarische Versammlungen von anderen internationalen Organisationen könnten als Beispiel dienen. Diese stärken inhaltlich und durch bessere Repräsentanz schon jetzt die Regierungsorganisationen.

Drittens, die Organisation der G20 muss verstetigt und professionalisiert werden. Bislang obliegt es der jährlich wechselnden G20-Präsidentschaft, ihre Prioritäten zu benennen und die entsprechenden Sitzungen vorzubereiten. Länder, die eine funktionierende Administration und eine lebendige Zivilgesellschaft besitzen, können eine G20-Präsidentschaft kompetent und zielorientiert durchführen. Das ist aber nicht immer gewährleistet. Deshalb sollte ein permanentes Sekretariat die unzähligen G20-Sitzungen vorbereiten, also Prioritäten, Beschlussvorlagen und Tagesordnungen entwerfen, die Einhaltung der Beschlüsse überwachen und die stetige Einbeziehung der Zivilgesellschaft sicherstellen.

Mitte November findet in Rio de Janeiro der nächste G20-Gipfel unter brasilianischer Präsidentschaft statt. Es ist höchste Zeit, dem Multilateralismus im Sinne einer Weltinnenpolitik einen kräftigen Schub zu verleihen. Die G20 zu stärken, könnte angesichts der immer sichtbarer werdenden Spaltung der Welt das notwendige Signal hierfür sein. IPG 26

 

 

 

 

Polizeigewerkschaft. Neue Grenzkontrollen sind kaum wirksam

 

Seit gut einer Woche finden an den deutschen Grenzen mehr Kontrollen statt, um gegen irreguläre Migration vorzugehen. Das Zwischenfazit der Polizeigewerkschaft fällt bescheiden aus. Die Maßnahme wirke nicht einmal abschreckend.

Die neuen Grenzkontrollen haben nach Ansicht der Gewerkschaft der Polizei (GdP) bisher kaum zur Begrenzung sogenannter „illegaler“ Migration beigetragen. „Festzustellen bleibt, dass die Aufgriffe von unerlaubten Menschen sowie Schleusern relativ gering ist“, sagte der GdP-Vorsitzende Andreas Roßkopf dem Redaktionsnetzwerk Deutschland. Folglich habe es an der Westgrenze auch nur eine geringe Zahl an Zurückweisungen gegeben.

Seit vergangener Woche werden an sämtlichen deutschen Grenzen Kontrollen durchgeführt, um die Zahl unerlaubt Einreisender einzudämmen. Neu sind die Kontrollen an den Landgrenzen zu Dänemark, Belgien, den Niederlanden und Luxemburg. An den Grenzen zu Polen, Tschechien, Österreich und der Schweiz wird schon länger kontrolliert, auch an der Grenze zu Frankreich gab es wegen der Olympischen Spiele bereits Kontrollen. Die Maßnahme ist zunächst auf sechs Monate befristet.

Kontrollstellen werden einfach umfahren

Roßkopf sagte, Kontrollstellen und Hauptstraßen würden seit Beginn der Maßnahme schlicht umfahren. Der Polizei fehle es zudem an der Ausstattung, um als moderne Fahndungspolizei arbeiten zu können. „Die Versäumnisse in diesem Bereich in den letzten Jahren fallen uns jetzt auf die Füße.“

Eine abschreckende Wirkung der Maßnahmen sei bisher ebenfalls nicht zu erkennen. „Die Weiterleitung von Schutz- und Asylsuchenden an das Bundesamt für Migration und Flüchtlinge im Landesinneren bleiben weiterhin hoch“, so Roßkopf. (dpa/mig 26)

 

 

 

 

 

Das Programm des Goethe-Instituts auf der Frankfurter Buchmesse 2024

 

Vom 16. bis 20. Oktober treffen sich in Frankfurt Literaturbegeisterte und Fachvertreter*innen im Rahmen der diesjährigen Buchmesse. Das Goethe-Institut ist mit Programmpunkten zu ukrainischer Literatur, zum Gastland Italien sowie zum Thema Übersetzungsförderung auch 2024 auf der Frankfurter Buchmesse vertreten.

Gleich zwei runde Geburtstage feiert die Übersetzungsförderung des Goethe-Instituts in diesem Jahr: Seit seiner Einführung vor 50 Jahren hat das Übersetzungsförderungsprogramm des Goethe-Instituts die Veröffentlichung von mehr als 7.000 deutschsprachigen Büchern in 45 Sprachen ermöglicht. Daneben besteht das Litrix-Programm des Goethe-Instituts seit zwei Jahrzehnten: Es bietet finanzielle Anreize zur Übersetzung jüngst erschienener deutschsprachiger Literatur in wechselnde Schwerpunktsprachen - aktuell Italienisch. Im Rahmen der Frankfurter Buchmesse, deren diesjähriger Ehrengast Italien ist, werden die beiden Jubiläen in der Übersetzungsförderung des Goethe-Instituts gefeiert: Die Schriftstellerin Charlotte Gneuß, deren Debütroman "Gittersee" auf der Longlist des Deutschen Buchpreises 2023 stand, spricht mit ihren Übersetzerinnen Merete Franz und Silvia Albesano über die literarische Auseinandersetzung mit der DDR und über Herausforderungen, die im Übersetzungsprozess auftreten, etwa bei der Vermittlung historischer Stoffe an ein internationales Publikum. Moderiert wird das Gespräch von der Journalistin, Moderatorin und Autorin Shelly Kupferberg (18. Oktober um 16 Uhr). "Gittersee" wurde im Rahmen der Übersetzungsförderung des Goethe-Instituts unter anderem ins Norwegische und ins Italienische übersetzt. Weitere Informationen zur Veranstaltung hier: https://www.goethe.de/de/uun/ver.cfm?fuseaction=events.detail&event_id=26050727

Gastland Italien

Anlässlich des italienischen Ehrengastauftritts auf der Frankfurter Buchmesse wird es auf Einladung der Schweizer Kulturstiftung Pro Helvetia einen LiteraturParade-Aperitivo im Zeichen des deutsch- und italienischsprachigen Literaturaustausches geben. Die Veranstaltung, an der auch das Goethe-Institut beteiligt ist, findet im Nachklang des Programms "LiteraturParade" statt, mit dem sich deutschsprachige Literatur im Mai 2024 auf der Internationalen Buchmesse in Turin präsentiert hat. Zum Aperitivo lesen Charlotte Gneuß, Shelly Kupferberg, Vincenzo Latronico, Marko Miladinovi? und Igiaba Scego aus ihren Werken (17. Oktober um 16:30 Uhr).

 

Das Goethe-Institut in Neapel kuratiert für den Stand der Region Kampanien (Halle 3.1 G 704) darüber hinaus ein Programm, das Begegnungen zwischen süditalienischen Autor*innen, ihren Übersetzer*innen sowie ihren deutschen Verleger*innen schafft. Das Programm wird in Zusammenarbeit mit der Fondazione Campania dei Festival präsentiert und von der Region Kampanien und dem Goethe-Institut finanziert, mit dem Ziel, den Dialog zwischen deutschen und unabhängigen Verlagen aus Kampanien zu fördern. Im Gespräch mit den italienischen Krimi-Autor*innen Patrizia Rinaldi (17. Oktober um 14:30 Uhr) und Maurizio de Giovanni (19. Oktober um 12 Uhr) steht das Thema "Giallo di Napoli" - Krimi aus Neapel - im Mittelpunkt. Diskutiert wird unter anderem über den Erfolg der italienischen Kriminalliteratur auf dem deutschen Buchmarkt.

Weitere Informationen zu Italien als Ehrengastland auf der Frankfurter Buchmesse hier: https://www.goethe.de/ins/it/de/kul/lit/bub/26010713.html

 

Der Stand der Ukraine

Das Goethe-Institut in der Ukraine organisiert auch in diesem Jahr das Ukraine-Programm der Frankfurter Buchmesse, gemeinsam mit seinen Partnern, dem Ukrainischen Buchinstitut, dem Mystetskyi Arsenal und dem Ukrainischen Institut, mit Unterstützung durch die Bundeszentrale für politische Bildung. Zu den Höhepunkten der Veranstaltungsreihe mit dem Titel "Reclaiming the Voice" zählen Buchvorstellungen der Schriftstellerinnen Sofia Andruchowytsch, Olena Stiazhkina und Tamara Horikha Zernja, Vorträge über die Krim und Charkiw sowie eine Podiumsdiskussion mit dem Filmregisseur, Kriegsreporter und Oscar-Preisträger Mstyslav Chernov und den Schriftsteller*innen Tanja Maljarchuk, Yevheniya Kuznetsova und Oleksandr Mykhed. Ebenfalls Teil des Programms ist ein Gedenkabend für im Krieg verstorbene ukrainische Schriftsteller*innen. Ein Höhepunkt ist die Diskussion zwischen der polnisch-amerikanischen Historikerin und Publizistin Anne Applebaum und dem Diplomaten und vormaligen Außenminister der Ukraine Dmytro Kuleba über Europa nach dem Krieg im Frankfurter Pavillon. Anne Applebaum wird am 20. Oktober, dem letzten Tag der Frankfurter Buchmesse, mit dem renommierten Friedenspreis des Deutschen Buchhandels ausgezeichnet.

Weiterführende Informationen zum Ukraine-Programm hier: https://www.goethe.de/ins/ua/de/ver.cfm?event_id=26018642

Das Goethe-Institut ist das weltweit tätige Kulturinstitut der Bundesrepublik Deutschland. Mit derzeit 151 Instituten in 98 Ländern fördert es die Kenntnis der deutschen Sprache, pflegt die internationale kulturelle Zusammenarbeit und vermittelt ein aktuelles Deutschlandbild. Durch Kooperationen mit Partnereinrichtungen an zahlreichen weiteren Orten verfügt das Goethe-Institut insgesamt über rund 1.000 Anlaufstellen weltweit. www.goethe.de  de.it.press 25

 

 

 

 

Herzinfarkt, Schlaganfall, Herzstillstand: Warnzeichen erkennen und handeln

Weltherztag: Herz- und Gefäßkomplikationen sind die Haupttodesursache in Deutschland und verursachen viele Tausend Fälle schwerer Invalidität. Die Deutsche Herzstiftung, der Bundesverband niedergelassener Kardiologen (BNK) und die ABDA – Bundesvereinigung Deutscher Apothekerverbände sensibilisieren für die Kenntnis der Warnzeichen und die Therapie schwerwiegender Herz- und Gefäßereignisse.

(Frankfurt a. M./München/Berlin) Betroffene erleben ihn häufig schockartig wie aus heiterem Himmel mit plötzlich einsetzenden stark brennenden Schmerzen hinter dem Brustbein, die länger als fünf Minuten andauern. Fatalerweise kann er sich jedoch auch unspezifisch bemerkbar machen: mit Schmerzen im Oberbauch, oft mit Magenschmerzen verwechselt (häufiger bei Frauen), oder unerklärlicher Übelkeit. Die Rede ist vom akuten Herzinfarkt. „Jährlich sterben rund 47.000 Menschen daran, ein Großteil darunter außerhalb von Kliniken, auch weil Warnzeichen nicht oder zu spät erkannt wurden und so eine Notfallversorgung zu spät oder gar nicht erfolgen konnte“, berichtet Prof. Dr. Thomas Voigtländer, Vorstandsvorsitzender der Deutschen Herzstiftung und Kardiologe in Frankfurt am Main. Denn beim Herzinfarkt zählt jede Minute bis zur medizinischen Behandlung in der Klinik. Genauso zeitkritisch wie der Herzinfarkt sind andere schwere Herz- und Gefäßereignisse wie Schlaganfall und Herzstillstand. Ebenso ist eine schnelle medizinische Versorgung bei einer Bluthochdruckkrise oder einer entgleisten sogenannten dekompensierten Herzinsuffizienz (Herzschwäche) erforderlich. „Lebensbedrohliche kardiovaskuläre Ereignisse machen sich meistens Tage bis Wochen vor dem Notfall durch Warnzeichen oder Vorboten bemerkbar. Die Kenntnis der Warnzeichen und der Risikofaktoren, die dazu führen, kann entscheidend zum Überleben der Patienten beitragen und gravierende Folgeschäden minimieren“, betont der Herzstiftungs-Vorsitzende.

Unter dem Motto „Warnzeichen erkennen und handeln“ startet deshalb die Deutsche Herzstiftung gemeinsam mit dem Bundesverband der Niedergelassenen Kardiologen (BNK) und der ABDA – Bundesvereinigung Deutscher Apothekerverbände zum Weltherztag (29.9.) eine bundesweite Aufklärungsaktion mit Info-Paketen zum Anfordern unter www.herzstiftung.de/weltherztag Ziel der Aktion ist es, möglichst viele Betroffene und auch herzgesunde Menschen über Herz-Kreislauf-Erkrankungen und die Warnzeichen für ein schweres kardiovaskuläres Ereignis aufzuklären. 

Millionen Frauen und Männer leiden in Deutschland an Herz-Kreislauf-Erkrankungen. Allein Bluthochdruck haben über 20 Millionen Menschen in Deutschland, an Durchblutungsstörungen des Herzens wegen verengter Herzkranzgefäße, der koronaren Herzkrankheit (KHK), leiden rund fünf Millionen und an Herzschwäche bis zu vier Millionen Menschen. 

Bewusstsein für Herzkrankheiten, Symptome und Therapien schärfen 

„Die Warnzeichen eines akuten Herz-Kreislauf-Ereignisses sowie die typischen Anzeichen, die auf die Verschlechterung eines Krankheitsverlaufs deuten, zu erkennen, und dann rechtzeitig zu handeln, kann für unsere Herzpatientinnen und Herzpatienten lebensrettend sein. Wird etwa eine Herzschwäche erst spät diagnostiziert, sind die Behandlungsaussichten deutlich schlechter. Denn es gilt auch, unsere Patientinnen und Patienten vor schmerzlichen Einbußen an Lebensqualität zu bewahren“, betont der Kardiologe Dr. Norbert Smetak, Bundesvorsitzender des BNK mit eigener Arztpraxis. „Mit dieser gemeinsamen bundesweiten Aktion wollen wir das Bewusstsein der Betroffenen für ihre Herzkrankheit, die Symptome und Therapiemöglichkeiten schärfen.“ Der BNK ist ein Zusammenschluss von über 1.200 niedergelassenen Fachärztinnen und Fachärzten mit dem Schwerpunkt Kardiologie in ganz Deutschland.

Bluthochdruck als einer der Hauptrisikofaktoren für Herzinfarkt und Schlaganfall ist aufgrund seiner meist schleichenden Symptomatik („leiser Killer“) besonders gefährlich, wenn er unerkannt und unbehandelt bleibt oder unzureichend behandelt wird. „Wir tragen in den Apotheken dazu bei, Patientinnen und Patienten mit erhöhten Blutdruckwerten zu identifizieren und ihnen eine zeitnahe ärztliche Untersuchung anzuraten“, betont Gabriele Regina Overwiening, Präsidentin der ABDA. „Es gibt zudem Betroffene, die zwar bereits behandelt werden, aber gar nicht merken, dass ihr Blutdruck nicht gut eingestellt ist.“ Die Überprüfung der Blutdruckeinstellung können Apotheken im Rahmen der pharmazeutischen Dienstleistung ,Standardisierte Risikoerfassung hoher Blutdruck‘ einmal pro Jahr bei Hochdruckpatientinnen und  -patienten mit einer Beratung in Abhängigkeit der gemessenen Blutdruckwerte anbieten. „Bei einer aktuellen Auswertung dieser Dienstleistung in Apotheken lagen bei mehr als der Hälfte der Patientinnen und Patienten die Blutdruckwerte oberhalb des therapeutischen Zielbereichs“, so Overwiening. Die altersabhängigen Empfehlungen zur Bewertung der gemessenen Blutdruckwerte in der Apotheke wurden gemeinsam von der ABDA und der Deutschen Gesellschaft für Kardiologie – Herz- und Kreislaufforschung (DGK) entwickelt. Die ABDA ist die Spitzenorganisation aller Apothekerinnen und Apotheker in Deutschland.

Infos unter: https://www.abda.de/pharmazeutische-dienstleistungen/bluthochdruck/

Häufige Symptome von Herzkrankheiten

Beschwerden wie Schmerzen in der Brust – in der Regel direkt hinter dem Brustbein – stehen ganz oben auf der Liste der häufigsten Anzeichen von Herzkrankheiten. Diese werden oft als Gefühl der Enge, des Drucks oder der Beklemmung beschrieben. Atemnot (Dyspnoe), die nicht nur bei Aktivität, sondern auch in Ruhe oder im Schlaf auftritt, kann ebenfalls auf Störungen des Herzens oder des Kreislaufsystems deuten. Ebenso kann eine ungewöhnliche, nicht erklärbare Übelkeit verbunden mit ausgeprägtem Schwächegefühl ein Zeichen für ein akutes Herzproblem sein. „Bei diesen Symptomen sollte man umgehend einen Arzt für eine Abklärung aufsuchen“, betont Prof. Voigtländer. Dies gelte auch für folgende Symptome, die auf Herzprobleme hinweisen können:

* unregelmäßiger Herzschlag

* sehr schneller Puls in Ruhe

* Schwindel oder Ohnmacht (kurze Bewusstlosigkeit)

* Schwellungen (Ödeme) in den Beinen, an Knöcheln und Füßen

* Aszites (Flüssigkeitseinlagerung im Bauchraum)

* Müdigkeit oder unerklärliche Schwäche

Warnzeichen für lebensbedrohliche Herz- und Gefäßereignisse 

Bei Warnzeichen für lebensbedrohliche Herz- und Gefäßkomplikationen zählt jede Minute bis zur medizinischen Notfallversorgung. Bei Verdacht auf Herzinfarkt und Schlaganfall sowie bei Herzstillstand ist sofort der Rettungsdienst mit der Notrufnummer 112 zu alarmieren. Bei einer Entgleisung der Herzschwäche und bei einer Bluthochdruckkrise ist umgehend ein Arzt aufzusuchen.

Herzinfarkt: Jede Minute zählt – „Time is Muscle“ 

Zeitverluste beim Herzinfarkt durch zögerliches Verhalten der Betroffenen und Angehörigen sind fatal. Zum einen führt der Infarkt im Herzmuskelareal des verschlossenen Herzkranzgefäßes zum Absterben von Herzmuskelgewebe. Wenn der Infarkt nicht unverzüglich behandelt wird („Time is Muscle“) und viel Gewebe zerstört ist, droht eine ausgeprägte Herzschwäche. Zum anderen kann der Infarkt jederzeit in bösartige Herzrhythmusstörungen übergehen. Dieses Kammerflimmern (über 300 Schläge/Minute) führt innerhalb weniger Sekunden zum Herzstillstand. „Herzinfarkte ereignen sich meistens zu Hause, nur ein über den Notruf 112 herbeigerufenes Rettungsteam mit einem Defibrillator kann dann das flimmernde Herz wieder in seinen normalen Rhythmus bringen. Der Patient muss anschließend sofort in die nächstgelegene Klinik zur Infarktversorgung“, erklärt der Herzstiftungs-Vorsitzende Prof. Voigtländer. Beim Herzinfarkt sind typische Beschwerden:

* plötzlich einsetzende starke Schmerzen, die länger als fünf Minuten in Ruhe anhalten und die überwiegend im Brustkorb oder häufig auch ausschließlich hinter dem Brustbein auftreten

* Schmerzen, die in Körperteile wie Arme (meist links), Oberbauch, Rücken, Hals, Kiefer oder Schulterblätter ausstrahlen

* ein massives Engegefühl, heftiger Druck oder ein sehr starkes Einschnürungsgefühl im Brustkorb („Elefant auf der Brust“)

* heftiges Brennen im Brustkorb. (Achtung: Verwechslungsgefahr mit Sodbrennen!)

* Vor allem Frauen verspüren eher ein Engegefühl und der Brustschmerz strahlt vorrangig in den Rücken und den Oberbauch aus. (Achtung: Verwechslungsgefahr mit Magenschmerzen!)

Weitere Infos zum Herzinfarkt sind unter https://herzstiftung.de/herzinfarkt abrufbar, Infos zur Ersten Hilfe bei Herzinfarkt unter https://herzstiftung.de/herzinfarkt-erste-hilfe

Plötzlicher Herztod: Auf welche Warnzeichen und Risikofaktoren achten?

Oft – aber nicht in allen Fällen – ist der unerwartete Herzstillstand direkte Folge gefährlicher Herzrhythmusstörungen aus der Herzkammer. Bei einem Großteil (80 Prozent) der Betroffenen liegt eine KHK vor, die im weit fortgeschrittenen Stadium einen Herzinfarkt auslöst, der wiederum das Entstehen von Kammerflimmern begünstigen kann. Weitere Risikofaktoren sind Herzmuskelerkrankungen (Kardiomyopathien), angeborene Herzfehler oder Störungen der Erregungsleitung des Herzens oder eine Herzinsuffizienz. Oft gibt es zwar tatsächlich kein Warnsignal. Doch bei immerhin etwa jedem zweiten Betroffenen treten Tage bis Stunden vor dem plötzlichen Herztod typische Vorboten auf: 

* Brustschmerzen (Angina pectoris) und/oder Luftnot

* Herzrasen mit Einschränkung der Belastbarkeit

* hartnäckiges Herzstolpern

* kurze Bewusstlosigkeit (Synkope)

* Schwindelanfälle mit drohender Bewusstlosigkeit

* stark erhöhter Blutdruck auch ohne akute Belastung

* Krampfanfälle (nicht einer das Herz betreffenden Ursache zuzuordnen) 

Bei einem plötzlichen Herzstillstand ist nach Absetzen des Notrufs 112 eine sofortige Herzdruckmassage bis zum Eintreffen des Rettungsdienstes lebensentscheidend. „Hier kommt es auf das schnelle Handeln der Ersthelfer an. Aus Angst vor Fehlern nur zu warten, bis der Notarzt kommt, bedeutet meist den Tod für die betroffene Person“, warnt Voigtländer. Was bei Herzstillstand zu tun ist, erläutert die Herzstiftung unter https://herzstiftung.de/wiederbelebung Über den plötzlichen Herztod bei jungen Menschen informiert die Seite https://herzstiftung.de/junge-herzen-retten

Schlaganfall: Jede Minute zählt – „Time is Brain“

Schlaganfall und Herzinfarkt haben die gleichen Risikofaktoren wie Übergewicht, Bluthochdruck, Rauchen und Diabetes. Zudem begünstigt ein krankes Herz einen Hirninfarkt. Insbesondere Vorhofflimmern führt häufig zu Blutgerinnseln, die sich im linken Vorhof bilden, ins Gehirn gespült werden und dort einen Schlaganfall verursachen. Die wichtigsten Warnzeichen eines Schlaganfalls können mit dem Akronym FAST (englisch für „schnell“) zusammengefasst werden. Sie lassen sich leicht überprüfen:

* F – Face (Gesicht): Einseitiges Herabhängen des Gesichts: Bitten Sie die Person zu lächeln. Hängt ein Mundwinkel herab?

* A – Arms (Arme): Schwäche in einem Arm: Bitten Sie die Person, beide Arme zu heben. Sinkt ein Arm nach unten?

* S – Speech (Sprache): Sprachprobleme: Ist die Sprache der Person undeutlich oder schwer verständlich? Kann die Person einfache Sätze wiederholen?

* T – Time (Zeit): Zeit ist entscheidend: Wenn eine der oben genannten Symptome beobachtet wird, rufen Sie sofort den Notruf 112 an.

Weitere Infos zum Schlaganfall: https://herzstiftung.de/schlaganfall

Entgleiste Herzschwäche: Warnzeichen erkennen und Klinikeinweisung vermeiden 

Eine Herzschwäche (Herzinsuffizienz) ist eine Erkrankung des Herzens, die zunehmend die Leistungsfähigkeit einschränkt. Gefahr droht, wenn sich die Herzleistung plötzlich verschlechtert und es dem Herzen nicht gelingt, die verminderte Pumpleistung auszugleichen (Dekompensation der Herzschwäche). Bei den folgenden Anzeichen sollten Betroffene daher unbedingt einen Arzt aufsuchen:

* ungewöhnliche Atemnot bereits bei leichter Belastung

* merkliche Abnahme der Leistungsfähigkeit etwa beim Treppensteigen und Bergangehen

* neu auftretende oder sich verschlimmernde Schwellungen an Knöcheln, Unterschenkeln (Flüssigkeitseinlagerung: Ödeme)

* deutliche und schnelle Zunahme des Gewichts (z.B. 2 Kilo in 2 Tagen) oder des Bauchumfangs

Zusätzlich zu den genannten Beschwerden können folgende Symptome auftreten: 

* beschleunigter Puls und Herzrasen

* erhöhte Atemfrequenz

* Hustenattacken

* Rasselgeräusche beim Atmen

* kalte Finger, Füße und Beine, 

* nächtlicher Harndrang

* Schlafstörungen und Schwindelgefühl.

Bestimmte Symptome wie Leistungseinschränkung, Atemnot unter Belastung können allerdings von Betroffenen auch als Zeichen einer allgemeinen Schwäche – ohne kardiale Zuordnung – interpretiert werden. „Diese Symptome auf eine altersbedingte oder allgemein körperliche Schwäche zu beziehen, verstellt den Blick auf die Herzerkrankung als tatsächliche Symptomursache und erschwert die rechtzeitige adäquate Behandlung“, berichtet der BNK-Bundesvorsitzende Dr. Smetak. „Wer herzkrank ist, sollte daher immer gut über die Symptome, die Begleiterkrankungen und Therapiemöglichkeiten informiert sein.“

Weitere Infos zur Entgleisung bei Herzschwäche: https://herzstiftung.de/herztagebuch und https://herzstiftung.de/herzinsuffizienz-symptome

Plötzlicher Bluthochdruck: Wann gefährlich und ein Fall für den Notarzt (112)?

Eine Bluthochdruckkrise (oder hypertensive Krise) ist ein ernsthafter medizinischer Zustand, bei dem der Blutdruck extrem hoch wird (über 180/100 mmHg). Wenn keine ernsthaften Symptome vorliegen, kann man sich kurz hinlegen und nach etwa 15 bis 30 Minuten den Blutdruck erneut messen. Ist er dann nicht merklich gesunken und es liegen keine weiteren Beschwerden vor, sollte ein Arzt aufgesucht werden, der langsam mit Medikamenten den Blutdruck senkt. Sind allerdings zusätzliche Beschwerden vorhanden, drohen akut lebensbedrohliche Komplikationen. Dann sollte stets der Notarzt unter 112 gerufen werden. Kritisch sind Situationen, in denen zu dem plötzlichen hohen Bluthochdruck mindestens eines der folgenden Symptome auftritt (Bluthochdrucknotfall):

* Brustschmerzen (Schmerzen, Brennen oder ein starkes Druckgefühl)

* Atemnot

* starkes Schwindelgefühl (eventuell mit starken Kopfschmerzen verbunden)

* Seh- oder Sprechstörungen (neurologische Ausfälle)

* Übelkeit

* Erbrechen

* Nasenbluten

* Benommenheit

* Krampfanfälle

* Lähmungserscheinungen

Nicht nur Patienten mit Herzerkrankung sollten ihre Blutdruckwerte im Blick haben. Spätestens ab 40 Jahren ist die Kontrolle generell wichtig, wenigstens einmal im Jahr. „Etwa jeder fünfte Erwachsene mit Bluthochdruck weiß nichts von seinem Risikofaktor für Herzinfarkt und Schlaganfall. Wir tragen in den Apotheken durch Aufklärung und Blutdruckmess-Angebote mit dazu bei, unbehandelte Hochdruckpatienten zu identifizieren“, betont ABDA-Präsidentin Overwiening.

Die Herzstiftung informiert über den plötzlichen Bluthochdruck unter: https://herzstiftung.de/bluthochdruckkrise

Herzkrankheiten immer behandeln 

Herzerkrankungen sind vor allem gefährlich, wenn sie unentdeckt oder unbehandelt bleiben. Deshalb raten Herzstiftung, BNK und ABDA zu regelmäßigen ärztlichen Kontrollen. Symptome wie Brustschmerzen oder Risikofaktoren wie Bluthochdruck sind eindeutige Warnsignale. Doch auch Beschwerden wie eine schnelle Ermüdbarkeit sollten nicht vorschnell auf Alter oder Stress geschoben, sondern ernst genommen und zeitnah medizinisch geklärt werden. Nur so können therapeutische Maßnahmen eingeleitet und schwerwiegende Folgen wie Herzinfarkt, Schlaganfall, Herzschwäche oder plötzlicher Herztod verhindert werden. (wi/Online-Red.) GA 25

 

 

 

 

Lehrer fordern Medienbildung an Schulen gegen Rechtsruck

 

Viele junge Wähler machen bei der AfD ihr Kreuz. Soziale Medien spielen dabei eine wichtige Rolle. Im Netz hat die AfD die größte Reichweite - mit großem Abstand zu allen anderen Parteien. Das ruft Bildungsexperten auf den Plan.

Nach dem Wahlerfolg der AfD bei Jungwählern in Brandenburg fordern Lehrerverbände eine bessere Medienbildung an deutschen Schulen. „Soziale Medien können gerade zu Beginn einer Radikalisierung wie ein Katalysator wirken“, sagte der Bundesvorsitzende des Verbandes Bildung und Erziehung (VBE), Gerhard Brand, dem Redaktionsnetzwerk Deutschland (RND). Junge Leute gerieten „schnell in einem Sumpf aus gefährlicher Weltanschauung und Selbstbestätigung“. Die Medienbildung an Schulen, aber auch durch Eltern, sei hier gefragt, solche Mechanismen zu erklären und davor zu warnen, sich zu einseitig zu informieren.

Brand mahnte dazu aber auch eine bessere Ausstattung der Schulen an. „Wenn aber in zehn Prozent der deutschen Schulen noch immer keine Klassensätze an digitalen Endgeräten vorhanden sind und der Digitalpakt 2.0 momentan noch in der Schwebe steckt, brauchen wir uns nicht wundern, wenn Schule das nicht leisten kann“, kritisierte der Verbandschef.

„Soziale Medien begünstigen häufig Extreme“, sagte auch die Bundesvorsitzende des Deutschen Philologenverbands, Susanne Lin-Klitzing, dem RND. Es sei unerlässlich, dass Medienbildung an Schulen eine wichtige Rolle spiele und Schüler befähigt würden, Informationen kritisch zu hinterfragen. Dafür müssten die Lehrkräfte entsprechend geschult werden. Für Weiter- und Fortbildung stehe ihnen allerdings zu wenig Zeit und Geld zur Verfügung, kritisierte die Verbandschefin.

Aktuelle Politik für junge Leute „sehr weit weg“

Der Präsident der Bundeszentrale für politische Bildung, Thomas Krüger, beklagte eine „fehlende politischen Kommunikation auf Augenhöhe“ gerade in sozialen Medien. Nur der AfD gelinge es, Jugendliche in den Medien zu adressieren, sagte er dem Redaktionsnetzwerk. Krüger forderte einen „nachhaltigen Fokus auf die Interessen der jungen Generation in Deutschland sowie eine offensive Jugend- und Bildungspolitik“.

Die Vielzahl von Krisen und Problemen wie Kriege, Energieknappheit, Inflation oder Klimawandel, stimmten die Jugendlichen in ihrem Allgemeinbefinden ernster und besorgter denn je, konstatierte Krüger. Es herrscht zudem eine „beträchtliche Verunsicherung unter jungen Menschen durch die schwer einzuschätzende Migrationsdynamik und die dadurch angestoßene Zunahme von Rassismus und Diskriminierung“. Viele junge Menschen erlebten die aktuelle Politik „als sehr weit weg“, stellte der Leiter der Bundeszentrale fest.

(dpa/mig 25)

 

 

 

 

KI-Konferenz in Rom: Forscher und Vatikan fordern klare Regeln und ethische Grundlagen

 

Bei einer hochkarätig besetzten Konferenz in Rom haben sich Forscher und Kirchenvertreter über die Chancen und Risiken von Künstlicher Intelligenz und die nötigen gesetzlichen Regelungen dafür ausgetauscht. Angekündigt wurde im Vorfeld des kommenden AI-Action-Summits in Paris auch eine Vatikan-Beobachtungsstelle zu KI. Christine Seuss - Vatikanstadt

Bei der Konferenz am Montag, die durch die Deutsche und Französische Botschaft beim Heiligen Stuhl in Zusammenarbeit mit dem Dikasterium für Kultur und Bildung sowie der Päpstlichen Akademie für die Wissenschaften organisiert wurde, und ein hochkarätiges Podium von Experten am internationalen Sitz des Jesuitenordens zusammenführte, begrüßten die anwesenden Gäste und Vertreter aus Politik und Wissenschaft eine klare Regulierung von Künstlicher Intelligenz.

Ihrer Erfahrung nach hätten Einzelpersonen und Gruppen, die sich mit Künstlicher Intelligenz befassten, zunächst „gute Absichten“, so Nobelpreisträgerin Frances Hamilton Arnold, die auch US-Präsident Biden im Zusammenhang mit Künstlicher Intelligenz berät. Schwierig werde es dann, wenn Firmen mit der Absicht auf Gewinne ins Spiel kämen. Doch der Nutzen von KI, vor allem in den Bereichen Hungerbekämpfung, Bekämpfung von Folgen des Klimawandels generell in der Wissenschaft oder bei medizinischen Anwendungen, überwögen die positiven Auswirkungen, so die amerikanische Biochemikerin und Chemieingenieurin. In den USA gibt es derzeit noch kein allgemein geltendes KI-Gesetz, entsprechende Vorschläge werden seit geraumer Zeit im Kongress diskutiert.

Erstes umfassendes KI-Gesetz der Welt

Der Chefberater der Generaldirektion Justiz und Verbraucher der Europäischen Kommission, Paul Nemitz, wies in seinem Redebeitrag darauf hin, dass die EU mit ihrer KI-Verordnung vom Mai 2024, dem ersten umfassenden KI-Gesetz der Welt, einen Präzedenzfall geschaffen habe. Mit dem Regelwerk wird unter anderem die Nutzung von Technologien wie Videoüberwachung oder Spracherkennung geregelt. Klare Kennzeichnung von KI-Anwendungsbereichen sei nicht nur eine Frage der Demokratie, sondern auch der Menschenwürde, denn ein Nutzer müsse sich darüber im Klaren sein, wo er auf ein anderes menschliches Gegenüber oder eine Maschine treffe, so Nemitz. Die EU habe darüber hinaus eine lange Tradition von Gesetzgebung im Technologie-Bereich, so beispielsweise bei der Regulierung in der Autoherstellung oder beim Hausbau. Was die Wissenschaft betreffe, bleibe diese davon unangetastet, schließlich greife die Gesetzgebung erst dann, wenn ein Produkt auf den Markt gebracht werde.

Die Katholische Kirche nehme jedenfalls ihre Verantwortung wahr, bei der Diskussion um Künstliche Intelligenz den Menschen ins Zentrum zu rücken. Entgegen aller beruhigender Aussagen im Vorfeld müsse man nämlich auch feststellen, dass die durch künstliche Intelligenz verlorenen Arbeitsplätze derzeit nicht mit gleichwertigen Alternativen für die betroffenen Arbeitnehmer ersetzt worden seien, so Nemitz. Insgesamt sei es wichtig, dass die Demokratie ihren Primat über die Macht der Technologiekonzerne behaupte und bewahre, gerate sie doch mit den negativen Folgen von unkontrollierter KI wie Fake News und Wahlbeeinflussung potentiell selbst in Gefahr.

Weltweit akzeptierte Regulierungsbehörde

Für eine weltweit akzeptierte Regulierungsbehörde von KI, die bei deren Missbrauch gegebenenfalls eingreifen könne, plädierte der britische KI-Forscher und Neurowissenschaftler Demis Hassabis, der sich eigener Aussage nach seit 30 Jahren mit KI beschäftigt. 2024 erhielt er für seine Verdienste auf dem Feld der künstlichen Intelligenz den Ritterschlag der britischen Krone. Europa müsste seine Überlegungen und Regulierungsansätze in die internationale Debatte einspeisen, so der Mitbegründer und CEO des Technologiekonzerns DeepMind, der mittlerweile von Google übernommen wurde, in der Diskussion.

Wie bei allen Neuerungen würden zwar Fehler gemacht werden, doch gelte es, mit der Entwicklung der Technologien Schritt zu halten und die Regelwerke entsprechend kontinuierlich anzupassen. Letztlich sehe man aber erst nach der Fertigstellung der Systeme, welche Konsequenzen man sich wirklich erwarten könne, so Hassabis, der in diesem Zusammenhang auch auf das Internet verweist. Es gelte, nach dem Beispiel der Internationalen Atombehörde IAEA auf eine weltweit verpflichtende Regulierungsbehörde von Künstlicher Intelligenz hinzuarbeiten, die für alle Akteure, auch Russland oder China, gelten müsse.

Einen angstbefreiten Ansatz bei der Behandlung des Themas wünscht sich der deutsche Mathematiker, Physiker und Informatiker Bernhard Schölkopf vom Max Planck-Institut in Tübingen, wo er die Abteilung für Empirische Interferenz leitet. Letztlich übersteige es das menschliche Auffassungsvermögen, zu erkennen, wenn ein aktueller Epochenwandel stattfinde. Auch er sieht eine Regulierung der Systeme als notwendig an, doch dürfe man sich davon auch nicht allzu viel erwarten. Letztlich liege es in der Verantwortung des Einzelnen, wie er mit den Möglichkeiten der immer mächtigeren Technologie umgehe. Seine persönliche Arbeit sehe er darin, die positiven Anwendungsmöglichkeiten von Künstlicher Intelligenz zum Tragen zu bringen.

Ethische Auswirkungen

Den Menschen und die ethischen Auswirkungen von Künstlicher Intelligenz in den Mittelpunkt der Überlegungen zu stellen, forderte in seinem Beitrag der Priester Eric Solobir, der mit seinem Think Tank Human Technology Foundation unter anderem Unternehmen bei der Umsetzung von KI-Maßnahmen nach ethischen Standards berät. Die Technologie müsse sich daran messen lassen, inwieweit sie die Handlungsfähigkeit der Menschen in positivem Sinne erweitere. Solobir ist einer der führenden Köpfe hinter der bei der Konferenz angekündigten Initiative einer Vatikan-Beobachtungsstelle für KI-Fragen.

Vatikan-Stimme einbringen

Diese Initiative solle die Stimme des Heiligen Stuhls auch auf Arbeitsebene in die Debatten einbringen, erläuterte Florence Mangin, die Französische Botschafterin beim Heiligen Stuhl. Die Beobachtungsstelle wurde mit Blick auf den kommenden KI-Gipfel in Paris im Februar 2025 aus der Taufe gehoben. Bei dem Internationalen Gipfeltreffen auf französische Einladung, der an die Arbeiten früherer Treffen in Korea und Großbritannien anknüpft, erhofften sich die Veranstalter einen umfassenden Blick auf die KI-Thematik, der über reine Sicherheitsaspekte hinausgehe, so Mangin. Insbesondere gehe es darum, konkrete Handlungsempfehlungen und Initiativen auf den Weg zu bringen.

Die neue Beobachtungsstelle in Rom solle somit eine Plattform dafür anbieten, um im Vorfeld des Gipfels mit den verschiedenen am Heiligen Stuhl involvierten Stellen sowie internationalen Vertretern aus Wissenschaft und Zivilgesellschaft zum Themenkomplex Ethik und Künstliche Intelligenz zu arbeiten. Paul Tighe, Sekretär der Kultursektion im Dikasterium für Kultur und Bildung werde den Vatikan in der Steuerungsgruppe der Beobachtungsstelle vertreten, kündigte sie an. (vn 24)

 

 

 

 

Am Ziel vorbei

 

Der Bundestag arbeitet an einer Resolution zur Bekämpfung von Antisemitismus. Doch israelische Menschenrechtsorganisationen warnen vor dem Entwurf. Jessica Montell

Seit dem Massaker, das die Hamas am 7. Oktober im vergangenen Jahr an der israelischen Bevölkerung verübt hat, erleben wir eine massive Zunahme antisemitischer Rhetorik und antisemitischer Vorfälle. Das ist eine beunruhigende und gefährliche Entwicklung – weltweit und auch in Deutschland. Die deutsche Regierung hat eine moralische Verpflichtung, dieser Entwicklung entgegenzuwirken. Deshalb ist es notwendig und begrüßenswert, wenn die Bundesregierung und der Bundestag klar und entschieden auf diese Entwicklung reagieren und eindeutig Stellung beziehen.

Im Bundestag arbeiten die Partner der Ampelkoalition gemeinsam mit der CDU/CSU-Fraktion seit Monaten an einer Resolution zur Bekämpfung des Antisemitismus in Deutschland. Frühere Fassungen dieser Resolution haben nicht nur bei Rechtswissenschaftlern und Kunstschaffenden, sondern auch bei Menschenrechtsorganisationen wie der unsrigen heftige Kritik hervorgerufen. Ein veröffentlichter Entwurf dieser Entschließung löst bei mir und bei anderen israelischen Menschenrechtsorganisationen Besorgnis aus, weil er eine repressive Stoßrichtung hat und für Spaltung sorgt. Das liegt vor allem daran, dass er Antisemitismus mit Kritik an Israel verwechselt. Als jüdische Israelin, die sich aktiv in der israelischen Zivilgesellschaft engagiert und sich berechtigt und in der Pflicht sieht, die eigene Regierung zu kritisieren, weise ich diese Gleichsetzung mit Nachdruck zurück.

Diese Verquickung von Antisemitismus und Israelkritik ist so weit gefasst, dass sie sogar auf Juden und Israelis in Deutschland zutrifft, die zum Beispiel die Behandlung der Palästinenser durch die israelische Regierung kritisieren. Jüdische Vertreter des öffentlichen Lebens in Deutschland sahen sich veranlasst, in einem offenen Brief den Resolutionsentwurf zu kritisieren, der paradoxerweise der Vielfalt des jüdischen Lebens in Deutschland womöglich schadet, statt sie zu schützen.

Der Kern des Problems ist, dass die Resolution auf der umstrittenen Antisemitismus-Arbeitsdefinition der Internationalen Allianz zum Holocaustgedenken (International Holocaust Remembrance Alliance, IHRA) aufbaut. Sie macht diese Definition zum entscheidenden Maßstab für die Regulierung und Zuweisung öffentlicher Mittel – mit weitreichenden nachteiligen Folgen für Wissenschaft, Kunst und Zivilgesellschaft in Deutschland, aber auch für die Arbeit und Zusammenarbeit zwischen deutschen Organisationen und ihren ausländischen Partnern vor Ort. Bundestag und Bundesregierung haben sich 2017 die IHRA-Definition zu eigen gemacht. In der Folge wurde diese Definition Gegenstand heftiger Kontroversen und wird in der Wissenschaft intensiv diskutiert. Führende internationale Antisemitismusforscher (darunter viele Israelis) haben Alternativdefinitionen erarbeitet – unter anderem die Jerusalemer Erklärung zum Antisemitismus. Daher stellt sich die Frage: Wieso ergreift der Bundestag in einem wissenschaftlichen Streit Partei für eine Seite? Warum ist der Entwurf nicht offen für Entwicklungen in der akademischen Diskussion und geht auf andere Definitionen gar nicht ein?

Die Sorge über die Auswirkungen, die sich durch die Verwendung der Antisemitismus-Definition der IHRA ergeben können, ist keineswegs bloße Theorie. In den vergangenen Jahren haben wir erlebt, dass diese Definition taktisch genutzt wird, um Zwang auszuüben. Die israelische Regierung setzt sie als Waffe ein, um öffentlich artikulierten Widerspruch gegen ihre rechtswidrige und schädliche Politik zum Schweigen zu bringen. Die Liste derer, die wegen ihrer Äußerungen zur Palästinenserpolitik der israelischen Regierung oder ihres Verhaltens gegenüber dieser Politik als Antisemiten abgestempelt wurden, ist sehr lang und umfasst sogar den Internationalen Strafgerichtshof (IStGH), dessen Chefankläger Karim Khan und die Vereinten Nationen. Kürzlich schmähte Israels Außenminister Israel Katz den EU-Außenbeauftragten und spanischen Sozialisten Josep Borrell als „Antisemiten und Israelhasser“ und warf ihm vor, er führe „eine Hasskampagne gegen Israel, die Erinnerungen an die schlimmsten Antisemiten der Geschichte weckt“. Diverse Gruppen, die sich international schützend vor die israelische Regierung stellen und Kritik an ihrer Menschenrechtsbilanz zum Schweigen bringen wollen, nutzen die IHRA-Definition fortwährend und in zynischer Weise. Mithilfe dieser Definition haben sie Mitglieder des Irischen Parlaments als Antisemiten gebrandmarkt, weil sie einen Boykott von Erzeugnissen aus den Siedlungsgebieten ins Spiel gebracht hatten; sie haben die Regierungen der Niederlande und Schwedens antisemitisch genannt, weil sie palästinensische Menschenrechtsorganisationen finanziell unterstützen; und sie haben dem Europäischen Gerichtshof Antisemitismus vorgeworfen, nachdem er geurteilt hatte, dass Produkte aus israelischen Siedlungsgebieten als solche gekennzeichnet werden müssen.

In Israel nutzen rechte Parlamentarier die Definition der IHRA, um etablierte Menschenrechtsgruppen und zivilgesellschaftliche Organisationen zu delegitimieren und sie nach Möglichkeit von ihren internationalen Finanzierungsquellen abzuschneiden. Im März 2023 bezeichnete der Likud-Abgeordnete Ariel Kellner zum Beispiel Breaking the Silence als „antisemitische Organisation“, die „Soldatinnen und Soldaten der israelischen Streitkräfte verunglimpft und als Nazis darstellt“. Und weiter: „Mal lässt sie die Ritualmordlegende wiederaufleben, mal misst sie moralisch mit zweierlei Maß. Beides fällt unter die internationale Definition von Antisemitismus.“ Breaking the Silence ist eine gemeinnützige israelische Organisation, die Übergriffe im Zusammenhang mit der israelischen Besetzung der Palästinensergebiete aufdeckt und das Ziel hat, die Besatzung zu beenden. Alle Beschäftigten und Mitglieder der Organisation sind ehemalige israelische Soldaten (und Juden). Wie lächerlich es ist, eine solche Organisation als antisemitisch zu bezeichnen, liegt auf der Hand. Allen sollte klar sein, dass hier ein israelisches Regierungsmitglied auf zynische Weise versucht, die Organisation mit möglichst niederträchtigen Anschuldigungen zu diskreditieren. Allein die Tatsache, dass der Knesset-Abgeordnete Ariel Kellner sich zur Untermauerung dieser Anschuldigungen auf die „internationale Definition von Antisemitismus“ berufen kann, zeigt deutlich, wie problematisch diese Definition ist.

Die Kernaufgabe von Menschenrechtsorganisationen in aller Welt wird mitunter auf das Naming and Shaming verkürzt – also darauf, Menschenrechtsverletzungen zu dokumentieren und öffentlich anzuprangern, um Aufmerksamkeit zu erregen und die Verantwortlichen zu zwingen, diese Rechtsverstöße abzustellen. Diese Arbeit ist überall auf der Welt notwendig und wichtig. Im israelisch-palästinensischen Kontext ist sie essenzieller als je zuvor vor dem Hintergrund, dass seit elf Monaten in Gaza ein brutaler Krieg geführt wird, dass in Israel eine ultranationalistische Regierung an der Macht ist und Extremisten die Annexion des Westjordanlands und die Zwangsenteignung der dort lebenden Palästinenser vorantreiben.

Damit sie ihre Arbeit machen können, müssen sich Menschenrechts-Organisationen frei äußern können, zumal sie mitunter sehr schwerwiegende Vorwürfe erheben. Das heißt nicht, dass wir unsererseits gegen Kritik abgeschirmt werden müssen. Das lässt natürlich genügend Raum, um unsere Erkenntnisse infrage zu stellen und mit unseren Bewertungen nicht einverstanden zu sein. Fakten können unzutreffend sein. Interpretationen können ihre Schwachstellen haben. Manche mögen uns für fehlgeleitet oder naiv halten. Das alles ist legitim. Aber die Meinungsabweichungen in diesen Fragen als antisemitisch abzustempeln, ist unverantwortlich und darf nicht sein. Mit solchen politisch motivierten Anschuldigungen sollen diejenigen, die Missstände zur Sprache bringen, zum Schweigen gebracht werden, damit man sich mit der eigentlichen Kritik nicht auseinandersetzen muss. Durch diese Anschuldigungen gerät der Begriff „antisemitisch“ zur Farce – und das schadet den aufrichtigen Bemühungen, den ganz realen Antisemitismus zu bekämpfen.

Aus diesen Gründen warnen 15 israelische Menschenrechtsgruppen und zivilgesellschaftliche Organisationen – meine Organisation HaMoked ist eine von ihnen – in einer gemeinsamen Erklärung vor der Resolution, über die der Bundestag derzeit berät. Bei dieser Warnung geht es unter anderem auch um unsere Möglichkeiten, unsere Kernaufgabe mit deutscher Unterstützung wahrzunehmen: Wir befürchten, dass die Resolution des Bundestags, sollte sie auf der Grundlage des Entwurfs verabschiedet werden, instrumentalisiert wird, um die finanzielle Unterstützung aus Deutschland für unsere Menschenrechtsarbeit unter Beschuss zu nehmen und einzuschränken und im weiteren Sinne unserer Zusammenarbeit mit der deutschen Zivilgesellschaft die Grundlage zu entziehen. Dies würde Schmutzkampagnen befeuern und die vielen komplexen Herausforderungen, die wir in der aktuellen Eskalationssituation ohnehin schon zu bewältigen haben, noch weiter verschärfen.

Wie wir in unserer Erklärung betonen, begrüßen wir, dass die Bundesregierung sich ausdrücklich zur Bekämpfung des Antisemitismus bekennt, und ermutigen den Bundestag, eine auf Inklusivität und Universalität abzielende Resolution zu verabschieden. Wir ermuntern ihn, eine Resolution zu verabschieden, die unserer Menschenrechtsarbeit nicht potenziell schadet, sondern sie schützt und unterstützt. Alle Versuche, auf Basis der IHRA-Definition finanzielle Zuwendungen an Bedingungen zu knüpfen, sollten aus dieser Resolution gestrichen werden – und der Kampf gegen Antisemitismus sollte inklusiv und in einen universellen Kampf gegen Rassismus in jeglicher Form eingebettet werden. IPG 24

 

 

 

Verwundete Stadt. Solingen ein Monat nach dem Attentat

 

Einen Monat nach dem Anschlag von Solingen findet die Stadt nur langsam zum Alltag zurück. Viele Fragen sind noch offen, die Ermittler hüllen sich in Schweigen, die Trauer bleibt. Grenzkontrollen und Sicherheitspakete sind schon in Kraft. Ein Rückblick nach drei Landtagswahlen. Von Frank Christiansen und Yuriko Wahl-Immel

Einige Blumensträuße sind verwelkt, andere gerade erst abgelegt und noch ganz frisch. Auch ein Meer von Grablichtern hat sich angesammelt auf dem Fronhof in Solingen. Hier hatte vor einem Monat ein mutmaßlich islamistischer Terrorist mit einem Messer drei Menschen getötet und acht verletzt. Auf Schildern und Schleifen steht „Frieden“ und „Wir halten zusammen“ oder auch „Wir Syrer sagen: Frieden und Menschlichkeit für Solingen“. Immer wieder kommen Menschen, verharren einen Moment, einige falten die Hände, schütteln den Kopf, gedenken still.

„Meine Tochter war live dabei, sie hat alles vom Fenster aus gesehen, auch den Täter. Sie beansprucht nun psychologische Hilfe“, sagt eine 63 Jahre alte Solingerin. Viele trauten sich noch immer nicht in die Innenstadt, schildert ihre Bekannte. Zwei Erzieherinnen, die in der Nähe arbeiten, berichten: „Schon um 7.00 Uhr stehen hier die Menschen und trauern.“ Der Schock sei längst nicht verarbeitet.

Politische Folgen: Grenzkontrollen, Sicherheitspakete

Vier Wochen nach dem Terroranschlag sind Sicherheitspakete geschnürt, Grenzkontrollen angelaufen und erstmals seit Jahren Abschiebungen nach Afghanistan erfolgt. Dass es einem Radikalen irgendwann wieder gelingen würde, einen Anschlag zu begehen, hatten Sicherheitsexperten erwartet. Und dann geschah es eine kurz vor den Landtagswahlen in Thüringen, Sachsen und Brandenburg – ausgerechnet in der bergischen Stadt. Experten gehen davon aus, dass die der Tat folgende Migrationsdebatte der AfD in die Hände gespielt hat. Die Rechtsextremisten konnten ihre Stimmanteile bei allen drei Landtagswahlen deutlich erhöhen.

Solingen bemüht sich nach den rechtsextremistischen Morden 1993 seit Jahrzehnten vorbildlich um Integration. Nicht zufällig trug das Fest zur 650-Jahr-Feier der Stadt den Namen „Festival der Vielfalt“. „Warum immer Solingen?“, fragte Oberbürgermeister Tim Kurzbach (SPD) nach der Tat. „Es ist nicht gerecht, was uns in Solingen widerfährt.“

Tatverdächtiger kein frommer Muslim

Viele Fragen rund um die Tat, das Motiv und den mutmaßlichen Täter sind auch vier Wochen danach noch offen. Der Syrer Issa Al H. (26) sitzt weiter in Untersuchungshaft. In dem ARD/ZDF-Magazin „Strg F“ beschreiben ihn seine Mitbewohner aus dem Wohnheim als verschlossen und ständig auf sein Smartphone starrend. Auf sie habe er depressiv gewirkt, psychisch krank, aber nicht wie ein fanatischer Islamist: Er habe geraucht und im Ramadan nicht gefastet. Das widerlegt die Annahme, Islamisten seien besonders religiöse Menschen. Experten zufolge ist sogar oft das Gegenteil der Fall. Die Täter seien nicht von ihrem vermeintlichen Glauben getrieben, sondern von verschwörerischen Weltbildern.

Ein einstiger Zimmergenosse sagte dem Magazin, dass er selbst vor der Terrormiliz IS und vor dem Krieg aus Syrien geflohen sei. Und nun müsse er damit klarkommen, dass er in Solingen wohl ein Zimmer mit einem IS-Mann geteilt habe. Ob dem so ist, werden die Ermittler allerdings noch herausfinden müssen. Ein anderer Bewohner berichtet, Issa Al. H. habe ihm erzählt, dass er in Syrien nach Anschlägen des IS mit einer Decke Leichenteile eingesammelt habe.

Bei den Ermittlungen steht auch das Messer im Fokus

Zum Stand der Ermittlungen hüllt sich die Bundesanwaltschaft seit Wochen in Schweigen. Aus Sicherheitskreisen heißt es, dass das als Tatwaffe sichergestellte Messer dem Syrer inzwischen zweifelsfrei zugeordnet werden könne. An dem Messer seien nicht nur Blutspuren der Opfer, sondern auch DNA des 26-Jährigen gesichert worden. Zudem fand sich die passende Verpackung eines Messersets in seinem Zimmer.

Ein wohl absichtlich beschädigtes Handy, das auf einer Wiese gefunden wurde, habe inzwischen trotz des Schadens ausgelesen werden können. Nach einem zweiten Handy wird noch öffentlich gefahndet. Auch das Bekennervideo, dass der IS über seinen Propagandakanal verbreitet hatte, stamme vom 26-Jährigen, seien sich die Ermittler sicher. Es war unweit der Solinger Flüchtlingsunterkunft aufgenommen worden, in der Issa Al H. gewohnt hatte.

Die Ermittler interessieren sich besonders für das sogenannte Nachtat-Verhalten: Wo war der 26-Jährige in den Stunden bis zur Festnahme? Verbunden damit ist die Frage: Gab es Mitwisser oder gar Helfer?

Konsequenzen für Solingens Titel „Klingenstadt“?

Ein Messerattentat ausgerechnet in der „Klingenstadt“ Solingen – und doch werde man an diesem Titel festhalten, heißt es aus dem Rathaus. Solingen stehe nun einmal in aller Welt für eine jahrhundertealte Tradition und Erfahrung bei der Herstellung von Klingen. Die Industriestadt sei damit die weltweit einzige Stadt, deren Name zugleich ein geschützter Markenbegriff ist. Diskutiert werde allerdings der Name des Ehrenpreises der Stadt: „Die Schärfste Klinge“. Die Debatte darüber beginne gerade erst – auch über den Umgang mit Symbolen, Wegweisern und Logos.

Für viele Menschen in der Stadt geht es aber vor allem ums Begreifen und Verarbeiten. „Die Trauer ist sehr groß und natürlich sind Ängste noch da nach so einer schlimmen Tat“, berichtet die 63-jährige Solingerin. Neben ihr legt eine Dame Blumen nieder. Sie habe eine der getöteten Personen gekannt, erzählt sie – und fragt: „Was ist das bloß für eine Welt?“ (dpa/mig 24)

 

 

 

 

Widersprüchlich, teils kontraproduktiv

 

Der UN-Zukunftspakt verpasst es, die größten Probleme der Welt anzugehen. Vier Punkte stechen besonders hervor. Albert Denk & Gabriele Köhler

Was kommt raus, wenn Vertreterinnen und Vertreter von 193 Staaten die Bedürfnisse und Interessen von heute und zukünftig lebenden Menschen weltweit in Einklang bringen möchten? Kurz gesagt: ein widersprüchlicher Text mit teils kontraproduktiven Vorschlägen. Das Anliegen des UN-Zukunftspakts, allen Menschen heute wie in Zukunft gleichermaßen gerecht zu werden, ignoriert die Ursachen von zunehmenden sozial-ökologischen Krisen, etwa der Erderhitzung und ihrer massiven Folgen. Die Krisen werden zudem durch extreme Ungleichverteilungen an Einkommen, Vermögen, materiellen Ressourcen und Sorgearbeitszeit begünstigt.

Trotzdem werden mit dem Zukunftspakt ungleiche Betroffenheiten, Ressourcen, Verantwortungen und Verursachungen weitestgehend verwischt. Es allen recht machen zu wollen und niemanden durch zielgruppenspezifische Regulierung auf der Grundlage der Menschenrechte benachteiligen zu wollen, führt letztendlich zum Erhalt des Status quo. Statt Gleichmachung bräuchte es ein Abkommen im Sinne einer Gleichstellung aller Menschen, dem Schutz Benachteiligter und der natürlichen Umwelt, welcher durch eine globale Regulierungsinstanz hergestellt würde.

Ein wesentlicher Impuls für den Pakt war der Aufschrei junger Menschen. Die Initiative des Zukunftspakts wurde unter anderem von Jugendbewegungen wie Fridays for Future mitgetragen. Hierin zeigt sich auch der Wunsch nach politischen Handlungen über staatliche Souveränitäten hinaus. Bezeichnend ist, dass Greta Thunberg sich inzwischen primär um den nächsten Klimastreik auf der Straße statt um den UN-Verhandlungsprozess kümmert. Inhaltlich baut der Pakt teilweise auf der UN-Agenda 2030 mit ihren 17 Zielen für nachhaltige Entwicklung auf, teilweise ergänzt er diese.

Bis zuletzt opponierten 20 Staaten gegen die Textentwürfe (darunter Ägypten, Bolivien, China, Iran, Pakistan, Russland, Syrien und Venezuela). Diese Gruppe lehnt etwa eine aktive Rolle von zivilgesellschaftlichen Akteuren ab. Zentrale Streitpunkte bei den Verhandlungen waren Klima, Abrüstung, die internationale Finanzarchitektur, Geschlechtergerechtigkeit und Menschenrechte. Das Niveau der Verhandlungen ist daran zu erkennen, dass es bereits als Erfolg gilt, dass Menschenrechte als Grundprinzip im Pakt benannt werden. Anhand von vier Aspekten werden nachfolgend die Leerstellen und Widersprüche aufgezeigt.

Erstens: Mit dem Fokus auf Armut vernebeln die Vereinten Nationen die zugrunde liegenden Probleme wie etwa die extreme Ungleichverteilung von Bewegungsfreiheiten, Einkommen und Vermögen. Armut sei laut dem UN-Pakt die größte Krise der Menschheit. Jedoch bleiben entscheidende Regulierungsmaßnahmen außen vor. Um beispielsweise eine globale Bewegungsfreiheit für alle Menschen und die Umverteilung von Vermögen weltweit voranzutreiben, bräuchte es zunächst eine globale Regulierungsinstanz frei von zwischenstaatlichen, insbesondere von nicht-demokratischen Einflussnahmen.

Eine erste Forderung zur Vermögensbesteuerung von Einzelpersonen findet sich bereits im Text (Aktion 4:23). Hier sind Initiativen wie die internationale Milliardärssteuer von Gabriel Zucman anschlussfähig, mit der Gelder etwa auf die Bereiche Bildung, Ernährung, Gesundheit und Klimaschutz umverteilt werden könnten. Auch ein Schuldenschnitt wird nicht im Pakt erwähnt, obwohl inzwischen 54 Staaten mehr als zehn Prozent ihres Haushalts für Schuldenrückzahlungen aufbringen müssen. Im Pakt wird lediglich auf Bemühungen um Umschuldungen verwiesen. Bei diesem Ansatz wird etwa die natürliche Umwelt für den Treibhausgas-Handel in Wert gesetzt und so getan, als hätten jene Flächen zuvor nicht bereits Treibhausgase eingespart und könnten sie demnach neue Treibhausgase einsparen.

Zweitens: Der Pakt behandelt umfänglich ökologische Aspekte, obwohl entscheidende Probleme wie nötige Maßnahmen nicht adressiert werden.  Es wird allen voran auf den vieldeutigen, oftmals widersprüchlichen Begriff der Nachhaltigkeit rekurriert, sodass selbst jene Personengruppen und Unternehmen, die die Umwelt zerstören, sich als „nachhaltig“ positionieren können. Die konfligierenden Bedürfnisse und Interessen von auf der einen Seite überkonsumierenden Menschen, wie die Mehrheit im Globalen Norden, und auf der anderen Seite der Mehrheit der Weltbevölkerung werden nicht herausgearbeitet. Die ökologische Schuld müsste auf globaler Ebene erfasst und aufgearbeitet werden.

Die Umsetzung bestehender Verträge zur Regulierung und Kontrolle planetar verträglicher Konsum- und Produktionsweisen, etwa das Klimaabkommen von Paris, stockt. Das 1,5-Grad-Ziel ist bereits gescheitert. Sanktionsmöglichkeiten gibt es nicht. Zudem wird im Pakt vielfach auf Lösungsansätze verwiesen, die auf neue Technologien vertrauen. Diese vergrößern jedoch meist die Probleme, sodass es einer weltweiten Regulierung dieser technologischen Ansätze bedarf. Das Vorgehen von transnationalen Konzernen führt vielfach zur Auslagerung von Umweltschäden in wirtschaftlich schwächere Länder. Dies basiert auf einem Machtgefälle zwischen Staaten und einem daraus resultierenden ungleichen wie unfairen Wettbewerb. Eine global gerechte Agenda müsste diese systemischen Fehlstrukturen angehen. Das leistet der Zukunftspakt nicht.

Drittens: Der Text problematisiert nicht die Ausgrenzung von Menschen durch Staatsgrenzen. Grenzen behindern Migration und machen die Flucht aus bewaffneten oder strukturellen Konflikten, vor Naturkatastrophen oder vor akuter Armut lebensgefährlich. Sie verweigern damit Arbeits-, Freiheits- und Sozialrechte, die seit der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte von 1948 eigentlich eine selbstverständliche Selbstverpflichtung aller Staaten sind. Das Recht auf Asyl steht nicht mal im Zukunftspakt, und Migration wird auf „reguläre“ Migration verkürzt.

Viertens: Verhandlungen bei den Vereinten Nationen sind gekennzeichnet von einem umfassenden Repräsentationsproblem. Viele Delegierte vertreten die Interessen autoritärer Machthaber in ihren Ländern oder repräsentieren lediglich die Oberschicht. Man kennt sich noch von den Eliteuniversitäten. Einige Delegationen sprechen nur für einen kleinen, bessergestellten Teil der Weltgesellschaft.

Im Gegensatz zu diesen Netzwerken werden in mehreren Ländern Verteidigerinnen und Verteidiger von Menschenrechten politisch unterdrückt und verfolgt, sodass sie auch an den UN-Verhandlungen nicht teilnehmen können. Außerdem fehlt im Zukunftspakt eine Politik für ältere Menschen etwa mit Blick auf die massiven Herausforderungen bei Staatsausgaben und Care-Arbeit, die bereits heute bestehen und sich in den kommenden Jahrzehnten weiter zuspitzen könnten. Die LGBTIQ-Community existiert im Text gar nicht. Dieser ist rein binär ausgelegt. Dabei sind die Auswirkungen von Machtasymmetrien, politischer Unterdrückung, Ausbeutung und Umweltzerstörung für diese Gruppe besonders gravierend.

Der Zukunftspakt ist ein Spiegelbild widersprüchlicher Interessen, welches aufgrund der Gleichmachung einem Recht der Stärkeren gleicht. Nationale Souveränitäten, privatwirtschaftliche Gewinninteressen und eine wachstumsgetriebene Bedürfnisgenerierung konkurrieren mit globalen Gemeinwohlinteressen. Dieser ungleiche Wettbewerb der Rechte und Interessen von gegenwärtig und zukünftig lebenden Menschen wird von den selbst sehr ungleichen Mitgliedstaaten ausgespielt. Die Vereinten Nationen müssten im Kern eine ausdifferenzierte, menschen- wie naturrechtsbasierte Regulierung zum Schutz vor ausbeuterischen wie umweltzerstörenden Handlungen anleiten und garantieren. IPG 24

 

 

 

 

Überstunden: Wann Steuern fällig sind und wann nicht

 

Länger arbeiten als im Vertrag vereinbart: Millionen von Arbeitnehmerinnen und Arbeitnehmern in Deutschland leisten regelmäßig Überstunden. Nach aktueller Rechtslage gilt: Werden Überstunden ausbezahlt, sind darauf Steuern und Sozialversicherungsabgaben fällig. Das könnte sich aber ändern. Wie das Geld bei ausbezahlten Überstunden versteuert wird und in welchen Fällen keine Steuern gezahlt werden müssen, zeigt der Lohnsteuerhilfeverein Vereinigte Lohnsteuerhilfe e. V. (VLH) an drei Beispielen.

Überstunden gehören für viele zum Alltag

Knapp 4,6 Millionen Arbeitnehmende haben im vergangenen Jahr Überstunden geleistet. Das entsprach einem Anteil von 12 Prozent der insgesamt 39,3 Millionen Arbeitnehmenden in Deutschland, wie das Statistische Bundesamt (Destatis) im August 2024 mitteilte. Dabei variierte der Umfang der Mehrarbeit zwischen durchschnittlich weniger als 5 Stunden pro Woche (40 Prozent der Befragten), weniger als 10 Stunden pro Woche (70 Prozent, darin sind diejenigen mit weniger als 5 Überstunden enthalten) und mindestens 15 Stunden pro Woche (19 Prozent).

Für 20 Prozent der Arbeitnehmenden handelte es sich laut Statistik um unbezahlte Überstunden, während 17 Prozent für die Mehrarbeit entlohnt wurden. Der Rest der Befragten durfte ein Arbeitszeitkonto für die geleistete Mehrarbeit nutzen. Das heißt, sie konnten die Überstunden zu einem späteren Zeitpunkt abbauen. Wobei teilweise auch eine Kombination der drei Formen genutzt wurde – also teilweise unbezahlte und teils bezahlte Mehrarbeit sowie ein Arbeitszeitkonto für einen weiteren Teil der geleisteten Überstunden.

Übrigens: Das Bundesarbeitsgericht hat 2022 entschieden, dass Arbeitgebende verpflichtet sind, sämtliche Arbeitszeiten ihrer Beschäftigten zu erfassen.

Vergütung oder Freizeitausgleich für Überstunden

Kein Lohn und kein Zeitausgleich für Mehrarbeit – damit fahren Arbeitnehmende natürlich am schlechtesten. Und erlaubt ist das auch nur, wenn es explizit und rechtlich sauber im Arbeitsvertrag oder Tarifvertrag vereinbart ist. Grundsätzlich können Arbeitnehmende per Vertrag und in Notfällen dazu verpflichtet sein, Überstunden zu leisten. Normalerweise müssen Arbeitgebende diese dann aber entweder vergüten oder Freizeitausgleich dafür gewähren. Wird die Mehrarbeit entlohnt, fallen sowohl auf Überstunden als auch auf Überstundenzuschläge die üblichen Steuern und Sozialversicherungsbeiträge an.

Zumindest ist das nach jetzigem Stand der Fall. Aber: Die Bundesregierung hat in diesem Jahr Pläne vorgestellt, nach denen Zuschläge für Mehrarbeit, die über die tariflich vereinbarte Vollarbeitszeit hinausgeht, künftig steuerfrei bleiben sollen. Zudem sollen auf die Zuschläge keine Sozialabgaben fällig werden, also keine Beiträge in die Kranken-, Pflege- Renten- und Arbeitslosenversicherung. Im Herbst soll darüber im Bundestag beraten werden.

1. Beispiel: Bezahlte Überstunden nach aktueller Rechtslage

Ein Arbeitnehmer macht regelmäßig Überstunden. Dank der Arbeitszeiterfassung wissen er und sein Arbeitgeber stets, wie viele Stunden Mehrarbeit er geleistet hat. Den Lohn für diese zusätzlichen Stunden bekommt er monatlich zusammen mit seinem normalen Gehalt ausbezahlt. Dadurch erhöht sich sein Monatsbruttogehalt – und somit erhöhen sich auch die Lohnsteuer und, soweit die Beitragsbemessungsgrenzen noch nicht erreicht sind, auch die Sozialabgaben, die ihm vom Bruttogehalt abgezogen werden.

Rechenbeispiel: Das monatliche Gehalt des Arbeitnehmers beträgt 3.000 Euro brutto bei einer 40-Stunden-Woche. Das ergibt laut der 4,35-Formel – diese geht von 4,35 Wochen Arbeitszeit pro Monat aus – einen Stundenlohn von rund 17,24 Euro (40 Stunden mal 4,35 = 174; 3.000 Euro geteilt durch 174 = 17,24 Euro). Er leistet im September 15 Überstunden, das sind dann zusätzliche 258,60 Euro (15 mal 17,24). Sein Arbeitgeber zahlt einen Überstundenzuschlag von 30 Prozent, das sind weitere 77,58 Euro (30 Prozent von 258,60 Euro). Somit erhöht sich sein Bruttogehalt im August von 3.000 Euro auf 3.336,18 Euro.

Ohne Überstunden läge der Nettolohn des Arbeitnehmers (kinderlos, Steuerklasse I, keine Kirchensteuer, 1,7 Prozent Zusatzbeitrag zur gesetzlichen Krankenkasse) abzüglich Lohnsteuer (322,08 Euro) und Sozialversicherung (613,50 Euro) bei 2.064,42 Euro. Mit den 15 Überstunden liegt sein Nettolohn abzüglich Lohnsteuer (399,91 Euro) und Sozialabgaben (682,25 Euro) bei 2.254,02 Euro. Er bekommt somit für die Überstunden 189,60 Euro netto.

2. Beispiel: Zeitausgleich für Überstunden

Es geht auch ohne Rechnerei: Eine Arbeitnehmerin macht regelmäßig Überstunden, hat mit ihrem Arbeitgeber aber vereinbart, dass diese nicht ausbezahlt werden. Stattdessen werden sie in Freizeit umgewandelt. Die Arbeitnehmerin sammelt also Überstunden per Zeiterfassung auf ihrem Arbeitszeitkonto an und kann diese in Absprache mit dem Arbeitgeber abbauen. Dazu kann sie je nach Vereinbarung einzelne Stunden oder auch ganze Tage frei nehmen, ohne dafür Urlaub opfern zu müssen. Steuern fallen in diesem Fall keine an, denn ein Freizeitausgleich für Mehrarbeit ist sowohl steuerfrei als auch sozialabgabenfrei.

3. Beispiel: Lebensarbeitszeitkonto für Überstunden

Eine weitere Möglichkeit ist ein sogenanntes Lebensarbeitszeitkonto. Auf einem solchen Konto können nach Absprache mit der Arbeitgeberin oder dem Arbeitgeber Überstunden gesammelt werden, um sie zu einem späteren Zeitpunkt für längere Freistellungsphasen zu nutzen. Das kann eine Elternzeit sein, ein Vorruhestand oder auch ein sogenanntes Sabbatical (berufliche Auszeit für Familie, Reisen oder Fortbildungen). Die auf einem Lebensarbeitszeitkonto gesammelte Zeit kann man sich unter bestimmten Voraussetzungen und in Absprache mit dem Chef oder der Chefin aber auch zu einem späteren Zeitpunkt auf einen Schlag ausbezahlen lassen. Dann wiederum werden Steuern und Sozialabgaben fällig.

Hinweis in eigener Sache: Lohnsteuerhilfevereine dürfen zum Thema Arbeitsrecht nicht beratend tätig werden. Ob beispielsweise Überstunden korrekt versteuert wurden oder ob den Betroffenen möglicherweise eine Steuerrückerstattung zusteht oder eine Steuernachzahlung droht, gehört aber auf jeden Fall zur Beratungsbefugnis von Lohnsteuerhilfevereinen.

Die VLH: Größter Lohnsteuerhilfeverein Deutschlands

Der Lohnsteuerhilfeverein Vereinigte Lohnsteuerhilfe e. V. (VLH) ist mit mehr als einer Million Mitgliedern und bundesweit rund 3.000 Beratungsstellen Deutschlands größter Lohnsteuerhilfeverein. Gegründet im Jahr 1972, stellt die VLH außerdem die meisten nach DIN 77700 zertifizierten Beraterinnen und Berater.

Die VLH erstellt für ihre Mitglieder die Einkommensteuererklärung, beantragt sämtliche Steuerermäßigungen, prüft den Steuerbescheid und einiges mehr im Rahmen der Beratungsbefugnis nach § 4 Nr. 11 StBerG. GA 23

 

 

 

 

Flüchtlingszahlen widerlegen Forderungen nach „nationalem Notstand“

 

Ende Juni lebten so viel Geflüchtete wie noch nie in Deutschland. Der Anstieg erfolgt jedoch nicht aufgrund „irregulärer“ Einwanderung, sondern hauptsächlich aufgrund der Fluchtbewegung aus der Ukraine. Die Zahl der Ausreisepflichtigen geht sogar zurück. Linke spricht von Panikmache.

Die Zahl der in Deutschland lebenden Flüchtlinge hat einen neuen Höchststand erreicht, wächst aber inzwischen langsamer an. Ausweislich des Ausländerzentralregisters lebten Ende des ersten Halbjahres 2024 rund 3,48 Millionen Geflüchtete im Land, wie aus der Antwort der Bundesregierung auf eine kleine Anfrage der Linken im Bundestag hervorgeht, über die zuerst die „Neue Osnabrücker Zeitung“ berichtete und die auch dem MiGAZIN vorliegt. Der starke Anstieg in den vergangenen Jahren ist vor allem auf die Flucht aus der Ukraine zurückzuführen. Ein Drittel (1,18 Millionen) der in Deutschland lebenden Flüchtlinge sind Ukrainer.

Die Zahl der Flüchtlinge insgesamt stieg im ersten Halbjahr verhältnismäßig schwach – um 60.000 – an, hauptsächlich Menschen aus der Ukraine. Der Anstieg lag unterhalb der Zahl der Asylanträge. Von Januar bis Ende Juni wurden laut Statistik des Bundesamts für Migration und Flüchtlinge (Bamf) 120.000 Asylerstanträge gestellt. Das bedeutet, dass es in dem Zeitraum entsprechend viele Ausreisen, Abschiebungen oder Statuswechsel, etwa durch Einbürgerungen, gegeben haben muss. Insgesamt ist in diesem Jahr auch die Zahl der Asylanträge verglichen mit dem Vorjahr um ein gutes Fünftel zurückgegangen.

Weniger Ausreisepflichtige in Deutschland

Die Berechnungen der Linken auf Grundlage der Daten der Bundesregierung berücksichtigen alle Menschen unabhängig von ihrem Aufenthaltstitel, die derzeit aus humanitären Gründen in Deutschland Schutz suchen, von Asylsuchenden über anerkannte Flüchtlinge bis hin zu geduldeten Personen. Neben den 1,18 Millionen ukrainischen Geflüchteten leben demnach rund 1,6 Millionen weitere Flüchtlinge mit gesichertem Aufenthalt in Deutschland. Nur eine Minderheit – rund eine halbe Million Menschen – hat einen ungesicherten Status, weil sie sich zum Zeitpunkt der Abfrage noch im Verfahren befanden oder nur eine Duldung haben.

Laut Statistik geht auch die Zahl der Ausreisepflichtigen zurück. Sie lag Ende Juni bei 226.882. Das waren 15.760 weniger als noch Ende 2023. Die überwiegende Mehrheit – gut 80 Prozent – dieser Menschen haben eine Duldung, weil sie etwa mit Blick auf die Situation in ihrem Herkunftsland nicht abgeschoben werden können. Vergleichsweise klein ist die Gruppe der abgelehnten Asylbewerber, die keine Duldung haben und damit abgeschoben werden können. Sie lag Mitte des Jahres bei 17.583 Personen.

Bünger: kein nationaler Notstand

Die fluchtpolitische Sprecherin der Linken-Gruppe im Bundestag, Clara Bünger, kritisierte angesichts dieser Zahlen die Migrationsdebatte in Deutschland. Es gebe keinen Grund für „Panikmache“. Viele Geflüchtete lebten schon seit Jahrzehnten in Deutschland. Rund 3,5 Millionen machten „gerade einmal vier Prozent der Bevölkerung“ aus, sagte Bünger. Diese Zahl stehe „im klaren Widerspruch zur irreführenden Darstellung eines angeblichen ’nationalen Notstands’“, sagte sie mit Verweis auf die Forderung der Union, über die Ausrufung einer Notlage Flüchtlinge an den Grenzen zurückzuweisen.

„Statt verhetzender Abschiebedebatten brauchen wir Diskussionen über wirksame Bleiberechtsregelungen auch für diese Menschen. Anstatt permanenten Abschiebungs- und Angstszenarien sollten wir uns darauf konzentrieren, wie die Integration und Arbeitsmarktbeteiligung der Menschen, die hier Schutz suchen, gelingen kann. Sie sind Teil dieser Gesellschaft und genau so sollten wir ihnen begegnen. Es muss endlich damit aufgehört werden, eine kleine Gruppe von Menschen für alle Probleme in Deutschland verantwortlich zu machen!“, so Bünger. (epd/mig 23)

 

 

 

Brandenburg-Wahl. SPD gewinnt, CDU verliert, AfD knapp zweiter

 

Eine Aufholjagd mit gutem Ausgang für die SPD: Sie schlägt die AfD knapp. Für die Ampel-Parteien Grüne und FDP ist es ein bitterer Abend – schwarz sieht auch die CDU. Die Zivilgesellschaft ist besorgt. Der migrationsfeindliche Wahlkampf habe Rechtsextremen in Folge ein historisches Wahlergebnis beschert. Von Lena Klimpel und Torsten Holtz

Bei der Landtagswahl in Brandenburg hat sich die SPD von Ministerpräsident Dietmar Woidke knapp gegen die AfD behauptet und ist erneut stärkste Kraft geworden. Nach Hochrechnungen von ARD und ZDF folgen dahinter das neue Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW) und die CDU. Grüne, Linke, FDP und BVB/Freie Wähler bleiben unter der Fünf-Prozent-Hürde und sind wahrscheinlich nicht im Landtag vertreten. Woidke könnte damit nach elf Jahren im Amt weiterregieren. Seit der letzten Wahl 2019 führt er eine Koalition mit CDU und Grünen.

Nach dem vorläufigen amtlichen Ergebnis erreicht die SPD 30,9 Prozent (2019: 26,2 Prozent). Die vom Verfassungsschutz als rechtsextremistischer Verdachtsfall eingestufte AfD, die in Umfragen lange vorn gelegen hatte, kam auf 29,2 Prozent. Auf Rang drei landete das erstmals angetretene Bündnis Sahra Wagenknecht mit 13,5 Prozent, die CDU erzielte nur 12,1 Prozent. Grüne, Linke, FDP und Freie Wähler scheiterten an der Fünf-Prozent-Hürde und gewannen auch kein Direktmandat, das ihnen zum Einzug in den Landtag verholfen hätte.

Die Wahlbeteiligung lag mit 72,9 Prozent so hoch wie noch nie bei Landtagswahlen in Brandenburg. Zur Stimmabgabe aufgerufen waren rund 2,1 Millionen Menschen – das sind weniger Wahlberechtigte als in Berlin.

Die SPD kommt auf 32 Mandate im Landtag (2019: 25), die AfD auf 30 (23). Das BSW erhält demnach 14 Sitze, die CDU 12 (15). Für eine Mehrheit braucht es 45 Sitze.

Gemäß dem vorläufigen amtlichen Ergebnis hat die AfD künftig mehr als ein Drittel der Landtagssitze und damit eine sogenannte Sperrminorität. Damit kann sie im Landesparlament Entscheidungen und Wahlen blockieren, die eine Zweidrittelmehrheit erfordern, zum Beispiel die Wahl von Verfassungsrichtern. Verfassungsänderungen sind nur mit einer solchen qualifizierten Mehrheit möglich. Auch bei der Landtagswahl in Thüringen vor drei Wochen hatte die AfD eine Sperrminorität errungen.

Brandenburg ist seit 1990 SPD-regiert

Die SPD kann nach zuletzt schlechten Ergebnissen bei der Europawahl und den Landtagswahlen in Thüringen und Sachsen nun etwas aufatmen – auch im Bund. Kanzler Olaf Scholz (SPD) darf auf leichten Rückenwind für den Wahlkampf im Bund hoffen. „Ist doch super, dass wir gewonnen haben“, sagte er während seines Besuchs in New York. „Ich habe es gespürt, dass da was passiert.“ SPD-Chef Lars Klingbeil und auch Spitzenkandidat Woidke stellten sich angesichts des Erfolgs hinter Scholz als Kanzlerkandidaten für die Bundestagswahl 2025.

Seit der Wiedervereinigung 1990 haben die Sozialdemokraten in Brandenburg durchgängig den Ministerpräsidenten gestellt. Im Wahlkampf setzte der 62-jährige Amtsinhaber Woidke bewusst nicht auf große gemeinsame Auftritte mit Scholz – wohl auch wegen der schlechten Umfragewerte der Berliner Ampel-Koalition.

Schwierige Regierungsbildung

Vor der Wahl hatte Woidke angekündigt, dass er nur dann weiter Regierungsverantwortung tragen will, wenn die SPD stärkste Kraft wird – das hat er nun geschafft. Eine Fortsetzung der Koalition aus SPD, CDU und Grünen, die seit 2019 regiert, ist aber nicht möglich.

Die SPD hatte unmittelbar vor der Wahl in den Umfragen deutlich zugelegt. „Wir haben eine Aufholjagd hingelegt, wie es sie in der Geschichte unseres Landes noch niemals gegeben hat“, sagte Woidkes mit Blick auf die lange vorn liegende AfD. Wie so oft in der Geschichte seien es Sozialdemokraten gewesen, „die Extremisten auf ihrem Weg zur Macht gestoppt haben“. Woidke kündigte an, zuerst mit der CDU über die Bildung einer Regierungskoalition zu sprechen.

Der Generalsekretär der Bundes-CDU, Carsten Linnemann, sprach von einer „bitteren Niederlage“. Woidke habe mit seiner Rücktrittsdrohung alles auf eine Karte gesetzt – und gewonnen. „So sieht Glaubwürdigkeit aus.“ Der CDU-Spitzenkandidat Jan Redmann will nach der Wahlschlappe nicht vom Landesvorsitz zurücktreten. „Das wäre das ganz falsche Signal“, sagte er.

Linke-Spitzenkandidat Sebastian Walter nannte das Ergebnis seiner Partei „desaströs“. Viele Menschen hätten die SPD „nicht aus Überzeugung“ gewählt, sondern wegen des „Panikwahlkampfs des Ministerpräsidenten“ gegen die AfD.

Warnung vor wachsender Demokratiefeindlichkeit

Von der Zivilgesellschaft werden die Wahlergebnisse der AfD mit Sorge betrachtet. Der Präsident des Zentralrates der Juden in Deutschland, Josef Schuster, erklärte am Sonntagabend, auch die Brandenburg-Wahl habe gezeigt, wie polarisiert die Gesellschaft sei. „Wenn erneut fast ein Drittel der Wähler eine zerstörerische politische Partei wie die AfD an der Macht sehen will und eine populistische Kraft wie das BSW wieder zweistellig wird, dann darf uns das nicht unberührt lassen“, sagte Schuster. Das Internationale Auschwitz Komitee erklärte, in Brandenburg hätten jetzt vor allem die demokratischen Parteien die gemeinsame Aufgabe, die Hetze der AfD zu entlarven und Bürgerinnen und Bürger für die Demokratie zurückzugewinnen.

Die Türkische Gemeinde in Deutschland (TGD) sieht den Erfolg der AfD vor allem im Misserfolg der demokratischen Parteien. „Seit Monaten wird eine verantwortungslose Debatte über Migration geführt, die am Ende nur der AfD hilft“, kritisiert TGD-Bundesvorsitzender Gökay Sofuo?lu. Die Migrations- und Asylpolitik der Bundesregierung schaffe es nicht, der AfD den Wind aus den Segeln zu nehmen. Ganz im Gegenteil: „Sie macht immer mehr eine Politik, die Menschen mit Migrationsgeschichte unter Generalverdacht stellt und gleichzeitig die AfD und ihren Wählern in ihrer Haltung bestätigt“, so Sofuo?lu.

Die Berliner Amadeu Antonio Stiftung erklärte auf der Plattform X, der erneute migrationsfeindliche Wahlkampf habe die AfD gestärkt und den Rechtsextremen bereits zum dritten Mal in Folge ein historisches Wahlergebnis beschert. Dass Schlimmeres verhindert wurde, sei unter anderem der Zivilgesellschaft zu verdanken. Die Demokratiefeindlichkeit mache auch vor dem Westen keinen Halt, warnte die Stiftung: „Wenn wir uns die bisherige Entwicklung der Zustimmung für die AfD im Osten anschauen und die Radikalisierung nicht gebremst wird, werden wir in drei Jahren auch in ganz Deutschland ostdeutsche Verhältnisse haben.“

Der Flüchtlingsrat Brandenburg kritisierte, der Wahlkampf in Brandenburg habe die aufgeheizte Stimmung im Land gegenüber Migranten immer weiter auf die Spitze getrieben. Das Nacheifern rechtsextremer Positionen im Wahlkampf habe auch dazu geführt, dass geflüchtete Menschen für alle Herausforderungen und Probleme als Sündenböcke deklariert und unter Generalverdacht gestellt werden.

Landtag in Potsdam hat maximal 110 Sitze

Die AfD hat trotz ihres guten Abschneidens keine Aussicht auf eine Regierungsbeteiligung: Keine andere Partei will mit ihr zusammenarbeiten. Bundesparteichef Tino Chrupalla sagte, man habe das Ziel verpasst, Woidke „in die Rente zu schicken“. Doch seien die ostdeutschen Wahlen in Thüringen, Sachsen und jetzt Brandenburg erfolgreich verlaufen: „Wir haben einmal Gold und zweimal Silber geholt.“ Das Erstarken der AfD schürt auch im Ausland Sorgen vor einem Rechtsruck in Deutschland, etwa bei EU- und Nato-Partnern.

FDP-Vize Wolfgang Kubicki sagte zum schlechten Abschneiden seiner Partei und auch der Grünen: „Die Menschen sind mit der Ampel fertig.“ Er gibt der Regierungskoalition im Bund nur noch zwei bis drei Wochen für die Lösung grundlegender Probleme in der Wirtschafts- und Migrationspolitik. Ansonsten ergebe es für die FDP keinen Sinn mehr, „an dieser Koalition weiter mitzuwirken“, sagte Kubicki. (dpa/epd/mig 23)

 

 

 

 

Gesundheitswirschaftkongress 2024 erfolgreich zu Ende gegangen

 

„Die Gesundheitswirtschaft steht ohne Zweifel vor großen Herausforderungen, es bieten sich ihr aber auch große Chancen.“ Dieses Fazit hat am heutigen 19. September 2024 Gesundheitsunternehmer und Kongresspräsident Prof. Heinz Lohmann zum Abschluss des GESUNDHEITSWIRTSCHAFTSKONGRESSES 2024 in Hamburg gezogen. Mehr als 1.000 Managerinnen und Manager sowie Unternehmerinnen und Unternehmer aus allen Bereichen der Branche haben zuvor in rund 50 Sessions ihr Wissen und ihre Positionen eingebracht. Mitgewirkt haben dabei 280 Referentinnen und Referenten.

Weitgehend einig sei man sich gewesen, so Prof. Lohmann, dass die Entwicklungen in der Medizintechnik, der Gentechnologie und der digitalen Medizin schon heute ermöglichten, Diagnostik und Therapie in ganz anderer Weise zu betreiben als noch vor zwei, drei Jahrzehnten. In vielen chirurgischen Fächern sei ein Großteil der Interventionen für die Patientinnen und Patienten deutlich weniger belastend. Auch in den Fächern der Inneren Medizin könne schon heute individueller behandelt werden. Nebenwirkungen könnten verringert und Therapieerfolge gesteigert werden. Mit der fortschreitenden Digitalisierung werde sich dieser Prozess in den kommenden Jahren noch dramatisch beschleunigen.

Aus der individuellen Erfahrungswissenschaft, bei der die einzelnen Ärztinnen und Ärzte im Lauf ihres Berufslebens zunehmend Wissen generierten, werde mehr und mehr eine kollektive Erfahrungswissenschaft, bei der die systematische Auswertung weltweit gesammelter Daten Muster erkennen ließe, die auf der Basis digitaler Workflow-Technologien allen Behandlerinnen und Behandlern zur Verfügung gestellt werden könnten. Künstliche Intelligenz könne dabei zur Beschleunigung und Präzisierung der Verfahren entscheidend beitragen. Vorboten dieser Entwicklung seien die Erfolge, die sich aktuell in der Prädiktiven Medizin einstellen.

Der Wandel verändere nicht nur grundlegend die Arbeitsweisen in der Medizin, sondern auch die Orte, an denen Patientinnen und Patienten behandelt werden könnten. Sie reichten künftig von hoch spezialisierten Kliniken zur Versorgung mit komplexer Medizin bis hin zur eigenen Wohnung. Analoge und digitale Medizin verschränkten sich zusehends im Interesse der Patientinnen und Patienten.

Prof. Lohmann abschließend: „Angesichts eines solchen Szenarios wird schnell klar, moderne Medizin lässt sich künftig nicht mehr in den überkommenen Institutionen betreiben. Die Akteurinnen und Akteure erleben die Beschränkungen, die sich aus diesen Verwerfungen ergeben, in ihrer täglichen Arbeit. Mit großem persönlichen Einsatz sind viele von ihnen bemüht, negative Auswirkungen für die Patientinnen und Patienten zu verhindern und das System durch Improvisation am Laufen zu halten. Das ist zutiefst unbefriedigend und wird mittelfristig den Zusammenbruch der Versorgung nicht verhindern können, zumal viele weitere Belastungen wie Fachkräftemangel, Inflationsfolgen und Investitionsstaus hinzukommen. Deshalb haben sich die Verantwortlichen der Branche beim GESUNDHEITSWIRTSCHAFTSKONGRESS 2024 hier in Hamburg über Lösungen für diese Herausforderungen ausgetauscht und verständigt, um den Wandel aktiv gestalten zu können.“ GH 20

 

 

 

EBD kritisiert deutschen Grenzpopulismus und fordert Erhalt des Schengen-Raumes

 

Mit den seit Montag eingeführten Grenzkontrollen an allen deutschen Grenzen verletzt die Bundesregierung den freien Schengenraum eines vereinten Europas. Gleichzeitig sugerieren die Grenzkontrollen der Bevölkerung nur Sicherheit vor, was die Grenzkontrollen in Realität gar nicht leisten können. Eine fast 3.900 km lange Grenze zu kontrollieren würde nur funktionieren, wenn wieder Mauern und Zäune errichtet werden. Zu dieser Thematik hat die Europäische Bewegung Deutschland e.V. (EBD) eine klare Position, die auch durch eine aktuelle Umfrage in dieser Woche unter ihren Mitgliedsorganisationen bestätigt worden ist:

Dazu sagt die Präsidentin der Europäischen Bewegung Deutschland e.V. (EBD)

Dr. Linn Selle:

"Die Kontrollen an allen deutschen Grenzen sind Grenzpopulismus und ein Einknicken vor den nationalistisch-autoritären Parteien AfD und BSW. Es sind gefährliche nationale Alleingänge und Scheinlösungen, die der Bevölkerung Aktionismus vorgaukelt, ohne nennenswerte Auswirkung auf die terroristische Bedrohungslage. Stattdessen brauchen wir einen europäischen Reflex und die konsequente Umsetzung bereits getroffener europäischer Lösungen und kein europarechtlich fragwürdiges Handeln der Bundesregierung."

EBD-Generalsekretär Bernd Hüttemann:

"Eine konsequente Umsetzung des Gemeinsamen Europäischen Asylsystem (GEAS) und damit Einhaltung eines kontrollfreien Schengen-Raums nutzt überproportional dem Binnenland Deutschland. Vereine, Wirtschaft, Wohlfahrtsverbände und Gewerkschaften in unserer Mitgliedschaft betonen schon seit Sommer 2015, dass deshalb Deutschland eine besondere Verantwortung gegenüber den Ländern hat, die an der Außengrenze liegen. Mängel in der Umsetzung von Recht zwischen Bund, Ländern und Kommunen dürfen nicht auf Kosten der europäischen Solidarität gehen. Offene Grenzen nutzen der Wirtschaft und den Menschen in den Grenzregionen Deutschlands."

Zur Einführung von Binnengrenzkontrollen hat die EBD eine Umfrage unter unseren 239 Mitgliedsorganisationen durchgeführt, die die bisherige Positionierung der EBD bestätigt hat. Unsere Mitgliedschaft bestätigt uns, dass im Eintreten für Sicherheit bedeutende europäische Freiheiten nicht leichtfertig aufgegeben werden dürfen. Die Art und Weise wie die seit dieser Woche eingeführten Grenzkontrollen durchgeführt werden, trägt kaum zur Verbesserung der terroristischen Bedrohungslage bei und hat gleichzeitig viele Menschen und Unternehmen insbesondere in den Grenzregionen sowie unsere Nachbarländer stark verunsichert. Strikte Grenzkontrollen würden vermeintlich die terroristische Bedrohungslage verbessern, würden aber einen massiven Kollateralschaden mit langen Staus, Wartezeiten und damit Chaos im Alltag der Menschen, für Lieferungen von Nahrungsmitteln und Waren und damit auch für alle Unternehmen bedeuten.

Deshalb fordern wir von der Politik das fortschreitende Aushöhlen von Schengen zu stoppen.

Die Wahrung des inneren Kerns, der Schengen-Errungenschaft ist ein bedeutender Teil der europäischen Integrationslandschaft. Diese wird seit längerer Zeit durch befristete Grenzkontrollen immer häufiger in Frage gestellt. Diese Maßnahmen stellen die Grundfreiheiten Europas in Frage und gefährden Wirtschaftswachstum, grenzüberschreitenden Handel, Beschäftigung und Wohlstand. Wir fordern die Mitgliedstaaten und besonders die deutsche Bundesregierung daher auf, das permanente Aushöhlen von Schengen zu unterbinden, Grenzkontrollen im Schengen-Raum einzustellen und ebenso gegen immer noch existierende Grenzen in den Köpfen vieler Menschen vorzugehen.

Nicht rechtmäßige Grenzschließungen sollte die Europäische Kommission mit einem Vertragsverletzungsverfahren konsequent verfolgen. Auf die bewährten Lösungen wie Green Lanes oder das digitale Covid-Zertifikat sollte die EU mit Vorausblick auf künftige Krisen aufbauen. EBD 20

 

 

 

Muslime nach den Anschlägen: Rückzug in die Unsichtbarkeit

 

Rund die Hälfte der Menschen in Deutschland haben Vorbehalte gegenüber Muslimen. Das zeigen Studien. Islamistisch motivierte Terrorakte verstärken die Ablehnung, beobachten Experten. Viele könnten nicht zwischen Islam und Islamismus unterscheiden. Von Irene Esmann

Die tödliche Messerattacke von Mannheim, der Anschlag von Solingen mit drei Toten und der versuchte Terrorakt unlängst in München: Alles Taten vermeintlich im Namen des Islam. "Für Muslime in Deutschland ist es immer wieder ein Schlag ins Gesicht", sagt Annika, angesprochen auf die jüngsten Terrorakte durch mutmaßliche Islamisten. Annika ist Muslimin und lebt in Oberbayern. "Es ist nicht nur ein Angriff auf die Menschen, die Opfer dieser Attacken werden, es ist ein Angriff auf die Religion selber. Das sind für mich keine Muslime."

Islamistische Anschläge: "Das sind keine Muslime"

Annika ist Mitte 30. Sie möchte aus Angst vor Anfeindungen anonym bleiben. Vor fast zehn Jahren entschied sie sich zum Islam zu konvertieren. Nach ein paar Jahren beschloss sie auch ein Kopftuch zu tragen: "Eigentlich war das Kopftuch für mich eine Erinnerung im Alltag an meine Religion, meine Werte."

Doch Annika merkt, dass das Kopftuch komische Blicke und Ablehnung erzeugt. Sie hat das Gefühl, nicht mehr als Teil der Mehrheitsgesellschaft akzeptiert zu werden, obwohl sie in Deutschland geboren und aufgewachsen ist.

Islamistische Anschläge bestärken Muslimfeindlichkeit

Annikas Gefühl belegen Studien: Der "Religionsmonitor" der Bertelsmann-Stiftung fragt regelmäßig die Einstellung gegenüber Muslimen ab. Das Ergebnis: Mehr als die Hälfte der Menschen in Deutschland haben große Vorbehalte gegenüber Muslimen.

"Antimuslimische Vorbehalte haben sich festgesetzt in der Gesellschaft", sagt die Soziologin und Islamwissenschaftlerin Yasemin El-Menouar von der Bertelsmann-Stiftung. Sie ist auch Mitglied im Unabhängigen Expertenkreis Muslimfeindlichkeit der Bundesregierung. Islamistisch motivierte Anschlagsversuche vor allem aber Terrorakte wie der von Solingen verstärken Muslimfeindlichkeit ihrer Erfahrung nach zwar nicht quantitativ, aber: "Wenn so etwas passiert, dann fühlen sich viele in ihrer Muslimfeindlichkeit bestärkt und äußern das eher, reagieren mit Hass und Hetze in den Medien. Wir sehen also eher eine Eskalation", beobachtet die Islamwissenschaftlerin.

Aus Gedanken können Worte und Taten werden. Auf Anfrage des Bayerischen Rundfunks teilt das Bayerische Landeskriminalamt mit: Die Zahl der angezeigten, verfolgten und als dezidiert islamfeindlich identifizierten Straftaten sind im Freistaat leicht angestiegen. 2017 registrierten die Behörden 133, im vergangenen Jahr 171 Delikte. Deutlich weniger waren es in den Corona-Jahren. Für die vergangenen Wochen, also für den Zeitraum nach dem Anschlag von Solingen, liegen noch keine Zahlen vor.

Offizielle Zahlen sind nur die Spitze des Eisbergs

Nach Einschätzung von Soziologin Yasemin El-Menouar sind die absoluten Zahlen in den Kriminalstatistiken ohnehin nur die Spitze des Eisbergs, man müsse mindestens mit dem Zehnfachen rechnen: "Wir gehen davon aus, dass muslimfeindliche Straftaten erst mal gar nicht als solche erkannt werden, dass sie häufig in der Kategorie 'fremdenfeindlich' landen. Und wir sehen, dass nur jeder zehnte Vorfall gemeldet wird."

Laut dem Leipziger Religionssoziologen Gert Pickel sind Muslime die Bevölkerungsgruppe, die neben Sinti und Roma am meisten abgelehnt wird. Bei Muslimfeindlichkeit sei das Grundproblem, dass die breite Bevölkerung nach wie vor den Unterschied zwischen Islamismus und Islam nicht verstanden habe und alle Muslime in Sippenhaft nehme für islamistische Taten Einzelner. Das führe zu einer fragwürdigen öffentlichen Debatte: "Die Trennung zwischen muslimisch und islamistisch wird aufgehoben und es werden Rückschlüsse gezogen wie: Man müsste alle ausweisen. Insofern ist jede Tat für die muslimische Community ein großes Problem", sagt Gert Pickel.

Ergebnis: Rückzug in die Unsichtbarkeit

Annika sagt, ihr mache das politische und gesellschaftliche Klima seit längerer Zeit große Sorgen. Schon Ende des vergangenen Jahres zog sie deshalb Konsequenzen: "Mein Unsicherheitsgefühl hat am Ende dazu geführt, dass ich mein Kopftuch nicht mehr trage." Es ist der Rückzug in die Unsichtbarkeit. Für Religionssoziologe Gert Pickel ist das ein bekanntes Phänomen. Ein anderes Phänomen: Einzelne Muslime radikalisieren sich - oder werden zumindest anfälliger für radikale Inhalte, gerade aufgrund von Ausgrenzung und Diskriminierung. BR 20

 

 

 

Angriff auf die libanesische Gesellschaft als Ganze

 

Die explodierenden Pager und Funkgeräte trafen nicht nur die Hisbollah. Die Menschen im Libanon sind bis ins Mark erschüttert. Merin Abbass

In dieser Woche erlebte der Libanon einen der größten Anschläge der vergangenen Jahre. Explodierende Pager und Funkgeräte haben in verschiedenen Regionen des Landes zu bisher 37 Toten und mehr als 2 900 Verwundeten geführt. Unter den Opfern sind nicht nur Funktionäre der pro-iranischen Terrororganisation Hisbollah, wie es in vielen westlichen Medien gern berichtet wird, sondern auch Zivilistinnen und Zivilisten, darunter Kinder sowie medizinisches Personal, die sich in der Nähe der Pager oder Funkgeräte aufhielten. Zwei Tage wurde der Libanon von den dramatischen Anschlägen heimgesucht. Gerade als der erste Schock mit den blutigen Szenen vom Dienstag nachließ, erschütterte eine zweite Runde die Hauptstadt und weitere Regionen des Landes. Bilder von Explosionen auf Trauerfeiern für Personen, die am Tag vorher gestorben waren, dominierten die Nachrichten.

Alle Hinweise führen zum israelischen Geheimdienst Mossad. Auch wenn sich die israelische Regierung wie in ähnlichen Fällen nicht öffentlich zu diesen Anschlägen äußert. Aber der Fall hat auch grenzüberschreitende Auswirkungen: Von Taiwan über Ungarn bis Japan versuchen Analysten herauszufinden, wie, wo und zu welchem Zeitpunkt die Pager- und Walkie-Talkie-Geräte manipuliert wurden. Die Botschaft, die Israel offensichtlich zu vermitteln versucht, lautet: Nirgendwo ist man sicher.

Am Dienstagnachmittag brachten hunderte Krankenwagen Verletzte und Tote zu den überfüllten Krankenhäusern im ganzen Land. Das Militär versuchte vergeblich, die Straßen von Beirut und anderen Städten leerzuräumen, damit die Krankenwagen durch die engen, überfüllten Straßen kommen. Dem bereits kurz vor dem Kollaps stehenden Gesundheitssystem droht nun die völlige Überlastung. Der Libanon ist im Kriegszustand. Elf Monate war der Krieg auf den Süden des Landes beschränkt, aber nun erreichte er – sichtbar für alle – die Straßen von Beirut und Saida. 

Die für Resilienz bekannte libanesische Gesellschaft verspürt nun Panik. Die Anschläge und die Art der Ausführung haben die Libanesinnen und Libanesen schockiert. Viele fühlen sich an den 4. August 2020 erinnert, als an einem Sommernachmittag Tonnen von Ammoniumnitrat am Hafen von Beirut explodierten und zu katastrophalen Zuständen in der Stadt führten. Es ist das erste Mal seit dem Beginn des Krieges in Gaza und dem darauf folgenden Angriff der Hisbollah auf Israel am 8. Oktober 2023, dass alle Libanesen Angst haben. Alle fühlen, dass der Krieg jeden treffen kann und niemand sicher ist, egal ob Christ, Sunnit, Schiit oder Hisbollah-Anhänger. 

Die präzise Vorbereitung und Durchführung demonstrieren die technische Überlegenheit der israelischen Geheimdienste und der Armee gegenüber der schiitischen, pro-iranischen Hisbollah-Miliz, die zwar über 100 000 Kämpfer und ein sehr gut bestücktes Raketenarsenal besitzt, aber bei weitem nicht über ähnliche technische Möglichkeiten verfügt. Der Anschlag offenbarte somit die Schwäche und Verwundbarkeit der vom Iran militärisch unterstützten Hisbollah. Vielen stellt sich die Frage, wie es sein kann, dass Tausende solche Pager ins Land eingeführt werden und in Umlauf kommen konnten, ohne dass mögliche Manipulationen bemerkt wurden.

Militärisch war der Angriff wohl ein Erfolg für Israel und seine Geheimdienste, moralisch und aus einer Perspektive des internationalen Rechts ist die Aktion aber fraglich. Die internationale Gemeinschaft stellt die Frage nach der Rechtmäßigkeit dieser Angriffe. Selbst wenn Israel beabsichtigte, Hisbollah-Mitglieder ins Visier zu nehmen, konnte es nicht wissen, wer bei den Tausenden von Explosionen verletzt oder getötet werden würde. Schließlich konnte sie die Weitergabe der mit Sprengstoff manipulierten Pager nicht mehr kontrollieren. In der Tat wurden bei den Angriffen viele Zivilistinnen und Zivilisten getötet oder verletzt. Israel hat hiermit die bisher zwischen den Konfliktparteien informell respektierten Kampfregeln massiv verletzt – mit unabsehbaren Konsequenzen.

Das landesweite Ausmaß der Anschläge bedeutet auch, dass die Libanesen überall besorgt sind, dass ähnliche Anschläge stattfinden könnten. Sie fragen sich, ob möglicherweise ihre Telefone, Laptops und andere technische Geräte betroffen sein könnten. Dies stellt eine weitere Episode psychologischen Schadens dar und verstärkt die Traumata, die viele Menschen im Libanon haben. Schließlich wurden die Schrecken der vielen Kriege der Vergangenheit bisher nicht aufgearbeitet und die dramatischen Szenen der Hafenexplosion sind vielen Libanesinnen und Libanesen noch gegenwärtig. Die Anschläge lösen auch große Angst bei den Zivilistinnen und Zivilisten aus, weil hier zu Recht angenommen wird, dass sie einen Vorlauf für eine umfassende Invasion oder eine Ausweitung der Kämpfe mit Israel darstellen könnten. Vor allem die Aussagen von israelischer Seite schüren zusätzliche Angst.

Doch bei allen negativen und nicht zu unterschätzenden Folgen dieser furchtbaren Angriffe lässt sich auch ein Gefühl der Einigung der libanesischen Bevölkerung beobachten. Aus humanitärer Sicht wurde durch die zahlreichen – religionsübergreifenden – Blutspenden Solidarität gezeigt. Krankenhäuser haben im ganzen Land Verletzte aufgenommen, auch diejenigen in den christlich dominierten Vierteln und Regionen des Landes. Die Solidarität darf aber nicht falsch verstanden werden: Es ist eine Solidarität mit den Menschen, den Verwundeten – und nicht mit der Hisbollah. Es ist dezidiert keine politische Solidarität. Dennoch werden die Anschläge der letzten Tage als Angriff auf die libanesische Gesellschaft als Ganze empfunden und nicht nur auf die Hisbollah innerhalb der fragmentierten Gesellschaft. In Zeiten des Krieges haben die Menschen immer zusammengestanden. Dieses Phänomen ist nicht neu, schließlich erlebt die zusätzlich unter der Wirtschaftskrise leidende libanesische Gesellschaft nun den siebten Krieg mit dem südlichen Nachbarn.

In politischer und strategischer Hinsicht dagegen sind viele Libanesinnen und Libanesen nicht mehr von der Vorgehensweise der Hisbollah in diesem Krieg überzeugt. In den Straßen Beiruts wird schon darüber diskutiert, welche Initiativen notwendig wären, um den sinnlosen Krieg zu beenden. Viele sind davon überzeugt, dass es trotz ihrer Ablehnung des Vorgehens der Hisbollah wichtig ist, dass die internationale Gemeinschaft Kommunikationswege mit der Hisbollah aufrechterhält oder neu sucht. Gleichzeitig muss der Druck auf Israel erhöht werden, keine neue Front zu eröffnen und bei ihren Angriffen auf den Libanon dem Schutz der Zivilisten absoluten Vorrang einzuräumen. Zentral für die Beruhigung ist ein Waffenstillstand im Gazastreifen, dies hat Hisbollah-Führer Hassan Nasrallah nochmals unterstrichen. Ohne ein Ende der Kampfhandlungen in Gaza wird es auf absehbare Zeit nicht zu einer Beruhigung im Libanon kommen. Die gepeinigte Gesellschaft des Libanon wünscht sich nichts mehr als dies. IPG 20

 

 

 

Bundesverfassungsgericht. AfD hat keinen Anspruch auf Ausschussvorsitz

 

Der Kampf gegen die AfD wird nicht nur bei Wahlen geführt, sondern auch in Parlamenten – und jetzt auch vor dem Bundesverfassungsgericht. Die AfD meinte, bei der Verteilung von Chefposten in Bundestagsausschüssen ungerecht behandelt worden zu sein – und scheiterte gleich doppelt. Von Jacqueline Melcher und Susanne Kupke

Mit dem Eis wurde es nichts für die Zehntklässler eines Gymnasiums aus dem rheinland-pfälzischen Germersheim. Das hatte der AfD-Politiker Stephan Brandner versprochen – für den Fall, dass er vor dem höchsten deutschen Gericht gewinnt. Doch an einen Erfolg glaubt er im Foyer des Bundesverfassungsgerichts kurz vor dem Urteil selbst nicht mehr.

Wenige Minuten später die Gewissheit: Die AfD scheitert in Karlsruhe mit zwei Organklagen, ihr Recht auf Vorsitzposten in Bundestagsausschüssen feststellen zu lassen. Sowohl die Wahlen zur Bestimmung der Ausschussvorsitze als auch die Abwahl Brandners vom Vorsitz des Rechtsausschusses bewegten sich im Rahmen der Geschäftsordnungsautonomie des Bundestags, sagte die Vorsitzende Richterin des Zweiten Senats, Doris König.

In der aktuellen Legislaturperiode hatten Kandidaten der AfD bei Wahlen zum Vorsitz von drei Bundestagsausschüssen die erforderliche Mehrheit verpasst – und damit keinen Ausschussvorsitz bekommen, obwohl der Fraktion nach ihrer Stärke drei Posten zustehen würden. Die AfD sah ihre Rechte auf Gleichbehandlung als Fraktion, auf effektive Opposition und auf faire und loyale Anwendung der Geschäftsordnung des Deutschen Bundestags verletzt und wandte sich mit einer Organklage an den Senat in Karlsruhe (Az. 2 BvE 10/21).

Der übliche Weg

Nach der Geschäftsordnung des Bundestags bestimmen die Ausschüsse ihre Vorsitzenden und deren Stellvertreter „nach den Vereinbarungen im Ältestenrat“. Faktisch gibt es ein unter den Fraktionen abgesprochenes Verfahren, das sich nach der Stärke der einzelnen Fraktionen richtet. Durch sie wird eine Reihenfolge festgelegt, nach der die Fraktionen Zugriff auf Ausschussvorsitze haben. Fraktionen dürfen selbst entscheiden, in welchem der noch freien Ausschüsse sie Vorsitzende stellen. An die AfD waren so der Innen- und der Gesundheitsausschuss sowie der Ausschuss für Entwicklungszusammenarbeit gefallen.

Eine Wahl der Vorsitzenden durch den Ausschuss ist unüblich. Normalerweise wird die Personalentscheidung durch die anderen Fraktionen akzeptiert. Dies war zu Beginn der laufenden Wahlperiode aber dort anders, wo die AfD den Vorsitzenden stellen sollte. Hier verlangten die anderen Ausschussmitglieder eine Wahl, bei der sie dann den AfD-Kandidaten durchfallen ließen. Derzeit leiten die Vize-Vorsitzenden die betroffenen Ausschüsse.

Autonomie des Bundestags

Die Fraktionen seien zwar gleich und entsprechend ihrer Stärke zu behandeln, betonte Verfassungsrichterin König bei der Urteilsverkündung. Die Mitwirkungsbefugnis erstrecke sich dabei auch auf die Bundestagsausschüsse – grundsätzlich müsse jeder Ausschuss ein verkleinertes Abbild des Plenums sein. Dieser Grundsatz der Spiegelbildlichkeit gelte aber nicht für Gremien und Funktionen lediglich organisatorischer Art, wie es ein Ausschussvorsitz sei.

Gestaltung, Auslegung und Anwendung der Geschäftsordnung des Bundestags unterliegen nur einer eingeschränkten verfassungsgerichtlichen Kontrolle, so das Gericht. „Bei der Gestaltung seiner inneren Organisation und des Geschäftsgangs kommt ihm ein weiter Spielraum zu.“ Die Ausgestaltung des Besetzungsverfahrens sei eine innere Angelegenheit des Parlaments, die dieses im Rahmen der verfassungsmäßigen Ordnung autonom regeln könne. Mit der Wahl von Ausschussvorsitzenden werde der Grundsatz einer fairen und loyalen Auslegung der Geschäftsordnung des Bundestags gewahrt.

Abwahl von Brandner rechtmäßig

Erfolglos blieb auch die Klage gegen die Abwahl des damaligen Rechtsausschuss-Vorsitzenden Stephan Brandner im November 2019 (Az. 2 BvE 1/20). Nach mehreren Eklats hatten in der letzten Legislaturperiode alle Ausschussmitglieder mit Ausnahme der AfD-Abgeordneten für dessen Abberufung gestimmt – ein einmaliger Vorgang in der Geschichte des Bundestags.

Dass der Ausschuss selbst für eine etwaige Abwahl zuständig war, sei vertretbar, urteilte der Senat. Sie sei zudem nicht willkürlich erfolgt. Vor dem Hintergrund einer Reihe von Vorfällen hätte die Mehrheit der Ausschussmitglieder das Vertrauen in den Vorsitzenden und seine Fähigkeiten verloren, sodass eine effektive Zusammenarbeit im Ausschuss aus ihrer Sicht nicht mehr möglich gewesen sei. Vertrauen sei aber wichtig für eine effiziente Ausschussarbeit. Die Entscheidung des Senats erging einstimmig.

Aufatmen bei Bundestagsmehrheit

Der parlamentarische Geschäftsführer der SPD-Bundestagsfraktion, Johannes Fechner, sprach nach dem Urteil von einem guten Tag für den Parlamentarismus. Er kündigte zugleich an, dass die Regierungsfraktionen eine Präzisierung der Geschäftsordnung des Bundestags vorschlagen. „Danach sollen künftig sowohl die Vorsitzenden von Ausschüssen, aber auch die Schriftführer im Präsidium des Deutschen Bundestages nach klaren Regeln abgewählt werden können.“

Das Gericht habe die Geschäftsordnungsautonomie des Bundestags als Kernbereich der Parlamentsautonomie gestärkt, meinte Elisabeth Winkelmeier-Becker (CDU), die Vorsitzende des Rechtsausschusses. „Der Bundestag kann seine inneren Angelegenheiten, also auch die der Besetzung organisatorischer Funktionen in eigener Verantwortung regeln.“ Die Abwahl Brandners sei nach einer Reihe von Vorfällen, unter anderem wegen Tweets zum rechtsextremistischen Anschlag von Halle, zulässig gewesen. Stephan Thomae von der FDP betonte: „Ausschussvorsitzende sind auf das Vertrauen des Ausschusses angewiesen, deshalb ist es auch möglich, sie abzuwählen.“

Anwaltsverein begrüßt Richterspruch

Der Vize-Vorsitzende des Entwicklungsausschusses, Christoph Hoffmann, hält eine Besetzung seines Ausschusses mit einem Vorsitzenden aus der AfD „unseren Partnern im globalen Süden nur schwer erklärbar“. Die Entwicklungszusammenarbeit sei eine Art Visitenkarte Deutschlands. „Wenn diese Visitenkarte einen Politiker mit völkischen oder rassistischen Tendenzen ausweist, wäre das mehr als problematisch, ja schädlich für unser Land.“

Der mit seiner Klage gegen die Abwahl unterlegene AfD-Politiker Brandner sprach von einem „schwarzen Tag für den Parlamentarismus“. Es sei um eine Verhinderung der AfD gegangen. Zugleich würden die Rechte der Opposition erheblich geschwächt. Die Mehrheit könne diktieren. Doch das sei für die jetzige Mehrheit ein Pyrrhussieg: „Mehrheiten können sich ändern.“

Die Hauptgeschäftsführerin des Deutschen Anwaltvereins, Sylvia Ruge, begrüßte den Karlsruher Richterspruch. Ausschüsse müssten selbst die Möglichkeit haben, ihre Vorsitzenden zu wählen und auch abzuwählen, wenn diese sich für ihre Position disqualifizieren. „Dass das Bundesverfassungsgericht dieses Recht gestärkt hat, ist ein wichtiges Zeichen.“ (epd/mig 20)

 

 

 

 

EU-Kommission. Rechte Entscheidung

 

Mit Raffaele Fitto als Vizekommissionspräsidenten positioniert Meloni einen Vertrauten in Brüssel. Der Rechtsruck hilft auch von der Leyen. Gregor Fitzi

Die neue EU-Kommission steht und soll sich bald dem Votum des Europäischen Parlaments stellen. Ihre Zusammenstellung zeugt vom Wandel des politischen Feldes auf kontinentaler Ebene. Diesmal war es besonders schwierig, ein Gleichgewicht der europäischen Mächte herzustellen, denn unterschiedliche und widersprüchliche Anforderungen an die neue EU-Kommission wollten erfüllt werden. Deutschlands und Frankreichs Regierungen stecken in einer tiefen Krise, stellen dafür umso mehr klare Anforderungen. Spanien hat an Gewicht gewonnen und möchte mehr Einfluss ausüben. Nach dem Ende der rechtskonservativen PiS-Regierung ist Polen unter der Führung des ehemaligen Präsidenten des Europäischen Rates Donald Tusk wieder zu beachten. Die geopolitischen Spannungen in Osteuropa verlangen ihren Zoll. Italien als drittstärkste Volkswirtschaft der EU verlangt jedoch auch seinen Anteil am europäischen Machtkuchen. Die Frage war also: Wie will von der Leyen die verschiedenen Ansprüche unter einen Hut bringen?

2019 war Ursula von der Leyen leise, sich fast schon entschuldigend angetreten – sie war für den Posten nicht vorgesehen gewesen und musste zuerst nach einer geeigneten Mehrheit im Parlament suchen. Sie wollte allen gefallen, die Grünen mit ins Boot holen und damit auch den Green Deal schmieden. Nun hat von der Leyen beschlossen, ihren Stil zu ändern, um aus dem Kommissionsdilemma herauszukommen. Statt sich in Diplomatie zu üben, wird jetzt gezielt getreten – vor allem in Richtung der Linken. Das ist das Zeichen des neuen Selbstbewusstseins der Europäischen Volkspartei (EVP). Mit von der Leyen als Kandidatin für eine zweite Amtszeit als EU-Kommissionspräsidentin hat sie bei der Europawahl hinzugewonnen und stellt die stärkste Fraktion im EU-Parlament. Die konservative Fraktion malt sich zudem aus, dass die CDU in einem knappen Jahr Deutschland regieren wird, das europäische Schwergewicht. Von der Leyen und die EVP hoffen, dass die Konservativen in Europa wieder dominant werden.

Auf dieses Hegemonieprojekt hat vor allem Manfred Weber, der Fraktionsvorsitzende der EVP im EU-Parlament, in den letzten Jahren intensiv hingearbeitet. Musste die EVP bislang bedeutende Kompromisse eingehen, um mit Sozialdemokraten und Grünen zu regieren, wäre „mit der Unterstützung“ der europäischen Rechten eine ganz andere Politik möglich. Für Weber war der Rechtsruck bei der Europawahl im Juni 2024 somit eine Chance, neue Optionen auszutesten. Eine Kooperation mit der Alternative für Deutschland (AfD) ist bislang tabu. Einerseits, da Webers Partei CSU historisch keine Konkurrenz rechts von sich duldet. Andererseits, weil die AfD in absehbarer Zeit bundesweit als gesichert rechtsextremistisch eingestuft werden und in ein Verbotsverfahren geraten könnte. Also: Finger weg.

Die Zersplitterung des rechten Spektrums im EU-Parlament bietet allerdings andere Machtoptionen. So haben sich Marine Le Pen und die spanische Vox-Partei nicht nur von der AfD als „zu rechtsextremistisch“ distanziert und sie aus ihrer Fraktion Patrioten für Europa rausgehalten. Sie haben sich auch gegen Melonis „reformistischen Kurs“ ausgesprochen und mit ihr gebrochen. Mit den Europäischen Konservativen und Reformern (EKR) bleibt somit Meloni in der Mitte der Furt stehen. Die ist mit immerhin 78 Europaabgeordneten aus 18 Ländern die viertgrößte Fraktion im EU-Parlament. Werden die Bauchschmerzen der Mitte-links-Alliierten bei bestimmten Gesetzentwürfen zukünftig allzu stark, könnte bei Gelegenheit die EKR als Kompensation zum Einsatz kommen.

Von der Leyen hat sich entschieden, dieses Blatt zu spielen. Die Bedingung dafür war allerdings, dass Italiens Regierung nicht nur einen Posten in der Kommission bekommt, der dem demografischen und ökonomischen Gewicht des Landes Respekt zollt, sondern auch den prestigeträchtigen Posten eines Vizepräsidenten. Gesagt, getan. Die Mitglieder der Von-der-Leyen-Mehrheit im EU-Parlament müssen nun die Kröte schlucken. Die Testphase der Kooperation mit Meloni soll als Blaupause für den zukünftigen Aufbau einer Mitte-rechts-Koalition auf europäischer Ebene dienen. 

Die Bedeutung des Projekts einer europäischen Mitte-rechts-Koalition haben die Kandidatinnen und Kandidaten von Melonis Partei Fratelli d’Italia lautstark während der gesamten EU-Wahlkampagne propagiert. Nun wird der Plan wenigstens zum Teil umgesetzt. Das ist Balsam auf den Wunden der gegenwärtigen Regierungschefin in Rom. Denn Meloni brauchte dringend ein Erfolgserlebnis. In den letzten Monaten war der Konflikt zwischen den drei regierenden Parteien – Melonis Fratelli d’Italia, Matteo Salvinis Lega und den Erben Berlusconis von der Forza Italia – eskaliert. Ihr ungeschriebener Koalitionsvertrag bestand darin, dass jede Partei ihr Prestigeprojekt durchsetzt: die Fratelli d’Italia den Umbau Italiens zu einem präsidentiellen Regierungssystem; die Lega das sogenannte Autonomie-Gesetz, einen substantiellen Abbau des italienischen Länderfinanzausgleichs, damit die Steuergelder aus den industriestarken Regionen Norditaliens nicht auf das gesamte Land umverteilt werden; und Forza Italia eine Justizreform, die die demokratische Gewaltenteilung beendet und die judikative der exekutiven Gewalt unterordnet.

Da die Lega in Umfragen immer schlechter abschnitt, war Salvini vorgeprescht und hat durchgesetzt, dass zuerst sein Autonomie-Projekt durch das Parlament gebracht werden soll. Dieses Vorhaben hat nicht nur die Opposition wiederbelebt, die eine sehr erfolgreiche Unterschriftensammlung für ein Referendum gegen das Gesetz gestartet hat. Eine Verfassungsklage der Regionen, die einen Nachteil von der neuen Regelung erwarten, sorgt zudem für Verzögerung und Streit zwischen den rechten Partnern. Nicht zuletzt sorgt auch ein Machtkampf zwischen Meloni und dem Medienimperium von Berlusconis Erben für andauernden Ärger. Die Fernsehkanäle der Familie haben zahlreiche Mitarbeiter aufgenommen, die nach der Wahl Melonis und den von ihr angestoßenen Säuberungen der öffentlich-rechtlichen Fernsehsender hinausgedrängt wurden und die nun zahlreiche persönliche Skandale aus dem engsten Umfeld der Premierministerin ausschlachten.

Inmitten dieser Trümmerlandschaft, in der sich Opposition und Gewerkschaften angesichts der Engpässe des kommenden Haushaltsgesetzes für die Herbstschlacht rüsten, ist von der Leyens Wahl von Raffaele Fitto zum Kommissar für Regionalförderung und Reformen sowie zum Vizepräsidenten der Kommission ein Lichtblick für Meloni. Er steht sinnbildlich für die zukünftigen Mehrheiten auf EU-Ebene, die sich Meloni und von der Leyen wünschen. Wie sein Vater vor ihm war Fitto Abgeordneter der Democrazia Cristiana, der italienischen Christdemokraten. Danach war er lange Zeit Mitglied und Abgeordneter von Berlusconis Partei. Als der seine Partei ab 2014 für eine Mitte-links-Regierung mit dem Partito Democratico öffnete, trat Fitto aus ihr aus und gesellte sich mit seiner Gruppierung zur neugegründeten Rechtsaußen-Partei von Giorgia Meloni. Fitto verkörpert den Rechtsruck, der Europa unter von der Leyen und Meloni bevorsteht. IPG 20

 

 

 

 

Studie. Vorurteile in der Polizei stärker als in der Bevölkerung

 

Wie verhält sich die Polizei? Wie verbreitet sind Vorurteile, etwa gegenüber Asylbewerbern? Der Abschlussbericht zu einer großen Studie, die 2021 in Angriff genommen wurde, liegt jetzt vor. Die Ergebnisse sind beunruhigend. Auch innerhalb der Polizei gibt es massive Probleme. Von Anne-Béatrice Clasmann

Etwa jeder dritte Polizeibeamte hat im Dienst binnen eines Jahres rassistische Äußerungen von Kollegen wahrgenommen. Das geht aus dem Abschlussbericht einer von der Bundesregierung beauftragten großangelegten Studie zum Alltag und zu den Einstellungen bei der Polizei hervor. Bei zwei zeitlich versetzten Online-Befragungen gaben einmal 67 Prozent der Teilnehmenden an, solche Äußerungen im zurückliegenden Jahr nie gehört zu haben. Bei der zweiten Befragung waren es 68 Prozent. Die Wissenschaftler hatten die Polizeibeamten aus Bund und Ländern nach ihren Beobachtungen sowohl zum Umgang von Kollegen mit Bürgern als auch mit anderen Polizisten und Polizistinnen gefragt.

Sexistische Äußerungen im Jahr vor der Befragung fielen laut Studie etwas mehr als 40 Prozent der teilnehmenden Polizistinnen und Polizisten auf. Zehn Prozent von ihnen gaben an, dies sei binnen eines Jahres in mehr als zehn Fällen vorgekommen. Drei Prozent der Befragten berichteten, sie hätten im zurückliegenden Jahr korruptes Verhalten von Kollegen beobachtet. Aus dem Ergebnis der Online-Befragung lässt sich die Zahl der Vorfälle nicht direkt ableiten, da das Fehlverhalten eines Beamten womöglich von mehreren seiner Kollegen beobachtet wird.

Die Befragten, denen rassistische Äußerungen, Sexismus oder korruptes Verhalten aufgefallen war, unternahmen dagegen persönlich meist nichts, heißt es in der Studie. Sexuelle Übergriffe wurden von den Befragten mit etwa zehn Prozent am häufigsten angezeigt. Die Autoren der Studie weisen allerdings darauf hin, dass eine individuelle Reaktion nicht bedeutet, dass das Delikt nicht angezeigt worden ist, da die Anzeige auch durch Dritte erfolgen könne. Auch war lediglich nach dem eigenen Verhalten bei der letztmaligen Beobachtung eines solchen Vorfalls gefragt worden.

Muslimfeindlichkeit hat zugenommen

Die Deutsche Hochschule der Polizei fragte für die Studie auch nach der Einstellung der Beamten in Bezug auf Minderheiten und Autoritarismus. Im Abschlussbericht heißt es dazu: „Man findet wenige Hinweise auf radikale Positionen, aber einige Eindrücke, die auf Verunsicherungen und uneindeutige Positionen schließen lassen.“ Auch zeigen die Studienergebnisse, dass problematische Einstellungen zugenommen haben: Beispielsweise stellten die Forscherinnen und Forscher bei der ersten Erhebung zwischen November 2021 und Oktober 2022 bei elf Prozent der Befragten Muslimfeindlichkeit fest. Bei der zweiten Befragung, die zwischen November 2023 und März 2024 lief, waren es 17 Prozent. Ein Anstieg war auch zu beobachten bei Chauvinismus und Autoritarismus. Die Ablehnung von Asylsuchenden stieg demnach von 30 Prozent auf 42 Prozent.

„Es gibt null Toleranz gegenüber Rechtsextremismus, Rassismus und anderen Formen von Menschenfeindlichkeit“, kommentierte Bundesinnenministerin Nancy Faeser (SPD) die Ergebnisse der Studie, die ihr Amtsvorgänger Horst Seehofer (CSU) in Auftrag gegeben hatte. Sie fügte hinzu: „Wir wollen eine transparente Fehlerkultur stärken und der Entstehung und Verfestigung von Vorurteilen und Diskriminierungen konsequent entgegentreten.“

Die Ministerin betonte gleichzeitig, Polizeibeamtinnen und Polizeibeamte seien Tag und Nacht unter schwierigen, manchmal lebensgefährlichen Bedingungen im Einsatz. Sie verteidigten Rechtsstaat und Demokratie und verdienten dafür Respekt und Wertschätzung.

Zu viel Bürokratie wird als Belastung empfunden

Als motivierend in ihrem Berufsalltag erleben deutsche Polizisten laut der Studie Erlebnisse, die mit Kollegialität, Erfolgen und erfahrener Wertschätzung für die eigene Arbeit zu tun haben. Belastende Faktoren sind demnach schwierige Fälle wie Todesermittlungen oder Straftaten gegen Kinder. Aber auch empfundener Personalmangel, viel Bürokratie und „Vergeblichkeitserfahren“, etwa mit Blick auf Ergebnisse von Strafverfahren, sind laut dem Bericht häufig Anlass für Frustration.

„Deutlich wird, dass der Personalmangel in der Polizei keine gewerkschaftliche Erfindung ist, sondern diesen unsere Kolleginnen und Kollegen jeden Tag an ihren vielfältigen Arbeitsplätzen hautnah erleben“, sagte der Bundesvorsitzende der Gewerkschaft der Polizei (GdP), Jochen Kopelke. Mangelnde Personalressourcen führten zu steigenden Belastungen und erhöhten Krankenständen. „Wie dringend eine Stärkung der gesamten Rechtsstaatskette ist, zeigen teils ernüchternde Sichtweisen auf die Wirksamkeit der eigenen Arbeit.“ Verfahrenseinstellungen aus Personalnot senkten die Motivation der Beschäftigten. „Das muss ein baldiges Ende haben“, forderte Kopelke.

Er vermisse außerdem einen ganzheitlichen, wissenschaftlichen Ansatz, was das zunehmende Risiko von Polizeibeschäftigten, Opfer aggressiver Angriffe zu werden, betrifft, kritisierte der Gewerkschaftsvorsitzende. Konsequente und harte Strafen allein seien hier nicht ausreichend. (dpa/mig 20)

 

 

 

Paradigmenwechsel. CSU will Arbeitsmöglichkeit für Flüchtlinge stärken

 

Die CSU-Landtagsfraktion will die Aufnahme von Arbeit für Flüchtlinge verbessern – ein Paradigmenwechsel? Bisher stand die Partei einer Arbeitsaufnahme von Asylbewerbern skeptisch gegenüber. Die SPD fordert langfristige Perspektiven statt gemeinnütziger Arbeit.

Asylbewerber in Bayern sollen nach dem Willen der CSU künftig einfacher und schneller eine Arbeit aufnehmen können. Es sollen mehr Möglichkeiten für gemeinnützige Arbeit geschaffen werden, sagte Ministerpräsident Markus Söder bei der Fraktionsklausur im oberfränkischen Kloster Banz nach Angaben von Teilnehmern. Der Schritt bedeutet einen Paradigmenwechsel – bisher standen führende Innenpolitiker der CSU einer verstärkten Arbeitsaufnahme von Asylbewerbern skeptisch gegenüber.

Nach drei Monaten im Land soll gemeinnützige Arbeit für Asylbewerber verpflichtend werden – oder eine Tätigkeit auf dem Arbeitsmarkt aufgenommen werden. Bisher scheitert dies nicht zuletzt an deutlich zu wenigen Möglichkeiten für gemeinnützige Arbeit in den Kommunen – aber auch an der Praxis der Ausländerbehörden bei der Vergabe von Arbeitserlaubnissen.

Für 75.000 Menschen stünden derzeit in Bayern nur 3.000 solcher Arbeitsplätze zur Verfügung. Söder will nun bei Einrichtungen des Freistaats Bayern innerhalb kurzer Zeit 5.000 solcher Arbeitsplätze definieren – etwa in Kantinen bayerischer Behörden oder in staatlichen Gärten.

Langes Warten auf Arbeitserlaubnis

Die Aufnahme einer gemeinnützigen Arbeit ist nach gegenwärtiger Rechtslage für Flüchtlinge jederzeit möglich. Eine Erlaubnis zur Aufnahme einer entlohnten Arbeit stellen die Ausländerbehörden frühestens nach drei Monaten auf der Grundlage von Einzelfallprüfungen aus – jedoch in der Regel nur bei einer günstigen Bleibeperspektive. Für Menschen, die in Aufnahmeeinrichtungen leben, ist die Wartezeit in der Regel länger.

Ein Problem stellen die sogenannten Dublin-Bescheide dar – also die Fälle, in denen Asylbewerber in ein anderes Mitgliedsland der EU überstellt werden müssen. In diesen Fällen wird in der Regel keine Arbeitserlaubnis erteilt – da die Ausreise ja bevorsteht. Auch bei Menschen, die aus einem sogenannten sicheren Herkunftsland kommen, wird eine günstige Bleibeperspektive in der Regel nicht angenommen.

SPD fordert langfristige Perspektiven

Jedoch sind die Menschen tatsächlich zum Teil viele Monate in Deutschland, weil das Empfängerland eine Aufnahme verweigert und dann gegebenenfalls doch ein Asylverfahren in Deutschland gestartet werden muss. In dieser Phase besteht in der Regel keine Arbeitsmöglichkeit.

Der SPD-Fraktionschef im Landtag, Holger Grießhammer, forderte langfristige Perspektiven für Geflüchtete. „Wir müssen dafür sorgen, dass Geflüchtete langfristig ihren Lebensunterhalt bestreiten können, denn Arbeit ist der Schlüssel für Integration!“, betonte er. Gemeinnützige Arbeit helfe nicht. Die Ausländerbehörden müssten ihre Prioritäten anders setzen und die Arbeitserlaubnisse schneller bewilligen. (dpa/mig 19)

 

 

 

Neuer Tiefstand: Drei von fünf Deutschen sehr unzufrieden mit Bundesregierung

 

Hamburg – Nach den Wahlen in Sachsen und Thüringen verliert die Ampelregierung weiter an Rückhalt in der Bevölkerung. Das geht aus einer aktuellen Umfrage des Markt- und Meinungsforschungsinstituts Ipsos hervor. Auch Bundeskanzler Olaf Scholz (SPD) verliert im September deutlich an Zustimmung. Mit der Arbeit von Vizekanzler Habeck (Grüne) und Finanzminister Lindner (FDP) sind ebenfalls immer weniger Deutsche zufrieden. Insgesamt muss fast das gesamte Bundeskabinett Popularitätseinbußen hinnehmen. Lediglich Verteidigungsminister Pistorius (SPD) gewinnt im Vergleich zur letzten Erhebung leicht an Popularität, Außenministerin Baerbock (Grüne) stagniert auf niedrigem Niveau.

Zufriedenheitswerte im Sinkflug

Die Zufriedenheit mit der Arbeit der Regierung ist im Vergleich zur letzten Ipsos-Umfrage im Juli stark gesunken (-10 Punkte). 62 Prozent der Deutschen sind mit der Regierungsarbeit sehr unzufrieden, nur noch eine kleine Minderheit von 6 Prozent äußert sich sehr zufrieden. Damit liegt der Zufriedenheitswert im September bei -56, ein neuer Tiefstand seit Bestehen der Ampelkoalition. Auch die Unzufriedenheit mit Olaf Scholz nimmt weiter zu. Der Regierungschef verliert 7 Punkte und liegt nun bei einem Nettowert von -48. Nicht einmal jeder Zehnte (9 %) bewertet die Arbeit von Scholz sehr positiv, mehr als die Hälfte (57 %) der Befragten ist dagegen sehr unzufrieden. Damit schneidet der Kanzler zwar noch etwas besser ab als die Bundesregierung insgesamt, bewegt sich aber ebenfalls auf sehr niedrigem Niveau.

Lindner mit deutlichen Verlusten, auch Habecks Ansehen sinkt

Der größte Verlierer unter den Kabinettsmitgliedern ist Finanzminister Christian Lindner. Lindner verliert im Vergleich zur letzten Umfrage 10 Punkte bei der Nettozufriedenheit, die nun wie bei Scholz bei -48 liegt. Im Juli konnte der FDP-Chef noch einen Zufriedenheitszuwachs von 6 Punkten verbuchen. Eine Mehrheit von 56 Prozent zeigt sich sehr unzufrieden mit Lindners Arbeit, nur 8 Prozent sind aktuell sehr zufrieden mit ihm. Auch Wirtschaftsminister Robert Habeck büßt in der Gunst der Befragten deutlich ein. Er verliert in den letzten zwei Monaten 7 Punkte auf der Beliebtheitsskala, seine Nettozufriedenheit liegt bei -46. Zwar liegt der Anteil der sehr Zufriedenen bei Habeck mit 12 Prozent etwas höher als bei Lindner, doch polarisiert Habeck stärker und ein noch größerer Anteil (58 %) der Deutschen ist mit seiner Leistung sehr unzufrieden.

Nur Pistorius und Baerbock ohne Einbußen

Neben den Genannten verzeichnen auch fast alle anderen Ministerinnen und Minister der Ampelregierung Zufriedenheitsverluste. Ausnahmen bilden lediglich Verteidigungsminister Boris Pistorius und Außenministerin Annalena Baerbock. Pistorius kann seinen Wert um einen Punkt auf +2 steigern. Damit bleibt er mit deutlichem Abstand der beliebteste Bundesminister und zudem der einzige mit einem positiven Zufriedenheitswert. Knapp ein Drittel (30 %) der Deutschen ist mit der Arbeit des Verteidigungsministers sehr zufrieden, 28 Prozent sind sehr unzufrieden. Außenministerin Baerbock stagniert dagegen bei einem negativen Wert von -41. 14 Prozent der Deutschen sind mit ihrer Arbeit sehr zufrieden, 55 Prozent sehr unzufrieden. Ipsos 18

 

 

 

Starmer bei Meloni. Italiens Albanien-Modell statt Ruanda?

 

Den Plan zur Abschiebung von Asylbewerbern nach Ruanda hat der neue britische Premier gestoppt. Aber er steht unter Druck, die Überfahrten über die tödliche Route über den Ärmelkanal zu stoppen. Vorbild könnte Italiens Albanien-Modell sein. Aber auch dort hakt es.

Italien und Großbritannien wollen sich im Kampf gegen unerwünschte Einwanderung enger abstimmen. Die rechte Ministerpräsidentin Giorgia Meloni empfing dazu den neuen sozialdemokratischen Premierminister Keir Starmer erstmals in Rom. Dabei ging es auch um ein Migrationsabkommen zwischen Italien und Albanien, das die Auslagerung von Asylverfahren in das Balkanland außerhalb der EU vorsieht.

Starmer hatte das Vorhaben vor seinem Besuch „sehr interessant“ genannt. Nun betonte er, der Fokus müsse auf Strafen für Menschenschmuggler sowie Vorbeugung liegen. Italiens Rechts-Regierung ist mit der Umsetzung ihrer Albanien-Pläne erheblich in Verzug. Auch Bundesinnenministerin Nancy Faeser hatte das Vorhaben Italiens in Albanien als „interessantes Modell“ bezeichnet.

Neue Einrichtung soll Menschenschmuggler stoppen

Starmer hatte bei seinem Antrittsbesuch den Chef der neuen zentralen Grenzschutzeinheit dabei, Martin Hewitt. Das „Border Security Command“ soll Geheimdienste, Grenzschutz und Polizei koordinieren sowie mit europäischen Behörden zusammenarbeiten, um die irreguläre Einreise in kleinen Booten aus Frankreich über den Ärmelkanal zu stoppen. Immer wieder kommt es dabei zu tödlichen Zwischenfällen.

Bei dem Versuch, den Ärmelkanal von Frankreich nach Großbritannien zu überqueren, waren am Wochenende erneut mehrere Menschen ums Leben gekommen. Wie französische Medien unter Berufung auf Polizeikreise berichteten, sollen dabei acht Flüchtlinge ertrunken sein. Mehrere Personen seien verletzt worden, darunter eine schwer. Das Boot sei nahe an der Küste gekentert. Erst Anfang September kamen zwölf Menschen im Ärmelkanal ums Leben. Insgesamt starben auf der Route in diesem Jahr laut der britischen Nachrichtenagentur knapp 40 Menschen. Der Ärmelkanal ist in den vergangenen Jahren zu einer viel genutzten Migrationsroute geworden.

Starmer zum Albanien-Modell: „Sehr, sehr anders“

Italien wiederum ist jedes Jahr erstes Ziel von Zehntausenden Flüchtlingen, die übers Mittelmeer nach Europa kommen. Auch dabei kommt es immer wieder zu tödlichen Katastrophen.

Starmer hatte nach seinem Wahlsieg das umstrittene Vorhaben der konservativen Vorgängerregierung gestoppt, irreguläre Migranten ohne Rücksicht auf ihre Herkunft nach Ruanda abzuschieben. Seitdem drängen Unionspolitiker, die in Ruanda freigewordenen Kapazitäten für Abschiebungen aus Deutschland zu nutzen.

Die britische Innenministerin Yvette Cooper indes verwies nun auf die italienische Vereinbarung mit Albanien, die „sehr, sehr anders“ sei. Geplant sind Aufnahmezentren für Menschen, in denen Asylanträge geprüft werden. Bei Erfolg können die Migranten nach Italien einreisen, ansonsten müssen sie in ihre Heimat zurück. Beim Ruanda-Plan konnten Migranten Asyl in dem ostafrikanischen Land beantragen, aber sollte keine Erlaubnis erhalten, nach Großbritannien zu kommen.

Italien bei Umsetzung eigener Pläne im Verzug

Allerdings liegen die italienischen Behörden bei der Umsetzung des Vorhabens inzwischen deutlich hinter den eigenen Zeitplänen. Einen konkreten Termin, wann die geplanten Aufnahmezentren in Albanien in Betrieb gehen, gibt es immer noch nicht. Ursprünglich hätte dies schon im Mai geschehen sollen.

Meloni sagte nun: „Ich hätte es vorgezogen, wenn es früher begonnen hätte. Aber die Augen der Welt sind auf diese Initiative gerichtet. Wenn es ein paar Tage länger dauert, macht mir das nichts aus.“ Der Kampf gegen irreguläre Migration übers Mittelmeer gehörte zu den wichtigsten Versprechen, mit denen die Vorsitzende der Rechtspartei Fratelli d’Italia (Brüder Italiens) im Herbst 2022 die Wahlen gewann. Mit „irreguläre“ Migration sind zumeist Einreisen von Asylsuchenden gemeint, die mangels legaler Fluchtwege Grenzen ohne gültige Dokumente passieren. (dpa/mig 18)

 

 

 

Iran. „Frauen erobern die Autonomie über ihren Körper zurück“

 

Der Mord an Jina Mahsa Amini löste vor zwei Jahren die „Frau, Leben, Freiheit“-Bewegung aus. Sussan Tahmasebi über die Veränderung im Iran seither. Die Fragen stellte Hanna Voss.

Vor zwei Jahren starb die 22-jährige kurdische Iranerin Jina Mahsa Amini im Gewahrsam der Sittenpolizei. Ihr Tod löste eine der größten Protestwellen seit Gründung der Islamischen Republik 1979 aus. Die Bewegung Frau, Leben, Freiheit wurde von den Sicherheitsorganen brutal unterdrückt, hat aber tiefe Spuren in dem Land hinterlassen. Was hat sich nach ihrer Wahrnehmung verändert, seit die Bewegung sich vor zwei Jahren formierte?

Die Frau, Leben, Freiheit-Demonstrationen waren der bisher größte landesweite Protest, bei dem vor allem für Frauenrechte gekämpft wurde, und der erste, der lange durchgehalten wird. In den vergangenen Jahrzehnten gab es auch schon Proteste für die Rechte von Frauen, aber sie haben nie diese Größenordnung erreicht. Woman, Life, Freedom hat deutlich gezeigt, wie stark in der iranischen Bevölkerung das Bewusstsein für Frauenrechte ausgeprägt ist – vor allem wenn es um körperliche Selbstbestimmung und Unversehrtheit geht. Anfangs standen bei den Protesten die Frauenrechte im Fokus, aber sehr schnell wurden weit umfassendere Grundrechte und Freiheiten eingefordert. Wir haben gesehen, dass Normalbürgerinnen und -bürger bereit sind, für diese Veränderungen zu kämpfen.

Ein zentrales Thema der Proteste war die Hidschab-Pflicht. Hier sehen wir im Straßenbild der iranischen Städte tatsächlich große Veränderungen. Frauen erobern die Autonomie über ihren Körper zurück, indem sie einfach beschließen, kein Kopftuch zu tragen. Das ist zwar gesetzlich weiterhin verboten, aber sie machen es trotzdem – auf der Straße, in Einkaufszentren, in ihren Autos. Damit nehmen sie große Risiken auf sich. Doch sie sind fest entschlossen, ihre neu entdeckte Freiheit und die Selbstbestimmung über ihren Körper offen zu zeigen. Auch in eher ländlichen Gebieten sind Frauen dabei, die roten Linien zu verschieben und sich über das hinwegzusetzen, was die Regierung, aber auch die Kultur und die Tradition ihnen aufzwingen. Sie kleiden sich freier und sprechen häufiger im Familienkreis und anderen gesellschaftlichen Zusammenhängen über ihre Rechte auf körperliche Selbstbestimmung.

Aber bringt die Bewegung auch strukturelle, rechtliche Fortschritte? Riskieren Frauen weiterhin Haftstrafen und Schlimmeres, wenn sie sich nicht an die Hidschab-Vorschriften halten?

Ja – und ich würde keinen Unterschied machen zwischen dem, was auf dem Papier steht, und dem, was real vollstreckt wird. Die Diskriminierung von Frauen ist im iranischen Recht verankert. Sie äußert sich darin, dass der Hidschab vorgeschrieben ist und die Hidschab-Pflicht im öffentlichen Raum mit Gewalt durchgesetzt wird. Wenn Frauen sich dem widersetzen, machen sie das so sichtbar wie möglich – mit ihren Körpern. Dafür zahlen sie einen hohen Preis. Jina Mahsa Amini war leider nicht die letzte Frau, die wegen des Hidschab Gewalt erfahren hat. Es gibt weiterhin Fälle, in denen Frauen ebenso wie Mahsa verhaftet und brutal zusammengeschlagen werden. Es gibt auch weitere Todesfälle durch Gewalteinwirkung. Das neue „Hidschab- und Keuschheitsgesetz“ ist noch nicht in Kraft, aber viele darin vorgesehene Maßnahmen werden bereits umgesetzt. Die Repressalien, Geldbußen und Haftstrafen gegen Frauen, die sich nicht an die vorgeschriebene Kleiderordnung halten, werden verschärft. Auch Ladenbesitzer, Taxifahrer und Arbeitgeber müssen Bußgelder zahlen, wenn sie Frauen ohne Hidschab bedienen, befördern oder beschäftigen. Regelmäßig werden auch Autos beschlagnahmt, in denen Frauen ohne Hidschab unterwegs sind.

Führt die Frau, Leben, Freiheit-Bewegung also ungewollt zu noch rigideren Maßnahmen und damit zu einem Rückschritt?

Das ist genau die Angst, die Frauen und speziell die Frauen im Iran immer haben müssen – dass sie mit ihrem Handeln noch schärfere Reaktionen provozieren. Diesen Backlash erleben wir vielerorts in der ganzen Welt, sobald Frauen mehr Rechte einfordern. Mit diesem Phänomen sind die Frauen im Iran sehr vertraut: Wenn sie weiterkämpfen, müssen sie andauernd mit Bumerang-Effekten rechnen.

Die Repressalien halten die Frauen aber nicht davon ab, die Grenzen des Machbaren kontinuierlich zu verschieben. Sie bestehen auf ihren Forderungen und halten dem Druck stand. Bevor die Woman Life Freedom-Bewegung sich formierte, wurde in Regierungskreisen über sittenwidrige oder „falsche“ Hidschabs diskutiert. Inzwischen gibt es so viele Frauen, die sich in der Öffentlichkeit kleiden, wie sie wollen, und den Hidschab weglassen, dass die politische und gesellschaftliche Debatte sich verschiebt und diesem Wandel Rechnung trägt.

Bleiben wir beim Thema Politik: Was dürfen wir in Sachen Frauenrechte von der neuen Regierung von Massud Peseschkian erwarten?

Einer der Erfolge der Frau, Leben, Freiheit-Bewegung ist, dass sie die Forderungen von Frauen, aber auch von ethnischen Minderheiten zum zentralen Thema in der iranischen Gesellschaft gemacht hat. In jedem iranischen Wahlkampf sind die Frauenrechte Thema – aber nur an der Oberfläche. Das war diesmal nicht anders. Peseschkian hat zwar die Frauenrechte hervorgehoben, aber was er macht, wenn er im Amt ist, weiß niemand genau. Klar ist bislang nur: Peseschkian strebt Verhandlungen über eine Aufhebung der Sanktionen an, weil er die iranische Bevölkerung wirtschaftlich entlasten will. Wenn die wirtschaftliche Situation sich verbessert, wirkt sich das auch positiv auf das Leben von Frauen aus, aber das allein bietet noch keine Gewähr dafür, dass die Diskriminierung ein Ende hat. Dadurch könnte sich allerdings die Chance ergeben, dass die Staatengemeinschaft und die Vereinten Nationen den langjährigen Gleichberechtigungsforderungen der iranischen Frauen mehr Nachdruck verleihen und sie stärker in den Blickpunkt rücken.

Trotzdem ist die jetzige Situation sicher besser, als wenn der Hardliner Dschalili die Stichwahl gewonnen hätte?

Im ersten Wahlgang war die Wahlbeteiligung extrem niedrig. Das war ein deutliches Signal an die iranische Führung und hat ihr gezeigt, wie unzufrieden die Iranerinnen und Iraner mit dem Status quo sind. Bei der Stichwahl war die Wahlbeteiligung höher, aber immer noch sehr, sehr niedrig. Ich kenne viele, die bei der Stichwahl für Peseschkian gestimmt haben, um einen Sieg des Hardliners Dschalili zu verhindern, weil sie in diesem Fall noch mehr negative Auswirkungen auf ihren Lebensalltag befürchteten.

Seit Jahrzehnten versuchen iranische Frauen zu verhindern, dass ihre Rechte noch mehr beschnitten werden. Sie versuchen, das Erreichte zu verteidigen und auf mehr Rechte zu drängen. Das erklärt, warum sie sich dieses Mal entschieden haben, zur Wahl zu gehen. Wenn Peseschkian die Frauen wirklich unterstützen will, müsste er etwas gegen die seit Langem bestehende Diskriminierung von Frauen unternehmen, die Teil des Systems ist und weit darüber hinausgeht, dass sie den Hidschab tragen müssen und der Staat sich in jeden Aspekt ihres Lebens einmischt. Obwohl sie so diskriminiert werden, haben die Iranerinnen mit ihrem Durchhaltevermögen und ihrem Engagement gesellschaftlich viel erreicht. Es ist offensichtlich, dass sie den Status quo nicht länger hinnehmen werden.

Was sagt das alles über die unterschiedlichen Facetten der iranischen Gesellschaft aus – über die städtische Bevölkerung im Gegensatz zu den Menschen auf dem Land, über die verschiedenen Klassen und über die ethnischen und religiösen Minderheiten?

Es zeigt uns, dass die iranische Gesellschaft viel weiter ist als die bestehenden Gesetze. Das iranische Recht hinkt hinter den gesellschaftlichen Normen und der Kultur weit hinterher. Diese Diskrepanz wurde im Zuge der Proteste deutlich sichtbar, denn demonstriert wurde auch in kleineren Städten und in ländlichen Regionen, obwohl es dort konservativer, traditioneller und religiöser zugeht. Im Idealfall sollten Gesetze gerade beim Thema Frauenrechte und Diskriminierung vorangehen, sodass die gesellschaftlichen Einstellungen in der Folge nachziehen, aber im Iran ist das krasse Gegenteil der Fall.

Wie wirkt sich das auf die Zivilgesellschaft aus, die in den Monaten nach Aminis Tod zu Tausenden auf die Straße ging?

Hier liegt ein Teil des Problems. Wir haben eine höchst lebhafte und progressive Zivilgesellschaft. Dazu gehören Aktivistinnen und Aktivisten ebenso wie normale Bürgerinnen und Bürger und die überaus aktive Frauenrechtsbewegung. Das alles existiert aber in einer extrem geschlossenen Gesellschaft. Es gibt keine Räume, in denen sie sich organisieren und weiterentwickeln kann – alles passiert dezentral in kleinen geheimen Zirkeln. Das hat es zwar der Frau, Leben, Freiheit-Bewegung ermöglicht, große Protestveranstaltungen abzuhalten, die für den Staatsapparat schwer zu kontrollieren waren, aber es verhindert gleichzeitig, dass die Bewegung sich dauerhaft etablieren und die nötige Infrastruktur und Organisation aufbauen kann. Es gibt keine Räume, in denen diese Art von gesellschaftlicher und politischer Arbeit frei und sicher stattfinden kann.

Jina Mahsa Amini war eine kurdische Iranerin. Im Iran erfahren ethnische und religiöse Minderheiten oft noch brutalere Gewalt. Hat sich das in den vergangenen Jahren verstärkt?

Ja. Nachdem Mahsa Amini im Gewahrsam gestorben war, waren die Proteste bekanntlich nirgendwo so breit und ausdauernd wie in den kurdischen und belutschischen Gebieten. Dementsprechend hatten die Kurden und Belutschen während der Proteste am meisten zu leiden. Rund 50 Prozent der Menschen, die bei den Protesten getötet wurden, gehörten einer dieser beiden Volksgruppen an. Auch die Zahl der Verhafteten war in diesen Gruppen hoch. Diese ethnischen Gemeinschaften erfahren nach wie vor in unterschiedlicher Form staatliche Diskriminierung und immensen Druck. Selbst jetzt, im Vorfeld des zweiten Jahrestages gibt es Repressalien gegen diejenigen, die den Mut haben, den Mund aufzumachen und sich zu organisieren, und die versuchen, die Erinnerung an die Proteste wachzuhalten oder Gedenkveranstaltungen abzuhalten. Das betrifft die kurdischen und belutschischen Volksgruppen in besonderem Maß.

In den vergangenen zwei Jahren ist auch die Zahl der Kurden und Belutschen, die hingerichtet wurden, massiv gestiegen. Kürzlich wurden zwei Aktivistinnen, die zu einer ethnischen Minderheit gehören, zum Tode verurteilt: Sharifeh Mohammadi und Pakhshan Azizi. Durch diese permanenten Signale sollen die Angehörigen dieser Volksgruppen abschreckt werden, damit sie nicht protestieren und keine abweichenden Meinungen bekunden. Dabei spielt übrigens auch eine besondere Rolle, dass die Frau, Leben, Freiheit-Bewegung im Wesentlichen aus der kurdischen Frauenrechtsbewegung hervorging.

Welche Rolle kann die engagierte iranische Diaspora dabei übernehmen?

Die Diaspora kann eine wichtige Rolle spielen, aber wir haben schon viele Versuche erlebt, die fehlgeschlagen sind, und Koalitionen, die schnell zerbrachen. Das zeigt: Die Veränderung muss im Iran selbst passieren. Die internationale Gemeinschaft einschließlich der Iranerinnen und Iraner im Exil kann die Menschen im Land unterstützen und sollte das auch tun, aber wir dürfen nicht vergessen: Die Hauptakteure und diejenigen, die Veränderungen bewirken können, sind die Menschen, die im Iran leben.

Und was sollte die internationale Gemeinschaft unternehmen?

Die internationale Gemeinschaft muss in Menschenrechtsfragen einen konsequenten Kurs fahren und einfordern, dass alle Staaten die Menschenrechte ihrer Bürgerinnen und Bürger achten und alle im gleichen Maß zur Rechenschaft ziehen. Andernfalls setzt sie ihre Glaubwürdigkeit in Menschenrechtsfragen aufs Spiel. Die internationale Gemeinschaft und insbesondere die Vereinten Nationen sollten Druck auf den Iran ausüben und ihn dazu bringen, die Hinrichtungen zu stoppen und insbesondere die beiden Aktivistinnen Sharifeh Mohammad und Pakhshan Azizi zu verschonen, die in der Todeszelle sitzen. Sie sollten ihre Verhandlungsmöglichkeiten nutzen und diese Fälle und überhaupt die hohe Zahl der Hinrichtungen zur Sprache bringen – und auf die Freilassung von Menschenrechtlerinnen und Menschenrechtlern dringen, die derzeit Haftstrafen verbüßen. Das gilt besonders für diejenigen, die im Gefolge der Frau, Leben, Freiheit-Bewegung inhaftiert worden sind. Außerdem können ausländische Staaten Menschen, die wegen ihres Engagements für die Menschenrechte aus dem Iran fliehen mussten, Zuflucht bieten. IPG 17

 

 

 

Studie. Willkommenskultur in Kommunen entscheidend für Integration

 

Seit dem Anschlag in Solingen ist der Migrationsdiskurs zu einer Sicherheitsdebatte rund um Grenzschutz und Abschiebung verkommen. Eine neue Studie mahnt Willkommenskultur gegenüber Migranten an. Die Integration sei eine dauerhafte Aufgabe.

Angesichts von rechtspopulistischen Wahlerfolgen mahnt ein wissenschaftlicher Bericht eine Willkommenskultur gegenüber Migranten an. „Einwanderung und Integration müssen keine Krisen auslösen, sondern können die Gesellschaft bereichern“, fasste Co-Autorin Magdalena Nowicka die Ergebnisse einer Untersuchung zusammen. Es handelt sich um eine Studie des Deutschen Zentrums für Integrations- und Migrationsforschung (DeZIM).

Das Zentrum erhob zwischen Mai 2023 und März 2024 in Interviews und Hintergrundgesprächen Daten in elf deutschen Kommunen. Inhaltlich geht es um Erfahrungen, Herausforderungen, gelungene Praxisbeispiele und Strategien der Kommunen. Um Menschen aufnehmen und integrieren zu können, sei eine positive Haltung gegenüber Migration und Integration Zugewanderter entscheidend, heißt es in dem Bericht laut Mitteilung weiter.

Der Bericht benennt aber auch Engpässe bei den Themen Wohnen, Kinderbetreuung, Bildung und Gesundheitsversorgung. Sie erschwerten die Ankunft der Zugewanderten ebenso wie das Leben der bereits im Ort lebenden Menschen. Integrationsarbeit brauche nicht nur spezifische Angebote für Neuzugewanderte, sondern eine funktionierende soziale Infrastruktur für alle, heißt es.

Mahnung: Diskurs konstruktiv und faktenbasiert führen

Um Kommunen für herausfordernde Zeiten zu wappnen, sollten sie nach Darstellung von Hauptautorin Nora Ratzmann in ruhigeren Phasen belastbare Netzwerke schaffen. Der Bericht empfiehlt dafür eine enge Zusammenarbeit von Verwaltung und Zivilgesellschaft sowie das Einbinden von migrantischen Organisationen.

Info & Download: Der DeZIM-Bericht "Chancen statt „Krise“. Resiliente Kommunen im Kontext von Migration, Integration und Teilhabe" kann kostenfrei heruntergeladen werden.

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Aber auch Empfehlungen in Richtung Bund und Länder richten die Studienautoren: „Der politische Diskurs zu Flucht, Migration und Integration sollte konstruktiv, faktenbasiert und lösungsorientiert geführt werden“, heißt es in der Studie. Integration solle als „dauerhafte (staatlich finanzierte) Aufgabe“ verstanden werden. (epd/mig 17)

 

 

 

Bündnis will Abtreibungsfrage aus Strafrecht streichen

 

Ein bundesweites Bündnis feministischer und gesundheitspolitischer Initiativen will sich dafür einsetzen, dass die Abtreibungsfrage nicht länger im Strafrecht geregelt wird.

Dazu startet sie an diesem Montag eine Kampagne mit dem Titel „Abtreibung legalisieren - jetzt!“ Geplant sind demnach eine zwölfwöchige Kampagne mit bundesweiten Aktionswochen sowie zwei Demonstrationen am 7. Dezember in Berlin und Karlsruhe.

Nach derzeit geltendem Recht ist ein Schwangerschaftsabbruch rechtswidrig, bleibt aber bis zur zwölften Schwangerschaftswoche straffrei, wenn vor dem Eingriff eine Beratung stattgefunden hat und ein Beratungsschein ausgestellt wurde. Zwischen Beratung und Eingriff müssen mindestens drei Tage vergehen.

Kirche für Beibehaltung jetziger Regelungen

Eine von der Bundesregierung eingesetzte Kommission empfiehlt eine Liberalisierung der Abtreibungsgesetzgebung. Danach setzt sich das Gremium für eine legale Abtreibung bis zur zwölften Woche ein. Ob es zu einer entsprechenden Gesetzesinitiative im Bundestag noch vor den Wahlen im September 2025 kommt, ist derzeit ungewiss. Teile der FDP sowie Union und AfD sind für die Beibehaltung der derzeit geltenden Regelungen. Auch die katholische Kirche setzt sich dafür ein. (kna 16)

 

 

 

 

Studie. Brandmauer zu AfD in Kommunen hat Risse, steht aber

 

Immer wieder ist von einer Brandmauer die Rede, wenn Parteien ihre Absage an eine Zusammenarbeit mit der AfD betonen. Forscher haben nun untersucht, wie fest die Mauer in den Ost-Kommunen steht.

Die viel zitierte Brandmauer der etablierten Parteien zur AfD hat laut einer Studie in den Kommunen zwar Risse bekommen, steht aber weitgehend. Zu diesem Ergebnis kommt das Wissenschaftszentrum Berlin (WZB) in der Untersuchung über das Abstimmungsverhalten in Kommunalparlamenten ostdeutscher Bundesländer. Der Begriff Brandmauer meint die Absage etablierter Parteien an jede Zusammenarbeit mit der AfD.

Die Studie wurde am Samstag publik gemacht. „Insgesamt ist die Brandmauer weitaus stabiler, als vielfach vermutet wird“, sagte der Co-Autor der Studie, Wolfgang Schroeder, dazu der „Süddeutschen Zeitung“. „Die Normalisierungstaktik der AfD funktioniert nicht.“

Schroeder und seine Kollegen Daniel Ziblatt und Florian Borchert nahmen 2.452 Sitzungen der Parlamente in Landkreisen und kreisfreien Städten von Mitte 2019 bis Mitte 2024 in allen ostdeutschen Bundesländern unter die Lupe. Dort stellte die AfD 2.348 Anträge. Demnach erhielt sie in rund 80 Prozent der Fälle keinerlei Unterstützung. In rund 20 Prozent (484 Fälle) wurde nachgewiesen, dass inhaltlich mit der AfD kooperiert wurde. In etwa 10 Prozent (244 Fälle) kam es zu einer Kooperation, bei der mindestens fünf Nicht-AfD-Abgeordnete der AfD zustimmten.

„Die Kommunalpolitik ist geprägt von der Suche nach Konsens. Da sind 20 Prozent Zustimmung nicht viel“, erklärte Schroeder. Die Zustimmung zu AfD-Vorhaben sei im Laufe der Jahre nicht mehr geworden. Die Zahlen seien sogar etwas zurückgegangen.

Erhebliche regionale Unterschiede – Thüringen Schlusslicht

Der Studie zufolge macht es auch einen großen Unterschied, ob die AfD ihren Antrag etwa zu Verkehrsfragen stellte (recht hohe Zustimmung der anderen) oder zu Asyl, Migration oder Sicherheit (niedrige Zustimmung). „Die Kommunalpolitiker in den Kreistagen und kreisfreien Städten können offenbar gut unterscheiden, an welchen Stellen sie ausnahmsweise mit der AfD stimmen und wo nicht“, sagte Schroeder.

Regional fanden die Forscher erhebliche Unterschiede. Die meiste Kooperation gebe es nicht unbedingt in Regionen mit der stärksten AfD-Präsenz. Die höchste Kooperationsrate wurde laut Studie in Sachsen-Anhalt registriert, wo 27,0 Prozent der AfD-Anträge Unterstützung anderer Parteien fanden. In Sachsen wurde der zweithöchste Wert mit 22,4 Prozent gemessen. Es folgen Mecklenburg-Vorpommern mit 19,4 Prozent und Brandenburg mit 18,3 Prozent sowie Thüringen mit 16,0 Prozent. Die Forscher konstatierten ferner in ländlichen Regionen eine höhere Zustimmungsrate zu AfD-Anträgen als in Städten.

In Einzelfällen gehörten zu den Kooperierenden auch Abgeordnete von Splitterparteien wie beispielsweise der rechtsextremen Die Heimat (Ex-NPD). In den meisten Fällen konnte aber nicht bestimmt werden, welche Partei mit der AfD kooperierte, da Abstimmungsergebnisse auf Kreisebene nicht nach Fraktionen festgehalten werden. (dpa/mig 16)

 

 

 

Schengen in Gefahr? Umstrittene Grenzkontrollen führen zu Verstimmungen

 

Schengen steht für ein grenzenloses Europa. Die angekündigten Grenzkontrollen kommen in den betroffenen Regionen gar nicht gut an. Faeser weist Kritik zurück. Doch auch Wissenschaftler und Polizisten bezweifeln die Maßnahme. Ist Schengen in Gefahr?

Jim Krier hält von den angekündigten Kontrollen an den deutschen Grenzen ab diesem Montag gar nichts. „Es ist verrückt“, sagt der Luxemburger. Er war im Juni 1985 in Schengen als Gemeinderatsmitglied dabei, als auf dem Schiff „MS Princesse Marie-Astrid“ das Abkommen für ein Europa ohne Grenzkontrollen unterzeichnet wurde. „Die guten Dinge werden wieder zurückgedreht. Das ist sehr, sehr schlimm“, sagte der 73-Jährige in Schengen.

Michel Gloden ist Bürgermeister des symbolträchtigen luxemburgischen Ortes im Dreiländereck zu Deutschland und Frankreich, dessen Name für eine der größten Errungenschaften der Europäischen Union steht: grenzenloses Reisen. „Es ist klar, dass wir keine Grenzkontrollen begrüßen“, sagte er. „Wir haben so viele Pendler, den lokalen Handel in Luxemburg oder in Deutschland. Und das wird alles beeinträchtigt.“ Heute gehören 29 Länder mit rund 420 Millionen Menschen zum Schengen-Raum.

Faeser verspricht: keine langen Staus an Grenzen

Der 52-Jährige hofft, dass die Kontrollen möglichst wenig das tägliche Leben in der Grenzregion beeinflussen. Bei den zuletzt angeordneten Kontrollen auf deutscher Seite während der Fußball-EM im Sommer habe es teils kilometerlange Staus gegeben. „Da haben Pendler den ganzen Tag in Luxemburg gearbeitet, fahren abends nach Deutschland nach Hause und stehen eine Stunde im Stau.“ Mehr als 50.000 deutsche Grenzgänger arbeiten in Luxemburg.

Bundesinnenministerin Nancy Faeser (SPD) hat ab diesen Montag (16. September) für zunächst sechs Monate Kontrollen an allen deutschen Landgrenzen angeordnet. Ein Ziel ist, die Zahl unerlaubter Einreisen von Migranten einzudämmen. Kritik gegen die Anordnung wies Faeser zurück. Lange Warteschlangen an den Grenzen werde es durch stichprobenartige Kontrollen nicht geben. Sie versprach: „Keine langen Staus, sondern smarte Kontrollen, so wie die aktuelle Lage es erfordert.“

Migrationsforscher erwartet keinen Rückgang der Asylbewerberzahlen

Der Migrationsforscher Gerald Knaus erwartet von den Grenzkontrollen keinen spürbaren Rückgang der Asylbewerberzahlen. „Wer erwartet, dass die Grenzkontrollen dazu führen werden, dass irreguläre Migration zurückgeht, der weckt eine Erwartung, die ist unerfüllbar“, sagte der Mitinitiator des Flüchtlingsabkommens mit der Türkei im Deutschlandfunk. Viele EU-Länder hätten schon sehr lange Grenzkontrollen, etwa Frankreich und Österreich. Aber: „Es hat die Zahl der Asylanträge überhaupt nicht reduziert“, erklärte Knaus. Grenzkontrollen seien auch kein Mittel, um etwa Terror zu verhindern, denn viele der Täter hätten sich erst in Deutschland radikalisiert.

Möglich wäre das nach seinen Worten nur mit radikalen Maßnahmen wie einem totalen Ende des kontrollfreien Reise- und Warenverkehrs zwischen den Mitgliedstaaten des entsprechenden Schengener Abkommens. „Wenn die Idee tatsächlich die ist, wir stoppen jede irreguläre Migration an den deutschen Grenzen: Das geht nur dauerhaft mit einem Ende von Schengen. Dafür braucht man dann auch Zäune an der grünen Grenze.“

Kritik von Jean-Claude Juncker

Jean-Claude Juncker hält ebenfalls nichts vom Vorhaben. „Ich bin kein Freund von Grenzkontrollen, weil sie mit massiven Unannehmlichkeiten für die Pendler verbunden sind“, sagte der frühere EU-Kommissionspräsident. „Wenn es Kontrollen geben muss, dann wären mobile statt stationäre Kontrollen nicht an der Grenze, sondern im Hinterland weniger schwierig für Betroffene“, mahnt der Luxemburger.

„Dass man jetzt ohne viel Federlesen die Errungenschaft der europäischen Integration zur Disposition stellt, das macht mich schon besorgt.“ Es dürfe nicht sein, „dass man wieder in den Köpfen und in den Herzen der Menschen Grenzen entstehen lässt“.

„Wenn man von Grenzkontrollen hört, dann verbindet man gleich noch mal die Situation mit Corona“, sagte Ralf Uhlenbruch, Bürgermeister der saarländischen Gemeinde Perl auf der gegenüberliegenden Moselseite von Schengen. Im Frühjahr 2020 hatte Deutschland zur Eindämmung des Coronavirus etliche Grenzübergänge zu Frankreich und Luxemburg geschlossen. So etwas dürfte sich nie wiederholen, sagte er.

Gelebtes Europa im Kleinen

Es gebe täglich Tausende Pendler, die aus Perl nach Luxemburg zur Arbeit führen. Viele Kinder aus Frankreich und Luxemburg kämen nach Perl zur Schule. Und auch zum Einkaufen und Tanken geht es täglich über Grenzen. „Es ist etwas anderes, wenn ich hier im Dreiländereck eine Kontrolle mache als in Gebieten, in denen Lebensräume und Bildungssystem nicht so aufeinander abgestimmt sind“, beklagt der Perler Bürgermeister.

Seit Oktober 2023 gibt es in Deutschland stationäre Kontrollen an den Grenzen zu Polen, Tschechien und der Schweiz. An der deutsch-österreichischen Landgrenze wird schon seit September 2015 kontrolliert. Die neuen Kontrollen direkt an der Grenze betreffen die Landgrenzen zu Dänemark, Belgien, den Niederlanden und Luxemburg.

Gewerkschaft der Polizei warnt vor Überlastung

Die Gewerkschaft der Polizei zweifelt an der Umsetzbarkeit zusätzlichen Grenzkontrollen. „Die Bundespolizei ist bis Montagfrüh damit beschäftigt, Kräfte zusammenzuziehen“, sagte der Vorsitzende der Gewerkschaft für den Bereich Bundespolizei, Andreas Roßkopf, dem „RedaktionsNetzwerk Deutschland“. „Das ist noch nicht zu Ende gestrickt.“ Unter anderem hänge das damit zusammen, dass Faeser Ankündigung überraschend gekommen sei.

Der Polizeibeauftragte des Bundes, Uli Grötsch (SPD), bezeichnete die zusätzlichen Grenzkontrollen als große Herausforderung. Zu den bereits kontrollierten 2.400 Kilometern kämen 1.200 Kilometer hinzu, sagte Grötsch im „Interview der Woche“ des Deutschlandfunks. Dazu sei dringend mehr Personal nötig, betonte er. Zudem müsse dafür gesorgt werden, dass die Polizisten im Winter etwa bei Kontrollen auf Autobahnparkplätzen entsprechend ausgerüstet seien.

Schengen nicht in Gefahr

Auch andere Länder im Schengenraum führen Grenzkontrollen durch. Bürgermeister Gloden sieht „Schengen“ dennoch nicht gefährdet. „Die Menschen erkennen doch, dass das Leben in Europa mit dieser Errungenschaft viel, viel leichter ist.“ Aus der ganzen Welt kämen Menschen nach Schengen. „Es gibt nur ein Dorf, das bekannter ist als Schengen – und das ist Bethlehem“, sagt er. Die Leute, die etwa aus Afrika nach Schengen kämen, würden sagen: „Ihr habt keine Ahnung, was für ein Glück Ihr habt! Einfach so über Grenzen zu reisen.“

2025 wird in Schengen groß gefeiert – zum 40-jährigen Bestehen des Abkommens. Am 14. Juni 1985 hatten Deutschland, Frankreich, Luxemburg, Belgien und die Niederlande an Bord des Schiffes den schrittweisen Abbau der Grenzkontrollen vereinbart. Heute gehören 29 Länder zum Schengen-Raum. (dpa/epd/mig 16)